REPUBBLICA ITALIANA
GAZZETTA UFFICIALE
DELLA REGIONE SICILIANA

PARTE PRIMA
PALERMO - MERCOLEDÌ 17 MAGGIO 2000 - N. 23
SI PUBBLICA DI REGOLA IL VENERDI'

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Avv.Michele Arcadipane

SOMMARIO

LEGGI E DECRETI PRESIDENZIALI

LEGGE 15 maggio 2000, n. 10.
Norme sulla dirigenza e sui rapporti di impiego e di lavoro alle dipendenze della Regione siciliana. Conferimento di funzioni e compiti agli enti locali. Istituzione dello Sportello unico per le attività produttive. Disposizioni in materia di protezione civile. Norme in materia di pensionamento  pag.

CIRCOLARI
Assessorato della cooperazione, del commercio, dell'artigianato e della pesca

CIRCOLARE 15 marzo 2000, n. 1376.
Legge regionale 22 dicembre 1999, n.28 - Competenza sanzionatoria  pag. 29 

Assessorato della sanità

CIRCOLARE 16 marzo 2000, n. 1019.
Modalità di prescrizione e distribuzione del farmaco ribavirina per i pazienti affetti da epatite cronica da virus C  pag. 30 


CIRCOLARE 3 maggio 2000, n. 1022.
Parziale modifica della circolare assessoriale n. 1008/99 recante "Indicazioni procedurali per l'applicazione del decreto del ministro della sanità n. 329 del 28 maggio 1999 - Regolamento di individuazione delle malattie croniche ed invalidanti ai sensi dell'art. 5, comma 1, lett. a), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124"  pag. 30 


LEGGI E DECRETI PRESIDENZIALI






LEGGE 15 maggio 2000, n. 10.
Norme sulla dirigenza e sui rapporti di impiego e di lavoro alle dipendenze della Regione siciliana. Conferimento di funzioni e compiti agli enti locali. Istituzione dello Sportello unico per le attività produttive. Disposizioni in materia di protezione civile. Norme in materia di pensionamento.


REGIONE SICILIANA
L'ASSEMBLEA REGIONALE HA APPROVATO
IL PRESIDENTE REGIONALE
PROMULGA

la seguente legge:
TITOLO I
ORGANIZZAZIONE AMMINISTRATIVA E NORME SULLA DIRIGENZA
Art. 1.
Finalità ed ambito di applicazione

1. Le disposizioni della presente legge disciplinano l'organizzazione degli uffici dell'Amministrazione regionale ed i rapporti di lavoro e d'impiego alle dipendenze della Regione e degli enti pubblici non economici sottoposti a vigilanza e/o controllo della Regione, al fine di:
a)  accrescere l'efficienza dell'Amministrazione re-gionale in relazione a quella dei corrispondenti uffici e servizi dei paesi della Comunità europea, anche mediante il coordinato sviluppo di sistemi informativi pubblici;
b)  razionalizzare il costo del lavoro pubblico, contenendo la spesa complessiva del personale, diretta ed indiretta, entro i vincoli di finanza pubblica regionale;
c) realizzare la migliore utilizzazione delle risorse umane, curando la formazione e lo sviluppo professionale dei dipendenti, garantendo pari opportunità alle lavoratrici ed ai lavoratori e applicando condizioni uniformi rispetto a quelle del lavoro privato.
2. Per quanto non previsto dalla presente legge si applicano le disposizioni del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modifiche ed integrazioni, sostituendo al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Consiglio dei Ministri rispettivamente il Presidente della Regione e la Giunta regionale.
3. Gli enti di cui al comma 1 si adeguano anche in deroga alle speciali disposizioni di legge che li disciplinano al regime giuridico di cui al presente Titolo adottando appositi regolamenti di organizzazione secondo le procedure di cui all'articolo 20 della legge regionale 14 settembre 1979, n. 212, all'articolo 4 della legge regionale 29 dicembre 1962, n. 28 e all'articolo 3 della legge regionale 10 aprile 1978, n. 2. Per i rimanenti enti pubblici non economici il Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore competente, provvede entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge all'emanazione dell'apposito regolamento tipo. I suddetti regolamenti sono trasmessi alla Presidenza della Regione che ne cura la raccolta e la pubblicazione.
Art. 2.
Indirizzo politico-amministrativo. Funzioni e responsabilità

1. Il Presidente della Regione e gli Assessori esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, definiscono gli obiettivi ed i programmi da attuare, adottano gli atti rientranti nello svolgimento di tali funzioni, verificano la rispondenza dei risultati dell'attività amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti. Ad essi spettano, in particolare:
a)  le decisioni in materia di atti normativi e l'adozione dei relativi atti di indirizzo interpretativo ed applicativo;
b)  la definizione di obiettivi, priorità, piani, programmi e direttive generali per l'azione amministrativa e per la gestione;
c)  l'individuazione, sentiti i dirigenti generali, delle risorse umane, materiali ed economico-finanziarie da destinare alle diverse finalità e la loro ripartizione tra gli uffici di livello dirigenziale generale;
d)  la definizione dei criteri generali in materia di ausili finanziari a terzi e di determinazione di tariffe, canoni e analoghi oneri a carico di terzi;
e)  le nomine, designazioni ed atti analoghi ad essi attribuiti da specifiche disposizioni;
f)  le richieste di pareri alle autorità amministrative indipendenti ed al Consiglio di giustizia amministrativa;
g) gli altri atti indicati dalla legge.
2.  Ai dirigenti spetta l'adozione degli atti e dei provvedimenti amministrativi, compresi quelli che impegnano l'Amministrazione verso l'esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo. Essi sono responsabili dell'attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati.
3. Le attribuzioni dei dirigenti indicate al comma 2 possono essere derogate soltanto da specifiche disposizioni legislative.
4.  Il Presidente della Regione e gli Assessori non possono annullare, revocare, riformare, riservare o avocare a sè o altrimenti adottare provvedimenti o atti di competenza dei dirigenti. In caso di inerzia o di ingiustificato ritardo il Presidente della Regione o gli Assessori fissano un termine perentorio per l'adozione dei relativi provvedimenti od atti. Permanendo l'inerzia od in caso di reiterata inosservanza delle direttive che determinino pregiudizio per l'interesse pubblico o nel caso di comportamenti contrari alla legge ed ai regolamenti, il Presidente della Regione o gli Assessori, previa contestazione, salvo nei casi di assoluta urgenza, possono nominare un commissario ad acta scelto tra i dirigenti di prima fascia dandone comunicazione alla Giunta regionale. Resta salvo il potere di annullamento per motivi di legittimità del Presidente della Regione.
Art. 3.
Potere di organizzazione

1. L'Amministrazione regionale assume ogni determinazione organizzativa al fine di assicurare la rispondenza al pubblico interesse dell'azione amministrativa e definisce, anche in coerenza con i principi della legge regionale 7 settembre 1998, n. 23, le linee fondamentali di organizzazione degli uffici, al fine di assicurare l'attuazione dei seguenti principi:
a) funzionalità rispetto ai compiti e ai programmi di attività nel perseguimento degli obiettivi di efficienza, efficacia ed economicità. A tal fine, periodicamente e comunque all'atto della definizione dei programmi operativi e dell'assegnazione delle risorse, si procede, sentiti i dirigenti generali, a specifica verifica e ad eventuale revisione;
b)  ampia flessibilità, garantendo adeguati margini alle determinazioni operative e gestionali da assumersi ai sensi del comma 2;
c)  collegamento delle attività degli uffici, adeguandosi al dovere di comunicazione interna ed esterna, ed interconnessione mediante sistemi informatici e statistici pubblici;
d)  garanzia di imparzialità e di trasparenza del l'azio ne amministrativa anche attraverso l'istituzione di apposite strutture per l'informazione dei cittadini e l'attribuzione ad un unico ufficio, per ciascun procedimento, della responsabilità complessiva dello stesso;
e)  armonizzazione degli orari di servizio e di apertura degli uffici con le esigenze dell'utenza e con gli orari delle amministrazioni pubbliche dei Paesi dell'unione europea.
2.  Le determinazioni per l'organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono assunte dagli organi preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro.
3.  I servizi di controllo interno di gestione, stabiliti dall'articolo 61 della legge regionale 27 aprile 1999, n. 10, sono istituiti entro trenta giorni dall'entrata in vigore della presente legge. Essi verificano periodicamente la rispondenza delle determinazioni organizzative ai principi indicati al comma 1, anche al fine di proporre l'adozione di interventi correttivi e di fornire elementi per l'adozione delle misure previste nei confronti dei responsabili della gestione.
4.  Nella Regione siciliana trovano attuazione gli articoli 1, 2, 5 e 6 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286. Entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge il Presidente della Regione emana i relativi regolamenti attuativi.
Art. 4.
Tipologia delle strutture operative

1.  L'organizzazione amministrativa della Regione è articolata in strutture di massima dimensione, strutture di dimensione intermedia, denominate aree e servizi, ed unità operative di base. Le strutture operative della Regione sono aggregate, per funzioni omogenee, nella Presidenza della Regione e in assessorati sottoposti rispettivamente alla direzione politica del Presidente della Regione e degli Assessori regionali.
2.  Le strutture di massima dimensione sono articolate in strutture di dimensione intermedia, denominate aree e servizi, in unità operative di base e uffici semplici. Alle aree fanno capo funzioni strumentali di coordinamento infrassessoriale e attività serventi rispetto a quelle svolte dalle strutture di massima dimensione e dalle loro articolazioni organizzative. In ciascun servizio sono aggregate, secondo criteri di organicità e completezza, funzioni e compiti omogenei. Le strutture di massima dimensione sono in sede di prima applicazione quelle di cui alla tabella A allegata alla presente legge; successivamente si procede con regolamento ai sensi del comma 3.  Il numero dei dirigenti generali è eguale a quello delle strutture di massima dimensione, maggiorato di otto.
3.  In sede di prima applicazione le attuali direzioni regionali costituiscono i dipartimenti. Entro trenta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, tramite regolamento, sono individuati i rispettivi servizi. Dalla data di adozione del regolamento di esecuzione della legge sul decentramento di funzioni agli enti locali sono ridefiniti, nel numero e nelle funzioni i dipartimenti e i relativi servizi. L'individuazione dei dipartimenti e dei servizi è ispirata ai principi di cui all'articolo 3 ed in particolare all'attribuzione ad un unico ufficio, per ciascun procedimento, della responsabilità complessiva dello stesso.
4.  L'individuazione delle strutture intermedie e dei relativi ambiti di competenza è disposta con regolamento ed è soggetta a revisione almeno triennale; fino a quando non saranno definite tali procedure e comunque non oltre il 31 dicembre 2003 viene mantenuta l'attuale struttura e l'esistente organizzazione.
5.  E' istituito presso la Presidenza della Regione, ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, l'Ufficio di gestione del contenzioso del lavoro al fine di assicurare l'efficace svolgimento di tutte le attività stragiudiziali e giudiziali inerenti alle controversie. Enti pubblici omogenei o affini possono istituire, mediante convenzione che ne regoli le modalità di costituzione e di funzionamento, un unico ufficio per la gestione di tutto o di parte del contenzioso comune.
6.  Per l'esercizio delle funzioni di indirizzo politico-amministrativo e per la collaborazione all'attività politica, il Presidente della Regione e gli Assessori si avvalgono di uffici posti alle proprie esclusive dipendenze, coordinati da un dirigente di livello non inferiore alla seconda fascia, con competenze di supporto e raccordo con l'Amministrazione in conformità alle disposizioni di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80.
7.  La Giunta regionale può deliberare l'istituzione di uffici speciali temporanei per il soddisfacimento di esigenze particolari, per la realizzazione di specifici programmi e progetti di rilevante entità e complessità per lo svolgimento di particolari studi o elaborazioni. Gli uffici speciali possono operare tramite l'impiego coordinato di più strutture organizzative, anche appartenenti a diversi assessorati. La dotazione di personale e quella strumentale dell'ufficio è determinata, unitamente agli obiettivi ed alla loro durata, con l'atto istitutivo. Agli stessi sono preposti dirigenti di prima, seconda o terza fascia.
Art. 5.
Organico regionale

1.  Nelle more dell'attuazione delle disposizioni di cui ai titoli IV e VII la dotazione organica del personale dell'Amministrazione regionale è costituita dal personale inquadrato anche in soprannumero nei ruoli dell'Amministrazione regionale, in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge, distinto per qualifiche secondo la normativa previgente con riferimento alle tabelle allegate alla legge regionale 29 ottobre 1985, n. 41, e successive modifiche ed integrazioni. Nell'attesa della nuova classificazione, il personale può essere adibito a mansioni proprie di altre qualifiche della fascia funzionale di appartenenza, sentite le organizzazioni sindacali dei dipendenti regionali, nel rispetto delle specificità tecniche e/o professionali in relazione alle peculiarità delle strutture. Entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge con decreto del Presidente della Regione, si procede, previa contrattazione sindacale, per il personale non inquadrato nelle qualifiche dirigenziali e per il personale direttivo, alla determinazione delle qualifiche funzionali e dei criteri per l'individuazione dei profili professionali distinti in relazione alla tipologia della prestazione lavorativa, nonché ai requisiti specifici richiesti per il suo svolgimento ed al grado di responsabilità e di esplicazione connessi. All'identificazione dei profili e di quanto previsto dall'articolo 2 lettera c) della legge regionale 19 giugno 1991, n. 38, si procede avendo riguardo alle professionalità definite nel previgente ordinamento dalle soppresse qualifiche ed alle nuove esigenze connesse all'attività professionale. Dall'identificazione non devono discendere maggiori oneri per l'Amministrazione. Nelle more della definizione dei profili professionali, ciascun dipendente continua a svolgere i compiti e le attribuzione propri della qualifica posseduta anteriormente all'entrata in vigore della presente legge.
2.  Con decreto del Presidente della Regione, previa deliberazione della Giunta regionale, il personale di cui al comma 1 è assegnato ai singoli rami dell'Amministrazione regionale in relazione alle specifiche professionalità ed esperienze. Le successive variazioni delle dotazioni organiche sono determinate secondo i principi contenuti nell'articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, e al fine di realizzare contenimenti di spesa, in coerenza con la programmazione triennale del fabbisogno di personale deliberato dalla Giunta regionale, previa verifica degli effettivi bisogni, correlata all'attuale distribuzione delle risorse umane, all'eliminazione di duplicazioni e sovrapposizioni di funzioni ed a seguito di consultazioni delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative da esaurirsi entro quindici giorni dalla proposta e con specifico riferimento alle necessarie modificazioni istituzionali, ai processi di delega, riordino, trasferimento di funzioni, alle definizioni di processi di decentramento, ed alle conseguenti esigenze organizzative finalizzate ad obiettivi di contenimento della spesa. Le variazioni di organico in aumento sono adottate con legge. La variazione della dotazione organica è assunta con decreto del Presidente della Regione su proposta dell'Assessore regionale per il bilancio e le finanze ove comporti riduzioni di spese e non incrementi la spesa complessiva riferita al personale effettivamente in servizio al 31 dicembre dell'anno precedente.
3.  Fino al 31 dicembre 2003 è fatto divieto all'Amministrazione regionale di indire concorsi per l'assunzione di nuovo personale, fermi restando i concorsi già banditi, fatto salvo quanto stabilito al comma 8 dell'articolo 9. E' altresì fatto salvo quanto previsto dall'articolo 76 della legge regionale 6 aprile 1996, n. 16, riferito al corpo forestale come corpo di pubblica sicurezza.
Art. 6.
Ordinamento della dirigenza

1.  Nell'Amministrazione regionale e negli enti di cui all'articolo 1 la dirigenza è ordinata in un unico ruolo articolato in due fasce, in relazione al livello di professionalità e di responsabilità. La distinzione in fasce ha rilievo agli effetti del trattamento economico ed ai fini del conferimento degli incarichi dirigenziali. Nella prima applicazione della presente legge è altresì istituita una terza fascia in cui è inquadrato il personale con la qualifica di dirigente amministrativo e tecnico o equiparato ai sensi della normativa previgente in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge.
2.  Presso la Presidenza della Regione è istituito il ruolo unico dei dirigenti dell'Amministrazione regionale. Con regolamento da emanarsi entro centoventi giorni dall'entrata in vigore della presente legge sono disciplinate le modalità di costituzione e tenuta del ruolo unico articolato in modo da garantire la necessaria specificità tecnica e/o professionale anche ai fini dell'attribuzione degli incarichi in relazione alle peculiarità delle strutture.
3.  Alla seconda fascia del ruolo unico dirigenziale si accede con le modalità previste dall'articolo 28 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modifiche ed integrazioni.
4.  In sede di prima applicazione, ed ove non ostino specifiche ipotesi di responsabilità disciplinare, accedono alla prima fascia dirigenziale il segretario generale, i direttori regionali ed equiparati, l'ispettore regionale tecnico di cui alla legge regionale 22 febbraio 1986, n. 2, in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge, purché in possesso del titolo di studio richiesto per l'accesso alla carriera.
5.  In sede di prima applicazione, alla seconda fascia dirigenziale accedono i dirigenti superiori amministrativi e tecnici o equiparati, in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge, in possesso di laurea e ove non ostino specifiche ipotesi di responsabilità disciplinare. Agli eventuali posti residui accedono, tenuto conto del limite di cui al comma 8 dell'articolo 9, nei termini e con le modalità di cui al comma 3 dell'articolo 19 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modifiche ed integrazioni, i dirigenti della terza fascia a seguito di concorso per titoli ed esami, fermo restando il possesso del titolo di studio richiesto per l'accesso alla carriera. Per il quinquennio successivo alla data di entrata in vigore della presente legge, i posti da conferire con la procedura di cui all'articolo 28 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modifiche ed integrazioni, sono per il 50 per cento riservati ai dirigenti della terza fascia. Successivamente detta riserva opera nel limite del 30 per cento.
6.  La Presidenza della Regione cura una banca dati informatica contenente i dati curriculari e professionali di ciascun dirigente per le finalità di conferimento degli incarichi e per promuovere la mobilità e l'interscambio professionale degli stessi tra amministrazioni statali, regionali, locali, organismi ed enti internazionali, secondo le modalità di cui all'articolo 33 bis del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29.
7. Gli organi amministrativi collegiali della Regione sono costituiti per la parte tecnica dai dirigenti dell'area professionale del ruolo unico della dirigenza.
Art. 7.
Funzioni dei dirigenti di strutture di massima dimensione

1.  I dirigenti di struttura di massima dimensione comunque denominata, nell'ambito di quanto stabilito dal comma 1 dell'articolo 2, esercitano fra gli altri i seguenti compiti e poteri:
a)  formulano proposte ed esprimono pareri al Presidente della Regione ed agli Assessori regionali nelle materie di rispettiva competenza;
b)  curano l'attuazione dei piani, programmi e direttive generali definiti dal Presidente della Regione e dagli Assessori regionali;
c) attribuiscono ai dirigenti gli incarichi e la responsabilità di specifici progetti e gestioni, definiscono gli obiettivi che i dirigenti devono perseguire e attribuiscono agli stessi le necessarie risorse umane, finanziarie e materiali, sentiti i dirigenti medesimi;
d)  adottano gli atti relativi all'organizzazione degli uffici di livello dirigenziale;
e) adottano gli atti ed i provvedimenti amministrativi;
f) esercitano i poteri di spesa e quelli di acquisizione delle entrate, rientranti nella competenza dei propri uffici;
g)  dirigono, coordinano e controllano l'attività dei dirigenti e dei responsabili dei procedimenti amministrativi, anche con potere sostitutivo in caso di inerzia con proposta di adozione, nei confronti dei responsabili, delle misure previste dal comma 3 dell'articolo 10;
h)  promuovono e resistono alle liti ed hanno il potere di conciliare e transigere, fermo restando quanto disposto dall'articolo 12, comma 1, della legge 3 aprile 1979, n. 103;
i) richiedono direttamente pareri agli organi consultivi e rispondono agli organi di controllo sugli atti di competenza, e propongono all'organo di indirizzo politico-amministrativo le richieste di cui alla lettera f) del comma 1 dell'articolo 2;
l)  svolgono le attività di organizzazione e gestione del personale e di gestione dei rapporti sindacali e di lavoro anche in sede di contrattazione decentrata;
m)  decidono sui ricorsi gerarchici contro gli atti ed i provvedimenti amministrativi non definitivi dei dirigenti;
n)  curano i rapporti con gli uffici dell'Unione europea e degli organismi internazionali nelle materie di competenza secondo le specifiche direttive dell'organo di direzione politica sempre che tali rapporti non siano espressamente affidati ad apposito ufficio o organo.
2.  I responsabili di strutture di massima dimensione riferiscono correntemente al Presidente della Regione ed agli Assessori regionali sull'attività da essi svolta e in tutti i casi in cui venga richiesto o ritenuto opportuno.
3.  Gli atti ed i provvedimenti adottati dai responsabili di uffici dirigenziali di cui al presente articolo sono definitivi.
4.  Il dirigente di struttura di massima dimensione assume la denominazione di segretario generale o dirigente generale o ispettore generale o avvocato generale.
Art. 8.
Funzioni dei dirigenti

1.  I dirigenti, nell'ambito di quanto stabilito dal comma 1 dell'articolo 2, esercitano fra gli altri i seguenti compiti e poteri:
a) formulano proposte ed esprimono pareri ai responsabili degli uffici dirigenziali di massima dimensione;
b)  curano l'attuazione dei progetti e le gestioni ad essi assegnati dai responsabili degli uffici dirigenziali generali; adottano i relativi atti e provvedimenti amministrativi, con l'esercizio dei poteri di spesa e di acquisizione delle entrate;
c)  svolgono i compiti delegati dai dirigenti di massima dimensione;
d)  dirigono, coordinano e controllano l'attività degli uffici dipendenti e dei responsabili dei procedimenti amministrativi, con poteri sostitutivi in caso di inerzia, e valutano l'apporto di ciascun dipendente;
e)  gestiscono il personale e le risorse finanziarie e strumentali assegnate ai propri uffici.
Art. 9.
Modalità di conferimento degli incarichi dirigenziali

1.  Per il conferimento di ciascun incarico dirigenziale e per il passaggio ad incarichi dirigenziali diversi, si tiene conto della natura e delle caratteristiche dei programmi da realizzare, delle attitudini e della capacità professionale del singolo dirigente, dell'attività svolta, applicando di norma il criterio della rotazione degli incarichi. Al conferimento, alla rotazione ed alla revoca degli incarichi non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 2103 del codice civile.
2.  Gli incarichi di direzione degli uffici dell'Amministrazione regionale e di quelli degli enti di cui all'articolo 1 sono conferiti a tempo determinato. Gli incarichi hanno una durata non inferiore a due anni e non superiore a sette con facoltà di rinnovo. Il trattamento economico ha carattere onnicomprensivo.
3.  Per ciascun incarico sono definiti contrattualmente l'oggetto, gli obiettivi e la durata. Gli incarichi di direzione delle strutture di massima dimensione possono essere confermati, revocati, modificati o rinnovati entro novanta giorni dall'elezione del Presidente e della Giunta regionale; se non si provvede entro tale termine l'incarico si intende confermato sino alla sua naturale scadenza.
4.  L'incarico di dirigente generale è conferito con decreto del Presidente della Regione, previa delibera della Giunta regionale, su proposta dell'Assessore competente, a dirigenti di prima fascia, e nel limite di un terzo, che può essere superato in caso di necessità di servizio e nel rispetto del limite numerico di cui alla tabella A allegata alla presente legge, a dirigenti di seconda fascia ovvero a soggetti di cui al comma 8.
5.  Gli altri incarichi dirigenziali sono conferiti, per un periodo non inferiore a due anni e non superiore a sette anni, con facoltà di rinnovo, a dirigenti di seconda fascia e per necessità di servizio a dirigenti di terza fascia i quali continuano a mantenere la qualifica di provenienza in possesso di formazione culturale, professionale, capacità e attitudini adeguate alle funzioni da svolgere e che abbiano dimostrato, mediante i risultati conseguiti nell'esperienza lavorativa, l'attitudine ad assumere le responsabilità connesse alle funzioni da svolgere.
6.  I dirigenti ai quali non sia affidata la titolarità di uffici dirigenziali svolgono funzioni ispettive, di consulenza, studio e ricerca o altri incarichi previsti dall'ordinamento regionale. A seconda della complessità dell'attività da esercitare, l'incarico viene attribuito a dirigenti di prima o seconda fascia e successivamente, per motivate necessità di servizio, a dirigenti di terza fascia, i quali continuano a mantenere la qualifica di provenienza.
7.  Gli incarichi di cui al comma 5 sono conferiti dal dirigente generale. Gli incarichi di cui al comma 6 sono conferiti ai dirigenti di prima fascia con le modalità di cui al comma 4 ed ai dirigenti di seconda o terza fascia dal dirigente generale.
8.  Al fine del conferimento degli incarichi di cui al comma 4 ed entro il limite del 5 per cento della dotazione organica si applicano le previsioni di cui al comma 6 dell'articolo 19 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modifiche ed integrazioni.
9.  Ai soggetti esterni ai quali sia stato conferito l'incarico di dirigente si applicano, per la durata dell'incarico stesso, le disposizioni in materia di responsabilità e di incompatibilità previste dall'ordinamento regionale.
Art. 10.
Responsabilità dirigenziale

1.  Ferma restando la responsabilità penale, civile, amministrativa, contabile e disciplinare i dirigenti sono responsabili:
a)  dei risultati dell'attività svolta dalle strutture alle quali sono preposti;
b)  della realizzazione dei programmi e dei progetti loro affidati in relazione agli obiettivi stabiliti dall'organo politico e relativi al rendimento ed ai risultati della gestione finanziaria, tecnica ed amministrativa;
c)  delle decisioni organizzative e della gestione del personale loro assegnato;
d)  dell'osservanza dei termini e delle norme sui procedimenti amministrativi.
2.  All'inizio di ogni anno i dirigenti presentano ai dirigenti delle strutture di massima dimensione una relazione sull'attività svolta nell'anno precedente.
3. La Giunta regionale, su proposta dell'Assessore competente, allorché accerti i risultati negativi dell'attività amministrativa e della gestione od il mancato raggiungimento degli obiettivi, valutati con i sistemi e le garanzie che sono determinati con apposito regolamento, in coerenza a quanto disposto dall'articolo 17 della legge 15 marzo 1997, n. 59, dispone la revoca dell'incarico, con conseguente perdita del trattamento economico accessorio connesso alle funzioni ed ai risultati e la destinazione nei successivi sessanta giorni a diverso incarico.
4.  Nell'ipotesi di grave e/o reiterata inosservanza delle direttive generali ovvero in caso di specifica responsabilità per i risultati negativi dell'attività amministrativa e della gestione, previa contestazione e contraddittorio con il responsabile di livello dirigenziale interessato, la Giunta regionale può disporre:
a)  l'esclusione dal conferimento di ulteriori incarichi di livello dirigenziale corrispondente a quello revocato per un periodo non inferiore a due anni;
b)  il recesso secondo le disposizioni del codice civile e dei contratti collettivi.
Art. 11.
Datori di lavoro

1.  Al comma 3 dell'articolo 35 della legge regionale 7 marzo 1997, n. 6, e successive modifiche ed integrazioni, le parole: "i direttori preposti alle direzioni dalle quali in base ai rispettivi funzionigrammi dipendono i gruppi competenti in materia di personale" sono sostituite dalle seguenti: "i dirigenti generali".
2.  Alla fine del comma 3 dell'articolo 35 della legge regionale 7 marzo 1997, n. 6, è aggiunto il seguente periodo: "Ai dirigenti generali ed ai capi degli uffici periferici, nella qualità di datori di lavoro, sono attribuiti i poteri decisionali e di spesa ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 e successive modifiche ed integrazioni limitatamente al personale, agli impianti, alle attrezzature ed ai locali di rispettiva pertinenza; nel caso in cui gli impianti, le attrezzature ed i locali siano comuni a più dipartimenti regionali o uffici periferici, i datori di lavoro interessati concordano fra loro, con formale provvedimento a firma congiunta, l'attribuzione della gestione di uno o più servizi comuni. Fino all'emanazione del predetto provvedimento tutti i datori di lavoro interessati sono responsabili solidalmente per i servizi in comune".
3.  Al comma 4 dell'articolo 35 della legge regionale 7 marzo 1997, n. 6, e successive modifiche ed integrazioni le parole: "per non oltre un triennio" sono sostituite dalle seguenti: "per non oltre sei anni" e le parole: "il Presidente della Regione e gli assessori regionali" sono sostituite dalle seguenti: "i datori di lavoro".
Art. 12.
Rapporto di esclusività

1.  Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, i dirigenti cui è stata assegnata la direzione di strutture di qualsiasi dimensione devono dimettersi da qualsiasi incarico esterno non inerente alle specifiche funzioni assegnate o optare per altro incarico differente da quello a carattere gestionale.
Art. 13.
Trattamento economico

1.  La retribuzione del personale con qualifica di dirigente è determinata dai contratti collettivi per l'area dirigenziale, prevedendo che il trattamento economico accessorio sia correlato alle funzioni attribuite ed alle connesse responsabilità. La graduazione delle funzioni e responsabilità ai fini del trattamento accessorio è definita per tutti i rami dell'Amministrazione regionale con decreto del Presidente della Regione previa deliberazione della Giunta regionale.
2.  Con contratto individuale sono determinati gli istituti del trattamento economico accessorio, collegati al livello di responsabilità attribuito con l'incarico di funzione ed ai risultati conseguiti nell'attività amministrativa e di gestione, ed i relativi importi.
3.  Per i dirigenti generali di strutture di massima dimensione, con contratto individuale è stabilito il trattamento economico fondamentale, assumendo come parametri di base i valori economici massimi contemplati dai contratti collettivi per le aree dirigenziali della Regione e sono determinati gli istituti del trattamento economico accessorio, collegati al livello di responsabilità attribuito con l'incarico di funzione ed ai risultati conseguiti nell'attività amministrativa e di gestione, ed i relativi importi.
4.  Il trattamento economico determinato ai sensi del presente articolo remunera le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti in base a quanto previsto dalla presente legge nonché qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque conferito dall'amministrazione di appartenenza presso cui prestano servizio o su designazione della stessa; i compensi dovuti da terzi sono corrisposti direttamente all'amministrazione di appartenenza e confluiscono nelle risorse destinate al trattamento economico accessorio della dirigenza.
Art. 14.
Formazione, aggiornamento e riqualificazione del personale

1.  Nell'ambito delle attuali disposizioni di legge, la formazione e l'aggiornamento professionale del dirigente sono assunti dall'Amministrazione regionale quale metodo permanente per assicurare il costante adeguamento delle competenze manageriali agli sviluppi culturali, normativi, tecnologici ed organizzativi di riferimento della prestazione stessa, per favorire la crescita di una cultura di gestione orientata ai risultati ed all'innovazione. Tale finalità è perseguita come essenziale obiettivo per il miglioramento dell'efficacia dell'azione amministrativa e della qualità del servizio.
2.  Nei confronti dei dirigenti la formazione ha il duplice obiettivo di curare e sviluppare il patrimonio cognitivo necessario in relazione alle responsabilità attribuite e di sviluppare il patrimonio cognitivo necessario per le responsabilità da attribuirsi anche in situazioni di mobilità, al fine di realizzare l'ottimale utilizzo dei sistemi operativi di gestione delle risorse umane, finanziarie e tecniche.
3.  L'Amministrazione regionale definisce annualmente la quota delle risorse da destinare ad iniziative di formazione dei dirigenti. Le iniziative formative sono realizzate dall'Amministrazione avvalendosi della Scuola superiore della pubblica amministrazione e della collaborazione, a seguito di convenzioni, delle Università poste nel territorio regionale nonché di soggetti pubblici o istituti pubblici e/o privati specializzati nel settore e di enti di formazione, come individuati dalla legge regionale 6 marzo 1976, n. 24.
4.  La partecipazione alle iniziative di formazione, inserite in appositi percorsi formativi, anche individuali, viene concordata dall'Amministrazione con i dirigenti interessati ed è considerata servizio utile a tutti gli effetti.
5.  Il dirigente può partecipare, senza oneri per l'Amministrazione, a corsi di formazione ed aggiornamento professionale che siano in linea con le finalità indicate nei commi 1 e 2. A tal fine, al dirigente può essere concesso un periodo di aspettativa non retribuita per motivi di studio della durata massima di tre mesi in un anno.
6.  Qualora l'Amministrazione riconosca l'effettiva connessione delle iniziative di formazione ed aggiornamento svolte dal dirigente ai sensi del comma 5 con l'attività di servizio e l'incarico affidatogli, può concorrere con un proprio contributo alla spesa sostenuta e debitamente documentata.
Art. 15.
Portavoce

1.  Nelle more del complessivo riassetto della normativa riguardante gli uffici stampa, il Presidente della Regione e gli Assessori sono autorizzati a nominare, in aggiunta ai consulenti di cui già dispongono, un portavoce, scegliendolo tra i giornalisti iscritti all'ordine, al quale è applicato lo stesso trattamento normativo ed economico previsto per i consulenti.
2.  Per le finalità del presente articolo è autorizzata la spesa di lire 300 milioni per l'anno 2000 e di lire 650 milioni per ciascuno degli anni 2001 e 2002.
3.  Agli oneri di cui al comma 2 si provvede per l'anno 2000 mediante riduzione di pari importo delle disponibilità del capitolo 21257, accantonamento codice 1001.
4.  Per gli anni 2001 e 2002 l'onere trova riscontro nel bilancio pluriennale codice 01.08.02, accantonamento codice 1001.
Art. 16.
Organizzazione, funzioni e responsabilità di specifici uffici regionali

1.  Le determinazioni connesse agli adempimenti previsti dall'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modifiche ed integrazioni, per la Segreteria generale, per gli uffici alle dirette dipendenze del Presidente della Regione e per l'Ufficio legislativo e legale della Regione siciliana sono assunte dal Presidente della Regione, su proposta, rispettivamente, del Segretario generale e dell'Avvocato generale.
2.  La Segreteria generale, gli uffici alle dirette dipendenze del Presidente della Regione e l'Ufficio legislativo e legale sono organizzati in conformità alla tipicità delle rispettive funzioni connesse alla realizzazione dell'attività di impulso, di indirizzo e di coordinamento, nonché alla tutela dei diritti e degli interessi della Regione, allo svolgimento dell'attività legislativa e di governo, previste dallo Statuto e dal Testo unico delle leggi sull'ordinamento del Governo e dell'Amministrazione della Regione siciliana, approvato con decreto del Presidente della Regione 28 febbraio 1979, n. 70.
3.  Con decreto del Presidente della Regione, su proposta del Segretario generale e dell'Avvocato generale, previa contrattazione decentrata, sono stabilite, per il personale degli uffici di cui al comma 2, le misure di speciali indennità di presenza, correlate alle prestazioni lavorative, pomeridiane, notturne e festive, in ragione delle qualifiche di appartenenza ed è individuato il personale che, in ragione delle effettive esigenze, rende le predette prestazioni lavorative.
4.  All'acquisto, manutenzione, riparazione delle ap-parecchiature anche di tipo informatico necessarie al funzionamento della Segreteria generale e degli uffici alle dirette dipendenze del Presidente della Regione, oltre che all'acquisto dei programmi e dei materiali di consumo relativi alle apparecchiature medesime, nonché per le missioni del personale che presta servizio presso gli stessi uffici e presso l'Ufficio legislativo e legale provvede la Segreteria generale, fermi restando i capitoli di spesa già attribuiti alla medesima.
5.  Alla dotazione dei capitoli di bilancio da istituire per effetto delle disposizioni contenute nel comma 4 si provvede mediante riduzione degli stanziamenti dei corrispondenti capitoli di spesa esistenti nello stato di previsione della spesa - Amministrazione Presidenza, Titolo I, Rubrica 2.
6.  A termini dell'articolo 15 della legge regionale 7 marzo 1997, n. 6 e successive modifiche ed integrazioni, le spese di cui al comma 4 costituiscono spese correnti di amministrazione ed i relativi capitoli di spesa sono compresi nell'apposito elenco numero 5 allegato alla legge regionale 17 marzo 2000, n. 9.
Art. 17.
Durata del periodo del tirocinio

1.  La durata del periodo di tirocinio previsto dall'articolo 50 della legge regionale n. 7 del 1971 coincide con il periodo di prova.
Art. 18.
Applicazione di normativa statale

1.  In materia di sostegno della maternità e della paternità per il diritto alla cura ed alla formazione si applicano, ove più favorevoli, le norme dello Stato.
Art. 19.
Trasferimenti per motivi di salute

1.  I dipendenti dell'Amministrazione regionale che siano stati o siano affetti da patologie oncologiche conclamate, possono essere trasferiti, a richiesta, presso la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio, anche in soprannumero, previa presentazione dell'apposita documentazione medica di natura specialistica da cui si evinca il riconoscimento della malattia oncologica, rilasciata da centri di cura pubblici, regionali o extra regionali.
Art. 20.
Disposizioni finali

1.  Fermo restando quanto previsto dai commi 1 e 2 dell'articolo 74 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, a far data dalla definizione del conferimento degli incarichi dirigenziali di cui all'articolo 9 sono abrogate le norme regionali incompatibili con la presente legge e sono soppressi i ruoli regionali di direttore regionale o equiparato e di dirigente superiore amministrativo e tecnico ed ogni norma di legge connessa alla regolamentazione degli uffici e delle funzioni.
2.  A far data dalla stipulazione del primo contratto collettivo ai dipendenti regionali e degli enti regionali non si applicano gli articoli da 100 a 123 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3 e le disposizioni collegate; l'articolo 22 della legge 29 marzo 1983, n. 83 e l'articolo 51, commi 9 e 10, della legge 8 giugno 1990, n. 142.
3.  A far data dalla sottoscrizione del secondo contratto collettivo in relazione ai soggetti destinatari ed alle materie regolate sono inapplicabili e cessano di produrre effetti le disposizioni di legge che comunque regolamentano i relativi rapporti di impiego.
TITOLO II
COMMISSIONE DI GARANZIA PER LA TRASPARENZA, L'IMPARZIALITA' DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
Art. 21.
Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 30 aprile 1991, n. 10

1.  La Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi di cui all'articolo 31 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 10, assume le ulteriori competenze di cui alla presente legge e la seguente denominazione: "Commissione di garanzia per la trasparenza, l'imparzialità delle pubbliche amministrazioni e la verifica delle situazioni patrimoniali".
2.  La Commissione conserva la composizione prevista dall'articolo 31 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 10, tranne per quanto riguarda la presidenza.
3.  Il presidente è eletto a maggioranza assoluta dei componenti la Commissione, a scrutinio segreto, fra i docenti universitari di cui al comma 2 dell'articolo 31 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 10.
4.  La Commissione valuta le informazioni ed i dati da chiunque trasmessi, purché in forma non anonima ovvero apocrifa, o acquisiti direttamente, relativi alla mancata osservanza del dovere di imparzialità da parte dei pubblici funzionari.
5.  La Commissione, nel caso in cui valuti che i fatti a sua conoscenza possano essere penalmente rilevanti o costituire elementi utili ad indagini penali in corso, ovvero nel caso in cui siano ravvisate omissioni da parte dei servizi e degli uffici di cui all'articolo 3, comma 3, ne dà immediata comunicazione alla competente autorità giudiziaria. La Commissione informa altresì l'autorità competente qualora ravvisi ipotesi di danno erariale.
6.  Le informazioni, i documenti e gli elementi acquisiti dalla Commissione possono essere valutati nel corso dei procedimenti disciplinari nei confronti dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni.
7.  Le pubbliche amministrazioni sono tenute a fornire trimestralmente alla Commissione, e secondo le modalità determinate dalla medesima, relazione dalla quale risultino i procedimenti disciplinari instaurati, le ordinanze di custodia cautelare, i decreti che dispongono il giudizio, le sentenze di condanna e quelle di applicazione della pena su richiesta delle parti, emessi a carico del proprio personale, nonché tutte le notizie ed i dati inerenti i compiti istituzionali che la Commissione ritenga utile acquisire.
8.  Entro il 30 giugno di ogni anno la Commissione presenta all'Assemblea regionale siciliana una relazione sui risultati della propria attività. La Commissione può segnalare all'Assemblea regionale siciliana ed alla Giunta regionale l'opportunità di adottare disposizioni normative o misure amministrative idonee a prevenire il fenomeno della corruzione nella pubblica amministrazione ed a garantire la trasparenza dell'azione amministrativa e la tutela dei diritti del cittadino.
9.  Si applicano ai deputati regionali, ai membri della Giunta regionale, agli amministratori degli enti, aziende ed istituti di cui all'articolo 1, della legge regionale 30 aprile 1991, n. 10, nonché ai funzionari (direttori e dirigenti) ed agli assistenti della Regione e dei predetti enti le norme statali in materia di situazione patrimoniale, ivi compresa l'anagrafe patrimoniale.
10.  Allorché nei confronti di dipendente dell'Amministrazione regionale e di ente, istituto ed azienda di cui all'articolo 1 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 10, venga adottato decreto di rinvio a giudizio per reato associativo di tipo mafioso o delitto contro la pubblica amministrazione, l'organo competente provvede al suo trasferimento ad altro assessorato se trattasi di dipendente regionale. Il dipendente di amministrazione differente da quella regionale è trasferito ad ufficio diverso da quello in cui presta servizio con attribuzione di funzioni analoghe, per inquadramento e mansione, a quelle svolte in precedenza.
11.  La sentenza definitiva di condanna pronunciata nei confronti di dipendenti di ente, istituto ed azienda di cui all'articolo 1 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 10, per delitti contro la pubblica amministrazione, previsti nel Titolo I del Capo 2 del libro II del codice penale, è comunicata al Procuratore regionale dalla Corte dei conti.
Titolo III
DISCIPLINA DEL RAPPORTO DI LAVORO E CONTRATTAZIONE COLLETTIVA
Art. 22.
Disciplina del rapporto di lavoro

1.  I rapporti di lavoro dei dipendenti dell'Amministrazione regionale e degli enti di cui all'articolo 1 sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II del libro V del Codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, salve le disposizioni diverse indicate nella presente legge.
2.  I rapporti individuali di lavoro dei dipendenti regionali sono regolati contrattualmente. I contratti collettivi di lavoro sono stipulati secondo le modalità e con i criteri di cui al titolo III del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modifiche ed integrazioni ed i contratti si conformano ai principi di cui all'articolo 49, comma 2, del citato decreto legislativo.
3.  Salvo che per le materie coperte da riserva di legge, gli accordi sindacali recepiti in decreti dal Presidente della Regione, ai sensi della legge regionale 19 giugno 1991, n. 38 e le norme regionali vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge continuano ad applicarsi, limitatamente agli istituti del rapporto di lavoro non regolati dalla presente legge. Le disposizioni di legge, regolamenti o atti amministrativi che attribuiscono incrementi retributivi non previsti da contratti cessano di avere efficacia a far data dall'entrata in vigore del rinnovo contrattuale. I trattamenti economici più favorevoli in godimento sono riassorbiti con le modalità e nelle misure previste dai contratti collettivi e i risparmi di spesa che ne conseguono incrementano le risorse disponibili per la contrattazione collettiva. Le predette disposizioni cessano di avere efficacia dal momento della sottoscrizione del secondo contratto collettivo.
Art. 23.
Estensione di normative

1. Al rapporto di impiego del personale regionale e di quello posto alle dipendenze degli enti di cui all'articolo 1, si applicano le seguenti disposizioni del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modifiche ed integrazioni:
Titolo I
-  articolo 7 (gestione delle risorse umane);
Titolo II, capo III
-  articolo 33 (passaggio diretto);
-  articolo 33 bis (temporaneo servizio all'estero);
-  articolo 34 (trasferimento di attività);
-  articolo 35 (eccedenze di personale e mobilità collettiva);
-  articolo 35 bis (gestione del personale in disponibilità);
-  articolo 36 (reclutamento personale);
-  articolo 37 (accesso dei cittadini degli Stati membri dell'Unione europea);
Titolo IV
-  articolo 56 (disciplina delle mansioni) fermo restando, in caso di inquadramento nella qualifica superiore, il possesso del titolo di studio richiesto dalla normativa vigente per l'accesso alla relativa qualifica;
-  articolo 58 (incompatibilità);
-  articolo 58 bis (codice di comportamento);
-  articolo 59 (sanzioni disciplinari);
-  articolo 59 bis (impugnazione delle sanzioni disciplinari);
-  articolo 61 (pari opportunità);
Titolo VI
-  articoli 68, 68 bis, 69, 69 bis relativi alle controversie di lavoro, agli accertamenti pregiudiziali, al tentativo obbligatorio di conciliazione ed al collegio di conciliazione.
2.  Quanto previsto al comma 2 dell'articolo 6 della legge regionale 20 agosto 1994, n. 32 introdotto dall'articolo 4 della legge regionale 25 maggio 1995, n. 46, si applica a domanda da presentarsi entro il termine di trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, al personale di cui all'articolo 79 della legge regionale 6 aprile 1996, n. 16.
3.  Al personale con il profilo professionale di assistente sociale del ruolo dei servizi speciali della Presidenza della Regione di cui all'articolo 18 della legge regionale 29 ottobre 1985, n. 41, si applicano le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 gennaio 1987, n. 14 e del decreto del Presidente della Repubblica 3 agosto 1990, n. 333.
4.  E' rimessa alla contrattazione collettiva la disciplina del rapporto di lavoro a tempo parziale. Esso non può essere costituito per profili lavorativi comportanti l'esercizio di funzioni direttive, ispettive o di coordinamento di strutture comunque denominate o l'obbligo di resa del conto giudiziale.
5.  La contrattazione collettiva definisce la disciplina del rapporto di lavoro a tempo determinato e ne individua le ipotesi legali in applicazione ed integrazione della legge 18 aprile 1962, n. 230 e successive modifiche ed integrazioni, salvo in ogni caso il divieto di trasformazione del rapporto a tempo indeterminato.
6.  La contrattazione collettiva definisce la disciplina del lavoro subordinato a distanza (telelavoro) e i criteri di rilevazione della prestazione in coerenza ad esigenze di flessibilità dei processi produttivi lavorativi ed al fine di soddisfare istanze di pari opportunità lavorative.
Art. 24.
Contrattazione collettiva

1.  La contrattazione collettiva per il personale regionale e per quello dipendente dagli enti di cui all'articolo 1, è articolata su due livelli, regionale e integrativa, a livello di unità amministrativa periferica. La contrattazione regionale-quadro determina gli ambiti e le unità contrattuali della contrattazione integrativa in corrispondenza ai collegi per la costituzione delle rappresentanze unitarie del personale. Essa si svolge sulle materie relative al rapporto di lavoro, con esclusione di quelle riservate alla legge e agli atti normativi e amministrativi, ai sensi dell'articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, ed in conformità a quanto stabilito nel titolo III del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, rispettivamente per i contratti collettivi nazionali ed integrativi.
2.  L'Amministrazione regionale e gli enti di cui all'articolo 1 costituiscono un unico comparto di contrattazione. Eventuali modificazioni del comparto unico possono essere apportate sulla base di accordi stipulati tra l'Agenzia di cui all'articolo 23 e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative ai sensi dell'articolo 47 bis del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modifiche, con decreto del Presidente della Regione, previa intesa con le amministrazioni e gli enti interessati.
3.  L'Amministrazione regionale e gli enti di cui all'articolo 1 osservano gli obblighi assunti con contratti collettivi di cui al presente articolo. Essi vi adempiono nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti.
Art. 25.
ARAN Sicilia

1. Ai sensi del comma 16, dell'articolo 50 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, è istituita l'Agenzia per la rappresentanza negoziale della Regione Sicilia (ARAN Sicilia) che rappresenta legalmente gli enti di cui all'articolo 1, e che svolge le funzioni e i compiti attribuiti all'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modifiche.
2. Gli enti sottoposti al controllo della Regione e gli enti locali possono avvalersi dell'assistenza dell'ARAN Sicilia ai fini della contrattazione integrativa.
3. Il comitato direttivo dell'Agenzia è nominato dal Presidente della Regione previa delibera della Giunta regionale ed è costituito da cinque componenti scelti secondo i criteri previsti dal comma 7 dell'articolo 50, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, come modificato dall'articolo 2 del decreto legislativo 4 novembre 1997, n. 396, tre dei quali designati dal Presidente della Regione, uno dall'Associazione nazionale dei comuni d'Italia (ANCI) e uno dall'Unione regionale delle province siciliane (URPS). Essi godono del trattamento economico previsto per i componenti del comitato direttivo dell'ARAN nazionale. Il Presidente della Regione designa il presidente dell'ARAN Sicilia.
4. I componenti del Comitato direttivo dell'Agenzia sono scelti tra esperti di riconosciuta competenza in materia di relazioni sindacali e di gestione del personale anche estranei alla pubblica amministrazione. Il Comitato direttivo dura in carica quattro anni ed i suoi componenti possono essere riconfermati una sola volta. Non possono far parte del Comitato persone che rivestono incarichi pubblici elettivi o cariche in partiti politici o in organizzazioni sindacali o che ricoprono rapporti di collaborazione o di consulenza con le predette organizzazioni o con le amministrazioni locali.
5. Per la sua attività l'ARAN Sicilia si avvale:
a) delle risorse derivanti da contributi posti a carico dell'Amministrazione regionale e degli enti di cui all'articolo 1, corrisposti in misura fissa per dipendente in servizio della Regione e degli enti di cui all'articolo 1. La misura annua del contributo individuale è concordata tra l'ARAN Sicilia e la Giunta regionale ed è riferita a ciascun biennio contrattuale;
b) di quote per l'assistenza alla contrattazione integrativa e per le altre prestazioni eventualmente richieste poste a carico dei soggetti che se ne avvalgono.
6. La riscossione dei contributi di cui al comma 5 è effettuata:
a) per l'Amministrazione regionale attraverso la previsione di spesa complessiva da iscrivere nell'apposito capitolo dello stato di previsione di spesa della Presidenza della Regione;
b) per gli enti pubblici non economici nella definizione dei bilanci.
7. L'ARAN Sicilia ha personalità giuridica di diritto pubblico. Ha autonomia organizzativa e contabile nei limiti del proprio bilancio. Affluiscono direttamente al bilancio dell'ARAN Sicilia i contributi di cui al comma 5. L'ARAN Sicilia definisce con propri regolamenti le norme concernenti l'organizzazione interna, il funzionamento e la gestione finanziaria. I regolamenti sono soggetti al controllo del Presidente della Regione o del l'As sessore alla Presidenza eventualmente delegato da esercitarsi entro quindici giorni dal ricevimento degli stessi. La gestione finanziaria è soggetta al controllo consuntivo della sezione regionale della Corte dei conti.
8. La dotazione organica iniziale del personale dipendente dell'ARAN è fissata con decreto dell'Assessore alla Presidenza. In relazione alle risorse finanziarie per le spese di personale concesse dalla Regione e previste in un apposito capitolo del bilancio regionale e alle proprie autonome risorse, l'ARAN provvede autonomamente alla programmazione triennale del personale e alle relative collocazioni funzionali.
9. Alla copertura dei relativi posti si provvede tramite concorso pubblico ovvero mediante contratto a tempo determinato di diritto privato.
10. Per le posizioni dirigenziali e per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa per professionalità particolarmente elevate si provvede tramite selezione diretta.
11. Nella fase di prima applicazione della presente legge ed in attesa dell'applicazione degli articoli 6 e seguenti l'ARAN Sicilia può avvalersi di personale comandato proveniente dalla Regione, dagli enti locali siciliani e dalle Università.
12. Per le finalità del presente articolo è autorizzata la spesa di lire 400 milioni per l'anno 2000 e di lire 900 milioni per ciascuno degli anni 2001 e 2002.
13. Agli oneri di cui al comma 12 si provvede per l'anno 2000 mediante riduzione di pari importo delle disponibilità del capitolo 21257, accantonamento codice 1001.
14. Per gli anni 2001 e 2002 l'onere trova riscontro nel bilancio pluriennale codice 01.08.02, accantonamento codice 1001.
Art. 26.
Rappresentanza unitaria del personale

1. Vengono costituiti organismi di rappresentanza unitaria del personale a norma dell'articolo 47 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, come modificato dal decreto legislativo 4 novembre 1997, n. 396.
2. La contrattazione collettiva regionale si svolge tra l'Agenzia per la rappresentanza negoziale della Regione Sicilia (ARAN Sicilia) di cui all'articolo 24 e le organizzazioni sindacali ammesse secondo i criteri di cui all'articolo 47 bis del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29. Con decreto del Presidente della Regione, da emanarsi entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, si darà luogo all'applicazione dell'articolo 47 bis, comma 7, e seguenti del decreto di cui al presente comma.
3. Nella fase di prima applicazione della presente legge alla contrattazione del comparto di cui al comma 2 dell'articolo 24, partecipano le organizzazioni sindacali dei dipendenti dell'Amministrazione regionale, che in tale ambito sono in possesso dei requisiti previsti dell'articolo 8 del decreto legislativo 4 novembre 1997, n. 396.
4. Il successivo calcolo delle percentuali per l'individuazione della maggiore rappresentatività del nuovo comparto farà riferimento ai dati complessivi rilevati al 31 dicembre 2000. Entro il primo trimestre del 2001 si procede alle elezioni delle rappresentanze unitarie del personale e si provvede a verificare la rappresentatività delle organizzazioni sindacali in base alle percentuali delle deleghe relative all'anno precedente ed ai voti riportati nelle predette elezioni.
Art. 27.
Indirizzi per la contrattazione collettiva e procedimento contrattuale

1. Gli indirizzi per la contrattazione collettiva regionale sono deliberati dalla Giunta regionale, per i dipendenti dell'Amministrazione regionale, e da un comitato di settore costituito dai presidenti o legali rappresentanti degli enti di cui all'articolo 1, per la contrattazione relativa agli stessi, nell'ipotesi di individuazione di un comparto autonomo a norma del comma 2 dell'articolo 24.
2. Al comitato di settore di cui al comma 1 si applicano le disposizioni di cui all'articolo 46, comma 1, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29.
3. Nell'ipotesi di cui al comma 1, gli indirizzi del comitato di settore vengono sottoposti alla Giunta regionale che, entro dieci giorni, può esprimere le sue valutazioni per quanto attiene agli aspetti riguardanti la compatibilità con le linee di politica economica e finanziaria regionale.
4. L'ARAN Sicilia informa costantemente la Giunta regionale ed eventualmente il comitato di settore sullo svolgimento delle trattative.
5. Raggiunta l'ipotesi di accordo, per i dipendenti degli enti di cui al comma 1, l'ARAN Sicilia acquisisce il parere favorevole del comitato di settore sul testo contrattuale e sugli oneri finanziari che ne conseguono a carico del bilancio delle amministrazioni interessate. Il comitato di settore provvede, con gli effetti di cui al comma 1 dell'articolo 46 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, entro cinque giorni dalla richiesta dell'ARAN Sicilia e trasmette il proprio avviso alla Giunta regionale che esprime parere, previa acquisizione delle valutazioni della Presidenza della Regione, dipartimento regionale del personale e dipartimento regionale della programmazione, sulla congruità dei costi quantificati e sulla loro compatibilità con gli strumenti di programmazione.
6. Raggiunta l'ipotesi di accordo contrattuale per i dipendenti regionali, il giorno successivo l'ARAN Sicilia trasmette la quantificazione dei costi contrattuali alla Presidenza della Regione, dipartimento regionale del personale e dipartimento regionale della programmazione, per il parere sulla congruità dei costi quantificati e sulla loro compatibilità con gli strumenti di programmazione. La Presidenza della Regione può acquisire a tal fine elementi istruttori e valutazioni da tre esperti nominati dal Presidente della Regione di concerto con l'Assessore per il bilancio e le finanze. Gli esperti sono nominati prima che l'ipotesi di accordo sia trasmessa alla Presidenza della Regione.
7. La Presidenza della Regione esprime parere entro venti giorni dalla trasmissione della quantificazione dei costi contrattuali, decorsi i quali il parere si intende espresso positivamente. L'esito del parere viene sottoposto all'approvazione della Giunta regionale che delibera, entro dieci giorni dalla data di trasmissione del parere da parte della Presidenza della Regione. Se la Giunta regionale delibera favorevolmente, il presidente del l'ARAN Sicilia sottoscrive definitivamente il contratto collettivo.
8. Se il parere della Presidenza della Regione o il parere della Giunta regionale di cui al comma 5, non è favorevole, l'ARAN Sicilia, sentito il Presidente della Regione o il comitato di settore, assume le iniziative necessarie per adeguare la quantificazione dei costi contrattuali ai fini dei pareri di rispettiva competenza, ovvero, qualora non lo ritenga possibile, convoca le organizzazioni sindacali ai fini della riapertura delle trattative. Le iniziative assunte dall'ARAN Sicilia sono comunicate alla Giunta regionale e al Presidente della Regione, il quale riferisce all'Assemblea regionale siciliana sulla definitiva quantificazione dei costi contrattuali, sulla loro copertura finanziaria e sulla loro compatibilità con gli strumenti di programmazione.
9. In ogni caso la procedura per il rilascio dei pareri di cui ai commi 5 e 6 si conclude entro quaranta giorni dall'ipotesi di accordo, decorsi i quali il Presidente dell'ARAN Sicilia sottoscrive definitivamente il contratto collettivo, salvo che non si renda necessaria la riapertura delle trattative ai sensi del comma 8.
10. Il trattamento giuridico ed economico del personale degli enti di cui al comma 1 non può essere superiore a quello stabilito per i dipendenti regionali, secondo le tabelle di equiparazione adottate dai rispettivi organi di amministrazione, verificate dall'organo tutorio ed approvate dal Presidente della Regione su deliberazione della Giunta regionale.
11. Per le finalità del comma 6 è autorizzata la spesa di lire 60 milioni per l'anno 2000 e di lire 150 milioni per ciascuno degli anni 2001 e 2002.
12. Agli oneri di cui al comma 11 si provvede per l'anno 2000 mediante riduzione di pari importo delle disponibilità del capitolo 21257, codice 1001.
13. Per gli anni 2001 e 2002 l'onere trova riscontro nel bilancio pluriennale codice 01.08.02 - 1001.
Art. 28.
Oneri per la contrattazione, verifica, assegnazione di bilancio

1. L'Assessore per il bilancio e le finanze quantifica l'onere derivante dalla contrattazione collettiva regionale a carico del bilancio della Regione con apposita norma da inserire nella legge finanziaria. Allo stesso modo sono determinati gli eventuali oneri aggiuntivi a carico del bilancio della Regione per la contrattazione integrativa.
2. Per gli enti di cui all'articolo 1, gli oneri derivanti dalla contrattazione collettiva sono determinati a carico dei rispettivi bilanci in coerenza con i medesimi parametri di cui al comma 1.
3. I contratti collettivi sono corredati da prospetti contenenti la quantificazione degli oneri nonché l'indicazione della copertura complessiva per l'intero periodo di validità contrattuale, prevedendo con apposite clausole la possibilità di prorogare l'efficacia temporale del contratto ovvero di sospenderne l'esecuzione parziale o totale in caso di accertata esorbitanza dai limiti di spesa.
4. Per l'esercizio in corso la spesa derivante dalla contrattazione collettiva regionale grava sul capitolo 21262 "Fondo destinato alla contrattazione dello stato giuridico ed economico del personale dell'Amministrazione regionale".
5. Il controllo sulla compatibilità dei costi della contrattazione collettiva integrativa con i vincoli di bilancio è effettuato dal collegio dei revisori dei conti ovvero, ove tale organo non sia previsto, dai nuclei di valutazione o dai servizi di controllo interno.
Art. 29.
Interpretazione di clausole controverse

1. Quando insorgano controversie sull'interpretazione dei contratti collettivi, le parti che li hanno sottoscritti si incontrano per definire consensualmente il significato della clausola controversa. L'eventuale accordo, stipulato con le procedure di cui all'articolo 27, sostituisce la clausola in questione sin dall'inizio della vigenza del contratto.
Art. 30.
Aspettative e permessi sindacali

1. Al fine del contenimento, della trasparenza e della razionalizzazione delle aspettative e dei permessi sindacali nel settore pubblico, la contrattazione collettiva ne determina i limiti massimi in un apposito accordo, tra l'ARAN Sicilia e le confederazioni sindacali rappresentative ai sensi dell'articolo 26.
2. La gestione dell'accordo di cui al comma 1, ivi comprese le modalità di utilizzo e distribuzione delle aspettative e dei permessi sindacali tra le confederazioni e le organizzazioni sindacali aventi titolo, in proporzione al grado di rappresentatività accertata, a norma dell'articolo 26 è demandata alla contrattazione collettiva.
TITOLO IV
CONFERIMENTO DI FUNZIONI AGLI ENTI LOCALI
Art. 31.
Ripartizione delle competenze tra Regione ed enti locali

1. In armonia con il principio di sussidiarietà e con i principi enunciati dall'articolo 4 della legge 15 marzo 1997, n. 59, tutte le funzioni amministrative che non richiedono l'unitario esercizio a livello regionale sono conferite agli enti locali.
2. Restano riservati alla Regione le funzioni, i compiti e gli adempimenti di natura istituzionale esercitati nell'interesse della Regione e del suo funzionamento come ente territoriale previsto dalla Costituzione, le funzioni, i compiti e gli adempimenti di natura istituzionale concernenti i rapporti internazionali ed i rapporti con l'Unione europea, lo Stato, le altre Regioni e gli enti locali. Restano altresì riservati alla Regione in quanto richiedenti l'esercizio unitario a livello regionale:
a) le funzioni ed i compiti amministrativi per la realizzazione di infrastrutture ed opere pubbliche di interesse regionale;
b) le funzioni ed i compiti di rilievo regionale per la difesa del suolo, la tutela e la valorizzazione del l'am biente;
c) le funzioni ed i compiti amministrativi in materia di sanità;
d) le funzioni ed i compiti amministrativi riguardanti i programmi comunitari;
e) le funzioni di promozione e sviluppo dei settori economici e produttivi, nonché del lavoro;
f) le funzioni ed i compiti in materia di protezione civile;
g) le funzioni ed i compiti in materia di iniziative culturali e turistiche di interesse regionale;
h) le funzioni ed i compiti relativi al corpo forestale regionale;
i) le funzioni ed i compiti amministrativi in materia di beni culturali ed ambientali, pubblica istruzione ed assistenza universitaria;
l) le funzioni ed i compiti amministrativi in materia di formazione professionale ad eccezione dell'organizzazione e gestione dei corsi formativi;
m) le funzioni ed i compiti amministrativi in materia di motorizzazione civile e di trasporti di interesse regionale;
n) le funzioni ed i compiti amministrativi in materia di urbanistica, costruzioni in cemento armato ed edilizia in zone sismiche.
3. Con apposita legge regionale vengono individuate le funzioni ed i compiti di cui al comma 2 che possono essere delegate agli enti locali.
Art. 32.
Partecipazione degli enti locali ai processi di programmazione

1. I comuni e le province hanno, nell'ambito della legge, ogni più ampia facoltà di assumere iniziative per qualsiasi questione che non esuli dalla loro competenza o che non sia attribuita ad altra autorità.
2. Ai comuni e alle province sono affidate competen-ze complete ed integrali. Possono essere messe in causa o limitate ad un'altra autorità solamente nell'ambito della legge.
3. I comuni e le province esercitano le funzioni ad essi attribuite armonizzandole alle condizioni locali.
4. Le comunità locali sono consultate in tempo utile ed in maniera opportuna nel corso dei processi di programmazione e di formazione delle decisioni per tutte le questioni che le riguardano direttamente. La legge regionale di cui al comma 3 dell'articolo 31 stabilisce altresì forme e modi della partecipazione degli enti locali alla formazione dei piani e dei programmi regionali e negli altri provvedimenti della Regione.
5. La Regione ai sensi dell'articolo 117, primo e secondo comma, e dell'articolo 118, primo comma della Costituzione, organizza l'esercizio delle funzioni amministrative a livello locale attraverso i comuni e le province. Gli enti non economici sottoposti al controllo e vigilanza della Regione sono espressione a livello locale dei comuni e delle province e concorrono all'esercizio associato delle loro funzioni.
Art. 33.
Funzioni e compiti amministrativi della provincia regionale

1. La provincia regionale, oltre a quanto già specificamente previsto dalle leggi regionali, esercita le funzioni ed i compiti amministrativi di interesse provinciale qualora riguardino vaste zone intercomunali o l'intero territorio provinciale, salvo quanto espressamente attribuito dalla legge regionale ad altri soggetti pubblici.
2. Restano ferme, per quanto attiene alla programmazione economico-sociale ed alla pianificazione territoriale, le disposizioni di cui agli articoli 9, 10, 11 e 12 della legge regionale 6 marzo 1986, n. 9, e successive modifiche ed integrazioni.
Art. 34.
Funzioni e compiti amministrativi del comune

1. Spettano al comune tutte le funzioni ed i compiti amministrativi che riguardano la popolazione ed il territorio comunale precipuamente nei settori organici dei servizi sociali, dell'assetto ed utilizzazione del territorio e dello sviluppo economico, salvo quanto espressamente attribuito dalla legge regionale ad altri soggetti pubblici.
2. Sono trasferite ai comuni, secondo le modalità ed i tempi previsti dall'articolo 31, tutte le funzioni ed i compiti amministrativi finora esercitati dalla Regione non ricompresi nel comma 2 dell'articolo 31 e nell'articolo 33.
3. Il comune, per l'esercizio delle funzioni in ambiti territoriali adeguati, attua forme di decentramento e di cooperazione con altri comuni e con la provincia.
4. Per l'esercizio di tutte le funzioni amministrative e tecniche trasferite, i comuni e le province utilizzano, nel rispetto dei relativi profili professionali, il personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato già assunto in esecuzione di specifiche disposizioni legislative regionali per le esigenze riconnesse alle articolate attività delegate.
5. Nei comuni, nelle province e negli enti locali trova applicazione il decreto legislativo 29 ottobre 1998, n. 387, con la seguente modifica dell'ultimo comma del punto 2 della lettera a) dell'articolo 10: "Sono inoltre ammessi coloro che hanno ricoperto incarichi dirigenziali o equiparati in amministrazioni pubbliche per un periodo non inferiore ad anni tre".

Art. 35.
Regolamenti di esecuzione

1. Con regolamenti da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge vengono individuati i procedimenti di competenza rispettivamente delle province regionali e dei comuni.
2. Ferma restando l'osservanza dei principi di cui al comma 3 dell'articolo 4 della legge 15 marzo 1997, n. 59, ciascun regolamento è emanato nel rispetto dei seguenti criteri:
a) inserimento dei procedimenti facenti capo alla stessa materia e contestuale specificazione della struttura regionale da sopprimere o ridurre perché interessata dal conferimento;
b) previsione che gli enti locali provvedano direttamente, nelle materie ad essi trasferite, alla concessione ed erogazione di servizi, sovvenzioni, contributi, ausili finanziari o vantaggi economici di qualunque genere.
3. Ciascuno dei regolamenti di cui ai commi 1 e 2 disciplina le seguenti materie:
a) trasferimento di personale, mantenendo la qualifica di provenienza;
b) patrimonio da trasferire;
c) risorse finanziarie da trasferire.
4. A seguito dell'entrata in vigore di ciascun regolamento, si procede alle conseguenti variazioni di bilancio al fine di consentire l'effettivo esercizio delle funzioni disciplinate con il regolamento stesso. Nelle more della definizione, per ciascuna materia, degli adempimenti di cui al presente articolo, le relative funzioni continuano ad essere esercitate dalla Regione.
TITOLO V
ISTITUZIONE DELLO SPORTELLO UNICO PER LE ATTIVITÀ PRODUTTIVE
Art. 36.
Sportello unico

1. I comuni esercitano le funzioni amministrative concernenti la realizzazione, l'ampliamento, la cessazione, la riattivazione, la localizzazione e la rilocalizzazione di impianti produttivi di beni e servizi, ivi incluso il rilascio delle concessioni o autorizzazioni edilizie.
2. Ogni comune esercita, singolarmente o in forma associata, le funzioni di cui al comma 1 assicurando che un'unica struttura sia responsabile dell'intero procedimento. Presso la struttura è istituito uno sportello unico al fine di garantire agli interessati l'accesso, anche in via telematica, al proprio archivio informatico contenente i dati concernenti le domande di autorizzazione e il relativo iter procedurale, gli adempimenti necessari per le procedure autorizzatorie, nonché tutte le informazioni disponibili a livello regionale, ivi comprese quelle concernenti le attività promozionali che devono essere fornite in modo coordinato.
3. I comuni per la realizzazione dello sportello unico o per lo svolgimento di atti istruttori del procedimento possono stipulare convenzioni con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, con i consorzi per le aree di sviluppo industriale o con altre amministrazioni pubbliche. Ove siano stipulati patti territoriali o contratti d'area, l'accordo tra gli enti locali coinvolti deve prevedere che la gestione dello sportello unico sia attribuita al soggetto pubblico responsabile del patto o del contratto.
4. Per quanto non disposto dalla presente legge, si applica in quanto compatibile la disciplina di cui al Capo IV del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
Art. 37.
Procedimento amministrativo

1. Il procedimento amministrativo in materia di autorizzazione all'insediamento di attività produttive di beni e servizi è unico. Esso è disciplinato dal decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 1998, n. 447, ed eventuali successive modificazioni, che trova integrale applicazione con le integrazioni predisposte dalla presente legge.
2. La Giunta regionale, su proposta dell'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente, di concerto con l'Assessore regionale per l'industria e l'Assessore regionale per la cooperazione, il commercio, l'artigianato e la pesca, delibera i criteri generali e gli ambiti territoriali entro cui i comuni devono attenersi nell'individuazione delle aree.
3. I comuni nell'individuazione delle aree da destinare a insediamenti produttivi, ai sensi dell'articolo 2 del suddetto decreto, sono tenuti a rispettare le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, dei piani territoriali sovracomunali e dei piani regolatori dei consorzi per le aree di sviluppo industriale, se vigenti.
4. Ove, secondo quanto stabilito dalla medesima disposizione, sia necessario approvare una variante, si applica la vigente legislazione regionale in materia. L'approvazione della variante da parte dell'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente avviene entro il termine perentorio di quarantacinque giorni dalla data di presentazione della variante all'amministrazione regionale. Ove l'Assessorato non si pronunci entro i quarantacinque giorni la variante si intende approvata. Il decorso del termine può essere sospeso una sola volta in presenza di una richiesta di chiarimenti da parte dell'Assessorato. La sospensione non può in nessun caso superare i quindici giorni, trascorsi i quali il termine riprende a decorrere.
5. I comuni sprovvisti di piano regolatore generale devono conformarsi alle previsioni dello schema di massima del piano regolatore generale di cui al comma 7, dell'articolo 3, della legge regionale 30 aprile 1991, n. 15.
6. Alla conferenza di servizi di cui all'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 1998, n. 447, partecipa un rappresentante dell'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente. Acquisito il consenso dell'Assessorato in sede di conferenza, sulla proposta di variante si pronuncia in via definitiva il consiglio comunale.
TITOLO VI
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI PROTEZIONE CIVILE
Art. 38.
Modifiche all'articolo 2 della legge regionale 31 agosto 1998, n. 14

1. Al comma 2 dell'articolo 2, della legge regionale 31 agosto 1998, n. 14, dopo le parole "di protezione civile" sono aggiunte le seguenti: "per tal fine può essere comandato, presso il predetto ufficio personale degli enti locali".
2. Per le finalità del presente articolo è autorizzata la spesa di lire 200 milioni per l'anno 2000 e di lire 500 milioni per ciascuno degli anni 2001 e 2002.
3. Agli oneri di cui al comma 2 si provvede per l'anno 2000 mediante riduzione di pari importo delle disponibilità del capitolo 21257, accantonamento codice 1001.
4. Per gli anni 2001 e 2002 l'onere trova riscontro nel bilancio pluriennale codice 01.08.02, accantonamento codice 1001.
5. All'articolo 2 della legge regionale 31 agosto 1998, n. 14, è aggiunto il seguente comma: "2 bis. Il Presidente della Regione, o in caso di attribuzione di delega l'Assessore delegato alla protezione civile, dispone direttamente il trasferimento di personale regionale per le necessità derivanti dall'esercizio delle attribuzioni dell'ufficio regionale di protezione civile".
6. Al comma 3 dell'articolo 2 della legge regionale 31 agosto 1998, n. 14, le parole: "Nell'imminenza del verificarsi", sono sostituite con le seguenti: "Nell'imminenza o al verificarsi".
7. Al medesimo comma 3 dell'articolo 2 della suddetta legge, dopo le parole "della crisi con personale" è cassata la parola "tecnico".
TITOLO VII
RIORDINO DEL SISTEMA PENSIONISTICO
Art. 39.
Blocco dei pensionamenti anticipati


1. Nelle more del riordino del sistema pensionistico regionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2003 è sospesa l'applicazione delle norme che consentono pensionamenti di anzianità. E' fatta salva l'applicazione dell'articolo 3 della legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2 per i dipendenti che abbiano maturato l'anzianità di servizio utile ivi prevista o che tale anzianità maturino entro la predetta data, nonché l'applicazione dell'articolo 18 della legge regionale 3 maggio 1979, n. 73. Per i dipendenti regionali genitori di disabili gravi continua ad applicarsi l'attuale normativa in materia di pensionamento dei dipendenti regionali.
2. Al fine di creare condizioni favorevoli all'avvio della riforma burocratica e al completo decentramento di funzioni, in deroga a quanto disposto dal comma 1, i dipendenti regionali in possesso dei requisiti di cui all'articolo 2 della legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2, hanno diritto a conseguire l'anticipato collocamento a riposo entro il limite del 45 per cento dei dipendenti in servizio, in ciascuna qualifica, al 31 dicembre 1993.
3. Nella suddetta percentuale sono ricompresi i dipendenti cessati anticipatamente dal servizio a partire dal 1994 in presenza dei medesimi requisiti di cui all'articolo 2 della legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2, ad eccezione di coloro che vantano comunque 35 anni di servizio utile ai fini pensionistici, nonché dei soggetti portatori di handicap cui è stata riconosciuta la situazione di gravità, ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.
4. La domanda per accedere al pensionamento di cui al comma 2 va presentata nel termine perentorio di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
5. Ove le domande di pensionamento superino la percentuale di cui al comma 2, al beneficio sono ammessi i dipendenti con la maggiore anzianità contributiva. A parità, sono preferiti i dipendenti maggiori per età. Qualora per una o più qualifiche vengano presentate domande di pensionamento per un numero di dipendenti inferiore rispetto alla percentuale stabilita, la differenza viene ripartita tra i dipendenti delle altre qualifiche in proporzione alla maggiore consistenza numerica delle stesse. In ogni caso in nessuna qualifica la percentuale di pensionamento può superare il 50 per cento. Per i soggetti con ricongiungimento di carriera in corso è data la possibilità di presentare domanda di pensionamento anche con riserva, con verifica dei requisiti all'atto del pensionamento. Sono fatti salvi gli effetti delle domande di pensionamento del personale docente degli istituti regionali d'arte presentate alla data di pubblicazione della presente legge, ai quali si applicano i benefici di cui al comma 2.
6. A far data dall'1 gennaio 2004 il sistema pensionistico regionale si adegua ai principi fondamentali del sistema pensionistico vigente per i dipendenti dello Stato, facendo salvi comunque i diritti quesiti.
7. I trattamenti provvisori di quiescenza vengono riliquidati a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, senza far luogo a corresponsione di arretrati.
8. Il collocamento a riposo di cui al presente articolo è disposto a partire dalla data di entrata in vigore della presente legge per contingenti semestrali pari ad un sesto degli aventi diritto.
9. Le disposizioni di cui all'articolo 41 del decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1983, n. 347, si applicano al personale degli enti locali inquadrato anche in soprannumero nei ruoli dei predetti enti, ai sensi della legge regionale 25 ottobre 1985, n. 39.
Art. 40.
Interpretazione autentica dell'articolo 12 della legge regionale 23 maggio 1991, n. 36

1. Nel termine "liquidazione" di cui al comma 2, dell'articolo 12, della legge regionale 23 maggio 1991, n. 36 e successive modifiche ed integrazioni devono intendersi ricomprese tutte indistintamente le forme di "liquidazione": sia quella "volontaria", che quella conseguente a "liquidazione coatta amministrativa" o "fallimento".

Art. 41.

1. La presente legge sarà pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana ed entrerà in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione.
2. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione.
Palermo, 15 maggio 2000.
  CAPODICASA 


Tabella A
DIPARTIMENTI REGIONALI UFFICI EQUIPARATI

Presidenza della Regione siciliana
-  Segreteria generale
-  Dipartimento regionale del personale, dei servizi generali, di quiescenza previdenza ed assistenza del personale
-  Dipartimento regionale della programmazione
-  Dipartimento regionale della protezione civile
-  Ufficio legislativo e legale
Assessorato regionale dell'agricoltura e delle foreste
-  Dipartimento regionale interventi strutturali
-  Dipartimento regionale interventi infrastrutturali
-  Dipartimento regionale foreste
-  Azienda regionale foreste demaniali
Assessorato regionale dei beni culturali ed ambientali e della pubblica istruzione
-  Dipartimento regionale pubblica istruzione
-  Dipartimento regionale beni culturali e ambientali ed educazione permanente
Assessorato regionale del bilancio e delle finanze
-  Dipartimento regionale bilancio e tesoro
-  Dipartimento regionale finanze e credito
Assessorato regionale della cooperazione, del commercio, dell'artigianato e della pesca
-  Dipartimento regionale cooperazione, commercio e artigianato
-  Dipartimento regionale della pesca
Assessorato regionale degli enti locali
-  Dipartimento regionale enti locali
Assessorato regionale dell'industria
-  Dipartimento regionale industria
-  Corpo regionale delle miniere
Assessorato regionale del lavoro
-  Dipartimento regionale lavoro
-  Dipartimento regionale formazione professionale
-  Agenzia del lavoro
Assessorato regionale dei lavori pubblici
-  Dipartimento regionale lavori pubblici
-  Ispettorato tecnico
-  Ispettorato tecnico regionale
Assessorato regionale della sanità
-  Dipartimento regionale Fondo sanitario, assistenza sanitaria ed ospedaliera - igiene pubblica
-  Ispettorato veterinario
-  Ispettorato sanitario
-  Osservatorio epidemiologico
Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente
-  Dipartimento regionale territorio e ambiente
-  Dipartimento regionale urbanistica
Assessorato regionale del turismo, delle comunicazioni e dei trasporti
-  Dipartimento regionale turismo sport e spettacolo
-  Dipartimento regionale trasporti e comunicazioni
Visto: CAPODICASA
NOTE

Avvertenza:
Note all'art. 1, comma 3:
-  L'art. 20 della legge regionale 14 settembre 1979, n. 212, reca norme in materia di controlli nelle deliberazioni dell'IRVV, dell'AST, dell'IRCAC, della CRIAS e dell'EAS.
-  L'art. 4 della legge regionale 29 dicembre 1962, n. 28 e l'art. 3 della legge regionale 10 aprile 1978, n. 2 disciplinano le attribuzioni della Giunta regionale.
Nota all'art. 3, comma 3:
-  L'art. 61 della legge regionale 27 aprile 1999, n. 10, così dispone:
«(Omissis)
6.  Nei singoli rami dell'Amministrazione regionale sono istituti servizi di controllo di gestione, con il compito di verificare l'efficacia, l'efficienza e l'economicità dell'azione amministrativa rapportando le risorse acquisite ed i costi dei servizi, ove possibile, per unità di prodotto.
7.  I servizi determinano almeno annualmente, anche su indicazione degli organi di vertice, i parametri di riferimento del controllo e ne danno notizia all'amministrazione sottoposta a controllo.
8.  Gli uffici di cui al comma 6 operano in posizione di autonomia e rispondono esclusivamente agli organi di direzione politica.Ad essi è attribuito, nell'ambito delle dotazioni organiche vigenti, un apposito contingente di personale con qualifica dirigenziale in possesso dei requisiti di cui alla lettera a) del comma 2 dell'art. 10 del decreto legislativo 29 ottobre 1998, n. 387 e coadiuvati da personale di varia qualifica in servizio presso l'Amministrazione regionale. Con decreto del Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore competente per materia, si provvede all'individuazione del contingente di personale suddiviso nelle varie qualifiche.
9.  E' istituto un servizio di controllo di gestione centrale che opera in posizione di autonomia e risponde direttamente alPresidente della Regione, che ha il compito di coordinare i servizi di controllo di gestione delle varie amministrazioni, nonché di verificare il raggiungimento degli obiettivi dell'intera Amministrazione regionale in rapporto a quanto previsto nel documento di programmazione economico-finanziaria. Per l'espletamento di dette funzioni si avvale di apposito sistema informativo coordinato e gestito dal coordinamento dei sistemi informativi regionali a norma dell'art. 56. Detto servizio relaziona almeno ogni trimestre sui risultati della sua attività al Presidente ed elabora entro il 31 maggio di ogni anno un rapporto di gestione riguardante l'intero esercizio precedente.
(Omissis)».
Nota all'art. 3, comma 4:
-  Gli articoli 1, 2, 5 e 6 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, così rispettivamente dispongono:
«1.  Principi generali del controllo interno. - 1. Le pubbliche amministrazioni, nell'ambito della rispettiva autonomia, si dotano di strumenti adeguati a:
a)  garantire la legittimità, regolarità e correttezza dell'azione amministrativa (controllo di regolarità amministrativa e contabile);
b)  verificare l'efficacia, efficienza e economicità dell'azione amministrativa al fine di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi di correzione, il rapporto tra costi e risultati (controllo e gestione);
c)  valutare le prestazioni del personale con qualifica dirigenziale (valutazione della dirigenza);
d)  valutare l'adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani, programmi ed altri strumenti di determinazione dell'indirizzo politico, in termini di congruenza tra risultati conseguiti e obiettivi predefiniti (valutazione e controllo strategico).
2.  La progettazione d'insieme dei controlli interni rispetta i seguenti principi generali, obbligatori per i ministeri, applicabili dalle regioni nell'ambito della propria autonomia organizzativa e legislativa e derogabili da parte di altre amministrazioni pubbliche, fermo restando il principio di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, di qui in poi denominato «decreto n. 29»:
a)  l'attività di valutazione e controllo strategico supporta l'attività di programmazione strategica e di indirizzo politico-amministrativo di cui agli articoli 3, comma 1, lettere b) e c), e 14 del decreto n. 29. Essa è pertanto svolta da strutture che rispondono direttamente agli organi di indirizzo politico-amministrativo. Le strutture stesse svolgono, di norma, anche l'attività di valutazione dei dirigenti direttamente destinatari delle direttive emanate dagli organi di indirizzo politico-amministrativo, in particolare dai Ministri, ai sensi del successivo articolo 8;
b)  il controllo di gestione e l'attività di valutazione dei dirigenti, fermo restando quanto previsto alla lettera a), sono svolte da strutture e soggetti che rispondono ai dirigenti posti al vertice dell'unità organizzativa interessata;
c)  l'attività di valutazione dei dirigenti utilizza anche i risultati del controllo di gestione, ma è svolta da strutture o soggetti diverse da quelle cui è demandato il controllo di gestione medesimo;
d) le funzioni di cui alle precedenti lettere sono esercitate in modo integrato;
e)  è fatto divieto di affidare verifiche di regolarità amministrativa e contabile a strutture addette al controllo di gestione, alla valutazione dei dirigenti, al controllo strategico.
3.  Gli enti locali e le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura possono adeguare le normative regolamentari alle disposizioni del presente decreto, nel rispetto dei propri ordinamenti generali e delle norme concernenti l'ordinamento finanziario e contabile.
4.  Il presente decreto non si applica alla valutazione dell'attività didattica e di ricerca dei professori e ricercatori delle università, all'attività didattica del personale della scuola, all'attività di ricerca dei ricercatori e tecnologi degli enti di ricerca.
5.  Ai sensi degli articoli 13, comma 1, e 24, comma 6, ultimo periodo, della legge 7 agosto 1990, n. 241, le disposizioni relative all'accesso ai documenti amministrativi non si applicano alle attività di valutazione e controllo strategico. Resta fermo il diritto all'accesso dei dirigenti di cui all'articolo 5, comma 3, ultimo periodo.
6.  Gli addetti alle strutture che effettuano il controllo di gestione, la valutazione dei dirigenti e il controllo strategico riferiscono sui risultati dell'attività svolta esclusivamente agli organi di vertice dell'amministrazione, ai soggetti, agli organi di indirizzo politico-amministrativo individuati dagli articoli seguenti, a fini di ottimizzazione della funzione amministrativa. In ordine ai fatti così segnalati, e la cui conoscenza consegua dall'esercizio delle relative funzioni di controllo o valutazione, non si configura l'obbligo di denuncia al quale si riferisce l'articolo 1, comma 3, della legge 14 gennaio 1994, n. 20.
2.  Il controllo interno di regolarità amministrativa e contabile. - 1.  Ai controlli di regolarità amministrativa e contabile provvedono gli organi appositamente previsti dalle disposizioni vigenti nei diversi comparti della pubblica amministrazione, e, in particolare, gli organi di revisione, ovvero gli uffici di ragioneria, nonché i servizi ispettivi, ivi compresi quelli di cui all'articolo 1, comma 62, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e, nell'ambito delle competenze stabilite dalla vigente legislazione, i servizi ispettivi di finanza della Ragioneria generale dello Stato e quelli con competenze di carattere generale.
2.  Le verifiche di regolarità amministrativa e contabile devono rispettare, in quanto applicabili alla pubblica amministrazione, i principi generali della revisione aziendale asseverati dagli ordini e collegi professionali operanti nel settore.
3.  Il controllo di regolarità amministrativa e contabile non comprende verifiche da effettuarsi in via preventiva se non nei casi espressamente previsti dalla legge e fatto salvo, in ogni caso, il principio secondo cui le definitive determinazioni in ordine all'efficacia dell'atto sono adottate dall'organo amministrativo responsabile.
4.  I membri dei collegi di revisione degli enti pubblici sono in proporzione almeno maggioritaria nominati tra gli iscritti all'albo dei revisori contabili. Le amministrazioni pubbliche, ove occorra, ricorrono a soggetti esterni specializzati nella certificazione dei bilanci.
5.  La valutazione del personale con incarico dirigenziale. - 1.  Le pubbliche amministrazioni, sulla base anche dei risultati del controllo di gestione, valutano, in coerenza a quanto stabilito al riguardo dai contratti collettivi nazionali di lavoro, le prestazioni dei propri dirigenti, nonché i comportamenti relativi allo sviluppo delle risorse professionali, umane e organizzative ad essi assegnate (competenze organizzative).
2.  La valutazione delle prestazioni e delle competenze organizzative dei dirigenti tiene particolarmente conto dei risultati dell'attività amministrativa e della gestione. La valutazione ha periodicità annuale. Il procedimento per la valutazione è ispirato ai principi della diretta conoscenza dell'attività del valutato da parte dell'organo proponente o valutatore di prima istanza, dell'approvazione o verifica della valutazione da parte dell'organo competente o valutatore di seconda istanza, della partecipazione al procedimento del valutato.
3.  Per le amministrazioni dello Stato, la valutazione è adottata dal responsabile dell'ufficio dirigenziale generale interessato, su proposta del dirigente, eventualmente diverso, preposto all'ufficio cui è assegnato il dirigente valutato. Per i dirigenti preposti ad uffici di livello dirigenziale generale, la valutazione è adottata dal capo del dipartimento o altro dirigente generale sovraordinato. Per i dirigenti preposti ai centri di responsabilità delle rispettive amministrazioni ed ai quali si riferisce all'articolo 14, comma 1, lettera b), del decreto n. 29, la valutazione è effettuata dal Ministro, sulla base degli elementi forniti dall'organo di valutazione e controllo strategico.
4.  La procedura di valutazione di cui al comma 3 costituisce presupposto per l'applicazione delle misure di cui all'articolo 21, commi 1 e 2, del decreto n. 29, in materia di responsabilità dirigenziale. In particolare, le misure di cui al comma 1 del predetto articolo si applicano allorché i risultati negativi dell'attività amministrativa e della gestione o il mancato raggiungimento degli obiettivi emergono dalle ordinarie ed annuali procedure di valutazione. Tuttavia, quando il rischio grave di un risultato negativo si verifica prima della scadenza annuale, il procedimento di valutazione può essere anticipatamente concluso. Il procedimento di valutazione è anticipatamente concluso, inoltre, nei casi previsti dal comma 2, del citato articolo 21, del decreto n. 29.
5.  Nel comma 8 dell'articolo 20 del decreto n. 29, sono aggiunte alla fine del secondo periodo le seguenti parole: «ovvero, fino alla data di entrata in vigore di tale decreto, con provvedimenti dei singoli Ministri interessati». Sono fatte salve le norme proprie dell'ordinamento speciale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia, in materia di valutazione dei funzionari diplomatici e prefettizi.
6.  La valutazione e il controllo strategico. - 1. L'attività di valutazione e controllo strategico mira a verificare, in funzione dell'esercizio dei poteri di indirizzo da parte dei competenti organi, l'effettiva attuazione delle scelte contenute nelle direttive ed altri atti di indirizzo politico. L'attività stessa consiste nell'analisi, preventiva e successiva, della congruenza e/o degli eventuali scostamenti tra le missioni affidate dalle norme, gli obiettivi operativi prescelti, le scelte operative effettuate e le risorse umane, finanziarie e materiali assegnate, nonché nella identificazione degli eventuali fattori ostativi, delle eventuali responsabilità per la mancata o parziale attuazione dei possibili rimedi.
2.  Gli uffici ed i soggetti preposti all'attività di valutazione e controllo strategico riferiscono in via riservata agli organi di indirizzo politico, con le relazioni di cui al comma 3, sulle risultanze delle analisi effettuate. Essi di norma supportano l'organo di indirizzo politico anche per la valutazione dei dirigenti che rispondono direttamente all'organo medesimo per il conseguimento degli obiettivi da questo assegnatigli.
3.  Nelle amministrazioni dello Stato, i compiti di cui ai commi 1 e 2 sono affidati ad apposito ufficio, operante nell'ambito delle strutture di cui all'articolo 14, comma 2, del decreto n. 29, denominato servizio di controllo interno e dotato di adeguata autonomia operativa. La direzione dell'ufficio può essere dal Ministro affidata anche ad un organo collegiale, ferma restando la possibilità di ricorrere, anche per la direzione stessa, ad esperti estranei alla pubblica amministrazione, ai sensi del predetto articolo 14, comma 2, del decreto n. 29. I servizi di controllo interno operano in collegamento con gli uffici di statistica istituiti ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322. Essi redigono almeno annualmente una relazione sui risultati delle analisi effettuate, con proposte di miglioramento della funzionalità delle amministrazioni. Possono svolgere, anche su richiesta del Ministro, analisi su politiche e programmi specifici dell'amministrazione di appartenenza e fornire indicazioni e proposte sulla sistematica generale dei controlli interni nell'amministrazione».
Nota all'art. 4, comma 5:
-  L'art. 7 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, che ha introdotto l'art. 12 bis del decreto legislativo 29/93, così dispone:
«Uffici per la gestione del contenzioso del lavoro. - 1. Le amministrazioni pubbliche provvedono, nell'ambito dei rispettivi ordinamenti, ad organizzare la gestione del contenzioso del lavoro, anche creando appositi uffici, in modo da assicurare l'efficace svolgimento di tutte le attività stragiudiziali e giudiziali inerenti alle controversie. Più amministrazioni omogenee o affini possono istituite, mediante convenzione che ne regoli le modalità di costituzione e di funzionamento, un unico ufficio per la gestione di tutto o parte del contenzioso comune».
Nota all'art. 4, comma 6:
-  L'art. 9 del decreto legislativo n. 80/98, che ha sostituito l'art. 14 del decreto legislativo n. 29/93, così dispone:
«(Omissis)
2.  Per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 il Ministro si avvale di uffici di diretta collaborazione, aventi esclusive competenze di supporto e di raccordo con l'amministrazione, istituiti e disciplinati con regolamento adottato ai sensi del comma 4-bis dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400. A tali uffici sono assegnati, nei limiti stabiliti dallo stesso regolamento, dipendenti pubblici anche in posizione di aspettativa fuori ruolo o comando; collaboratori assunti con contratti a tempo determinato disciplinati dalle norme di diritto provato; esperti e consulenti per particolari professionalità e specializzazioni, con incarichi di collaborazione coordinata e continuativa. Per i dipendenti pubblici si applica la disposizione di cui all'art. 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127. Con lo stesso regolamento si provvede al riordino delle segreterie particolari dei sottosegretari di Stato. Con decreto adottato dall'autorità di governo competente, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, è determinato, in attuazione dell'articolo 12, comma 1, lettera a), della legge 15 marzo 1997, n. 59, senza aggravi di spesa e, per il personale disciplinato dai contratti collettivi nazionali di lavoro, fino ad una specifica disciplina contrattuale, il trattamento economico accessorio, da corrispondere mensilmente, a fronte delle responsabilità, degli obblighi di reperibilità e di disponibilità ad orari disagevoli, ai dipendenti assegnati agli uffici dei Ministri e dei Sottosegretari di Stato. Tale trattamento, consistente in un unico emolumento, è sostitutivo dei compensi per il lavoro straordinario, per la produttività collettiva e per la qualità della prestazione individuale. Con effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al presente comma sono abrogate le norme del regio decreto legge 10 luglio 1924, n. 1100, e successive modificazioni ed integrazioni, ed ogni altra norma riguardante la costituzione e la disciplina dei Gabinetti dei Ministri e delle segreterie particolari dei Ministri e dei Sottosegretari diStato».
Nota all'art. 5, comma 1:
-  L'art. 2, lettera c), della legge regionale 19 giugno 1991, n. 38, così dispone:
«c)  la determinazione delle qualifiche funzionali ed i criteri per l'individuazione dei profili professionali compresi in ciascuna qualifica funzionale;».
Nota all'art. 5, comma 2:
-  L'art. 5 del decreto legislativo n. 80/98, che ha sostituito l'art. 6 del decreto legislativo n. 29/93, stabilisce le modalità per la ridefinizione degli uffici e delle dotazioni organiche.
Nota all'art. 5, comma 3:
-  L'art. 76 della legge regionale 6 aprile 1996, n. 16, reca norme in materia di riordino delle carriere del personale del corpo forestale.
Nota all'art. 6, comma 3:
-  L'art. 28 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, come sostituito dall'art. 10 del decreto legislativo n. 387/98, così dispone:
«Accesso alla qualifica di dirigente - 1. L'accesso alla qualifica di dirigente di ruolo nelle amministrazioni statali, anche a ordinamento autonomo, e negli enti pubblici non economici avviene esclusivamente a seguito di concorso per esami.
2.  In sede di programmazione del fabbisogno di personale di cui all'articolo 39 della legge 23 dicembre 1997, n. 449, sono determinati i posti di dirigente da coprire con due distinte procedure concorsuali, cui possono rispettivamente partecipare:
a)  i dipendenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni, muniti di laurea, che abbiano compiuto almeno cinque anni di sevizi, svolti in posizioni funzionali per l'accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea. Per i dipendenti delle amministrazioni statali reclutati a seguito di corso-concorso, il periodo di servizio è ridotto a quattro anni. Sono, altresì, ammessi soggetti in possesso della qualifica di dirigente in enti e strutture pubbliche non ricomprese nel campo di applicazione dell'articolo 1, comma 2, muniti del diploma di laurea, che hanno svolto per almeno due anni le funzioni dirigenziali. Sono, inoltre, ammessi coloro che hanno ricoperto incarichi dirigenziali o equiparati in amministrazioni pubbliche per un periodo non inferiore a cinque anni;
b)  i soggetti muniti di laurea nonché di uno dei seguenti titoli: diploma di specializzazione, dottorato di ricerca, o altro titolo post-universitario rilasciato da istituti universitari italiani o stranieri, ovvero da primarie istituzioni formative pubbliche o private, secondo modalità di riconoscimento disciplinate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti il Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica e la Scuola superiore della pubblica amministrazione. Sono ammessi, altresì, soggetti in possesso della qualifica di dirigente in strutture private, muniti del diploma di laurea, che hanno svolto per almeno cinque anni le funzioni dirigenziali.
3.  Con regolamento governativo di cui all'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definiti, sentita la Scuola superiore della pubblica amministrazione, distintamente per i concorsi di cui alle lettere a) e b) del comma 2:
a)  i criteri per la composizione e la nomina delle commissioni esaminatrici;
b)  le modalità di svolgimento delle selezioni.
4.  I vincitori dei concorsi di cui al comma 1, anteriormente al conferimento del primo incarico dirigenziale, frequentano un ciclo di attività formative organizzato dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione e disciplinato dal regolamento di cui all'articolo 29, comma 5. Tale ciclo comprende anche l'applicazione presso amministrazioni italiane e straniere, enti o organismi internazionali, istituti o aziende pubbliche o private. Per i vincitori dei concorsi di cui alla lettera a) del comma 2, il regolamento può prevedere che il ciclo formativo, di durata complessivamente non superiore a dodici mesi, si svolga anche in collaborazione con istituti universitari italiani o stranieri, ovvero primarie istituzioni formative pubbliche o private.
5.  Ai vincitori dei concorsi di cui al comma 1, sino al conferimento del primo incarico, spetta il trattamento economico appositamente determinato dai contratti collettivi.
6.  I concorsi di cui al comma 2 sono indetti dalla Presidenza del Consiglio de Ministri. Gli enti pubblici non economici provvedono a bandire direttamente i concorsi di cui alla lettera a) del comma 2.
7.  Restano ferme le vigenti disposizioni in materia di accesso delle qualifiche dirigenziali delle carriere diplomatica e prefettizia, delle forze di polizia, delle forze armate e dei vigili del fuoco».
Nota all'art. 6, comma 5:
-  L'art. 19, comma 3 del decreto legislativo n. 29/93, come sostituito dall'art. 13 del decreto legislativo n. 80/98, così dispone:
«...Omissis
3.  Gli incarichi di segretario generale di ministeri, gli incarichi di direzione di strutture articolare al loro interno in uffici dirigenziali generali e quelli di livello equivalente sono conferiti con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente, a dirigenti della prima fascia del ruolo unico di cui all'articolo 23 o, con contratto a tempo determinato, a persone in possesso delle specifiche qualità professionali richieste dal comma 6».
Nota all'art. 6, comma 6:
-  L'art. 33 bis del decreto legislativo n. 29/93, introdotto dall'art. 11 del decreto legislativo n. 387/98, così dispone:
«Art. 33-bis (Scambio di funzionari appartenenti a Paesi diversi e temporaneo servizio all'estero). - 1. Anche al fine di favorire lo scambio internazionale di esperienze amministrative, i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, a seguito di appositi accordi di reciprocità stipulati tra le amministrazioni interessate, d'intesa con il Ministero degli affari esteri e il Dipartimento della funzione pubblica, possono essere destinati a prestare temporaneamente servizio presso amministrazioni pubbliche degli Stati membri dell'unione europea, degli stati candidati all'adesione e di altri Stati con cui l'Italia intrattiene rapporti di collaborazione, nonché presso gli organismi dell'Unione europea e le organizzazioni ed enti internazionali cui l'Italia aderisce.
2.  Il trattamento economico potrà essere a carico delle amministrazioni di provenienza, di quelle di destinazione o essere suddiviso tra esse, ovvero essere rimborsato in tutto o in parte allo Stato italiano dall'Unione europea o da una organizzazione o ente internazionale.
3.  Il personale che presta temporaneo servizio all'estero resta a tutti gli effetti dipendenti dell'amministrazione di appartenenza. L'esperienza maturata all'estero è valutata ai fini dello sviluppo professionale degli interessati».
Nota all'art. 7, comma 1, lett. h):
-  L'art. 12, comma 1, della legge 3 aprile 1979, n. 103, così dispone:
«1.  Le divergenze che insorgono tra il competente ufficio dell'Avvocatura dello Stato e le amministrazioni interessate, circa la instaurazione di un giudizio o la resistenza nel medesimo, sono risolte dal Ministro competente con determinazione non delegabile».
Nota all'art. 9, comma 8:
-  Il comma 6 dell'art. 19 del decreto legislativo n. 29/93, nel testo sostituito dall'art. 13 del decreto legislativo n. 80/98, così dispone:
«6.  Gli incarichi di cui ai commi precedenti possono essere conferiti con contratto a tempo determinato, e con le medesime procedure, entro il limite del 5 per cento dei dirigenti appartenenti alla prima fascia del ruolo unico e del 5 per cento di quelli appartenenti alla seconda fascia, a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati o aziende pubbliche e private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro, o provenienti dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato. Il trattamento economico può essere integrato da una indennità commisurata alla specifica qualificazione professionale, tenendo conto della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali. Per il periodo di durata del contratto, i dipendenti di pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza assegni, con riconoscimento dell'anzianità di servizio».
Nota all'art.11:
-  L'art. 35 della legge regionale 7 marzo 1997, n. 6, a seguito delle modifiche apportate dall'articolo che qui si annota è il seguente:

«Servizi di sicurezza

1.  E' istituito presso la Presidenza della Regione e ciascun Assessorato un servizio di prevenzione e protezione per l'espletamento dei compiti di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626; il servizio provvede all'elaborazione del documento di cui all'articolo 4, comma 2, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 e successive modifiche. Il servizio istituito presso la Presidenza della Regione provvede alla elaborazione del documento di cui all'articolo 4, comma 2, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 e successive modifiche, anche con riferimento ai locali demaniali assegnati all'Assemblea regionale siciliana.
2.  Al servizio di prevenzione e protezione, con le modalità previste dall'articolo 8, commi 2 e 3, del sopracitato decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 come modificato dal decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 242, viene assegnato tramite designazione da parte del capo dell'Amministrazione, che assume le funzioni di datore di lavoro, il personale necessario allo svolgimento delle attività, ivi compreso il responsabile del servizio di prevenzione e protezione. Il responsabile del servizio deve essere individuato in un funzionario con qualifica non inferiore a dirigente in possesso di attitudini e capacità adeguate; negli Assessorati aventi uffici periferici, il servizio può articolarsi in unità operative decentrate, alle quali è preposto un funzionario con qualifica non inferiore ad assistente in possesso di attitudine e capacità adeguate.
«3.  Per ciascun Assessorato regionale, i dirigenti generali assumono le funzioni di datore di lavoro ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, come modificato dal decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 242. Per gli uffici periferici, dette funzioni sono attribuite ai capi degli uffici stessi».
«Ai dirigenti generali ed ai capi degli uffici periferici, nella qualità di datori di lavoro, sono attribuiti i poteri decisionali e di spesa ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 e successive modifiche ed integrazioni limitatamente al personale, agli impianti, alle attrezzature ed ai locali di rispettiva pertinenza; nel caso in cui gli impianti, le attrezzature ed i locali siano comuni a più dipartimenti regionali o uffici periferici, i datori di lavori interessati concordano fra loro, con formale provvedimento a firma congiunta, l'attribuzione della gestione di uno o più servizi comuni. Fino all'emanazione del predetto provvedimento tutti i datori di lavoro interessati sono responsabili solidalmente per i servizi in comune».
4.  In sede di prima applicazione della presente legge per non oltre sei anni, i datori di lavoro sono autorizzati a stipulare apposite convenzioni con le Aziende unità sanitarie locali, le Università, l'INAIL, l'ISPESL, l'Istituto italiano di medicina sociale e professionisti esterni che abbiano i requisiti previsti dalla legge, per l'esercizio della sorveglianza sanitaria ed in particolare per l'elaborazione, in collaborazione con i servizi di cui al comma 1, del documento di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 e successive modifiche».
Nota all'art. 14:
-  La legge regionale 6 marzo 1976, n. 24, reca: «Addestramento professionale dei lavoratori».
Nota all'art. 16:
-  L'art. 3, comma 1, del decreto legislativo n. 29/93, nel testo sostituito dall'art. 3 del decreto legislativo n. 80/98, così dispone:
«Art. 3 (Indirizzo politico-amministrativo. Funzioni e responsabilità) - 1. Gli organi di governo esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, definendo gli obiettivi ed i programmi da attuare ed adottando gli altri atti rientranti nello svolgimento di tali funzioni, e verificano la rispondenza dei risultati dell'attività amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti.Ad essi spettano, in particolare:
a)  le decisioni in materia di atti normativi e l'adozione dei relativi atti di indirizzo interpretativo ed applicativo;
b)  la definizione di obiettivi, priorità, piani, programmi e direttive generali per l'azione amministrativa e per la gestione;
c)  l'individuazione delle risorse umane, materiali ed economico-finanziarie da destinare alle diverse finalità e la loro ripartizione tra gli uffici di livello dirigenziale generale;
d)  la definizione dei criteri generali in materia di ausili finanziari a terzi e di determinazione di tariffe, canoni e analoghi oneri a carico di terzi;
e)  le nomine, designazioni ed atti analoghi ad essi attribuiti da specifiche disposizioni;
f)  le richieste di pareri alle autorità amministrative indipendenti ed al Consiglio di Stato;
g)  gli altri atti indicati dal presente decreto».
Nota all'art. 17:
-  L'art. 50 della legge regionale 23 marzo 1971, n. 7 reca norme in materia di periodo di prova e di tirocinio per gli impiegati dell'Amministrazione regionale.
Nota all'art. 21, commi 1, 2 e 3
-  L'art. 31 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 10 e successive modifiche, così dispone:

«Art. 31

1.  E' istituita, presso la Presidenza della Regione, la Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi.
2.  La Commissione è nominata con decreto del Presidente della Regione, sentita la Giunta regionale. Essa è presieduta dal Presidente della Regione, o da un Assessore appositamente delegato ed è composta da tredici componenti, dei quali cinque deputati allregionale siciliana designati dalla stessa Assemblea, tre fra i professori di ruolo delle università degli studi siciliane in materie giuridico-amministrative, designati dai rispettivi senati accademici, cinque fra funzionari dell'Amministrazione regionale con qualifica non inferiore a dirigente superiore.
3.  La Commissione è rinnovata ogni cinque anni. Per i componenti deputati all'Assemblea regionale siciliana si procede a nuova nomina in caso di scadenza o scioglimento anticipato della stessa Assemblea nel corso del quinquennio.
4.  La Commissione vigila sull'osservanza della presente legge; svolge attività di studio; rende pareri alle amministrazioni interessate; formula raccomandazioni e riferisce annualmente all'Assemblea regionale siciliana sull'applicazione della presente legge; formula proposte di modifiche legislative o regolamentari atte ad assicurare l'effettività del diritto di accesso.
5.  Tutti i soggetti di cui all'art. 1 sono tenuti a comunicare alla Commissione, nel termine assegnato, le informazioni e i documenti da essa richiesti».
Nota all'art. 21, comma 9:
-  Gli enti, le aziende e gli istituti di cui all'articolo 1 della legge regionale n. 10/91 sono quelli dipendenti dalla Regione e/o comunque sottoposti a controllo, tutela e/o vigilanza della medesima, degli enti locali territoriali e/o istituzionali, nonché degli enti, degli istituti e delle aziende da questi dipendenti e/o comunque sottoposti a controllo, tutela e/o vigilanza.
Note all'art. 22, comma 2:
-  Il titolo III del decreto legislativo n. 29/93 reca norme in materia di contrattazione collettiva e rappresentanza sindacale.
-  L'art. 49, comma 2, del decreto legislativo n. 29/93 e successive modifiche, così dispone:
«Le amministrazioni pubbliche garantiscono ai propri dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, parità di trattamento contrattuale e comunque trattamenti non inferiori a quelli previsti dai rispettivi contratti collettivi».
Note all'art. 23, comma 1:
-  L'art. 7 del decreto legislativo n. 29/93, come sostituito dall'art. 5 del decreto legislativo n. 546/93 e modificato dall'art. 3 del decreto legislativo n. 387/98, così dispone:
«(Gestione delle risorse umane) - 1. Le amministrazioni pubbliche garantiscono parità e pari opportunità tra uomini e donne per l'accesso al lavoro ed il trattamento sul lavoro.
2.  Le amministrazioni pubbliche garantiscono la libertà di insegnamento e l'autonomia professionale nello svolgimento dell'attività didattica, scientifica e di ricerca.
3.  Le amministrazioni pubbliche individuano criteri certi di priorità nell'impiego flessibile del personale, purché compatibile con l'organizzazione degli uffici e del lavoro, a favore dei dipendenti in situazioni di svantaggio personale, sociale e familiare e dei dipendenti impegnati in attività di volontariato ai sensi della legge 11 agosto 1991, n. 266.
4.  Le amministrazioni pubbliche curano la formazione e l'aggiornamento del personale ivi compreso quello con qualifiche dirigenziali, garantendo altresì l'adeguamento dei programmi formativi, al fine di contribuire allo sviluppo della cultura di genere della P.A.
5.  Le amministrazioni pubbliche non possono erogare trattamenti economici accessori che non corrispondano alle prestazioni effettivamente rese.
6.  Per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali ad esperti di provata competenza, determinando preventivamente durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione».
-  L'art. 33 del decreto legislativo n. 29/93, come sostituito dall'art. 18 del decreto legislativo n. 80/98 e modificato dall'art. 20, comma 2, della legge n. 448/99, così dispone:
«Art. 33 (Passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse). - 1. Le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti appartenenti alla stessa qualifica in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento. Il trasferimento è disposto previo consenso dell'amministrazione di appartenenza.
2.  Abrogato.
3.  I contratti collettivi nazionali possono definire le procedure e i criteri generali per l'attuazione di quanto previsto dai commi 1 e 2.».
-  Per l'art. 33-bis vedi nota all'art. 6, comma 6.
-  L'art. 34 del decreto legislativo n. 29/93, come sostituito dall'art. 19 del decreto legislativo n. 80/98, così dispone:
«Art. 34 (Passaggio di dipendenti per effetto di trasferimento di attività). - 1. Fatte salve le disposizioni speciali, nel caso di trasferimento o conferimento di attività, svolte da pubbliche amministrazioni, enti pubblici o loro aziende o strutture, ad altri soggetti, pubblici o privati, al personale che passa alle dipendenze di tali soggetti si applica l'articolo 2112 del codice civile e si osservano le procedure di informazione e di consultazione di cui all'art. 47, commi da 1 a 4, della legge 29 dicembre 1990, n. 428.».
-  L'art. 35 del decreto legislativo n. 29/93, come sostituito dall'art. 20 del decreto legislativo n. 80/98 e modificato dall'art. 12 del decreto legislativo n. 387/98, così dispone:
«Art. 35 (Eccedenze di personale e mobilità collettiva). - 1. Le pubbliche amministrazioni che rilevino eccedenze di personale sono tenute ad informare preventivamente le organizzazioni sindacali di cui al comma 3 e ad osservare le procedure previste dal presente articolo. Si applicano, salvo quanto previsto dal presente articolo, le disposizioni di cui alla legge 23 luglio 1991, n. 223, ed in particolare il comma 11 dell'articolo 4 ed i commi 1 e 2 dell'articolo 5.
2.  Il presente articolo trova applicazione quando l'eccedenza rilevata riguardi almeno dieci dipendenti. Il numero di 10 unità si intende raggiunto anche in caso di dichiarazione di eccedenza distinta nell'arco di un anno. In caso di eccedenza per un numero inferiore a 10 unità agli interessati si applicano le disposizioni previste dai commi 7 e 8.
3.  La comunicazione preventiva di cui al comma 2 dell'articolo 4 della legge 23 luglio 1991, n. 223, viene fatta alle rappresentanze unitarie del personale e alle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale del comparto o area. La comunicazione deve contenere l'indicazione dei motivi che determinano la situazione di eccedenza; dei motivi tecnici e organizzativi per i quali si ritiene di non poter adottare misure idonee a riassorbire le eccedenze all'interno della medesima amministrazione; del numero, della collocazione, delle qualifiche del personale eccedente, nonché del personale abitualmente impiegato, delle eventuali proposte per risolvere la situazione di eccedenza e dei relativi tempi di attuazione, delle eventuali misure programmate per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale dell'attuazione delle proposte medesime.
4.  Entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1, a richiesta delle organizzazioni sindacali di cui al comma 3, si procede all'esame delle cause che hanno contribuito a determinare l'eccedenza del personale e delle possibilità di diversa utilizzazione del personale eccedente, o di una sua parte. L'esame è diretto a verificare le possibilità di pervenire ad un accordo sulla ricollocazione totale o parziale del personale eccedente, o nell'ambito della stessa amministrazione, anche mediante il ricorso a forme flessibili di gestione del tempo di lavoro o a contratti di solidarietà, ovvero presso altre amministrazioni comprese nell'ambito della provincia o in quello diverso determinato ai sensi del comma 6. Le organizzazioni sindacali che partecipano all'esame hanno diritto di ricevere, in relazione a quanto comunicato dall'amministrazione, le informazioni necessarie ad un utile confronto.
5.  La procedura si conclude, decorsi quarantacinque giorni dalla data del ricevimento della comunicazione di cui al comma 3, o con l'accordo o con apposito verbale nel quale sono riportate le diverse posizioni delle parti. In caso di disaccordo, le organizzazioni sindacali possono richiedere che il confronto prosegua, per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e gli enti pubblici nazionali, presso il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con l'assistenza dell'Aran, e per le altre amministrazioni, ai sensi degli articoli 3 e 4 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469. La procedura si conclude in ogni caso entro sessanta giorni dalla comunicazione di cui al comma 1.
6.  I contratti collettivi nazionali possono stabilire criteri generali e procedure per consentire, tenuto conto delle caratteristiche del comparto, la gestione delle eccedenze di personale attraverso il passaggio diretto ad altre amministrazioni nell'ambito della provincia o in quello diverso che, in relazione alla distribuzione territoriale delle amministrazioni o alla situazione del mercato del lavoro, sia stabilito dai contratti collettivi nazionali. Si applicano le disposizioni dell'articolo 33.
7.  Conclusa la procedura di cui ai commi 3, 4 e 5, l'amministrazione colloca in disponibilità il personale che non sia possibile impiegare diversamente nell'ambito della medesima amministrazione e che non possa essere ricollocato presso altre amministrazioni, ovvero che non abbia preso servizio presso la diversa amministrazione che, secondo gli accordi intervenuti ai sensi dei commi precedenti, ne avrebbe consentito la ricollocazione.
8.  Dalla data di collocamento in disponibilità restano sospese tutte le obbligazioni inerenti al rapporto di lavoro, e il lavoratore ha diritto ad una indennità pari all'80% dello stipendio e dell'indennità integrativa speciale, con esclusione di qualsiasi altro emolumento retributivo comunque denominato, per la durata massima di ventiquattro mesi.». I periodi di godimento dell'indennità sono riconosciuti ai fini della determinazione dei requisiti di accesso alla pensione e della misura della stessa. E' riconosciuto altresì il diritto di assegno per il nucleo familiare di cui all'art. 2 del decreto legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153.
-  L'art. 35-bis del decreto legislativo n. 29/93, introdotto dall'art. 21 del decreto legislativo n. 80/98, così dispone:
«Art. 35-bis (Gestione del personale in disponibilità). - 1. Il personale in disponibilità è iscritto in appositi elenchi.
2. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e per gli enti pubblici non economici nazionali, il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri forma e gestisce l'elenco, avvalendosi anche, ai fini della riqualificazione professionale del personale e della sua ricollocazione in altre amministrazioni, della collaborazione delle strutture regionali e provinciali di cui al decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, e realizzando opportune forme di coordinamento con l'elenco di cui al comma 3.
3.  Per le altre amministrazioni, l'elenco è tenuto dalle strutture regionali e provinciali di cui al decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, alle quali sono affidate i compiti di riqualificazione professionale e ricollocazione presso altre amministrazioni del personale. Le leggi regionali previste dal decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, nel provvedere all'organizzazione del sistema regionale per l'impiego, si adeguano ai principi di cui al comma 2.
4.  Il personale in disponibilità iscritto negli appositi elenchi ha diritto all'indennità di cui al comma 8 dell'articolo 35 per la durata massima ivi prevista. La spesa relativa grava sul bilancio dell'amministrazione di appartenenza sino al trasferimento ad altra amministrazione, ovvero al raggiungimento del periodo massimo di fruizione dell'indennità di cui al medesimo comma 8. Il rapporto di lavoro si intende definitivamente risolto a tale data, fermo restando quanto previsto nell'articolo 35. Gli oneri sociali relativi alla retribuzione goduta al momento del collocamento in disponibilità sono corrisposti dall'amministrazione di appartanenza all'ente previdenziale di riferimento per tutto il periodo della disponibilità.
5.  I contratti collettivi nazionali possono riservare appositi fondi per la riqualificazione professionale del personale trasferito ai sensi dell'articolo 35 o collocato in disponibilità e per favorire forme di incentivazione alla ricollocazione del personale, in particolare mediante mobilità volontaria.
6.  Nell'ambito della programmazione triennale del personale di cui all'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, le nuove assunzioni sono subordinate alla verificata impossibilità di ricollocare il personale in disponibilità iscritto nell'apposito elenco.
7.  Per gli enti pubblici territoriali le economie derivanti dalla minore spesa per effetto del collocamento in disponibilità restano a disposizione del loro bilancio e possono essere utilizzate per la formazione e la riqualificazione del personale nell'esercizio successivo.
8.  Sono fatte salve le procedure di cui al decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, e successive modificazioni e integrazioni, relative al collocamento in disponibilità presso gli enti locali che hanno dichiarato il dissesto.».
-  L'articolo 36 del decreto legislativo n. 29/93, come sostituito dall'art. 22 del decreto legislativo n. 80/98, così dispone:
«Art. 36 (Reclutamento del personale). - 1. L'assunzione nelle amministrazioni pubbliche avviene con contratto individuale di lavoro:
a)  tramite procedure selettive, conformi ai principi del comma 3, volte all'accertamento della professionalità richiesta, che garantiscano in misura adeguata l'accesso dall'esterno;
b)  mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento ai sensi della legislazione vigente per le qualifiche e profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell'obbligo, facendo salvi gli eventuali ulteriori requisiti per specifiche professionalità.
2.  Le assunzioni obbligatorie da parte delle amministrazioni pubbliche, aziende ed enti pubblici dei soggetti di cui all'articolo 1 della legge 2 aprile 1968, n. 482, come integrato dall'articolo 19 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, avvengono per chiamata numerica degli iscritti nelle liste di collocamento ai sensi della vigente normativa, previa verifica della compatibilità della invalidità con le mansioni da svolgere. Per il coniuge superstite e per i fgli del personale delle Forze dell'ordine, del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco e del personale della polizia municipale, deceduto nell'espletamento del servizio, nonché delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata di cui alla legge 13 agosto 1980, n. 466, tali assunzioni avvengono per chiamata diretta nominativa.
3.  Le procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni si conformano ai seguenti principi:
a)  adeguata pubblicità della selezione e modalità di svolgimento che garantiscano l'imparzialità e assicurino economicità e celerità di espletamento, ricorrendo, ove è opportuno, all'ausilio di sistemi automatizzati, diretti anche a realizzare forme di preselezione;
b)  adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti, idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire;
c)  rispetto delle pari opportunità tra lavoratrici e lavoratori;
d)  decentramento delle procedure di reclutamento;
e)  composizione delle commissioni esclusivamente con esperti di provata competenza nelle materie di concorso, scelti tra funzionari delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime, che non siano componenti dell'organo di direzione politica dell'amministrazione, che non ricoprano cariche politiche e che non siano rappresentanti sindacali o designati dalle confederazioni ed organizzazioni sindacali o dalle associazioni professionali.
4.  Le determinazioni relative all'avvio di procedure di reclutamento sono adottate da ciascuna amministrazione o ente sulla base della programmazione triennale del fabbisogno di personale deliberata ai sensi dell'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, l'avvio delle procedure è subordinato alla previa deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata ai sensi dell'articolo 39, comma 3, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.
5.  I concorsi pubblici per le assunzioni nelle amministrazioni dello Stato e nelle aziende autonome si espletano di norma a livello regionale. Eventuali deroghe, per ragioni tecnico-amministrative o di economicità, sono autorizzate dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Per gli uffici aventi sede regionale, compartimentale o provinciale possono essere banditi concorsi unici circoscrizionali per l'accesso alle varie professionalità.
6.  Ai fini delle assunzioni di personale presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e le Amministrazioni che esercitano competenze istituzionali in materia di difesa e sicurezza dello Stato, di polizia, di giustizia ordinaria, amministrativa, contabile e di difesa in giudizio dello Stato, si applica il disposto di cui all'articolo 26 della legge 1° febbraio 1989, n. 53.
7.  Le pubbliche amministrazioni, nel rispetto delle disposizioni sul reclutamento del personale di cui ai commi precedenti, si avvalgono delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa. I contratti collettivi nazionali provvedono a disciplinare la materia dei contratti a tempo determinato, dei contratti di formazione e lavoro, degli altri rapporti formativi e della fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo, in applicazione di quanto previsto dalla legge 18 aprile 1962, n. 230, dall'articolo 23 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, dall'articolo 3 del decreto legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, dall'articolo 16 del decreto legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451, dalla legge 24 giugno 1997, n. 196, nonché da ogni successiva modificazione o integrazione della relativa disciplina.
8.  In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative. Le amministrazioni hanno l'obbligo di recuperare le somme pagate a tale titolo nei confronti dei dirigenti responsabili, qualora la violazione sia dovuta a dolo o colpa grave.».
-  L'art. 37 del decreto legislativo n. 29/93, come modificato dall'articolo 24 del decreto legislativo n. 80/98, così dispone:
«37. Accesso dei cittadini degli Stati membri dell'Unione europea. - 1. I cittadini degli Stati membri dell'Unione europea possono accedere ai posti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche che non implicano esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri, ovvero non attengono alla tutela dell'interesse nazionale.
2.  Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono individuati i posti e le funzioni per i quali non può prescindersi dal possesso della cittadinanza italiana, nonché i requisiti indispensabili all'accesso dei cittadini di cui al comma 1.
3.  Nei casi in cui non sia intervenuta una disciplina di livello comunitario, all'equiparazione dei titoli di studio e professionali si provvede con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato su proposta dei Ministri competenti. Con eguale procedura si stabilisce la equivalenza tra i titoli accademici e di servizio rilevanti ai fini dell'ammissione al concorso e della nomina.».
-  L'art. 56 del decreto legislativo n. 29/93, come sostituito dall'art. 25 del decreto legislativo n. 80/98 e modificato dall'art. 15 del decreto legislativo n. 387/98, così dispone:
«Art. 56 (Disciplina delle mansioni). - 1. Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per i quali è stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell'ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi, ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive. L'esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell'inquadramento del lavoratore o dell'assegnazione di incarichi di direzione.
2.  Per obiettive esigenze di servizio il prestatore di lavoro può essere adibito a mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore:
a)  nel caso di vacanza di posto in organico per non più di sei mesi, prorogabili fino a dodici quando siano state avviate le procedure per la copertura di posti vacanti come previsto al comma 4;
b)  nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, con esclusione dell'assenza per ferie, per la durata dell'assenza.
3.  Si considera svolgimento di mansioni superiori ai fini del presente articolo, soltanto l'attribuzione in modo prevalente, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di dette mansioni.
4.  Nei casi di cui al comma 2, per il periodo di effettiva prestazione, il lavoratore ha diritto al trattamento previsto per la qualifica superiore. Qualora l'utilizzazione del dipendente sia disposta per sopperire a vacanze dei posti in organico, immediatamente e comunque nel termine massimo di novanta giorni dalla data in cui il dipendente è assegnato alle predette mansioni, devono essere avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti.
5.  Al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, è nulla l'assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore, ma al lavoratore è corrisposta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore. Il dirigente che ha disposto l'assegnazione risponde personalmente del maggior onere conseguente, se ha agito con dolo o colpa grave.
6.  Le disposizioni del presente articolo si applicano in sede di attuazione della nuova disciplina degli ordinamenti professionali prevista dai contratti collettivi e con la decorrenza da questi stabilita. I medesimi contratti collettivi possono regolare diversamente gli effetti di cui ai commi 2, 3 e 4. Fino a tale data, in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza può comportare il diritto ad avanzamenti automatici nell'inquadramento professionale del lavoratore.».
-  L'art. 58 del decreto legislativo n. 29/93, come modificato dall'art. 26 del decreto legislativo n. 80/98 e dall'art. 16 del decreto legislativo n. 387/98, così dispone:
«58.  Incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi. - 1. Resta ferma per tutti i dipendenti pubblici la disciplina delle incompatibilità dettata dagli articoli 60 e seguenti del testo unico approvato con D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, nonché, per i rapporti di lavoro a tempo parziale, dall'articolo 6, comma 2, del D.P.C.M. 17 marzo 1989, n. 117. Restano ferme altresì le disposizioni di cui agli articoli da 89 a 93 del D.P.R. 31 maggio 1974, n. 417, agli articoli da 68 a 70 della legge 11 luglio 1980, n. 312, e successive modificazioni, all'art. 9, commi 1 e 2, della legge 23 dicembre 1992, n. 498, all'art. 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, ed all'art. 1, comma 9, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 510.
2.  Le pubbliche amministrazioni non possono conferire ai dipendenti incarichi, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, che non siano espressamente previsti o disciplinati da legge o altre fonti normative, o che non siano espressamente autorizzati.
3.  Ai fini previsti dal comma 2, con appositi regolamenti, da emanarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 2 della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro il termine di centocinquanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono emanate norme dirette a determinare gli incarichi consentiti e quelli vietati ai magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, nonché agli avvocati e procuratori dello Stato, sentiti, per le diverse magistrature, i rispettivi istituti.
4.  Decorso il termine, di cui al comma 3, l'attribuzione degli incarichi è consentita nei soli casi espressamente previsti dalla legge o da altre fonti normative.
5.  In ogni caso, il conferimento operato direttamente dall'am ministrazione, nonché l'autorizzazione all'esercizio di incarichi che provengano da amministrazione pubblica diversa da quella di appartenenza, ovvero da società o persone fisiche, che svolgano attività d'impresa o commerciale, sono disposti dai rispettivi organi competenti secondo criteri oggettivi e predeterminati, che tengano conto della specifica professionalità, tali da escludere casi di incompatibilità, sia di diritto che di fatto, nell'interesse del buon andamento della pubblica amministrazione.
6.  I commi da 7 a 13 del presente articolo si applicano ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, compresi quelli di cui all'articolo 2, commi 4 e 5, con esclusione dei dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa non superiore al 50% di quella a tempo pieno, dei docenti universitari a tempo definito e delle altre categorie di dipendenti pubblici ai quali è consentito da disposizioni speciali lo svolgimento di attività libero-professionali. Gli incarichi retribuiti, di cui ai commi seguenti, sono tutti gli incarichi, anche occasionali, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, per i quali è previsto, sotto qualsiasi forma, un compenso. Sono esclusi i compensi derivanti:
a)  dalla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili;
b)  dalla utilizzazione economica da parte dell'autore o inventore di opere dell'ingegno e di invenzioni industriali;
c)  dalla partecipazione a convegni e seminari;
d)  da incarichi per i quali è corrisposto solo il rimborso delle spese documentate;
e)  da incarichi per lo svolgimento dei quali il dipendente è posto in posizione di aspettativa, di comando o di fuori ruolo;
f)  da incarichi conferiti dalle organizzazioni sindacali a dipendenti presso le stesse distaccati o in aspettativa non retribuita.
7.  I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall'amministrazione di appartenenza. Con riferimento ai professori universitari a tempo pieno, gli statuti o i regolamenti degli atenei disciplinano i criteri e le procedure per il rilascio dell'autorizzazione nei casi previsti dal presente decreto. In caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell'erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell'entrata del bilancio dell'amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti.
8.  Le pubbliche amministrazioni non possono conferire incarichi retribuiti a dipendenti di altre amministrazioni pubbliche senza la previa autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi. Salve le più gravi sanzioni, il conferimento dei predetti incarichi, senza la previa autorizzazione, costituisce in ogni caso infrazione disciplinare per il funzionario responsabile del procedimento; il relativo provvedimento è nullo di diritto. In tal caso l'importo previsto come corrispettivo dell'incarico, ove gravi su fondi in disponibilità dell'amministrazione conferente, è trasferito all'amministrazione di appartenenza del dipendente ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti.
9.  Gli enti pubblici economici e i soggetti privati non possono conferire incarichi retribuiti a dipendenti pubblici senza la previa autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi. In caso di inosservanza si applica la disposizione dell'articolo 6, comma 1, del decreto legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140. All'accertamento delle violazioni e all'irrogazione delle sanzioni provvede il Ministero delle finanze, avvalendosi della Guardia di finanza secondo le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689. Le somme riscosse sono acquisite alle entrate del Ministero delle finanze.
10.  L'autorizzazione di cui ai commi precedenti deve essere richiesta all'amministrazione di appartenenza del dipendente dai soggetti pubblici o privati che intendono conferire l'incarico; può, altresì, essere richiesta dal dipendente interessato. L'amministrazione di appartenenza deve pronunciarsi sulla richiesta di autorizzazione entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta stessa. Per il personale che presta comunque servizio presso amministrazioni pubbliche diverse da quelle di appartenenza, l'autorizzazione è subordinata all'intesa tra le due amministrazioni. In tal caso il termine per provvedere è per l'amministrazione di appartenenza di 45 giorni e si prescinde dall'intesa se l'amministrazione presso la quale il dipendente presta servizio non si pronunzia entro 10 giorni dalla ricezione della richiesta di intesa da parte dell'amministrazione di appartenenza. Decorso il termine per provvedere, l'autorizzazione, se richiesta per incarichi da conferirsi da amministrazioni pubbliche, si intende accordata; in ogni altro caso, si intende definitivamente negata.
11.  Entro il 30 aprile di ciascun anno, i soggetti pubblici o privati che erogano compensi a dipendenti pubblici per gli incarichi di cui al comma 6 sono tenuti a dare comunicazione all'amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi dei compensi erogati nell'anno precedente.
12.  Entro il 30 giugno di ciascun anno, le amministrazioni pubbliche che conferiscono o autorizzano incarichi retribuiti ai propri dipendenti sono tenute a comunicare, in via telematica o su apposito supporto magnetico, al Dipartimento della funzione pubblica l'elenco degli incarichi conferiti o autorizzati ai dipendenti stessi nell'anno precedente, con l'indicazione dell'oggetto dell'incarico e del compenso lordo previsto o presunto. L'elenco è accompagnato da una relazione nella quale sono indicate le norme in applicazione delle quali gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati, le ragioni del conferimento o dell'autorizzazione, i criteri di scelta dei dipendenti cui gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati e la rispondenza dei medesimi ai principi di buon andamento dell'amministrazione, nonché le misure che si intendono adottare per il contenimento della spesa. Nello stesso termine e con le stesse modalità le amministrazioni che, nell'anno precedente, non hanno conferito o autorizzato incarichi ai propri dipendenti, anche se comandati o fuori ruolo, dichiarano di non aver conferito o autorizzato incarichi.
13.  Entro lo stesso termine di cui al comma 12, le amministrazioni di appartenenza sono tenute a comunicare al Dipartimento della funzione pubblica, in via telematica o su apposito supporto magnetico, per ciascuno dei propri dipendenti e distintamente per ogni incarico conferito o autorizzato, i compensi, relativi all'anno precedente, da esse erogati o della cui erogazione abbiano avuto comunicazione dai soggetti di cui al comma 11.
14.  Al fine della verifica dell'applicazione delle norme di cui all'articolo 1, commi 123 e 127, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, le amministrazioni pubbliche sono tenute a comunicare al Dipartimento della funzione pubblica, in via telematica o su supporto magnetico, entro il 30 giugno di ciascun anno, i compensi percepiti dai propri dipendenti anche per incarichi relativi a compiti e doveri d'ufficio: sono altresì tenute a comunicare semestralmente l'elenco dei collaboratori esterni e dei soggetti cui sono stati affidati incarichi di consulenza, con l'indicazione della ragione dell'incarico e dell'ammontare dei compensi corrisposti.
15.  Le amministrazioni che omettono gli adempimenti di cui ai commi 11, 12, 13 e 14 non possono conferire nuovi incarichi fino a quando non adempiono. I soggetti di cui al comma 9 che omettono le comunicazioni di cui al comma 9 che omettono le comunicazioni di cui al comma 11 incorrono nella sanzione di cui allo stesso comma 9.
16.  Il Dipartimento della funzione pubblica, entro il 31 dicembre di ciascun anno, riferisce al Parlamento sui dati raccolti e formula proposte per il contenimento della spesa per gli incarichi e per la razionalizzazione dei criteri i attribuzione degli incarichi stessi.».
-  L'art. 58-bis del decreto legislativo n. 29/93, introdotto dall'art. 26 del decreto legislativo n. 546/93 e sostituito dall'art. 27 del decreto legislativo n. 80/98, così dispone:
«(Codice di comportamento). - 1. Il Dipartimento della funzione pubblica, sentite le confederazioni sindacali rappresentative ai sensi dell'articolo 47-bis, definisce un codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, anche in relazione alle necessarie misure organizzative da adottare al fine di assicurare la qualità dei servizi che le stesse amministrazioni rendono ai cittadini.
2.  Il codice è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale e consegnato al dipendente all'atto dell'assunzione.
3.  Le pubbliche amministrazioni formulano all'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni indirizzi, ai sensi dell'art. 46, comma 2, e dell'articolo 73, comma 5, affinché il codice venga recepito nei contratti, in allegato, e perché i suoi principi vengano coordinati con le previsioni contrattuali in materia di responsabilità disciplinare.
4.  Per ciascuna magistratura e per l'Avvocatura dello Stato, gli organi delle associazioni di categoria adottano, entro il termine di centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, un codice etico che viene sottoposto all'adesione degli appartenenti alla magistratura interessata. Decorso inutilmente detto termine, il codice è adottato dall'organo di autogoverno.
5.  Entro il 31 dicembre 1998, l'organo di vertice di ciascuna pubblica amministrazione verifica, sentite le organizzazioni sindacali rappresentative ai sensi dell'articolo 47-bis e le associazioni di utenti e consumatori, l'applicabilità del codice di cui al comma 1, anche per apportare eventuali integrazioni e specificazioni al fine della pubblicazione e dell'adozione di uno specifico codice di comportamento per ogni singola amministrazione.
6.  Sull'applicazione dei codici di cui al presente articolo vigilano i dirigenti responsabili di ciascuna struttura.
7.  Le pubbliche amministrazioni organizzano attività di formazione del personale per la conoscenza e la corretta applicazione dei codici di cui al presente articolo.».
-  L'articolo 59 del decreto legislativo n. 29/93, come sostituito dall'art. 27 del decreto legislativo n. 546/93 e modificato dagli artt. 27 e 45 del decreto legislativo n. 80/98, così dispone:
«59. Sanzioni disciplinari e responsabilità. -  1. Per i dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, resta ferma la disciplina attualmente vigente in materia di responsabilità civile, amministrativa, penale e contabile per i dipendenti delle amministrazioni pub bliche.
2.  Ai dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, si applicano l'articolo 2106 del codice civile e l'articolo 7, commi primo, quinto e ottavo, della legge 20 maggio 1970, n. 300.
3. Salvo quanto previsto dagli articoli 20, comma 1, e 58, comma 1, e ferma restando la definizione dei doveri del dipendente ad opera dei codici di comportamento di cui all'articolo 58-bis, la tipologia delle infrazioni e delle relative sanzioni è definita dai contratti collettivi.
4. Ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento, individua l'ufficio competente per i procedimenti disciplinari. Tale ufficio, su segnalazione del capo della struttura in cui il dipendente lavora, contesta l'addebito al dipendente medesimo, istruisce il procedimento disciplinare e applica la sanzione. Quando le sanzioni da applicare siano rimprovero verbale e censura, il capo della struttura in cui il dipendente lavora provvede direttamente.
5.  Ogni provvedimento disciplinare, ad eccezione del rimprovero verbale, deve essere adottato previa tempestiva contestazione scritta dell'addebito al dipendente, che viene sentito a sua difesa con l'eventuale assistenza di un procuratore ovvero di un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato. Trascorsi inutilmente quindici giorni dalla convocazione per la difesa del dipendente, la sanzione viene applicata nei successivi quindici giorni.
6.  Con il consenso del dipendente la sanzione applicabile può essere ridotta, ma in tal caso non è più suscettibile di impugnazione.
7.  Ove i contratti collettivi non prevedano procedure di conciliazione, entro venti giorni dall'applicazione della sanzione, il dipendente, anche per mezzo di un procuratore o dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato, può impugnarla dinanzia al collegio arbitrale di disciplina dell'amministrazione in cui lavora. Il collegio emette la sua decisione entro novanta giorni dall'impugnazione e l'amministrazione vi si conforma. Durante tale periodo la sanzione resta sospesa.
8.  Il collegio arbitrale si compone di due rappresentanti dell'amministrazione e di due rappresentanti dei dipendenti ed è presieduto da un esterno all'amministrazione, di provata esperienza e indipendenza. Ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento, stabilisce, sentite le organizzazioni sindacali, le modalità per la periodica designazione di dieci rappresentanti dell'amministrazione e dieci rappresentanti dei dipendenti, che, di comune accordo, indicano cinque presidenti. In mancanza di accordo, l'amministrazione richiede la nomina dei presidenti al presidente del tribunale del luogo in cui siede il collegio. Il collegio opera con criteri oggettivi di rotazione dei membri e di assegnazione dei procedimenti disciplinari che ne garantiscano l'imparzialità.
9.  Più amministrazioni omogenee o affini possono istituire un unico collegio arbitrale mediante convenzione che ne regoli le modalità di costituzione e di funzionamento nel rispetto dei principi di cui ai precedenti commi.
10.  Fino al riordinamento degli organi collegiali della scuola, nei confronti del personale ispettivo tecnico, direttivo, docente ed educativo delle scuole di ogni ordine e grado e delle istituzioni educative statali si applicano le norme di cui al titolo IV, capo II, del decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 417».
-  L'articolo 59-bis, introdotto dall'art. 28 del decreto legislativo n. 80/98, così dispone:
«Art. 59-bis (Impugnazione delle sanzioni disciplinari). - 1. Se i contratti collettivi nazionali non hanno istituito apposite procedure di conciliazione e arbitrato, le sanzioni disciplinari possono essere impugnate dal lavoratore davanti al collegio di conciliazione di cui all'articolo 69-bis, con le modalità e con gli effetti di cui all'articolo 7, commi 6 e 7, della legge 20 maggio 1970, n. 300.».
-  L'art. 61 del decreto legislativo n. 29/93, come sostituito dall'art. 29 del decreto legislativo n. 546/93 e modificato dall'art. 43 del decreto legislativo n. 80/98 e dall'art. 17 del decreto legislativo n. 387/98, così dispone:
«61. Pari opportunità. - 1. Le pubbliche amministrazioni, al fine di garantire pari opportunità tra uomini e donne per l'accesso al lavoro ed il trattamento sul lavoro:
a)  riservano alle donne, salva motivata impossibilità, almeno un terzo dei posti di componente delle commissioni di concorso, fermo restando il principio di cui all'articolo 36, comma 3, lett. e);
b)  adottano propri atti regolamentari per assicurare pari opportunità di uomini e donne sul lavoro, conformemente alle direttive impartite dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica;
c)  garantiscono la partecipazione delle proprie dipendenti ai corsi di formazione e di aggiornamento professionale in rapporto proporzionale alla loro presenza nelle amministrazioni interessate ai corsi medesimi, adottando modalità organizzative atte a favorirne la partecipazione consentendo la conciliazione fra vita professionale e vita familiare;
d)  possono finanziare programmi di azioni positive e l'attività dei Comitati pari opportunità nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio.
2.  Le pubbliche amministrazioni, secondo le modalità di cui all'articolo 10, adottano tutte le misure per attuare le direttive della Unione europea in materia di pari opportunità, sulla base di quanto disposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica».
-  L'art. 68 del decreto legislativo n. 29/93, come sostituito dall'art. 29 del decreto legislativo n. 80/98 e modificato dall'art. 18 del decreto legislativo n. 387/98, così dispone:
«Art. 68 (Controversie relative ai rapporti di lavoro). - 1. Sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, ad eccezione di quelle relative ai rapporti di lavoro di cui al comma 4, incluse le controversie concernenti l'assunzione al lavoro, il conferimento o la revoca degli incarichi dirigenziali e le responsabilità dirigenziali nonché quelle concernenti le indennità di fine rapporto, comunque denominate e corrisposte, ancorché vengano in questione atti amministrativi presupposti. Quando questi ultimi siano rilevanti ai fini della decisione, il giudice li disapplica, se illegittimi. L'impugnazione davanti al giudice amministrativo dell'atto amministrativo rilevante nella controversia non è causa di sospensione del processo.
2.  Il giudice adotta, nei confronti delle pubbliche amministrazioni, tutti i provvedimenti, di accertamento, costitutivi o di condanna, richiesti dalla natura dei diritti tutelati. Le sentenze con le quali riconosce il diritto all'assunzione, ovvero accerta che l'assunzione è avvenuta in violazione di norme sostanziali o procedurali, hanno anche effetto rispettivamente costitutivo o estintivo del rapporto di lavoro.
3.  Sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie relative a comportamenti antisindacali delle pubbliche amministrazioni ai sensi dell'articolo 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e le controversie, promosse da organizzazioni sindacali, dall'ARAN o dalle pubbliche amministrazioni, relative alle procedure di contrattazione collettiva di cui all'articolo 45 e seguenti del presente decreto.
4.  Restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione di dipendenti delle pubbliche amministrazioni, nonché, in sede di giurisdizione esclusiva, le controversie relative ai rapporti di lavoro di cui all'articolo 2, commi 4 e 5, ivi comprese quelle attinenti ai diritti patrimoniali connessi.
5.  Nelle controversie di cui ai commi 1 e 3 e nel caso di cui al comma 3 dell'articolo 68-bis, il ricorso per cassazione può essere proposto anche per violazione o falsa applicazione dei contratti e accordi collettivi nazionali di cui all'articolo 45.».
-  L'art. 68-bis del decreto legislativo n. 80/98, introdotto dall'art. 30 del decreto legislativo n. 80/98 e modificato dall'art. 19 del decreto legislativo n. 387/98, così dispone:
«Art. 68-bis (Accertamento pregiudiziale sull'efficacia, validità ed interpretazione dei contratti collettivi). - 1. Quando per la definizione di una controversia individuale di cui all'articolo 68 è necessario risolvere in via pregiudiziale una questione concernente l'efficacia, la validità o l'interpretazione delle clausole di un contratto o accordo collettivo nazionale, sottoscritto dall'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche delle amministrazioni - ARAN - ai sensi dell'articolo 45 e seguenti, il giudice, con ordinanza non impugnabile, nella quale indica la questione da risolvere, fissa una nuova udienza di discussione non prima di centoventi giorni e dispone la comunicazione, a cura della cancelleria, dell'ordinanza, del ricorso introduttivo e della memoria difensiva all'ARAN.
2. Entro trenta giorni dalla comunicazione di cui al comma 1, l'ARAN convoca le organizzazioni sindacali firmatarie per verificare la possibilità di un accordo sull'interpretazione autentica del contratto o accordo collettivo, ovvero sulla modifica della clausola controversa. All'accordo sull'interpretazione autentica o sulla modifica della clausola si applicano le disposizioni dell'articolo 53. Il testo dell'accordo è trasmesso, a cura dell'ARAN, alla cancelleria del giudice procedente, la quale provvede a darne avviso alle parti almeno dieci giorni prima dell'udienza. Decorsi novanta giorni dalla comunicazione di cui al comma 1, in mancanza di accordo la procedura si intende conclusa.
3.  Se non interviene l'accordo sull'interpretazione autentica o sulla modifica della clausola controversa, il giudice decide con sentenza sulla sola questione di cui al comma 1, impartendo distinti provvedimenti per l'ulteriore istruzione o, comunque, per la prosecuzione della causa. La sentenza è impugnabile soltanto con ricorso immediato per cassazione, proposto nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione dell'avviso di deposito della sentenza. Il deposito nella cancelleria del giudice davanti a cui pende la causa di una copia del ricorso per cassazione, dopo la notificazione alle altre parti, determina la sospensione del processo.
4.  La Corte di cassazione, quando accoglie il ricorso a norma dell'articolo 383 del codice di procedura civile, rinvia la causa allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza cassata. La riassunzione della causa può essere fatta da ciascuna delle parti entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione della sentenza di cassazione. In caso di estinzione del processo, per qualsiasi causa, la sentenza della Corte di cassazione conserva i suoi effetti.
5.  L'ARAN e le organizzazioni sindacali firmatarie possono intervenire nel processo anche oltre il termine previsto dall'arti colo 419 del codice di procedura civile e sono legittimate, a seguito dell'intervento, alla proporzione dei mezzi di impugnazione delle sentenze che decidono una questione di cui al comma 1. Possono, anche se non intervenute, presentare memorie nel giudizio di merito ed in quello per cassazione. Della presentazione di memorie è dato avviso alle parti, a cura della cancelleria.
6.  In pendenza del giudizio davanti alla Corte di cassazione, possono essere sospesi i processi la cui definizione dipende dalla risoluzione della medesima questione sulla quale la Corte è chiamata a pronunciarsi. Intervenuta la decisione della Corte di cassazione, il giudice fissa, anche d'ufficio, l'udienza per la prosecuzione del processo.
7.  Quando per la definizione di altri processi è necessario risolvere una questione di cui al comma 1 sulla quale è già intervenuta una pronuncia della Corte di cassazione e il giudice non ritiene di uniformarsi alla pronuncia della Corte, si applica il disposto del comma 3.
8.  La Corte di cassazione, nelle controversie di cui è investita ai sensi del comma 3, può condannare la parte soccombente, a norma dell'articolo 96 del codice di procedura civile, anche in assenza di istanza di parte».
-L'art. 69 del decreto legislativo n. 29/93, come sostituito dall'art. 31 del decreto legislativo n.80/98 e modificato dall'art. 19 del decreto legislativo n. 387/98 e dall'art. 45, comma 22, della legge n. 448/98, così dispone:
«Art. 69 (Tentativo obbligatorio di conciliazione nelle controversie individuali) - 1. Per le controversie individuali di cui all'articolo 68, il tentativo obbligatorio di conciliazione di cui all'articolo 410 del codice di procedura civile si svolge con le procedure previste dai contrati collettivi, ovvero davanti al collegio di conciliazione di cui all'articolo 69-bis, secondo le disposizioni dettate dal presente decreto.
2.  La domanda giudiziale diventa procedibile trascorsi novanta giorni dalla promozione del tentativo di conciliazione.
3.  Il giudice che rileva che non è stato promosso il tentativo di conciliazione secondo le disposizioni di cui all'art. 69 bis, commi 2 e 3, o che la domanda è stata proposta prima della scadenza del termine di 90 giorni dalla promozione del tentativo, sospende il giudizio e fissa alle parti il termine perentorio di 60 giorni per promuovere il tentativo di conciliazione. Si applicano i commi secondo e quinto dell'articolo 412-bis del codice di procedura civile. Espletato il tentativo di conciliazione o decorso il termine di novanta giorni, il processo può essere riassunto entro il termine perentorio di 180 giorni. La parte contro la quale è stata proposta la domanda in violazione dell'articolo 410 del codice di procedura civile, con l'atto di riassunzione o con memoria depositata in cancelleria almeno dieci giorni prima dell'udienza fissata, può modificare o integrare le proprie difese e proporre nuove eccezioni processuali e di merito, che non siano rilevabili d'ufficio.
Ove il processo non sia stato tempestivamente riassunto, il giudice dichiara di ufficio l'estenzione del processo con decreto cui si applica la disposizione di cui all'articolo 308 c.p.c.
3-bis. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, d'intesa con la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la funzione pubblica - e il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica provvede, mediante mobilità volontaria interministeriale, a dotare le Commissioni di conciliazione territoriali degli organi indispensabili per la tempestiva realizzazione del tentativo obbligatorio di conciliazione delle controversie individuali di lavoro nel settore pubblico e privato».
-  L'art. 69-bis del decreto legislativo n. 29/93, introdotto dall'art. 32 del decreto legislativo n. 80/98 e modificato dall'art. 19 del decreto legislativo n. 387/98, così dispone:
«Art. 69-bis (Collegio di conciliazione) - 1. Ferma restando la facoltà del lavoratore di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti collettivi, il tentativo obbligatorio di conciliazione di cui all'articolo 69 si svolge con le procedure di cui ai commi seguenti dinanzi ad un collegio di conciliazione istituito presso l'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione nella cui circoscrizione si trova l'ufficio cui il lavoratore è addetto, ovvero era addetto al momento della cessazione del rapporto. Il collegio di conciliazione è composto dal direttore dell'ufficio o da un suo delegato, che lo presiede, da un rappresentante del lavoratore e da un rappresentante dell'amministrazione.
Le medesime procedure si applicano, in quanto compatibili se il tentativo di conciliazione è promosso dalla P.A.
2.  La richiesta del tentativo di conciliazione, sottoscritta dal lavoratore, è consegnata all'ufficio presso il quale è istituito il collegio di conciliazione competente o spedita mediante raccomandata con avviso di ricevimento. Copia della richiesta deve essere consegnata o spedita a cura dello stesso lavoratore all'amministrazione di appartenenza.
3.  La richiesta deve precisare:
a)  l'amministrazione di appartenenza e la sede alla quale il lavoratore è addetto;
b)  il luogo dove gli devono essere fatte le comunicazioni inerenti alla procedura;
c) l'esposizione sommaria dei fatti e delle ragioni poste a fondamento della pretesa;
d)  la nomina del proprio rappresentante nel collegio di conciliazione o la delega per la nomina medesima ad un'organizzazione sindacale.
4. Entro trenta giorni dal ricevimento della copia della richiesta, l'amministrazione, qualora non accolga la pretesa del lavoratore, deposita presso l'ufficio osservazioni scritte. Nello stesso atto nomina il proprio rappresentante in seno al collegio di conciliazione. Entro i dieci giorni successivi al deposito, il presidente fissa la comparizione delle parti per il tentativo di conciliazione. Dinanzi al collegio di conciliazione il lavoratore può farsi rappresentare o assistere anche da un'organizzazione cui aderisce o conferisce mandato. Per l'amministrazione deve comparire un soggetto munito del potere di conciliare.
5.  Se la conciliazione riesce, anche limitatamente ad una parte della pretesa avanzata dal lavoratore, viene redatto separato processo verbale sottoscritto dalle parti e dai componenti del collegio di conciliazione. Il verbale costituisce titolo esecutivo. Alla conciliazione non si applicano le disposizioni dell'articolo 2113, commi primo, secondo e terzo, del codice civile.
6.  Se non si raggiunge l'accordo tra le parti, il collegio di conciliazione deve formulare una proposta per la bonaria definizione della controversia. Se la proposta non è accettata, i termini di essa sono riassunti nel verbale con indicazione delle valutazioni espresse dalle parti.
7.  Nel successivo giudizio sono acquisiti, anche di ufficio, i verbali concernenti il tentativo di conciliazione non riuscito. Il giudice valuta il comportamento tenuto dalle parti nella fase conciliativa ai fini del regolamento delle spese.
8.  La conciliazione della lite da parte di chi rappresenta la pubblica amministrazione, in adesione alla proposta formulata dal collegio di cui al comma 1, ovvero in sede giudiziale ai sensi dell'articolo 420, commi primo, secondo e terzo, del codice di procedura civile, non può dar luogo a responsabilità amministrativa».
Note all'art. 23, comma 2:
-  L'articolo 6, comma 2, della legge regionale 20 agosto 1994, n. 32, introdotto dall'art. 4 della legge regionale 25 maggio 1995, n. 46, così dispone:
«2.  Con le modalità di cui al comma 1 il medesimo personale può, altresì, essere inquadrato, anche in soprannumero, nei ruoli di cui alla legge regionale 29 ottobre 1985, n. 41, e successive modifiche ed integrazioni fermo restando il possesso dei requisiti normativamente previsti».
-  L'articolo 79 della legge regionale 6 aprile 1996, n. 16 prevede che il personale dell'Amministrazione regionale con qualifica di dirigente o assistente tecnico in servizio alla data del 30 giugno 1995 può conseguire il passaggio alla qualifica rispettivamente, di dirigente tecnico forestale o di assistente tecnico forestale.
Note all'art. 23, comma 3:
-  L'articolo 18 della legge regionale 29 ottobre 1985, n. 41 così dispone:
«1.  Il ruolo dei servizi speciali comprende le seguenti qualifiche:
-  ingegnere meccanico, ingegnere elettromeccanico, ingegnere elettronico, architetto, equiparati a dirigente tecnico;
-  interprete, assistente sociale, equiparati ad assistente.
2.  Il personale del ruolo dei servizi speciali è alle dipendenze del Presidente della Regione ed esercita le proprie attribuzioni presso i rami dell'Amministrazione regionale, secondo le relative esigenze, con disposizioni del Presidente della Regione».
-  Il D.P.R. 15 gennaio 1987, n. 14 e il D.P.R. 3 agosto 1990, n. 333, così rispettivamente recano: «Valore abilitante del diploma di assistente sociale in attuazione dell'art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162».
«Regolamento per il recepimento delle norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo del 23 dicembre 1989 concernente il personale del comparto delle regioni e degli enti pubblici non economici da esse dipendenti, dei comuni, delle province e delle comunità montane, loro consorzi o associazioni, di cui all'art. 4 del D.P.R. 5 marzo 1986, n. 68».
Nota all'art. 23, comma 5:
-  La legge 18 aprile 1962, n. 230, reca: «Disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato».
Nota all'art. 24, comma 2:
-  L'art. 47-bis del decreto legislativo n. 29/93, come introdotto dall'art. 7 del decreto legislativo n. 397/97 e modificato dall'art. 43 del decreto legislativo n. 80/98, così dispone:
«Art. 47-bis (Rappresentatività sindacale ai fini della contrattazione collettiva) - 1. L'ARAN ammette alla contrattazione collettiva nazionale le organizzazioni sindacali che abbiano nel comparto o nell'area una rappresentatività non inferiore al 5%, considerando a tal fine la media tra il dato associativo e il dato elettorale.
Il dato associativo è espresso dalla percentuale delle deleghe per il versamento dei contributi sindacali rispetto al totale delle deleghe rilasciate nell'ambito considerato. Il dato elettorale è espresso dalla percentuale dei voti ottenuti nelle elezioni delle rappresentanze unitarie del personale, rispetto al totale dei voti espressi nell'ambito considerato.
2.  Alla contrattazione collettiva nazionale per il relativo comparto o area partecipano altresì le confederazioni alle quali le organizzazioni sindacali ammesse alla contrattazione collettiva ai sensi del comma 1 siano affiliate.
3.  L'ARAN sottoscrive i contratti collettivi verificando previamente, sulla base della rappresentatività accertata per l'ammissione alle trattative ai sensi del comma 1, che le organizzazioni sindacali che aderiscono all'ipotesi di accordo rappresentino nel loro complesso almeno il 51 per cento come media tra dato associativo e dato elettorale nel comparto o nell'area contrattuale, o almeno il 60 per cento del dato elettorale nel medesimo ambito.
4.  L'ARAN ammette alla contrattazione collettiva per la stipulazione degli accordi o contratti collettivi che definiscono o modificano i comparti o le aree o che regolano istituti comuni a tutte le pubbliche amministrazioni o riguardanti più comparti, le confederazioni sindacali alle quali, in almeno due comparti o due aree contrattuali, siano affiliate organizzazioni sindacali rappresentative ai sensi del comma 1.
5.  I soggetti e le procedure della contrattazione collettiva integrativa sono disciplinati, in conformità all'articolo 45, comma 4, dai contratti collettivi nazionali, fermo restando quanto previsto dall'articolo 47, comma 7, per gli organismi di rappresentanza unitaria del personale.
6.  Agli effetti dell'accordo tra l'ARAN e le confederazioni sindacali rappresentative, previsto dal comma 1 dell'articolo 54 e dei contratti collettivi che regolano la materia, le confederazioni e le organizzazioni sindacali ammesse alla contrattazione collettiva nazionale ai sensi dei commi precedenti hanno titolo ai permessi, aspettative e distacchi sindacali, in quota proporzionale alla loro rappresentatività ai sensi del comma 1, tenendo conto anche della diffusione territoriale e della consistenza delle strutture organizzative nel comparto o nell'area.
7. La raccolta dei dati sui voti e sulle deleghe è assicurata dall'ARAN. I dati relativi alle deleghe rilasciate a ciascuna amministrazione nell'anno considerato sono rilevati e trasmessi all'ARAN non oltre il 31 marzo dell'anno successivo dalle pubbliche amministrazioni, controfirmati da un rappresentante dell'organizzazione sindacale interessata, con modalità che garantiscano la riservatezza delle informazioni. Le pubbliche amministrazioni hanno l'obbligo di indicare il funzionario responsabile della rilevazione e della trasmissione dei dati. Per il controllo sulle procedure elettorali e per la raccolta dei dati relativi alle deleghe l'ARAN si avvale, sulla base di apposite convenzioni, della collaborazione del Dipartimento della funzione pubblica, del Ministero del lavoro, delle istanze rappresentative o associative delle pubbliche amministrazioni.
8.  Per garantire modalità di rilevazione certe ed obiettive, per la certificazione dei dati e per la risoluzione delle eventuali controversie è istituito presso l'ARAN un comitato paritetico, che può essere articolato per comparti, al quale partecipano le organizzazioni sindacali ammesse alla contrattazione collettiva nazionale.
9.  Il comitato procede alla verifica dei dati relativi ai voti ed alle deleghe. Può deliberare che non siano prese in considerazione, ai fini della misurazione del dato associativo, le deleghe a favore di organizzazioni sindacali che richiedano ai lavoratori un contributo economico inferiore di più della metà rispetto a quello mediamente richiesto dalle organizzazioni sindacali del comparto o dell'area.
10.  Il comitato delibera sulle contestazioni relative alla rilevazione dei voti e delle deleghe. Qualora vi sia dissenso, e in ogni caso quando la contestazione sia avanzata da un soggetto sindacale non rappresentato nel comitato, la deliberazione è adottata su conforme parere del CNEL, che lo emana entro quindici giorni dalla richiesta. La richiesta di parere è trasmessa dal comitato al Ministro per la funzione pubblica che provvede a presentarla al CNEL entro cinque giorni dalla ricezione.
11. Ai fini delle deliberazioni, l'ARAN e le organizzazioni sindacali rappresentate nel comitato votano separatamente e il voto delle seconde è espresso dalla maggioranza dei rappresentanti presenti.
12.  A tutte le organizzazioni sindacali vengono garantite adeguate forme di informazione e di accesso dati, nel rispetto della legislazione sulla riservatezza delle informazioni di cui alla legge 31 dicembre 1996, n. 675, e successive disposizioni correttive ed integrative».
Nota all'art. 25, comma 1:
-  Il comma 16 dell'art. 50 del decreto legislativo n.29/93, come sostituito dall'art. 2 del decreto legislativo n. 39697, così dispone:
«16.  Le regioni a statuto speciale e le province autonome possono avvalersi, per la contrattazione collettiva di loro competenza, di agenzie tecniche istituite con legge regionale o provinciale ovvero dell'assistenza dell'ARAN ai sensi del comma 2».
Nota all'art. 25, comma 3:
-  Il comma 7 dell'art. 50 del decreto legislativo n. 29/93, come sostituito dell'art. 2 del decreto legislativo n. 396/97, così dispone:
7. I componenti sono scelti tra esperti di riconosciuta competenza in materia di relazioni sindacali e di gestione del personale, anche estranei alla pubblica amministrazione, e nominati ai sensi dell'articolo 31 della legge 23 agosto 1988, n. 400. Il comitato dura in carica quattro anni e i suoi componenti possono essere riconfermati. Il comitato delibera a maggioranza dei componenti. Non possono far parte del comitato persone che rivestano incarichi pubblici elettivi o cariche in partiti politici o in organizzazioni sindacali ovvero che ricoprano rapporti continuativi di collaborazione o di consulenza con le predette organizzazioni.
Nota all'art. 26, comma 1:
-  L'art. 47 del decreto legislativo n. 29/93, come sostituito dall'art. 6 del decreto legislativo n. 396/97, così dispone:
«Art. 47 (Diritti e prerogative sindacali nei luoghi di lavoro). - 1. Nelle pubbliche amministrazioni la libertà e l'attività sindacale sono tutelate nelle forme previste dalle disposizioni della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni. Fino a quando non vengano emanate norme di carattere generale sulla rappresentatività sindacale che sostituiscano o modifichino tali disposizioni, le pubbliche amministrazioni, in attuazione dei criteri di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b), della legge 23 ottobre 1992, n. 421, osservano le disposizioni seguenti in materia di rappresentatività delle organizzazioni sindacali ai fini dell'attribuzione dei diritti e delle prerogative sindacali nei luoghi di e lavoro e dell'esercizio della contrattazione collettiva.
2.  In ciascuna amministrazione, ente o struttura amministrativa di cui al comma 8, le organizzazioni sindacali che, in base ai criteri dell'articolo 47 bis, siano ammesse alle trattative per la sottoscrizione dei contratti collettivi, possono costituire rappresentanze sindacali aziendali ai sensi dell'articolo 19 e seguenti della legge 20 maggio 1970, n. 300. Ad esse spettano, in proporzione alla rappresentatività, le garanzie previste dagli articoli 23, 24 e 30 della medesima legge 20 maggio 1970, n. 300, e le migliori condizioni derivanti dai contratti collettivi nonché dalla gestione dell'accordo recepito nel decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 ottobre 1994, n. 770, e dai successivi accordi.
3.  In ciascuna amministrazione, ente o struttura amministrativa di cui al comma 8, ad iniziativa anche disgiunta delle organizzazioni sindacali di cui al comma 2, viene altresì costituito, con le modalità di cui ai commi seguenti, un organismo di rappresentanza unitaria del personale mediante elezioni alle quali è garantita la partecipazione di tutti i lavoratori.
4.  Con appositi accordi o contratti collettivi nazionali tra l'ARAN e le confederazioni o organizzazioni sindacali rappresentative ai sensi dell'articolo 47-bis, sono definite la composizione dell'organismo di rappresentanza unitaria del personale e le specifiche modalità delle elezioni, prevedendo in ogni caso il voto segreto, il metodo proporzionale e il periodico rinnovo, con esclusione della prorogabilità. Deve essere garantita la facoltà di presentare liste, oltre alle organizzazioni che, in base ai criteri dell'articolo 47-bis, siano ammesse alle trattative per la sottoscrizione dei contratti collettivi, anche ad altre organizzazioni sindacali, purché siano costituite in associazione con un proprio statuto e purché abbiano aderito agli accordi o contratti collettivi che disciplinano l'elezione e il funzionamento dell'organismo. Per la presentazione delle liste, può essere richiesto a tutte le organizzazioni sindacali promotrici un numero di firme di dipendenti con diritto al voto non superiore al 3 per cento del totale dei dipendenti nelle amministrazioni, enti o strutture amministrative fino a duemila dipendenti, e del 2 per cento in quelle di dimensioni superiori.
5.  I medesimi accordi o contratti collettivi possono prevedere che alle condizioni di cui al comma 8, siano costituite rappresentanze unitarie del personale comuni a più amministrazioni o enti di modeste dimensioni ubicati nel medesimo territorio.Essi possono altresì prevedere che siano costituiti organismi di coordinamento tra le rappresentanze unitarie del personale nelle amministrazioni e enti con pluralità di sedi o strutture di cui al comma 8.
6.  I componenti della rappresentanza unitaria del personale sono equiparati ai dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali ai fini della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni e del presente decreto legislativo. Gli accordi o contratti collettivi che regolano l'elezione e il funzionamento dell'organismo, stabiliscono i criteri e le modalità con cui sono trasferite ai componenti eletti della rappresentanza unitaria del personale le garanzie spettanti alle rappresentanze sindacali aziendali delle organizzazioni sindacali di cui al comma 2 che li abbiano sottoscritti o vi aderiscano.
7.  I medesimi accordi possono disciplinare le modalità con le quali la rappresentanza unitaria del personale esercita in via esclusiva i diritti di informazione e di partecipazione riconosciuti alle rappresentanze sindacali aziendali dall'articolo 10 e successive modificazioni o da altre disposizioni della legge e della contrattazione collettiva. Essi possono altresì prevedere che, ai fini dell'esercizio della contrattazione collettiva integrativa, la rappresentanza unitaria del personale sia integrata da rappresentanti delle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale del comparto.
8.  Salvo che i contratti collettivi non prevedano, in relazione alle caratteristiche del comparto, diversi criteri dimensionali gli organismi di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo possono essere costituiti, alle condizioni previste dai commi precedenti, in ciascuna amministrazione o ente che occupi oltre quindici dipendenti. Nel caso di amministrazioni o enti con pluralità di sedi o strutture periferiche, possono essere costituiti anche presso le sedi o strutture periferiche che siano considerate livelli decentrati di contrattazione collettiva dai contratti collettivi nazionali.
9.  Fermo restando quanto previsto dal comma 2 per la costruzione di rappresentanze sindacali aziendali ai sensi dell'articolo 19 della legge 20 maggio 1970, n. 300, la rappresentanza dei dirigenti nelle amministrazioni, enti o strutture amministrative è disciplinata, in coerenza con la natura delle loro funzioni, dagli accordi o contratti collettivi riguardanti la relativa area contrattuale.
10.  Alle figure professionali per le quali nel contratto collettivo del comparto sia prevista una disciplina distinta ai sensi dell'articolo 45, comma 3, deve essere garantita una adeguata presenza negli organismi di rappresentanza unitaria del personale, anche mediante l'istituzione, tenuto conto della loro incidenza quantitativa e del numero dei componenti dell'organismo, di specifici collegi elettorali.
11.  Per quanto riguarda i diritti e le prerogative sindacali delle organizzazioni sindacali delle minoranze linguistiche, nell'ambito della provincia di Bolzano e della regione Valle d'Aosta, si applica quanto previsto dall'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 6 gennaio 1978, n. 58, e dal decreto legislativo 28 dicembre 1989, n.430».
Nota art. 26, comma 2:
-  Per l'art. 47-bis del decreto legislativo n. 29/93 vedi nota all'art. 24, comma 2.
Nota art. 26, comma 3:
-  Il testo originario dell'art. 8 del decreto legislativo n. 396/97 è il seguente:
«Art. 8. (Disposizioni transitorie). 1. Nel primo anno di applicazione del presente decreto legislativo, allo scopo di consentire che il rinnovo dei contratti collettivi vigenti avvenga in coerenza con i tempi e le modalità previste dall'accordo 23 luglio 1993, si osservano le procedure seguenti:
a)  in deroga a quanto previsto dall'articolo 1 del presente decreto legislativo, la composizione dei comparti e delle aree contrattuali risultante dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 dicembre 1993, n. 593, può essere modificata fino al 31 dicembre 1997 con la procedura dell'articolo 45 e seguenti del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, nel testo vigente prima del presente decreto legislativo. Sulla base dell'assetto dei comparti e delle aree contrattuali risultante dopo tale data vengono costituiti i comitati di settore e avviate le procedure per il rinnovo dei con-tratti collettivi;
b) in deroga a quanto previsto dall'articolo 7 del presente decreto legislativo, l'ARAN ammette alla contrattazione collettiva nazionale per il relativo comparto o area le organizzazioni sindacali che abbiano una rappresentatività non inferiore al 4 per cento nel medesimo comparto o area, tenendo conto del solo dato associativo, e le confederazioni alle quali esse siano affiliate. Le pubbliche amministrazioni ammettono alla contrattazione collettiva in sede decentrata le organizzazioni sindacali firmatarie dei contratti collettivi vigenti, a condizione che abbiano la rappresentatività richiesta dalla presente disposizione per essere ammesse alle trattative per il rinnovo dei medesimi, ovvero che, pur non avendo tale rappresentatività minima nel comparto, contino nell'amministrazione o ente interessato, un numero di deleghe non inferiore al 10 per cento del totale dei dipendenti. Si utilizzano i dati relativi alle deleghe per i contributi sindacali rilevati dal Dipartimento della funzione pubblica per l'anno 1996 in base all'articolo 54 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, con riferimento alle sigle sindacali, confederali, federali o di singola organizzazione, esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo. Le percentuali rilevate dal Dipartimento della funzione pubblica sono arrotondate al decimo di punto immediatamente superiore. Decorso il primo anno dall'entrata in vigore del presente decreto legislativo, l'ARAN ammette alle trattative le organizzazioni e le confederazioni sindacali in base all'articolo 47-bis. Le trattative ancora pendenti a tale data, sono proseguite dall'ARAN fino alla sottoscrizione del relativo contratto collettivo con le organizzazioni sindacali ammesse in base alla presente disposizione transitoria. La medesima disposizione transitoria si applica alle trattative ancora pendenti a livello decentrato;
c)  prima dell'avvio delle trattative per il rinnovo dei contratti collettivi, sulla base delle direttive emanate ai sensi dell'articolo 50 e con le procedure dell'articolo 45 e seguenti del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, nel testo vigente prima del presente decreto legislativo, l'ARAN e le confederazioni o organizzazioni sindacali di cui alla lettera precedente definiscono con appositi accordi le modalità di elezione e di funzionamento degli organismi di rappresentanza unitaria del personale. Qualora entro il 30 giugno 1998 non siano intervenuti tali accordi o contratti collettivi, le rappresentanze unitarie del personale possono essere comunque elette con le procedure previste dai vigenti protocolli tra l'ARAN, le confederazioni e le organizzazioni sindacali rappresentative per la elezione e il funzionamento delle rappresentanze sindacali unitarie, in quanto compatibili con le disposizioni inderogabili del presente decreto legislativo. Le elezioni sono indette nell'intero comparto o anche per aree territoriali dello stesso, di norma in una sola giornata, individuata congiuntamente dall'ARAN e dalle confederazioni o organizzazioni sindacali firmatarie, entro un anno dall'entrata in vigore del presente decreto legislativo. Decorso tale termine, le elezioni sono indette nei quaranta giorni successivi, in una data indicata dall'ARAN sentite le organizzazioni sindacali rappresentative ai sensi dell'articolo 47-bis, comma 1;
d) entro il 29 dicembre 1997, sulla base delle direttive emanate ai sensi dell'articolo 50 e con le procedure dell'articolo 45 e seguenti del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, nel testo vigente prima del presente decreto legislativo, la materia dei permessi, aspettative e distacchi sindacali è disciplinata dall'accordo previsto dal decreto-legge 10 maggio 1996, n. 254, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 luglio 1996, n. 365, utilizzando i dati sulla rappresentatività di cui alla lettera b);
e)  anche prima del rinnovo dei vigenti contratti collettivi nazionali possono essere avviate, d'intesa con il Dipartimento della funzione pubblica, e su proposta delle amministrazioni interessate, forme sperimentali di contrattazione collettiva a livello di amministrazione o ente, sulla base delle disposizioni introdotte dal presente decreto legislativo, e in deroga alle disposizioni previgenti sulla contrattazione collettiva decentrata. Tali sperimentazioni possono riguardare la gestione dei processi di riorganizzazione dei servizi, con particolare riferimento alla formazione e all'aggiornamento professionale del personale, all'articolazione flessibile dell'orario di lavoro e la diffusione del part time, al miglioramento dell'ambiente di lavoro e alle pari opportunità. Possono proporre tali forme di sperimentazione le pubbliche amministrazioni che:
1)abbiano avviato la riorganizzazione prevista dal titolo I del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29;
2) abbiano istituito i nuclei di valutazione o i servizi di controllo interno di cui all'articolo 20 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29;
3)  abbiano definito le funzioni dirigenziali ai sensi dell'articolo 19 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29.
2.  Le sperimentazioni di cui alla lettera e) del comma 1 possono avvalersi di fondi e risorse destinati dai contratti collettivi nazionali vigenti alla contrattazione collettiva decentrata disponibili per l'anno 1998, di economie di gestione relative a spese del personale o di risorse rinvenienti da specifiche disposizioni normative che destinano risparmi all'incentivazione del personale.
3. I criteri del presente decreto legislativo in materia di rappresentatività sindacale sostituiscono qualsiasi diverso criterio sulla rappresentatività delle confederazioni o delle organizzazioni sindacali richiamato dalle disposizioni del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29».
Nota all'art. 27, comma 2:
-  L'art. 46, comma 1, del decreto legislativo n. 29/93 (sostituito dall'art. 3 del decreto legislativo n. 396/97), così dispone:
«Art. 46 (Poteri di indirizzo nei confronti dell'ARAN). - 1. Le pubbliche amministrazioni esercitano il potere di indirizzo nei confronti dell'ARAN e le altre competenze relative alle procedure di contrattazione collettiva nazionale attraverso le loro istanze associative o rappresentative, le quali danno vita a tal fine a comitati di settore. Ciascun comitato di settore regola autonomamente le proprie modalità di funzionamento e di deliberazione. In ogni caso, le deliberazioni assunte in materia di indirizzo all'ARAN o di parere sull'ipotesi di accordo nell'ambito della procedura di contrattazione collettiva di cui all'articolo 51, si considerano definitive e non richiedono ratifica da parte delle istanze associative o rappresentative delle pubbliche amministrazioni del comparto».
Nota all'art. 31:
-  L'articolo 4 della legge 15 marzo 1997, n. 59, come modificato dalle leggi n. 127/97 e n. 191/98, così dispone:
«Art. 4.  1. Nelle materie di cui all'articolo 117 della Costituzione, le regioni, in conformità ai singoli ordinamenti regionali, conferiscono alle province, ai comuni e agli altri enti locali tutte le funzioni che non richiedono l'unitario esercizio a livello regionale. Al conferimento delle funzioni le regioni provvedono sentite le rappresentanze degli enti locali. Possono altresì essere ascoltati anche gli organi rappresentativi delle autonomie locali ove costituiti dalle leggi regionali.
2.  Gli altri compiti e funzioni di cui all'articolo 1, comma 2, della presente legge, vengono conferiti a regioni, province, comuni ed altri enti locali con i decreti legislativi di cui all'articolo 1.
3.  I conferimenti di funzioni di cui ai commi 1 e 2 avvengono nell'osservanza dei seguenti principi fondamentali:
a)  il principio di sussidiarietà, con l'attribuzione della generalità dei compiti e delle funzioni amministrative ai comuni, alle province e alle comunità montane, secondo le rispettive dimensioni territoriali, associative e organizzative, con l'esclusione delle sole funzioni incompatibili con le dimensioni medesime attribuendo le responsabilità pubbliche anche al fine di favorire l'assolvimento dì funzioni e di compiti di rilevanza sociale da parte delle famiglie, associazioni e comunità, all'autorità territorialmente e funzionalmente più vicina ai cittadini interessati;
b)  il principio di completezza, con l'attribuzione alla regione dei compiti e delle funzioni amministrative non assegnati ai sensi della lettera a), e delle funzioni di programmazione;
c)  il principio di efficienza e di economicità, anche con la soppressione delle funzioni e dei compiti divenuti superflui;
d)  il principio di cooperazione tra Stato, regioni ed enti locali anche al fine di garantire un'adeguata partecipazione alle iniziative adottate nell'ambito dell'Unione europea;
e)  i principi di responsabilità ed unicità dell'amministrazione, con la conseguente attribuzione ad un unico soggetto delle funzioni e dei compiti connessi, strumentali e complementari, e quello d'identificabilità in capo ad un unico soggetto anche associativo della responsabilità di ciascun servizio o attività amministrativa;
f)  il principio d'omogeneità, tenendo conto in particolare delle funzioni già esercitate con l'attribuzione di funzioni e compiti omogenei allo stesso livello di governo;
g)  il principio d'adeguatezza, in relazione all'idoneità organizzativa dell'amministrazione ricevente a garantire, anche in forma associata con altri enti, l'esercizio delle funzioni;
h)  il principio di differenziazione nell'allocazione delle funzioni in considerazione delle diverse caratteristiche, anche associative, demografiche, territoriali e strutturali degli enti riceventi;
i)  il principio della copertura finanziaria e patrimoniale dei costi per l'esercizio delle funzioni amministrative;
l)  il principio d'autonomia organizzativa e regolamentare e di responsabilità degli enti locali nell'esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi ad essi conferiti. 

4.  Con i decreti legislativi di cui all'articolo 1 il Governo provvede anche a:
a)  delegare alle regioni i compiti di programmazione in materia di servizi pubblici di trasporto di interesse regionale e locale; attribuire alle regioni il compito di definire, d'intesa con gli enti locali, il livello dei servizi minimi qualitativamente e quantitativamente sufficienti a soddisfare la domanda di mobilità dei cittadini, servizi i cui costi sono a carico dei bilanci regionali, prevedendo che i costi dei servizi ulteriori rispetto a quelli minimi siano a carico degli enti locali che ne programmino l'esercizio; prevedere che l'attuazione delle deleghe e l'attribuzione delle relative risorse alle regioni siano precedute da appositi accordi di programma tra il Ministro dei trasporti e della navigazione e le regioni medesime, sempreché gli stessi accordi siano perfezionati entro il 30 giugno 1999;
b) prevedere che le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, regolino l'esercizio dei servizi con qualsiasi modalità effettuati e in qualsiasi forma affidati, sia in concessione che nei modi di cui agli articoli 22 e 25 della legge 8 giugno 1990, n. 142, mediante contratti di servizio pubblico, che rispettino gli articoli 2 e 3 del regolamento (CEE) n. 1191/69 ed il regolamento (CEE) n. 1893/91, che abbiano caratteristiche di certezza finanziaria e copertura di bilancio e che garantiscano entro il 1° gennaio 2000 il conseguimento di un rapporto di almeno 0,35 tra ricavi da traffico e costi operativi, al netto dei costi di infrastruttura previa applicazione della direttiva 91/440/CEE del Consiglio del 29 luglio 1991 ai trasporti ferroviari di interesse regionale e locale; definire le modalità per incentivare il superamento degli assetti monopolistici nella gestione dei servizi di trasporto urbano e extraurbano e per introdurre regole di concorrenzialità nel periodico affidamento dei servizi; definire le modalità di subentro delle regioni entro il 1° gennaio 2000 con propri autonomi contratti di servizio regionale al contratto di servizio pubblico tra Stato e Ferrovie dello Stato S.p.A. per servizi di interesse locale e regionale;
c) ridefinire, riordinare e razionalizzare, sulla base dei principi e criteri di cui al comma 3 del presente articolo, al comma 1 del l'articolo 12 e agli articoli 14, 17 e 20, comma 5, per quanto possibile individuando momenti decisionali unitari, la disciplina relativa alle attività economiche ed industriali, in particolare per quanto riguarda il sostegno e lo sviluppo delle imprese operanti nell'industria, nel commercio, nell'artigianato, nel comparto agroindustriale e nei servizi alla produzione; per quanto riguarda le politiche regionali, strutturali e di coesione della Unione europea, ivi compresi gli interventi nelle aree depresse del territorio nazionale, la ricerca applicata, l'innovazione tecnologica, la promozione della internazionalizzazione e della competitività delle imprese nel mercato globale e la promozione della razionalizzazione della rete commerciale anche in relazione all'obiettivo del contenimento dei prezzi e del l'ef ficienza della distribuzione; per quanto riguarda la cooperazione nei settori produttivi e il sostegno dell'occupazione; per quanto riguarda le attività relative alla realizzazione, all'ampliamento, alla ristrutturazione e riconversione degli impianti industriali, all'avvio degli impianti medesimi e alla creazione, ristrutturazione e valorizzazione di aree industriali ecologicamente attrezzate, con particolare riguardo alle dotazioni ed impianti di tutela dell'ambiente, della sicurezza e della salute pubblica.
4-bis.  Gli schemi di decreto legislativo di cui al comma 4 sono trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica per l'acquisizione del parere delle Commissioni competenti per materia, che si esprimono entro trenta giorni dalla data di assegnazione degli stessi. Decorso il termine senza che il parere sia espresso, il Governo ha facoltà di adottare i decreti legislativi.
5.  Ai fini dell'applicazione dell'articolo 3 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e del principio di sussidiarietà di cui al comma 3, lettera a) e del principio di efficienza e di economicità di cui alla lettera c) del medesimo comma, del presente articolo, ciascuna regione adotta, entro sei mesi dall'emanazione di ciascun decreto legislativo, la legge di puntuale individuazione delle funzioni trasferite o delegate agli enti locali e di quelle mantenute in capo alla regione stessa. Qualora la regione non provveda entro il termine indicato, il Governo è delegato ad emanare, entro il 31 marzo 1999, sentite le regioni inadempienti, uno o più decreti legislativi di ripartizione di funzioni tra regione ed enti locali le cui disposizioni si applicano fino alla data di entrata in vigore della legge regionale.
Nota all'art. 33, comma 2:
-  Gli articoli 9, 10, 11 e 12 della legge regionale 6 marzo 1986, n. 9, così rispettivamente dispongono:
«9.  Programmazione economico-sociale - In conformità agli indirizzi ed agli atti della programmazione regionale di sviluppo economico-sociale ed in armonia con i relativi obiettivi e priorità, la provincia regionale, in relazione alle complessive esigenze di sviluppo della comunità provinciale, adotta un proprio programma poliennale articolato in piani o progetti settoriali e territoriali, contenente gli obiettivi da perseguire, le priorità da osservare, gli interventi e le opere da realizzare, in rapporto alle risorse finanziarie comunque disponibili.
Il piano provinciale di sviluppo economico-sociale tiene conto delle risultanze dell'assemblea generale dei sindaci dei comuni della provincia regionale, da tenersi annualmente su convocazione del presidente della provincia.
Nella stessa sede il presidente della provincia regionale riferisce sullo stato d'attuazione della programmazione provinciale.
10.  Procedure della programmazione - Il progetto del programma di sviluppo economico-sociale è predisposto dalla giunta, contestualmente alla presentazione del bilancio di previsione, tenendo conto delle proposte avanzate dai comuni, dalle organizzazioni sindacali ed imprenditoriali, dalle formazioni sociali e dagli altri soggetti pubblici o privati operanti nel territorio della provincia regionale, ed è inviato ai comuni della provincia i quali, entro 30 giorni dalla ricezione, possono formulare, con delibera consiliare, osservazioni e proposte.
Decorsi i termini di cui al comma precedente, il presidente della provincia regionale trasmette il progetto di programma, corredato delle proposte ed osservazioni dei comuni e delle eventuali conseguenti determinazioni della giunta, alla Presidenza della Regione per l'esame da parte degli organi preposti alla programmazione regionale, nel corso del quale sono sentiti i rappresentanti della provincia regionale.
La Presidenza della Regione formula, entro 60 giorni dalla ricezione del progetto di programma, le proprie osservazioni e le eventuali proposte di modifica, necessarie al fine di rendere compatibili i progetti stessi con le scelte della programmazione regionale.
Il programma provinciale di sviluppo economico-sociale è ap pro vato con delibera consiliare, a maggioranza assoluta, tenendo conto delle osservazioni e delle proposte formulate dalla Presidenza della Regione ed è aggiornato ogni anno con prospettiva poliennale anche con riferimento alla verifica di cui all'art. 11, con gli adeguamenti e le specificazioni necessarie alla formulazione del bilancio dell'esercizio successivo.
In ogni caso la provincia è tenuta ad uniformarsi alle proposte della Presidenza della Regione relative alla compatibilità con le scelte della programmazione regionale.
11.  Verifica sull'attuazione del programma economico-sociale - La giunta presenta annualmente al consiglio, in allegato al bilancio di previsione, una relazione sullo stato d'attuazione del programma provinciale di sviluppo economico-sociale e dei progetti in cui esso si articola.
Copia della relazione è trasmessa ai comuni che possono presentare proprie osservazioni e proposte.
12.  Pianificazione territoriale  - La provincia regionale, ferme restando le competenze dei comuni, adottata un piano relativo:
1)  alla rete delle principali vie di comunicazione stradali e ferroviarie;
2)  alla localizzazione delle opere ed impianti d'interesse sovracomunale.
Qualora i comuni interessati non provvedano ad adeguare i loro strumenti urbanistici alle previsioni di detto piano, le deliberazioni delle province regionali relativamente alle suddette materie costituiscono varianti rispetto agli strumenti urbanistici comunali.
Ai fini della formulazione del piano territoriale regionale, la provincia formula proposte relative alle vocazioni prevalenti del suo territorio, specie per quanto riguarda lo sviluppo delle attività produttive.
In relazione al perseguimento delle proprie finalità ed attribuzioni la provincia regionale presenta osservazioni agli strumenti urbanistici generali adottati dai comuni ed in corso d'approvazione.».
Nota all'art. 34, comma 5:
-  Per l'articolo 10 del decreto legislativo n. 387/98, che ha sostituito l'art. 28 del decreto legislativo n. 29/93 vedi la nota all'art. 6, comma 3.
Nota all'art. 35, comma 2:
-  Per l'articolo 4 della legge 15 marzo 1997, n. 59, vedi la nota all'art. 31.
Nota all'art. 37, comma 1:
-  Il D.P.R. 20 ottobre 1998, n. 447 reca «Regolamento recante norme di semplificazione dei procedimenti d'autorizzazione per la realizzazione, l'ampliamento, la ristrutturazione e la riconversione d'impianti produttivi, per l'esecuzione di opere interne ai fabbricati, nonché per la determinazione delle aree destinate agli insediamenti produttivi, a norma dell'articolo 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59».
Nota all'art. 37, comma 5:
-  Il comma 7 dell'art. 3 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 15, così dispone:
«7.  Ai fini della formazione dei piani regolatori generali i comuni sono tenuti ad adottare le direttive generali da osservarsi nella stesura del piano. Gli estensori del piano regolatore generale devono presentare al comune uno schema di massima, redatto sulla base delle direttive medesime, entro 60 giorni dalla data dell'incarico. Sullo schema di massima il consiglio comunale adotta le proprie determinazioni entro il termine di 30 giorni».
Nota all'art. 37, comma 6:
-  L'articolo 5 del D.P.R. 20 ottobre 1998, n. 447, così dispone:
«Art. 5.  Progetto comportante la variazione di strumenti urbanistici - 1. Qualora il progetto presentato sia in contrasto con lo strumento urbanistico, o comunque richieda una sua variazione, il sindaco del comune interessato rigetta l'istanza. Tuttavia, allorché il progetto sia conforme alle norme vigenti in materia ambientale, sanitaria e di sicurezza del lavoro ma lo strumento urbanistico non individui aree destinate all'insediamento d'impianti produttivi ovvero queste siano insufficienti in relazione al progetto presentato, il sindaco può, motivatamente, convocare una conferenza di servizi, disciplinata dall'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, come modificato dall'articolo 17 della legge 15 maggio 1997, n. 127, per le conseguenti decisioni, dandone contestualmente pubblico avviso.
Alla conferenza può intervenire qualunque soggetto, portatore d'interessi pubblici o privati individuali o collettivi nonché i portatori d'interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dalla realizzazione del progetto dell'im pianto industriale.
2.  Qualora l'esito della conferenza di servizi comporti la variazione dello strumento urbanistico, la determinazione costituisce proposta di variante sulla quale, tenuto conto delle osservazioni, proposte e opposizioni formulate dagli aventi titolo ai sensi della legge 17 agosto 1942, n. 1150, si pronuncia definitivamente entro 60 giorni il consiglio comunale.
Nota all'art. 38:
-  L'articolo 2 della legge regionale 31 agosto 1998, n. 14, a seguito delle modifiche apportate dall'articolo che qui si annota è il seguente:

«Ufficio regionale di protezione civile

1.  Per le finalità di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 12 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, nonché per lo svolgimento delle funzioni attribuite alla Regione dall'articolo 108 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, comma 1, lettera a), punti 1, 2, 3, 4, 7, è istituito l'ufficio regionale di protezione civile, posto, sino alla riforma dell'Amministrazione regionale, alle dirette dipendenze del Presidente della Regione o, in caso di attribuzione di delega, dell'Assessore delegato alla protezione civile.
2.  L'ufficio curerà il collegamento fra Stato, Regione ed enti locali per lo svolgimento delle attività di competenza, nonché l'orientamento e l'organizzazione delle attività degli uffici regionali e degli enti locali che svolgono attività di protezione civile per tal fine può essere comandato, presso il predetto ufficio personale degli enti locali.
2bis.  Il Presidente della Regione, o in caso d'attribuzione di delega l'Assessore delegato alla protezione civile, dispone direttamente il trasferimento di personale regionale per le necessità derivanti dall'esercizio delle attribuzioni dell'ufficio regionale di protezione civile.
3.  Nell'imminenza o al verificarsi di una situazione d'emergenza di cui all'articolo 2 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, l'ufficio regionale di protezione civile attiverà la propria struttura per la gestione della crisi con personale, reperibile 24 ore su 24, composto anche da disaster managers provenienti, se necessario, anche da amministrazioni diverse da quella regionale. I relativi oneri sono posti a carico delle amministrazioni d'appartenenza».
Note all'art. 39, comma 1:
-  L'articolo 3 della legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2, così dispone:
«3.  L'impiegato ha diritto di essere collocato a riposo su domanda al compimento del 35° anno di servizio utile, e negli altri casi previsti dalle vigenti disposizioni.
Resta ferma la facoltà dell'Amministrazione di collocare a riposo d'ufficio l'impiegato quando abbia compiuto 40 anni d'effettivo servizio e negli altri casi in cui tale facoltà sia prevista dalle vigenti disposizioni».
-  L'art. 18 della legge regionale 3 maggio 1979, n.73, così dispone:
«Art. 18.  Ferme restando le norme di cui alla legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2, e successive modificazioni, si applicano ai dipendenti regionali ed ai loro aventi diritto tutte le disposizioni relative al conseguimento del diritto alla pensione ed all'indennità di buonuscita concernenti i dipendenti civili dello Stato in quanto più favorevoli.
Per gli assegni vitalizi obbligatori, fermo restando quanto previsto dalla legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2 e successive modifiche, continuano ad applicarsi le disposizioni del T.U. 26 febbraio 1928, n. 619, e successive modifiche.
La misura del trattamento minimo stabilito dall'art. 14 della legge regionale 1° agosto 1974, n. 30, per i titolari d'assegni vitalizi, è estesa, dalla medesima decorrenza, ai titolari di pensioni indirette o di riversibilità di misure inferiori.
Gli assegni vitalizi facoltativi previsti al n. 2 dell'art. 7 della legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2, sono soppressi».
Nota all'art. 39, comma 2:
-  L'articolo 2 della legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2, così dispone:
«2.  L'impiegato dimissionario consegue il diritto alla pensione qualora abbia raggiunto il 60° anno d'età e conti almeno 15 anni di servizio effettivo oppure a qualunque età qualora abbia prestato almeno 25 anni di servizio effettivo. Negli altri casi l'impiegato dimissionario ha diritto all'indennità per una sola volta, in luogo di pensione, nella misura prevista dalle vigenti disposizioni purché abbia prestato almeno un anno intero di servizio effettivo.
L'impiegata che abbia contratto matrimonio, o sia vedova con prole a carico, può presentare le dimissioni con il diritto al trattamento di quiescenza spettante alla data di risoluzione del rapporto d'impiego. Ai fini del compimento dell'anzianità minima prevista al precedente comma per la maturazione del diritto a pensione, è concesso all'impiegata predetta un aumento di servizio utile fino al massimo di 5 anni».
Nota all'art. 39, comma 3:
-  L'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, così dispone:
«3.  Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità. Le situazioni riconosciute di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici».
Note all'art. 39, comma 9:
-  L'articolo 41 del D.P.R. 25 giugno 1983, n. 347, reca norme in materia di riequilibrio di anzianità e nuovo salario individuale di anzianità.
-  La legge regionale 25 ottobre 1985, n.39 reca «Sistemazione in ruolo del personale risultato idoneo agli esami di cui alla legge regionale 2 dicembre 1980, n. 125 e successive modifiche ed integrazioni nonché del personale di cui all'art. 5 della legge regionale 30 gennaio 1981, n.8».
Nota all'art. 40:
-  L'articolo 12 della legge regionale 23 maggio 1991, n. 36, così dispone:
«Art. 12.  1. Al fine di favorire i processi di ristrutturazione delle cooperative agricole, cantine sociali e loro consorzi è costituito presso l'Assessorato dell'agricoltura e delle foreste un fondo di L. 10 miliardi.
2.  Il fondo è destinato ad incentivare interventi che consentano l'esodo del personale in servizio alla data del 30 marzo 1989 anche mediante forme di pensionamento anticipato.
2-bis.  Può beneficiare dei meccanismi incentivanti il personale in servizio alla suddetta data e successivamente licenziato anche prima dell'entrata in vigore della presente legge che non sia stato immesso nei processi produttivi, o da licenziare per riduzione di posti di lavoro che comportino processi di ristrutturazione, accorpamento, fusione o liquidazione a condizione che entro la data del 31 dicembre 1992 detto personale abbia maturato 15 anni di contribuzione a qualsiasi titolo utile ai fini del collocamento in pensione.
3.  I benefici di cui al comma 2 sono estesi ai dipendenti dei consorzi agrari provinciali della Sicilia.
4.  Le modalità di gestione del fondo saranno approvate con decreto del Presidente della Regione su proposta dell'Assessore per l'agricoltura e le foreste, sentita la Giunta regionale, previo parere della competente Commissione legislativa permanente dell'Assemblea regionale siciliana».
LAVORI PREPARATORI

D.D.L. n. 918
«Norme sulla dirigenza e sui rapporti di impiego e di lavoro alle dipendenze della Regione siciliana».
Iniziativa governativa: presentato dal Presidente della Regione (Capodicasa) su proposta dell'Assessore alla Presidenza (Crisafulli) il 7 maggio 1999.
D.D.L. n. 23
«Codice di comportamento dei dipendenti pubblici in servizio presso uffici di pertinenza della Regione siciliana».
Presentato dai deputati: Fleres, Alfano, Basile Filadelfio, Beninati, Bufardeci, Catania, Cimino, Croce, D'Aquino, Grimaldi, Leontini, Misuraca, Pagano, Scammacca Della Bruca, Scoma, Vicari il 17 luglio 1996.
D.D.L. n. 46
«Norme per la ridefinizione delle dotazioni organiche dei dipendenti ed il calcolo dei carichi di lavoro nella Regione siciliana e negli enti di sua competenza».
Presentato dai deputati: Fleres, Alfano, Basile Filadelfio, Beninati, Bufardeci, Catania, Cimino, Croce, D'Aquino, Grimaldi, Leontini, Misuraca, Pagano, Scammacca Della Bruca, Scoma, Vicari il 17 luglio 1996.
D.D.L. n. 61
«Modifica dell'articolo 31 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 10 in materia di trasparenza nei procedimenti amministrativi».
Presentato dai deputati: Fleres, Alfano, Basile Filadelfio, Beninati, Bufardeci, Catania, Cimino, Croce, D'Aquino, Grimaldi, Leontini, Misuraca, Pagano, Scammacca Della Bruca, Scoma, Vicari il 17 luglio 1996.
D.D.L. n. 69
«Norme per favorire la comprensibilità degli atti, dei documenti, delle note informative, delle prescrizioni sanitarie e similari nella Regione siciliana».
Presentato dai deputati: Fleres, Alfano, Basile Filadelfio, Beninati, Bufardeci, Catania, Cimino, Croce, D'Aquino, Grimaldi, Leontini, Misuraca, Pagano, Scammacca Della Bruca, Scoma, Vicari il 17 luglio 1999.
D.D.L. n. 100
«Responsabilità dei funzionari dell'amministrazione regionale relativamente ai provvedimenti proposti alla sottoscrizione del capo dell'amministrazione».
Presentato dai deputati: Fleres, Alfano, Basile Filadelfio, Beninati, Bufardeci, Catania, Cimino, Croce, D'Aquino, Grimaldi, Leontini, Misuraca, Pagano, Scammacca Della Bruca, Scoma, Vicari il 17 luglio 1996.
D.D.L. n. 176
«Prime norme per la riorganizzazione dell'amministrazione regionale ai sensi dell'articolo 2 della legge 22 ottobre 1992, n. 421».
Presentato dai deputati: Piro, Guarnera, Lo Certo, Mele, Ortisi il 3 ottobre 1996.
D.D.L. n. 474
«Prime norme sulla riorganizzazione dell'amministrazione regionale e sull'ordinamento degli uffici e del personale dell'Amministrazione regionale con qualifiche dirigenziali recepimento del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29».
Presentato dal deputato Drago il 6 giugno 1997.
D.D.L. n. 489
«Recepimento del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modifiche ed integrazioni. Prime norme sulla riorganizzazione dell'amministrazione regionale, sull'ordinamento degli uffici e del personale dell'amministrazione regionale».
Iniziativa governativa: presentato dal Presidente della Regione (Provenzano) su proposta dell'Assessore alla Presidenza (Galletti) il 18 giugno 1997.
D.D.L. n. 491
«Recepimento del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modifiche ed integrazioni. Norme sulla riorganizzazione dell'amministrazione regionale, sull'ordinamento degli uffici e del personale dell'amministrazione regionale».
Presentato dai deputati: Adragna, Spagna, Barbagallo, Lo Monte, Papania, Zangara il 18 giugno 1997.
D.D.L. n. 506
«Norme per l'adeguamento dell'ordinamento della Regione al decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e per il potenziamento dell'azione amministrativa regionale».
Presentato dai deputati: Leanza, Aulicino, Canino, Sudano, Turano il 4 luglio 1997.
D.D.L. n. 533
«Norme per la riorganizzazione dell'amministrazione regionale».
Presentato dai deputati: Capodicasa, Pignataro, Battaglia, Cipriani, Crisafulli, Giannopolo, Monaco, Navarra, Silvestro, Speziale, Villari, Zago, Zanna il 24 luglio 1997.
D.D.L. n. 534
«Norme per il riordino ed il conferimento di funzioni e compiti della Regione e degli enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa».
Presentato dai deputati: Pignataro, Capodicasa, Battaglia, Cipriani, Crisafulli, Giannopolo, Monaco, Navarra, Silvestro, Speziale, Villari, Zago, Zanna il 24 luglio 1997.
D.D.L. n. 676
«Prime norme sulla organizzazione dell'amministrazione e sulla dirigenza regionale».
Iniziativa governativa: presentato dal Presidente della Regione (Drago) su proposta dell'Assessore alla Presidenza (Bufardeci) l'1 aprile 1998.
D.D.L. n. 683
«Nuove norme per la razionalizzazione ed organizzazione dell'amministrazione regionale».
Presentato dal deputato Spagna il 21 aprile 1998.
D.D.L. n. 697
«Recepimento del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modifiche ed integrazioni. Modernizzazione amministrativa e recepimento della legge 15 maggio 1997, n. 127».
Iniziativa governativa: presentato dal Presidente della Regione (Drago) su proposta dell'Assessore alla Presidenza (Bufardeci) il 6 maggio 1998.
D.D.L. n. 785
«Nuove norme per l'ordinamento del Governo e dell'amministrazione regionale».
Iniziativa governativa: presentato dal Presidente della Regione (Drago) il 25 settembre 1998
D.D.L. n. 898
«Disposizioni urgenti in materia di personale».
Iniziativa governativa: presentato dal Presidente della Regione (Capodicasa) su proposta dell'Assessore alla Presidenza (Crisafulli) il 17 marzo 1999.
D.D.L. n. 941
«Istituzione dello sportello unico per le attività produttive».
Iniziativa governativa: presentato dal Presidente della Regione (Capodicasa) il 6 luglio 1999.
Trasmessi rispettivamente alla Commissione "Affari istituzionali" (I) il 26 maggio 1999, l'11 settembre 1996, il 12 settembre 1996, il 7 settembre 1996, il 12 settembre 1996, il 13 settembre 1996, il 10 ottobre 1996, l'11 giugno 1997, il 24 giugno 1997, il 24 giugno 1997, il 17 luglio 1997, il 30 luglio 1997, il 30 luglio 1997, il 19 giugno 1998, il 19 giugno 1998, il 19 giugno 1998, il 30 settembre 1998, il 22 marzo 1999, il 16 luglio 1999.
Esaminato ed abbinato nelle sedute nn. 170 del 14 luglio 1999, 172 del 22 luglio 1999, 173 del 23 luglio 1999, 178 del 30 luglio 1999, 180 del 3 agosto 1999.
Esitato per l'Aula nella seduta n. 180 del 3 agosto 1999.
Relatore: Bufardeci.
Discusso dall'Assemblea nelle sedute nn. 300 del 30 marzo 2000; 301 del 4 aprile 2000; 302 del 5 aprile 2000; 303 del 6 aprile 2000; 304 del 3 maggio 2000; 305 del 4 maggio 2000.
Approvato dall'Assemblea nella seduta n. 305 del 4 maggio 2000.
(2000.19.1014)
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CIRCOLARI





ASSESSORATO DELLA COOPERAZIONE, DEL COMMERCIO, DELL'ARTIGIANATO E DELLA PESCA

CIRCOLARE 15 marzo 2000, n. 1376.
Legge regionale 22 dicembre 1999, n.28. Competenza sanzionatoria.
A tutti i comuni dell'Isola
Agli UU.PP.I.C.A.
Com'é noto, la legge regionale 22 dicembre 1999, n. 28 ha stabilito i principi e le norme che regolano l'esercizio dell'attività commerciale.
Tra le diverse problematiche poste dall'entrata in vigore della legge si segnala, in modo particolare, quella relativa al mantenimento, o meno, a carico degli UU.PP.I.C.A. della competenza sanzionatoria per le violazioni delle disposizioni che regolano il commercio su aree pubbliche.
Considerata la portata delle implicazioni conseguenti ad una errata applicazione della norma a singole fattispecie, si ritiene necessario pronunciarsi sulla questione, nelle more che venga diramata una ulteriore circolare recante le valutazioni di questa Amministrazione su altri punti del dettato normativo che suscitano dubbi interpretativi negli operatori.
Si premette che l'art. 22, comma 7, della legge regionale n.28/99 recita testualmente: "in materia di accertamento degli illeciti amministrativi, per le violazioni nelle materie di cui alla presente legge, l'autorità competente a ricevere il rapporto di cui all'art. 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ed a cui spetta l'emissione dell'ordinanza - ingiunzione ovvero del provvedimento di archiviazione di cui al successivo art. 18 della predetta legge è il sindaco del comune".
Da quanto sopra deriva che, in materia di accertamento degli illeciti amministrativi per le violazioni nelle materie di cui alla legge regionale n. 28/99 (commercio all'ingrosso - dettaglio - fisso - su aree pubbliche art. 2, legge regionale n. 28/99. "Definizione ed ambito di applicazione della legge") l'autorità competente a ricevere il rapporto di cui all'art.17 della legge 24 novembre 1981, n.689 e a cui spetta l'emissione dell'ordinanza-ingiunzione ovvero del provvedimento di archiviazione (art. 18, legge n.689 citata) è il sindaco del comune.
Per effetto della sopracitata normativa regionale, pertanto, ogni competenza sanzionatoria nelle materie suddette è da ritenere sottratta agli UU.PP.I.C.A.
Si resta in attesa di un cortese cenno di assicurazione di esatto adempimento.
  L'Assessore: BATTAGLIA 

(2000.12.711)
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ASSESSORATO DELLA SANITA'


CIRCOLARE 16 marzo 2000, n. 1019.
Modalità di prescrizione e distribuzione del farmaco ribavirina per i pazienti affetti da epatite cronica da virus C.


Con decreto ministeriale del 19 novembre 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 2 dicembre 1999, sono state fissate le modalità di impiego di specialità medicinali a base di ribavirina per la terapia delle epatiti croniche da virus C.
La specialità medicinale è stata autorizzata all'immissione in commercio con decreto dirigenziale del 29 luglio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale Repubblica italiana n. 210 del 7 settembre 1999, ed è stata classificata dalla CUF in classe H.
L'articolo 1 di detto decreto dispone che l'erogazione del farmaco a carico del S.S.N. sia ammessa nel rispetto delle modalità di impiego (allegato 1) ed a seguito della compilazione delle schede (allegato 2) contenute nel decreto stesso.
In considerazione del fatto che la ribavirina può essere utilizzata per il trattamento dell'epatite C esclusivamente in associazione con interferon alfa-2b, si dispone che solo i centri già autorizzati dall'Assessorato della sanità alla stesura della diagnosi e del piano terapeutico per il trattamento delle epatiti con interferon possano prescrivere i farmaci a base di ribavirina. Le aree cliniche che trattano tale patologia sono quelle di gastroenterologia, epatologia, medicina interna e malattie infettive e a tale proposito si rimanda al decreto n. 30663 del 9 novembre 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana il 21 gennaio 2000.
I centri autorizzati alla stesura della diagnosi e del piano terapeutico secondo le indicazioni riportate nell'allegato 1 del decreto ministeriale del 19 novembre 1999, si faranno carico dell'acquisto (attraverso le farmacie delle aziende) e della distribuzione del farmaco ai pazienti.
Essendo il costo del farmaco a carico delle Aziende sanitarie locali di residenza dei pazienti, nel caso in cui il farmaco venga dispensato dalla farmacia di una Azienda ospedaliera o policlinico universitario, lo stesso deve essere rimborsato dalla Azienda unità sanitaria locale attraverso il meccanismo della "Mobilità sanitaria" attivato in questa regione.
A tal fine le Aziende ospedaliere e policlinico devono utilizzare i tracciati record di cui al disciplinare tecnico approvato con decreto n. 27621 del 30 dicembre 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana n.7 del 13 febbraio 1999.
Riguardo al comma 5 dell'art. 1 del citato decreto ministeriale del 19 novembre 1999, questo Assessorato ha designato il dr. Vito Amari, Ispettore sanitario superiore, come referente responsabile dei rapporti con l'Istituto superiore della sanità e il Dipartimento valutazione medicinali e farmacovigilanza del Ministero della sanità.
Si invitano le SS.LL. a portare a conoscenza della presente circolare i centri autorizzati alla prescrizione della terapia al fine della richiesta da parte degli stessi delle relative schede (allegato 2 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 2 dicembre 1999) e per garantire ai pazienti la fornitura dei farmaci prescritti al fine di assicurare la continuità della terapia.
Si raccomanda una corretta e puntuale compilazione delle schede che dovranno essere trasmesse dagli stessi centri prescrittori direttamente all'Istituto superiore della sanità secondo le indicazioni previste nell'allegato 2 del decreto ministeriale già citato, comunicando mensilmente al referente regionale l'avvenuta trasmissione.
La presente circolare sarà inviata alla Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana per la pubblicazione.
  L'Assessore: LO MONTE 

(2000.12.723)
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CIRCOLARE 3 maggio 2000, n.1022.
Parziale modifica della circolare assessoriale n. 1008/99 recante "Indicazioni procedurali per l'applicazione del decreto del Ministro della sanità n. 329 del 28 maggio 1999 - Regolamento di individuazione delle malattie croniche ed invalidanti ai sensi dell'art. 5, comma 1, lett. a), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124".
Ai Direttori generali delle Aziende unità sanitarie locali
Ai Direttori generali delle Aziende ospedaliere
Ai Direttori generali delle Aziende policlinici universitari
Ai presidenti degli ordini provinciali dei medici chirurghi e odontoiatri
Con la circolare in oggetto citata sono state impartite disposizioni da questo Assessorato alle Aziende sanitarie finalizzate a rendere uniformi i comportamenti che le Aziende unità sanitarie locali avrebbero dovuto adottare per adempiere alle disposizioni contenute nel decreto del Ministro della sanità n. 329/99 e, nel contempo, sono state fornite le direttive che lo stesso decreto ministeriale poneva a carico delle Regioni.
A seguito della pubblicazione della circolare nella Gazzetta Ufficiale della Regione, sono pervenute una serie di richieste di chiarimenti circa la corretta interpretazione da dare al punto 4 della stessa nella parte in cui sono stati fissati i limiti temporali della validità dei nuovi attestati di esenzione dalla partecipazione alla spesa per patologia, con particolare riferimento a quelli relativi ai soggetti individuati con codice 048 - Patologie neoplastiche maligne.
Al fine di fornire elementi di chiarezza sulla problematica sollevata e nelle more di diverse disposizioni che il Ministero della sanità emanerà sull'argomento, si precisa che il termine di anni 5 dalla data di prima diagnosi, fissato nella circolare n. 1008/99, per i soggetti portatori di patologie neoplastiche maligne (cod. 048) debba essere modificato nel senso che la validità dell'esenzione rimane confermata per 5 anni rinnovabili alla scadenza previa certificazione del centro pubblico che ha in cura il soggetto, attestante la necessità di ulteriore monitoraggio clinico e/o di ulteriori esami strumentali o di laboratorio per il follow up del paziente, sulla base della quale gli uffici del distretto potranno rinnovare l'attestato di esenzione.
Analogamente si precisa che per le altre patologie, il termine di due anni di validità dell'attestato fissato dalla circolare n. 1008/99 si deve intendere quale termine di scadenza di validità; l'attestato potrà essere rinnovato previa certificazione del centro pubblico che ha in cura il paziente, sulla base della quale gli uffici del distretto potranno rinnovare l'attestato di esenzione.
Sulla base delle superiori disposizioni viene coerentemente modificata la nota all'allegato 2 della circolare n. 1008/99.
  L'Assessore: LO MONTE 

(2000.19.1021)


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FRANCESCO CASTALDI: Direttore responsabile                               MARIA LA MARTINA: Redattore

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