REPUBBLICA ITALIANA
GAZZETTA UFFICIALE
DELLA REGIONE SICILIANA

PARTE PRIMA
PALERMO - VENERDÌ 1 GIUGNO 2007 - N. 25
SI PUBBLICA DI REGOLA IL VENERDI'

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DISPOSIZIONI E COMUNICATI

CORTE COSTITUZIONALE


Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana avverso la delibera legislativa approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 19 aprile 2007, recante: "Disposizioni in favore dell'esercizio di attività economiche in siti di importanza comunitaria e zone di protezione speciale. Norme in materia di edilizia popolare e cooperativa. Interventi nel settore del turismo. Modifiche alla legge regionale n. 10 del 2007".

(Pubblicazione disposta dal Presidente della Corte costituzionale a norma dell'art. 24 delle norme integrative del 16 marzo 1956).
(Ricorso n. 23 depositato il 7 maggio 2007)
ALLA ECC.MA CORTE COSTITUZIONALE ROMA

L'Assemblea regionale siciliana, nella seduta del 19 aprile 2007, ha approvato il disegno di legge n. 513 dal titolo "Disposizioni in favore dell'esercizio di attività economiche in siti di importanza comunitaria e zone di protezione speciale. Norme in materia di edilizia popolare e cooperativa. Interventi nel settore del turismo. Modifiche alla legge regionale n. 10 del 2007", pervenuto a questo Commissariato dello Stato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 28 dello Statuto speciale, il 23 aprile 2007.
Il provvedimento legislativo, oltre a disposizioni attinenti a vari settori di intervento regionale, quali edilizia popolare e convenzionata, turismo, urbanistica e demanio marittimo, contiene anche norme volte a consentire la prosecuzione e/o l'avvio di attività economiche nei siti di importanza comunitaria (SIC) e nelle zone di protezione speciale (ZPS) di cui alle direttive del Consiglio europeo n. 79/409/CEE e n. 92/43/CEE, una parziale disciplina della valutazione di incidenza in dette aree, nonché norme in materia di aree contigue ai parchi regionali.
Nell'ambito del provvedimento, i commi 3, 4 e 5 dell'art. 1 e il comma 2 dell'art. 2 danno adito a censure di incostituzionalità per le motivazioni che di seguito si illustrano.
L'art. 1 recita come segue:
"Art. 1
Disposizioni in favore dell'esercizio di attività economiche in siti SIC e ZPS

1.  Le determinazioni sulle valutazioni di incidenza, previste dall'art. 5 del D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357, sono attribuite ai comuni nel cui territorio insistono i siti SIC e ZPS. Le valutazioni di incidenza che interessino siti SIC e ZPS, ricadenti all'interno dei parchi naturali, sono di competenza dell'Ente parco.
2.  Sono di competenza dell'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente le valutazioni di incidenza che riguardano l'intera pianificazione comunale, provinciale e territoriale, ivi compresi i piani agricoli e faunistico-venatori che non sono stati ancora approvati alla data di entrata in vigore della presente legge.
3.  I comuni e gli enti parco sono tenuti ad adottare le determinazioni sulle valutazioni di incidenza entro il termine di 60 giorni. Decorso il predetto termine, la pronuncia sulla valutazione di incidenza è rilasciata in via sostitutiva dall'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente, che deve adottarla entro il successivo termine di 60 giorni decorsi i quali la determinazione sulla valutazione di incidenza si intende adottata positivamente.
4.  Nelle more dell'emanazione delle misure di conservazione e dell'approvazione dei piani di gestione previsti dal D.P.R. n. 357/97, per le aree designate ai sensi delle direttive n. 79/409/CEE e n. 92/43/CEE, al fine di non penalizzare le attività economiche, sono consentiti il rilascio delle autorizzazioni e delle concessioni, nonché il proseguimento e l'ampliamento delle attività esistenti, nel rispetto degli strumenti urbanistici vigenti.
5.  Gli interventi all'interno dei centri abitati, delimitati ai sensi dell'art. 4 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, ricadenti in zone SIC e ZPS, non sono soggetti a valutazioni di incidenza".
Al riguardo, si ritiene innanzitutto utile riassumere il quadro normativo europeo di riferimento da cui originano i SIC e le ZPS e quello normativo statale di attuazione.
La direttiva del Consiglio n. 92/43/CEE del 21 maggio 1992, denominata "Habitat", finalizzata alla conservazione della diversità biologica esistente nel territorio dell'Unione ed alla tutela di una serie di ambienti e di specie animali e vegetali particolarmente rari, ha previsto la costituzione della rete ecologica "Natura 2000" composta da siti appositamente gestiti per preservare la biodiversità.
Tale rete ecologica è costituita dalle "Zone di protezione speciale" (ZPS) già previste dalla direttiva del Consiglio n. 79/409/CEE del 2 aprile 1979, e da ambiti territoriali denominati "Siti di importanza comunitaria" (SIC) destinati a divenire "Zone speciali di conservazione" (ZSC) degli habitat naturali e delle specie vegetali ed animali.
Più in particolare, le zone speciali di conservazione sono siti di importanza comunitaria designati dagli Stati membri mediante atto regolamentare, amministrativo e/o contrattuale (art. 1, lett. 1).
Secondo l'art. 4 della direttiva n. 92/43/CEE, il processo di individuazione delle ZSC prevede che ogni Stato membro proponga un elenco di siti di importanza comunitaria alla Commissione e che questa elabori, d'intesa con ciascuno degli Stati, l'elenco definitivo dei SIC entro sei anni dalla notifica della direttiva. Lo Stato membro, entro il termine di ulteriori sei anni, designa i SIC selezionati come zone speciali di conservazione.
La tutela di queste zone speciali di conservazione è definita dall'art. 6 della direttiva "Habitat" come tutela che gli Stati membri sono obbligati ad assicurare anche ai SIC, atteso che il citato art. 4 prescrive che "Non appena il sito è iscritto nell'elenco di cui al paragrafo 2, terzo comma, esso è soggetto alle disposizioni dei paragrafi 2, 3 e 4 dell'art. 6".
I paragrafi 2, 3 e 4 dell'art. 6 della direttiva "Habitat" recitano:
"2.  Gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zone speciali di conservazione il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie, nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della presente direttiva.
3.  Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntivamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell'incidenza che ha sul sito tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell'incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l'integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell'opinione pubblica.
4.  Qualora, nonostante conclusioni negative della valutazione dell'incidenza sul sito e in mancanza di soluzioni alternative, un piano o progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, lo Stato membro adotta ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata.
Lo Stato membro informa la Commissione delle misure compensative adottate.
Qualora il sito in causa sia un sito in cui si trovano un tipo di habitat naturale e/o una specie prioritaria, possono essere addotte soltanto considerazioni connesse con la salute dell'uomo e la sicurezza pubblica o relative a conseguenze positive di primaria importanza per l'ambiente ovvero, previo parere della Commissione, altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico.".
Per le ZSC già designate, la direttiva prevede (art. 6, 1° comma) la predisposizione, ove necessario, di piani di gestione specifici e/o integrati con altri piani di sviluppo, strumento questo tuttavia non obbligatorio poiché la conservazione del sito può essere assicurata anche da già esistenti strumenti di programmazione e pianificazione.
In ogni caso, elemento cardine della conservazione del sito (sia esso SIC o ZSC), secondo la direttiva, è la valutazione di incidenza cui ogni intervento, piano o progetto che possa avere un impatto significativo è subordinato, potendo essere autorizzato soltanto dopo che sia stata verificata l'assenza di pregiudizi per l'integrità dell'area soggetta a tutela.
Le zone di protezione speciale (ZPS) sono state individuate e comunicate alla Commissione europea dagli Stati membri e sono finalizzate alla conservazione di alcune specie di uccelli selvatici. Anch'esse sono componenti della rete "Natura 2000" e sono soggette secondo l'art. 7 della direttiva habitat alle medesime forme di tutela e gestione previste per i SIC.
Lo Stato italiano ha dato attuazione alla direttiva n. 92/43/CEE con il D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357, modificato dal D.P.R. 12 marzo 2003, n. 120, che affida alle Regioni, coordinate dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, la proposta dei Siti di importanza comunitaria (SIC) e la designazione degli stessi come Zone speciali di conservazione (ZSC) (art. 3).
L'art. 4 del D.P.R. n. 357/97 in merito alla gestione e tutela dei SIC e delle ZSC stabilisce che:
"1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano assicurano per i proposti siti di importanza comunitaria le opportune misure per evitare il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie, nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi del presente regolamento.
2.  Le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, sulla base di linee guida per la gestione delle aree della rete "Natura 2000", da adottarsi con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, adottano per le zone speciali di conservazione, entro sei mesi dalla loro designazione, le misure di conservazione necessarie che implicano all'occorrenza appropriati piani di gestione specifici od integrati ad altri piani di sviluppo e le opportune misure regolamentari, amministrative o contrattuali che siano conformi alle esigenze ecologiche dei tipi di habitat naturali di cui all'allegato A e delle specie di cui all'allegato B presenti nei siti.
2-bis. Le misure di cui al comma 1 rimangono in vigore nelle zone speciali di conservazione fino all'adozione delle misure previste al comma 2.
3.  Qualora le zone speciali di conservazione ricadano all'interno di aree naturali protette, si applicano le misure di conservazione per queste previste dalla normativa vigente. Per la porzione ricadente all'esterno del perimetro dell'area naturale protetta la regione o la provincia autonoma adotta, sentiti anche gli enti locali interessati e il soggetto gestore dell'area protetta, le opportune misure di conservazione e le norme di gestione".
L'art. 5 del D.P.R. n. 357 pone l'obbligo di effettuare la valutazione di incidenza non solo nelle ZSC ma anche nei SIC e nei proposti siti di importanza comunitaria e il successivo art. 6 estende la predetta tutela alle ZPS disponendo che:
"1. La rete "Natura 2000" comprende le zone di protezione speciale previste dalla direttiva n. 79/409/CEE e dall'art. 1, comma 5, della legge 11 febbraio 1992, n. 157.
2.  Gli obblighi derivanti dagli articoli 4 e 5 si applicano anche alle zone di protezione speciale di cui al comma 1".
In attesa del completamento dell'iter di designazione delle ZSC, il D.M. 3 aprile 2000 ha determinato l'elenco delle ZPS e dei SIC ed il Comitato nazionale per le aree naturali protette, con deliberazione del 2 dicembre 1996, ha ricompreso le ZPS e ZSC nella categoria delle aree naturali protette di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, comportando l'applicazione alle medesime delle misure di salvaguardia e dei divieti previsti dall'art. 6 della stessa legge. Va ricordato che la suddetta deliberazione del Comitato nazionale per le aree naturali protette è tuttora efficace, poiché gli effetti del decreto ministeriale 25 marzo 2005, che si proponeva di annullarla, sono sospesi in virtù di ordinanze del T.A.R. Lazio confermate dal Consiglio di Stato (sezione VI) con ordinanza n. 780 del 14 febbraio 2006.
In ultimo, il comma 1226 dell'art. 1 della legge n. 266/2006 (legge finanziaria 2007) ha testualmente previsto che "al fine di prevenire ulteriori procedure di infrazione, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano devono provvedere agli adempimenti previsti dagli articoli 4 e 6 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni, o al loro completamento, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sulla base di criteri minimi uniformi definiti con apposito decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare".
Dall'esposizione ed analisi del vigente assetto normativo statale, derivante dal coordinamento delle disposizioni contenute nel D.P.R. n. 357/77, così come modificato dal D.P.R. n. 120/2003, e dalla deliberazione del 2 dicembre 1996 del Comitato nazionale per le aree naturali protette discende quindi che ai SIC si applicano le norme degli articoli 4, commi 2, 3, 4 e 5 del D.P.R. n. 357/97, come modificato dal D.P.R. n. 120/2003, ed alle ZPS si applica anche la tutela dell'art. 6 della legge n. 394/91 per le aree naturali protette in aggiunta a quella alle medesime assicurata dai cennati art. 4 e 5 (valutazione d'incidenza) del D.P.R. n. 357/97 derivante dall'ottemperanza di puntuali obblighi comunitari.
Così ripercorso il quadro normativo di riferimento, è necessario verificare se lo stesso trova applicazione nell'ambito regionale siciliano.
Codesta eccellentissima Corte ha con costante e consolidata giurisprudenza, antecedente e successiva alla riforma del titolo V della Costituzione (ex plurimis sentenza n. 222/2003), chiarito che la tutela dell'ambiente è un valore trasversale che interseca materie diverse quali, principalmente, l'urbanistica, i beni ambientali e la sanità.
L'art. 117, comma 2, lett. s) della Costituzione riserva la "tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali" alla competenza esclusiva dello Stato.
L'art. 10 della legge costituzionale n. 3/2001 ha sancito che "sino all'adeguamento dei rispettivi statuti le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle regioni a Statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampia rispetto a quelle già attribuite".
Lo Statuto speciale siciliano non prevede esplicitamente la materia "ambiente" e pertanto necessita verificare, di volta in volta, sotto quale aspetto la tutela ambientale venga considerata, poiché la Regione siciliana gode di competenza esclusiva sotto il profilo urbanistico e della tutela del paesaggio, ed è titolare di competenza legislativa concorrente sotto il profilo dell'igiene e della sanità.
Orbene, poiché la normativa in questione non è direttamente riconducibile ad alcuna delle suddette materie di competenza regionale, deve concludersi che nel caso in specie debba ritenersi attribuito allo Stato non solo il recepimento, ma anche la disciplina di attuazione delle cennate direttive europee (per le quali fra l'altro nel 2006 sono state avviate procedure d'infrazione da parte della Commissione a carico dello Stato italiano). E deve conseguentemente ritenersi applicabile in Sicilia l'impianto normativo statale più sopra riassunto, con conseguente illegittimità costituzionale di ogni norma regionale che abbia in qualunque modo l'effetto di attenuare le determinazioni già assunte dallo Stato per rispondere ad esigenze considerate meritevoli di disciplina uniforme sull'intero territorio nazionale (sentenza Corte costituzionale n. 407 del 26 luglio 2002).
Tale assunto è ulteriormente suffragato dalla circostanza che l'Assessore regionale del territorio e dell'ambiente con proprio decreto del 21 febbraio 2005 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana n. 42 del 7 ottobre 2005), nell'elencare i 218 siti di importanza comunitaria e le 47 zone di protezione speciale per il territorio della Sicilia, ha tenuto a confermare (art. 3) che continuano ad essere applicati nella Regione il D.P.R. n. 357/97 e successive modifiche ed integrazioni ed il decreto del Ministro dell'ambiente del 3 settembre 2002, con il quale sono stati individuati e proposti i SIC ed emanate le linee guida per la gestione dei siti Natura 2000.
Al legislatore siciliano è dunque precluso intervenire nella materia per escludere dalla valutazione di incidenza interventi volti a proseguire o ampliare attività produttive ed economiche in genere da realizzarsi nelle aree ricomprese tra quelle designate ai sensi delle direttive n. 79/409/CEE (ZPS) e n. 92/43/CEE (SIC e/o ZSC).
Il Ministero dell'ambiente, peraltro, in seguito all'avvio di una procedura di infrazione per non corretto recepimento della direttiva n. 92/43/CEE, con circolare n. 1248 del 28 gennaio 2000 ha ribadito a tutte le Regioni quanto già espresso dalla Commissione europea, circa "il fondamentale principio di adozione di opportune misure di salvaguardia nei SIC fin dal momento in cui gli stessi sono stati individuati, a prescindere dalla conclusione del processo di selezione e dalla predisposizione dell'elenco definitivo dei SIC poiché scopo primario della direttiva habitat è di "contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali della flora e della fauna selvatica nel territorio europeo degli stati membri in cui si applica il trattato".
La direttiva habitat fornisce orientamenti generali riferiti a due esigenze primarie riguardanti sia il contesto ecologico, in modo che le misure adottate siano intese a mantenere e/o ripristinare alcuni habitat e specie "in uno stato di conservazione soddisfacente", sia le caratteristiche economico-sociali del sito, in modo che le misure adottate tengano conto "delle esigenze economiche, sociali e culturali nonché le particolarità regionali e locali".
Conseguentemente, scelte di piani e programmi finalizzati ad esigenze sociali, economiche e culturali trovano forme di garanzia già nella direttiva, ma devono essere armonizzate con il principio di tutela che in Italia è esercitato attraverso la procedura di valutazione di incidenza prevista dall'art. 6 del D.P.R. n. 120/2003, che ha modificato l'art. 5 del D.P.R. n. 357/97.
Inoltre, ai fini di una corretta individuazione dell'avvio di tale regime per i siti di rete Natura 2000, la Commissione europea ha stabilito la data dell'anno 1998, a decorrere dalla quale non è consentito esonerare alcun intervento dalla procedura di valutazione di incidenza, anche in aree SIC e ZPS in fase di proposta.
Nell'ottica infatti di una direttiva, che ha come obiettivo primario il mantenimento degli habitat e delle specie, la Commissione europea ha ripetutamente ribadito che "La direttiva n. 92/43/CEE non prevede deroghe alla applicazione del suo art. 6", manifestando con ciò l'importanza fondamentale della conservazione del territorio nel quale si autorizzano gli interventi, le eventuali interferenze delle opere medesime e le misure da adottare affinché dette incidenze possano essere ridotte o eliminate.
Da quanto esposto deriva l'obbligo imperativo e inderogabile di predisporre comunque una valutazione di incidenza, anche nei casi in cui si possa agire in deroga ad altre procedure quali ad esempio quella della V.I.A.
Si ritiene altresì opportuno soggiungere che la Corte di giustizia della Comunità europea, con sentenza del 13 gennaio 2005 in causa c 117/03, ha affermato che anche "per quanto riguarda i siti atti ad essere individuati quali siti di importanza comunitaria compresi negli elenchi nazionali trasmessi alle Commissioni, tra i quali possono figurare in particolare siti ospitanti tipi di habitat prioritari o specie prioritarie, gli Stati membri sono tenuti, in forza delle direttive, ad adottare misure di salvaguardia idonee a salvaguardare il detto interesse ecologico" con riguardo, sia all'obiettivo di conservazione oggetto di quest'ultima, sia al pertinente interesse ecologico rivestito da detti siti a livello nazionale.
Le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 1 del provvedimento legislativo in oggetto, in quanto escludono qualsiasi forma di valutazione dell'incidenza degli interventi sugli ecosistemi compresi nelle aree SIC e ZPS e quindi oggetto di salvaguardia, limitandosi a prevedere il solo rispetto degli strumenti urbanistici vigenti, sono pertanto da ritenersi non solo contrastanti con la normativa statale di attuazione della direttiva comunitaria ma anche trasgressiva di quest'ultima, ed in contrasto con gli articoli 9, 11, 97 e 117, primo e secondo comma, lettera s) della Costituzione, nonché con l'art. 14 dello Statuto speciale.
Il 3° comma dell'art. 1, inoltre, laddove prevede la formazione del silenzio-assenso sulla pronuncia della valutazione di incidenza dell'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente, intervenuto in via sostitutiva in caso di inerzia delle amministrazioni competenti (comuni ed enti parco) si pone in contrasto con gli articoli 9 e 97 della Costituzione.
Codesta eccellentissima Corte ha infatti acclarato con ormai consolidata giurisprudenza (ex plurimis sentenze n. 302/1988, n. 26/1996 e 404/1997) che "vige un principio fondamentale, ricavabile da una serie di disposizioni, da interpretarsi unitariamente nel sistema, secondo cui il silenzio dell'amministrazione proposta al vincolo ambientale non può avere valore di assenso".
Invero, è da ritenersi vigente l'opposto principio della pronuncia esplicita dell'amministrazione competente, atteso che l'istituto del silenzio-assenso è ammissibile in riferimento ad attività amministrative nelle quali sia pressocché inesistente il tasso di discrezionalità.
La trasposizione di tale modello nei procedimenti ad elevata discrezionalità, quale nella fattispecie la valutazione di incidenza e le eventuali misure di compensazione, ha il doppio disdicevole effetto di snaturare lo stesso procedimento, facendo mancare l'esame, la valutazione e l'ordinario contraddittorio sulle osservazioni, e di ridurre il controllo della pubblica amministrazione su un bene costituzionalmente tutelato e di interesse europeo ad una mera eventualità, con riferimento a complesse procedure amministrative comportanti un ventaglio di soluzioni non determinate, né determinabili in via preventiva dalla legge.
Anche il secondo comma dell'art. 2 del provvedimento legislativo in oggetto è meritevole di censure di incostituzionalità per le ragioni che di seguito si illustrano.
L'art. 2 recita come segue:
"Art. 2
Aree contigue ai parchi regionali

1.  Per gli effetti di cui all'art. 32, comma 3, della legge 6 dicembre 1991, n. 394, sono aree contigue ai parchi regionali le aree di protezione di cui all'art. 7, comma 3, della legge regionale 6 maggio 1981, n. 98, come sostituito dall'art. 6 della legge regionale 9 agosto 1988, n. 14.
2. In dette aree è consentita l'attività venatoria secondo le modalità stabilite per gli ambiti territoriali di caccia in cui le stesse aree contigue ricadono".
Il secondo comma di tale disposizione si pone in contrasto con la prescrizione dell'art. 32, terzo comma, della legge 6 dicembre 1991, n. 394, che prevede che le Regioni possano disciplinare la caccia all'interno delle aree contigue soltanto nella forma della caccia controllata, riservata ai soli residenti.
Deve al riguardo sottolinearsi che, se l'obiettivo principale dell'istituzione dei parchi è quello di preservare l'equilibrio degli ecosistemi e la conservazione delle specie animali che li popolano, la norma è incoerente con tale finalità di interesse nazionale.
Il legislatore statale, infatti, proprio nell'intento di preservare gli habitat naturali ha introdotto un criterio di gradualità nelle misure di salvaguardia delle aree protette prevedendo, da un canto, il divieto assoluto di caccia all'interno dei parchi e, dall'altro, nelle aree contigue, il prelievo venatorio controllato e riservato ai soli residenti.
Il secondo comma della norma in questione, derogando al disposto del terzo comma dell'art. 32 della legge quadro sulle aree protette (legge 6 dicembre 1991, n. 394) recepito con l'art. 20 della legge regionale n. 7/2001, incide sulla disciplina ambientale ledendo la competenza esclusiva dello Stato in materia, compromette il soddisfacimento dell'esigenza di oculata e selettiva attività venatoria nelle aree limitrofe a quelle oggetto di integrale tutela e mette in pericolo l'equilibrio ecologico sotto il profilo del depauperamento del patrimonio indisponibile costituito dalla fauna selvatica.
Codesta eccellentissima Corte ha avuto modo di dichiarare l'art. 32 della legge n. 394/91 non lesivo della competenza esclusiva delle regioni a statuto speciale in materia di caccia, atteso che il vincolo che ne deriva "non dipende da una determinata qualificazione della norma che ne esplicita la consistenza, ma dalla stessa previsione costituzionale della tutela della natura attraverso lo strumento delle aree naturali protette" (sentenza n. 366/1992).
Il secondo comma della disposizione in oggetto travalica l'ambito di competenza regionale esclusiva in materia di caccia ed il limite che questa trova nel principio costituzionale della tutela dell'ambiente rientrante nella competenza dello Stato e da questo, per le aree protette, esercitata con la legge 6 dicembre 1991, n. 394 (non soccorrendo in alcun modo lo Statuto speciale, che, come già detto, non contiene deroghe alla prescrizione di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione).
La norma regionale, inoltre, nel consentire il prelievo venatorio nelle aree contigue ai parchi, sottoponendole all'ordinario regime degli ambiti territoriali di caccia, è suscettibile di censura anche sotto il profilo dell'interferenza in materia penale. Infatti, essa renderebbe legittimi comportamenti, che nel restante territorio nazionale sono sanzionati penalmente, in tutti i casi in cui in Sicilia le aree siano state classificate ZPS ai sensi della direttiva n. 79/409/CEE, con conseguente soggezione alla disciplina degli articoli 6, 11 e 30 della legge n. 394/91, come ad esempio può desumersi dall'allegato A del decreto 21 febbraio 2005 dell'Assessore per il territorio e l'Ambiente per le ZPS cod. ITA 020050 e 030043.
In conclusione, il secondo comma della disposizione in oggetto viola gli articoli 9, 97 e 117, commi 1 e 2, lettera s), della Costituzione, nonché, per interferenza in materia penale, l'art. 14 dello Statuto speciale.
Per i motivi suesposti

e con riserva di presentazione di memorie illustrative nei termini di legge, il sottoscritto prefetto dott. Alberto Di Pace, Commissario dello Stato per la Regione siciliana, visto l'art. 28 dello Statuto speciale, con il presente atto
Impugna

le sotto elencate disposizioni del disegno di legge n. 513 dal titolo "Disposizioni in favore dell'esercizio di attività economiche in siti di importanza comunitaria e zone di protezione speciale. Norme in materia di edilizia popolare e cooperativa.
Interventi nel settore del turismo. Modifiche alla legge regionale n. 10 del 2007" approvato dall'Assemblea regionale siciliana il 19 aprile 2007:
-  l'art. 1, comma 3, limitatamente alle parole "decorsi i quali la determinazione sulla valutazione di incidenza si intende adottata positivamente", per violazione degli articoli 9 e 97 della Costituzione;
-  l'art. 1, commi 4 e 5, per violazione degli articoli 9, 11,97 e 117, primo e secondo comma, lett. s), della Costituzione, nonché dell'art. 14 dello Statuto speciale;
-  l'art. 2, comma 2, per violazione degli articoli 9, 97 e 117, primo e secondo comma, lett. s), della Costituzione, nonché dell'art. 14 dello Statuto speciale per interferenza in materia penale.
Palermo, 27 aprile 2007.
  Il Commissario dello Stato per la Regione siciliana: DI PACE 

(2007.21.1478)
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MICHELE ARCADIPANE, direttore responsabile
FRANCESCO CATALANO, condirettoreMELANIA LA COGNATA, redattore

Ufficio legislativo e legale della Regione Siciliana
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