REPUBBLICA ITALIANA
GAZZETTA UFFICIALE
DELLA REGIONE SICILIANA

PARTE PRIMA
SUPPLEMENTO ORDINARIO
PALERMO - VENERDÌ 9 MAGGIO 2008 - N. 20
SI PUBBLICA DI REGOLA IL VENERDI'

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SUPPLEMENTO ORDINARIO

DISPOSIZIONI E COMUNICATI

ASSESSORATO DELLA FAMIGLIA, DELLE POLITICHE SOCIALI E DELLE AUTONOMIE LOCALI


Testo coordinato delle leggi regionali relative all'ordinamento degli enti locali.

NOTA INTRODUTTIVA
L'ordinamento regionale degli enti locali in Sicilia è caratterizzato da diverse fasi di intervento legislativo, sino agli anni '80 soltanto con impianto organico e sistematico della nuova disciplina, dagli anni '90, invece, con aggiunzione stratificata di nuove norme e con ricorso a rinvii formali alla normativa nazionale nel settore, restando sempre impregiudicate le materie riservate alla disciplina statale e la competenza legislativa nel settore riservata alla Regione dal suo Statuto.
Si elencano, di seguito, le fasi successive di strutturazione dell'ordinamento di che trattasi e i rinvii formali disciplinati:
a)  l'ordinamento amministrativo degli enti locali del decreto legislativo presidenziale 29 ottobre 1955, n. 6, approvato con la legge regionale 15 marzo 1963, n. 16, successivamente modificato ed integrato in modo organico in particolare con le leggi regionali 21 febbraio 1976, n. 1, in tema di competenze e di controlli, e 6 marzo 1986, n. 9, istitutiva del libero consorzio dei comuni denominato provincia regionale, in attuazione dell'articolo 15 dello Statuto della Regione. La legge regionale n. 9/1986, per il ruolo delle province, l'organizzazione dei servizi e le innovazioni ordinamentali che anticipa, è precorritrice della stessa legge di riforma delle autonomie locali 8 giugno 1990, n. 142;
b)  in tema di controllo sugli atti degli enti locali, la legge regionale 3 dicembre 1991, n. 44, che recepisce le indicazioni della citata legge n. 142/1990, abrogando espressamente le pregresse norme contenute nell'ordinamento amministrativo degli enti locali. La normativa dei controlli sugli atti degli enti locali trova successivo adeguamento nel rispetto delle autonomie locali con la legge regionale 5 luglio 1997, n. 23, avendo come riferimento la legge 15 maggio 1997, n. 127 (dall'1 gennaio 2000 non trova legittimazione l'attività di controllo e l'Assemblea regionale da tale data non ha adottato alcuna disposizione legislativa al riguardo. La sospensione dell'attività di controllo è amministrativa);
c)  la legge regionale 11 dicembre 1991, n. 48, con la quale, senza procedere come operato in precedenza all'abrogazione delle norme pregresse incompatibili con quelle introdotte, si recepisce la citata legge di riforma delle autonomie locali n. 142/1990. Il recepimento non è pedissequo in quanto le disposizioni della legge n. 142/1990 introdotte sono oggetto di modifiche, integrazioni e sostituzioni per coordinarle con la normativa precedente. Pertanto accanto all'ordinamento amministrativo degli enti locali ed alla legge regionale n. 9/1986 si pone altro corpo integrativo di disposizioni;
d)  le leggi regionali 26 agosto 1992, n. 7 e 1 settembre 1993, n. 26, introduttive dell'elezione diretta e separata del sindaco del comune e del presidente della provincia regionale, le quali apportano sostanziali innovazioni nella gestione degli enti locali con lo spostamento del "baricentro" gestionale sugli esecutivi locali. Inversione di tendenza si è riscontrata invero con la legge regionale 15 settembre 1997, n. 35, che ha introdotto in Sicilia l'elezione congiunta degli organi elettivi degli enti locali alla stregua della legge 25 marzo 1993, n. 81;
e)  la legge regionale 7 settembre 1998, n. 23, che recepisce alcuni articoli della legge n. 127/1997 (la diversa disciplina non è introdotta in modo sistematico) e la legge regionale 23 dicembre 2000, n. 30, che introduce ulteriori innovazioni di riforma dell'ordinamento degli enti locali, avendo in riferimento l'impianto normativo della menzionata legge regionale n. 48/1991. Pertanto l'individuazione delle norme ordinamentali di detta legge regionale n. 48/1991 è stata effettuata tenendo conto di dette successive modifiche legislative, non limitandosi alle originarie introdotte. Si aggiunge che la menzionata legge regionale n. 30/2000 recepisce le disposizioni della legge 3 agosto 1999, n. 265, senza riferirsi a successive e corrispondenti disposizioni contenute nel sempre antecedente decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, concretando pertanto scelte diverse da tale ultima normativa;
f)  l'art. 1, lett. e), della legge regionale n. 48/1991 recepisce l'art. 59 della legge n. 142/1990 operando rinvio formale a nuove disposizioni coordinate riguardanti la disciplina organica dell'ordinamento finanziario e contabile degli enti locali, trasfuse di seguito nel decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77 e successive modifiche e, per ultimo, nel decreto legislativo n. 267/2000;
g)  l'art. 47 della legge regionale n. 26/1993 opera un rinvio formale, in materia di servizi, alle modifiche ed integrazioni apportate dal legislatore nazionale agli introdotti artt. 22, 23, 24, 25, 26 e 27 della legge n. 142/1990, "in quanto compatibili". In particolare ne consegue, con eccezione delle forme associative di servizi, l'applicazione di normativa aggiornata in tema di pubblici servizi e di modalità di affidamento;
h)  nel settore dei servizi socio-sanitari conservano sostanziale rilevanza la legge quadro regionale nel settore 9 maggio 1986, n. 22, nonché le leggi emanate in materia di assistenza agli anziani ed ai disabili ed in tema di volontariato e di protezione civile. Conseguono difficoltà di natura esegetica e applicativa insorte per il mancato successivo adeguamento tecnico della disciplina regionale in tema precipuo di utilizzazione di risorse e di organizzazione dei servizi socio-sanitari alle disposizioni emanate dallo Stato (con riferimento particolare alla legge 8 novembre 2000, n. 328). Ne derivano altresì dati di utilizzazione delle risorse finanziarie e strutturazioni di servizi estremamente complessi, aggiuntivi all'assetto istituzionale degli enti locali vigente nel territorio;
i)  in tema di ordinamento degli uffici e dei servizi e di assunzioni del personale incidono le innovazioni introdotte in tema di ascrizione degli atti di indirizzo e di gestione, del ruolo della dirigenza o del personale di configurazione apicale, della privatizzazione del rapporto di pubblico impiego locale e di variazione conseguente di competenza in sede contenziosa. Incidono altresì nell'assetto degli enti locali il persistente normato ricorso a concorsi pubblici per titoli e, a decorrere dal 1985, in tema di personale, la copiosa normativa emanata in materia per quanto riguarda l'utilizzazione di soggetti esterni con diverse modalità di rapporto;
j)  in tema di vigilanza sugli enti locali, nel rispetto dell'autonomia agli stessi rafforzata dalla riforma del titolo V della Costituzione, le norme introdotte vanno lette e si applicano nell'ottica della tutela dei diritti e delle aspettative dei cittadini e degli utenti, dell'osservanza della legalità e di rendere dette amministrazioni efficienti nella resa dei servizi demandati. Medesimo disegno di vigilanza persegue la specifica legislazione statale, compresa quella attinente la giurisdizione contabile.
L'attuale ordinamento regionale degli enti locali, pertanto, si configura peculiare per il suo impianto (ordinamento amministrativo degli enti locali, legge regionale n. 9/1986, legge regionale n. 48/1991, e specifiche disposizioni delle leggi regionali n. 7/1992, n. 26/1993 e n. 35/1997), per la stratificazione delle norme che si sono aggiunte in carenza di abrogazione espressa di pregresse incompatibili e per le modalità di rinvio formale a determinate disposizioni della legge n. 142/1990, rendendo complesse l'esegesi e l'applicazione afferenti.
Ad eccezione delle disposizioni del decreto legislativo n. 267/2000 che disciplinano materie di competenza statale, nonché quelle oggetto di rinvio formale o dinamico, trovano applicazione le norme ordinamentali regionali e soltanto ad esse deve farsi riferimento. In tema di rinvii va ritenuto, secondo indirizzo del Consiglio di giustizia amministrativa, che trattasi di rinvio materiale o recettizio quando il legislatore regionale fa propria la norma statale (con eventuali modifiche ed integrazioni) rendendola quindi estranea alla normativa statale. Diversamente il rinvio si configura formale o dinamico, ma anche in tale ipotesi il legislatore regionale pone invero limiti di compatibilità, di competenze dei soggetti, di assetto procedimentale, contingenti o di successiva legislazione.
Si è pertanto proceduto, preliminarmente, all'individuazione della normativa:
a)  regionale;
b)  nazionale.
Successivamente, nella fase della compilazione del testo, si è provveduto al:
a)  riporto delle disposizioni regionali con indicazione delle fonti relative;
b)  medesimo riporto puntuale di diverse norme statali, in particolare del decreto legislativo n. 267/2000 e successive modifiche ed integrazioni, le quali trovano diretta applicazione;
c)  individuazione delle norme non compatibili con la sopravvenuta normativa.
d)  riporto delle norme statali in tema di rinvio formale:
1) disciplina dell'ordinamento contabile - finanziario (legge regionale n. 48/1991);
2) disciplina dei servizi (legge regionale n. 26/1993);
3) disciplina del personale (legge regionale n. 23/1998).
Nel testo vengono introdotte brevi note che supportano la scelta normativa effettuata; vengono altresì richiamate sentenze, anche additive, della Corte costituzionale, per una corretta introduzione e applicazione delle disposizioni legislative coordinate nonché riportati provvedimenti normativi di interesse.
Viene valutata la delegificazione statutaria disciplinata con la legge regionale n. 30/2000, nonché la conservazione di norme dell'ordinamento amministrativo degli enti locali e di altre disposizioni regionali come norme di principio, nel quadro della riforma delle autonomie locali attuata con la modifica del titolo V della Costituzione e delle indicazioni nel contempo date dalla legge n. 131/2003.
Il testo, che ha carattere compilatorio dei provvedimenti normativi regionali e statali riportati, costituisce uno strumento finalizzato a rendere più agevole l'applicazione delle disposizioni vigenti.
E' così suddiviso:
-  parte I "Principi" suddivisa nei seguenti titoli:
 1.  Statuto della Regione siciliana;
 2.  Referendum, iniziativa legislativa e petizioni;
 3.  Costituzione della Repubblica italiana;
 4.  Trattato istitutivo dell'Unione europea;
 5.  Procedimento amministrativo e diritto di accesso;
 6.  Nomine e designazioni;
 7.  Proroga degli organi amministrativi;
 8.  Informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni.
-  parte II "Testo coordinato", composta da n. 795 articoli, suddivisa nei seguenti titoli:
 1.  Organizzazione istituzionale;
 2.  Articolazione organica dei comuni e delle province regionali;
 3.  Funzionamento degli organi;
 4.  Organizzazione e personale;
 5.  Appalti;
 6.  Servizi;
 7.  Ordinamento finanziario e contabile;
 8.  Funzioni locali disciplinate da norme statali. Giurisdizione contabile;
 9.  Legalità nell'esercizio delle attività e delle funzioni locali;
10.  Disposizioni finali e transitorie.
Si è in tal modo introdotto anche un modello normativo sistematico e razionale per successivo intervento del legislatore regionale, evidenziando in merito che interventi futuri non potranno che stabilizzare la normativa regionale evitando rinvii formali. Quanto precede ovviamente nell'ambito dell'attuazione legislativa della riforma del titolo V della Costituzione.
Il presente testo è da intendersi "mappa" del vigente ordinamento e, si ribadisce, "progetto" per il nuovo ordinamento da adottare con l'intervento del legislatore regionale, intervento non più rinviabile a tutela della collettività amministrata e della certezza del diritto.
La prima parte, "Principi", evidenzia le norme costituzionali fondamentali per i cittadini e le comunità locali, ed in particolare le prerogative in tema di partecipazione al potere legislativo, di rappresentanza elettorale, di cognizione delle competenze e delle regole di funzionamento degli organi, di trasparenza e di sussidiarietà nell'esercizio delle attività. La prima parte evidenzia altresì l'informazione sul controllo politico amministrativo e sulle forme di vigilanza che sono esclusivamente preordinate al ripristino della legalità ed alla prosecuzione di servizi e funzioni che risultano ritardati o omessi. Fondamentale nel quadro della riforma delle autonomie rimane il ricorso all'autonomo esercizio della potestà statutaria e regolamentare, nel rispetto delle disposizioni di principio legislative e nell'ottica di facilitare l'espletamento delle funzioni locali. Al riguardo non è estraneo il concetto della semplificazione delle forme procedurali, ritenendo in merito necessaria l'introduzione di forme di consultazione delle collettività locali, evitando in tal modo sovrapposizioni regionali e inefficiente utilizzo di risorse.
La numerazione degli articoli della parte seconda, "Testo coordinato", è progressiva da 1 sino a 795; per ogni articolo è anche indicato, oltre il numero del testo coordinato, la denominazione originaria della disposizione, la fonte e le eventuali successive modifiche ed integrazioni.
Vengono riportate sino alla data di modifica le originarie denominazioni concernenti: libero consorzio (oggi provincia regionale), quartiere (oggi circoscrizione) e Assessorato regionale degli enti locali (oggi Assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali).
Il riporto delle disposizioni, in modo particolare relativo alla competenza, talvolta è frazionato e ciò allo scopo di addivenire ad una composizione organica, sistematica, successiva.
Il raffronto normativo è stato effettuato con la consultazione delle Gazzette Ufficiali.

INDICE GENERALE DEL TESTO COORDINATO DELLE LEGGI REGIONALI
RELATIVE ALL'ORDINAMENTO DEGLI ENTI LOCALI


NOTA INTRODUTTIVA


PARTE I - PRINCIPI
Titolo I
STATUTO DELLA REGIONE SICILIANA
Titolo II
REFERENDUM, INIZIATIVA LEGISLATIVA E PETIZIONI

Capo I  - Finalità 
Capo II   - Referendum abrogativo 
Capo III  - Referendum consultivo 
Capo IV  - Iniziativa legislativa 
Capo V  - Referendum regionale 
Capo VI  - Petizioni 

Titolo III
COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA
Titolo IV
TRATTATO ISTITUTIVO DELL'UNIONE EUROPEA
Titolo V
PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO E DIRITTO DI ACCESSO

Capo I  - Principi 
Capo II  - Responsabile del procedimento 
Capo III  - Partecipazione al procedimento amministrativo 
Capo IV  - Semplificazione dell'azione amministrativa 
Capo V  - Accesso ai documenti amministrativi 
Capo VI  - Disposizioni finali 
Capo VII  - Disposizioni integrative statali applicabili 
Sezione I  - Principi 
Sezione II  - Partecipazione al procedimento amministrativo 
Sezione III  - Semplificazione dell'azione amministrativa 
Sezione IV  - Efficacia ed invalidità del provvedimento amministrativo. Revoca e recesso 
Sezione V  - Accesso ai documenti amministrativi 

Titolo VI
NOMINE E DESIGNAZIONI
Titolo VII
PROROGA DEGLI ORGANI AMMINISTRATIVI
Titolo VIII
INFORMAZIONE E COMUNICAZIONE DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
PARTE II - TESTO COORDINATO
Titolo I
ORGANIZZAZIONE ISTITUZIONALE

Capo I  - Principi e assetto 
Capo II  - Il comune 
Capo III  - La provincia regionale 
Capo IV  - Attuazione della programmazione regionale 
Capo V  - Conferenza Regione-autonomie locali 
Capo VI  - Modalità di espressione della rappresentanza popolare 
Sezione I  - Principi generali 
Sezione II  - Organi elettivi del comune 
Sezione III  - Organo elettivo delle circoscrizioni di decentramento comunale 
Sezione IV  - Organi elettivi della provincia regionale 
Capo VII  - Incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità per l'elezione degli organi monocratici e dei consiglieri degli enti locali 
Sezione I  - Disposizioni comuni 
Sezione II  - Disposizioni per il sindaco 
Sezione III  - Disposizioni per il presidente della provincia regionale 
Sezione IV  - Disposizioni comuni per il sindaco e il presidente della provincia regionale 
Capo VIII  - Variazioni territoriali e di denominazione dei comuni 
Sezione I  - Procedimento 
Sezione II  - Sistemazione dei rapporti finanziari e patrimoniali 
Sezione III  - Contestazione di confini 
Capo IX  - Costituzione delle province regionali e variazioni territoriali 
Sezione I  - Costituzione delle province regionali 
Sezione II  - Modifiche degli ambiti territoriali 
Capo X  - Statuti comunali e provinciali 
Sezione I  - Procedimenti di adozione 
Sezione II  - Raccolta degli statuti 
Capo XI  - Regolamenti 
Capo XII  - Partecipazione popolare 

Titolo II
ARTICOLAZIONE ORGANICA DEI COMUNI E DELLE PROVINCE REGIONALI

Capo I  - Disposizioni comuni 
Sezione I  - Sindaco e presidente della provincia regionale 
Sezione II  - Giunta del comune e della provincia regionale 
Sezione III  - Consiglio comunale e provinciale 
Capo II  - Il comune 
Sezione I  - Organi 
Sezione II  - Il sindaco 
Sezione III  - La giunta e il vice sindaco 
Sezione IV  - Il consiglio 
Capo III  - La provincia regionale 
Sezione I  - Organi 
Sezione II  - Il presidente 
Sezione III  - La giunta 
Sezione IV  - Il consiglio 
Capo IV  - Situazione patrimoniale degli amministratori 
Capo V  - Status degli amministratori locali 
Capo VI  - Mancata conclusione del procedimento elettorale e anticipata cessazione degli organi elettivi. 
Sezione I  - Mancata conclusione del procedimento elettorale 
Sezione II  - Periodo di carica e anticipata cessazione degli organi elettivi 
Capo VII  - Rapporto interorganico consiglio-sindaco del comune e presidente della provincia regionale 

Titolo III
FUNZIONAMENTO DEGLI ORGANI

Capo I  - Consigli 
Sezione I  - Disposizioni comuni 
Sezione II  - Disposizioni transitorie 
Sezione III  - Disposizioni di principio 
Sezione IV  - Disposizioni per il comune 
Sezione V  - Disposizioni per la provincia regionale 
Capo II  - Pareri e assistenza alle adunanze 
Capo III  - Dimissioni ed obbligo di astensione 

Titolo IV
ORGANIZZAZIONE E PERSONALE

Capo I  - Fonti 
Capo II  - Assunzioni 
Sezione I  - Disposizioni generali 
Sezione II  - Modalità e procedure concorsuali 
Capo III  - Dirigenza e incarichi 
Capo IV  - Responsabilità disciplinare 
Capo V  - Disposizioni particolari 
Capo VI  - Polizia municipale 
Sezione I  - Legge quadro 
Sezione II  - Disposizioni regionali 
Capo VII  - Personale tecnico per l'istruttoria delle domande di sanatoria edilizia 
Capo VIII  - Incentivi per la progettazione 
Capo IX  - Lavoratori socialmente utili 
Sezione I  - Misure per la stabilizzazione del personale precario 
Sezione II  - Disposizioni generali 

Titolo V
APPALTI

Capo I  - Appalti di lavori pubblici 
Sezione I  - Disposizioni generali 
Sezione II  - Disposizioni particolari 
Sezione III  - Ufficio regionale per i pubblici appalti 
Sezione IV  - Disposizioni transitorie 
Capo II  - Appalti di fornitura, di servizi e nei settori esclusi 

Titolo VI
SERVIZI

Capo I  - Forme gestionali 
Sezione I  - Disposizioni della legge regionale n. 9/1986 
Sezione II  - Disposizioni successive e norme di rinvio 
Capo II  - Servizi e interventi pubblici locali 
Capo III  - Disposizioni particolari 
Sezione I  - Sportello unico per le attività produttive 
Sezione II  - Servizio idrico integrato 
Sezione III  - Servizio integrato dei rifiuti e agenzia regionale per i rifiuti e le acque 
Sezione IV  - Programmazione negoziata 
Capo IV  - Protezione civile 
Capo V  - Servizi sociali 
Sezione I  - Principi generali 
Sezione II  - Interventi socio-assistenziali in favore delle famiglie, dell'infanzia e dell'età evolutiva 
Sezione III  - Programmazione, organizzazione e gestione dei servizi socio-assistenziali 
Sezione IV  - Vigilanza e controllo 
Sezione V  - Disposizioni sulle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza 
Sezione VI  - Fondi di intervento 
Sezione VII  - Disposizioni finali 
Capo VI  - Interventi e servizi a favore degli anziani 
Capo VII  - Servizi per i soggetti portatori di handicap 
Capo VIII  - Valorizzazione dell'attività di volontariato 
Capo IX  - Tutela e valorizzazione della famiglia 

Titolo VII
ORDINAMENTO FINANZIARIO E CONTABILE

Capo I  - Disposizioni generali 
Capo II  - Programmazione e bilanci 
Sezione I  - Programmazione 
Sezione II  - Competenze in materia di bilanci 
Capo III  - Gestione del bilancio 
Sezione I  - Entrate 
Sezione II  - Spese 
Sezione III  - Risultato di amministrazione e residui 
Sezione IV  - Principi di gestione e controllo di gestione 
Capo IV  - Investimenti 
Sezione I  - Principi generali 
Sezione II  - Fonti di finanziamento mediante indebitamento 
Sezione III  - Garanzia per mutui e prestiti 
Capo V  - Tesoreria 
Sezione I  - Disposizioni generali 
Sezione II  - Riscossione delle entrate 
Sezione III  - Pagamento delle spese 
Sezione IV  - Altre attività 
Sezione V  - Adempimenti e verifiche contabili 
Capo VI  - Rilevazione e dimostrazione dei risultati di gestione 
Capo VII  - Revisione economica-finanziaria 
Capo VIII  - Enti locali deficitari o dissestati 
Sezione I  - Enti locali deficitari: disposizioni generali 
Sezione II  - Enti locali dissestati: disposizioni generali 
Sezione III  - Attività dell'organo straordinario di liquidazione 
Sezione IV  - Bilancio stabilmente riequilibrato 
Sezione V  - Prescrizioni e limiti conseguenti al risanamento 

Titolo VIII
FUNZIONI LOCALI DISCIPLINATE DA NORME STATALI. GIURISDIZIONE CONTABILE

Capo I  - Funzioni locali disciplinate da fonti statali 
Sezione I  - Norme generali 
Sezione II  - Ordinamento dei segretari dei comuni e delle province regionali 
Sezione III  - Associazioni degli enti locali 
Capo II  - Giurisdizione contabile 
Sezione I  - Corte dei Conti 
Sezione II  - Disposizioni residuali 

Titolo IX
LEGALITÀ NELL'ESERCIZIO DELLE ATTIVITÀ E DELLE FUNZIONI LOCALI

Capo I  - Controllo sugli atti delle province e dei comuni 
Sezione I  - Comitato regionale di controllo 
Sezione II  - Pubblicazione delle deliberazioni 
Sezione III  - Controllo di legittimità sugli atti 
Capo II  - Controlli sugli organi delle province e dei comuni 
Sezione I  - Disposizioni generali 
Sezione II  - Annullamento d'ufficio degli strumenti urbanistici generali ed attuativi illegittimi 
Sezione III  - Interventi di competenza regionale 
Sezione IV  - Interventi di competenza statale 
Capo III  - Disposizioni contro la mafia 
Sezione I  - Disposizioni relative a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso 
Sezione II  - Altre disposizioni 
Sezione III  - Confisca 
Capo IV  - Segretario comunale e provinciale, difensore civico e disposizioni varie 
Sezione I  - Segretario comunale e provinciale 
Sezione II  - Difensore civico 
Sezione III  - Disposizioni varie 

Titolo X
DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE

Capo I  - Rapporti tra provincia ed enti operanti nell'ambito provinciale 
Capo II  - Disposizioni transitorie 
Capo III  - Abrogazioni sistematiche 

NOTE

Elenco atti normativi riportati in nota:
-  decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 2006, n. 184 (nota all'art. 22 legge n. 241/1990);
-  decreto del Presidente della Regione 24 marzo 2003, n. 8 (nota all'art. 100);
-  decreto del Presidente della Regione 18 ottobre 2001, n. 19 (nota all'art. 186);
-  decreto interassessoriale 10 dicembre 2003 (nota all'art. 193);
-  decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (nota all'art. 246);
-  legge 27 marzo 2001, n. 97 (nota all'art. 282);
-  decreto dell'Assessorato regionale degli enti locali 4 settembre 1993 (nota all'art. 313);
-  decreto presidenziale 14 gennaio 2005, n. 1 (nota all'art. 367);
-  decreti presidenziali del 10 agosto 1995 (nota all'art. 376);
-  legge 11 agosto 1991, n. 266 (nota all'art. 512);
-  decreto legislativo 6 maggio 1948, n. 655 (nota all'art. 694);
-  decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n. 252 (nota all'art. 768);
-  decreto presidenziale 29 ottobre 1957, n. 3 (nota all'art. 795).

PARTE I - PRINCIPI
Titolo I STATUTO DELLA REGIONE SICILIANA
Art. 15

Le circoscrizioni provinciali e gli organi ed enti pubblici che ne derivano sono soppressi nell'ambito della Regione siciliana.
L'ordinamento degli enti locali si basa nella Regione stessa sui comuni e sui liberi consorzi comunali, dotati della più ampia autonomia amministrativa e finanziaria.
Nel quadro di tali principi generali spetta alla Regione la legislazione esclusiva e l'esecuzione diretta in materia di circoscrizione, ordinamento e controllo degli enti locali.
Art. 12

L'iniziativa delle leggi regionali spetta al Governo e a ciascun deputato dell'Assemblea regionale. Il popolo esercita l'iniziativa delle leggi mediante presentazione, da parte di almeno diecimila cittadini iscritti nelle liste elettorali dei comuni della Regione, di un progetto redatto in articoli. L'iniziativa legislativa spetta altresì ad un numero di consigli dei comuni della Regione non inferiore a quaranta, rappresentativi di almeno il 10 per cento della popolazione siciliana, o ad almeno tre consigli provinciali.
Con legge della Regione sono disciplinate le modalità di presentazione dei progetti di legge di iniziativa popolare e dei consigli comunali o provinciali e sono determinati i tempi entro cui l'Assemblea regionale si pronuncia sui progetti stessi.
I progetti di legge sono elaborati dalle Commissioni dell'Assemblea regionale con la partecipazione delle rappresentanze degli interessi professionali e degli organi tecnici regionali.
I regolamenti per l'esecuzione delle leggi formate dall'Assemblea regionale sono emanati dal Governo regionale.
Art. 13 bis

Con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti l'Assemblea regionale sono disciplinati l'ambito e le modalità del referendum regionale abrogativo, propositivo e consultivo.
Art. 14

L'Assemblea, nell'ambito della Regione e nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato, senza pregiudizio delle riforme agrarie e industriali deliberate dalla Costituente del popolo italiano, ha la legislazione esclusiva sulle seguenti materie:
a) agricoltura e foreste;
b) bonifica;
c) usi civici;
d) industria e commercio, salva la disciplina dei rapporti privati;
e) incremento della produzione agricola ed industriale; valorizzazione, distribuzione, difesa dei prodotti agricoli ed industriali e delle attività commerciali;
f) urbanistica;
g) lavori pubblici, eccettuate le grandi opere pubbliche di interesse prevalentemente nazionale;
h) miniere, cave, torbiere, saline;
i) acque pubbliche, in quanto non siano oggetto di opere pubbliche di interesse nazionale;
l) pesca e caccia;
m) pubblica beneficenza ed opere pie;
n) turismo, vigilanza alberghiera e tutela del paesaggio; conservazione delle antichità e delle opere artistiche;
o) regime degli enti locali e delle circoscrizioni relative;
p) ordinamento degli uffici e degli enti regionali;
q) stato giudico ed economico degli impiegati e funzionari della Regione, in ogni caso non inferiore a quello del personale dello Stato;
r) istruzione elementare, musei, biblioteche, accademie;
s) espropriazione per pubblica utilità.
Art. 17

Entro i limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato, l'Assemblea regionale può, al fine di soddisfare alle condizioni particolari ed agli interessi propri della Regione, emanare leggi, anche relative all'organizzazione dei servizi, sopra le seguenti materie concernenti la Regione:
a) comunicazioni e trasporti regionali di qualsiasi genere;
b) igiene e sanità pubblica;
c) assistenza sanitaria;
d) istruzione media e universitaria;
e) disciplina del credito, delle assicurazioni e del risparmio;
f) legislazione sociale: rapporti di lavoro, previdenza ed assistenza sociale, osservando i minimi stabiliti dalle leggi dello Stato;
g) annona;
h) assunzione di pubblici servizi;
i) tutte le altre materie che implicano servizi di prevalente interesse regionale.
Art. 17 bis

Le leggi di cui all'articolo 3, primo comma, all'articolo 8-bis, all'articolo 9, terzo comma, e all'articolo 41-bis sono sottoposte a referendum regionale, la cui disciplina è prevista da apposita legge regionale, qualora entro tre mesi dalla loro pubblicazione ne faccia richiesta un cinquantesimo degli elettori della Regione o un quinto dei componenti l'Assemblea regionale. La legge sottoposta a referendum non è promulgata se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.
Se le leggi sono state approvate a maggioranza dei due terzi dei componenti l'Assemblea regionale, si fa luogo a referendum soltanto se, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, la richiesta è sottoscritta da un trentesimo degli aventi diritto al voto per l'elezione dell'Assemblea regionale.
Titolo II REFERENDUM, INIZIATIVA LEGISLATIVA E PETIZIONI
Capo I FINALITÀ
Art. 1, legge regionale 10 febbraio 2004, n. 1

1. La presente legge, in attuazione dell'articolo 13 bis dello Statuto, disciplina l'istituto del referendum nella Regione siciliana.
2. Disciplina, altresì, in attuazione dell'articolo 12, comma 2, dello Statuto l'iniziativa legislativa popolare e dei consigli comunali o provinciali.
Capo II REFERENDUM ABROGATIVO
Richiesta e votazione referendaria
Art. 2, legge regionale n. 1/2004

1. Il referendum per l'abrogazione totale o parziale di una legge regionale è indetto a seguito di richiesta di almeno cinquantamila elettori iscritti nelle liste elettorali dei comuni siciliani o di tre consigli provinciali rappresentativi di almeno il quindici per cento degli abitanti della Regione secondo i dati dell'ultimo censimento ufficiale o di quaranta consigli comunali rappresentativi di almeno un decimo degli abitanti della Regione secondo i dati dell'ultimo censimento ufficiale.
2. Il referendum non può essere richiesto sulle seguenti leggi regionali:
a) leggi tributarie e di bilancio;
b) leggi di cui all'articolo 17 bis dello Statuto;
c) leggi o disposizioni di legge connesse al funzionamento degli organi statutari della Regione;
d) leggi o disposizioni di legge che rinviano, per la loro disciplina ed attuazione, al regolamento e agli atti interni degli organi dell'Assemblea regionale siciliana;
e) leggi sull'organizzazione e sul personale dell'Amministrazione regionale;
f) leggi di recepimento della normativa comunitaria;
g) leggi in materia di attività internazionale della Regione.
3. Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere l'Assemblea regionale siciliana.
4. La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.
5. L'iniziativa referendaria non può essere esercitata nell'anno anteriore alla scadenza dell'Assemblea regionale e nei sei mesi successivi alla data di convocazione dei comizi elettorali per l'elezione dell'Assemblea stessa.
6. Non può formare oggetto di iniziativa referendaria un quesito che sia già stato dichiarato inammissibile, se non è trascorso almeno un anno dalla dichiarazione di inammissibilità.
Richiesta del referendum da parte dei consigli provinciali o comunali
Art. 10, legge regionale n. 1/2004

1. Le deliberazioni dei consigli provinciali o comunali contenenti il quesito referendario, come determinato dall'articolo 3, sono trasmesse dai presidenti delle province o dai sindaci dei comuni interessati alla Segreteria generale dell'Assemblea regionale per l'inoltro alla Commissione di garanzia di cui all'articolo 8.
2. Il quesito referendario deve essere assolutamente identico in tutte le deliberazioni dei consigli provinciali o comunali. Le deliberazioni contenenti un quesito anche minimamente diverso sono considerate come distinte iniziative di referendum.
3. L'iniziativa referendaria si considera esercitata con la presentazione del quesito:
a) in caso di iniziativa esercitata da consigli provinciali, nel giorno in cui perviene alla Segreteria generale dell'Assemblea regionale l'ultima deliberazione di consiglio provinciale necessaria ad integrare il requisito di cui al comma 1 dell'articolo 2;
b) in caso di iniziativa esercitata da consigli comunali, nel giorno in cui perviene alla Segreteria generale dell'Assemblea regionale l'ultima deliberazione di consiglio comunale necessaria ad integrare il requisito di cui al comma 1 dell'articolo 2.
4. Tra la data della prima deliberazione di consiglio provinciale o comunale e quella dell'ultima deliberazione, necessaria ad integrare i requisiti di cui al comma 1 dell'articolo 2, non possono intercorrere più di novanta giorni.
5. Nelle deliberazioni i consigli provinciali o i consigli comunali indicano i nomi degli incaricati di cui al comma 3 dell'articolo 4. I nomi degli incaricati devono essere gli stessi per tutti i consigli; in caso di difformità vale l'indicazione data dal consiglio comunale o provinciale che ha presentato la prima deliberazione.
6. La Commissione di garanzia, accertata l'identità dei quesiti ai sensi del comma 2, svolge l'esame di ammissibilità, secondo quanto disposto dall'articolo 9, commi 1, 2 e 3, entro i successivi trenta giorni.
7. Dopo la deliberazione di ammissibilità, il responsabile del procedimento riscontra che tutte le deliberazioni necessarie ad integrare i requisiti di cui al comma 1 dell'articolo 2 siano pervenute entro il termine di cui al comma 4. Quando il riscontro dà esito positivo e quindi eventualmente anche prima del decorso del termine sopra indicato, il responsabile del procedimento ne dà comunicazione alla Commissione, che delibera la regolarità della proposta. Se il riscontro dà esito negativo, il responsabile del procedimento dichiara la decadenza dell'iniziativa.
8. Non si fa luogo a referendum qualora, in seguito alla revoca di una o più deliberazioni dei consigli provinciali o comunali, vengano a mancare, prima della dichiarazione di ammissibilità del quesito, le condizioni di cui al comma 1 dell'articolo 2.
9. Entro trenta giorni dalla delibera di regolarità di cui al comma 7, la Commissione verifica la procedibilità definitiva del referendum, secondo quanto previsto dall'articolo 9.
Abrogazione intervenuta prima dello svolgimento del referendum
Art. 15, legge regionale n. 1/2004

1. Qualora, prima della data di svolgimento del referendum, sia intervenuta l'abrogazione totale della disciplina cui si riferisce il referendum, il Presidente della Regione, con proprio decreto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione, dichiara che il referendum non ha più luogo.
2. Nel caso sia intervenuta l'abrogazione parziale della disciplina cui si riferisce il referendum, il Presidente della Regione, su conforme parere della Commissione di garanzia di cui all'articolo 8, stabilisce, con decreto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana, se la consultazione referendaria debba avere ugualmente luogo e quali siano le disposizioni oggetto del referendum, ovvero se il referendum non ha più luogo.
3. Nel caso di abrogazione, totale o parziale, accompagnata da altra disciplina della stessa materia, o di modifica delle disposizioni oggetto del referendum, il Presidente della Regione, su conforme parere della Commissione di garanzia di cui all'articolo 8, stabilisce se la consultazione debba avere ugualmente luogo e quali siano le disposizioni oggetto del referendum. A tali effetti, ove la nuova normativa non abbia modificato i principi ispiratori della complessiva disciplina preesistente o i contenuti essenziali dei singoli precetti, il referendum si effettua solo o anche sulle nuove disposizioni. Il decreto del Presidente della Regione è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana.
4. Ove ritenga che il referendum, nei casi di cui ai commi 2 e 3, debba avere luogo, il Presidente della Regione, su conforme parere della Commissione di garanzia di cui all'articolo 8, provvede, col decreto di indizione del referendum, alla riformulazione del quesito referendario.
Modalità della proclamazione
Art. 22, legge regionale n. 1/2004

1. L'Ufficio regionale per il referendum procede alla proclamazione dei risultati del referendum mediante attestazione che la legge sottoposta a referendum ha riportato, considerando i voti validi, un maggior numero di voti affermativi al quesito ed un minor numero di voti negativi, ovvero, in caso contrario, che il numero dei voti affermativi non è maggiore del numero dei voti negativi.
2. Nel caso in cui non abbia partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, l'Ufficio di cui al comma 1 ne dà atto dichiarando l'invalidità della consultazione.
Dichiarazione di avvenuta abrogazione
Art. 23, legge regionale n. 1/2004

1. Qualora il risultato del referendum sia favorevole all'abrogazione delle disposizioni oggetto di esso, il Presidente della Regione, con proprio decreto, dichiara l'avvenuta abrogazione.
2. Il decreto è pubblicato immediatamente nella Gazzetta Ufficiale della Regione ed ha effetto a decorrere dal giorno successivo a quello della pubblicazione.
3. Il Presidente della Regione può ritardare, nel decreto stesso, indicandone espressamente i motivi, l'entrata in vigore dell'abrogazione per un termine non superiore a sessanta giorni dalla data della pubblicazione.
Risultato del referendum contrario all'abrogazione
Art. 24, legge regionale n. 1/2004

1. Qualora il risultato del referendum sia contrario all'abrogazione, il Presidente della Regione, dopo aver ricevuto la relativa comunicazione dall'Ufficio regionale, cura la pubblicazione del risultato stesso nella Gazzetta Ufficiale della Regione.
2. La proposta respinta non può essere ripresentata prima che siano trascorsi cinque anni.
Capo III REFERENDUM CONSULTIVO
Oggetto
Art. 25, legge regionale n. 1/2004

1. L'Assemblea regionale può deliberare, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, l'indizione di referendum consultivi a norma dell'articolo 13 bis dello Statuto, tendenti a conoscere l'opinione della popolazione regionale circa i principi, gli indirizzi o gli orientamenti relativi ai progetti di legge regionali.
2. Possono formare oggetto di referendum solo le proposte regolarmente presentate, secondo le norme del Regolamento interno dell'Assemblea regionale.
Richiesta di referendum consultivo
Art. 26, legge regionale n. 1/2004

1. La richiesta di referendum consultivo per gli atti di cui all'articolo 25 può essere presentata esclusivamente dai deputati regionali e dalla Giunta regionale.
2. La richiesta di referendum consultivo contiene:
a) una relazione illustrativa, che esplicita le intenzioni dei richiedenti e le motivazioni del quesito referendario;
b) il quesito referendario, formulato a norma dei commi 4, 5 e 6 dell'articolo 3, in quanto compatibili.
3. La presentazione all'Assemblea regionale della proposta di referendum consultivo sospende il procedimento di esame e di approvazione dei progetti di legge cui la proposta si riferisce. L'Assemblea delibera sulla proposta di referendum entro quindici giorni dalla iscrizione della proposta stessa all'ordine del giorno.
Esito del referendum ed efficacia
Art. 29, legge regionale n. 1/2004

1. L'iter di esame e di approvazione delle proposte sottoposte a referendum riprende dopo la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana dei risultati del referendum stesso. Nel caso in cui le proposte sottoposte a referendum continuino il loro corso, si fa menzione dell'intervenuto referendum e si motivano le eventuali difformità del contenuto del progetto di legge rispetto all'esito del referendum nella relazione presentata dalla Commissione assembleare referente.
Capo IV INIZIATIVA LEGISLATIVA
Titolari dell'iniziativa legislativa popolare e dei consigli provinciali o comunali
Art. 32, legge regionale n. 1/2004

1. La proposta dei progetti di legge d'iniziativa popolare e dei consigli provinciali o comunali, ai sensi dell'articolo 12 dello Statuto, è esercitata:
a) da almeno diecimila cittadini iscritti nelle liste elettorali dei comuni della Regione siciliana;
b) da almeno tre consigli provinciali;
c) da non meno di quaranta consigli comunali rappresentativi di almeno il dieci per cento della popolazione siciliana.
Requisiti
Art. 33, legge regionale n. 1/2004

1. La proposta di iniziativa legislativa deve contenere il testo del progetto di legge redatto in articoli ed essere accompagnata da una relazione che ne illustri le finalità ed il contenuto.
2. La proposta che comporti nuove o maggiori spese a carico del bilancio della Regione, ovvero minori entrate, deve contenere nel testo del progetto di legge o nella relazione gli elementi necessari per la determinazione del relativo onere finanziario e i mezzi per fronteggiare il minore introito.
3. Le competenti strutture della Giunta regionale sono tenute a fornire l'assistenza concernente gli aspetti finanziari della proposta.
Limiti
Art. 34, legge regionale n. 1/2004

1. L'esercizio dell'iniziativa legislativa, di cui all'articolo 32, non è ammesso per le proposte riguardanti:
a) leggi tributarie e di bilancio;
b) leggi di cui all'articolo 17 bis dello Statuto;
c) leggi relative all'organizzazione interna della Regione e degli enti locali;
d) leggi di recepimento della normativa comunitaria;
e) leggi in materia di attività internazionale della Regione.
2. L'iniziativa non può essere esercitata nell'anno antecedente la scadenza dell'Assemblea regionale. Per iniziativa si intende il deposito del testo della proposta a norma dell'articolo 35.
Modalità di presentazione della proposta
Art. 41, legge regionale n. 1/2004

1. Le deliberazioni dei consigli provinciali e comunali che approvano l'identico progetto di proposta sono trasmesse dai presidenti delle province o dai sindaci dei comuni proponenti alla segreteria generale dell'Assemblea regionale.
2. La proposta si considera presentata nel giorno in cui perviene alla Segreteria generale l'ultima deliberazione di consiglio provinciale o comunale necessaria ad integrare il requisito di cui alle lettere b) o c) del comma 1 dell'articolo 32. Tra la data della prima deliberazione e quella dell'ultima deliberazione necessaria ad integrare il requisito di cui alle lettere b) o c) del comma 1 dell'articolo 32 non possono intercorrere più di novanta giorni.
3. Nella deliberazione i consigli provinciali o i consigli comunali indicano i nomi degli incaricati di cui al comma 3 dell'articolo 35, che devono essere gli stessi per tutti. In caso di difformità vale l'indicazione data dal consiglio che ha presentato la prima deliberazione.
4. Ricevuta l'ultima deliberazione di un consiglio provinciale o comunale, il Segretario generale, o un suo delegato, che svolge la funzione di responsabile del procedimento, ne trasmette copia al Presidente dell'Assemblea regionale che svolge l'esame di ammissibilità, secondo quanto disposto dall'articolo 39. Dell'invio di tale deliberazione è data comunicazione agli incaricati di cui al comma 3.
5. Il responsabile del procedimento, dopo la decisione di ammissibilità, riscontra che tutte le deliberazioni necessarie ad integrare i requisiti di cui alle lettere b) e c) del comma 1 dell'articolo 32, siano pervenute entro il termine di cui al comma 2. Appena il riscontro dà esito positivo, e quindi eventualmente anche prima del decorso del termine sopra indicato, il Presidente dell'Assemblea regionale delibera sulla validità della proposta. Si applicano, a tal fine, le disposizioni di cui agli articoli 39 e 40.
6. Se il riscontro dà esito negativo, il Presidente dell'Assemblea regionale dichiara la decadenza dell'iniziativa legislativa.
Capo V REFERENDUM REGIONALE
Disciplina delle leggi che possono essere sottoposte a referendum
Art. 1, legge regionale 23 ottobre 2001, n. 14

1. Nei casi in cui l'Assemblea regionale approvi una legge di cui all'articolo 3, primo comma, articolo 8 bis, articolo 9, terzo comma ed articolo 41 bis dello Statuto, il Presidente ne dà comunicazione al Presidente della Regione, indicando se l'approvazione sia avvenuta o meno con la maggioranza dei due terzi dei componenti l'Assemblea regionale.
2. Il Presidente della Regione, nel rispetto dell'articolo 28 dello Statuto della Regione, provvede all'immediata pubblicazione della legge con l'avvertenza che, entro tre mesi, un quinto dei membri dell'Assemblea regionale o un cinquantesimo degli elettori, ovvero un trentesimo degli elettori qualora l'approvazione sia avvenuta con la maggioranza dei due terzi, possono chiedere che si proceda a referendum popolare.
3. La legge è inserita nella Gazzetta Ufficiale della Regione, distintamente dalle altre leggi, senza numero d'ordine e senza formula di promulgazione.
Capo VI PETIZIONI
Disposizioni relative alla Presidenza della Regione
Art. 18, legge regionale 22 dicembre 2005, n. 19

(omissis)
2. La Regione siciliana riconosce ai propri cittadini, alle persone giuridiche ed alle associazioni che abbiano sede sociale nel territorio il diritto a presentare petizioni all'Assemblea regionale siciliana o alla Giunta regionale. La petizione può riguardare una richiesta o una lagnanza individuale o generale o un invito affinché l'Assemblea regionale siciliana o la Giunta regionale prenda posizioni su questioni di interesse pubblico. La petizione può essere presentata per iscritto o per via telematica. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge il Presidente della Regione, con proprio decreto, disciplina le modalità di presentazione nonché le forme ed i tempi di risposta. Per le petizioni da presentare all'Assemblea regionale siciliana si applicano le disposizioni del Regolamento interno.
(omissis)
Titolo III COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA
Art. 1

L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
Art. 2

La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
Art. 3

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Art. 5

La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento.
Art. 28

I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici.
Art. 29

La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.
Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare.
Art. 31

La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose.
Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.
Art. 37

La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.
La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato.
La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione.
Art. 38

Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale.
I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.
Gli inabili e i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale.
Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato.
L'assistenza privata è libera.
Art. 48

Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età.
Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.
La legge stabilisce requisiti e modalità per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini residenti all'estero e ne assicura l'effettività. A tale fine è istituita una circoscrizione Estero per l'elezione delle Camere, alla quale sono assegnati seggi nel numero stabilito da norma costituzionale e secondo criteri determinati dalla legge.
Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge.
Art. 51

Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini.
La legge può, per l'ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive, parificare ai cittadini gli italiani non appartenenti alla Repubblica.
Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro.
Art. 71

L'iniziativa delle leggi appartiene al Governo, a ciascun membro delle Camere ed agli organi ed enti ai quali sia conferita da legge costituzionale.
Il popolo esercita l'iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli.
Art. 75

E' indetto referendum popolare per deliberare la abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.
Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.
Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati.
La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.
La legge determina le modalità di attuazione del referendum.
Art. 81

Le Camere approvano ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo.
L'esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi.
Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese.
Ogni altra legge che importi nuove e maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte.
Art. 97

I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e la imparzialità dell'amministrazione.
Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari.
Agli impieghi nelle Pubbliche Amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge.
Art. 114

La Repubblica è costituita dai comuni, dalle Province, dalle città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato.
I comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione.
Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento.
Art. 116

Il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale.
La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è costituita dalle Province autonome di Trento e di Bolzano.
Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata.
Art. 117

La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea;
b) immigrazione;
c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;
d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;
f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;
g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;
h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;
i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;
l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;
m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
n) norme generali sull'istruzione;
o) previdenza sociale;
p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane;
q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;
r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno;
s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.
Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.
Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.
La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I comuni, le province e le città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.
Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.
La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni.
Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato.
Art. 118

Le funzioni amministrative sono attribuite ai comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a province, città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.
I comuni, le province e le città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.
La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle lettere b) e h) del secondo comma dell'articolo 117, e disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali.
Stato, Regioni, città metropolitane, province e comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.
Art. 119

I comuni, le province, le città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa.
I comuni, le province, le città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio.
La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante.
Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai comuni, alle province, alle città metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite.
Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati comuni, province, città metropolitane e Regioni.
I comuni, le province, le città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito secondo i principi generali determinati dalla legge dello Stato. Possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento. E' esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti.
Art. 120

La Regione non può istituire dazi di importazione o esportazione o transito tra le Regioni, né adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni, né limitare l'esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale.
Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle città metropolitane, delle province e dei comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione.
Art. 132

Si può con legge costituzionale, sentiti i Consigli regionali, disporre la fusione di Regioni esistenti o la creazione di nuove Regioni con un minimo di un milione di abitanti, quando ne facciano richiesta tanti consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interessate, e la proposta sia approvata con referendum dalla maggioranza delle popolazioni stesse.
Si può, con l'approvazione della maggioranza delle popolazioni della provincia o delle province interessate e del comune o dei comuni interessati espressa mediante referendum e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che provincie e comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione ed aggregati ad un'altra.
Art. 133

Il mutamento delle circoscrizioni provinciali e l'istituzione di nuove provincie nell'ambito d'una Regione sono stabiliti con leggi della Repubblica, su iniziativa dei comuni, sentita la stessa Regione.
La Regione, sentite le popolazioni interessate, può con sue leggi istituire nel proprio territorio nuovi comuni e modificare le loro circoscrizioni e denominazioni.
Art. 10, legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3

1. Sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite.
Titolo IV TRATTATO ISTITUTIVO DELL'UNIONE EUROPEA
Art. 1 (ex art. 1)

Con il presente trattato, le alte parti contraenti istituiscono tra loro una Comunità europea.
Art. 2 (ex art. 2)

La Comunità ha il compito di promuovere nell'insieme della Comunità, mediante l'instaurazione di un mercato comune e di un'unione economica e monetaria e mediante l'attuazione delle politiche e delle azioni comuni di cui agli articoli 3 e 4, uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche, una crescita sostenibile e non inflazionistica, un elevato grado di convergenza dei risultati economici, un elevato livello di protezione dell'ambiente e il miglioramento di quest'ultimo, un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale e la solidarietà tra Stati membri.
Art. 3 (ex art. 3)

1. Ai fini enunciati all'articolo 2, l'azione della Comunità comporta, alle condizioni e secondo il ritmo previsti dal presente trattato:
a) il divieto, tra gli Stati membri, dei dazi doganali e delle restrizioni quantitative all'entrata e all'uscita delle merci come pure di tutte le altre misure di effetto equivalente;
b) una politica commerciale comune;
c) un mercato interno caratterizzato dall'eliminazione, fra gli Stati membri, degli ostacoli alla libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali;
d) misure relative all'entrata e alla circolazione delle persone, come previsto dal titolo IV;
e) una politica comune nei settori dell'agricoltura e della pesca;
f) una politica comune nel settore dei trasporti;
g) un regime inteso a garantire che la concorrenza non sia falsata nel mercato interno;
h) il ravvicinamento delle legislazioni nella misura necessaria al funzionamento del mercato comune;
i) la promozione del coordinamento tra le politiche degli Stati membri in materia di occupazione al fine di accrescerne l'efficacia con lo sviluppo di una strategia coordinata per l'occupazione;
j) una politica nel settore sociale comprendente un Fondo sociale europeo;
k) il rafforzamento della coesione economica e sociale;
l) una politica nel settore dell'ambiente;
m) il rafforzamento della competitività dell'industria comunitaria;
n) la promozione della ricerca e dello sviluppo tecnologico;
o) l'incentivazione della creazione e dello sviluppo di reti transeuropee;
p) un contributo al conseguimento di un elevato livello di protezione della salute;
q) un contributo ad un'istruzione e ad una formazione di qualità e al pieno sviluppo delle culture degli Stati membri;
r) una politica nel settore della cooperazione allo sviluppo;
s) l'associazione dei paesi e territori d'oltremare, intesa ad incrementare gli scambi e proseguire in comune nello sforzo di sviluppo economico e sociale;
t) un contributo al rafforzamento della protezione dei consumatori;
u) misure in materia di energia, protezione civile e turismo.
2. L'azione della Comunità a norma del presente articolo mira ad eliminare le inuguaglianze, nonché a promuovere la parità, tra uomini e donne.
Art. 4 (ex art. 3 A)

1. Ai fini enunciati all'articolo 2, l'azione degli Stati membri e della Comunità comprende, alle condizioni e secondo il ritmo previsti dal presente trattato, l'adozione di una politica economica che è fondata sullo stretto coordinamento delle politiche degli Stati membri, sul mercato interno e sulla definizione di obiettivi comuni, condotta conformemente al principio di un'economia di mercato aperta e in libera concorrenza.
2. Parallelamente, alle condizioni e secondo il ritmo e le procedure previsti dal presente trattato, questa azione comprende la fissazione irrevocabile dei tassi di cambio che comporterà l'introduzione di una moneta unica, l'ecu, nonché la definizione e la conduzione di una politica monetaria e di una politica del cambio uniche, che abbiano l'obiettivo principale di mantenere la stabilità dei prezzi e, fatto salvo questo obiettivo, di sostenere le politiche economiche generali nella Comunità conformemente al principio di una economia di mercato aperta e in libera concorrenza.
3. Queste azioni degli Stati membri e della Comunità implicano il rispetto dei seguenti principi direttivi: prezzi stabili, finanze pubbliche e condizioni monetarie sane nonché bilancia dei pagamenti sostenibile.
Art. 5 (ex art. 3 B)

La Comunità agisce nei limiti delle competenze che le sono conferite e degli obiettivi che le sono assegnati dal presente trattato.
Nei settori che non sono di sua esclusiva competenza la Comunità interviene, secondo il principio della sussidiarietà, soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell'azione in questione, essere realizzati meglio a livello comunitario.
L'azione della Comunità non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi del presente trattato.
Art. 6 (ex art. 3 C)

Le esigenze connesse con la tutela dell'ambiente devono essere integrate nella definizione e nell'attuazione delle politiche e azioni comunitarie di cui all'articolo 3, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile.
Titolo V PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO E DIRITTO DI ACCESSO
Capo I PRINCIPI
Art. 1, legge regionale 30 aprile 1991, n. 10 (art. 23, legge regionale n. 17/2004)

1. L'attività amministrativa della Regione siciliana, degli enti, degli istituti e delle aziende dipendenti dalla Regione e/o comunque sottoposti a controllo, tutela e/o vigilanza della medesima, degli enti locali territoriali e/o istituzionali, nonché degli enti, degli istituti e delle aziende da questi dipendenti e/o comunque sottoposti a controllo, tutela e/o vigilanza, persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia e di pubblicità secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti.
1-bis. La pubblica amministrazione, nell'adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente.
2. La pubblica amministrazione non può aggravare il procedimento se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell'istruttoria.
Art. 2, legge regionale n. 10/1991

1. Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad una istanza, ovvero debba essere iniziato d'ufficio, la pubblica amministrazione ha il dovere di concluderlo mediante l'adozione di un provvedimento espresso.
2. Le pubbliche amministrazioni determinano per ciascun tipo di procedimento, in quanto non sia già direttamente disposto per legge o per regolamento, il termine entro cui esso deve concludersi. Tale termine decorre dall'inizio di ufficio del procedimento o dal ricevimento della domanda se il procedimento è ad iniziativa di parte.
3. Qualora le pubbliche amministrazioni non provvedano ai sensi del comma 2, il termine è di trenta giorni.
4. Le determinazioni adottate ai sensi del comma 2 sono rese pubbliche secondo quanto previsto dai singoli ordinamenti.
Art. 3, legge regionale n. 10/1991

1. Ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti l'organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato, salvo che nelle ipotesi previste dal comma 2. La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione, in relazione alle risultanze dell'istruttoria.
2. La motivazione non è richiesta per gli atti normativi e per quelli a contenuto generale.
3. Se le ragioni della decisione risultano da altro atto dell'amministrazione richiamato dalla decisione stessa, insieme alla comunicazione di quest'ultima deve essere indicato e reso disponibile, a norma della presente legge, anche l'atto cui essa si richiama.
4. In ogni atto comunicato o notificato al destinatario devono essere indicati il termine e l'autorità cui è possibile ricorrere.
Art. 3 bis, legge regionale n. 10/1991 (art. 23, legge regionale n. 17/2004)

1. Per conseguire maggiore efficienza nella loro attività, le amministrazioni pubbliche incentivano l'uso della telematica, nei rapporti interni, tra le diverse amministrazioni e tra queste e i privati.
Capo II RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO
Art. 4, legge regionale n. 10/1991

1. Ove non sia già direttamente stabilito per legge o per regolamento, le pubbliche amministrazioni sono tenute a determinare per ciascun tipo di procedimento relativo ad atti di loro competenza l'unità organizzativa responsabile della istruttoria e di ogni altro adempimento procedimentale, nonché dell'adozione del provvedimento finale.
2. Le disposizioni adottate ai sensi del comma 1 sono rese pubbliche secondo quanto previsto dai singoli ordinamenti.
3. Le pubbliche amministrazioni sono tenute ad esaminare gli atti di loro competenza secondo un rigoroso ordine cronologico; solo particolari casi di urgenza o di impossibilità del rispetto di tale ordine possono consentire deroghe a quanto disposto dal presente comma e, comunque, la deroga deve essere esplicita e motivata dal dirigente dell'unità organizzativa preposta al procedimento.
Art. 5, legge regionale n. 10/1991

1. Il dirigente di ciascuna unità organizzativa provvede ad assegnare a sé o ad altro dipendente addetto all'unità la responsabilità dell'istruttoria e di ogni altro adempimento inerente il singolo procedimento nonché, eventualmente, dell'adozione del provvedimento finale.
2. Fino a quando non sia effettuata l'assegnazione di cui al comma 1, è considerato responsabile del singolo procedimento il funzionario preposto alla unità organizzativa determinata a norma del comma 1 dell'articolo 4.
3. L'unità organizzativa competente ed il nominativo del responsabile del procedimento sono comunicati ai soggetti di cui all'articolo 8 e, a richiesta, chiunque vi abbia interesse.
4. Il dirigente di ciascuna unità organizzativa, ogni trenta giorni, comunica al capo dell'amministrazione l'elenco dei provvedimenti definiti e/o in corso di definizione e/o in istruttoria.
Art. 6, legge regionale n. 10/1991 (art. 23, legge regionale n. 17/2004)

1. Il responsabile del procedimento:
a) valuta, ai fini istruttori, le condizioni di ammissibilità, i requisiti di legittimazione ed i presupposti che siano rilevanti per l'emanazione del provvedimento;
b) accerta di ufficio i fatti, disponendo il compimento degli atti all'uopo necessari, e adotta ogni misura per l'adeguato e sollecito svolgimento dell'istruttoria. In particolare può chiedere il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete e può esperire accertamenti tecnici ed ispezioni ed ordinare esibizioni documentali;
c) propone l'indizione o, avendone la competenza, indice le conferenze di servizi di cui all'articolo 15;
d) cura le comunicazioni, le pubblicazioni e le notificazioni previste dalle leggi e dai regolamenti.
2. Qualora l'adozione del provvedimento finale rientri nella competenza del responsabile del procedimento, questi è tenuto ad adottare il provvedimento stesso subito dopo la definizione del procedimento. Se l'adozione medesima rientra, invece, nella competenza di altro organo, il responsabile del procedimento, entro tre giorni lavorativi dalla definizione dell'istruttoria, trasmette la proposta, corredata degli atti necessari, al direttore regionale o funzionario equiparato, o al funzionario con qualifica apicale, il quale, ove lo stesso rientri nella propria competenza, adotta il provvedimento entro dieci giorni, oppure lo sottopone immediatamente all'organo competente per l'adozione, che provvede anch'esso entro il termine di dieci giorni.
2-bis. L'organo competente per l'adozione del provvedimento finale, ove diverso dal responsabile del procedimento, non può discostarsi dalle risultanze dell'istruttoria condotta dal responsabile del procedimento se non indicandone la motivazione nel provvedimento.
Art. 7, legge regionale n. 10/1991

1. Restano confermati i doveri e le responsabilità degli operatori non responsabili del procedimento, secondo le rispettive competenze.
Capo III PARTECIPAZIONE AL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO
Art. 8, legge regionale n. 10/1991

1. L'amministrazione comunica, con le modalità previste dall'articolo 9, l'avvio del procedimento amministrativo ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti ed ai soggetti che debbono intervenirvi per legge o per regolamento. Altresì, qualora da un provvedimento possa derivare un diretto pregiudizio giuridicamente rilevante a soggetti estranei al procedimento, specificamente individuabili immediatamente senza particolari indagini, l'amministrazione, con le stesse modalità, deve dare loro notizia dell'inizio del procedimento.
2. Qualora particolari esigenze di celerità del procedimento non consentano la immediata comunicazione del relativo avvio, questo dovrà essere comunicato non appena possibile e comunque non oltre dieci giorni dall'avvio.
3. L'amministrazione può sempre adottare provvedimenti cautelari anche prima della effettuazione della comunicazione di cui ai commi 1 e 2.
Art. 9, legge regionale n. 10/1991 (art. 23, legge regionale n. 17/2004)

1. L'amministrazione provvede a dare notizia dell'avvio del procedimento mediante comunicazione personale.
2. Nella comunicazione debbono essere indicati:
a) l'amministrazione competente;
b) l'oggetto del procedimento promosso;
c) l'ufficio e la persona responsabile del procedimento;
d) l'ufficio in cui si può prendere visione degli atti;
e) la data entro la quale, secondo i termini previsti dall'articolo 2, commi 2 e 3, deve concludersi il procedimento e i rimedi esperibili in caso di inerzia dell'amministrazione;
f) nei procedimenti ad iniziativa di parte, la data di presentazione della relativa istanza.
3. Qualora, per il numero dei destinatari, la comunicazione personale non sia possibile o risulti particolarmente gravosa, l'amministrazione provvede a rendere noti gli elementi di cui al comma 2 mediante forme di pubblicità idonee, di volta in volta stabilite dall'amministrazione medesima.
4. L'omissione di taluna delle comunicazioni prescritte può esser fatta valere solo dal soggetto nel cui interesse la comunicazione è prevista.
Art. 10, legge regionale n. 10/1991

1. Qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento, hanno facoltà di intervenire nel procedimento.
Art. 11, legge regionale n. 10/1991

1. I soggetti cui all'articolo 8 e quelli intervenuti ai sensi dell'articolo 10 hanno diritto :
a) di prendere visione degli atti del procedimento, salvo quanto previsto dall'articolo 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e dall'articolo 34 della presente legge;
b) di presentare memorie scritte e documenti, che l'amministrazione ha l'obbligo di valutare ove siano pertinenti all'oggetto del procedimento.
Art. 11 bis, legge regionale n. 10/1991 (art. 23, legge regionale n. 17/2004)

1. Nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l'autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all'accoglimento della domanda.
2. Entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate di documenti.
3. La comunicazione di cui al comma 1 interrompe i termini per concludere il procedimento, che iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza, dalla scadenza del termine di cui al comma 2. Dell'eventuale mancato accoglimento di tali osservazioni è data ragione nella motivazione del provvedimento finale.
4. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle procedure concorsuali e ai procedimenti in materia previdenziale e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali.
Art. 12, legge regionale n. 10/1991 (art. 23, legge regionale n. 17/2004)

1. In accoglimento di osservazioni e proposte presentate a norma dell'art. 11, l'amministrazione procedente può concludere, senza pregiudizio dei diritti dei terzi, e in ogni caso nel perseguimento del pubblico interesse, accordi con gli interessati al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale ovvero, in sostituzione di questo.
2. Gli accordi di cui al presente articolo debbono essere stipulati, a pena di nullità, per atto scritto, salvo che la legge disponga altrimenti. Ad essi si applicano, ove non diversamente previsto, i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili.
3. Gli accordi sostitutivi di provvedimenti sono soggetti ai medesimi controlli previsti per questi ultimi.
4. Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse l'amministrazione recede unilateralmente dall'accordo, salvo l'obbligo di provvedere alla liquidazione di un indennizzo in relazione agli eventuali pregiudizi verificatisi in danno del privato.
4-bis. A garanzia dell'imparzialità e del buon andamento dell'azione amministrativa, in tutti i casi in cui una pubblica amministrazione conclude accordi nelle ipotesi previste al comma 1, la stipula dell'accordo è preceduta da una determinazione dell'organo che sarebbe competente per l'adozione del provvedimento.
5. Restano salve, per gli accordi di cui al presente articolo, le disposizioni dell'articolo 11, comma 5, della legge 7 agosto 1990, n. 241.
Art. 13, legge regionale n. 10/1991

1. La concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari e l'attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone e ad enti pubblici e privati non specificatamente individuati sono subordinate alla predeterminazione ed alla pubblicazione da parte delle amministrazioni procedenti, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, dei criteri e delle modalità cui le amministrazioni stesse devono attenersi.
2. L'effettiva osservanza dei criteri e delle modalità di cui al comma 1 deve risultare dai singoli provvedimenti relativi agli interventi di cui al medesimo comma 1.
Art. 14, legge regionale n. 10/1991

1. Le disposizioni del presente titolo non si applicano nei confronti dell'attività della pubblica amministrazione diretta all'emanazione di atti normativi, di atti amministrativi generali, di atti di pianificazione e di programmazione, nonché ai procedimenti amministrativi tributari per i quali restano ferme le particolari norme che regolano la relativa formazione.
Capo IV SEMPLIFICAZIONE DELL'AZIONE AMMINISTRATIVA
Attuazione nella Regione siciliana di norme della legge 15 maggio 1997, n. 127
Art. 2, legge regionale 7 settembre 1998, n. 23

1. Nell'ordinamento della Regione siciliana, dei comuni, delle province e degli enti locali siciliani, la conferenza dei servizi è disciplinata dall'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, come modificato dall'articolo 2 della legge 24 dicembre 1993, n. 537 e dall'articolo 17, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7 della legge 15 maggio 1997, n. 127 e successive modifiche ed integrazioni.
2. Le competenze che le norme di cui al comma 1 attribuiscono al Presidente del Consiglio dei Ministri, ai ministri ed al Consiglio dei Ministri, nell'ordinamento della Regione siciliana, sono esercitate rispettivamente dal Presidente della Regione, dagli Assessori e dalla Giunta regionale.
3. Nell'ordinamento della Regione siciliana, dei comuni, delle province e degli enti locali siciliani trovano immediata applicazione gli articoli (omissis) 17, commi (omissis) 24, (omissis) della legge 15 maggio 1997, n. 127, e successive modifiche ed integrazioni.
Conferenza di servizi
Art. 14, legge 7 agosto 1990, n. 241 (art. 2, legge n. 537/1993, art. 3-bis, decreto legge n. 163/1995 convertito dalla legge n. 273/1995, art. 17, legge n. 127/1997, art. 2, legge n. 191/1998, art. 9, legge n. 340/2000 e art. 8, legge n. 15/2005)

1. Qualora sia opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo, l'amministrazione procedente indice di regola una conferenza di servizi.
2. La conferenza di servizi è sempre indetta quando l'amministrazione procedente deve acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche e non li ottenga, entro trenta giorni dalla ricezione, da parte dell'amministrazione competente, della relativa richiesta. La conferenza può essere altresì indetta quando nello stesso termine è intervenuto il dissenso di una o più amministrazioni interpellate.
3. La conferenza di servizi può essere convocata anche per l'esame contestuale di interessi coinvolti in più procedimenti amministrativi connessi, riguardanti medesimi attività o risultati. In tal caso, la conferenza è indetta dall'amministrazione o, previa informale intesa, da una delle amministrazioni che curano l'interesse pubblico prevalente. L'indizione della conferenza può essere richiesta da qualsiasi altra amministrazione coinvolta.
4. Quando l'attività del privato sia subordinata ad atti di consenso, comunque denominati, di competenza di più amministrazioni pubbliche, la conferenza di servizi è convocata, anche su richiesta dell'interessato, dall'amministrazione competente per l'adozione del provvedimento finale.
5. In caso di affidamento di concessione di lavori pubblici la conferenza di servizi è convocata dal concedente ovvero, con il consenso di quest'ultimo, dal concessionario entro quindici giorni fatto salvo quanto previsto dalle leggi regionali in materia di valutazione di impatto ambientale (VIA). Quando la conferenza è convocata ad istanza del concessionario spetta in ogni caso al concedente il diritto di voto.
5-bis. Previo accordo tra le amministrazioni coinvolte, la conferenza di servizi è convocata e svolta avvalendosi degli strumenti informatici disponibili, secondo i tempi e le modalità stabiliti dalle medesime amministrazioni.
Misure per l'adeguamento della funzionalità della pubblica amministrazione
Art. 7, legge 11 febbraio 1994, n. 109, coordinata con le norme recate dall'art. 1 della legge regionale 21 agosto 2007, n. 20 e con le vigenti leggi regionali di modifica, sostituzione ed integrazione in materia (art. 4, legge regionale n. 7/2002, art. 3, legge regionale n. 7/2003)

(omissis)
7. Qualora alla Conferenza di servizi, convocata ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modifiche, il rappresentante di un'amministrazione invitata sia risultato assente o comunque non dotato di adeguato potere di rappresentanza, la Conferenza è riconvocata per una sola volta, tra il decimo ed il quindicesimo giorno dalla prima convocazione, e decide prescindendo dalla presenza della totalità delle amministrazioni invitate e dalla adeguatezza dei poteri di rappresentanza dei soggetti intervenuti.
(omissis)
Conferenza di servizi preliminare
Art. 14 bis, legge n. 241/1990 (art. 17, legge n. 127/1997, art. 10, legge n. 340/2000 e art. 9, legge n. 15/2005)

1. La conferenza di servizi può essere convocata per progetti di particolare complessità e di insediamenti produttivi di beni e servizi, su motivata richiesta dell'interessato, documentata, in assenza di un progetto preliminare, da uno studio di fattibilità, prima della presentazione di una istanza o di un progetto definitivi, al fine di verificare quali siano le condizioni per ottenere, alla loro presentazione, i necessari atti di consenso. In tale caso la conferenza si pronuncia entro trenta giorni dalla data della richiesta e i relativi costi sono a carico del richiedente.
2. Nelle procedure di realizzazione di opere pubbliche e di interesse pubblico, la conferenza di servizi si esprime sul progetto preliminare al fine di indicare quali siano le condizioni per ottenere, sul progetto definitivo, le intese, i pareri, le concessioni, le autorizzazioni, le licenze, i nullaosta e gli assensi, comunque denominati, richiesti dalla normativa vigente. In tale sede, le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, si pronunciano, per quanto riguarda l'interesse da ciascuna tutelato, sulle soluzioni progettuali prescelte. Qualora non emergano, sulla base della documentazione disponibile, elementi comunque preclusivi della realizzazione del progetto, le suddette amministrazioni indicano, entro quarantacinque giorni, le condizioni e gli elementi necessari per ottenere, in sede di presentazione del progetto definitivo, gli atti di consenso.
3. Nel caso in cui sia richiesta VIA, la conferenza di servizi si esprime entro trenta giorni dalla conclusione della fase preliminare di definizione dei contenuti dello studio d'impatto ambientale, secondo quanto previsto in materia di VIA. Ove tale conclusione non intervenga entro novanta giorni dalla richiesta di cui al comma 1, la conferenza di servizi si esprime comunque entro i successivi trenta giorni. Nell'ambito di tale conferenza, l'autorità competente alla VIA si esprime sulle condizioni per la elaborazione del progetto e dello studio di impatto ambientale. In tale fase, che costituisce parte integrante della procedura di VIA, la suddetta autorità esamina le principali alternative, compresa l'alternativa zero, e, sulla base della documentazione disponibile, verifica l'esistenza di eventuali elementi di incompatibilità, anche con riferimento alla localizzazione prevista dal progetto e, qualora tali elementi non sussistano, indica nell'ambito della conferenza di servizi le condizioni per ottenere, in sede di presentazione del progetto definitivo, i necessari atti di consenso.
3-bis. Il dissenso espresso in sede di conferenza preliminare da una amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico, della salute o della pubblica incolumità, con riferimento alle opere interregionali, è sottoposto alla disciplina di cui all'articolo 14-quater, comma 3.
4. Nei casi di cui ai commi 1, 2 e 3, la conferenza di servizi si esprime allo stato degli atti a sua disposizione e le indicazioni fornite in tale sede possono essere motivatamente modificate o integrate solo in presenza di significativi elementi emersi nelle fasi successive del procedimento, anche a seguito delle osservazioni dei privati sul progetto definitivo.
5. Nel caso di cui al comma 2, il responsabile unico del procedimento trasmette alle amministrazioni interessate il progetto definitivo, redatto sulla base delle condizioni indicate dalle stesse amministrazioni in sede di conferenza di servizi sul progetto preliminare, e convoca la conferenza tra il trentesimo e il sessantesimo giorno successivi alla trasmissione. In caso di affidamento mediante appalto concorso o concessione di lavori pubblici, l'amministrazione aggiudicatrice convoca la conferenza di servizi sulla base del solo progetto preliminare, secondo quanto previsto dalla legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni.
Lavori della conferenza di servizi
Art. 14 ter, legge n. 241/1990 (art. 17, legge n. 127/1997, art. 11, legge n. 340/2000 e art. 10, legge n. 15/2005)

1. La prima riunione della conferenza di servizi è convocata entro quindici giorni ovvero, in caso di particolare complessità dell'istruttoria, entro trenta giorni dalla data di indizione.
1. La conferenza di servizi assume le determinazioni relative all'organizzazione dei propri lavori a maggioranza dei presenti.
2. La convocazione della prima riunione della conferenza di servizi deve pervenire alle amministrazioni interessate, anche per via telematica o informatica, almeno cinque giorni prima della relativa data. Entro i successivi cinque giorni, le amministrazioni convocate possono richiedere, qualora impossibilitate a partecipare, l'effettuazione della riunione in una diversa data; in tale caso, l'amministrazione procedente concorda una nuova data, comunque entro i dieci giorni successivi alla prima.
3. Nella prima riunione della conferenza di servizi, o comunque in quella immediatamente successiva alla trasmissione dell'istanza o del progetto definitivo ai sensi dell'articolo 14-bis, le amministrazioni che vi partecipano determinano il termine per l'adozione della decisione conclusiva. I lavori della conferenza non possono superare i novanta giorni, salvo quanto previsto dal comma 4. Decorsi inutilmente tali termini, l'amministrazione procedente provvede ai sensi dei commi 6-bis e 9 del presente articolo.
4. Nei casi in cui sia richiesta la VIA, la conferenza di servizi si esprime dopo aver acquisito la valutazione medesima ed il termine di cui al comma 3 resta sospeso, per un massimo di novanta giorni, fino all'acquisizione della pronuncia sulla compatibilità ambientale. Se la VIA non interviene nel termine previsto per l'adozione del relativo provvedimento, l'amministrazione competente si esprime in sede di conferenza di servizi, la quale si conclude nei trenta giorni successivi al termine predetto. Tuttavia, a richiesta della maggioranza dei soggetti partecipanti alla conferenza di servizi, il termine di trenta giorni di cui al precedente periodo è prorogato di altri trenta giorni nel caso che si appalesi la necessità di approfondimenti istruttori.
5. Nei procedimenti relativamente ai quali sia già intervenuta la decisione concernente la VIA le disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 14-quater, nonché quelle di cui agli articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, si applicano alle sole amministrazioni preposte alla tutela della salute, del patrimonio storico-artistico e della pubblica incolumità.
6. Ogni amministrazione convocata partecipa alla conferenza di servizi attraverso un unico rappresentante legittimato, dall'organo competente, ad esprimere in modo vincolante la volontà dell'amministrazione su tutte le decisioni di competenza della stessa.
6-bis. All'esito dei lavori della conferenza, e in ogni caso scaduto il termine di cui al comma 3, l'amministrazione procedente adotta la determinazione motivata di conclusione del procedimento, valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede.
7. Si considera acquisito l'assenso dell'amministrazione il cui rappresentante non abbia espresso definitivamente la volontà dell'amministrazione rappresentata.
8. In sede di conferenza di servizi possono essere richiesti, per una sola volta, ai proponenti dell'istanza o ai progettisti chiarimenti o ulteriore documentazione. Se questi ultimi non sono forniti in detta sede, entro i successivi trenta giorni, si procede all'esame del provvedimento.
9. Il provvedimento finale conforme alla determinazione conclusiva di cui al comma 6-bis sostituisce, a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti, alla predetta conferenza.
10. Il provvedimento finale concernente opere sottoposte a VIA è pubblicato, a cura del proponente, unitamente all'estratto della predetta VIA, nella Gazzetta Ufficiale o nel Bollettino regionale in caso di VIA regionale e in un quotidiano a diffusione nazionale. Dalla data della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale decorrono i termini per eventuali impugnazioni in sede giurisdizionale da parte dei soggetti interessati.
Effetti del dissenso espresso nella conferenza di servizi
Art. 14 quater, legge n. 241/1990 (art. 17, legge n. 127/1997, art. 12, legge n. 340/2000 e art. 11, legge n. 15/2005)

1. Il dissenso di uno o più rappresentanti delle amministrazioni, regolarmente convocate alla conferenza di servizi, a pena di inammissibilità, deve essere manifestato nella conferenza di servizi, deve essere congruamente motivato, non può riferirsi a questioni connesse che non costituiscono oggetto della conferenza medesima e deve recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell'assenso.
2. (comma abrogato)
3. Se il motivato dissenso è espresso da un'amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, la decisione è rimessa dall'amministrazione procedente, entro dieci giorni:
a) al Consiglio dei Ministri, in caso di dissenso tra amministrazioni statali;
b) alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di seguito denominata "Conferenza Stato-regioni", in caso di dissenso tra un'amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali;
c) alla Conferenza unificata, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in caso di dissenso tra una amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali. Verificata la completezza della documentazione inviata ai fini istruttori, la decisione è assunta entro trenta giorni, salvo che il Presidente del Consiglio dei Ministri, della Conferenza Stato-regioni o della Conferenza unificata, valutata la complessità dell'istruttoria, decida di prorogare tale termine per un ulteriore periodo non superiore a sessanta giorni.
3-bis. Se il motivato dissenso è espresso da una regione o da una provincia autonoma in una delle materie di propria competenza, la determinazione sostitutiva è rimessa dall'amministrazione procedente, entro dieci giorni:
a) alla Conferenza Stato-regioni, se il dissenso verte tra un'amministrazione statale e una regionale o tra amministrazioni regionali;
b) alla Conferenza unificata, in caso di dissenso tra una regione o provincia autonoma e un ente locale. Verificata la completezza della documentazione inviata ai fini istruttori, la decisione è assunta entro trenta giorni, salvo che il Presidente della Conferenza Stato-regioni o della Conferenza unificata, valutata la complessità dell'istruttoria, decida di prorogare tale termine per un ulteriore periodo non superiore a sessanta giorni.
3-ter. Se entro i termini di cui ai commi 3 e 3-bis la Conferenza Stato-regioni o la Conferenza unificata non provvede, la decisione, su iniziativa del Ministro per gli affari regionali, è rimessa al Consiglio dei Ministri, che assume la determinazione sostitutiva nei successivi trenta giorni, ovvero, quando verta in materia non attribuita alla competenza statale ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, e dell'articolo 118 della Costituzione, alla competente Giunta regionale ovvero alle competenti Giunte delle province autonome di Trento e di Bolzano, che assumono la determinazione sostitutiva nei successivi trenta giorni; qualora la Giunta regionale non provveda entro il termine predetto, la decisione è rimessa al Consiglio dei Ministri, che delibera con la partecipazione dei Presidenti delle regioni interessate.
3-quater. In caso di dissenso tra amministrazioni regionali, i commi 3 e 3-bis non si applicano nelle ipotesi in cui le regioni interessate abbiano ratificato, con propria legge, intese per la composizione del dissenso ai sensi dell'articolo 117, ottavo comma, della Costituzione, anche attraverso l'individuazione di organi comuni competenti in via generale ad assumere la determinazione sostitutiva in caso di dissenso.
3-quinquies. Restano ferme le attribuzioni e le prerogative riconosciute alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano dagli statuti speciali di autonomia e dalle relative norme di attuazione.
4. (comma abrogato)
5. Nell'ipotesi in cui l'opera sia sottoposta a VIA e in caso di provvedimento negativo trova applicazione l'articolo 5, comma 2, lettera c-bis), della legge 23 agosto 1988, n. 400, introdotta dall'articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303.
Art. 16, legge regionale n. 10/1991

1. Le amministrazioni pubbliche possono concludere tra di loro accordi per disciplinare lo svolgimento coordinato di attività di interesse comune, anche per situazioni diverse da quelle indicate all'articolo precedente.
2. Agli accordi suindicati si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 12, commi 2, 3 e 5.
Attività consultiva
Art. 16, legge n. 241/1990 (art. 17, legge n. 127/1997)

1. Gli organi consultivi delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, sono tenuti a rendere i pareri a essi obbligatoriamente richiesti entro quarantacinque giorni dal ricevimento della richiesta. Qualora siano richiesti di pareri facoltativi, sono tenuti a dare immediata comunicazione alle amministrazioni richiedenti del termine entro il quale il parere sarà reso.
2. In caso di decorrenza del termine senza che sia stato comunicato il parere o senza che l'organo adito abbia rappresentato esigenze istruttorie, è in facoltà dell'amministrazione richiedente di procedere indipendentemente dall'acquisizione del parere.
3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano in caso di pareri che debbano essere rilasciati da amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistica, territoriale e della salute dei cittadini.
4. Nel caso in cui l'organo adito abbia rappresentato esigenze istruttorie il termine di cui al comma 1 può essere interrotto per una sola volta e il parere deve essere reso definitivamente entro quindici giorni dalla ricezione degli elementi istruttori da parte delle amministrazioni interessate.
(omissis)
Art. 17, legge regionale n. 10/1991

(omissis)
4. Qualora il parere sia favorevole, senza osservazioni, il dispositivo è comunicato telegraficamente o con mezzi telematici entro il secondo giorno feriale successivo all'adozione del parere.
(omissis)
Snellimento dell'azione amministrativa. Organi collegiali
Art. 68, legge regionale 27 aprile 1999, n. 10 (art. 21, legge regionale n. 19/2005)

(omissis)
9. I pareri obbligatori non vincolanti di competenza degli organi collegiali regionali relativi a singoli provvedimenti sono considerati resi in conformità alla proposta dell'ufficio se non espressi entro novanta giorni dalla richiesta dello stesso ufficio.
Pareri. Riduzione di termini
Art. 131, legge regionale 3 maggio 2001, n. 6

1. Per l'emanazione dei provvedimenti di competenza dell'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente in materia di tutela dell'ambiente i termini temporali stabiliti dal comma 9 dell'articolo 68 della legge regionale 27 aprile 1999, n. 10 sono ridotti a quarantacinque giorni.
Art. 18, legge regionale n. 10/1991

1. I soggetti di cui all'articolo 1 hanno l'obbligo di istituire il registro delle opere pubbliche entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. In detto registro devono essere specificati l'oggetto dell'opera in corso, la ditta esecutrice dell'opera e gli estremi della gara di appalto, il direttore dei lavori ed il tecnico progettista, i pareri e i nulla osta sul progetto, eventuali varianti adottate o in corso di adozione, l'importo dei lavori a base d'asta, l'ente finanziatore dell'opera nonché ogni altra notizia rilevante utile alla conoscenza dell'opera pubblica.
2. Il registro di cui al comma 1 è messo a disposizione di ogni cittadino e chiunque ne abbia interesse può tenerne parziale copia entro dieci giorni dalla domanda.
Art. 20, legge regionale n. 10/1991

1. Qualora per l'adozione di un provvedimento si renda necessaria, per espressa disposizione normativa, l'acquisizione di valutazioni tecniche di speciali organi ed enti e tali organi ed enti non provvedano o non rappresentino esigenze istruttorie di competenza della amministrazione procedente nei termini previsti dalle disposizioni normative o, in mancanza di esse, entro novanta giorni dal ricevimento delle richieste, il responsabile del procedimento deve richiedere le valutazioni tecniche necessarie ad altri organi dell'amministrazione pubblica e ad enti pubblici dotati di qualificazione e capacità tecnica equipollente.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano altresì qualora l'organo od ente adito abbia rappresentato all'amministrazione procedente, per una sola volta, esigenze istruttorie e le valutazioni tecniche non siano state fornite entro novanta giorni dalla ricezione delle notizie, documentazioni ed elementi richiesti.
3. Le disposizioni del presente articolo non si applicano per le valutazioni che debbono essere prodotte da amministrazioni preposte alla tutela dell'ambiente, del paesaggio, del territorio e della salute del cittadino.
Art. 21, legge regionale n. 10/1991

1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge le amministrazioni interessate adottano le misure organizzative idonee a garantire l'applicazione delle disposizioni in materia di autocertificazione e di presentazione di atti e documenti da parte di cittadini a pubbliche amministrazioni di cui alla legge 4 gennaio 1968, n. 15, e successive modificazioni ed integrazioni. Delle misure adottate le amministrazioni danno comunicazione alla commissione di cui all'articolo 27 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
2. Qualora l'interessato dichiari che fatti, stati e qualità sono attestati in documenti già in possesso della stessa amministrazione procedente o di altra pubblica amministrazione, il responsabile del procedimento provvede d'ufficio all'acquisizione dei documenti stessi o di copia di essi.
3. Parimenti sono accertati d'ufficio dal responsabile del procedimento i fatti, gli stati e le qualità che la stessa amministrazione procedente o altra pubblica amministrazione è tenuta a certificare.
Art. 22, legge regionale n. 10/1991

1. Ferme restando le speciali norme già vigenti per la materia, [e salva la disciplina regolamentare prevista dall'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modifiche ed integrazioni,] qualora disposizioni normative prevedano che l'esercizio di un'attività privata, subordinata ad abilitazione, autorizzazione, licenza, nulla osta, permesso o ad altri atti di consenso dell'amministrazione, comunque denominati, possa essere iniziato, previa denuncia di inizio dell'attività da parte dell'interessato, sia immediatamente dopo la denuncia che dopo il decorso di un termine dalla presentazione della stessa, l'amministrazione competente, a seguito della denuncia, verifica di ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti normativamente richiesti e dispone, ove ritenuto necessario, con provvedimento motivato, il divieto di prosecuzione della attività e la eventuale rimozione degli effetti della stessa già prodottisi, salvo che l'interessato, ove possibile, provveda a conformare l'attività, ed i relativi effetti, alla normativa vigente entro il termine indicato dall'amministrazione, che in ogni caso non può essere inferiore a quindici nè superiore a trenta giorni.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano nei casi in cui il rilascio dell'atto di consenso dell'amministrazione dipenda esclusivamente dall'accertamento dei presupposti e dei requisiti prescritti, indipendentemente dall'esperimento di indagini particolari o di prove al riguardo e non siano previsti limiti e contingenti complessivi per il rilascio dell'atto di consenso, purché in ogni caso siano rispettate le norme a tutela del lavoratore sul luogo di lavoro.
3. Le disposizioni del presente articolo non si applicano nei casi in cui l'esercizio dell'attività possa arrecare pregiudizio alla tutela dei beni e valori storico-artistici ed ambientali, nonché alla salute dei cittadini.
4. I casi di cui al comma 3 saranno individuati con decreto del Presidente della Regione, previa delibera della Giunta regionale, su proposta dell'Assessore regionale competente.
Semplificazione procedure
Art. 14, legge regionale 26 marzo 2002, n. 2 (art. 24, legge regionale n. 17/2004)

(omissis)
2. Le licenze, le concessioni, i nulla osta, i permessi, le autorizzazioni richiesti per l'esercizio di attività economiche nel territorio della Regione sono sostituiti da una comunicazione di inizio attività da parte del legale rappresentante dell'impresa richiedente, indirizzata all'amministrazione competente. La comunicazione è resa nei modi e nelle forme regolamentati ai sensi dell'articolo 22 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 10. Restano validi ed esecutivi le norme di legge e tutti gli atti amministrativi vigenti in materia di urbanistica, di edilizia, di ambiente, della salute pubblica, della tutela del lavoro e della sicurezza pubblica, nonché quelli concernenti la realizzazione di grandi centri commerciali di cui all'articolo 2 della legge regionale 22 dicembre 1999, n. 28 e successive modifiche ed integrazioni. Il legale rappresentante che sottoscrive la comunicazione è tenuto a fornire tutta la documentazione che è richiesta una sola volta dall'amministrazione competente; il legale rappresentante è responsabile di ogni violazione delle norme, degli atti amministrativi e di ogni altra disposizione che disciplina l'inizio dell'attività, con esclusione degli errori formali. Con decreto del Presidente della Regione da emanarsi entro novanta giorni, su proposta dell'Assessore regionale competente, sono individuate le categorie delle attività economiche rientranti nell'ambito di applicazione del presente articolo. Sono abrogate le disposizioni della legge regionale 6 agosto 1997, n. 27 che risultino in contrasto con il presente comma, nonché ogni altra disposizione incompatibile con lo stesso.
Art. 23, legge regionale n. 10/1991

1. Ferme restando le speciali norme vigenti per la materia, [e salva la disciplina regolamentare prevista dall'articolo 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modifiche ed integrazioni,] qualora disposizioni normative prevedano che l'esercizio di un'attività privata sia subordinato ad abilitazione, autorizzazione, licenza, nulla osta, permesso, o ad altro atto di consenso comunque denominato, da rilasciare a domanda dell'interessato, la domanda deve considerarsi accolta qualora non venga comunicato un motivato provvedimento di diniego entro il termine dalle medesime disposizioni individuato.
2. L'amministrazione, ove accerti, dopo la scadenza del termine per comunicare il diniego, che l'attività è illegittimamente esercitata, annulla l'assenso formatosi, salvo che l'interessato, ove possibile, provveda ad eliminare i vizi entro il termine stabilito dall'amministrazione, che non può essere inferiore a quindici né superiore a trenta giorni.
Art. 24, legge regionale n. 10/1991

1. Nei casi di cui agli articoli 22 e 23, l'interessato, con la denuncia o con la domanda, deve dichiarare, sotto la propria responsabilità, la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti.
2. Salva la responsabilità penale di cui all'articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241, in caso di dichiarazioni mendaci o di attestazioni false, non possono trovare applicazione le disposizioni degli articoli 22 e 23, concernenti la conformazione dell'attività e degli effetti della stessa alle disposizioni normative o la sanatoria dell'attività svolta.
3. Le sanzioni amministrative previste per i casi di svolgimento di attività in carenza dell'atto di assenso dell'amministrazione o in difformità dello stesso, si applicano anche ai soggetti che diano inizio all'attività ai sensi degli articoli 22 e 23 in mancanza dei requisiti richiesti o, comunque, in contrasto con la normativa vigente.
Capo V ACCESSO AI DOCUMENTI AMMINISTRATIVI
Art. 25, legge regionale n. 10/1991

1. Al fine di assicurare la trasparenza dell'attività amministrativa e di garantire lo svolgimento imparziale della stessa, chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti ha diritto di accesso ai documenti amministrativi nei confronti dei soggetti di cui all'articolo 1 secondo le modalità previste dalle disposizioni del presente titolo.
2. Ai fini suindicati è considerato documento amministrativo ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti formati dalla pubblica amministrazione, anche se trattasi di atti interni, o di atti comunque utilizzati ai fini dell'attività amministrativa.
Art. 26, legge regionale n. 10/1991 (art. 4, legge regionale n. 30/2000)

1. Il diritto di accesso di cui all'articolo 25 si esercita nei confronti dei soggetti indicati all'articolo 1 della presente legge. Sono fatte salve le disposizioni dell'articolo 23 della legge 7 agosto 1990, n. 241, come sostituito dall'articolo 4, comma 2, della legge 3 agosto 1999, n. 265.
Art. 27, legge regionale n. 10/1991

1. Salva restando ogni altra disposizione normativa che limiti l'accesso ai documenti amministrativi, il diritto di accesso è escluso per i documenti coperti da segreto ai sensi delle disposizioni vigenti e da divieto di divulgazione comunque previsto dall'ordinamento.
2. Salvo speciali disposizioni di legge, altresì non è ammesso l'accesso agli atti preparatori nel corso della formazione dei provvedimenti di cui all'articolo 14.
3. L'amministrazione ha facoltà di differire l'accesso ai documenti richiesti fino a quando la relativa conoscenza può impedire o comunque gravemente ostacolare lo svolgimento dell'azione amministrativa.
Art. 28, legge regionale n. 10/1991

1. Il diritto di accesso si esercita mediante l'esame dei documenti amministrativi e l'estrazione di copia degli stessi, nei limiti e con le modalità previste dalle disposizioni del presente titolo.
2. L'accesso è consentito a seguito di richiesta motivata, con l'indicazione dei documenti ai quali si richiede l'accesso, rivolta all'amministrazione che ha formato il documento o lo detiene stabilmente.
3. L'esame dei documenti è gratuito. Il rilascio di copie, salve le disposizioni vigenti in materia di bollo, è subordinato soltanto al rimborso del costo di riproduzione ed alla corresponsione dei diritti di ricerca e di visura.
4. Il rifiuto, il differimento e la limitazione dell'accesso possono essere opposti solo nei casi previsti all'art. 27 e negli altri casi previsti da disposizioni di legge e debbono essere motivati.
5. Trascorsi trenta giorni dalla richiesta, senza che sia stato consentito l'accesso, questo si intende rifiutato.
6. Salve le disposizioni dell'art. 25 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernenti i ricorsi giurisdizionali, contro il rifiuto dell'accesso ai documenti amministrativi è ammesso ricorso, anche in opposizione, al capo dell'amministrazione alla quale è stata presentata la richiesta di accesso.
Art. 28 bis, legge regionale n. 10/1991 (art. 45, legge regionale n. 4/2003)

1. I deputati dell'Assemblea regionale siciliana, per l'esercizio delle loro funzioni, hanno diritto di accesso ai documenti amministrativi, secondo le disposizioni di cui agli articoli precedenti.
2. Le esigenze conoscitive connesse con la funzione di deputato regionale, di cui all'articolo 7 dello Statuto della Regione siciliana, devono essere considerate motivazioni sufficienti per l'esercizio del diritto di accesso di cui al presente articolo.
3. I deputati regionali sono esentati dal pagamento dei costi di riproduzione nonché da qualsiasi altro diritto.
Art. 29, legge regionale n. 10/1991

1. Salve restando le disposizioni vigenti per le pubblicazioni nella Gazzetta ufficiale della Regione, le direttive, i programmi, le istruzioni, le circolari ed ogni altro atto dei soggetti di cui all'art. 1, che dispongano in generale sull'organizzazione, sulle funzioni, sugli obiettivi, sui procedimenti, ovvero in cui si determini l'interpretazione di norme giuridiche o si dettino disposizioni per l'applicazione di esse, nonché tutte le disposizioni attuative della presente legge e tutte le iniziative dirette a precisare ed a rendere effettivo il diritto di accesso ai documenti amministrativi, devono essere pubblicati integralmente, per l'Amministrazione regionale, nel Bollettino ufficiale dell'Amministrazione regionale ed all'albo delle Amministrazioni regionali interessate, dandosene avviso nella Gazzetta ufficiale della Regione, e, per le altre amministrazioni, secondo le modalità previste dai rispettivi ordinamenti.
2. Con le pubblicazioni di cui al comma 1 si realizza la libertà di accesso ai documenti.
Art. 30, legge regionale n. 10/1991

1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i soggetti di cui all'art. 1 adottano le misure organizzative idonee a garantire l'applicazione delle disposizioni di cui all'art. 25.
2. Le misure suindicate saranno comunicate alla commissione istituita con l'art. 31.
3. La commissione di cui al comma 2 terrà gli opportuni e necessari rapporti con la commissione per l'accesso ai documenti amministrativi istituita con l'art. 27 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
Art. 31, legge regionale n. 10/1991 (art. 10, legge regionale n. 46/1995 e art. 21, legge regionale n. 10/2000)

1. E' istituita, presso la Presidenza della Regione, la Commissione di garanzia per la trasparenza, l'imparzialità delle pubbliche amministrazioni e la verifica delle situazioni patrimoniali.
2. La commissione è nominata con decreto del Presidente della Regione, sentita la Giunta regionale. Essa è presieduta dal Presidente della Regione o da un assessore appositamente delegato ed è composta da tredici componenti, dei quali cinque deputati all'Assemblea regionale siciliana designati dalla stessa assemblea regionale, tre fra i professori di ruolo delle università degli studi siciliane in materie giuridico-amministrative, designati dai rispettivi senati accademici, cinque fra funzionari dell'Amministrazione regionale con qualifica non inferiore a dirigente superiore, eletti dai dipendenti regionali con le stesse modalità di elezione dei consigli di direzione.
3. La commissione è rinnovata ogni cinque anni. Per i componenti deputati all'Assemblea regionale siciliana si procede a nuova nomina in caso di scadenza o scioglimento anticipato della stessa Assemblea nel corso del quinquennio.
4. La commissione vigila sull'osservanza della presente legge; svolge attività di studio; rende pareri alle amministrazioni interessate; formula raccomandazioni e riferisce annualmente all'Assemblea regionale siciliana sull'applicazione della presente legge; formula proposte di modifiche legislative o regolamentari atte ad assicurare l'effettività del diritto di accesso.
5. Tutti i soggetti di cui all'art. 1 sono tenuti a comunicare alla commissione, nel termine assegnato, le informazioni e i documenti da essa richiesti.
Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 30 aprile 1991, n. 10
Art. 21, legge regionale 15 maggio 2000, n. 10 (art. 127, legge regionale n. 17/2004)

1. La Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi di cui all'articolo 31 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 10, assume le ulteriori competenze di cui alla presente legge e la seguente denominazione: "Commissione di garanzia per la trasparenza, l'imparzialità delle pubbliche amministrazioni e la verifica delle situazioni patrimoniali".
2. La Commissione conserva la composizione prevista dall'articolo 31 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 10, tranne per quanto riguarda la presidenza.
3. Il presidente è eletto a maggioranza assoluta dei componenti la Commissione, a scrutinio segreto, fra i docenti universitari di cui al comma 2 dell'articolo 31 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 10.
4. La Commissione valuta le informazioni ed i dati da chiunque trasmessi, purché in forma non anonima ovvero apocrifa, o acquisiti direttamente, relativi alla mancata osservanza del dovere di imparzialità da parte dei pubblici funzionari.
5. La Commissione, nel caso in cui valuti che i fatti a sua conoscenza possano essere penalmente rilevanti o costituire elementi utili ad indagini penali in corso, ovvero nel caso in cui siano ravvisate omissioni da parte dei servizi e degli uffici di cui all'articolo 3, comma 3, ne dà immediata comunicazione alla competente autorità giudiziaria. La Commissione informa altresì l'autorità competente qualora ravvisi ipotesi di danno erariale.
6. Le informazioni, i documenti e gli elementi acquisiti dalla Commissione possono essere valutati nel corso dei procedimenti disciplinari nei confronti dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni.
7. Le pubbliche amministrazioni sono tenute a fornire trimestralmente alla Commissione, e secondo le modalità determinate dalla medesima, relazione dalla quale risultino i procedimenti disciplinari instaurati, le ordinanze di custodia cautelare, i decreti che dispongono il giudizio, le sentenze di condanna e quelle di applicazione della pena su richiesta delle parti, emessi a carico del proprio personale, nonché tutte le notizie ed i dati inerenti i compiti istituzionali che la Commissione ritenga utile acquisire.
8. Entro il 30 giugno di ogni anno la Commissione presenta all'Assemblea regionale siciliana una relazione sui risultati della propria attività. La Commissione può segnalare all'Assemblea regionale siciliana ed alla Giunta regionale l'opportunità di adottare disposizioni normative o misure amministrative idonee a prevenire il fenomeno della corruzione nella pubblica amministrazione ed a garantire la trasparenza dell'azione amministrativa e la tutela dei diritti del cittadino.
(omissis)
Capo VI DISPOSIZIONI FINALI
Art. 32, legge regionale n. 10/1991

1. Salvo quanto previsto da speciali disposizioni di legge, qualora siano prodotte istanze o documenti, anche se non accompagnati da istanze, l'amministrazione è tenuta a rilasciarne ricevuta, con la specificazione dei documenti prodotti.
Art. 33, legge regionale n. 10/1991

1. Tutti i dipendenti dei soggetti di cui all'art. 1 addetti a servizi che importano diretti contatti con gli utenti devono essere immediatamente identificabili.
2. I soggetti di cui all'art. 1, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, determinano, in conformità dei rispettivi ordinamenti, le modalità ed i criteri per l'identificazione di cui al presente articolo.
3. Il dipendente che si sottragga all'identificazione, salva l'applicazione delle sanzioni disciplinari generali, è assoggettato ad una sanzione pecuniaria amministrativa di L. 10.000 per ogni giornata in cui non sia stata possibile l'identificazione.
Art. 34, legge regionale n. 10/1991

1. Le norme sul diritto di accesso ai documenti amministrativi di cui al titolo V della presente legge hanno effetto dalla data di entrata in vigore dei decreti di cui all'art. 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
2. Entro i sei mesi successivi all'entrata in vigore dei decreti indicati al comma 1, i soggetti di cui all'art. 1 individuano con propri regolamenti, le categorie dei documenti da essi formati o comunque rientranti nelle relative disponibilità, sottratte all'accesso per le esigenze di cui all'art. 24, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241.
Art. 35, legge regionale n. 10/1991

1. Le determinazioni di cui all'art. 2, comma 2, devono essere adottate entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
2. Dal primo del mese successivo alla scadenza del termine indicato al comma 1, salvo quanto previsto da speciali disposizioni, si applica il termine indicato dal comma 3 dell'art. 2.
Art. 37, legge regionale n. 10/1991

1. Per quanto non previsto dalla presente legge, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modifiche ed integrazioni, ed i relativi provvedimenti di attuazione.
Capo VII DISPOSIZIONI INTEGRATIVE STATALI APPLICABILI
Sezione I PRINCIPI
Principi generali dell'attività amministrativa
Art. 1, legge n. 241/1990 (art. 1, legge n. 15/2005)

1. L'attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell'ordinamento comunitario.
(omissis)
1-ter. I soggetti privati preposti all'esercizio di attività amministrative assicurano il rispetto dei principi di cui al comma 1.
(omissis)
Sezione II PARTECIPAZIONE AL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO
Accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento
Art. 11, legge n. 241/1990 (art. 3-quinquies, d.l. 163/1995 convertito dalla legge n. 273/1995 e art. 7, legge n. 15/2005)

(omissis)
5. Le controversie in materia di formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi di cui al presente articolo sono riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Ambito di applicazione delle norme sulla partecipazione
Art. 13, legge n. 241/1990 (art. 22, legge n. 45/2001)

1. Le disposizioni contenute nel presente capo non si applicano nei confronti dell'attività della pubblica amministrazione diretta alla emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione.
2. Dette disposizioni non si applicano altresì ai procedimenti tributari per i quali restano parimenti ferme le particolari norme che li regolano, nonché ai procedimenti previsti dal decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82 e successive modificazioni e dal decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119 e successive modificazioni.
Sezione III SEMPLIFICAZIONE DELL'AZIONE AMMINISTRATIVA
Conferenza di servizi in materia di finanza di progetto
Art. 14 quinquies, legge n. 241/1990 (art. 12, legge n. 15/2005)

1. Nelle ipotesi di conferenza di servizi finalizzata all'approvazione del progetto definitivo in relazione alla quale trovino applicazione le procedure di cui agli articoli 37-bis e seguenti della legge 11 febbraio 1994, n. 109, sono convocati alla conferenza, senza diritto di voto, anche i soggetti aggiudicatari di concessione individuati all'esito della procedura di cui all'articolo 37-quater della legge n. 109 del 1994, ovvero le società di progetto di cui all'articolo 37-quinquies della medesima legge.
Autocertificazione
Art. 18, legge n. 241/1990 (art. 3, d.l. 35/2005 convertito dalla legge n. 80/2005)

(omissis)
2. I documenti attestanti atti, fatti, qualità e stati soggettivi, necessari per l'istruttoria del procedimento, sono acquisiti d'ufficio quando sono in possesso dell'amministrazione procedente, ovvero sono detenuti, istituzionalmente, da altre pubbliche amministrazioni. L'amministrazione procedente può richiedere agli interessati i soli elementi necessari per la ricerca dei documenti.
(omissis)
Sezione IV EFFICACIA ED INVALIDITÀ DEL PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO. REVOCA E RECESSO
Efficacia del provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati
Art. 21 bis, legge n. 241/199 (art. 14, legge n. 15/2005)

1. Il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati acquista efficacia nei confronti di ciascun destinatario con la comunicazione allo stesso effettuata anche nelle forme stabilite per la notifica agli irreperibili nei casi previsti dal codice di procedura civile. Qualora per il numero dei destinatari la comunicazione personale non sia possibile o risulti particolarmente gravosa, l'amministrazione provvede mediante forme di pubblicità idonee di volta in volta stabilite dall'amministrazione medesima. Il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati non avente carattere sanzionatorio può contenere una motivata clausola di immediata efficacia. I provvedimenti limitativi della sfera giuridica dei privati aventi carattere cautelare ed urgente sono immediatamente efficaci.
Esecutorietà
Art. 21 ter, legge n. 241/1990 (art. 14, legge n. 15/2005)

1. Nei casi e con le modalità stabiliti dalla legge, le pubbliche amministrazioni possono imporre coattivamente l'adempimento degli obblighi nei loro confronti. Il provvedimento costitutivo di obblighi indica il termine e le modalità dell'esecuzione da parte del soggetto obbligato. Qualora l'interessato non ottemperi, le pubbliche amministrazioni, previa diffida, possono provvedere all'esecuzione coattiva nelle ipotesi e secondo le modalità previste dalla legge.
2. Ai fini dell'esecuzione delle obbligazioni aventi ad oggetto somme di denaro si applicano le disposizioni per l'esecuzione coattiva dei crediti dello Stato.
Efficacia ed esecutività del provvedimento
Art. 21 quater, legge n. 241/1990 (art. 14, legge n. 15/2005)

1. I provvedimenti amministrativi efficaci sono eseguiti immediatamente, salvo che sia diversamente stabilito dalla legge o dal provvedimento medesimo.
2. L'efficacia ovvero l'esecuzione del provvedimento amministrativo può essere sospesa, per gravi ragioni e per il tempo strettamente necessario, dallo stesso organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. Il termine della sospensione è esplicitamente indicato nell'atto che la dispone e può essere prorogato o differito per una sola volta, nonché ridotto per sopravvenute esigenze.
Revoca del provvedimento
Art. 21 quinquies, legge n. 241/1990 (art. 14, legge n. 15/2005 e art. 13, decreto legge n. 7/2007 convertito dalla legge n. 40/2007)

1. Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell'organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l'amministrazione ha l'obbligo di provvedere al loro indennizzo. Le controversie in materia di determinazione e corresponsione dell'indennizzo sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
1-bis. Ove la revoca di un atto amministrativo ad efficacia durevole o istantanea incida su rapporti negoziali, l'indennizzo liquidato dall'amministrazione agli interessati è parametrato al solo danno emergente e tiene conto sia dell'eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell'atto amministrativo oggetto di revoca all'interesse pubblico, sia dell'eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all'erronea valutazione della compatibilità di tale atto con l'interesse pubblico.
Recesso dai contratti
Art. 21 sexies, legge n. 241/1990 (art. 14, legge n. 15/2005)

1. Il recesso unilaterale dai contratti della pubblica amministrazione è ammesso nei casi previsti dalla legge o dal contratto.
Nullità del provvedimento
Art. 21 septies, legge n. 241/1990 (art. 14, legge n. 15/2005)

1. E' nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge.
2. Le questioni inerenti alla nullità dei provvedimenti amministrativi in violazione o elusione del giudicato sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Annullabilità del provvedimento
Art. 21 octies, legge n. 241/1990 (art. 14, legge n. 15/2005)

1. E' annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza.
2. Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
Annullamento d'ufficio
Art. 21 nonies, legge n. 241/1990 (art. 14, legge n. 15/2005)

1. Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell'articolo 21-octies può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge.
2. E' fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole.
Sezione V ACCESSO AI DOCUMENTI AMMINISTRATIVI
Definizioni e principi in materia di accesso
Art. 22, legge n. 241/1990 (art. 15, legge n. 15/2005)

1. Ai fini del presente capo si intende:
a)  per "diritto di accesso", il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi;
b)  per "interessati", tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso;
c)  per "controinteressati", tutti i soggetti, individuati o facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto, che dall'esercizio dell'accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza;
d)  per "documento amministrativo", ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale;
e)  per "pubblica amministrazione", tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario.
2. L'accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell'attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza, ed attiene ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione. Resta ferma la potestà delle regioni e degli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, di garantire livelli ulteriori di tutela.
3. Tutti i documenti amministrativi sono accessibili, ad eccezione di quelli indicati all'articolo 24, commi 1, 2, 3, 5 e 6.
4. Non sono accessibili le informazioni in possesso di una pubblica amministrazione che non abbiano forma di documento amministrativo, salvo quanto previsto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in materia di accesso a dati personali da parte della persona cui i dati si riferiscono.
5. L'acquisizione di documenti amministrativi da parte di soggetti pubblici, ove non rientrante nella previsione dell'articolo 43, comma 2, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, si informa al principio di leale cooperazione istituzionale.
6. Il diritto di accesso è esercitabile fino a quando la pubblica amministrazione ha l'obbligo di detenere i documenti amministrativi ai quali si chiede di accedere.
Ambito di applicazione del diritto di accesso
Art. 23, legge n. 241/1990 (art. 4, legge n. 265/1999)

1. Il diritto di accesso di cui all'articolo 22 si esercita nei confronti delle pubbliche amministrazioni, delle aziende autonome e speciali, degli enti pubblici e dei gestori di pubblici servizi. Il diritto di accesso nei confronti delle Autorità di garanzia e di vigilanza si esercita nell'ambito dei rispettivi ordinamenti, secondo quanto previsto dall'articolo 24.
Esclusione dal diritto di accesso
Art. 24, legge n. 241/1990 (art. 22, legge n. 45/2001, art. 176, decreto legislativo n. 196/2003 e art. 16, legge n. 15/2005)

1. Il diritto di accesso è escluso:
a)  per i documenti coperti da segreto di Stato ai sensi della legge 24 ottobre 1977, n. 801, e successive modificazioni, e nei casi di segreto o di divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge, dal regolamento governativo di cui al comma 6 e dalle pubbliche amministrazioni ai sensi del comma 2 del presente articolo;
b)  nei procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano;
c)  nei confronti dell'attività della pubblica amministrazione diretta all'emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione;
d)  nei procedimenti selettivi, nei confronti dei documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psicoattitudinale relativi a terzi.
2. Le singole pubbliche amministrazioni individuano le categorie di documenti da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilità sottratti all'accesso ai sensi del comma 1.
3. Non sono ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell'operato delle pubbliche amministrazioni.
4. L'accesso ai documenti amministrativi non può essere negato ove sia sufficiente fare ricorso al potere di differimento.
5. I documenti contenenti informazioni connesse agli interessi di cui al comma 1 sono considerati segreti solo nell'ambito e nei limiti di tale connessione. A tale fine le pubbliche amministrazioni fissano, per ogni categoria di documenti, anche l'eventuale periodo di tempo per il quale essi sono sottratti all'accesso.
6. Con regolamento, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo può prevedere casi di sottrazione all'accesso di documenti amministrativi:
a) quando, al di fuori delle ipotesi disciplinate dall'articolo 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, dalla loro divulgazione possa derivare una lesione, specifica e individuata, alla sicurezza e alla difesa nazionale, all'esercizio della sovranità nazionale e alla continuità e alla correttezza delle relazioni internazionali, con particolare riferimento alle ipotesi previste dai trattati e dalle relative leggi di attuazione;
b) quando l'accesso possa arrecare pregiudizio ai processi di formazione, di determinazione e di attuazione della politica monetaria e valutaria;
c) quando i documenti riguardino le strutture, i mezzi, le dotazioni, il personale e le azioni strettamente strumentali alla tutela dell'ordine pubblico, alla prevenzione e alla repressione della criminalità con particolare riferimento alle tecniche investigative, alla identità delle fonti di informazione e alla sicurezza dei beni e delle persone coinvolte, all'attività di polizia giudiziaria e di conduzione delle indagini;
d) quando i documenti riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale e commerciale di cui siano in concreto titolari, ancorchè i relativi dati siano forniti all'amministrazione dagli stessi soggetti cui si riferiscono;
e) quando i documenti riguardino l'attività in corso di contrattazione collettiva nazionale di lavoro e gli atti interni connessi all'espletamento del relativo mandato.
7. Deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici. Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l'accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini previsti dall'articolo 60 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale.
Modalità di esercizio del diritto di accesso e ricorsi
Art. 25, legge n. 241/1990 (art. 15, legge n. 340/2000, art. 17, legge n. 15/2005 e art. 3, decreto legislativo n. 35/2005 convertito dalla legge n. 80/2005)

(omissis)
4. Decorsi inutilmente trenta giorni dalla richiesta, questa si intende respinta. In caso di diniego dell'accesso, espresso o tacito, o di differimento dello stesso ai sensi dell'articolo 24, comma 4, il richiedente può presentare ricorso al tribunale amministrativo regionale ai sensi del comma 5, ovvero chiedere, nello stesso termine e nei confronti degli atti delle amministrazioni comunali, provinciali e regionali, al difensore civico competente per ambito territoriale, ove costituito, che sia riesaminata la suddetta determinazione. Qualora tale organo non sia stato istituito, la competenza è attribuita al difensore civico competente per l'ambito territoriale immediatamente superiore. Nei confronti degli atti delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato tale richiesta è inoltrata presso la Commissione per l'accesso di cui all'articolo 27. Il difensore civico o la Commissione per l'accesso si pronunciano entro trenta giorni dalla presentazione dell'istanza. Scaduto infruttuosamente tale termine, il ricorso si intende respinto. Se il difensore civico o la Commissione per l'accesso ritengono illegittimo il diniego o il differimento, ne informano il richiedente e lo comunicano all'autorità disponente. Se questa non emana il provvedimento confermativo motivato entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione del difensore civico o della Commissione, l'accesso è consentito. Qualora il richiedente l'accesso si sia rivolto al difensore civico o alla Commissione, il termine di cui al comma 5 decorre dalla data di ricevimento, da parte del richiedente, dell'esito della sua istanza al difensore civico o alla Commissione stessa. Se l'accesso è negato o differito per motivi inerenti ai dati personali che si riferiscono a soggetti terzi, la Commissione provvede, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, il quale si pronuncia entro il termine di dieci giorni dalla richiesta, decorso inutilmente il quale il parere si intende reso. Qualora un procedimento di cui alla sezione III del capo I del titolo I della parte III del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, o di cui agli articoli 154, 157, 158, 159 e 160 del medesimo decreto legislativo n. 196 del 2003, relativo al trattamento pubblico di dati personali da parte di una pubblica amministrazione, interessi l'accesso ai documenti amministrativi, il Garante per la protezione dei dati personali chiede il parere, obbligatorio e non vincolante, della Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi. La richiesta di parere sospende il termine per la pronuncia del Garante sino all'acquisizione del parere, e comunque per non oltre quindici giorni. Decorso inutilmente detto termine, il Garante adotta la propria decisione.
5. Contro le determinazioni amministrative concernenti il diritto di accesso e nei casi previsti dal comma 4 è dato ricorso, nel termine di trenta giorni, al tribunale amministrativo regionale, il quale decide in camera di consiglio entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso, uditi i difensori delle parti che ne abbiano fatto richiesta. In pendenza di un ricorso presentato ai sensi della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, il ricorso può essere proposto con istanza presentata al presidente e depositata presso la segreteria della sezione cui è assegnato il ricorso, previa notifica all'amministrazione o ai controinteressati, e viene deciso con ordinanza istruttoria adottata in camera di consiglio. La decisione del tribunale è appellabile, entro trenta giorni dalla notifica della stessa, al Consiglio di Stato, il quale decide con le medesime modalità e negli stessi termini. Le controversie relative all'accesso ai documenti amministrativi sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
5-bis. Nei giudizi in materia di accesso, le parti possono stare in giudizio personalmente senza l'assistenza del difensore. L'amministrazione può essere rappresentata e difesa da un proprio dipendente, purché in possesso della qualifica di dirigente, autorizzato dal rappresentante legale dell'ente.
6. Il giudice amministrativo, sussistendone i presupposti, ordina l'esibizione dei documenti richiesti.
Titolo VI NOMINE E DESIGNAZIONI
Requisiti
Art. 3, legge regionale 20 giugno 1997, n. 19

1. Le persone da nominare o designare ai sensi della presente legge, oltre ai requisiti specifici stabiliti dalle norme vigenti e dagli ordinamenti degli enti interessati, devono essere in possesso di:
a) titolo di studio adeguato all'attività dell'organismo interessato;
b) esperienza almeno quinquennale scientifica ovvero di tipo professionale o dirigenziale o di presidente o di amministratore delegato maturata in enti o aziende pubbliche o private di dimensione economica e strutturale assimilabile a quella dell'ente interessato dallo svolgimento dell'incarico; oppure qualifica di magistrato ordinario, amministrativo o contabile in quiescenza o di docente universitario di ruolo anche in quiescenza.
2. Sono equiparate all'esperienza dirigenziale di cui alla lettera b) del comma l le cariche pubbliche di deputato europeo, di parlamentare nazionale, di deputato regionale, di presidente di provincia regionale, di sindaco di comune con popolazione superiore a 15.000 abitanti, ricoperte complessivamente per almeno quattro anni.
(omissis)
Documentazione dei requisiti
Art. 4, legge regionale n. 19/1997

1. Il possesso dei requisiti di cui all'articolo 3 deve risultare da una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà che deve indicare:
a) i dati anagrafici completi e la residenza;
b) i titoli di studio;
c) l'elenco delle cariche ricoperte attualmente e precedentemente in enti pubblici o in società a partecipazione pubblica, nonché in società private iscritte nei pubblici registri;
d) il curriculum professionale e l'occupazione attuale;
e) i requisiti posseduti in relazione alla nomina o designazione;
f) l'inesistenza di cause di incompatibilità o di conflitto d'interesse in relazione all'incarico da ricoprire;
g) la consistenza del proprio patrimonio alla data della nomina o designazione ed il reddito denunziato nell'anno precedente;
h) l'insussistenza delle condizioni previste dal comma 1 dell'articolo 15 della legge 19 marzo 1990, n. 55 e successive modifiche ed integrazioni;
i) l'appartenenza a società, enti o associazioni di qualsiasi genere solo quando tale appartenenza o il vincolo associativo possano determinare un conflitto di interessi con l'incarico assunto, ovvero siano tali da renderne rilevante la conoscenza a garanzia della trasparenza e della imparzialità della pubblica amministrazione.
2. L'infedeltà delle dichiarazioni di cui al comma 1 comporta la decadenza dalla nomina o designazione, ferma restando la validità degli atti compiuti.
Incompatibilità
Art. 3, legge regionale 28 marzo 1995, n. 22 (art. 5, legge regionale n. 19/1997, art. 61, legge regionale n. 6/2001, art. 7, legge regionale n. 21/2001)

1. Fatte salve le incompatibilità sancite da leggi speciali, statali o regionali, non possono ricoprire incarichi di cui alla presente legge:
a)  i membri del Parlamento nazionale ed europeo, della Giunta e dell'Assemblea regionale siciliana;
b)  i componenti degli organi consultivi o di vigilanza o di controllo, tenuti ad esprimersi sui provvedimenti degli enti od organismi ai quali la nomina o designazione si riferisce;
c)  i magistrati ordinari, amministrativi o contabili;
d)  gli avvocati o procuratori presso l'Avvocatura dello Stato;
e)  gli appartenenti alle forze armate in servizio permanente effettivo;
f) i dipendenti dello Stato, della Regione o di altra amministrazione, i quali assolvano mansioni inerenti direttamente all'esercizio della vigilanza o del controllo sull'organo nel quale avviene la nomina o la designazione.
2.  Non possono ricoprire gli incarichi di cui alla presente legge coloro che si trovano in conflitto di interesse con riferimento agli incarichi stessi e in particolare coloro che abbiano contenziosi civili o amministrativi pendenti nei confronti dell'ente interessato alla nomina.
3.  La nomina è inefficace se al momento dell'accettazione l'eventuale incompatibilità non sia cessata con le dimissioni dalla carica ricoperta o con l'aspettativa.
4.  Il verificarsi di conflitti d'interesse o di cause di incompatibilità successivamente all'assunzione dell'incarico, comporta la decadenza dall'incarico dei soggetti nominati o designati qualora l'interessato non provveda a determinarne la cessazione.
5.  Nel caso di cui al comma 4, il presidente dell'organo che ha provveduto alla nomina o designazione accertata anche d'ufficio la sussistenza del conflitto di interesse o della causa di incompatibilità, invita l'interessato a farli cessare entro 10 giorni dal ricevimento della relativa comunicazione; trascorso inutilmente tale termine, l'organo competente dichiara, con provvedimento motivato, la decadenza del soggetto dalla carica ricoperta.
6.  Gli incarichi di cui alla presente legge non sono cumulabili, fatta eccezione per quelli ricoperti da soggetti che non siano dipendenti di pubbliche amministrazioni e che siano nominati, sulla base della vigente legislazione, per designazione di associazioni rappresentative di interessi economici e sociali. Per i dipendenti di pubbliche amministrazioni non possono coesistere in capo al medesimo soggetto più di due incarichi di cui alla presente legge.
7.  Nessuno può ricoprire lo stesso incarico per più di tre mandati consecutivi, fatta eccezione per gli incarichi ricoperti da soggetti che non siano dipendenti pubblici e che siano nominati sulla base della vigente legislazione, per designazione di associazioni rappresentative di interessi economici e sociali.
Albo delle nomine
Art. 7, legge regionale n. 19/1997

1. Presso la Presidenza della Regione è istituto l'albo delle nomine conferite ai sensi della presente legge. L'albo è predisposto, tenuto ed aggiornato dalla Presidenza della Regione secondo modalità che assicurino un'agevole consultazione dello stesso ed una completa conoscenza dei procedimenti e degli atti di nomina.
2. Nell'albo devono essere indicati:
a) il nome ed il cognome, la data ed il luogo di nascita delle persone che ricoprono o hanno ricoperto incarichi;
b) l'incarico ed il riferimento alle norme in forza delle quali si è provveduto alla nomina o designazione;
c) gli estremi del provvedimento e della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana;
d) la durata dell'incarico e la data di scadenza dello stesso;
e) i compensi e le indennità a qualunque titolo connessi all'incarico.
3. Tutti i cittadini hanno diritto a prendere visione dell'albo.
4. Dall'albo sono depennati i dati relativi agli incarichi di cui alla presente legge cessati da almeno due anni.
Pubblicità dell'attività svolta
Art. 8, legge regionale n. 19/1997

1. Coloro che sono nominati o designati ai sensi della presente legge in un organo di cui facciano altresì parte soggetti altrimenti nominati sono tenuti a presentare annualmente una relazione sull'attività svolta dallo stesso organo alla Presidenza della Regione, la quale ne trasmette copia, al fine di conoscenza, alla competente Commissione dell'Assemblea regionale siciliana.
2. L'inosservanza dell'adempimento di cui al comma 1 comporta la decadenza dalla carica, che viene dichiarata dall'organo competente alla nomina.
Adeguamento degli statuti degli enti locali
Art. 9, legge regionale n. 19/1997

1. Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli enti locali hanno l'obbligo di adeguare i propri statuti alle disposizioni della stessa in materia di criteri per le nomine.
Titolo VII PROROGA DEGLI ORGANI AMMINISTRATIVI
Disposizioni sulla durata, la proroga e la decadenza degli organi amministrativi
Art. 1, legge regionale n. 22/1995 (art. 2, legge regionale n. 19/1997)

1. Le disposizioni del decreto legge 16 maggio 1994, n. 293, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 1994, n. 444, si applicano, con le modifiche ed integrazioni previste dalla presente legge, agli organi di amministrazione attiva, consultiva e di controllo della Regione, nonché degli enti pubblici da essa dipendenti o comunque sottoposti a tutela, controllo o vigilanza, e delle persone giuridiche a prevalente partecipazione pubblica, alla nomina dei cui organi concorrono la Regione o altri dei suddetti enti pubblici, fatta eccezione per gli organi elettivi della Regione, delle province e dei comuni e per gli organi per i quali la nomina di componenti è di competenza dell'Assemblea regionale.
2. Gli uffici titolari del potere di nomina dei componenti degli organi di amministrazione attiva, consultiva e di controllo provvedono alla tenuta e all'aggiornamento di tutti i dati relativi ai termini di scadenza, proroga e decadenza degli organi amministrativi, da comunicare alla Presidenza della Regione entro il 30 giugno di ogni anno relativamente alle nomine o designazioni da effettuare l'anno successivo.
3. Entro il 30 settembre di ogni anno, a cura della Presidenza della Regione è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana l'elenco delle nomine e designazioni di cui al comma 1. L'elenco indica la denominazione di ciascun organo o ente in seno al quale la nomina deve essere effettuata, le fonti normative che prevedono la nomina o la designazione, lregionale competente alla nomina, il termine di scadenza del mandato dell'organo o dell'ente, il termine entro cui lo stesso deve essere ricostituito, nonché i requisiti richiesti per ricoprire ciascun incarico e le indennità previste per ogni incarico.
Proroga degli organi di controllo interno
Art. 1 bis, legge regionale n. 22/1995 (art. 14, legge regionale n. 2/2007)

1. I collegi dei revisori dei conti o sindacali scaduti sono prorogati fino alla nomina dei nuovi collegi e comunque per non oltre 45 giorni.
2. I soggetti che, per qualsiasi causa, sono nominati ad integrazione dei collegi dei revisori dei conti o sindacali, od in sostituzione di uno o più componenti, scadono insieme agli altri membri del collegio già in carica.
Ambito di applicazione
Art. 1, decreto legge 16 maggio 1994, n. 293, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 1994, n. 444

1. Il presente decreto si applica agli organi di amministrazione attiva, consultiva e di controllo dello Stato e degli enti pubblici nonché delle persone giuridiche a prevalente partecipazione pubblica, quando alla nomina dei componenti di tali organi concorrono lo Stato o gli enti pubblici.
2. Sono esclusi dall'applicazione del presente decreto gli organi rappresentativi delle regioni, delle province, dei comuni (omissis) e gli organi che hanno comunque rilevanza costituzionale.
3. Sono altresì esclusi gli organi per i quali la nomina dei componenti è di competenza parlamentare.
Scadenza e ricostituzione degli organi
Art. 2, decreto legge n. 293/1994 convertito dalla legge n. 444/1994

1. Gli organi amministrativi svolgono le funzioni loro attribuite sino alla scadenza del termine di durata per ciascuno di essi previsto ed entro tale termine debbono essere ricostituiti.
Proroga degli organi - Regime degli atti
Art. 3, decreto legge n. 293/1994 convertito dalla legge n. 444/1994

1. Gli organi amministrativi non ricostituiti nel termine di cui all'articolo 2 sono prorogati per non più di quarantacinque giorni, decorrenti dal giorno della scadenza del termine medesimo.
2. Nel periodo in cui sono prorogati, gli organi scaduti possono adottare esclusivamente gli atti di ordinaria amministrazione, nonché gli atti urgenti e indifferibili con indicazione specifica dei motivi di urgenza e indifferibilità.
3. Gli atti non rientranti fra quelli indicati nel comma 2, adottati nel periodo di proroga, sono nulli.
Ricostituzione degli organi
Art. 4, decreto legge n. 293/1994 convertito dalla legge n. 444/1994

1. Entro il periodo di proroga gli organi amministrativi scaduti debbono essere ricostituiti.
2. Nei casi in cui i titolari della competenza alla ricostituzione siano organi collegiali e questi non procedano alle nomine o designazioni ad essi spettanti almeno tre giorni prima della scadenza del termine di proroga, la relativa competenza è trasferita ai rispettivi presidenti, i quali debbono comunque esercitarla entro la scadenza del termine medesimo.
Efficacia dell'atto di ricostituzione - Regime dei controlli
Art. 5, decreto legge n. 293/1994 convertito dalla legge n. 444/1994

1. I provvedimenti di nomina dei componenti di organi scaduti adottati nel periodo di proroga sono immediatamente esecutivi.
2. Nella pendenza dei controlli sui provvedimenti di cui al comma 1 e fino alle comunicazioni della conformità a legge, agli organi ricostituiti si applicano le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 dell'articolo 3.
3. Le dichiarazioni, in sede di controllo, di non conformità a legge dei provvedimenti di cui al comma 1 hanno effetto risolutivo e obbligano gli organi da cui tali atti sono emanati a provvedere entro quindici giorni dalla comunicazione delle dichiarazioni di non conformità, adeguandosi ad esse.
Decadenza degli organi non ricostituiti Regime degli atti - Responsabilità
Art. 6, decreto legge n. 293/1994 convertito dalla legge n. 444/1994

1. Decorso il termine massimo di proroga senza che si sia provveduto alla loro ricostituzione, gli organi amministrativi decadono.
2. Tutti gli atti adottati dagli organi decaduti sono nulli.
3. I titolari della competenza alla ricostituzione e nei casi di cui all'articolo 4, comma 2, i presidenti degli organi collegiali sono responsabili dei danni conseguenti alla decadenza determinata dalla loro condotta, fatta in ogni caso salva la responsabilità penale individuale nella condotta omissiva.
Raccolta e tenuta dei dati sulla durata degli organi
Art. 7, decreto legge n. 293/1994 convertito dalla legge n. 444/1994

1. Gli uffici titolari del potere di nomina dei componenti degli organi di amministrazione attiva, consultiva e di controllo provvedono alla tenuta e all'aggiornamento di tutti i dati relativi ai termini di scadenza, proroga e decadenza degli organi amministrativi.
2. La Presidenza del Consiglio dei Ministri verifica l'adempimento dell'obbligo di cui al comma 1.
Adeguamento della normativa regionale
Art. 9, decreto legge n. 293/1994 convertito dalla legge n. 444/1994

1. Le disposizioni di cui al presente decreto operano direttamente nei riguardi delle regioni a statuto ordinario fino a quando esse non avranno adeguato i rispettivi ordinamenti ai princìpi generali ivi contenuti.
2. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono ad adeguare i rispettivi ordinamenti ai princìpi fondamentali ivi stabiliti.
Titolo VIII INFORMAZIONE E COMUNICAZIONE DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
Istituzione di Uffici stampa presso gli enti locali e le amministrazioni pubbliche
Art. 58, legge regionale 18 maggio 1996, n. 33 (art. 28, legge regionale n. 4/1999 e art. 111, legge regionale n. 17/2004)

1. I comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti, le province regionali e le amministrazioni pubbliche soggette alla tutela e vigilanza della Regione siciliana di cui all'articolo 1 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 10 procedono, entro il 31 maggio 2005, all'adeguamento delle rispettive piante organiche alle previsioni della legge 7 giugno 2000, n. 150 riconvertendo i posti vacanti e disponibili, e senza ulteriori oneri per le amministrazioni, al fine di prevedere l'istituzione di uffici stampa di cui faranno parte giornalisti a cui si applica il contratto nazionale di lavoro giornalistico nella sua interezza, fermo restando l'autonomia statutaria e regolamentare dei suddetti enti.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche agli uffici stampa già istituiti presso gli enti e le amministrazioni di cui al predetto comma, fatte salve condizioni più favorevoli.
3. Le procedure concorsuali per la copertura dei posti negli uffici stampa si svolgono con le modalità previste dalla vigente normativa regionale per le assunzioni negli enti di cui al comma 1, integrate ai sensi della presente legge.
Enti locali. Uffici stampa
Art. 16, legge regionale 17 marzo 2000, n. 8

1. Le disposizioni di cui all'articolo 58 della legge regionale 18 maggio 1996, n. 33, così come modificato ed integrato dall'articolo 28 della legge regionale 5 gennaio 1999, n. 4, si applicano anche ai comuni con popolazione superiore ai 10.000 abitanti e ai comuni con popolazione inferiore se consorziati fra loro per la creazione di un ufficio stampa consortile.
2. Ai componenti degli uffici stampa si attribuisce la qualifica ed il trattamento contrattuale di capo servizio. Il capo dell'amministrazione affida, di volta in volta, e senza ulteriori oneri o compensi, ad uno dei componenti dell'ufficio stampa, le funzioni di coordinamento del medesimo.
Informazione e comunicazione
Art. 127, legge regionale n. 2/2002 (art. 139, legge regionale n. 4/2003 e art. 111, legge regionale n. 17/2004)

1. Nell'ambito della Regione siciliana si applicano gli articoli 1, 2, 3, 4, 6, 7, 8 e 9, limitatamente ai commi 1, 2, 3 e 4, della legge 7 giugno 2000, n. 150 "Disciplina delle attività di informazione delle pubbliche amministrazioni". Negli uffici stampa di cui all'articolo 58 della legge regionale 18 maggio 1996, n. 33 l'individuazione e la regolamentazione dei profili professionali sono affidate alla contrattazione collettiva da svolgersi presso l'Assessorato regionale alla Presidenza, in osservanza e nel rispetto del contratto collettivo n. 1 giornalistico FNSI-FIEG. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 7 della legge 7 giugno 2000, n. 150 negli enti locali il portavoce deve essere iscritto all'ordine dei giornalisti.
2. In sede di prima applicazione ai giornalisti componenti gli uffici stampa già esistenti presso gli enti di cui all'articolo 1 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 10, è attribuita la qualifica ed il trattamento contrattuale di redattore capo, in applicazione del Contratto nazionale di lavoro giornalistico ed in sintonia con l'articolo 72 della legge regionale 29 ottobre 1985, n. 41.
3.  Nell'ambito dell'Amministrazione regionale, per il trattamento economico del personale di cui all'articolo 7 della legge 7 giugno 2000, n. 150, si applicano le norme regolamentari vigenti per gli uffici di diretta collaborazione del Presidente della Regione e degli Assessori regionali.
4.  Per l'espletamento delle funzioni di informazione e di comunicazione di cui alla legge 7 giugno 2000, n. 150 da parte del Presidente della Regione e degli Assessori regionali è autorizzata, per l'esercizio finanziario 2002, la spesa complessiva di 715 migliaia di euro in ragione di 55 migliaia di euro per ciascun ramo dell'Amministrazione regionale. Per gli anni successivi la relativa spesa è valutata in 55 migliaia di euro per ciascun ramo dell'Amministrazione regionale
5.  E' fatto obbligo a tutti gli enti di cui all'articolo 1 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 10 di individuare, in sede di predisposizione dei bilanci annuali, un capitolo dedicato alle spese complessive per la comunicazione e informazione pubblica, in una percentuale inferiore al 2 per cento delle risorse generali.
6.  In sede di predisposizione degli appositi regolamenti, gli enti di cui all'articolo 1 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 10 confermano, in base alle disposizioni dell'articolo 6, comma 2, della legge 7 giugno 2000, n. 150, le funzioni di comunicazione e di informazione svolte dal personale a qualsiasi titolo alla data del 30 giugno 2000. Il predetto personale, di ruolo (inciso omesso in quanto impugnato, ai sensi dell'articolo 28 dello Statuto, dal Commissario dello Stato per la Regione siciliana), frequenta appositi corsi di qualificazione per la definitiva stabilizzazione della funzione ricoperta.
Finalità ed ambito di applicazione
Art. 1, legge 7 giugno 2000, n. 150

1. Le disposizioni della presente legge, in attuazione dei princìpi che regolano la trasparenza e l'efficacia dell'azione amministrativa, disciplinano le attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni.
2. Ai fini della presente legge sono pubbliche amministrazioni quelle indicate all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29.
3. E' fatta salva la disciplina vigente relativa alla pubblicità legale od obbligatoria degli atti pubblici.
4. Nel rispetto delle norme vigenti in tema di segreto di Stato, di segreto d'ufficio, di tutela della riservatezza dei dati personali e in conformità ai comportamenti richiesti dalle carte deontologiche, sono considerate attività di informazione e di comunicazione istituzionale quelle poste in essere in Italia o all'estero dai soggetti di cui al comma 2 e volte a conseguire:
a) l'informazione ai mezzi di comunicazione di massa, attraverso stampa, audiovisivi e strumenti telematici;
b)  la comunicazione esterna rivolta ai cittadini, alle collettività e ad altri enti attraverso ogni modalità tecnica ed organizzativa;
c)  la comunicazione interna realizzata nell'ambito di ciascun ente.
5. Le attività di informazione e di comunicazione sono, in particolare, finalizzate a:
a)  illustrare e favorire la conoscenza delle disposizioni normative, al fine di facilitarne l'applicazione;
b)  illustrare le attività delle istituzioni e il loro funzionamento;
c)  favorire l'accesso ai servizi pubblici, promuovendone la conoscenza;
d)  promuovere conoscenze allargate e approfondite su temi di rilevante interesse pubblico e sociale;
e) favorire processi interni di semplificazione delle procedure e di modernizzazione degli apparati nonché la conoscenza dell'avvio e del percorso dei procedimenti amministrativi;
f)  promuovere l'immagine delle amministrazioni, nonché quella dell'Italia, in Europa e nel mondo, conferendo conoscenza e visibilità ad eventi d'importanza locale, regionale, nazionale ed internazionale.
6. Le attività di informazione e di comunicazione istituzionale di cui alla presente legge non sono soggette ai limiti imposti in materia di pubblicità, sponsorizzazioni e offerte al pubblico.
Forme, strumenti e prodotti
Art. 2, legge n. 150/2000

1. Le attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni si esplicano, oltre che per mezzo di programmi previsti per la comunicazione istituzionale non pubblicitaria, anche attraverso la pubblicità, le distribuzioni o vendite promozionali, le affissioni, l'organizzazione di manifestazioni e la partecipazione a rassegne specialistiche, fiere e congressi.
2. Le attività di informazione e di comunicazione sono attuate con ogni mezzo di trasmissione idoneo ad assicurare la necessaria diffusione di messaggi, anche attraverso la strumentazione grafico-editoriale, le strutture informatiche, le funzioni di sportello, le reti civiche, le iniziative di comunicazione integrata e i sistemi telematici multimediali.
3. Con uno o più regolamenti, da comunicare alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e alla Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, le pubbliche amministrazioni provvedono alla diffusione delle modalità e delle forme di comunicazione a carattere pubblicitario, in attuazione delle norme vigenti in materia.
Messaggi di utilità sociale e di pubblico interesse
Art. 3, legge n. 150/2000

1. La Presidenza del Consiglio dei Ministri determina i messaggi di utilità sociale ovvero di pubblico interesse, che la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo può trasmettere a titolo gratuito. Alla trasmissione di messaggi di pubblico interesse previsti dal presente comma sono riservati tempi non eccedenti il due per cento di ogni ora di programmazione e l'uno per cento dell'orario settimanale di programmazione di ciascuna rete. Le emittenti private, radiofoniche e televisive, hanno facoltà, ove autorizzate, di utilizzare tali messaggi per passaggi gratuiti.
2. Nelle concessioni per la radiodiffusione sonora e televisiva è prevista la riserva di tempi non eccedenti l'uno per cento dell'orario settimanale di programmazione per le stesse finalità e con le modalità di cui al comma 1.
3. Fatto salvo quanto stabilito dalla presente legge e dalle disposizioni relative alla comunicazione istituzionale non pubblicitaria, le concessionarie radiotelevisive e le società autorizzate possono, per finalità di esclusivo interesse sociale, trasmettere messaggi di utilità sociale.
4. I messaggi di cui al comma 3 non rientrano nel computo degli indici di affollamento giornaliero nè nel computo degli indici di affollamento orario stabiliti dal presente articolo. Il tempo di trasmissione dei messaggi non può, comunque, occupare più di quattro minuti per ogni giorno di trasmissione per singola concessionaria. Tali messaggi possono essere trasmessi gratuitamente; qualora non lo fossero, il prezzo degli spazi di comunicazione contenenti messaggi di utilità sociale non può essere superiore al cinquanta per cento del prezzo di listino ufficiale indicato dalla concessionaria.
Formazione professionale
Art. 4, legge n. 150/2000

1. Le amministrazioni pubbliche individuano, nell'ambito delle proprie dotazioni organiche, il personale da adibire alle attività di informazione e di comunicazione e programmano la formazione, secondo modelli formativi individuati dal regolamento di cui all'articolo 5.
2. Le attività di formazione sono svolte dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione, secondo le disposizioni del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 287, dalle scuole specializzate di altre amministrazioni centrali, dalle università, con particolare riferimento ai corsi di laurea in scienze della comunicazione e materie assimilate, dal Centro di formazione e studi (FORMEZ), nonché da strutture pubbliche e private con finalità formative che adottano i modelli di cui al comma 1.
Strutture
Art. 6, legge n. 150/2000

1. In conformità alla disciplina dettata dal presente capo e, ove compatibili, in conformità alle norme degli articoli 11 e 12 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, e relative disposizioni attuative, le attività di informazione si realizzano attraverso il portavoce e l'ufficio stampa e quelle di comunicazione attraverso l'ufficio per le relazioni con il pubblico, nonché attraverso analoghe strutture quali gli sportelli per il cittadino, gli sportelli unici della pubblica amministrazione, gli sportelli polifunzionali e gli sportelli per le imprese.
2. Ciascuna amministrazione definisce, nell'ambito del proprio ordinamento degli uffici e del personale e nei limiti delle risorse disponibili, le strutture e i servizi finalizzati alle attività di informazione e comunicazione e al loro coordinamento, confermando, in sede di prima applicazione della presente legge, le funzioni di comunicazione e di informazione al personale che già le svolge.
Portavoce
Art. 7, legge n. 150/2000

1. L'organo di vertice dell'amministrazione pubblica può essere coadiuvato da un portavoce, anche esterno all'amministrazione, con compiti di diretta collaborazione ai fini dei rapporti di carattere politico-istituzionale con gli organi di informazione. Il portavoce, incaricato dal medesimo organo, non può, per tutta la durata del relativo incarico, esercitare attività nei settori radiotelevisivo, del giornalismo, della stampa e delle relazioni pubbliche.
2. Al portavoce è attribuita una indennità determinata dall'organo di vertice nei limiti delle risorse disponibili appositamente iscritte in bilancio da ciascuna amministrazione per le medesime finalità.
Ufficio per le relazioni con il pubblico
Art. 8, legge n. 150/2000

1. L'attività dell'ufficio per le relazioni con il pubblico è indirizzata ai cittadini singoli e associati.
2. Le pubbliche amministrazioni, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvedono, nell'esercizio della propria potestà regolamentare, alla ridefinizione dei compiti e alla riorganizzazione degli uffici per le relazioni con il pubblico secondo i seguenti criteri:
a) garantire l'esercizio dei diritti di informazione, di accesso e di partecipazione di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni;
b) agevolare l'utilizzazione dei servizi offerti ai cittadini, anche attraverso l'illustrazione delle disposizioni normative e amministrative, e l'informazione sulle strutture e sui compiti delle amministrazioni medesime;
c) promuovere l'adozione di sistemi di interconnessione telematica e coordinare le reti civiche;
d) attuare, mediante l'ascolto dei cittadini e la comunicazione interna, i processi di verifica della qualità dei servizi e di gradimento degli stessi da parte degli utenti;
e) garantire la reciproca informazione fra l'ufficio per le relazioni con il pubblico e le altre strutture operanti nell'amministrazione, nonché fra gli uffici per le relazioni con il pubblico delle varie amministrazioni.
3. Negli uffici per le relazioni con il pubblico l'individuazione e la regolamentazione dei profili professionali sono affidate alla contrattazione collettiva.
Uffici stampa
Art. 9, legge n. 150/2000

1. Le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, possono dotarsi, anche in forma associata, di un ufficio stampa, la cui attività è in via prioritaria indirizzata ai mezzi di informazione di massa.
2. Gli uffici stampa sono costituiti da personale iscritto all'albo nazionale dei giornalisti. Tale dotazione di personale è costituita da dipendenti delle amministrazioni pubbliche, anche in posizione di comando o fuori ruolo, o da personale estraneo alla pubblica amministrazione in possesso dei titoli individuati dal regolamento di cui all'articolo 5, utilizzato con le modalità di cui all'articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, nei limiti delle risorse disponibili nei bilanci di ciascuna amministrazione per le medesime finalità.
3. L'ufficio stampa è diretto da un coordinatore, che assume la qualifica di capo ufficio stampa, il quale, sulla base delle direttive impartite dall'organo di vertice dell'amministrazione, cura i collegamenti con gli organi di informazione, assicurando il massimo grado di trasparenza, chiarezza e tempestività delle comunicazioni da fornire nelle materie di interesse dell'amministrazione.
4. I coordinatori e i componenti dell'ufficio stampa non possono esercitare, per tutta la durata dei relativi incarichi, attività professionali nei settori radiotelevisivo, del giornalismo, della stampa e delle relazioni pubbliche. Eventuali deroghe possono essere previste dalla contrattazione collettiva di cui al comma 5.
5. (comma non recepito)
PARTE II - TESTO COORDINATO
Titolo I ORGANIZZAZIONE ISTITUZIONALE
Capo I PRINCIPI E ASSETTO
Art. 1
Principi generali Art. 1, legge regionale 6 marzo 1986, n. 9

L'attività della Regione, degli enti locali territoriali e degli enti da essi dipendenti è ispirata ai principi di autonomia, di decentramento, di partecipazione ed al metodo della programmazione.
Gli enti locali partecipano alla formulazione della programmazione economica e sociale regionale e ne attuano gli obiettivi.
Art. 2
Principio di sussidiarietà Art. 2, legge regionale 23 dicembre 2000, n. 30

1. I comuni e le province sono titolari di funzioni proprie e di quelle conferite loro con legge dello Stato e della Regione, secondo il principio di sussidiarietà. I comuni e le province svolgono le loro funzioni anche attraverso le attività che possono essere adeguatamente esercitate dall'autonoma iniziativa dei cittadini e delle loro formazioni sociali.
Art. 3
Statuti comunali e provinciali Art. 4, legge 8 giugno 1990, n. 142 recepito con modifiche dall'art. 1, comma 1, lett. a), della legge regionale 11 dicembre 1991, n. 48 (art. 1, legge regionale n. 30/2000).

(omissis)
2. (omissis)
La legislazione in materia di ordinamento dei comuni e delle province e di disciplina dell'esercizio delle funzioni ad essi conferite enuncia espressamente i principi che costituiscono limite inderogabile per l'autonomia normativa dei comuni e delle province. L'entrata in vigore di nuove leggi che enunciano tali principi abroga le norme statutarie con essi incompatibili. I consigli comunali e provinciali adeguano gli statuti entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore delle leggi suddette.
(omissis)
Art. 4
Organizzazione degli uffici e del personale Art. 51, legge n. 142/1990, recepito dall'art. 1, comma 1, lett. h), della legge regionale n. 48/1991 (art. 7, legge regionale n 30/2000)

1. Ferme restando le disposizioni per gli enti locali dissestati e strutturalmente deficitari di cui all'articolo 45 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e successive modificazioni, i comuni, le province e gli altri enti locali territoriali, nel rispetto dei principi fissati dalla presente legge, provvedono alla determinazione delle proprie dotazioni organiche, nonché all'organizzazione e gestione del personale nell'ambito della propria autonomia normativa e organizzativa, con i soli limiti derivanti dalla propria capacità di bilancio e dalle esigenze di esercizio delle funzioni, dei servizi e dei compiti loro attribuiti.
(omissis)
Art. 5
Ordinamento degli enti locali territoriali Art. 3, legge regionale n. 9/1986

L'amministrazione locale territoriale nella Regione siciliana è articolata, ai sensi dell'art. 15 dello Statuto regionale, in comuni ed in liberi consorzi di comuni denominati "province regionali".
Art. 6
Pari opportunità Art. 56, legge regionale 1 settembre 1993, n. 26

1. Gli statuti comunali e provinciali stabiliscono norme per assicurare condizioni di pari opportunità tra uomo e donna ai sensi della legge 10 aprile 1991, n. 125 e per promuovere la presenza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organi collegiali del comune e della provincia regionale, nonché degli enti, aziende ed istituzioni da essi dipendenti.
Art. 7
Ripartizione delle competenze tra Regione ed enti locali Art. 31, legge regionale n. 10/2000

1. In armonia con il principio di sussidiarietà e con i principi enunciati dall'articolo 4 della legge 15 marzo 1997, n. 59, tutte le funzioni amministrative che non richiedono l'unitario esercizio a livello regionale sono conferite agli enti locali.
2. Restano riservati alla Regione le funzioni, i compiti e gli adempimenti di natura istituzionale esercitati nell'interesse della Regione e del suo funzionamento come ente territoriale previsto dalla Costituzione, le funzioni, i compiti e gli adempimenti di natura istituzionale concernenti i rapporti internazionali ed i rapporti con l'Unione europea, lo Stato, le altre Regioni e gli enti locali. Restano altresì riservati alla Regione in quanto richiedenti l'esercizio unitario a livello regionale:
a)  le funzioni ed i compiti amministrativi per la realizzazione di infrastrutture ed opere pubbliche di interesse regionale;
b)  le funzioni ed i compiti di rilievo regionale per la difesa del suolo, la tutela e la valorizzazione dell'ambiente;
c)  le funzioni ed i compiti amministrativi in materia di sanità;
d)  le funzioni ed i compiti amministrativi riguardanti i programmi comunitari;
e)  le funzioni di promozione e sviluppo dei settori economici e produttivi, nonché del lavoro;
f)  le funzioni ed i compiti in materia di protezione civile;
g)  le funzioni ed i compiti in materia di iniziative culturali e turistiche di interesse regionale;
h) le funzioni ed i compiti relativi al corpo forestale regionale;
i)  le funzioni ed i compiti amministrativi in materia di beni culturali ed ambientali, pubblica istruzione ed assistenza universitaria;
l)  le funzioni ed i compiti amministrativi in materia di formazione professionale ad eccezione dell'organizzazione e gestione dei corsi formativi;
m)  le funzioni ed i compiti amministrativi in materia di motorizzazione civile e di trasporti di interesse regionale;
n)  le funzioni ed i compiti amministrativi in materia di urbanistica, costruzioni in cemento armato ed edilizia in zone sismiche.
3. Con apposita legge regionale vengono individuate le funzioni ed i compiti di cui al comma 2 che possono essere delegate agli enti locali.
Art. 8
Delega di funzioni da parte della Regione Art. 192, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana, approvato con legge regionale 15 marzo 1963, n. 16

La delega delle funzioni amministrative della Regione ai liberi consorzi, ai comuni e agli altri enti locali è data con legge della Regione la quale stabilisce le direttive fondamentali e regola i conseguenti rapporti finanziari.
La Giunta Regionale può impartire ulteriori direttive cui gli enti suddetti devono attenersi nell'esercizio delle funzioni delegate.
Art. 9
Oneri per la gestione di servizi delegati Art. 193, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana, approvato con legge regionale 15 marzo 1963, n. 16

Non potranno essere poste a carico dei comuni dei liberi consorzi, e degli altri enti locali, oneri per le gestioni di servizi delegati ove non siano in pari tempo assegnati agli enti suddetti i mezzi per farvi fronte.
Art. 10
Partecipazione degli enti locali ai processi di programmazione Art. 32, legge regionale n. 10/2000

1. I comuni e le province hanno, nell'ambito della legge, ogni più ampia facoltà di assumere iniziative per qualsiasi questione che non esuli dalla loro competenza o che non sia attribuita ad altra autorità.
2. Ai comuni e alle province sono affidate competenze complete ed integrali. Possono essere messe in causa o limitate ad un'altra autorità solamente nell'ambito della legge.
3. I comuni e le province esercitano le funzioni ad essi attribuite armonizzandole alle condizioni locali.
4. Le comunità locali sono consultate in tempo utile ed in maniera opportuna nel corso dei processi di programmazione e di formazione delle decisioni per tutte le questioni che le riguardano direttamente. La legge regionale di cui al comma 3 dell'articolo 31 stabilisce altresì forme e modi della partecipazione degli enti locali alla formazione dei piani e dei programmi regionali e negli altri provvedimenti della Regione.
5. La Regione, ai sensi dell'articolo 117, primo e secondo comma, e dell'articolo 118, primo comma della Costituzione, organizza l'esercizio delle funzioni amministrative a livello locale attraverso i comuni e le province. Gli enti non economici sottoposti al controllo e vigilanza della Regione sono espressione a livello locale dei comuni e delle province e concorrono all'esercizio associato delle loro funzioni.
Art. 11
Regolamenti di esecuzione Art. 35, legge regionale n. 10/2000 (art. 22, legge regionale n. 2/2002)

1. Con decreti del Presidente della Regione da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge previo parere della Conferenza Regione-autonomie locali, della Commissione affari istituzionali e della Commissione bilancio dell'Assemblea regionale siciliana vengono individuati i procedimenti di competenza rispettivamente delle province regionali e dei comuni.
2. Ferma restando l'osservanza dei principi di cui al comma 3 dell'articolo 4 della legge 15 marzo 1997, n. 59, ciascun decreto presidenziale è emanato nel rispetto dei seguenti criteri:
a) inserimento dei procedimenti facenti capo alla stessa materia e contestuale specificazione della struttura regionale da sopprimere o ridurre perché interessata dal conferimento;
b) previsione che gli enti locali provvedano direttamente, nelle materie ad essi trasferite, alla concessione ed erogazione di servizi, sovvenzioni, contributi, ausili finanziari o vantaggi economici di qualunque genere.
3. Ciascuno dei decreti presidenziali di cui ai commi 1 e 2 disciplina le seguenti materie:
a) trasferimento di personale, mantenendo la qualifica di provenienza;
b) patrimonio da trasferire;
c) risorse finanziarie da trasferire.
4.  A seguito dell'entrata in vigore di ciascun decreto presidenziale, si procede alle conseguenti variazioni di bilancio al fine di consentire l'effettivo esercizio delle funzioni disciplinate con il decreto presidenziale stesso. Nelle more della definizione, per ciascuna materia, degli adempimenti di cui al presente articolo, le relative funzioni continuano ad essere esercitate dalla Regione.
Art. 12
Art. 1, legge regionale 28 aprile 2003, n. 6

1. E' istituito l'Assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali.
2. L'Assessorato esercita tutte le competenze di indirizzo, programmazione ed attuative derivanti dalla presente legge.
3. L'Assessorato esercita tutte le competenze in materia socio-assistenziale, sociale a rilevanza sanitaria come individuate con decreto del Presidente della Regione, adottato su proposta dell'Assessore regionale per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali previo parere della Commissione legislativa competente e previa delibera di Giunta entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, in attuazione dei principi di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 febbraio 2001 "Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie", nonché le competenze in materia di tutela, promozione e sostegno delle autonomie locali e sociali ed ogni altra competenza già attribuita dalla normativa vigente all'Assessorato regionale degli enti locali cui funzionalmente l'Assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali subentra.
4. Col decreto di cui al comma 3 è, altresì, definita l'articolazione organizzativa delle strutture intermedie dell'Assessorato, in ragione del nuovo quadro di competenze istituzionali ed amministrative attribuite.
5. L'Assessorato regionale degli enti locali è soppresso; nella Tabella A della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10 l'espressione "Assessorato regionale degli enti locali" è sostituita dall'espressione "Assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali"; l'espressione "Dipartimento regionale enti locali" è sostituita dall'espressione "Dipartimento regionale della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali".
Art. 13
Esposizione della bandiera Art. 3, legge regionale 4 gennaio 2000, n. 1

1. Nel territorio della Regione, l'esposizione della bandiera regionale ha luogo, obbligatoriamente:
a)  il giorno 15 maggio, festa dell'Autonomia siciliana, nella ricorrenza della promulgazione dello Statuto regionale;
b)  il giorno 25 maggio, nella ricorrenza della prima seduta dell'Assemblea regionale siciliana;
c)  su disposizione del Presidente della Regione, previa deliberazione della Giunta regionale, quando ricorrano avvenimenti di particolare importanza.
2. Nei casi indicati al comma 1, la bandiera della Regione è esposta all'esterno degli edifici sedi, rispettivamente, dell'Assemblea regionale, della Presidenza della Regione, degli uffici centrali e periferici dell'Amministrazione regionale, degli enti strumentali della Regione, degli enti comunque sottoposti alla vigilanza o controllo della Regione, delle province regionali e dei comuni.
3. La bandiera della Regione è altresì esposta presso le sedi delle istituzioni, degli organi, degli istituti, indicati al comma 1, dell'articolo 5, limitatamente alle circostanze dalla stessa disposizione precisate.
Art. 14
Luoghi deputati all'esposizione della bandiera Art. 5, legge regionale n. 1/2000

1. Fatto salvo quanto disposto all'articolo 2, della legge 5 febbraio 1998, n. 22, la bandiera della Regione è esposta all'esterno dei seguenti edifici:
a)  la sede dell'Assemblea regionale siciliana per tutta la durata delle riunioni dell'Assemblea, anche se queste si protraggono dopo il tramonto;
b)  la sede della Giunta regionale per tutta la durata delle riunioni della Giunta, anche se queste si protraggono dopo il tramonto;
c)  le sedi dei consigli provinciali e dei consigli comunali, in occasione delle rispettive riunioni consiliari;
d) le sedi dei presidenti delle province regionali e dei sindaci dei comuni, quando si riuniscono le rispettive giunte provinciali, o comunali;
e) le sedi dei rettorati e delle facoltà delle università siciliane, in occasione della giornata iniziale dell'anno accademico, durante le ore di lezione;
f) le sedi di istituti scolastici di ogni ordine e grado, il giorno in cui ha inizio l'anno scolastico, durante le ore di lezione;
g) gli edifici presso cui sono costituiti seggi elettorali in occasione delle elezioni per il rinnovo dell'Assemblea regionale siciliana, finché durano le operazioni di voto.
Art. 15
Precedenza Art. 6, legge regionale n. 1/2000

1. Fatto salvo quanto stabilito dalle disposizioni di legge statale che disciplinano le modalità di esposizione e di uso della bandiera della Repubblica e della bandiera dell'Unione europea, nelle pubbliche cerimonie che si svolgono nel territorio della Regione la bandiera regionale ha la precedenza su ogni gonfalone, vessillo, emblema comunque denominato, di province o comuni. Se esposta su di un'asta, in una pubblica sala, essa occupa il posto d'onore alla destra del tavolo della presidenza.
Capo II IL COMUNE
Art. 16
Natura giuridica Art. 1, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana, approvato con legge regionale n. 16/1963

Il comune è persona giuridica territoriale.
E' altresì circoscrizione di decentramento statale e regionale.
Art. 17
Funzioni amministrative proprie Art. 4, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana, approvato con legge regionale n. 16/1963

Il comune provvede ai servizi d'interesse locale e svolge le funzioni ad esso attribuite dalla legge.
Art. 18
Funzioni delegate Art. 5, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana, approvato con legge regionale n. 16/1963 (art. 42, legge regionale n. 19/1972)

Il comune svolge altresì le funzioni che possono essergli delegate dallo Stato o dalla Regione.
Gli uffici comunali possono svolgere, altresì, funzioni ed adempimenti delegati dallo Stato per la progettazione e la esecuzione di opere pubbliche finanziate a totale carico del bilancio statale.
Art. 19
Funzioni e compiti amministrativi del comune Art. 34, legge regionale n. 10/2000

1. Spettano al comune tutte le funzioni ed i compiti amministrativi che riguardano la popolazione ed il territorio comunale precipuamente nei settori organici dei servizi sociali, dell'assetto ed utilizzazione del territorio e dello sviluppo economico, salvo quanto espressamente attribuito dalla legge regionale ad altri soggetti pubblici.
2. Sono trasferite ai comuni, secondo le modalità ed i tempi previsti dall'articolo 31, tutte le funzioni ed i compiti amministrativi finora esercitati dalla Regione non ricompresi nel comma 2 dell'articolo 31 e nell'articolo 33.
3. Il comune, per l'esercizio delle funzioni in ambiti territoriali adeguati, attua forme di decentramento e di cooperazione con altri comuni e con la provincia.
4. Per l'esercizio di tutte le funzioni amministrative e tecniche trasferite, i comuni e le province utilizzano, nel rispetto dei relativi profili professionali, il personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato già assunto in esecuzione di specifiche disposizioni legislative regionali per le esigenze riconnesse alle articolate attività delegate.
(omissis)
Art. 20
Delegati nelle borgate o frazioni Art. 70, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana, approvato con legge regionale n. 16/1963

Nelle borgate o frazioni, che siano lontane dal capoluogo o presentino difficoltà di comunicazione con esso, il sindaco può delegare le sue funzioni, in ordine di preferenza, ad un Assessore, ad un consigliere, o ad un cittadino iscritto nelle liste elettorali del comune che sia eleggibile a consigliere.
La scelta deve essere fatta tra persone residenti nelle suddette borgate o frazioni.
Art. 21
Circoscrizioni di decentramento comunale Art. 13, legge n. 142/1990, recepito dall'art. 1, comma 1, lett. c), della legge regionale n. 48/1991 (art. 51, legge regionale n. 26/1993)

1. I comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti articolano il loro territorio per istituire le circoscrizioni di decentramento, quali organismi di partecipazione, di consultazione e di gestione di servizi di base, nonché di esercizio delle funzioni delegate dal comune.
2. L'organizzazione e le funzioni delle circoscrizioni sono disciplinate dallo statuto comunale e da apposito regolamento.
3. I comuni con popolazione tra i 30.000 ed i 100.000 abitanti possono articolare il territorio comunale per istituire le circoscrizioni di decentramento secondo quanto previsto dal comma secondo. Detti comuni nonché quelli con popolazione inferiore possono costituire circoscrizioni di decentramento nelle frazioni o borgate isolate territorialmente rispetto al capoluogo del comune e nelle isole minori di pertinenza.
4. Il consiglio circoscrizionale rappresenta le esigenze della popolazione della circoscrizione nell'ambito dell'unità del comune ed è eletto a suffragio diretto secondo le norme stabilite per l'elezione dei consigli comunali con popolazione superiore a 10.000 abitanti.
5. Il consiglio circoscrizionale elegge nel suo seno un presidente.
Capo III LA PROVINCIA REGIONALE
Art. 22
Natura e compiti delle province regionali Art. 4, legge regionale n. 9/1986

Le province regionali, costituite dalla aggregazione dei comuni siciliani in liberi consorzi, sono dotate della più ampia autonomia amministrativa e finanziaria.
Esse sono espressioni delle comunità operanti in territori di dimensioni sovracomunali, storicamente integrate o suscettibili di integrazioni intorno ad un unico polo di direzione, che consentano l'organizzazione delle strutture e dei servizi connessi allo sviluppo delle relative aree, nonché l'elaborazione e l'attuazione di una comune programmazione economica e sociale.
La provincia regionale, ente pubblico territoriale, realizza l'autogoverno della comunità consortile e sovrintende, nel quadro della programmazione regionale, all'ordinato sviluppo economico e sociale della comunità medesima. Essa è titolare di funzioni proprie ed esercita le funzioni delegate dallo Stato o dalla Regione.
Per le funzioni statali o regionali ad essa non delegate, la provincia regionale svolge compiti di proposta.
Il territorio della provincia regionale può costituire circoscrizione di decentramento statale.
Art. 23
Caratteristiche dell'attività della provincia regionale Art. 8, legge regionale n. 9/1986

Le province regionali operano, di norma, sulla base di programmi, mediante i quali sono individuati gli obiettivi, i tempi e le modalità dei propri interventi.
Le province regionali concorrono, altresì, nei modi stabiliti dalla legge, alla determinazione degli obiettivi e delle scelte dei piani e dei programmi socio-economici generali e settoriali della Regione ed alla formazione del piano urbanistico regionale, coordinando, a tal fine, le esigenze e le proposte dei comuni.
Art. 24
Programmazione economico-sociale Art. 9, legge regionale n. 9/1986

In conformità agli indirizzi ed agli atti della programmazione regionale di sviluppo economico-sociale ed in armonia con i relativi obiettivi e priorità, la provincia regionale, in relazione alle complessive esigenze di sviluppo della comunità provinciale, adotta un proprio programma poliennale articolato in piani o progetti settoriali e territoriali, contenente gli obiettivi da perseguire, le priorità da osservare, gli interventi e le opere da realizzare, in rapporto alle risorse finanziarie comunque disponibili.
Il piano provinciale di sviluppo economico-sociale tiene conto delle risultanze dell'assemblea generale dei sindaci dei comuni della provincia regionale, da tenersi annualmente su convocazione del presidente della provincia.
Nella stessa sede il presidente della provincia regionale riferisce sullo stato di attuazione della programmazione provinciale.
Art. 25
Procedure della programmazione Art. 10, legge regionale n. 9/1986

Il progetto del programma di sviluppo economico sociale è predisposto dalla giunta, contestualmente alla presentazione del bilancio di previsione, tenendo conto delle proposte avanzate dai comuni, dalle organizzazioni sindacali ed imprenditoriali, dalle formazioni sociali e dagli altri soggetti pubblici o privati operanti nel territorio della provincia regionale, ed è inviato ai comuni della provincia i quali, entro 30 giorni dalla ricezione, possono formulare, con delibera consiliare, osservazioni e proposte.
Decorsi i termini di cui al comma precedente, il presidente della provincia regionale trasmette il progetto di programma, corredato delle proposte ed osservazioni dei comuni e delle eventuali conseguenti determinazioni della giunta, alla Presidenza della Regione per l'esame da parte degli organi preposti alla programmazione regionale, nel corso del quale sono sentiti i rappresentanti della provincia regionale.
La Presidenza della Regione formula, entro 60 giorni dalla ricezione del progetto di programma, le proprie osservazioni e le eventuali proposte di modifica, necessarie al fine di rendere compatibili i progetti stessi con le scelte della programmazione regionale.
Il programma provinciale di sviluppo economico-sociale è approvato con delibera consiliare, a maggioranza assoluta, tenendo conto delle osservazioni e delle proposte formulate dalla Presidenza della Regione ed è aggiornato ogni anno con prospettiva poliennale anche con riferimento alla verifica di cui all'art. 11, con gli adeguamenti e le specificazioni necessarie alla formulazione del bilancio dell'esercizio successivo.
In ogni caso la provincia è tenuta ad uniformarsi alle proposte della Presidenza della Regione relative alla compatibilità con le scelte della programmazione regionale.
Art. 26
Verifica sull'attuazione del programma economico-sociale Art. 11, legge regionale n. 9/1986

La giunta presenta annualmente al consiglio, in allegato al bilancio di previsione, una relazione sullo stato di attuazione del programma provinciale di sviluppo economico-sociale e dei progetti in cui esso si articola.
Copia della relazione è trasmessa ai comuni che possono presentare proprie osservazioni e proposte.
Art. 27
Pianificazione territoriale Art. 12, legge regionale n. 9/1986

La provincia regionale, ferme restando le competenze dei comuni, adotta un piano relativo:
1)  alla rete delle principali vie di comunicazione stradali e ferroviarie;
2)  alla localizzazione delle opere ed impianti di interesse sovracomunale.
Qualora i comuni interessati non provvedano ad adeguare i loro strumenti urbanistici alle previsioni di detto piano, le deliberazioni delle province regionali relativamente alle suddette materie costituiscono varianti rispetto agli strumenti urbanistici comunali.
Ai fini della formulazione del piano territoriale regionale, la provincia formula proposte relative alle vocazioni prevalenti del suo territorio, specie per quanto riguarda lo sviluppo delle attività produttive.
In relazione al perseguimento delle proprie finalità ed attribuzioni la provincia regionale presenta osservazioni agli strumenti urbanistici generali adottati dai comuni ed in corso di approvazione.
Art. 28 Art. 5, legge regionale n. 48/1991

1. Il piano di cui all'articolo 12, comma 1, della legge regionale 6 marzo 1986, n. 9, è adottato dalla provincia regionale entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge.
2. Al piano è allegato un programma pluriennale di attuazione, nel quale è indicato l'ordine di priorità delle opere da realizzare. Tale ordine è vincolante anche ai sensi dell'articolo 1 della legge regionale 29 aprile 1985, n. 21.
3. Durante la formazione del piano devono essere sentiti gli enti locali e le amministrazioni pubbliche interessati.
4. Il piano è approvato dall'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente, sentito il Consiglio regionale dell'urbanistica.
5. Il piano è sottoposto a revisione dopo cinque anni.
6. Varianti al piano sono ammesse con lo stesso procedimento di cui ai commi precedenti.
7. Decorso il termine di cui al comma 1, l'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente provvede ai sensi dell'articolo 27 della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71.
Art. 29
Funzioni amministrative Art. 13, legge regionale n. 9/1986 (art. 19, legge regionale n. 19/2005)

Nell'ambito delle funzioni di programmazione, di indirizzo e di coordinamento spettanti alla Regione, la provincia regionale provvede sulle seguenti materie:
1)  servizi sociali e culturali:
a) realizzazione di strutture e servizi assistenziali di interesse sovracomunale, anche mediante la riutilizzazione delle istituzioni socio-scolastiche permanenti, in atto gestite ai sensi dell'art. 2 della legge regionale 5 agosto 1982, n. 93; restano ferme le competenze comunali in materia;
b)  distribuzione territoriale, costruzione, manutenzione, arredamento, dotazione di attrezzature, funzionamento e provvista del personale degli istituti di istruzione media di secondo grado; promozione, negli ambiti di competenza, del diritto allo studio. Le suddette funzioni sono esercitate in collaborazione con gli organi collegiali della scuola;
c)  promozione ed attuazione, nell'ambito provinciale, di iniziative ed attività di formazione professionale, in conformità della legislazione regionale vigente in materia, nonché realizzazione di infrastrutture per la formazione professionale;
d)  iniziative e proposte agli organi competenti in ordine all'individuazione ed al censimento dei beni culturali ed ambientali ricadenti nel territorio provinciale, nonché alla tutela, valorizzazione e fruizione sociale degli stessi beni, anche con la collaborazione degli enti e delle istituzioni scolastiche e culturali. Acquisto di edifici o di beni culturali, con le modalità di cui all'art. 21, secondo e terzo comma, della legge regionale 1 agosto 1977, n. 80. Per l'esercizio delle funzioni suddette, la provincia si avvale degli organi periferici dell'Amministrazione regionale dei beni culturali ed ambientali;
e)  promozione e sostegno di manifestazioni e di iniziative artistiche, culturali, sportive e di spettacolo, di interesse sovracomunale;
2)  sviluppo economico:
a) promozione dello sviluppo turistico e delle strutture ricettive, ivi compresa la concessione di incentivi e contributi; realizzazione di opere, impianti e servizi complementari alle attività turistiche, di interesse sovracomunale;
b)  interventi di promozione e di sostegno delle attività artigiane, ivi compresa la concessione di incentivi e contributi, salve le competenze dei comuni;
c)  vigilanza sulla caccia e la pesca nelle acque interne;
d)  autorizzazione all'apertura degli esercizi di vendita al dettaglio di cui all'art. 9 della legge regionale 22 luglio 1972, n. 43;
3)  organizzazione del territorio e tutela dell'ambiente:
a)  costruzione e manutenzione della rete stradale regionale, infraregionale, provinciale, intercomunale, rurale e di bonifica e delle ex trazzere, rimanendo assorbita ogni competenza di altri enti sulle suindicate opere, fatto salvo quanto previsto al penultimo alinea dell'art. 16 della legge regionale 2 gennaio 1979, n. 1;
b)  costruzione di infrastrutture di interesse sovracomunale e provinciale;
c)  organizzazione dei servizi di trasporto locale interurbano;
d)  protezione del patrimonio naturale, gestione di riserve naturali, anche mediante intese e consorzi con i comuni interessati;
e)  tutela dell'ambiente ed attività di prevenzione e di controllo dell'inquinamento, anche mediante vigilanza sulle attività industriali;
f)  organizzazione e gestione dei servizi, nonché localizzazione e realizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti e di depurazione delle acque, quando i comuni singoli o associati non possono provvedervi.
Per le finalità di cui al numero 2, lettera a), del primo comma del presente articolo e di altre disposizioni di leggi regionali, gli uffici periferici e gli enti regionali operanti nel territorio sono collegati e coordinati dalle province regionali.
La provincia regionale svolge, altresì, le attribuzioni delle soppresse amministrazioni provinciali, esplica ogni altra attività di interesse provinciale, in conformità delle disposizioni di legge, può essere organo di decentramento regionale e realizzare interventi per la difesa del suolo e per la tutela idrogeologica.
Art. 30
Delega di funzioni amministrative Art. 14, legge regionale n. 9/1986

La provincia regionale può provvedere alla gestione degli interventi e dei servizi di competenza dei comuni compresi nel suo territorio, d'intesa con gli organi comunali.
Salve le competenze attribuite con la presente legge e quelle eventualmente trasferite con leggi regionali, la provincia può delegare ai comuni compresi nel proprio territorio o a consorzi intercomunali l'esercizio di funzioni amministrative ritenute di interesse locale.
I relativi rapporti finanziari sono disciplinati sulla base di intese fra la provincia regionale e i comuni interessati o i consorzi intercomunali.
Art. 31
Pareri delle province regionali Art. 55, legge regionale n. 26/1993

1. I pareri di competenza degli organi delle province regionali, disciplinati con legge, sono emessi entro trenta giorni dalla richiesta. Per la pretermissione dei pareri si applicano le disposizioni dell'articolo 17 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 10.
2. Gli atti adottati in violazione del comma 1 non possono essere oggetto di successiva definizione.
Art. 32
Funzioni e compiti amministrativi della provincia regionale Art. 33, legge regionale n. 10/2000

1. La provincia regionale, oltre a quanto già specificamente previsto dalle leggi regionali, esercita le funzioni ed i compiti amministrativi di interesse provinciale qualora riguardino vaste zone intercomunali o l'intero territorio provinciale, salvo quanto espressamente attribuito dalla legge regionale ad altri soggetti pubblici.
2. Restano ferme, per quanto attiene alla programmazione economico-sociale ed alla pianificazione territoriale, le disposizioni di cui agli articoli 9, 10, 11 e 12 della legge regionale 6 marzo 1986, n. 9, e successive modifiche ed integrazioni.
Capo IV ATTUAZIONE DELLA PROGRAMMAZIONE REGIONALE
Art. 33
Art. 1, legge regionale 19 maggio 1988, n. 6

1. La Regione siciliana, nello svolgimento della propria azione politico-amministrativa, in armonia con gli obiettivi della programmazione economica nazionale, con il concorso degli enti locali territoriali ed in raccordo con le forze sociali ed economiche operanti nell'ambito della Regione, adotta il metodo della programmazione.
2. La programmazione regionale tende alla razionale valorizzazione delle risorse materiali, ambientali ed umane dell'Isola ed alla trasformazione e al miglioramento delle strutture socio-economiche, al fine di conseguire la massima occupazione, la piena valorizzazione del lavoro siciliano ed equilibrati incrementi di reddito, nonché il superamento degli squilibri economici settoriali e territoriali all'interno della Regione e nei confronti della comunità nazionale.
3. Gli strumenti di programmazione e di gestione di competenza degli enti regionali devono essere riferiti alle prescrizioni e agli indirizzi del piano di cui all'art. 2.
Art. 34
Art. 2, legge regionale n. 6/1988

1. Il piano regionale di sviluppo economico-sociale ha previsione triennale e trova riscontro nei bilanci della Regione. Esso indica gli obiettivi da perseguire, le priorità da osservare, i tempi di attuazione e la spesa complessiva occorrente, nonché i criteri e gli strumenti per la verifica dei risultati.
2. Il piano considera tutte le risorse finanziarie di cui la Regione può disporre, coordinando quelle proprie e quelle derivanti da interventi ordinari e straordinari dello Stato, delle comunità sovranazionali e di altri enti.
3. Il piano destina altresì le risorse finanziarie necessarie al raggiungimento degli obiettivi proposti attraverso i progetti di attuazione di cui all'art. 3.
4. Il piano, in coerenza con gli obiettivi di sviluppo, indica le linee fondamentali dell'uso del territorio ed identifica i criteri per la localizzazione degli interventi.
Art. 35
Art. 3, legge regionale n. 6/1988

1. Il piano si realizza attraverso i progetti di attuazione e contiene, oltre ai requisiti di cui all'art. 2, le linee e gli indirizzi ai quali debbono adeguarsi i progetti. Precisa l'entità e i criteri di spesa nei settori non oggetto di programmi particolari.
2. Il piano, al fine di assicurare la rispondenza tra obiettivi programmatici e gestione del bilancio, si articola in programmi annuali.
Art. 36
Art. 4, legge regionale n. 6/1988

1. Il piano è trasmesso alle province regionali, le quali devono, con delibera di consiglio, far pervenire entro sessanta giorni le proprie osservazioni e proposte, sentiti i comuni ricompresi nel loro territorio.
2. Le osservazioni e le proposte sono inviate alla direzione regionale della programmazione.
Art. 37
Art. 5, legge regionale n. 6/1988

1. Il piano, corredato delle osservazioni e delle proposte formulate dalle province regionali [e del parere del Consiglio regionale dell'economia e del lavoro, di cui all'art. 15,] è presentato all'Assemblea regionale dal Presidente della Regione, previa deliberazione della Giunta regionale, ed è approvato con legge regionale.
Art. 38
Art. 6, legge regionale n. 6/1988

1. Il piano è esaminato dalla competente commissione legislativa permanente ed è sottoposto all'Assemblea regionale per l'approvazione.
2. I progetti di attuazione di cui all'art. 7 sono sottoposti al parere delle commissioni legislative permanenti competenti per materia e trasmessi alla commissione di cui al comma 1, la quale esprime parere sulla compatibilità con gli obiettivi generali del piano e sulla relativa copertura finanziaria. Il parere sui progetti di attuazione è reso con il voto favorevole della maggioranza dei componenti.
3. Sulla base di apposita relazione del Governo, la commissione di cui al comma primo verifica, almeno semestralmente, lo stato di avanzamento dei progetti di attuazione del piano. Accerta altresì la compatibilità, nei contenuti e nelle procedure, tra i disegni di legge e gli indirizzi fissati dagli strumenti della programmazione. Formula, inoltre, proposte e adotta iniziative per l'adeguamento della legislazione vigente agli obiettivi, ai contenuti e alle procedure della programmazione.
Art. 39
Art. 7, legge regionale n. 6/1988

1. I progetti di attuazione del piano sono approvati dalla Giunta regionale con la previsione della relativa dotazione finanziaria, delle procedure e dei tempi di realizzazione, nonché con l'indicazione delle linee essenziali delle leggi eventualmente necessarie per la loro attuazione.
2. Con le stesse modalità sono approvati tutti i documenti programmatori regionali previsti dalla legislazione vigente o richiesti da piani di settore o da prescrizioni della programmazione nazionale, dell'intervento per il Mezzogiorno e della Comunità economica europea. Gli schemi dei documenti programmatori rivolti ad impegnare la spesa extraregionale sono inviati alla competente commissione legislativa permanente dell'Assemblea regionale per il parere di cui all'art. 6, comma secondo.
3. In conformità delle indicazioni del piano la Giunta regionale approva ogni anno, su proposta del Presidente della Regione, d'intesa con l'Assessore regionale per il bilancio e le finanze, il programma annuale, che deve prevedere anche i programmi di utilizzazione delle risorse di cui all'art. 2, comma secondo.
4. Il programma annuale viene presentato all'Assemblea regionale contestualmente al bilancio annuale di previsione.
5. Nello stesso termine viene presentata all'Assemblea regionale la nota di aggiornamento del piano, elaborata con le stesse modalità e procedure del piano, sulla base delle nuove realtà ed esigenze manifestatesi nel corso del periodo di validità del piano medesimo.
Art. 40
Art. 8, legge regionale n. 6/1988

1. I singoli progetti di attuazione e gli altri strumenti programmatori debbono essere accompagnati da una scheda che ne espliciti i criteri di economicità e coerenza al piano.
2. A tal fine è costituito presso la Presidenza della Regione, alle dirette dipendenze del Presidente ed a supporto delle strutture che provvedono alla redazione dei progetti di attuazione, un nucleo di valutazione, composto da personale dell'Amministrazione regionale che abbia particolare competenza ed esperienza professionale in materia economico-finanziaria e tecnica.
3. I componenti del suddetto nucleo vengono nominati con decreto del Presidente della Regione, che stabilisce anche le modalità di strutturazione interna dello stesso.
Art. 41
Art. 9, legge regionale n. 6/1988

1. Entro il mese di febbraio di ciascun anno, il Presidente della Regione predispone la relazione annuale sulle modalità ed i tempi di attuazione degli atti di programmazione.
2. La relazione viene [esaminata in una sessione speciale del Consiglio regionale dell'economia e del lavoro,] sottoposta alla deliberazione della Giunta regionale e trasmessa, [insieme con le considerazioni del Consiglio medesimo,] alla competente commissione legislativa permanente dell'Assemblea regionale.
Art. 42
Art. 10, legge regionale n. 6/1988

1. Gli schemi del piano e degli altri strumenti programmatori a carattere generale sono predisposti dal Presidente della Regione che all'uopo si avvale, oltre che della direzione regionale della programmazione, di un comitato tecnico-scientifico composto da sette docenti universitari o esperti in discipline attinenti alla programmazione economica. Il comitato è presieduto dallo stesso Presidente della Regione. Ne fanno altresì parte di diritto l'Assessore regionale per il bilancio e le finanze, il direttore regionale della programmazione ed il direttore regionale del bilancio e del tesoro.
2. Il direttore regionale della programmazione esercita altresì le funzioni di segretario.
3. Il segretario assicura i necessari raccordi con gli uffici dell'Amministrazione regionale.
4. Ai componenti del comitato che non ne facciano parte in relazione alla carica o alla qualifica rivestita, si applicano le incompatibilità di cui allo art. 16. Il comitato è costituito, sentita la Giunta regionale, con decreto del Presidente della Regione, che ne fissa i compensi. Esso dura in carica tre anni.
Art. 43
Art. 11, legge regionale n. 6/1988 (art. 122, legge regionale n. 17/2004)

1. La direzione regionale della programmazione, di cui all'art. 7 della legge regionale 29 dicembre 1962, n. 28, e successive modifiche ed integrazioni, ed all'art. 13 della legge regionale 10 luglio 1978, n. 16, ferme restando le competenze ivi previste, coadiuva il Presidente della Regione nell'attività di coordinamento dei rapporti relativi con gli organi ed uffici della Regione, dello Stato, della Comunità europea e con gli enti statali, regionali e locali.
2. Al fine di assicurare alla direzione regionale della programmazione il necessario supporto di analisi ed elaborazione occorrente per la predisposizione del piano nonché dei programmi e progetti di cui alla presente legge, il Presidente della Regione può promuovere la costituzione di gruppi di lavoro a tempo determinato di funzionari regionali e di esperti estranei all'Amministrazione.
3. Le finalità di cui al comma secondo possono essere perseguite anche mediante la stipula di convenzioni con università o istituti pubblici di ricerca.
4. (comma abrogato)
Art. 44
Art. 12, legge regionale n. 6/1988

1. Ai lavori dei gruppi di cui all'art. 11 possono essere invitati a partecipare, anche per singole sedute, secondo le modalità da determinarsi nel decreto di costituzione, funzionari regionali o di enti dipendenti o controllati dalla Regione o dallo Stato, il cui intervento sia ritenuto utile in relazione ad esigenze emerse nel corso dei lavori.
2. Ai componenti dei gruppi ed ai partecipanti alle sedute a termini del comma primo, sono corrisposti, oltre all'eventuale trattamento di missione nella misura prevista per la qualifica di direttore regionale, gettoni di presenza determinati con le modalità di cui all'art. 31 della legge regionale 29 aprile 1985, n. 22.
Art. 45
Art. 13, legge regionale n. 6/1988

1. La predisposizione dei progetti di attuazione e dei documenti programmatori di cui all'art. 7, comma secondo, è coordinata dal Presidente della Regione o dall'Assessore regionale dallo stesso designato.
Capo V CONFERENZA REGIONE - AUTONOMIE LOCALI
Art. 46.
Conferenza Regione - Autonomie locali Art. 43, legge regionale 7 marzo 1997, n. 6 (art. 100, legge regionale n. 2/2002)

1. E' istituita la Conferenza permanente Regione - Autonomie locali per il coordinamento delle politiche locali nel territorio della Regione con compiti di informazione, consultazione e raccordo in relazione agli indirizzi di politica generale del Governo regionale che incidono sulle funzioni proprie o delegate dei comuni e delle province.
2. La Conferenza interviene, con propri deliberati, sulle questioni di carattere generale che abbiano incidenza in ambito comunale, provinciale o metropolitano, nonché in ogni altra ipotesi in cui il Governo regionale lo ritenga opportuno.
3. Le deliberazioni sono assunte dalla Conferenza entro quindici giorni. Tale termine può essere rinnovato per una sola volta, con decisione motivata, sulla base di esigenze rappresentate dalla Conferenza. In caso di decorrenza del termine senza che la Conferenza si sia espressa, la Giunta regionale procede prescindendo dalla acquisizione dello stesso.
4. Della Conferenza, nominata con decreto del Presidente della Regione, fanno parte: il Presidente della Regione o un suo delegato che la presiede, l'Assessore regionale per gli enti locali, l'Assessore regionale per il bilancio e le finanze, il presidente dell'ANCI Sicilia, il presidente dell'URPS, nove sindaci e tre presidenti delle province regionali scelti rispettivamente dall'ANCI e dall'URPS nel rispetto delle varie categorie di enti. Della Conferenza fanno parte, altresì, il rappresentante della Lega delle autonomie, dell'ASACEL e dell'ASAEL. La Conferenza è di volta in volta integrata dagli Assessori regionali competenti nelle materie oggetto di discussione.
5. Alle sedute della Conferenza possono essere invitati i responsabili delle strutture regionali istituzionalmente competenti, che in ogni caso, forniscono alla Conferenza il supporto tecnico e conoscitivo.
6. Con il decreto istitutivo della Conferenza viene, altresì, costituita la segreteria tecnica ed individuati la sede ed il personale da destinare al funzionamento della stessa.
(omissis)
Art. 47
Assegnazioni in favore delle autonomie locali Art. 6, legge regionale 6 febbraio 2008, n. 1

(omissis)
7. L'Assessore regionale per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali, con proprio decreto da adottarsi previa deliberazione della Giunta regionale, determina le modalità di funzionamento ed i componenti della segreteria di cui all'articolo 43, comma 6, della legge regionale 7 marzo 1997, n. 6, come modificato dall'articolo 100 della legge regionale n. 2/2002, scelti fra il personale in quiescenza o in servizio dell'Amministrazione regionale.
(omissis)
Art. 48
Conferenza delle autonomie locali Art. 59, legge regionale n. 9/1986 (art. 62, legge regionale n. 15/2004)

E' istituita la Conferenza regionale delle autonomie locali con sede presso l'Assemblea regionale siciliana.
Essa è costituita dai sindaci e dai vice-sindaci, dai presidenti dei gruppi consiliari dei comuni, dai presidenti, vicepresidenti e capigruppo consiliari delle province regionali.
La Conferenza si riunisce ordinariamente ogni due anni ed in linea straordinaria per motivi urgenti e di particolare importanza generale.
La seduta ordinaria si tiene il 15 maggio di ogni biennio ovvero in altra data stabilita dal Presidente dell'Assemblea qualora ricorrano particolari esigenze.
La Conferenza è convocata dal Presidente dell'Assemblea regionale siciliana, che la presiede.
La Conferenza nella sua seduta biennale ordinaria discute sulla relazione presentata dal Presidente della Regione sullo stato della Regione e sulle linee di programmazione della spesa.
A conclusione è approvata una risoluzione di intenti e di proposte.
Alla Conferenza partecipano anche i rappresentanti delle associazioni di enti e amministratori locali.
Capo VI MODALITÀ DI ESPRESSIONE DELLA RAPPRESENTANZA POPOLARE
Sezione I PRINCIPI GENERALI
Art. 49
Determinazioni della rappresentanza Art. 165, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963

La rappresentanza elettiva spettante ai comuni e alle Province regionali è determinata in base alla popolazione residente, quale risulta dall'ultimo censimento ufficiale.
Art. 50
Art. 1, decreto presidenziale 20 agosto 1960, n. 3 (T.U. 5 aprile 1951, n. 203, art. 11, legge regionale n. 5 aprile 1952, n. 11, art. 1; D.P. Rep. 19 luglio 1956, n. 977, art. 1; legge regionale n. 25 luglio 1960, n. 28, art. 1) (art. 23, legge regionale n. 7/1992, art. 44, legge regionale n. 26/1993 e art. 15, legge regionale n. 35/1997)

(omissis)
Gli elettori di un comune concorrono tutti egualmente alla elezione di ogni consigliere.
(omissis)
Art. 51
Art. 2, D.P. n. 3/1960 (legge regionale 5 aprile 1952, n. 11, art. 12; legge regionale 25 luglio 1960, n. 28, art. 2) (art. 23, legge regionale n. 7/1992, art. 44, legge regionale n. 26/1993 e art. 15, legge regionale n. 35/1997)

(omissis)
Gli elettori di un comune concorrono tutti egualmente alla elezione di ogni consigliere.
Ogni ripartizione per frazione è esclusa.
Art. 52
Art. 3, D.P. n. 3/1960 (T.U. 5 aprile 1951, n. 203, art. 13; legge regionale 5 aprile 1952, n. 11, art. 1) (art. 15, legge regionale n. 35/1997)

Sono elettori i cittadini iscritti nelle liste elettorali compilate ai termini della legge 7 ottobre 1947 n. 1058 e successive modifiche.
Per la ripartizione dei comuni in sezioni elettorali, la compilazione delle relative liste e la scelta dei luoghi di riunione degli elettori, valgono le disposizioni legislative predette.
Art. 53
Art. 4, D.P. n. 3/1960 (T.U. 5 aprile 1951, n. 203, art. 14; legge regionale 5 aprile 1952, n. 11, art. 1; legge 31 ottobre 1955, n. 1064, artt. 2 e 3) (art. 26, legge regionale n. 26/1993 e art. 15, legge regionale n. 35/1997)

1. Sono eleggibili a consigliere comunale gli iscritti nelle liste elettorali di qualsiasi comune.
2. Sono, altresì, eleggibili i cittadini dell'Unione europea che ne abbiano i requisiti e secondo le modalità previste dall'articolo 5 del decreto legislativo 12 aprile 1996, n. 197.
Sezione II ORGANI ELETTIVI DEL COMUNE
Art. 54
Durata in carica del sindaco eletto a suffragio popolare e disposizioni applicabili Art. 1, legge regionale 26 agosto 1992, n. 7 (art. 1, legge regionale n. 25/2000)

1. Nei comuni della Regione il sindaco è eletto a suffragio universale e diretto dai cittadini iscritti nelle liste elettorali del comune.
2. La durata in carica del sindaco e del consiglio comunale è fissata in cinque anni.
3. Le norme vigenti in materia di legislazione elettorale e di Ordinamento regionale degli enti locali si applicano tenendo conto delle disposizioni di cui ai successivi articoli.
Art. 55
Candidatura Art. 7, legge regionale n. 7/1992 (art. 37, legge regionale n. 26/1993 e art. 1, legge regionale n. 35/1997)

1. La dichiarazione di presentazione delle liste dei candidati al consiglio comunale e delle collegate candidature alla carica di sindaco per ogni comune deve essere sottoscritta:
a) da non meno di 1.000 e da non più di 2.000 elettori nei comuni con popolazione superiore a 500.000 abitanti;
b) da non meno di 700 e da non più di 2.000 elettori nei comuni con popolazione compresa tra 100.001 e 500.000 abitanti;
c) da non meno di 400 e da non più di 1.500 elettori nei comuni con popolazione compresa tra 40.001 e 100.000 abitanti;
d) da non meno di 250 e da non più di 800 elettori nei comuni con popolazione compresa tra 20.001 e 40.000 abitanti;
e) da non meno di 200 e da non più di 500 elettori nei comuni con popolazione compresa tra 10.001 e 20.000 abitanti;
f) da non meno di 80 e da non più di 250 elettori nei comuni con popolazione compresa tra 5.001 e 10.000 abitanti;
g) da non meno di 40 e da non più di 100 elettori nei comuni con popolazione compresa tra 2.001 e 5.000 abitanti;
h) da non meno di 30 e da non più di 60 elettori nei comuni con popolazione inferiore a 2.000 abitanti.
2. Nessuna sottoscrizione è richiesta per la dichiarazione di presentazione delle liste nei comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti.
3.  Nessuna sottoscrizione è richiesta per i partiti o gruppi politici costituiti presso l'Assemblea regionale siciliana in gruppo parlamentare o che nell'ultima elezione regionale abbiano ottenuto almeno un seggio, anche se presentino liste contraddistinte dal contrassegno tradizionale affiancato ad altri simboli. In tali ipotesi le liste dei candidati saranno sottoscritte e presentate dal rappresentante regionale del partito o del gruppo politico o da una o più persone dallo stesso delegate, con firma autenticata.
4.  Oltre a quanto previsto dagli articoli 17 e 20 del Testo Unico della legge per l'elezione dei consigli comunali nella Regione siciliana approvato con decreto del Presidente della Regione 20 agosto 1960, n. 3, con la lista di candidati al consiglio comunale deve essere anche presentato il candidato alla carica di sindaco e il programma amministrativo da affiggere all'albo pretorio.
5.  All'atto della presentazione della lista, ciascun candidato alla carica di sindaco deve dichiarare di non aver accettato la candidatura in altro comune. Unitamente alla dichiarazione di accettazione della candidatura ed al programma amministrativo di cui al comma 4 dovrà presentare l'elenco di almeno la metà degli assessori che intende nominare.
6.  Chi è eletto in un comune non può presentarsi come candidato in altri comuni.
7. E' consentita la candidatura contemporanea alla carica di sindaco ed alla carica di consigliere comunale nello stesso comune. In caso di elezione ad entrambe le cariche, il candidato eletto sindaco decade da quella di consigliere comunale.
8. I candidati alle cariche di sindaco o consigliere comunale devono aggiungere alla documentazione già prescritta apposita dichiarazione, da rilasciare davanti a pubblico ufficiale, attestante se gli stessi sono stati raggiunti, ai sensi dell'articolo 369 del codice di procedura penale, da informazione di garanzia relativa al delitto di associazione per delinquere di stampo mafioso; se sono stati proposti per una misura di prevenzione; se sono stati fatti oggetto di avviso orale ai sensi dell'articolo 4 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423; se sono coniugati, ovvero conviventi con persona condannata, con sentenza anche non passata in giudicato per associazione per delinquere di stampo mafioso; se gli stessi, i coniugi o i conviventi, siano parenti di primo grado, o legati da vincoli di affiliazione, con soggetti condannati, con sentenza anche non passata in giudicato, per il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso. La mancata dichiarazione produce l'esclusione del candidato.
9. La commissione elettorale circondariale, in sede di prima votazione ed, eventualmente, in sede di ballottaggio, assegna un numero progressivo a ciascun candidato alla carica di sindaco mediante sorteggio, da effettuarsi alla presenza dei delegati di lista appositamente convocati.
Art. 56
Operazioni dell'ufficio centrale o dell'adunanza dei presidenti di seggio Art. 8, legge regionale n. 7/1992 (art. 38, legge regionale n. 26/1993)

1. Il presidente dell'ufficio centrale o il presidente della prima sezione, il primo giorno successivo al compimento dello scrutinio, o al più tardi il secondo giorno successivo, riunisce l'ufficio e riassume i voti delle varie sezioni determinando la cifra elettorale di ciascun candidato alla elezione alla carica di sindaco, costituita dai voti validamente attribuiti.
2. Successivamente determina il quorum necessario per la elezione, rappresentato dalla metà più uno dei voti validamente espressi. Proclama eletto il candidato che ha ottenuto il numero di voti pari o superiore al numero così determinato.
2 bis. Ove sia stato ammesso un solo candidato, lo proclama eletto qualora ricorrano le condizioni previste dall'articolo 40 del testo unico approvato con D.P.Reg. 20 agosto 1960, n. 3.
2 ter. Le operazioni dell'ufficio centrale o dell'adunanza dei presidenti di seggio relative alla elezione del sindaco vanno espletate con precedenza rispetto a quelle relative alla elezione del consiglio comunale e vanno completate entro il mercoledì successivo al giorno di votazione.
3. Entro due giorni dalla chiusura delle operazioni il sindaco uscente o il commissario straordinario pubblica i risultati dell'elezione e li notifica all'eletto.
Art. 57
Secondo turno di votazione Art. 9, legge regionale n. 7/1992 (artt. 39 e 50, legge regionale n. 26/1993)

1.  Se nessun candidato ottiene la maggioranza richiesta, la nuova votazione per l'elezione del sindaco avrà luogo, con le stesse modalità, nella seconda domenica successiva.
2.  Al secondo turno sono ammessi i due candidati che nel primo turno hanno ottenuto il maggior numero di voti, salve eventuali dichiarazioni di rinuncia da presentarsi alla commissione elettorale circondariale nel giorno successivo alla proclamazione dei risultati del primo turno. A parità di voti è ammesso al ballottaggio il più anziano per età.
3. Qualora uno o ambedue i candidati ammessi al secondo turno dichiarino di rinunciare subentrano i candidati che abbiano ottenuto in graduatoria il maggior numero di voti. Le eventuali rinunzie successive alla prima devono avvenire entro il secondo giorno successivo alla proclamazione dei risultati elettorali.
4.  Il venir meno, per rinunzia, della candidatura oltre i termini di cui al comma precedente non determina l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 40 del testo unico approvato con D.P.Reg. 20 agosto 1960, n. 3.
4-bis.  Entro il terzo giorno successivo alla proclamazione dei risultati elettorali i candidati ammessi al secondo turno hanno facoltà di modificare il documento programmatico formulato all'atto di presentazione della candidatura anche nella parte relativa all'indicazione dei criteri per la formazione della giunta. Essi devono inoltre indicare, a pena di esclusione, l'elenco completo degli assessori che intendono nominare.
5.  Qualora nel documento predisposto per il secondo turno sia espressamente indicato che il candidato partecipa come espressione di una coalizione di gruppi politici che avevano partecipato separatamente al primo turno, è consentita anche la modificazione del contrassegno di cui ai commi 5 e 6 dell'art. 7.
5-bis. La documentazione di cui ai precedenti commi è presentata alla segreteria del comune entro il giorno stabilito, anche se trattasi di giorno festivo, dalle ore 8 alle ore 14.
6. La Commissione elettorale circondariale, accertata la regolarità delle candidature ammesse al secondo turno, entro il primo giorno successivo alla ricezione degli atti ne dà comunicazione al sindaco per la preparazione del manifesto con i candidati ed al prefetto per la stampa delle schede.
7. Il manifesto deve essere affisso all'albo pretorio e in altri luoghi pubblici entro il quinto giorno precedente la votazione. Si applicano le disposizioni di cui al comma 10 dell'art. 7.
8. Nel secondo turno è eletto sindaco il candidato che abbia riportato il maggior numero di voti. A parità di voti, è eletto il più anziano per età.
(omissis)
Art. 58
Disposizioni applicabili per le operazioni relative al secondo turno di votazione Art. 10, legge regionale n. 7/1992 (art. 13, legge regionale n. 35/1997, art. 3, legge regionale n. 41/1997 e art. 4, legge regionale n. 3/2002)

1. Le operazioni elettorali relative al secondo turno di votazione sono regolate, salvo quanto diversamente stabilito, dalle norme relative allo svolgimento del primo turno.
2. Gli uffici costituiti per il primo turno di votazione sono mantenuti per il secondo.
3.(comma abrogato)
4. Il presidente dell'ufficio centrale proclama eletto il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti validamente espressi o, nel caso di cui al comma 9 dell'art. 9, il numero di voti ivi previsti.
Art. 59
Definitività dell'atto di proclamazione dell'elezione Art. 11, legge regionale n. 7/1992

1. La proclamazione dell'eletto costituisce provvedimento definitivo avverso il quale sono esperibili i ricorsi per motivi di regolarità delle operazioni elettorali.
2.  (omissis)
3.  Le operazioni di convalida dell'eletto competono alla sezione provinciale del Comitato regionale di controllo, che si pronuncia in via amministrativa anche su eventuali ipotesi di incompatibilità, nell'osservanza dei termini e delle procedure di cui all'art. 14 della legge regionale 31/1986. Restano esperibili i ricorsi giurisdizionali previsti dalle vigenti disposizioni.
Art. 60
Modalità di elezione del sindaco e del consiglio comunale nei comuni con popolazione sino a 10.000 abitanti Art. 2, legge regionale 15 settembre 1997, n. 35

1.  Nei comuni con popolazione sino a 10.000 abitanti l'elezione dei consiglieri comunali si effettua con sistema maggioritario contestualmente alla elezione del sindaco.
2.  Ciascuna candidatura alla carica di sindaco è collegata ad una lista di candidati alla carica di consigliere comunale, comprendente un numero di candidati non superiore al numero dei consiglieri da eleggere e non inferiore ai tre quarti. Ciascun candidato alla carica di sindaco deve dichiarare, all'atto della presentazione della candidatura, il collegamento con una lista presentata per l'elezione del consiglio comunale. La dichiarazione ha efficacia solo se convergente con analoga dichiarazione resa dai delegati della lista interessata.
3. La scheda per l'elezione del sindaco è quella stessa utilizzata per l'elezione del consiglio comunale. La scheda reca i nomi ed i cognomi dei candidati alla carica di sindaco, scritti entro un apposito rettangolo, al cui fianco è riportato il contrassegno della lista con cui il candidato è collegato. Ciascun elettore può, con un unico voto, votare per un candidato alla carica di sindaco e per la lista ad esso collegata, tracciando un segno sul contrassegno di tale lista. Ciascun elettore può altresì votare per un candidato alla carica di sindaco, anche non collegato alla lista prescelta, tracciando un segno sul relativo rettangolo.
4. E' proclamato eletto sindaco il candidato che ottiene il maggior numero di voti. In caso di parità si procede ad un turno di ballottaggio fra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti, da effettuarsi la seconda domenica successiva a quella del primo turno di votazione. In caso di ulteriore parità viene eletto il più anziano di età.
5. Alla lista collegata al sindaco eletto è attribuito il 60 per cento dei seggi assegnati al comune. All'altra lista che ha riportato il maggior numero di voti viene attribuito il 40 per cento dei seggi. Qualora altra lista non collegata al sindaco eletto abbia ottenuto il 50 per cento più uno dei voti validi, alla stessa è attribuito il 60 per cento dei seggi. In tal caso alla lista collegata al sindaco è attribuito il 40 per cento dei seggi. Qualora più liste non collegate al sindaco ottengano lo stesso più alto numero di voti si procede alla ripartizione dei seggi tra le medesime per parti uguali; l'eventuale seggio dispari è attribuito per sorteggio.
6. Nell'ambito di ogni lista i candidati sono proclamati eletti consiglieri comunali secondo l'ordine delle rispettive cifre individuali. A parità di cifra sono proclamati eletti i candidati che precedono nell'ordine di lista.
Art. 61
Elezione del sindaco nei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti Art. 3, legge regionale n. 35/1997

1. Nei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti il sindaco è eletto a suffragio universale e diretto contestualmente all'elezione del consiglio comunale.
2.  Ciascun candidato alla carica di sindaco deve dichiarare all'atto della presentazione della candidatura il collegamento con una o più liste presentate per l'elezione del consiglio comunale. La dichiarazione ha efficacia solo se convergente con analoga dichiarazione resa dai delegati delle liste interessate.
3.  La scheda per l'elezione del sindaco è quella stessa utilizzata per l'elezione del consiglio. La scheda reca i nomi e i cognomi dei candidati alla carica di sindaco, scritti entro un apposito rettangolo, al cui fianco sono riportati i contrassegni della lista o delle liste con cui il candidato è collegato. Ciascun elettore può, con un unico voto, votare per un candidato alla carica di sindaco e per una delle liste ad esso collegate, tracciando un segno sul contrassegno di una di tali liste. Ciascun elettore può altresì votare per un candidato alla carica di sindaco anche non collegato alla lista prescelta, tracciando un segno sul relativo rettangolo.
4.  E' proclamato eletto sindaco il candidato che ottiene la maggioranza assoluta dei voti validi.
5.  Qualora nessun candidato ottenga la maggioranza assoluta, si procede ad un secondo turno elettorale che ha luogo la seconda domenica successiva a quella del primo. Sono ammessi al secondo turno i due candidati alla carica di sindaco che hanno ottenuto al primo turno il maggior numero di voti. In caso di parità di voti tra i candidati, è ammesso al ballottaggio il candidato collegato con la lista o il gruppo di liste per l'elezione del consiglio comunale che ha conseguito la maggiore cifra elettorale complessiva. A parità di cifra elettorale, partecipa al ballottaggio il candidato più anziano di età.
6. Per i candidati ammessi al ballottaggio rimangono fermi i collegamenti con le liste per l'elezione del consiglio dichiarati al primo turno. I candidati ammessi al ballottaggio hanno tuttavia facoltà, entro sette giorni dalla prima votazione, di dichiarare il collegamento con ulteriori liste rispetto a quella o quelle con cui è stato effettuato il collegamento nel primo turno. Tutte le dichiarazioni di collegamento hanno efficacia solo se convergenti con analoghe dichiarazioni rese dai delegati delle liste interessate.
7. La scheda per il ballottaggio comprende il nome e il cognome dei candidati alla carica di sindaco, scritti entro l'apposito rettangolo, sotto il quale sono riprodotti i simboli delle liste collegate. Il voto si esprime tracciando un segno sul rettangolo entro il quale è scritto il nome del candidato prescelto.
8. Dopo il secondo turno è proclamato eletto sindaco il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti validi. In caso di parità di voti è proclamato eletto sindaco il candidato collegato, ai sensi del comma 6, con la lista o il gruppo di liste per ldel consiglio comunale che ha conseguito la maggiore cifra elettorale complessiva. A parità di cifra elettorale, è proclamato eletto sindaco il candidato più anziano di età.
Art. 62
Elezione del consiglio comunale nei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti Art. 4, legge regionale n. 35/1997

1. Le liste per l'elezione del consiglio comunale devono comprendere un numero di candidati non superiore al numero dei consiglieri da eleggere e non inferiore ai due terzi, con arrotondamento all'unità superiore qualora il numero dei consiglieri da comprendere nella lista contenga una cifra decimale superiore a 50.
2. Il voto alla lista viene espresso, ai sensi del comma 3 dell'articolo 3, tracciando un segno sul contrassegno della lista prescelta. Ciascun elettore può esprimere inoltre un voto di preferenza per un candidato della lista da lui votata, scrivendone il cognome sull'apposita riga posta a fianco del contrassegno.
3. L'attribuzione dei seggi alle liste è effettuata successivamente alla proclamazione dell'elezione del sindaco al termine del primo o del secondo turno.
4. Salvo quanto disposto dal comma 6, per l'assegnazione del numero dei consiglieri a ciascuna lista o a ciascun gruppo di liste collegate con i rispettivi candidati alla carica di sindaco si divide la cifra elettorale di ciascuna lista o gruppo di liste collegate successivamente per 1, 2, 3, 4 . . ., sino a concorrenza del numero dei consiglieri da eleggere e quindi si scelgono, fra i quozienti così ottenuti, i più alti in numero eguale a quello dei consiglieri da eleggere, disponendoli in una graduatoria decrescente. Ciascuna lista o gruppo di liste avrà tanti rappresentanti quanti sono i quozienti ad essa appartenenti compresi nella graduatoria. A parità di quoziente, nelle cifre intere e decimali, il seggio è attribuito alla lista o gruppo di liste che ha ottenuto la maggiore cifra elettorale e, a parità di quest'ultima, per sorteggio. Se ad una lista spettano più seggi di quanti sono i suoi candidati, i seggi eccedenti sono distribuiti, fra le altre liste, secondo l'ordine dei quozienti.
5. Nell'ambito di ciascun gruppo di liste collegate, la cifra elettorale di ciascuna di esse, corrispondente ai voti riportati nel primo turno, è divisa per 1, 2, 3, 4 ..., sino a concorrenza del numero dei seggi spettanti al gruppo di liste. Si determinano in tal modo i quozienti più alti e, quindi, il numero dei seggi spettanti ad ogni lista.
6. Alla lista o al gruppo di liste collegate al candidato proclamato eletto che non abbia già conseguito almeno il 60 per cento dei seggi del consiglio viene assegnato, comunque, il 60 per cento dei seggi, sempreché nessun'altra lista o gruppo di liste collegate abbia già superato il 50 per cento dei voti validi. I restanti seggi vengono assegnati alle altre liste o gruppi di liste collegate, ai sensi del comma 4. Il premio di maggioranza previsto per la lista o le liste collegate al sindaco eletto al primo turno nei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti viene attribuito solo nel caso in cui la lista o le liste abbiano conseguito almeno il 40 per cento dei voti validi.
7. Sono proclamati eletti consiglieri comunali i candidati di ciascuna lista secondo l'ordine delle rispettive cifre individuali. In caso di parità di cifra individuale sono proclamati eletti i candidati che precedono nell'ordine di lista.
Sezione III ORGANO ELETTIVO DELLE CIRCOSCRIZIONI DI DECENTRAMENTO COMUNALE
Art. 63
Elezione organi di decentramento comunale Art. 51, legge regionale n. 26/1993

(omissis)
2.  Le parole "consiglio di quartiere" e "quartiere" contenute negli articoli, non abrogati della legge regionale 11 dicembre 1976, n. 84, 5, 6, comma 1, 7, 8 e 9, sono sostituiti con le parole "consiglio circoscrizionale" e "circoscrizione".
3.  Le parole "superiore a 5000 abitanti" contenute nel penultimo comma dell'articolo 5 e nell'ultimo comma dell'articolo 8 della legge regionale 11 dicembre 1976, n. 84, sono sostituite con le parole "superiore a 10.000 abitanti".
(omissis)
Art. 64
Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 15 settembre 1997, n. 35 Art. 3, legge regionale 7 novembre 1997, n. 41 (art. 4, legge regionale n. 3/2002)

(omissis)
3. Per l'elezione del consiglio circoscrizionale trovano applicazione i commi 1, 2, 4 e 7 dell'articolo 4 della legge regionale 15 settembre 1997, n. 35, senza riferimento alle disposizioni di rinvio, nonché alle liste aggregate, ivi contenute e previste.
Art. 65
Elezioni Art. 5, legge regionale 11 dicembre 1976, n. 84 (art. 51, legge regionale n. 26/1993)

Il consiglio circoscrizionale è eletto ogni volta che si rinnova, per qualsiasi causa, il consiglio comunale.
E' eletto, altresì, nei casi previsti dai primi quattro commi del successivo art. 9 ed alle condizioni fissate dal sesto comma dello stesso articolo.
Si applicano, in quanto non contrastino con la presente legge, le norme previste per le elezioni dei consigli comunali con popolazione superiore a 10.000 abitanti, ivi comprese quelle relative al regime delle spese.
Il consiglio circoscrizionale esercita la sua attività e svolge la sua funzione fino all'insediamento del nuovo consiglio circoscrizionale, salve le previsioni di cui al successivo art. 9.
Art. 66
Elettorato attivo e passivo Art. 6, legge regionale n. 84/1976 (art. 51, legge regionale n. 26/1993)

Sono elettori della circoscrizione gli iscritti nelle liste elettorali delle sezioni comprese nel rispettivo territorio.
Sono eleggibili gli iscritti nelle liste elettorali delle sezioni comprese nel territorio del quartiere.
Le norme relative alla ineleggibilità ed incompatibilità dei consiglieri comunali sono estese, in quanto applicabili, ai consiglieri del quartiere.
La carica di consigliere di quartiere è in ogni caso incompatibile con la carica di consigliere comunale.
Art. 67
Liste elettorali Art. 7, legge regionale n. 84/1976 (art. 51, legge regionale n. 26/1993)

Le liste dei candidati per l'elezione dei consigli circoscrizionali devono essere sottoscritte da elettori della circoscrizione che siano almeno:
-  10, per i consigli circoscrizionali con popolazione fino a 3.000 abitanti;
-  20, per i consigli circoscrizionali con popolazione da 3.001 fino a 10.000 abitanti;
-  30, per i consigli circoscrizionali con popolazione oltre 10.000 abitanti.
Non è necessaria la sottoscrizione da parte dei presentatori di lista quando la lista stessa viene presentata insieme a quella per l'elezione del consiglio comunale e con lo stesso contrassegno.
Quando l'elezione del consiglio circoscrizionale non si svolga contemporaneamente alla elezione del consiglio comunale, nessuna sottoscrizione è richiesta per i partiti o gruppi politici rappresentati nel consiglio comunale in carica al momento della indizione delle elezioni e costituiti in gruppi consiliari o che abbiano presentato liste ed abbiano ottenuto almeno un seggio nella elezione per lo stesso consiglio.
Nel caso previsto dal precedente comma la dichiarazione di presentazione della lista deve essere sottoscritta dal rappresentante provinciale del partito o gruppo politico che tale risulti per attestazione del rappresentante nazionale o regionale, ovvero da persona all'uopo incaricata con mandato conferito dallo stesso rappresentante provinciale autenticato da notaio. La firma del sottoscrittore deve essere autenticata da un notaio o da un cancelliere di pretura.
Art. 68
Presentazione delle candidature a consigliere circoscrizionale Art. 14, legge regionale n. 35/1997

1. Nella presentazione delle liste dei consigli circoscrizionali nessuna sottoscrizione è richiesta per i partiti o gruppi politici costituiti presso l'Assemblea regionale siciliana in gruppo parlamentare o che nell'ultima elezione regionale abbiano ottenuto almeno un seggio, anche se presentino liste contraddistinte dal contrassegno tradizionale affiancato ad altri simboli. In tali ipotesi le liste dei candidati sono sottoscritte e presentate dal rappresentante regionale del partito o del gruppo politico o da una o più persone dallo stesso delegate, con firma autenticata.
Art. 69
Operazioni elettorali Art. 8, legge regionale n. 84/1976 (art. 31, legge regionale n. 7/1992 e art. 51, legge regionale n. 26/1993)

Ogni elettore dispone di un voto di lista, egli ha facoltà di esprimere un voto di preferenza per uno dei candidati inclusi della lista prescelta, indicandone il nome ed il cognome o solo quest'ultimo.
Le schede per la votazione devono essere conformi al modello descritto nelle tabelle A e B allegate alla presente legge.
Quando si svolgano in contemporaneità con le elezioni comunali, le operazioni di scrutinio sono eseguite, senza interruzione, dopo quelle per l'elezione del consiglio comunale e in conformità alle leggi elettorali vigenti, in quanto applicabili.
L'ufficio della sezione della circoscrizione contrassegnato col numero più basso si costituisce in ufficio centrale sotto la presidenza di un magistrato designato dal presidente del tribunale.
L'ufficio così costituito provvede alle operazioni per il riparto dei seggi e la proclamazione degli eletti secondo le norme stabilite per la elezione del consiglio comunale nei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti.
Art. 70
Rinnovo dei consigli di circoscrizione Art. 5, legge regionale n. 30/2000

1. Nel caso di scioglimento anticipato del consiglio comunale non si procede allo scioglimento anticipato dei consigli di circoscrizione e si procede al rinnovo dei consigli circoscrizionali contestualmente al rinnovo dei consigli comunali.
Sezione IV ORGANI ELETTIVI DELLA PROVINCIA REGIONALE
Art. 71
Principi generali Art. 1, legge regionale n. 26/1993 (art. 15, legge regionale n. 35/1997 e art. 1, legge regionale n. 25/2000)

1. Nelle province regionali il presidente è eletto a suffragio popolare dai cittadini iscritti nelle liste elettorali dei comuni della provincia.
2. La durata in carica del presidente e del consiglio della provincia regionale è fissata in cinque anni.
3. (comma abrogato)
4. (comma abrogato)
5. Si applicano le norme per la elezione dei consigli delle province regionali, tenendo conto delle disposizioni di cui ai successivi articoli.
Art. 72
Candidatura Art. 3, legge regionale n. 26/1993 (art. 5, legge regionale n. 35/1997)

1. La circoscrizione per l'elezione del presidente della provincia regionale coincide con il territorio provinciale.
2. La candidatura a presidente, estesa nell'ambito provinciale, è presentata all'ufficio elettorale circoscrizionale del comune capoluogo di provincia, con dichiarazione sottoscritta da almeno 500 elettori nelle province con popolazione fino a 500.000 abitanti e da almeno 1.000 elettori nelle province con popolazione oltre 500.000 abitanti.
3. Il numero dei sottoscrittori non può superare il doppio di quello indicato al comma 2.
4. Nessuna sottoscrizione è richiesta per i partiti o gruppi politici costituiti presso l'Assemblea regionale siciliana in gruppo parlamentare o che nell'ultima elezione regionale abbiano ottenuto almeno un seggio, anche se presentano liste contraddistinte dal contrassegno tradizionale affiancato ad altri simboli. In tali ipotesi la candidatura sarà sottoscritta e presentata dal rappresentante regionale del partito o del gruppo politico o da una o più persone dallo stesso delegate, con firma autenticata.
5. Nessuno può essere contemporaneamente candidato alla carica di presidente in più province regionali.
6. E' consentita la candidatura contemporanea alla carica di presidente della provincia e di consigliere provinciale nella stessa provincia. In caso di elezione ad entrambe le cariche, il candidato eletto presidente della provincia decade da quella di consigliere provinciale.
7. Per la candidatura vanno presentati:
a)  l'atto di accettazione della candidatura nella quale è contenuta l'esplicita dichiarazione dell'interessato di non trovarsi in alcuna delle condizioni previste dal comma 1 dell'articolo 15 della legge 19 marzo 1990, n. 55 e successive modifiche ed integrazioni;
b)  il certificato di iscrizione del candidato nelle liste elettorali di un comune della Repubblica;
c)  l'indicazione di due delegati effettivi e di due supplenti autorizzati a fare la designazione dei rappresentanti del candidato e della lista o delle liste collegate ed a compiere gli altri atti previsti dalla legge;
d)  la dichiarazione di presentazione della candidatura sottoscritta dagli elettori con indicazione del nome, cognome, data e luogo di nascita;
e)  i certificati, anche collettivi, dei sindaci dei comuni della provincia ai quali appartengono i sottoscrittori che ne attestino la iscrizione nelle liste elettorali. I certificati devono essere rilasciati nel termine di ventiquattro ore dalla richiesta;
f)  il programma amministrativo, da affiggere all'albo pretorio dei comuni della provincia, con l'indicazione dell'elenco di almeno la metà degli assessori che il candidato intende nominare.
8. Alla presentazione della candidatura deve contemporaneamente dichiararsi il collegamento della stessa ad una lista o ad un gruppo di liste che siano presentate in almeno uno dei collegi in cui è ripartita la circoscrizione provinciale.
9. Analoga dichiarazione dovrà essere prodotta dai presentatori delle liste collegate che vengono presentate nei collegi provinciali.
10. Il collegamento di liste con una candidatura a presidente deve essere omogeneo per tutti i collegi della provincia ove le stesse liste concorrano per la elezione dei consiglieri provinciali.
11. Onde verificare l'omogeneità di collegamento tra le liste presentate nei collegi della provincia e la candidatura a presidente della provincia, gli uffici elettorali circoscrizionali trasmettono immediatamente copia delle liste ammesse e dei relativi collegamenti all'ufficio elettorale provinciale. Detto ufficio procede alle verifiche di cui ai commi 8, 9, e 10 nelle ventiquattro ore successive, dandone immediata comunicazione agli uffici elettorali circoscrizionali. Qualora vengano riscontrate discordanze nei collegamenti tra le liste e i candidati a presidente, l'ufficio elettorale circoscrizionale provvede, entro e non oltre 24 ore dalla presentazione della documentazione, a richiedere chiarimenti ai rappresentanti designati dalle stesse liste e dai candidati presidenti. Gli eventuali vizi formali sono sanabili entro l'ulteriore termine di 24 ore, trascorso il quale, i collegamenti sono ritenuti non validi.
12. L'ufficio elettorale provvede altresì ad assegnare un numero progressivo a ciascun candidato alla carica di Presidente mediante sorteggio da effettuarsi alla presenza dei delegati di lista appositamente convocati.
Art. 73
Operazioni dell'ufficio elettorale provinciale Art. 4, legge regionale n. 26/1993

1. Il presidente dell'ufficio elettorale provinciale il primo giorno successivo al compimento dello scrutinio riunisce l'ufficio e riassume i voti delle sezioni elettorali dei comuni della provincia determinando la cifra elettorale di ciascun candidato alla carica di presidente di provincia regionale, che è costituita dai voti validamente attribuiti.
2. Successivamente determina il quorum necessario per la elezione rappresentato dalla metà più uno dei voti validamente espressi. Proclama eletto il candidato che ha ottenuto il numero di voti pari o superiore al numero così determinato. Dell'avvenuta proclamazione il presidente dell'ufficio elettorale provinciale invia attestato al presidente eletto e ne dà immediata notizia alla prefettura ed alla provincia regionale che, tramite i sindaci, la porta a conoscenza della popolazione con apposito manifesto.
3. Ove sia stato ammesso un solo candidato, lo proclama eletto qualora ricorrano le condizioni previste dall'articolo 40 del testo unico delle leggi per l'elezione dei consigli comunali nella Regione siciliana, approvato con decreto del Presidente della Regione 20 agosto 1960, n. 3, e successive modificazioni ed integrazioni.
4. Le operazioni dell'ufficio elettorale provinciale relative alla elezione del presidente della provincia regionale vanno espletate con precedenza rispetto a quelle relative alla elezione del consiglio della provincia regionale, e vanno completate entro il mercoledì successivo al giorno di votazione.
Art. 74
Secondo turno di votazione Art. 5, legge regionale n. 26/1993 (art. 15, legge regionale n. 35/1997 e art. 3, legge regionale n. 6/1998)

1.  Se nessun candidato ottiene la maggioranza richiesta, la nuova votazione per l'elezione del presidente della provincia regionale avrà luogo, con le stesse modalità, nella seconda domenica successiva.
2.  Al secondo turno sono ammessi i due candidati che nel primo turno hanno ottenuto il maggior numero di voti, salve eventuali dichiarazioni di rinuncia da presentarsi all'ufficio elettorale circoscrizionale nel giorno successivo alla proclamazione dei risultati del primo turno. A parità di voti è ammesso al ballottaggio il più anziano per età.
3.  Qualora uno o ambedue i candidati ammessi al secondo turno dichiarino di rinunciare, subentrano i candidati che abbiano ottenuto in graduatoria il maggior numero di voti. Le eventuali rinunzie successive alla prima devono avvenire entro il secondo giorno successivo alla i proclamazione dei risultati elettorali.
4.  Entro il terzo giorno successivo alla proclamazione dei risultati elettorali, i candidati ammessi al secondo turno hanno facoltà di modificare il documento programmatico formulato all'atto di presentazione della candidatura anche nella parte relativa all'indicazione dei criteri per la formazione della giunta. Essi devono contestualmente indicare l'elenco completo degli assessori che intendono nominare, a pena di esclusione.
5.  Qualora nel documento predisposto per il secondo turno sia espressamente indicato che il candidato partecipa come espressione di una coalizione di gruppi politici che avevano partecipato separatamente al primo turno, è consentita anche la modificazione del contrassegno con i1 quale il candidato è stato contraddistinto.
6. La documentazione di cui ai precedenti commi è presentata all'ufficio elettorale circoscrizionale del comune capoluogo entro il giorno stabilito anche se trattasi di giorno festivo, dalle ore 8 alle ore 14.
7. L'ufficio circoscrizionale del comune capoluogo di provincia accerta la regolarità delle candidature ammesse al secondo turno ed entro il primo giorno successivo alla ricezione degli atti ne dà comunicazione al presidente della provincia per la preparazione del manifesto dei candidati ed al prefetto e per la stampa delle schede di votazione.
8. Il manifesto deve essere affisso all'albo pretorio dei comuni e della provincia ed in altri luoghi pubblici entro il quinto giorno precedente la votazione.
9. Nel secondo turno è eletto presidente il candidato che abbia riportato il maggior numero di voti. A parità di voti è eletto il più anziano per età.
10. In caso di unica candidatura si applicano le disposizioni di cui all'articolo 4, comma 3.
(omissis)
Art. 75
Disposizioni applicabili per le operazioni relative al secondo turno di votazione Art. 6, legge regionale n. 26/1993 (art. 13, legge regionale n. 35/1997, art. 3, legge regionale n. 41/1997 e art. 4, legge regionale n. 3/2002)

l.  Le operazioni elettorali relative al secondo turno di votazione sono regolate, salvo quanto diversamente stabilito, dalle norme relative allo svolgimento del primo turno.
2.  Gli uffici costituiti per il primo turno di votazione sono mantenuti per il secondo.
3.  (comma abrogato)
4.  Il presidente dell'ufficio elettorale provinciale proclama eletto il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti validamente espressi. In caso di candidatura unica, si applica il precedente articolo 4, comma 3.
5.  Il presidente eletto entra in carica all'atto della proclamazione.
Art. 76
Definitività dell'atto di proclamazione dell'elezione Art. 7, legge regionale n. 26/1993

1. La proclamazione dell'eletto costituisce provvedimento definitivo avverso il quale sono esperibili i ricorsi per motivi di eleggibilità e di regolarità delle operazioni elettorali.
2. Le operazioni di convalida dell'eletto competono alla sezione provinciale del comitato regionale di controllo, che si pronuncia in via amministrativa anche su eventuali ipotesi di incompatibilità, sull'osservanza dei termini e della procedura di cui all'articolo 14 della legge regionale 24 giugno 1986, n. 31. Restano esperibili i ricorsi giurisdizionali previsti dalle vigenti disposizioni.
[3. Nei casi di ineleggibilità e di incompatibilità accertati con sentenza divenuta definitiva, la sostituzione e l'elezione del presidente della provincia avvengono secondo le modalità di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 8.
4. Il presidente presta giuramento dinanzi al Presidente della Regione con la formula prescritta per i consiglieri provinciali.].
Art. 77
Elezione del presidente della provincia regionale Art. 6, legge regionale n. 35/1997 (art. 1, legge regionale n. 6/1998)

1. Il presidente della provincia è eletto a suffragio universale e diretto contestualmente all'elezione del consiglio provinciale.
2. La scheda per l'elezione del presidente della provincia è quella stessa utilizzata per l'elezione del consiglio. La scheda reca i nomi e i cognomi dei candidati alla carica di presidente della provincia scritti entro un apposito rettangolo, al cui fianco sono riportati i contrassegni della lista o delle liste con cui il candidato è collegato. Ciascun elettore può, con un unico voto votare per un candidato alla carica di presidente della provincia e per una delle liste ad esso collegate, tracciando un segno sul contrassegno di una di tali liste. Ciascun elettore può altresì votare per un candidato alla carica di presidente della provincia, anche non collegato alla lista prescelta, tracciando un segno sul relativo rettangolo.
3. E' proclamato eletto presidente della provincia il candidato che ottiene la maggioranza assoluta dei voti validi. In caso negativo si procede a ballottaggio, da tenere la seconda domenica successiva tra i due candidati alla carica di presidente della provincia che abbiano ottenuto al primo turno il maggior numero di voti. In caso di parità di voti è ammesso al ballottaggio il più anziano di età.
4. In caso di impedimento permanente o decesso di uno dei candidati ammessi al ballottaggio, ai sensi del comma 3, partecipa al ballottaggio il candidato che segue nella graduatoria. Detto ballottaggio dovrà avere luogo la domenica successiva al decimo giorno dal verificarsi dell'evento.
5. Per i candidati ammessi al ballottaggio rimangono fermi i collegamenti con le liste per l'elezione del consiglio nei vari collegi dichiarati al primo turno. I candidati ammessi al ballottaggio hanno facoltà, entro sette giorni dalla prima votazione, di dichiarare all'ufficio elettorale circoscrizionale del comune capoluogo il collegamento con ulteriori liste, sempre che dette liste assicurino un collegamento omogeneo in tutti i collegi della provincia, ove siano state presentate. La dichiarazione ha efficacia solo se convergente con analoga dichiarazione resa dai delegati delle liste interessate.
6. La scheda per il ballottaggio comprende il nome ed il cognome dei candidati alla carica di presidente della provincia, scritti entro l'apposito rettangolo, sotto il quale sono riprodotti i simboli delle liste collegate. Il voto si esprime tracciando un segno sul rettangolo entro il quale è scritto il nome del candidato prescelto.
7. Dopo il secondo turno è proclamato eletto presidente della provincia il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti validi. In caso di parità di voti è proclamato eletto presidente della provincia il candidato collegato con la lista o le liste per il consiglio provinciale che abbiano conseguito la maggiore cifra elettorale complessiva. A parità di cifra elettorale è proclamato eletto il candidato più anziano di età.
Art. 78
Elezione del consiglio provinciale Art. 7, legge regionale n. 35/1997 (art. 2, legge regionale n. 6/1998)

1. L'elezione dei consiglieri provinciali è effettuata secondo le disposizioni dettate dalla legge regionale 9 maggio 1969, n. 14, e successive modificazioni, in quanto compatibili con quelle della presente legge.
2. Con la lista dei candidati al consiglio provinciale, per ogni collegio deve essere presentato il candidato alla carica di Presidente della provincia regionale ed il programma amministrativo da affiggere all'albo pretorio dei comuni.
3. Il voto alla lista viene espresso tracciando un segno sul contrassegno della lista prescelta. Ciascun elettore può esprimere, inoltre, un voto di preferenza per un candidato della lista da lui votata.
4. L'attribuzione dei seggi del consiglio provinciale alla lista od alle liste collegate è effettuata dopo la proclamazione dell'elezione del presidente della provincia, al termine del primo turno o, ricorrendone le condizioni, del secondo turno.
5. Per l'assegnazione del numero dei consiglieri a ciascuna lista o a ciascun gruppo di liste collegate con i rispettivi candidati alla carica di presidente della provincia si procede mediante il sistema proporzionale puro. A tal fine si divide il totale della cifra elettorale di tutte le liste per il numero dei seggi assegnati alla provincia ottenendo così il quoziente elettorale provinciale; nell'effettuare la divisione si trascura l'eventuale parte frazionaria del quoziente. Si attribuiscono, quindi, ad ogni lista, o gruppo di liste collegate, tanti seggi quante volte il quoziente elettorale risulti contenuto nella cifra elettorale della stessa lista o gruppo di liste. I seggi che rimangono non assegnati sono rispettivamente attribuiti alle liste, o gruppo di liste collegate, per le quali queste ultime divisioni hanno dato maggiore resto ed, in caso di parità di resti, a quelle liste, o gruppo di liste collegate, che abbiano conseguito maggior numero di voti e, a parità di voti, per sorteggio. Se ad una lista spettano più seggi di quanti sono i suoi candidati, i seggi eccedenti sono distribuiti fra le altre liste, secondo l'ordine dei quozienti.
6. Nell'ambito di ciascun gruppo di liste collegate, i seggi vengono attribuiti mediante il sistema indicato al comma precedente, calcolando il relativo quoziente sulla base delle cifre elettorali delle liste collegate.
7. Alla lista o al gruppo di liste collegate al candidato proclamato eletto che non abbia già conseguito almeno il 60 per cento dei seggi del consiglio, viene assegnato comunque il 60 per cento dei seggi, sempre che nessun'altra lista o gruppo di liste collegate abbia già superato il 50 per cento dei voti validi. Il premio di maggioranza viene attribuito alla lista o alle liste collegate al presidente della provincia eletto al primo turno solo qualora tale lista o tali liste abbiano conseguito almeno il 40 per cento dei voti validi. Per il riparto dei seggi spettanti alle liste collegate al candidato presidente risultato eletto e di quelli spettanti alle altre liste o gruppi di liste collegate, si procede secondo le modalità indicate ai commi precedenti, calcolando il relativo quoziente sulla base delle cifre elettorali delle liste o gruppi di liste.
8. Per quanto riguarda l'assegnazione dei seggi spettanti alle singole liste nei vari collegi, si procede seguendo per ciascun collegio la graduatoria dei voti di lista espressi in percentuale, secondo le modalità indicate dall'articolo 18 della legge regionale 9 maggio 1969, n. 14 e successive modifiche e integrazioni.
Capo VII INCANDIDABILITÀ, INELEGGIBILITÀ E INCOMPATIBILITÀ PER L'ELEZIONE DEGLI ORGANI MONOCRATICI E DEI CONSIGLIERI DEGLI ENTI LOCALI
Sezione I DISPOSIZIONI COMUNI
Art. 79
Applicabilità della legge 18 gennaio 1992, n. 16 Art. 6, legge regionale n. 7/1992 (art. 36, legge regionale n. 26/1993)

1. Nella Regione siciliana si applicano le disposizioni di cui alla legge 18 gennaio 1992, n. 16.
Art. 80
Cause ostative alla candidatura Art. 58, decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (art. 7, D.L. n. 80/2004 convertito dalla legge n. 140/2004)

1. Non possono essere candidati alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali e non possono comunque ricoprire le cariche di presidente della provincia, sindaco, assessore e consigliere provinciale e comunale, presidente e componente del consiglio circoscrizionale, presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all'articolo 114 (omissis):
a) coloro che hanno riportato condanna definitiva per il delitto previsto dall'articolo 416-bis del codice penale o per il delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui all'articolo 74 del testo unico approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, o per un delitto di cui all'articolo 73 del citato testo unico, concernente la produzione o il traffico di dette sostanze, o per un delitto concernente la fabbricazione, l'importazione, l'esportazione, la vendita o cessione, nonché, nei casi in cui sia inflitta la pena della reclusione non inferiore ad un anno, il porto, il trasporto e la detenzione di armi, munizioni o materie esplodenti, o per il delitto di favoreggiamento personale o reale commesso in relazione a taluno dei predetti reati;
b) coloro che hanno riportato condanna definitiva per i delitti previsti dagli articoli 314, (peculato), 316 (peculato mediante profitto dell'errore altrui), 316-bis (malversazione a danno dello Stato), 317 (concussione), 318 (corruzione per un atto d'ufficio), 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio), 319-ter (corruzione in atti giudiziari), 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) del codice penale;
c) coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva alla pena della reclusione complessivamente superiore a sei mesi per uno o più delitti commessi con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio diversi da quelli indicati nella lettera b);
d) coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva ad una pena non inferiore a due anni di reclusione per delitto non colposo;
e) coloro nei cui confronti il tribunale ha applicato, con provvedimento definitivo, una misura di prevenzione, in quanto indiziati di appartenere ad una delle associazioni di cui all'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646.
2. Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo e dall'articolo 59 la sentenza prevista dall'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna.
3. Le disposizioni previste dal comma 1 si applicano a qualsiasi altro incarico con riferimento al quale l'elezione o la nomina è di competenza:
a) del consiglio provinciale, comunale o circoscrizionale;
b) della giunta provinciale o del presidente, della giunta comunale o del sindaco, di assessori provinciali o comunali.
4. L'eventuale elezione o nomina di coloro che si trovano nelle condizioni di cui al comma 1 è nulla. L'organo che ha provveduto alla nomina o alla convalida dell'elezione è tenuto a revocare il relativo provvedimento non appena venuto a conoscenza dell'esistenza delle condizioni stesse.
5. Le disposizioni previste dai commi precedenti non si applicano nei confronti di chi è stato condannato con sentenza passata in giudicato o di chi è stato sottoposto a misura di prevenzione con provvedimento definitivo, se è concessa la riabilitazione ai sensi dell'articolo 178 del codice penale o dell'articolo 15 della legge 3 agosto 1988, n. 327.
Art. 81
Ineleggibilità Art. 9, legge regionale 24 giugno 1986, n. 31

Non sono eleggibili a consigliere provinciale, comunale e di quartiere:
1)  il capo della polizia, i vice capi della polizia, gli ispettori generali di pubblica sicurezza che prestano servizio presso il Ministero dell'interno, i dipendenti civili dello Stato che svolgono le funzioni di direttore generale o equiparate o superiori e i capi di gabinetto dei Ministri, i dipendenti della Regione con qualifica non inferiore a direttore o equiparata, i capi di gabinetto del Presidente della Regione e degli Assessori regionali;
2)  nel territorio, nel quale esercitano le loro funzioni, i prefetti della Repubblica, i vice prefetti e di funzionari di pubblica sicurezza;
3)  nel territorio, nel quale esercitano il comando, gli ufficiali generali, gli ammiragli e gli ufficiali superiori delle Forze armate dello Stato;
4)  nel territorio, nel quale esercitano il loro ufficio, gli ecclesiastici ed i ministri del culto, che hanno giurisdizione e cura di anime e coloro che ne fanno ordinariamente le veci;
5)  il Commissario dello Stato per la Regione siciliana e i titolari di organi individuali ed i componenti di organi collegiali che esercitano poteri di controllo istituzionale sull'amministrazione della provincia o del comune nonché i dipendenti che dirigono o coordinano i rispettivi uffici;
6) i membri del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, i membri delle sezioni staccate della Corte dei conti nella Regione siciliana; altresì, nel territorio nel quale esercitano le loro funzioni, i magistrati addetti alle corti di appello, ai tribunali, alle preture, al tribunale amministrativo regionale e alle sue sezioni staccate nonché i vice pretori onorari e i giudici conciliatori;
7)  i dipendenti della provincia e del comune per i rispettivi consigli;
8)  (i componenti dell'ufficio di direzione dell'unità sanitaria locale ed i coordinatori dell'ufficio stesso, per i consigli del comune il cui territorio coincide in tutto o in parte con il territorio dell'unità sanitaria locale da cui dipendono);
9)  i legali rappresentanti ed i dirigenti delle strutture convenzionate per i consigli del comune il cui territorio coincide in tutto o in parte con il territorio dell'unità sanitaria locale con cui sono convenzionate o dei comuni che concorrono a costituire l'unità sanitaria locale con cui sono convenzionate;
10) i legali rappresentanti ed i dirigenti delle società per azioni con capitale maggioritario rispettivamente della provincia o del comune;
11) gli amministratori ed i dipendenti con funzioni di rappresentanza o con poteri di organizzazione o coordinamento del personale di istituto, consorzio o azienda dipendente rispettivamente dalla provincia o dal comune;
12) i consiglieri provinciali, comunali o di quartiere in carica, rispettivamente, in altra provincia, comune o quartiere.
Le cause di ineleggibilità previste nei numeri 1, 2, 3, 4, 5, 6, 8, 9, 10 e 11 non hanno effetto se l'interessato cessa dalle funzioni per dimissioni, trasferimento, revoca dell'incarico o del comando, collocamento in aspettativa non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature.
Le cause di ineleggibilità previste nei numeri 7 e 12 del precedente primo comma non hanno effetto se gli interessati cessano rispettivamente dalle funzioni o dalla carica per dimissioni non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature.
(Le cause di ineleggibilità previste nel numero 9 del primo comma non si applicano ai titolari di farmacia che, ai sensi dell'art. 11 della legge 2 aprile 1968, n. 475, richiedano la sostituzione, per la durata del mandato, con altro farmacista iscritto all'ordine dei farmacisti, nella conduzione professionale ed economica della farmacia).
La pubblica amministrazione è tenuta ad adottare i provvedimenti di cui ai commi secondo, terzo e quarto del presente articolo entro cinque giorni dalla richiesta. Ove l'amministrazione non provveda, la domanda di dimissioni o aspettativa accompagnata dalla effettiva cessazione delle funzioni ha effetto dal quinto giorno successivo alla presentazione.
La cessazione delle funzioni importa l'effettiva astensione da ogni atto inerente all'ufficio rivestito.
L'aspettativa è concessa anche in deroga ai rispettivi ordinamenti per tutta la durata del mandato, senza assegni, fatta salva l'applicazione delle norme di cui alle leggi 12 dicembre 1966, n. 1078, 20 maggio 1970, n. 300, e 26 aprile 1974, n. 169 e successive modifiche. Non possono essere collocati in aspettativa i dipendenti assunti a tempo determinato.
Le cause di ineleggibilità previste dai numeri 8 e 9 del presente articolo non si applicano per la carica di consigliere provinciale.
Art. 82
Disposizioni sul personale Art. 18, legge regionale 21 settembre 1990, n. 36 (art. 4, legge regionale n. 7/1992 e art. 2, legge regionale n. 26/1993)

(omissis)
2. Il personale che riveste funzioni direttive negli uffici o nelle sezioni circoscrizionali di collocamento non può essere candidato per le elezioni dei consigli comunali e provinciali della Sicilia né essere candidato alla carica di sindaco o di presidente della provincia nè ricoprire la carica di assessore comunale o provinciale.
Art. 83
Incompatibilità Art. 10, legge regionale n. 31/1986 (art. 21, legge regionale n. 19/2005)

Non può ricoprire la carica di consigliere provinciale, comunale o di quartiere:
1)  l'amministratore o il dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento di ente, istituto o azienda soggetti a vigilanza in cui vi sia almeno il 20 per cento di partecipazione rispettivamente da parte della provincia o del comune o che dagli stessi riceva, in via continuativa, una sovvenzione in tutto o in parte facoltativa, quando la parte facoltativa superi il 10 per cento del totale delle entrate dell'ente;
2)  colui che, come titolare, amministratore, dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento ha parte, direttamente o indirettamente, in servizi, esazioni di diritti, somministrazioni o appalti, rispettivamente, nell'interesse della provincia o del comune, ovvero in società ed imprese volte al profitto di privati, sovvenzionate da detti enti in modo continuativo, quando le sovvenzioni non siano dovute in forza di una legge dello Stato o della Regione;
3)  il consulente legale, amministrativo o tecnico che presta opera in modo continuativo in favore delle imprese di cui ai numeri 1 e 2 del presente comma;
4)  colui che ha lite pendente, in quanto parte in un procedimento civile od amministrativo, rispettivamente, con la provincia o il comune. La pendenza di una lite in materia tributaria non determina incompatibilità. Qualora il contribuente venga eletto consigliere comunale, competente a decidere sul suo ricorso è la commissione del comune capoluogo di mandamento sede di pretura. Qualora il ricorso sia proposto contro tale comune, competente a decidere è la commissione del comune capoluogo di provincia. Qualora il ricorso sia proposto contro quest'ultimo comune, competente a decidere è, in ogni caso, la commissione del comune capoluogo della Regione. Qualora il ricorso sia proposto contro quest'ultimo comune, competente a decidere è la commissione del capoluogo di provincia territorialmente più vicino;
5)  colui che, per fatti compiuti allorchè era amministratore o impiegato, rispettivamente, della provincia o del comune ovvero di istituto o azienda da essi dipendenti o vigilati, è stato, con sentenza passata in giudicato, dichiarato responsabile verso l, istituto od azienda e non ha ancora estinto il debito;
6)  colui che, avendo un debito liquido ed esigibile, rispettivamente, verso la provincia o il comune ovvero verso istituto od azienda da essi dipendenti è stato legalmente messo in mora ovvero, avendo un debito liquido ed esigibile per imposte, tasse e tributi nei riguardi di detti enti, abbia ricevuto invano notificazione dell'avviso di cui all'art. 46 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602;
7)  colui che non ha reso il conto finanziario o di amministrazione di una gestione riguardante, rispettivamente, la provincia, il comune o il quartiere;
8)  colui che, nel corso del mandato, viene a trovarsi in una condizione di ineleggibilità prevista nel precedente articolo.
L'ipotesi di cui al n. 2 del primo comma del presente articolo non si applica a coloro che hanno parte in cooperative o consorzi di cooperative, iscritte regolarmente nei registri pubblici.
Le ipotesi di cui ai numeri 4 e 7 del primo comma del presente articolo non si applicano agli amministratori per fatto connesso con l'esercizio del mandato.
Art. 84
Incompatibilità fra consigliere provinciale, comunale e di quartiere Art. 11, legge regionale n. 31/1986

Le cariche di consigliere provinciale, comunale e di quartiere sono incompatibili rispettivamente con quelle di consigliere provinciale di altra provincia, di consigliere comunale di altro comune, di consigliere di quartiere di altro quartiere.
La carica di consigliere provinciale è incompatibile con quella di consigliere comunale.
La carica di consigliere comunale è incompatibile con quella di consigliere di un quartiere di un comune.
Art. 85
Deroghe Art. 12, legge regionale n. 31/1986

Non costituiscono cause di ineleggibilità o di incompatibilità gli incarichi e le funzioni conferite ad amministratori della provincia, del comune o del quartiere in virtù di una norma di legge, statuto o regolamento in connessione con il mandato elettivo.
Art. 86
Ineleggibilità e incompatibilità sopravvenute Art. 13, legge regionale n. 31/1986

La perdita delle condizioni di eleggibilità previste dalla presente legge importa la decadenza dalla carica di consigliere provinciale, comunale o di quartiere.
Le cause di incompatibilità, sia che esistano al momento dell'elezione sia che sopravvengano ad essa, importano la decadenza dalle cariche di cui al comma precedente.
Ai fini della rimozione delle cause di ineleggibilità sopravvenute alle elezioni ovvero delle cause di incompatibilità sono applicabili le disposizioni di cui al secondo, terzo, quarto, quinto, sesto e settimo comma dell'art. 9.
La cessazione dalle funzioni deve avere luogo entro dieci giorni dalla data in cui è venuta a concretizzarsi la causa di ineleggibilità o di incompatibilità.
Art. 87
Termini e procedure Art. 14, legge regionale n. 31/1986 (art. 17, legge regionale n. 30/2000)

Nessuno può presentarsi come candidato in più di due province, o in più di due comuni o in più di due quartieri, quando le elezioni si svolgano nella stessa data. I consiglieri provinciali, comunali o di quartiere in carica non possono candidarsi, rispettivamente, alla medesima carica in altro consiglio provinciale, comunale o di quartiere.
Il candidato che sia eletto contemporaneamente consigliere in due province, in due comuni, in due quartieri, deve optare per una delle cariche entro cinque giorni dall'ultima deliberazione di convalida. Nel caso di mancata opzione rimane eletto nel consiglio della provincia, del comune o del quartiere in cui ha riportato il maggior numero di voti in percentuale rispetto al numero dei votanti ed è surrogato nell'altro consiglio.
Quando successivamente all'elezione si verifichi qualcuna delle condizioni previste dalla presente legge come causa di ineleggibilità ovvero esista al momento dell'elezione o si verifichi successivamente qualcuna delle condizioni di incompatibilità previste dalla presente legge il consiglio di cui l'interessato fa parte gliela contesta.
Il consigliere ha dieci giorni di tempo per formulare osservazioni o per eliminare le cause di ineleggibilità o di incompatibilità.
Nel caso in cui venga proposta azione di accertamento in sede giurisdizionale, il termine di dieci giorni previsto dal comma 4 decorre dalla data di notificazione del ricorso.
Entro i dieci giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma precedente il consiglio delibera definitivamente e, ove ritenga sussistente la causa di ineleggibilità o di incompatibilità, invita il consigliere a rimuoverla o ad esprimere, se del caso, la opzione per la carica che intende conservare.
Qualora il consigliere non vi provveda entro i successivi dieci giorni il consiglio lo dichiara decaduto. Contro la deliberazione adottata dal consiglio è ammesso ricorso giurisdizionale al tribunale competente per territorio.
La deliberazione deve essere, nel giorno successivo, depositata nella segreteria del consiglio e notificata, entro i cinque giorni successivi, a colui che sia stato dichiarato decaduto.
Le deliberazioni di cui al presente articolo sono adottate di ufficio o su istanza di qualsiasi elettore.
Art. 88
Recepimento di norme Art. 1, legge regionale 3 novembre 1993, n. 30

1. Nel territorio della Regione siciliana si applicano le norme di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 con le modificazioni di cui agli articoli seguenti, salvo quanto previsto dalla legge regionale 1 settembre 1993, n. 25 e nel rispetto dei principi ordinatori della legge 23 dicembre 1978, n. 833.
Art. 89
Organizzazione delle unità sanitarie locali Art. 3, decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502

(omissis)
9. Il direttore generale non è eleggibile a membro dei consigli comunali, dei consigli provinciali, dei consigli e assemblee delle regioni e del Parlamento, salvo che le funzioni esercitate non siano cessate almeno centottanta giorni prima della data di scadenza dei periodi di durata dei predetti organi. In caso di scioglimento anticipato dei medesimi, le cause di ineleggibilità non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate entro i sette giorni successivi alla data del provvedimento di scioglimento. In ogni caso il direttore generale non è eleggibile nei collegi elettorali nei quali sia ricompreso, in tutto o in parte, il territorio dell'unità sanitaria locale presso la quale abbia esercitato le sue funzioni in un periodo compreso nei sei mesi antecedenti la data di accettazione della candidatura. Il direttore generale che sia stato candidato e non sia stato eletto non può esercitare per un periodo di cinque anni le sue funzioni in unità sanitarie locali comprese, in tutto o in parte, nel collegio elettorale nel cui ambito si sono svolte le elezioni. La carica di direttore generale è incompatibile con quella di membro del consiglio e delle assemblee delle regioni e delle province autonome, di consigliere provinciale, di sindaco, di assessore comunale (omissis), di membro del Parlamento, nonché con l'esistenza di rapporti anche in regime convenzionale con la unità sanitaria locale presso cui sono esercitate le funzioni o di rapporti economici o di consulenza con strutture che svolgono attività concorrenziali con la stessa. La predetta normativa si applica anche ai direttori amministrativi ed ai direttori sanitari.
(omissis)
Art. 90
Aziende ospedaliere e presidi ospedalieri Art. 4, decreto legislativo n. 502/1992

1. Le regioni, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, trasmettono al Ministro della sanità le proprie indicazioni ai fini della conseguente individuazione degli ospedali di rilievo nazionale e di alta specializzazione da costituire in azienda ospedaliera avuto riguardo a quanto previsto al comma 2. Entro novanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto il Ministro della sanità, sulla base delle indicazioni pervenute dalle regioni e, in mancanza, sulla base di proprie valutazioni, formula le proprie proposte al Consiglio dei Ministri, il quale individua gli ospedali da costituire in azienda ospedaliera. Entro sessanta giorni dalla data della deliberazione del Consiglio dei Ministri, le regioni costituiscono in azienda con personalità giuridica pubblica e con autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica i predetti ospedali. Le regioni costituiscono altresì in aziende ospedaliere con le medesime caratteristiche di autonomia, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, gli ospedali destinati a centro di riferimento della rete dei servizi di emergenza. Con le stesse procedure si provvede alla costituzione in aziende di ulteriori ospedali, dopo la prima attuazione del presente decreto. Gli ospedali costituiti in azienda ospedaliera hanno gli stessi organi previsti per l'unità sanitaria locale, nonché il direttore amministrativo, il direttore sanitario e il consiglio dei sanitari con le stesse attribuzioni indicate nell'articolo 3. Nel consiglio dei sanitari è garantita la presenza dei responsabili di dipartimento, ferma restando la composizione prevista dall'articolo 3, comma 12. La gestione delle aziende ospedaliere è informata al principio dell'autonomia economico-finanziaria e dei preventivi e consuntivi per centri di costo, basati sulle prestazioni effettuate.
(omissis)
Art. 91
Azione popolare Art. 70, decreto legislativo n. 267/2000

1. La decadenza dalla carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale o circoscrizionale può essere promossa in prima istanza da qualsiasi cittadino elettore del comune, o da chiunque altro vi abbia interesse davanti al tribunale civile, con ricorso da notificare all'amministratore ovvero agli amministratori interessati, nonché al sindaco o al presidente della provincia.
2. L'azione può essere promossa anche dal prefetto.
3. Per tali giudizi si osservano le norme di procedura ed i termini stabiliti dall'articolo 82 del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570.
4. Contro la sentenza del Tribunale, sono ammesse le impugnazioni ed i ricorsi previsti dagli articoli 82/2 e 82/3 del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570.
Sezione II DISPOSIZIONI PER IL SINDACO
Art. 92
Condizioni di eleggibilità Art. 3, legge regionale n. 7/1992 (art. 1, legge regionale n. 32/1994, art. 7, legge regionale n. 41/1996 e art. 15, legge regionale n. 35/1997)

1. Sono eleggibili a sindaco tutti i cittadini iscritti nelle liste elettorali di qualsiasi comune della Repubblica in possesso dei requisiti stabiliti per l'elezione a consigliere comunale.
2. Restano ferme le cause di ineleggibilità e di incompatibilità previste dalle norme vigenti per la carica di consigliere comunale e per la carica di sindaco.
3. Il sindaco è immediatamente rieleggibile una sola volta. [Tale limitazione non si applica nel caso in cui per uno dei due mandati si sia verificata la fattispecie di cui all'articolo 16, comma 3 della presente legge].
4. Non è immediatamente rieleggibile il sindaco che sia stato revocato dalla carica secondo l'articolo 40 della legge 8 giugno 1990, n. 142, come recepito dalla legge regionale 11 dicembre 1991, n. 48.
5. (comma abrogato)
Art. 93
Interpretazione autentica di norme Art. 112, legge regionale 28 dicembre 2004, n. 17

1. Il comma 3 dell'articolo 3 della legge regionale 26 agosto 1992, n. 7 e successive modifiche ed integrazioni, va interpretato nel senso che il divieto di rieleggibilità per una sola volta non si applica nel caso in cui tra un mandato e l'altro si sia verificata una gestione straordinaria ai sensi degli articoli 143 e 144 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
(omissis)
Art. 94
Ineleggibilità
Art. 67, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana, approvato con legge regionale n. 16/1963

Non può essere eletto sindaco:
(omissis)
4) chi ha ascendenti o discendenti, ovvero parenti o affini fino al secondo grado, che coprano nell'amministrazione del comune il posto di segretario comunale, di appaltatore di lavori o di servizi comunali, di esattore, collettore e tesoriere comunale, o in qualunque modo di fideiussore.
Art. 95
Incompatibilità fra dipendenti e convenzionati delle unità sanitarie locali e amministratori locali Art. 15, legge regionale n. 31/1986 (art. 3, legge regionale n. 7/1992 e art. 1, legge regionale n. 32/1994)

I dipendenti delle unità sanitarie locali nonché i professionisti con esse convenzionati non possono ricoprire la carica di sindaco o assessore del comune il cui territorio coincide con il territorio dell'unità sanitaria locale dalla quale dipendono o lo ricomprende o con la quale sono convenzionati, nonché di sindaco o assessore di comune con popolazione superiore a 28.500 abitanti che concorre a costituire l'unità sanitaria locale dalla quale dipendono o con la quale sono convenzionati.
Le cause di incompatibilità di cui al precedente comma non hanno effetto se i dipendenti delle unità sanitarie locali, entro 10 giorni dalla data in cui diviene esecutiva la loro nomina, abbiano chiesto di essere collocati in aspettativa. In tal caso l'aspettativa deve essere concessa senza assegni per tutta la durata del mandato, fatta salva l'applicazione delle norme di cui alle leggi 12 dicembre 1966, n. 1078; 20 maggio 1970, n. 300 e 26 aprile 1974, n. 169 e successive modifiche.
La stessa causa di incompatibilità non ha effetto per i professionisti di cui al primo comma se, entro il termine di cui al comma precedente, cessano dalle funzioni che danno luogo alla incompatibilità. In questo caso la convenzione rimane sospesa per tutta la durata del mandato elettivo e il professionista può essere sostituito, per detto periodo, secondo le modalità stabilite per le sostituzioni dagli accordi collettivi nazionali.
La causa di incompatibilità di cui al primo comma non ha effetto per i titolari di farmacie che richiedono la sostituzione, per la durata del mandato, con altro farmacista iscritto all'ordine dei farmacisti nella conduzione professionale ed economica della farmacia.
Sezione III DISPOSIZIONI PER IL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA REGIONALE
Art. 96
Ineleggibilità Art. 156, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana, approvato con legge regionale n. 16/1963

Non può essere eletto presidente della giunta:
(omissis)
4) chi ha ascendenti o discendenti, ovvero parenti o affini fino al secondo grado, che coprano nell'amministrazione della provincia regionale il posto di segretario, di appaltatore di lavori o di servizi consortili, di esattore, collettore e tesoriere, o in qualunque modo di fideiussore.
Art. 97
Requisiti di eleggibilità e di compatibilità alla carica di presidente della provincia Art. 2, legge regionale n. 26/1993 (art. 15, legge regionale n. 35/1997)

1. Sono eleggibili a presidente di provincia regionale i cittadini iscritti nelle liste elettorali di un comune della Repubblica in possesso dei requisiti stabiliti per la elezione a consigliere di provincia regionale.
2. Non è eleggibile alla carica di presidente di provincia regionale il presidente di altra provincia. La causa di ineleggibilità non ha effetto se l'interessato cessa per dimissioni non oltre la data di presentazione della candidatura.
3. La carica di presidente di provincia regionale è incompatibile con la carica di assessore comunale. Ricorrono inoltre le cause di ineleggibilità e di incompatibilità disciplinate per la carica di consigliere della provincia regionale, nonché quelle previste nell'articolo 156, comma 1, n. 4, dell'ordinamento amministrativo degli enti locali, approvato con legge regionale 15 marzo 1963, n. 16. L'incompatibilità deve essere rimossa entro dieci giorni dalla notifica dell'atto di proclamazione o dal verificarsi delle ipotesi.
4. Nessuno contemporaneamente può presentare la propria candidatura a sindaco ed a presidente di provincia.
5. Il presidente di provincia è immediatamente rieleggibile una sola volta.
6. Non è immediatamente rieleggibile il presidente di provincia che sia stato revocato dalla carica secondo l'articolo 40 della legge 8 giugno 1990, n. 142, come introdotto dall'articolo 1 della legge regionale 11 dicembre 1991, n. 48.
(omissis)
Sezione IV DISPOSIZIONI COMUNI PER IL SINDACO E IL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA REGIONALE
Art. 98
Art. 7, decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361 (art. 1, legge n. 271/1991, art. 9 legge n. 459/2001 e art. 1, legge n. 270/2005)

Non sono eleggibili:
a) [i deputati regionali o consiglieri regionali];
b) i presidenti delle Giunte provinciali;
c) i sindaci dei comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti;
(omissis)
Le cause di ineleggibilità, di cui al primo e al secondo comma, non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate almeno centottanta giorni prima della data di scadenza del quinquennio di durata della Camera dei deputati.
Per cessazione dalle funzioni si intende l'effettiva astensione da ogni atto inerente all'ufficio rivestito, preceduta, nei casi previsti alle lettere a), b) e c) del primo comma e nei corrispondenti casi disciplinati dal secondo comma, dalla formale presentazione delle dimissioni e, negli altri casi, dal trasferimento, dalla revoca dell'incarico o del comando ovvero dal collocamento in aspettativa.
L'accettazione della candidatura comporta in ogni caso la decadenza dalle cariche di cui alle predette lettere a), b) e c).
Il quinquennio decorre dalla data della prima riunione dell'Assemblea, di cui al secondo comma del successivo art. 11.
In caso di scioglimento della Camera dei deputati, che ne anticipi la scadenza di oltre centoventi giorni, le cause di ineleggibilità anzidette non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate entro i sette giorni successivi alla data di pubblicazione del decreto di scioglimento nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Art. 99
Art. 8, legge regionale 20 marzo 1951, n. 29 (art. 1, legge regionale n. 6/1958, art. 3, legge regionale n. 87/1975, art. 19, legge regionale n. 20/1986 e art. 1, legge regionale n. 22/2007)

1.  Non sono eleggibili a deputato regionale:
a)  i presidenti e gli assessori delle province regionali;
b)  i sindaci e gli assessori dei comuni, compresi nel territorio della Regione, con popolazione superiore a 20 mila abitanti, secondo i dati ufficiali dell'ultimo censimento generale della popolazione;
(omissis)
2.  Le cause di ineleggibilità di cui al comma 1 non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate almeno centottanta giorni prima del compimento di un quinquennio dalla data della precedente elezione regionale.
3.  Per cessazione dalle funzioni si intende l'effettiva astensione da ogni atto inerente all'ufficio rivestito, preceduta, nei casi previsti alle lettere a) e b) del comma 1, dalla formale presentazione delle dimissioni; e negli altri casi dal trasferimento, dalla revoca dell'incarico o del comando ovvero dal collocamento in aspettativa.
4.  Fermo restando quanto previsto dai commi 1, 2 e 3, l'accettazione della candidatura comporta in ogni caso la decadenza dalle cariche di cui al comma 1, lettere a) e b).
(omissis)
Capo VIII VARIAZIONI TERRITORIALI E DI DENOMINAZIONE DEI COMUNI
Sezione I PROCEDIMENTO
Art. 100
Variazioni territoriali e di denominazione dei comuni Art. 8, legge regionale n. 30/2000 (art. 102, legge regionale n. 2/2002)

1. Alle variazioni territoriali dei comuni si provvede con legge, previo referendum delle popolazioni interessate. Per variazioni dei territori comunali si intendono:
a) l'istituzione di uno o più comuni a seguito dello scorporo di parti del territorio di uno o più comuni;
b) l'incorporazione di uno o più comuni nell'ambito di altro comune;
c) la fusione di due o più comuni in uno nuovo;
d) l'aggregazione di parte del territorio e di popolazione di uno o più comuni ad altro comune contermine.
2. Le variazioni di denominazione dei comuni consistenti nel mutamento, parziale o totale, della precedente denominazione, sono anch'esse soggette a referendum sentita la popolazione dell'intero comune.
3. Per popolazioni interessate si intendono, nella loro interezza, le popolazioni del comune o dei comuni i cui territori devono subire modificazioni, o per l'istituzione di nuovi comuni, o per la fusione, o per l'incorporazione, o per cambio di denominazione o per il passaggio di parti di territorio e di popolazione da un comune all'altro.
4. Nelle ipotesi di istituzione di nuovi comuni o di aggregazioni di parte del territorio e di popolazione di uno o più comuni ad altro comune contermine, la consultazione referendaria non va riferita all'intera popolazione residente nei comuni interessati alla variazione qualora a questa non possa riconoscersi un interesse qualificato per intervenire nel procedimento di variazione che riguarda parte del territorio rispetto al quale essa non abbia alcun diretto collegamento e la variazione di territorio e popolazione, rispetto al totale, risulti di limitata entità.
5. In tale ipotesi le "popolazioni interessate" aventi diritto a prendere parte alla consultazione referendaria sono costituite esclusivamente dagli elettori residenti nei territori da trasferire risultanti dall'ultimo censimento ufficiale della popolazione.
6. Non si fa luogo all'istituzione di nuovi comuni qualora la popolazione del nuovo comune sia inferiore a 5.000 abitanti e la popolazione del comune o dei comuni di origine rimanga inferiore ai 5.000 abitanti.
6 bis. La superiore disposizione non si applica qualora in almeno due dei comuni di origine ed in quello istituendo la popolazione sia pari o superiore a 5.000 abitanti.
7. In tutti i casi previsti dalla presente legge il referendum è valido solo se vota la metà più uno degli aventi diritto.
7 bis. La consultazione referendaria è limitata agli abitanti residenti nel territorio del comune o dei comuni interessati alla costituzione di nuovo comune per scorporo di parti del territorio e di popolazione di altro o di altri comuni ovvero di aggregazione di parte del territorio e di popolazione di uno o più comuni a comune o comuni contermini, a condizione che la variazione di popolazione non sia superiore al 30 per cento della popolazione complessiva del comune.
8. Entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, il Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali, e previa deliberazione della Giunta, emana apposito regolamento per disciplinare tempi, modalità e procedure della consultazione referendaria.
Art. 101
Potere di iniziativa del procedimento di variazione Art. 9, legge regionale n. 30/2000

1. L'iniziativa dei procedimenti diretti alle variazioni territoriali spetta:
a) alla Giunta regionale;
b) al comune o ai comuni interessati alla variazione con deliberazioni consiliari adottate con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei consiglieri in carica;
c) ad un terzo degli elettori iscritti nelle sezioni del comune di cui si chiede il cambio di denominazione;
d) ad un terzo degli elettori iscritti nelle sezioni di ciascuno dei comuni interessati nell'ipotesi di incorporazione e di fusione;
e) ad un terzo degli elettori iscritti nelle liste elettorali del comune o di ciascuno dei comuni interessati negli altri casi di variazioni territoriali;
f) nei casi ove la consultazione referendaria non vada riferita all'intera popolazione ma solo a coloro che hanno un diretto collegamento con il territorio di cui si chiede la variazione, l'iniziativa compete ad un terzo degli elettori residenti nei territori da trasferire.
Art. 102
Procedimento istruttorio Art. 10, legge regionale n. 30/2000

1. Il progetto di variazione territoriale è corredato della seguente documentazione:
a)  relazione tecnica-illustrativa;
b)  quadro di unione dei fogli di mappa;
c) cartografia dell'Istituto geografico militare;
d) indicazione, su mappe catastali, dei nuovi confini;
e) elenco delle particelle catastali.
2. Il progetto è pubblicato per quindici giorni presso l'albo comunale e, nei successivi trenta giorni, ciascun cittadino può presentare osservazioni. Il consiglio comunale nei successivi sessanta giorni si pronuncia in merito, in difetto, previa diffida, provvede in via sostitutiva nei trenta giorni successivi l'Assessorato degli enti locali tramite commissario ad acta. Il progetto, unitamente alle osservazioni dei cittadini e del consiglio comunale, è trasmesso all'Assessorato regionale degli enti locali che, verificatane la legittimità, in contraddittorio con i comuni eventualmente controinteressati, autorizza la consultazione referendaria.
Sezione II SISTEMAZIONE DEI RAPPORTI FINANZIARI E PATRIMONIALI
Art. 103
Sistemazione dei rapporti finanziari e patrimoniali Art. 11, legge regionale n. 30/2000

1. In caso di esito positivo del referendum, entro i sei mesi successivi, i comuni interessati predispongono, su iniziativa di un solo comune o di concerto fra loro, analitici progetti di sistemazione dei rapporti finanziari e patrimoniali scaturenti dalla variazione. I progetti sono approvati con decreto del Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali. In difetto interviene, in via sostitutiva, a mezzo di apposito commissario, l'Assessore regionale per gli enti locali. Nei successivi trenta giorni il Presidente della Regione emana, su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali, il relativo decreto di modificazione territoriale o di istituzione del nuovo comune.
Art. 104
Definizione dei rapporti patrimoniali e finanziari pendenti a seguito della istituzione di nuovi comuni Art. 98, legge regionale n. 17/2004 (art. 6, legge regionale n. 1/2008)

1. Al fine di pervenire alla definizione dei rapporti patrimoniali e finanziari ancora pendenti a seguito della istituzione di nuovi comuni, l'Assessore per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali, onde consentire il superamento delle particolari situazioni di disagio legate al funzionamento dell'attività e dei servizi degli enti di nuova istituzione, è autorizzato, sentita la Conferenza Regione-Autonomie locali, a provvedere, sentita la competente Commissione legislativa dell'Assemblea regionale siciliana, mediante decreto, a:
a) definire i criteri oggettivi, tenuto conto dei dati di popolazione e di territorio, per la quantificazione degli oneri concernenti l'istituzione di nuovi comuni;
b) individuare i beni immobili di rispettiva pertinenza;
c) quantificare l'ammontare delle somme spettanti ai comuni di nuova istituzione;
d) assegnare, mediante piano di riparto, anche triennale, le somme quantificate, con oneri a valere sul fondo globale per le autonomie.
2. Con l'accredito ai comuni di nuova istituzione del primo incremento di risorse finanziarie da parte dell'Assessorato della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali si intende cessata la materia del contendere fra il comune originario e quello di nuova istituzione.
3. Per i rapporti definiti alla data di entrata in vigore della presente legge è riservata una quota pari a 2.000 migliaia di euro da ripartire in proporzione al debito accertato, a valere sui fondi delle autonomie locali.
Sezione III CONTESTAZIONE DI CONFINI
Art. 105
Contestazioni di confini
Art. 11, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana, approvato con legge regionale n. 16/1963

I ricorsi per contestazioni di confini fra comuni sono decisi con decreto del Presidente della Regione, sentiti la Giunta regionale e il Consiglio di giustizia amministrativa.
Capo IX COSTITUZIONE DELLE PROVINCE REGIONALI E VARIAZIONI TERRITORIALI
Sezione I COSTITUZIONE DELLE PROVINCE REGIONALI
Art. 106
Costituzione delle province regionali Art. 5, legge regionale n. 9/1986

La costituzione di ciascuna provincia regionale è promossa da uno o più comuni ricompresi in una medesima area contraddistinta dalle caratteristiche di cui all'art. 4, mediante delibere dei rispettivi consigli su una specifica, identica, motivata proposta, da adottarsi, con il voto favorevole della maggioranza dei consiglieri assegnati.
Le delibere di cui al comma precedente debbono essere adottate nel corso del primo semestre del 1987.
Le delibere devono contenere l'indicazione dell'ambito territoriale dell'istituenda provincia regionale, avente caratteristiche di continuità territoriale ed una popolazione residente di almeno 230 mila abitanti riducibile a non meno di 180 mila allorché ricorrano particolari ragioni storiche, sociali ed economiche, nonché la designazione del capoluogo.
La popolazione residente nei comuni è quella risultante dai registri di popolazione.
La mancata adozione delle delibere entro il termine di cui al secondo comma equivale alla proposta di costituirsi in libero consorzio con i comuni ricadenti entro l'ambito territoriale della disciolta provincia e con il medesimo capoluogo, sempreché sussistano i requisiti di cui all'art. 4 ed al terzo comma del presente articolo.
E' fatta salva la facoltà dei singoli comuni di richiedere, entro gli stessi termini e nel rispetto delle medesime modalità procedurali, l'aggregazione ad altra istituenda provincia, sempreché sussistano i requisiti di cui all'art. 4 ed al terzo comma del presente articolo.
Le delibere, munite del riscontro tutorio, sono trasmesse all'Assessorato regionale degli enti locali.
Il riscontro tutorio sulle suddette delibere è esclusivamente di legittimità sulla regolarità delle adunanze e delle votazioni dei consigli comunali.
Art. 107
Adempimenti della Giunta regionale Art. 6, legge regionale n. 9/1986

Entro il secondo semestre dell'anno 1987, preso atto delle deliberazioni previste dall'art. 5, nonché delle eventuali mancate adozioni di cui al quinto comma del medesimo articolo, la Giunta regionale, ricorrendone i presupposti - e subordinatamente alla presenza nelle aree provinciali residue dei caratteri di cui all'art. 4 ed al terzo comma dell'art. 5 - delibera la presentazione all'Assemblea regionale del disegno di legge per la costituzione delle province regionali con le indicazioni conseguenti a riguardo delle circoscrizioni territoriali e della istituzione dei relativi capoluoghi.
Art. 108
Art. 1, legge regionale 12 agosto 1989, n. 17

1. Sono costituite, ai sensi dell'articolo 5, quinto comma, della legge regionale 6 marzo 1986, n. 9, le province regionali di Agrigento, Caltanissetta, Catania, Enna, Messina, Palermo, Ragusa, Siracusa e Trapani, risultanti dall'aggregazione in liberi consorzi dei comuni ricadenti nell'ambito territoriale delle disciolte province, già gestite dalle omonime amministrazioni straordinarie provinciali, e con i medesimi capoluoghi.
Sezione II MODIFICHE DEGLI AMBITI TERRITORIALI
Art. 109
Modifiche agli ambiti territoriali delle province regionali Art. 7, legge regionale n. 9/1986

Alle modifiche degli ambiti territoriali delle province regionali, si provvede con legge regionale, ad iniziativa del Governo regionale, nel rispetto dei criteri indicati negli articoli precedenti, su richiesta di una o più province, ovvero di uno o più comuni, oppure in base a richiesta popolare avanzata: da almeno il 50 per cento degli elettori del comune di cui viene chiesto il trasferimento ad altra provincia, per i comuni sino a 50.000 abitanti; da almeno il 30 per cento, per i comuni fino a 100.000 abitanti; da almeno il 20 per cento, per i comuni oltre i 100.000 abitanti.
Delle richieste di cui al comma precedente è data notizia mediante avviso pubblicato, a cura dell'Assessorato regionale degli enti locali, nella Gazzetta Ufficiale della Regione.
Entro i 60 giorni successivi alla pubblicazione le province regionali ed i comuni interessati possono presentare osservazioni.
La Giunta regionale delibera, quindi, la presentazione all'Assemblea regionale del disegno di legge concernente le modifiche degli ambiti territoriali provinciali.
Esse hanno effetto dalla data di scadenza dei relativi consigli provinciali.
Capo X STATUTI COMUNALI E PROVINCIALI
Sezione I PROCEDIMENTI DI ADOZIONE
Art. 110
Statuti comunali e provinciali Art. 4, legge n. 142/1990 recepito con modifiche dall'art. 1, comma 1, lett. a), della legge regionale n. 48/1991 (art. 1, legge regionale n. 30/2000)

1. I comuni e le province adottano il proprio statuto.
2. Lo statuto, nell'ambito dei principi fissati dalla legge, stabilisce le norme fondamentali dell'organizzazione dell'ente e, in particolare, specifica le attribuzioni degli organi, le forme di garanzia e di partecipazione delle minoranze, prevedendo l'attribuzione alle stesse della presidenza delle commissioni consiliari aventi funzioni di controllo e di garanzia, ove costituite. Lo statuto stabilisce altresì l'ordinamento degli uffici e dei servizi pubblici, le forme di collaborazione fra comuni e province, della partecipazione popolare, anche attraverso l'esercizio del diritto di udienza, del decentramento, dell'accesso dei cittadini alle informazioni e ai procedimenti amministrativi, lo stemma ed il gonfalone;
(omissis)
2/bis. Gli schemi degli statuti comunali e provinciali devono essere predisposti dalle giunte entro centoventi giorni dall'entrata in vigore della presente legge. Prima dell'approvazione consiliare, è pubblicizzato, mediante apposito manifesto, l'accesso allo schema di statuto comunale predisposto per consentire ai cittadini singoli o associati di presentare osservazioni o proposte entro trenta giorni dall'avviso. Dette osservazioni e proposte sono, congiuntamente allo schema dello statuto, sottoposti alldel consiglio comunale.
3. Gli statuti sono deliberati dai rispettivi consigli con il voto favorevole dei due terzi dei consiglieri assegnati. Qualora tale maggioranza non venga raggiunta, la votazione è ripetuta in successive sedute da tenersi entro trenta giorni e lo statuto è approvato se ottiene per due volte il voto favorevole della maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche alle modifiche statutarie.
3/bis. Nello statuto deve essere prevista la partecipazione popolare all'attività del comune attraverso l'esercizio del diritto di udienza.
4. Dopo l'espletamento del controllo da parte del competente organo regionale, lo statuto è pubblicato nel bollettino ufficiale della regione, affisso all'albo pretorio dell'ente per trenta giorni consecutivi ed inviato al Ministero dell'interno per essere inserito nella raccolta ufficiale degli statuti. Lo statuto entra in vigore decorsi trenta giorni dalla sua affissione all'albo pretorio dell'ente.
Art. 111
Adozione statuti e regolamenti di contabilità e di disciplina dei contratti Art. 1, legge regionale 15 marzo 1994, n. 4

1. Per i comuni che non hanno provveduto all'adozione della delibera consiliare di approvazione dello statuto, perché in gestione commissariale o già interessati da gestione commissariale, il termine di tale adempimento è stabilito nei centottanta giorni successivi al giorno di insediamento dei nuovi consigli eletti.
(omissis)
Art. 112
Statuto della provincia regionale Art. 22, legge regionale n. 9/1986

La provincia regionale, in relazione alle proprie esigenze e specificità, adotta lo statuto.
Lo statuto fissa, in armonia con le disposizioni della presente legge, le norme fondamentali relative all'organizzazione della provincia regionale ed al suo funzionamento, nonché:
-  i modi e le forme del controllo e della partecipazione popolare alla vita della provincia regionale mediante: referendum, iniziativa popolare ed altri strumenti di consultazione e di democrazia diretta;
-  i modi e le forme in cui i comuni, singoli o associati, partecipano all'esercizio delle funzioni spettanti alla provincia regionale.
Art. 113
Procedimento di formazione dello statuto Art. 23, legge regionale n. 9/1986

Lo statuto della provincia regionale è adottato dal consiglio, entro un anno dal suo insediamento, su proposta della giunta che, a tal fine, ne redige il progetto e lo sottopone ai comuni dell'area provinciale, i quali, entro 30 giorni dalla ricezione, possono formulare, mediante delibere consiliari, osservazioni e proposte di modifica.
Sul progetto e sulle proposte di cui al comma precedente, il consiglio delibera a maggioranza di due terzi dei componenti. Dopo il secondo scrutinio, da effettuarsi non prima di 8 giorni ed entro i successivi 15 giorni, è sufficiente la maggioranza assoluta dei componenti.
Dopo l'espletamento del controllo da parte dell'organo competente, lo statuto è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione ed affisso all'albo dell'ente per 30 giorni consecutivi.
Le modifiche allo statuto sono adottate con la procedura di cui ai commi precedenti.
Sezione II RACCOLTA DEGLI STATUTI
Art. 114
Art. 1, legge regionale n. 48/1991

1. Le disposizioni dell'ordinamento amministrativo degli enti locali, approvato con legge regionale 15 marzo 1963, n. 16, e della legge regionale 6 marzo 1986, n. 9, e loro successive modificazioni ed integrazioni, sono modificate ed integrate dalle norme della legge 8 giugno 1990, n. 142, contenute negli articoli:
(omissis)
m) (omissis)
L'Ufficio per la raccolta e la conservazione degli statuti dei comuni e delle province regionali è istituito presso l'Assessorato regionale degli enti locali ed una copia di ciascuno statuto è trasmessa, a cura dell'Assessorato, al Ministero dell'interno.
(omissis)
Capo XI REGOLAMENTI
Art. 115
Potestà regolamentare Art. 2, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana, approvato con legge regionale n. 16/1963

Il Comune, in conformità delle leggi, emana i regolamenti sull'ordinamento degli uffici e dei servizi comunali e del relativo personale, nonché i regolamenti sui modi di usare dei beni comunali, sulle istituzioni che appartengono al comune, sulle materie di igiene, edilizia, polizia locale e sulle altre previste dalle leggi.
Art. 116
Regolamenti Art. 5, legge n. 142/1990 recepito dall'art. 1, comma 1, lett. a), della legge regionale n. 48/1991 (art. 1, legge regionale n. 30/2000)

1. Nel rispetto dei principi fissati dalla legge e dello statuto il comune e la provincia adottano regolamenti per l'organizzazione ed il funzionamento delle istituzioni e degli organismi di partecipazione, per il funzionamento degli organi e degli uffici e per l'esercizio delle funzioni.
Art. 117
Potestà regolamentare Art. 24, legge regionale n. 9/1986

La provincia regionale adotta, in armonia con le disposizioni di legge e del proprio statuto, regolamenti per la disciplina delle proprie funzioni e delle relative modalità di esplicazione.
In particolare i regolamenti concernono:
-  l'organizzazione ed il funzionamento del consiglio provinciale con particolare riferimento alle attribuzioni della conferenza dei presidenti dei gruppi consiliari, alla suddivisione in gruppi dei componenti il consiglio, alla istituzione di commissioni permanenti, all'esame delle proposte di deliberazione, mozioni, interpellanze e interrogazioni;
-  l'organizzazione ed il funzionamento della giunta;
-  l'organizzazione degli uffici e la pianta organica del personale;
-  le modalità di gestione dei servizi;
-  le aziende provinciali;
-  i contenuti e le forme dei provvedimenti per i fini di cui all'art. 2.
Art. 118
Sanzioni amministrative Art. 7 bis, decreto legislativo n. 267/2000 (art. 16, legge n. 3/2003 e art. 1-quater decreto legislativo n. 50/2003, convertito dalla legge n. 116/2003)

1. Salvo diversa disposizione di legge, per le violazioni delle disposizioni dei regolamenti comunali e provinciali si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 25 euro a 500 euro.
1-bis. La sanzione amministrativa di cui al comma 1 si applica anche alle violazioni alle ordinanze adottate dal sindaco e dal presidente della provincia sulla base di disposizioni di legge, ovvero di specifiche norme regolamentari.
2. L'organo competente a irrogare la sanzione amministrativa è individuato ai sensi dell'articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
Capo XII PARTECIPAZIONE POPOLARE
Art. 119
Partecipazione popolare Art. 6, legge n. 142/1990, recepito con modifiche dall'art. 1, comma 1, lett. b), della legge regionale n. 48/1991 (art. 3, legge regionale n. 30/2000)

1. I comuni valorizzano le libere forme associative e promuovono organismi di partecipazione popolare all'amministrazione locale, anche su base di circoscrizione o di frazione. I rapporti di tali forme associative con il comune sono disciplinati dallo statuto.
2. Nel procedimento relativo all'adozione di atti che incidono su situazioni giuridiche soggettive devono essere previste forme di partecipazione degli interessati secondo le modalità stabilite dallo statuto nell'osservanza dei principi stabiliti dalla legge regionale 30 aprile 1991, n. 10.
3. Nello statuto devono essere previste forme di consultazione della popolazione nonché procedure per l'ammissione di istanze, petizioni e proposte di cittadini singoli o associati dirette a promuovere interventi per la migliore tutela di interessi collettivi e devono essere altresì determinate le garanzie per il loro tempestivo esame. Devono essere altresì previsti referendum consultivi e possono essere previsti altri tipi di referendum anche su richiesta di un adeguato numero di cittadini.
4. Le consultazioni e i referendum di cui al presente articolo devono riguardare materia di esclusiva competenza locale e non possono aver luogo con operazioni elettorali, provinciali, comunali e circoscrizionali.
Art. 120
Azione popolare, diritti d'accesso e di informazione dei cittadini Art. 7, legge n. 142/1990, recepito dall'art. 1, comma 1, lett. bb), della legge regionale n. 48/1991 (art. 3, legge regionale n. 30/2000 e art. 4, legge n. 265/1999)

1. Ciascun elettore può far valere in giudizio le azioni e i ricorsi che spettano al comune.
2. Il giudice ordina l'integrazione del contraddittorio nei confronti del comune. In caso di soccombenza, le spese sono a carico di chi ha promosso l'azione o il ricorso, salvo che il comune costituendosi abbia aderito alle azioni e ai ricorsi promossi dall'elettore.
3. Tutti gli atti dell'amministrazione comunale e provinciale sono pubblici, ad eccezione di quelli riservati per espressa indicazione di legge o per effetto di una temporanea e motivata dichiarazione del sindaco o del presidente della provincia che ne vieti l'esibizione, conformemente a quanto previsto dal regolamento, in quanto la loro diffusione possa pregiudicare il diritto alla riservatezza delle persone, dei gruppi o delle imprese.
4. Il regolamento assicura ai cittadini singoli e associati, il diritto di accesso agli atti amministrativi e disciplina il rilascio di copie di atti previo pagamento dei soli costi; individua, con norme di organizzazione degli uffici e dei servizi, i responsabili dei procedimenti; detta le norme necessarie per assicurare ai cittadini l'informazione sullo stato degli atti e delle procedure e sull'ordine di esame di domande, progetti e provvedimenti che comunque li riguardino; assicura il diritto dei cittadini di accedere, in generale, alle informazioni di cui è in possesso l'amministrazione.
5. Al fine di rendere effettiva la partecipazione dei cittadini all'attività dell'amministrazione, gli enti locali assicurano l'accesso alle strutture ed ai servizi agli enti, alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni.
Art. 121
Albi Art. 196, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana, approvato con legge regionale n. 16/1963

Il comune e il libero consorzio hanno un albo per la pubblicazione delle deliberazioni e degli atti che devono essere portati a cognizione del pubblico.
Art. 122
Ostensibilità dei regolamenti Art. 198, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana, approvato con legge regionale n. 16/1963

La raccolta dei regolamenti dei comuni e dei liberi consorzi e quella delle relative tariffe sono tenute a disposizione del pubblico, perché possa prendere cognizione.
Art. 123
Diritti di visione degli atti e di informazione Art. 198 bis, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana, approvato con legge regionale n. 16/1963 (art. 56, legge regionale n. 9/1986)

I cittadini hanno diritto di prendere visione di tutti i provvedimenti adottati dai comuni, dalle province, dai consigli di quartiere, dalle aziende speciali di enti territoriali. Le amministrazioni disciplinano con propri regolamenti l'esercizio di tale diritto.
Art. 124
Rilascio di copie
Art. 199, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana, approvato con legge regionale n. 16/1963 (art. 20, legge regionale n. 1/1976 e art. 56, legge regionale n. 9/1986)

Ogni cittadino può avere copia integrale delle deliberazioni e dei regolamenti dei comuni e dei liberi consorzi, previo pagamento dei relativi diritti di segreteria.
(omissis)
Titolo II ARTICOLAZIONE ORGANICA DEI COMUNI E DELLE PROVINCE REGIONALI
CAPO I DISPOSIZIONI COMUNI
SEZIONE I SINDACO E PRESIDENTE DELLA PROVINCIA REGIONALE
Art. 125
Competenze del sindaco e del presidente della provincia Art. 36, legge n. 142/1990, recepito dall'art. 1, comma 1, lett. e), della legge regionale n. 48/1991 (art. 4, legge n. 127/97, introdotto con legge regionale n. 23/1998 e art. 6, legge regionale n. 30/2000)

1. Il sindaco e il presidente della provincia rappresentano l'ente, convocano e presiedono [il consiglio e] la giunta, sovrintendono al funzionamento dei servizi e degli uffici nonché all'esecuzione degli atti.
2. (omissis)
3. Il sindaco è inoltre competente, nell'ambito della disciplina regionale e sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale, a coordinare gli orari degli esercizi commerciali, dei servizi pubblici, nonché gli orari di apertura al pubblico degli uffici periferici delle amministrazioni pubbliche, al fine di armonizzare l'esplicazione dei servizi alle esigenze complessive e generali degli utenti.
6. Il sindaco e il presidente della provincia prestano davanti al consiglio, nella seduta di insediamento, il giuramento di osservare lealmente la Costituzione italiana.
7. Distintivo del sindaco è la fascia tricolore con lo stemma della Repubblica e lo stemma del comune, da portarsi a tracolla. Distintivo del presidente della provincia è una fascia di colore azzurro con lo stemma della Repubblica e lo stemma della propria provincia, da portare a tracolla.
Art. 126
Art. 4, legge regionale 20 agosto 1994, n. 32 (art. 9, legge regionale n. 7/1996)

1. Tutte le nomine, le designazioni e le revoche attribuite dalla vigente legislazione nazionale o regionale ai comuni o alle province sono di competenza, rispettivamente, del sindaco o del presidente della provincia.
(omissis)
Art. 127
Funzionamento degli organi comunali e provinciali Art. 6, legge regionale n. 30/2000

(omissis)
3. Le nomine fiduciarie demandate ai sindaci o ai presidenti delle province regionali decadono nel momento della cessazione del mandato del sindaco o del presidente della provincia regionale.
Art. 128
Effettuazione delle attività di studio, progettazione, direzione dei lavori e accessorie Art. 17, legge n. 109/1994, coordinata con le norme recate dall'art. 1 della legge regionale n. 20/2007 e con le vigenti leggi regionali di modifica, sostituzione ed integrazione in materia (art. 11, legge regionale n. 7/2002, art. 10 legge regionale n. 7/2003, art. 1, legge regionale n. 16/2005 e art. 1, legge regionale n. 20/2007)

(omissis)
11. Per gli incarichi relativi alle prestazioni di cui al comma 1, il cui importo stimato sia inferiore a 100.000 euro, IVA esclusa, le stazioni appaltanti possono procedere all'affidamento a professionisti singoli o associati di loro fiducia, ferma restando l'effettiva competenza nel settore, oggettivamente ricavabile dai curricula vitae, nel rispetto dei principi di non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità e trasparenza.
(omissis)
Art. 129
Trattativa privata Art. 24, legge n. 109/1994, coordinata con le norme recate dall'art. 1 della legge regionale n. 20/2007 e con le vigenti leggi regionali di modifica, sostituzione ed integrazione in materia (art. 19, legge regionale n. 7/2002, art. 1, legge regionale n. 18/2002, art. 106, legge regionale n. 4/2003 e art. 1, legge regionale n. 16/2005)

(omissis)
9. Il ricorso alla trattativa privata è di competenza del legale rappresentante dell'ente, il quale adotta la relativa determinazione previo parere degli uffici competenti.
10. Tutte le determinazioni devono essere trasmesse per conoscenza, entro il termine di cinque giorni dall'adozione, alla Presidenza dell'organo assembleare o consiliare. Le stesse devono essere pubblicate nell'albo dell'ente.
(omissis)
Art. 130
Cottimo Art. 24 bis, legge n. 109/1994, coordinata con le norme recate dall'art. 1 della legge regionale n. 20/2007 e con le vigenti leggi regionali di modifica, sostituzione ed integrazione in materia (art. 20, legge regionale n. 7/2002 e art. 17, legge regionale n. 7/2003)

(omissis)
2. Il ricorso al cottimo-appalto è di competenza del legale rappresentante dell'ente, il quale adotta le determinazioni di autorizzazione all'espletamento delle gare informali previo parere degli uffici competenti.
(omissis)
Art. 131
Organizzazione degli uffici e del personale Art. 51, legge n. 142/1990, recepito dall'art. 1, comma 1, lett. h), della legge regionale n. 48/1991 (art. 6, legge n. 127/1997, art. 2, legge n. 191/1998 introdotto con legge regionale n. 23/1998 e art. 7, legge regionale n. 30/2000)

(omissis)
7. (omissis) Il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi può inoltre prevedere la costituzione di uffici posti alle dirette dipendenze del sindaco, del presidente della provincia, della giunta o degli assessori, per l'esercizio delle funzioni di indirizzo e di controllo loro attribuite dalla legge, costituiti da dipendenti dell'ente, ovvero, purché l'ente non abbia dichiarato il dissesto e non versi nelle situazioni strutturalmente deficitarie di cui all'articolo 45 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 e successive modificazioni, da collaboratori assunti con contratto a tempo determinato, i quali, se dipendenti da una pubblica amministrazione, sono collocati in aspettativa senza assegni. Al personale assunto con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato si applica il contratto collettivo nazionale di lavoro del personale degli enti locali. Con provvedimento motivato della giunta, al personale di cui al precedente periodo il trattamento economico accessorio previsto dai contratti collettivi può essere sostituito da un unico emolumento comprensivo dei compensi per il lavoro straordinario, per la produttività collettiva e per la qualità della prestazione individuale.
(omissis)
Art. 132
Art. 7, legge regionale 16 ottobre 1997, n. 39

1. (omissis)
2. Agli esperti dei sindaci e dei presidenti delle province regionali sono, altresì, dovuti i trattamenti di missione previsti per i dipendenti in possesso della seconda qualifica dirigenziale.
Sezione II GIUNTA DEL COMUNE E DELLA PROVINCIA REGIONALE
Art. 133
Composizione delle giunte Art. 33, legge n. 142/1990, recepito con modifiche dall'art. 1, comma 1, lett. e) della legge regionale n. 48/1991 (art. 24, legge regionale n. 7/1992 e art. 6, legge regionale n. 30/2000)

1. La giunta comunale e la giunta provinciale sono composte rispettivamente dal sindaco e dal presidente della provincia che le presiedono e da un numero di assessori, stabilito dagli statuti, che non deve essere superiore ad un terzo, arrotondato aritmeticamente, del numero dei consiglieri comunali e provinciali, e, comunque, non superiore a sedici unità.
2. Fino all'adozione delle nuove norme statutarie, di cui al comma 1, si applicano le disposizioni regionali vigenti.
[3. Gli statuti comunali e provinciali possono prevedere l'elezione ad assessore di cittadini non facenti parte dei rispettivi consigli in possesso dei requisiti di competenza determinati nello statuto medesimo nonché dei requisiti di compatibilità e di eleggibilità alla carica di consigliere.]
Art. 134
Conseguenze della dichiarazione di dissesto Art. 248, decreto legislativo n. 267/2000

(omissis)
5. Fermo restando quanto previsto dall'art. 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, gli amministratori che la Corte dei conti ha riconosciuto responsabili, anche in primo grado, di danni da loro prodotti, con dolo o colpa grave, nei cinque anni precedenti il verificarsi del dissesto finanziario, non possono ricoprire, per un periodo di cinque anni, incarichi di assessore, di revisore dei conti di enti locali e di rappresentante di enti locali presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati, ove la Corte, valutate le circostanze, e le cause che hanno determinato il dissesto, accerti che questo è diretta conseguenza delle azioni od omissioni per le quali l'amministratore è stato riconosciuto responsabile.
Art. 135
Competenze delle giunte Art. 35, legge n. 142/1990, recepito dall'art. 1, comma 1, lett. e), della legge regionale n. 48/1991 (art. 5, legge n. 127/1997, introdotto con legge regionale n. 23/1998)

(omissis)
2-bis. E', altresì, di competenza della giunta l'adozione dei regolamenti sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, nel rispetto dei criteri generali stabiliti dal consiglio.
Art. 136
Art. 15, legge regionale 3 dicembre 1991, n. 44 (art. 4, legge regionale n. 23/1997 e art. 9, legge regionale n. 39/1997)

(omissis)
3. Le deliberazioni di competenza delle giunte comunali e provinciali nelle materie sottoelencate sono sottoposte a controllo, nei limiti delle illegittimità denunciate, quando un quarto dei consiglieri, ne faccia richiesta scritta e motivata, da presentare entro dieci giorni dall'affissione della delibera all'albo pretorio, con l'indicazione delle norme violate:
a) acquisti, alienazioni, appalti e in generale tutti i contratti;
b) contributi, indennità, compensi, rimborsi ed esenzioni ad amministratori, a dipendenti o terzi;
c) assunzioni del personale.
4. Contestualmente all'affissione all'albo le deliberazioni di cui al comma 3 sono trasmesse ai capigruppo consiliari.
(omissis)
Art. 137
Art. 5, legge regionale n. 39/1997

1. La competenza a deliberare la sottoscrizione di quote di capitali non di maggioranza in società costituite ai sensi dell'articolo 32, lettera f), della legge 8 giugno 1990, n. 142 così come recepito con l'articolo 1, lettera e), della legge regionale 11 dicembre 1991, n. 48 e successive modifiche ed integrazioni è attribuita alle giunte degli enti locali.
Art. 138
Art. 6, legge regionale n. 39/1997

1. Alla copertura degli organici delle società di cui alla lettera e) dell'articolo 22 della legge 8 giugno 1990, n. 142, come recepito dalla legge regionale 11 dicembre 1991, n. 48, si può provvedere con deliberazione della Giunta a mezzo del personale già assunto ai sensi della legge regionale 9 agosto 1988, n. 21 in possesso dei richiesti profili professionali. Il personale transitato sarà a carico delle società.
2. Il personale di cui al comma 1 transita nelle società a seguito di domanda da presentarsi entro sei mesi dalla delibera consiliare di costituzione delle società.
3. Il personale - già assunto ai sensi della legge regionale 9 agosto 1988, n. 21 con qualifiche e profili professionali riferibili ad attività rivolte a fornire beni e prestazioni che i comuni e le province hanno in gestione a mezzo delle società previste dall'articolo 22 della legge 8 giugno 1990, n. 142 che non transita ai sensi dei precedenti commi alle società medesime - può essere utilizzato dai comuni e dalle province per mansioni riconducibili alle qualifiche e profili professionali posseduti.
4. Il personale di cui al comma 3 continua a fare parte del contingente di cui al comma 7 dell'articolo 45 della legge regionale 7 marzo 1997, n. 6 per i fini del comma medesimo. Allo stesso pertanto non si applica il secondo inciso del predetto comma 7.
Art. 139
Modalità per la concessione dei servizi socio-assistenziali Art. 15, legge regionale 8 gennaio 1996, n. 4 (art. 21, legge regionale n. 22/1996, art. 42, legge regionale n. 7/2002 e art. 63, legge regionale n. 23/2002)

(omissis)
2. Per la concessione dei servizi socio-assistenziali, i comuni provvedono previa deliberazione della giunta comunale o provinciale, mediante ricorso all'aggiudicazione a trattativa privata entro il limite di 400.000 Ecu in favore di istituzioni socio-assistenziali iscritte ai relativi albi regionali previsti dall'articolo 26 della legge regionale 9 maggio 1986, n. 22 o autorizzati ai sensi dell'articolo 28 della stessa legge.
3. Nell'ipotesi di cui al precedente comma, il comune potrà preferire l'istituzione socio - assistenziale avente sede legale in ambito comunale ovvero, in assenza, in ambito provinciale e, quindi in ambito regionale. In caso di concorrenza di più istituzioni, nello stesso ambito territoriale, limitatamente al servizio di assistenza domiciliare, l'affidamento sarà effettuato con delibera motivata e previa comparazione fra le istituzioni stesse basata sull'aspetto progettuale e su quello economico.
4. Nell'ipotesi che, per l'espletamento dei servizi socio - assistenziali, le strutture vengano messe a disposizione direttamente dal Comune, potrà prescindersi dall'obbligo dell'iscrizione di cui al comma 2 del presente articolo. Sarà sufficiente, in questi casi, la dimostrazione del rispetto dei soli "standards" organizzativi di cui all'articolo 19 della legge regionale 9 maggio 1986, n. 22.
5. Limitatamente ai servizi socio-assistenziali rivolti a soggetti portatori di disagio psichico, con priorità ai dimessi degli ex ospedali psichiatrici, i comuni, in carenza di istituzioni socio-assistenziali con il previsto requisito di iscrizione all'albo sono autorizzati a stipulare convenzioni, di durata semestrale, anche con enti non iscritti, tenuto conto della loro effettiva data di costituzione.
6. Nelle fattispecie in cui, entro tale limite semestrale, l'Assessorato degli enti locali non proceda all'iscrizione, i comuni sono autorizzati alla stipula di nuova convenzione, con altro soggetto, in conformità al disposto di cui al precedente comma 5.
7. Qualora debba essere affidato un servizio non previsto dalla legge regionale 9 maggio 1986, n. 22 per il quale non vi sia sezione o tipologia dell'albo regionale, si procede con le stesse modalità di cui al precedente comma 5.
8. Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano alle province regionali ove gestiscano servizi socio-assistenziali d'interesse sovracomunale, nonché alle unità sanitarie locali per i servizi a carattere socio-sanitario per le tipologie di cui all'articolo 17 della legge regionale 9 maggio 1986, n. 22.
Art. 140
Numero legale per la validità delle adunanze Art. 62, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana, approvato con legge regionale n. 16/1963

La Giunta delibera con l'intervento della maggioranza dei membri che la compongono [a termini dell'art. 57].
Sezione III CONSIGLIO COMUNALE E PROVINCIALE
Art. 141
Competenze dei consigli Art. 32, legge n. 142/1990, recepito con modifiche dall'art. 1, comma 1, lett. e) della legge regionale n. 48/1991 (art. 78, legge regionale n. 10/1993, art. 45, legge regionale n. 26/1993 e art. 2, legge regionale n. 4/1996)

(omissis)
2. Il consiglio ha competenza limitatamente ai seguenti atti fondamentali:
a) gli statuti dell'ente e delle aziende speciali, i regolamenti, l'ordinamento degli uffici e dei servizi;
b) i programmi, le relazioni previsionali e programmatiche, i piani finanziari ad esclusione di quelli riguardanti singole opere pubbliche ed i programmi di opere pubbliche, i bilanci annuali e pluriennali, le relative variazioni, gli storni dai fondi tra capitoli appartenenti a rubriche diverse del bilancio, i conti consuntivi, i piani territoriali ed urbanistici, i programmi annuali e pluriennali per la loro attuazione, le eventuali deroghe ad essi, i pareri da rendere nelle dette materie;
[c) la disciplina dello stato giuridico e delle assunzioni del personale; le piante organiche e le relative variazioni;]
d) le convenzioni tra i comuni e quelle tra comuni e provincia, la costituzione e la modificazione di forme associative;
e) l'istituzione, i compiti e le norme sul funzionamento degli organismi di decentramento e di partecipazione;
f) l'assunzione diretta dei pubblici servizi, la costituzione di istituzioni e di aziende speciali, la concessione dei pubblici servizi, la partecipazione dell'ente locale a società di capitali, l'affidamento di attività o servizi mediante convenzione;
g) l'istituzione e l'ordinamento dei tributi, la disciplina generale delle tariffe per la fruizione dei beni e dei servizi;
h) gli indirizzi da osservare da parte delle aziende pubbliche e degli enti dipendenti, sovvenzionati o sottoposti a vigilanza;
i) la contrazione dei mutui e l'emissione dei prestiti obbligazionari;
l) le spese che impegnino i bilanci per gli esercizi successivi, escluse quelle relative alla locazione di immobili, alla somministrazione e fornitura al comune o alla provincia di beni e servizi a carattere continuativo;
[m) l'autorizzazione ad avvalersi di modalità di gara diverse dei pubblici incanti in materia di lavori pubblici e di pubbliche forniture;]
n) (omissis)
3. Le deliberazioni in ordine agli argomenti di cui al presente articolo non possono essere adottate in via d'urgenza da altri organi del comune o della provincia.
Art. 142
Proroga del termine di adozione dei piani regolatori generali Art. 2, legge regionale n. 4/1994

1. L'articolo 32, comma 2, lettera b), della legge 8 giugno 1990, n. 142, così come recepito dall'articolo 1, comma 1, lettera e), della legge regionale 11 dicembre 1991, n. 48, nonché l'articolo 29, comma 1, lettera b), della legge regionale 6 marzo 1986, n. 9, come sostituito dall'articolo 20 della legge regionale 1 settembre 1993, n. 26, è così interpretato: "Le competenze dei consigli comunali e provinciali in materia di piani territoriali ed urbanistici sono limitate all'adozione dei piani, generali ed attuativi, e delle relative varianti, nonché alla approvazione delle direttive generali e degli schemi di massima di cui all'articolo 3, comma 7, della legge regionale 30 aprile 1991, n. 15".
(omissis)
Art. 143
Interpretazione art. 1, comma 1, lett. e), legge regionale 48/91 Art. 12, legge regionale 31 maggio 1994, n. 17

1. L'articolo 32, comma 2, lettera b) della legge 8 giugno 1990, n. 142, così come recepito dall'articolo 1, comma 1, lettera e), della legge regionale 11 dicembre 1991, n. 48, è così interpretato: "Le competenze dei consigli comunali e provinciali, in materia di piani territoriali ed urbanistici, sono limitate alla adozione dei piani e delle relative varianti, nonché all'approvazione delle direttive generali e degli schemi di massima, di cui all'articolo 3, comma 7, della legge regionale 30 aprile 1991, n. 15".
Art. 144
Art. 4, legge regionale n. 32/1994 (art. 9, legge regionale n. 7/1996)

1. (omissis)
2. Fermo restando quanto disposto dal comma 1, le competenze dei consigli comunali e provinciali sono esclusivamente quelle elencate nell'articolo 32 della legge 8 giugno 1990, n. 142, recepito con l'articolo 1, comma 1, lettera e) della legge regionale 11 dicembre 1991, n. 48 e successive integrazioni e modifiche.
3. Sono abrogate tutte le disposizioni in contrasto con la presente norma.
4. Resta attribuita ai consigli comunali e provinciali la competenza ad eleggere i collegi dei revisori dei conti.
Art. 145
Nomina del difensore civico Art. 9, legge regionale 16 novembre 1996, n. 41

1. La competenza a nominare il difensore civico spetta ai consigli comunali e provinciali.
Art. 146
Programmazione dei lavori pubblici Art. 14, legge n. 109/1994, coordinata con le norme recate dall'art. 1 della legge regionale n. 20/2007 e con le vigenti leggi regionali di modifica, sostituzione ed integrazione in materia (art. 8, legge regionale n. 7/2002 e art. 8, legge regionale n. 7/2003)

1. L'attività di realizzazione dei lavori di cui alla presente legge di singolo importo superiore a 100.000 euro si svolge sulla base di un programma triennale e di suoi aggiornamenti annuali che i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a), predispongono ed approvano, nel rispetto dei documenti programmatori, già previsti dalla normativa vigente, e della normativa urbanistica, unitamente all'elenco dei lavori da realizzare nell'anno stesso.
2. Il programma triennale costituisce momento attuativo di studi di fattibilità e di identificazione e quantificazione dei propri bisogni che i soggetti di cui al comma 1 predispongono nell'esercizio delle loro autonome competenze e, quando esplicitamente previsto, di concerto con altri soggetti, in conformità agli obiettivi assunti come prioritari. Gli studi individuano i lavori strumentali al soddisfacimento dei predetti bisogni, indicano le caratteristiche funzionali, tecniche, gestionali ed economico-finanziarie degli stessi e contengono l'analisi dello stato di fatto di ogni intervento nelle sue eventuali componenti storico-artistiche, architettoniche, paesaggistiche, e nelle sue componenti di sostenibilità ambientale, socio-economiche, amministrative e tecniche. In particolare le amministrazioni aggiudicatrici individuano con priorità i bisogni che possono essere soddisfatti tramite la realizzazione di lavori finanziabili con capitali privati, in quanto suscettibili di gestione economica. Lo schema di programma triennale e i suoi aggiornamenti annuali sono resi pubblici, prima della loro approvazione, mediante affissione nella sede dei soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a), per almeno sessanta giorni consecutivi.
3. Il programma triennale deve prevedere un ordine di priorità. Nell'ambito di tale ordine sono da ritenere comunque prioritari i lavori di manutenzione, di recupero del patrimonio esistente, di completamento dei lavori già iniziati, i progetti esecutivi approvati, nonché gli interventi per i quali ricorra la possibilità di finanziamento con capitale privato maggioritario.
4. Nel programma triennale sono altresì indicati i beni immobili pubblici che, al fine di quanto previsto all'articolo 19, comma 5-ter, possono essere oggetto di diretta alienazione anche del solo diritto di superficie, previo esperimento di una gara; tali beni sono classificati e valutati anche rispetto ad eventuali caratteri di rilevanza storico-artistica, architettonica, paesaggistica e ambientale e ne viene acquisita la documentazione catastale e ipotecaria.
5. I soggetti di cui al comma 1 nel dare attuazione ai lavori previsti dal programma triennale devono rispettare le priorità ivi indicate. Sono fatti salvi gli interventi imposti da eventi imprevedibili o calamitosi, nonché le modifiche dipendenti da sopravvenute disposizioni di legge o regolamentari ovvero da altri atti amministrativi adottati a livello statale o regionale.
6. L'inclusione di un lavoro nell'elenco annuale di cui al comma 1 è subordinata, per i lavori di importo inferiore a 1.000.000 di euro, alla previa approvazione di uno studio di fattibilità e, per i lavori di importo pari o superiore a 1.000.000 di euro, alla previa approvazione della progettazione preliminare, redatta ai sensi dell'articolo 16, salvo che per i lavori di manutenzione, per i quali è sufficiente l'indicazione degli interventi accompagnata dalla stima sommaria dei costi.
7. Un lavoro può essere inserito nell'elenco annuale, limitatamente ad uno o più lotti, purché con riferimento all'intero lavoro sia stata elaborata la progettazione almeno preliminare e siano state quantificate le complessive risorse finanziarie necessarie per la realizzazione dell'intero lavoro. In ogni caso l'amministrazione nomina, nell'ambito del personale ad esso addetto, un soggetto idoneo a certificare la funzionalità, fruibilità e fattibilità di ciascun lotto.
8. I progetti dei lavori degli enti locali ricompresi nell'elenco annuale devono essere conformi agli strumenti urbanistici vigenti o adottati. Per motivate ragioni di pubblico interesse si applicano le disposizioni dei commi 4 e 5 dell'articolo 1 della legge 3 gennaio 1978, n. 1 e successive modificazioni; del comma 5 dell'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267; dell'articolo 7 della legge regionale 11 aprile 1981, n. 65 e dell'articolo 89, della legge regionale 3 maggio 2001, n. 6.
9. L'elenco annuale predisposto dalle amministrazioni aggiudicatrici deve essere approvato unitamente al bilancio preventivo, di cui costituisce parte integrante, e deve contenere l'indicazione dei mezzi finanziari stanziati sullo stato di previsione o sul proprio bilancio, ovvero disponibili in base a contributi o risorse dello Stato, o di altri enti pubblici, già stanziati nei rispettivi stati di previsione o bilanci, nonché acquisibili ai sensi dell'articolo 3 del decreto legge 31 ottobre 1990, n. 310, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 1990, n. 403, e successive modificazioni. Un'opera non inserita nell'elenco annuale può essere realizzata solo sulla base di un autonomo piano finanziario che non utilizzi risorse già previste tra i mezzi finanziari dell'amministrazione al momento della formazione dell'elenco, fatta eccezione per le risorse resesi disponibili a seguito di ribassi d'asta o di economia. Agli enti locali territoriali si applicano le disposizioni previste dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni ed integrazioni.
10. Le disposizioni di cui al comma 9 non si applicano all'Amministrazione regionale.
11. I lavori non ricompresi nell'elenco annuale o non ricadenti nelle ipotesi di cui al comma 5, secondo periodo, non possono ricevere alcuna forma di finanziamento da parte di pubbliche amministrazioni.
12. I soggetti di cui al comma 1 sono tenuti ad adottare il programma triennale e gli elenchi annuali dei lavori sulla base di schemi tipo, definiti con decreto dell'Assessore regionale per i lavori pubblici entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. I programmi e gli elenchi, dopo la loro adozione, sono trasmessi alla sezione regionale dell'Osservatorio dei lavori pubblici che ne dà pubblicità.
13. Il progetto di programma triennale deve essere inviato per il parere ai comuni territorialmente interessati dalle opere. In sede di espressione del parere i comuni possono formulare osservazioni entro quindici giorni dalla data di ricevimento della medesima richiesta di parere. Trascorso tale termine il parere si intende reso positivamente.
14. Costituiscono parte integrante ed essenziale del programma una cartografia su scala adeguata, che indichi la localizzazione di tutte le opere previste ed una relazione generale, che illustri la concreta utilità di ciascuna delle opere in rapporto alla situazione complessiva delle strutture localmente esistenti o inserite nel programma, raffrontata all'effettivo bacino di utenza ed evidenzi le condizioni che possono influire sulla realizzazione delle singole opere alla stregua delle previsioni degli strumenti urbanistici e dell'eventuale esistenza di vincoli a tutela di interessi pubblici.
15. Il programma adottato dall'ente è trasmesso alla Presidenza della Regione e a ciascuno degli assessorati regionali competenti a finanziare le opere inserite. Il programma è, altresì, inviato per conoscenza alle province regionali nel cui territorio le opere devono essere realizzate.
16. Nell'adottare il programma, gli enti possono modificare le previsioni o l'ordine delle priorità di quello precedente in dipendenza di nuove disposizioni legislative o di sopravvenute circostanze di fatto, da indicare nella relativa deliberazione, che rendano opportuno il mutamento nell'interesse pubblico, ovvero, nel caso di elezione diretta del sindaco o del presidente della provincia regionale, limitatamente all'adattamento del programma triennale di opere pubbliche al programma elettorale depositato. Le modifiche richiedono il voto favorevole della maggioranza dei presenti nella seduta dell'organo deliberante.
17. Restano riservati all'Amministrazione regionale i programmi delle opere marittime e portuali che vengono formulati tenendo conto delle richieste o dei pareri degli enti locali interessati.
18. E', altresì, riservata all'Amministrazione regionale competente la programmazione degli interventi di sistemazione idraulica ed idraulico-forestale tenuto conto delle proposte degli ispettorati forestali, degli uffici del Genio civile, degli enti locali e degli enti gestori delle aree naturali protette.
19. I soggetti di cui alla lettera a) del comma 2 dell'articolo 2 nel provvedere al conferimento di incarichi di progettazione ed agli atti conseguenziali tendenti alla realizzazione di opere pubbliche, si attengono all'ordine di priorità contenuto nel programma di cui al presente articolo. In casi di particolare urgenza gli enti possono derogare all'ordine di priorità generale, con voto favorevole dell'organo deliberante dell'ente, purché sia in ogni caso rispettato l'ordine relativo al settore di intervento.
Art. 147
Fondi agli enti sub regionali Art. 21, legge regionale n. 6/1997 (art. 5, legge regionale n. 5/1998 e art. 93, legge regionale n. 4/2003)

(omissis)
4. Le somme assegnate ai comuni e alle province sono iscritte nei rispettivi bilanci di previsione, a norma dell'articolo 7 del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, distintamente dalle altre fonti di finanziamento. In ogni caso non possono essere utilizzate a copertura di disavanzi di amministrazione o per ripiano di deficit strutturale.
5. I comuni e le province regionali sono tenuti a predisporre ed approvare un piano triennale di attività per la valorizzazione dei beni culturali, ambientali e paesaggistici, la promozione turistica ed agro-turistica, di manifestazioni ed iniziative promozionali, di festività di interesse locale.
6. In assenza del piano le somme assegnate ai sensi del comma 4 non possono essere utilizzate per le predette finalità.
7. Il piano è approvato dai consigli comunali e provinciali entro i termini di approvazione del bilancio di previsione e può essere rivisto ogni anno in ragione di sopravvenute esigenze. (omissis)
Capo II IL COMUNE
Sezione I ORGANI
Art. 148
Organi del comune Art. 41, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana, approvato con legge regionale n. 16/1963

Il comune ha un consiglio, una giunta e un sindaco.
Sezione II IL SINDACO
Art. 149
Funzioni Art. 65, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana, approvato con legge regionale n. 16/1963

Il sindaco è capo dell'amministrazione comunale. E' ufficiale del Governo, secondo le leggi vigenti, [e, in tale sua qualità, presta giuramento nelle forme e modi previsti dalla legge dello Stato.
Art. 150
Attribuzioni del sindaco Art. 68, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana, approvato con legge regionale n. 16/1963

Il sindaco, quale capo dell'amministrazione comunale:
(omissis)
3) rappresenta il comune in giudizio;
(omissis)
11) promuove le azioni possessorie e gli atti conservativi in generale dei diritti del comune;
(omissis)
Art. 151
Competenze del sindaco Art. 13, legge regionale n. 7/1992 (art. 41, legge regionale n. 26/1993)

1. Il sindaco convoca e presiede la giunta, compie tutti gli atti di amministrazione che dalla legge o dallo statuto non siano specificatamente attribuiti alla competenza di altri organi del comune, degli organi di decentramento, del segretario e dei dirigenti. Nomina il responsabile degli uffici e dei servizi attribuisce e definisce gli incarichi dirigenziali e quelli di collaborazione esterna, secondo le modalità ed i criteri dell'articolo 51 della legge 8 giugno 1990, n. 142 e successive modifiche, come recepito dall'articolo 1, comma 1, lettera h), della legge regionale 11 dicembre 1991, n. 48, nonché dello statuto e dei regolamenti afferenti del comune. Nomina, altresì, i componenti degli organi consultivi del comune, nel rispetto delle norme e dei criteri stabiliti dalla legge e dallo statuto comunale.
2. Il sindaco non può nominare rappresentante del comune presso aziende, enti, istituzioni e commissioni il proprio coniuge ed i parenti e gli affini entro il secondo grado.
(omissis)
Art. 152
Competenze Art. 26, legge regionale n. 7/1992 (art. 45, legge regionale n. 26/1993 e art. 56, legge regionale n. 6/2001)

1. Le competenze di cui alla lettera n) dell'art. 32 della legge n. 142 del 1990, come introdotte all'art. 1, comma 1, lettera e) della legge regionale n. 48/1991, sono attribuite al sindaco.
2. Il sindaco, con provvedimento motivato, può revocare e sostituire i rappresentanti del comune presso enti, aziende ed istituzioni anche prima della scadenza del relativo incarico.
3. (comma abrogato)
Art. 153
Promotore Art. 37 bis, legge n. 109/1994, coordinata con le norme recate dall'art. 1 della legge regionale n. 20/2007 e con le vigenti leggi regionali di modifica, sostituzione ed integrazione in materia

(omissis)
3. Per gli ampliamenti di aree cimiteriali ed interventi nelle stesse, la competenza a ricorrere allo strumento della finanza di progetto è attribuita all'organo esecutivo della stazione appaltante, il quale delibera anche in deroga ai termini di cui al presente articolo.
(omissis)
Art. 154
Incarichi ad esperti Art. 14, legge regionale n. 7/1992 (art. 41, legge regionale n. 26/1993, art. 4, legge regionale n. 38/1994, art. 6, legge regionale n. 41/1996 e art. 48, legge regionale n. 6/1997)

1. Il sindaco, per l'espletamento di attività connesse con le materie di sua competenza, può conferire incarichi a tempo determinato che non costituiscono rapporto di pubblico impiego, ad esperti estranei all'amministrazione.
2. Il numero degli incarichi di cui al comma 1 non può essere superiore a:
a) due nei comuni fino a 30.000 abitanti;
b) tre nei comuni da 30.000 a 250.000 abitanti;
c) quattro nei comuni con oltre 250.000 abitanti.
3. Gli esperti nominati ai sensi del presente articolo devono essere dotati di documentata professionalità. In caso di nomina di soggetto non provvisto di laurea, il provvedimento deve essere ampiamente motivato.
4. Il sindaco annualmente trasmette al consiglio comunale una dettagliata relazione sull'attività degli esperti da lui nominati.
5. Agli esperti è corrisposto un compenso pari a quello globale, previsto per i dipendenti in possesso della seconda qualifica dirigenziale.
6. Nessuno può avere conferiti più di due incarichi contemporaneamente.
Sezione III LA GIUNTA E IL VICE SINDACO
Art. 155
Art. 4, legge regionale 16 dicembre 2000, n. 25 (art. 76, legge regionale n. 20/2003)

1. Nei comuni compresi nella fascia tra 3.000 e 10.000 abitanti il numero massimo degli assessori è sei.
Art. 156
Giunta comunale Art. 12, legge regionale n. 7/1992 (art. 40, legge regionale n. 26/1993, artt. 8 e 15, legge regionale n. 35/1997)

1. Il sindaco eletto nomina la giunta, comprendendo anche gli assessori proposti all'atto della presentazione della candidatura, a condizione che siano in possesso dei requisiti di eleggibilità richiesti per la elezione al consiglio comunale ed alla carica di sindaco. La durata della giunta è fissata in cinque anni. La composizione della giunta viene comunicata, entro dieci giorni dall'insediamento al consiglio comunale che può esprimere formalmente le proprie valutazioni.
2. Sono estese ai componenti della giunta le ipotesi di incompatibilità previste per la carica di consigliere comunale e di sindaco che devono essere rimosse, per non incorrere nella decadenza dalla carica di assessore, entro dieci giorni dalla nomina.
3. Gli assessori ed i consiglieri comunali non possono essere nominati dal sindaco o eletti dal consiglio comunale per incarichi in altri enti, anche se in rappresentanza del proprio comune nè essere nominati od eletti come componenti di organi consultivi del comune.
4. La carica di componente della giunta è incompatibile con quella di consigliere comunale. Il consigliere comunale che sia stato nominato assessore ha facoltà di dichiarare, entro dieci giorni dalla nomina, per quale ufficio intende optare; se non rilascia tale dichiarazione, decade dalla carica di assessore. La dichiarazione di opzione formalizzata comporta la cessazione dalla carica non prescelta.
5. Sono incompatibili le cariche di sindaco, di presidente della Provincia, di assessore comunale e provinciale con quella di componente della Giunta regionale.
6. Non possono far parte della Giunta il coniuge, gli ascendenti, i discendenti, i parenti ed affini fino al secondo grado, del sindaco.
7. Il sindaco nomina, tra gli assessori, il vice sindaco che lo sostituisce in caso di assenza o di impedimento nonché nel caso di sospensione dell'esercizio della funzione adottata secondo l'articolo 15, comma 4 bis, della legge 19 marzo 1990, n. 55 e successive modifiche. Qualora si assenti o sia impedito anche il vice sindaco, fa le veci del sindaco in successione il componente della giunta più anziano di età.
8. Il sindaco può delegare a singoli assessori, con apposito provvedimento, determinate sue attribuzioni.
9. Il sindaco può, in ogni tempo, revocare uno o più componenti della giunta. In tal caso, egli deve, entro sette giorni, fornire al consiglio comunale circostanziata relazione sulle ragioni del provvedimento sulla quale il consiglio comunale può esprimere valutazioni. Contemporaneamente alla revoca, il sindaco provvede alla nomina dei nuovi assessori.
Ad analoga nomina il sindaco provvede in caso di dimissione, decadenza o morte di un componente della giunta.
10. Gli atti di cui ai precedenti commi sono adottati con provvedimento del sindaco, sono immediatamente esecutivi e sono comunicati al consiglio comunale, alla sezione provinciale del Comitato regionale di controllo ed all'Assessorato regionale degli enti locali.
11. La cessazione dalla carica del sindaco, per qualsiasi motivo, comporta la cessazione dalla carica dell'intera giunta. Sino all'insediamento del commissario straordinario, il vice sindaco e la giunta esercitano le attribuzioni indifferibili di competenza del sindaco e della giunta.
Art. 157
Giuramento Art. 15, legge regionale n. 7/1992

(omissis)
2. In presenza del segretario comunale che redige il processo verbale, gli assessori, prima di essere immessi nell'esercizio delle proprie funzioni, prestano giuramento secondo la formula stabilita per i consiglieri comunali.
3. Gli assessori che rifiutino di prestare il giuramento decadono dalla carica. La loro decadenza è dichiarata dal sindaco.
Art. 158
Competenze del sindaco Art. 13, legge regionale n. 7/1992 (art. 41, legge regionale n. 26/1993)

(omissis)
3. Restano riservate alla giunta le delibere per le materie indicate nell'articolo 15 della legge regionale 3 dicembre 1991, n. 44, che non siano di competenza del consiglio.
Sezione IV IL CONSIGLIO
Art. 159
Composizione dei consigli comunali ed indennità agli amministratori locali Art. 43, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana, approvato con legge regionale n. 16/1963 (art. 52, legge regionale n. 26/1993)

1. Il consiglio comunale è composto di:
a)  cinquanta membri nei comuni con popolazione superiore a 500.000 abitanti;
b)  quarantacinque membri nei comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti;
c)  quaranta membri nei comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti;
d)  trenta membri nei comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti o che, pur avendo popolazione inferiore, siano capoluoghi di provincia;
e)  venti membri nei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti;
f)  quindici membri nei comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti;
g)  dodici membri negli altri comuni.
Art. 160
Obblighi dei comuni Art. 3, legge regionale 30 aprile 1991, n. 15 (art. 6, legge regionale n. 9/1993, art. 25, legge regionale n. 71/1978 e art. 11, legge regionale n. 17/1994)

1. I comuni sprovvisti di piano regolatore generale o dotati di piano, i cui vincoli, divenuti inefficaci per decorrenza dei termini indicati dall'articolo 1 della legge regionale 5 novembre 1973, n. 38, siano prorogati ai sensi dell'art. 2, sono obbligati alla formazione dello stesso o alla revisione di quello esistente entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
2. I comuni di cui al comma 1 che abbiano già in corso la formazione del piano regolatore sono tenuti ad adottare il piano medesimo entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
3. I comuni dotati di piano regolatore generale sono tenuti alla formazione di un nuovo piano o alla revisione di quello esistente diciotto mesi prima della decadenza dei termini di efficacia dei vincoli.
4. I comuni provvedono alla redazione o revisione degli strumenti urbanistici a mezzo dei propri uffici tecnici; per comprovata inadeguatezza degli stessi uffici possono conferire incarichi a liberi professionisti.
5. L'affidamento dell'incarico per la redazione del piano regolatore generale o per la revisione di quello esistente, da parte dei comuni, deve essere effettuato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge ovvero diciotto mesi prima della decadenza dei termini di efficacia dei vincoli.
6. Le varianti agli strumenti urbanistici introdotte in attuazione di disposizioni legislative per l'esecuzione di opere pubbliche diventano efficaci dopo l'approvazione da parte dell'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente. Detta approvazione deve avvenire nel termine di novanta giorni trascorsi i quali le varianti si intendono approvate.
7. Ai fini della formazione dei piani regolatori generali i comuni sono tenuti ad adottare le direttive generali da osservarsi nella stesura del piano. Gli estensori del piano regolatore generale devono presentare al comune uno schema di massima, redatto sulla base delle direttive medesime, entro sessanta giorni dalla data dell'incarico. Sullo schema di massima il consiglio comunale adotta le proprie determinazioni entro il termine di trenta giorni.
8. Le prescrizioni esecutive, indicate al primo comma dell'articolo 2 della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71, devono essere rapportate ai fabbisogni di un decennio.
9. Le disposizioni di cui al comma 8 non si applicano ai piani regolatori adottati dai comuni alla data di entrata in vigore della presente legge.
10. (comma abrogato).
11. Le previsioni dei piani regolatori generali comunali devono essere compatibili con gli studi agricolo-forestali da effettuare, da parte di laureati in scienze agrarie e forestali, ai sensi del quinto comma dell'articolo 2 della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71, e con le prescrizioni dell'articolo 15, lettera e, della legge regionale 16 giugno 1976, n. 78, che i comuni sono tenuti ad eseguire nell'ambito del proprio territorio.
12. (comma abrogato)
Capo III LA PROVINCIA REGIONALE
Sezione I ORGANI
Art. 161
Organi della provincia regionale Art. 25, legge regionale n. 9/1986 (art. 15, legge regionale n. 26/1993)

Sono organi della provincia regionale: il consiglio, la giunta, il presidente della provincia regionale.
(omissis)
Sezione II IL PRESIDENTE
Art. 162
Attribuzioni del presidente Art. 34, legge regionale n. 9/1986 (art. 24, legge regionale n. 26/1993)

1. Il presidente rappresenta la provincia regionale; convoca e presiede la giunta; sovraintende al funzionamento dei servizi e degli uffici nonché all'esecuzione degli atti; presiede l'assemblea dei sindaci dei comuni della provincia ed esercita ogni altra attribuzione che la legge o lo statuto non riservano alla competenza di altri organi della provincia, del segretario e dei dirigenti. Nomina il responsabile degli uffici e dei servizi, attribuisce e definisce gli incarichi dirigenziali e quelli di collaborazione esterna, secondo le modalità ed i criteri dell'articolo 51 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modifiche, come recepito dall'articolo 1, comma 1, lettera h della legge regionale 11 dicembre 1991, n. 48.
(omissis)
4. Si applicano al presidente della provincia le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 26 della legge regionale 26 agosto 1992, n. 7.
Art. 163
Incarichi ad esperti Art. 35, legge regionale n. 9/1986 (art. 25, legge regionale n. 26/1993 e art. 6, legge regionale n. 41/1996)

1. Il presidente, per l'espletamento di attività connesse con le materie di competenza della provincia, può conferire incarichi a tempo determinato, che non costituiscono rapporto di pubblico impiego, ad esperti estranei all'amministrazione.
2. Il numero degli incarichi di cui al comma 1 non può essere superiore a:
a)  cinque nelle province con popolazione superiore a 600.000 abitanti;
b)  tre nelle province con popolazione da 400.000 a 600.000 abitanti;
c)  due nelle altre province.
3. Gli esperti nominati ai sensi del presente articolo devono essere dotati di documentata professionalità. In caso di nomina di soggetto non provvisto di laurea, il provvedimento deve essere ampiamente motivato.
4. Gli atti di nomina sono comunicati al consiglio della provincia, alla sezione provinciale del comitato regionale di controllo ed all'Assessorato regionale degli enti locali.
5. Il presidente annualmente trasmette al consiglio provinciale una dettagliata relazione sull'attività svolta dagli esperti nominati.
6. Gli esperti possono essere revocati dal presidente prima del termine fissato dall'incarico con provvedimento motivato da inviare entro dieci giorni al consiglio.
7. Agli esperti è corrisposto un compenso pari a quello globale, esclusa l'indennità di funzione, previsto per i dipendenti in possesso della seconda qualifica dirigenziale.
8. Si applicano agli esperti del presidente della provincia le limitazioni previste per gli esperti dei sindaci dal comma 6 dell'articolo 14 della legge regionale 26 agosto 1992, n. 7.
Art. 164
Art. 7, legge regionale n. 39/1997

1. La disposizione di cui all'articolo 4 della legge regionale 10 ottobre 1994, n. 38 si applica (inciso omesso in quanto impugnato, ai sensi dell'art. 28 dello Statuto, dal Commissario dello Stato per la Regione siciliana) anche agli esperti dei presidenti delle province regionali.
2. (omissis)
Art. 165
Estensione al libero consorzio delle disposizioni relative ai comuni Art. 159, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana, approvato con legge regionale n. 16/1963

Per quanto non previsto dal presente capo, sono estese al libero consorzio, in quanto applicabili, le disposizioni dei capi [II e] III, del titolo IV, intendendosi al consiglio comunale, alla giunta municipale ed al sindaco sostituiti, rispettivamente, il consiglio, la giunta ed il Presidente del libero consorzio.
Sezione III LA GIUNTA
Art. 166
Giunta della provincia regionale Art. 32, legge regionale n. 9/1986 (art. 22, legge regionale n. 26/1993, art. 3, legge regionale n. 32/1994 e artt. 8 e 15, legge regionale n. 35/1997)

1.  Il presidente, entro dieci giorni dalla proclamazione nomina la giunta, comprendendo anche gli assessori proposti all'atto di presentazione della candidatura, a condizione che siano in possesso dei requisiti di eleggibilità richiesti per la elezione al consiglio provinciale ed alla carica di presidente della provincia. La composizione della giunta viene comunicata, entro 10 giorni dalla nomina, al consiglio provinciale che può esprimere formalmente le proprie valutazioni. La durata della giunta è fissata in quattro anni.
2.  Sono estese ai componenti della giunta le ipotesi di incompatibilità previste per la carica di consigliere di provincia regionale e di presidente che devono essere rimosse, per non incorrere nella decadenza dalla carica di assessore, entro dieci giorni dalla nomina.
3.  La carica di componente della giunta è incompatibile con quella di consigliere provinciale. Il consigliere provinciale che sia stato nominato assessore ha facoltà di dichiarare, entro dieci giorni dalla nomina, per quale ufficio intende optare; se non rilascia tale dichiarazione, decade dalla carica di assessore. La dichiarazione di opzione formalizzata comporta l'immediata cessazione dalla carica non prescelta.
4.  Gli assessori e i consiglieri provinciali non possono essere nominati dal presidente della provincia o eletti dal consiglio provinciale per incarichi in altri enti, anche se in rappresentanza della provincia nè essere nominati od eletti come componenti di organi consultivi della provincia
5. Non possono far parte della giunta persone che siano coniugi, parenti ed affini fino al quarto grado del presidente o di altro componente della stessa giunta.
6.  Prima di essere immessi nelle funzioni il presidente ed i componenti della giunta attestano dinanzi al segretario dell'ente, che ne redige apposito verbale, la non sussistenza dei casi previsti nel comma precedente.
7.  In presenza del segretario generale che redige il processo verbale, gli assessori, prima di essere immessi nell'esercizio delle loro funzioni, prestano giuramento secondo la formula stabilita per i consiglieri della provincia regionale.
8.  Gli assessori che rifiutino di prestare il giuramento decadono dalla carica. La loro decadenza è dichiarata dal presidente della provincia.
9.  Il presidente nomina, tra gli assessori, il vice presidente che lo sostituisce in caso di assenza o di impedimento, nonché nel caso di sospensione dell'esercizio della funzione adottata secondo l'articolo 15 comma 4 bis della legge 19 marzo 1990, n. 55 e successive modifiche. Qualora si assenti o sia impedito anche il vice presidente, fa le veci del presidente il componente della giunta più anziano di età.
10. Nella prima riunione di giunta il presidente ripartisce agli assessori gli incarichi relativi alle competenze dei singoli rami dell'amministrazione.
11. Il presidente può delegare a singoli assessori, con appositi provvedimenti, determinate sue attribuzioni.
12. Il presidente può, in ogni tempo, revocare uno o più componenti della giunta. In tal caso, egli deve, entro sette giorni, fornire al consiglio provinciale circostanziata relazione sulle ragioni del provvedimento sulla quale il consiglio può esprimere valutazioni. Contemporaneamente alla revoca, il presidente provvede alla nomina dei nuovi assessori. Ad analoga nomina il presidente provvede nelle altre ipotesi di cessazione dalla carica degli assessori.
13. Gli atti di cui ai precedenti commi sono adottati con provvedimenti del presidente, sono immediatamente esecutivi e sono comunicati al consiglio provinciale, alla sezione provinciale del comitato regionale di controllo ed all'Assessorato regionale degli enti locali.
14. La cessazione dalla carica del presidente, per qualsiasi motivo, comporta la cessazione dalla carica dell'intera giunta.
15. Sino all'insediamento del commissario straordinario, il vice presidente e la giunta assicurano l'esercizio delle funzioni degli organi di cui al comma 11.
Art. 167
Attribuzioni della giunta Art. 33, legge regionale n. 9/1986 (art. 23, legge regionale n. 26/1993)

1. La giunta collabora con il presidente della provincia nell'amministrazione dell'ente ed opera con deliberazione collegiale.
2. La giunta delibera sulle materie ad essa demandate dalla legge o dallo statuto. Delibera, altresì, sulle materie indicate nell'articolo 15 della legge regionale 3 dicembre 1991, n. 44, che non siano di competenza del consiglio.
Sezione IV IL CONSIGLIO
Art. 168
Composizione del consiglio Art. 26, legge regionale n. 9/1986 (art. 16, legge regionale n. 26/1993)

1. Il consiglio della provincia regionale è composto:
a) di quarantacinque consiglieri nelle province regionali con popolazione superiore a 600 mila abitanti;
b) di trentacinque consiglieri nelle province regiona1i con popolazione da 400.000 abitanti sino a 600.000 abitanti;
c) di venticinque consiglieri nelle altre province regionali.
Capo IV SITUAZIONE PATRIMONIALE DEGLI AMMINISTRATORI
Art. 169
Art. 1, legge regionale 15 novembre 1982, n. 128

Entro tre mesi dalla proclamazione i deputati della Assemblea regionale siciliana sono tenuti a depositare presso l'Ufficio di Presidenza dell'Assemblea:
1) una dichiarazione concernente i diritti reali su beni immobili e su beni mobili iscritti in pubblici registri le azioni di società; le quote di partecipazione a società; l'esercizio di funzioni di amministratore o di sindaco di società, con l'apposizione della formula "sul mio onore affermo che la dichiarazione corrisponde al vero";
2) copia dell'ultima dichiarazione dei redditi soggetti all'imposta sui redditi delle persone fisiche;
3) una dichiarazione concernente le spese sostenute e le obbligazioni assunte per la propaganda elettorale ovvero l'attestazione di essersi avvalsi esclusivamente di materiali e di mezzi propagandistici predisposti e messi a disposizione dal partito o dalla formazione politica della cui lista hanno fatto parte, con l'apposizione della formula "sul mio onore affermo che la dichiarazione corrisponde al vero". Alla dichiarazione debbono essere allegate le copie della dichiarazione di cui al terzo comma dell'art. 4 della legge 18 novembre 1981, n. 659, relative agli eventuali contributi ricevuti.
Gli adempimenti indicati nei numeri 1 e 2 del comma precedente concernono anche la situazione patrimoniale e la dichiarazione dei redditi del coniuge non separato e dei figli conviventi, se gli stessi vi consentono.
Art. 170
Art. 2, legge regionale n. 128/1982

Entro un mese dalla scadenza del termine utile per la presentazione della dichiarazione dei redditi soggetti all'imposta sui redditi delle persone fisiche, i soggetti indicati nel precedente art. 1 sono tenuti a depositare una attestazione concernente le variazioni della situazione patrimoniale di cui al n. 1 del primo comma del medesimo art. 1 intervenute nell'anno precedente e copia della dichiarazione dei redditi. A tale adempimento annuale si applica l'ultimo comma dell'art. 1.
Art. 171
Art. 3, legge regionale n. 128/1982

Entro tre mesi successivi alla cessazione dall'ufficio, i soggetti indicati nel precedente art. 1 sono tenuti a depositare una dichiarazione concernente le variazioni della situazione patrimoniale di cui al n. 1 del primo comma del medesimo art. 1, intervenute dopo l'ultima attestazione. Entro un mese successivo alla scadenza del relativo termine, essi sono tenuti a depositare una copia della dichiarazione annuale relativa ai redditi delle persone fisiche, applicandosi anche la disposizione del secondo comma dell'art. 1.
Le disposizioni contenute nel precedente comma non si applicano nel caso di rielezione del soggetto, cessato dalla carica per il rinnovo dell'Assemblea.
Art. 172
Art. 4, legge regionale n. 128/1982

Nel caso di inadempienza degli obblighi imposti dagli articoli 1, 2 e 12 della presente legge, il Presidente dell'Assemblea diffida il deputato ad adempiere entro il termine di quindici giorni.
Senza pregiudizio di sanzioni disciplinari eventualmente previste nell'ambito della potestà regolamentare, nel caso di inosservanza della diffida il Presidente della Assemblea ne dà notizia alla stessa.
Art. 173
Art. 5, legge regionale n. 128/1982

Tutti i cittadini nelle liste elettorali per le elezioni dell'Assemblea regionale siciliana hanno diritto di conoscere le dichiarazioni previste dall'art. 1, secondo le modalità stabilite nel seguente articolo.
Art. 174
Art. 6, legge regionale n. 128/1982

Le dichiarazioni previste nei numeri 1 e 3 del primo comma dell'art. 1, nonché quelle previste dagli articoli 3 e 12 vengono riportate su apposito bollettino pubblicato a cura dell'Ufficio di Presidenza dell'Assemblea regionale siciliana. Nello stesso bollettino devono essere riportate, per ciascun soggetto, le notizie risultanti dal quadro riepilogativo della dichiarazione dei redditi, depositata ai sensi del n. 2 del primo comma dell'art. 1.
Il bollettino è a disposizione dei soggetti indicati nel precedente art. 5, i quali ne prendono visione a seguito di formale richiesta.
Art. 175
Art. 7, legge regionale n. 128/1982

Le disposizioni degli articoli precedenti si applicano anche ai consiglieri delle amministrazioni straordinarie delle province e dei comuni - che, a tal fine, depositano presso le rispettive segreterie le relative dichiarazioni - nonché ai componenti degli organi di controllo che depositano le dichiarazioni presso la Presidenza della Regione ed ai presidenti ed ai componenti dei comitati di gestione delle Unità sanitarie locali, i quali depositano le dichiarazioni presso il comune interessato.
La pubblicazione prevista nel precedente art. 6 viene effettuata su apposito bollettino.
Art. 176
Art. 8, legge regionale n. 128/1982

Le disposizioni di cui agli articoli 1, 2, 3, 4 e 12 si applicano, con le modificazioni di cui ai successivi articoli:
1) ai presidenti, vicepresidenti, amministratori delegati e direttori generali di istituti o di enti pubblici, anche economici, la cui nomina, proposta o designazione o approvazione di nomina sia demandata al Presidente della Regione o alla Giunta regionale o agli Assessori regionali;
2)  ai presidenti, vicepresidenti, amministratori delegati e direttori generali delle società al cui capitale concorrono la Regione o enti pubblici di cui al precedente n. 1, nelle varie forme di intervento o di partecipazione per un importo superiore al 20 per cento;
3)  ai presidenti, ai vicepresidenti, agli amministratori delegati ed ai direttori generali degli enti o istituti privati, al cui funzionamento concorrono la Regione o enti pubblici regionali in misura superiore al 50 per cento dell'ammontare complessivo delle spese di gestione esposte in bilancio ed a condizioni che queste superino la somma annua di L. 500 milioni;
4)  ai direttori generali delle aziende autonome della Regione;
5)  ai presidenti e ai direttori generali delle aziende speciali municipali, provinciali e consorziali, di cui al regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578, e degli altri organi ed aziende dei comuni e delle province.
Art. 177
Art. 9, legge regionale n. 128/1982

Le dichiarazioni e gli atti indicati negli articoli 1, 2, 3 e 12, devono essere trasmessi per quanto riguarda i soggetti indicati nei numeri 1, 2, 3 e 4 dell'art. 8 alla Presidenza della Regione e, per quanto riguarda i soggetti indicati nel n. 5 dello stesso articolo, al sindaco e al presidente dell'amministrazione locale interessata.
Art. 178
Art. 10, legge regionale n. 128/1982

La diffida di cui all'art. 4 è effettuata, per quanto riguarda i soggetti indicati negli articoli 7 e 8, secondo i casi, dal Presidente della Regione o dal sindaco o dal presidente dell'amministrazione locale interessata i quali, constatata l'inadempienza, ne danno notizia, rispettivamente, nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana, nell'albo comunale o provinciale e al relativo consiglio.
Delle situazioni patrimoniali relative ai soggetti indicati negli articoli 7 e 8 è data altresì pubblicità ai sensi dell'art. 5.
Art. 179
Art. 11, legge regionale n. 128/1982

La Presidenza dell'Assemblea regionale siciliana provvederà a predisporre gli occorrenti modelli per le dichiarazioni di cui agli articoli 1, 2 e 3.
Art. 180
Norme per la disciplina della propaganda elettorale e per la pubblicità delle spese di propaganda elettorale Art. 53, legge regionale n. 26/1993

1. La propaganda elettorale per la elezione dei consigli, comunali, dei sindaci, dei consigli provinciali e dei presidenti delle medesime province è disciplinata dalla legge 4 aprile 1956, n. 212, dagli articoli 28 e 29 della legge 25 marzo 1993, n. 81, nonché dalle successive disposizioni vigenti in materia.
2. Entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, gli statuti delle province e dei comuni, ad integrazione degli adempimenti prescritti dalla legge regionale 15 novembre 1982, n. 128, disciplinano la dichiarazione preventiva ed il rendiconto delle spese per la campagna elettorale dei candidati e delle liste alle elezioni locali. La dichiarazione preventiva e il rendiconto sono resi pubblici tramite affissione all'albo pretorio del comune e della provincia.
Art. 181
Integrazioni alla legge regionale 15 dicembre 1982, n. 128 Art. 54, legge regionale n. 26/1993

1. Sono soggetti alla presentazione delle dichiarazioni disciplinate dalla legge regionale 15 dicembre 1982, n. 128, i sindaci ed i presidenti della provincia regionale eletti con suffragio popolare, nonché gli assessori dai medesimi nominati.
2. I soggetti tenuti alle dichiarazioni disciplinate dalla legge regionale 15 dicembre 1982, n. 128, decadono dalla carica ove le omettano nel termine di diffida stabilito in trenta giorni. Della decadenza viene data notizia ai presidenti dei collegi od organi competenti ad adottare i provvedimenti conseguenti.
(omissis)
Capo V STATUS DEGLI AMMINISTRATORI LOCALI
Art. 182
Disposizioni generali Art. 15, legge regionale n. 30/2000

1. La Regione tutela il diritto di ogni cittadino chiamato a ricoprire cariche pubbliche nelle amministrazioni degli enti locali ad espletare il mandato, disponendo del tempo, dei servizi e delle risorse necessari ed usufruendo di indennità e di rimborsi spese nei modi e nei limiti previsti dalla legge.
2. Il presente capo disciplina il regime delle aspettative, dei permessi e delle indennità degli amministratori degli enti locali. Per amministratori si intendono i sindaci, i presidenti delle province, i consiglieri dei comuni e delle province, i componenti delle giunte comunali e provinciali, i presidenti e i vice presidenti dei consigli comunali e provinciali, i componenti degli organi delle unioni di comuni, dei consorzi fra enti locali ed i componenti degli organi di decentramento.
Art. 183
Condizione giuridica degli amministratori locali Art. 16, legge regionale n. 30/2000

(omissis)
2. Per la disciplina dei trasferimenti degli amministratori lavoratori dipendenti e del loro avvicinamento al luogo in cui viene svolto il mandato amministrativo, nonché per l'assegnazione della sede per l'espletamento del servizio militare o di sue forme sostitutive, si applica il comma 6 dell'articolo 78 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
3.  Nella fattispecie di avvicinamento al luogo in cui viene svolto il mandato elettivo il trasferimento del finanziamento regionale previsto dall'articolo 46 della legge 27 aprile 1999, n. 10, come modificato dall'articolo 14 della legge regionale 17 marzo 2000, n. 8, non si attua restandone beneficiario l'Ente.
4.  Il nulla osta per il trasferimento dei titolari di mandato elettivo dipendenti da enti pubblici sottoposti alla vigilanza regionale negato per motivi ostativi ovviabili e che non reca grave pregiudizio alla organizzazione degli enti interessati, previa verifica ispettiva, è disposto dai competenti organi governativi regionali in via sostitutiva.
Art. 184
Doveri e condizione giuridica Art. 78, decreto legislativo n. 267/2000

(omissis)
6. Gli amministratori lavoratori dipendenti, pubblici e privati, non possono essere soggetti, se non per consenso espresso, a trasferimenti durante l'esercizio del mandato. La richiesta dei predetti lavoratori di avvicinamento al luogo in cui viene svolto il mandato amministrativo deve essere esaminata dal datore di lavoro con criteri di priorità. Nell'assegnazione della sede per l'espletamento del servizio militare di leva o di sue forme sostitutive è riconosciuta agli amministratori locali la priorità per la sede di espletamento del mandato amministrativo o per le sedi a questa più vicine. Il servizio sostitutivo di leva non può essere espletato nell'ente nel quale il soggetto è amministratore o in un ente dipendente o controllato dalla medesima amministrazione.
Art. 185
Aspettative Art. 18, legge regionale n. 30/2000

1. Gli amministratori locali, che siano lavoratori dipendenti, possono essere collocati a richiesta in aspettativa non retribuita per tutto il periodo di espletamento del mandato. Il periodo di aspettativa è considerato come servizio effettivamente prestato, nonché come legittimo impedimento per il compimento del periodo di prova.
2. Durante i periodi di aspettativa gli interessati, in caso di malattia, conservano il diritto alle prestazioni a carico dei competenti enti preposti all'erogazione delle prestazioni medesime.
3. Il presente articolo si applica a tutti i lavoratori dipendenti eletti negli organi esecutivi degli enti locali a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge regionale 24 giugno 1986, n. 31.
Art. 186
Indennità Art. 19, legge regionale n. 30/2000 (art. 21, legge regionale n. 19/2005)

1. La misura minima delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza di cui al presente articolo è determinata, senza maggiori oneri a carico del bilancio della Regione, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con regolamento adottato dal Presidente della Regione previa deliberazione della Giunta regionale e sentita la Conferenza Regione-Autonomie locali, nel rispetto dei seguenti criteri:
a) equiparazione del trattamento per categorie di amministratori;
b) articolazione delle indennità in rapporto alla dimensione demografica degli enti, tenuto conto delle fluttuazioni stagionali della popolazione, della percentuale delle entrate proprie dell'ente rispetto al totale delle entrate, nonché dell'ammontare del bilancio di parte corrente;
c) articolazione dell'indennità di funzione dei presidenti e dei vice presidenti dei consigli, dei vicesindaci e dei vicepresidenti delle province, degli assessori e dei consiglieri che hanno optato per tale indennità, in rapporto alla misura della stessa stabilita per il sindaco e per il presidente della provincia. Al presidente e agli assessori delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali al soggetto coordinatore degli Uffici unici o comuni dei PIT sono attribuite le indennità di funzione nella misura prevista per un comune avente popolazione pari alla popolazione dell'unione di comuni e del consorzio fra enti locali e dei comuni in convenzione;
d) definizione di speciali indennità di funzione per gli amministratori delle province comprendenti aree metropolitane in relazione alle particolari funzioni ad esse assegnate;
e) determinazione dell'indennità spettante al presidente della provincia e al sindaco dei comuni con popolazione superiore a diecimila abitanti, comunque non inferiore al trattamento economico fondamentale del segretario generale dei rispettivi enti; per i comuni con popolazione inferiore a diecimila abitanti, nella determinazione dell'indennità si tiene conto del trattamento economico fondamentale del segretario comunale;
f) previsione dell'integrazione dell'indennità dei sindaci e dei presidenti di provincia, a fine mandato, con una somma pari ad un'indennità mensile spettante per ciascun anno di mandato.
2. Il regolamento determina un'indennità di funzione, nei limiti fissati dal presente articolo, per il sindaco, il presidente della provincia, il presidente della provincia comprendente area metropolitana, i presidenti dei consigli circoscrizionali, i presidenti e i vice presidenti dei consigli comunali e provinciali, i componenti degli organi esecutivi dei comuni e ove previste delle loro articolazioni, delle province, delle province comprendenti aree metropolitane, delle unioni di comuni, dei consorzi fra enti locali. Tale indennità è dimezzata per i lavoratori dipendenti che non abbiano richiesto l'aspettativa. Ai presidenti dei consigli circoscrizionali è corrisposta un'indennità pari all'80 per cento di quella spettante agli assessori dei rispettivi comuni.
3. Fino all'emanazione del regolamento, agli assessori dei comuni capoluogo di provincia con popolazione inferiore a cinquantamila abitanti può essere attribuita l'indennità prevista per i comuni della classe superiore la cui popolazione è da cinquantamila a centomila abitanti, in ordine ai quali si prevede il limite del sessanta per cento per l'indennità degli assessori rispetto all'ammontare delle indennità previste per il sindaco.
4. I consiglieri comunali, provinciali e circoscrizionali hanno diritto a percepire, nei limiti fissati dal presente capo, un gettone di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni. In nessun caso l'ammontare percepito nell'ambito di un mese da un consigliere può superare l'importo pari ad un terzo dell'indennità massima prevista per il rispettivo sindaco o presidente in base al regolamento di cui al comma 1. Ai componenti dei consigli circoscrizionali è corrisposto un gettone di presenza pari all'80 per cento di quello spettante ai componenti dei consigli dei rispettivi comuni.
5. Le indennità e i gettoni di presenza, determinati ai sensi del comma 1, possono essere incrementati o diminuiti con delibera rispettivamente di giunta e di consiglio. Nel caso di incremento la spesa complessiva risultante non deve superare una quota predeterminata dello stanziamento di bilancio per le spese correnti, fissata, in rapporto alla dimensione demografica degli enti, dal regolamento di cui al comma 1. Sono esclusi dalla possibilità di incremento gli enti locali in condizioni di dissesto finanziario.
6. Il regolamento è rinnovato ogni tre anni ai fini dell'adeguamento della misura minima delle indennità e dei gettoni di presenza sulla base della media degli indici annuali dell'ISTAT di variazione del costo della vita applicando, alle misure stabilite per l'anno precedente, la variazione verificatasi nel biennio nell'indice dei prezzi al consumo rilevata dall'ISTAT e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana relativa al mese di luglio di inizio ed al mese di giugno di termine del biennio. Su richiesta della Conferenza Regione-Autonomie locali si può procedere alla revisione del regolamento con la medesima procedura ivi indicata.
7. I regolamenti degli enti possono prevedere che all'interessato competa, a richiesta, la trasformazione del gettone di presenza in una indennità di funzione, sempre che tale regime di indennità comporti per l'ente pari o minori oneri finanziari. Il regime di indennità di funzione per i consiglieri prevede l'applicazione di detrazioni dalle indennità in caso di non giustificata assenza dalle sedute degli organi collegiali.
8. Le indennità di funzione previste dal presente capo non sono tra loro cumulabili. L'interessato opta per la percezione di una delle due indennità ovvero per la percezione del cinquanta per cento di ciascuna.
9. Le indennità di funzione sono cumulabili con i gettoni di presenza quando siano dovuti per mandati elettivi presso enti diversi, ricoperti dalla stessa persona.
10. Agli amministratori ai quali viene corrisposta l'indennità di funzione prevista dal presente capo non è dovuto alcun gettone per la partecipazione a sedute degli organi collegiali del medesimo ente, né di commissioni che di quell'organo costituiscono articolazioni interne ed esterne.
11. Per le indennità di cui al presente articolo, la disciplina relativa al divieto di cumulo tra pensione e redditi è stabilita dal comma 3 dell'articolo 82 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
12. Le indennità previste nel presente articolo sono corrisposte dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Art. 187
Indennità Art. 82, decreto legislativo n. 267/2000 (art. 1, legge n. 296/2006)

(omissis)
3. Ai soli fini dell'applicazione delle norme relative al divieto di cumulo tra pensione e redditi, le indennità di cui ai commi 1 e 2 non sono assimilabili ai redditi da lavoro di qualsiasi natura.
(omissis)
Art. 188
Indennità degli amministratori locali Art. 17, legge regionale 5 novembre 2004, n. 15

1. L'indennità spettante ai presidenti dei consigli di circoscrizione è ridotta del 50 per cento. Ai consiglieri di circoscrizione è corrisposta una indennità pari ai 2/3 dell'indennità percepita dai presidenti.
2. Il Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore regionale per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali, può ridurre le indennità degli amministratori locali, dei consiglieri comunali e provinciali nonché dei consulenti di sindaci e presidenti delle province.
3. Le predette disposizioni si applicano a decorrere dal rinnovo successivo alla data di pubblicazione della presente legge degli organi di cui ai commi precedenti.
Art. 189
Indennità spettante agli amministratori degli enti locali Art. 18, legge regionale 8 febbraio 2007, n. 2

1. L'indennità di carica prevista dall'articolo 19 della legge regionale 23 dicembre 2000, n. 30, per gli amministratori indicati ai commi 2 e 7, è riferita a tutti i compiti, le funzioni e le attribuzioni, espletati individualmente o collegialmente, previsti e disciplinati dagli statuti degli enti locali di appartenenza.
Art. 190
Permessi e licenze Art. 20, legge regionale n. 30/2000 (art. 129, legge regionale n. 2/2002)

1. I lavoratori dipendenti, pubblici e privati, componenti dei consigli comunali, provinciali e delle unioni di comuni nonché dei consigli circoscrizionali dei comuni con popolazione superiore a duecentomila abitanti, hanno diritto di assentarsi dal servizio per l'intera giornata in cui sono convocati i rispettivi consigli. Nel caso in cui i consigli si svolgano in orario serale, i predetti lavoratori hanno diritto di non riprendere il lavoro prima delle ore 8 del giorno successivo; nel caso in cui i lavori dei consigli si protraggano oltre la mezzanotte, hanno diritto di assentarsi dal servizio per l'intera giornata successiva.
2. I componenti delle commissioni consiliari previsti dai regolamenti e statuti dei comuni capoluogo e delle province regionali hanno diritto, per la partecipazione alle sedute, di assentarsi dal servizio per l'intera giornata.
3. I lavoratori dipendenti facenti parte delle giunte comunali o provinciali, degli organi esecutivi dei consigli circoscrizionali, delle unioni di comuni, dei consorzi fra enti locali ovvero delle commissioni consiliari o circoscrizionali formalmente istituite e delle commissioni comunali previste per legge, ovvero membri delle conferenze dei capigruppo e degli organismi di pari opportunità, previsti dagli statuti e dai regolamenti consiliari, hanno diritto di assentarsi dal servizio per partecipare alle riunioni degli organi di cui fanno parte per la loro effettiva durata. Il diritto di assentarsi di cui al presente comma comprende il tempo per raggiungere il luogo della riunione e rientrare al posto di lavoro nonché quello per lo studio preliminare delldel giorno. Per i militari di leva o richiamati o per coloro che svolgano il servizio sostitutivo si applica l'ultimo periodo dell'articolo 80 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
4. I componenti degli organi esecutivi dei comuni, delle province, delle unioni di comuni, dei consorzi fra enti locali e i presidenti dei consigli comunali, provinciali e circoscrizionali, nonché i presidenti dei gruppi consiliari delle province e dei comuni con popolazione superiore a diecimila abitanti, hanno diritto, oltre ai permessi di cui ai precedenti commi, di assentarsi dai rispettivi posti di lavoro per un massimo di 36 ore lavorative al mese, elevate a 48 ore per i sindaci, presidenti delle province, presidenti dei consigli provinciali e dei comuni con popolazione superiore a trentamila abitanti.
5. A decorrere dall'entrata in vigore della presente legge, gli oneri per i permessi retribuiti dei lavoratori dipendenti da privati e da enti pubblici economici sono a carico dell'ente presso il quale gli stessi lavoratori esercitano le funzioni pubbliche di cui ai commi precedenti.
6. I lavoratori dipendenti di cui al presente articolo hanno diritto ad ulteriori permessi non retribuiti sino ad un massimo di 24 ore lavorative mensili qualora risultino necessari per l'espletamento del mandato.
Art. 191
Oneri per permessi retribuiti Art. 80, decreto legislativo n. 267/2000 (art. 2 bis, decreto legislativo n. 392/2000 convertito dalla legge n. 26/2001)

1. (omissis) Le somme rimborsate sono esenti da imposta sul valore aggiunto ai sensi dell'articolo 8, comma 35, della legge 11 marzo 1988. n. 67.
Art. 192
Rimborsi spese e indennità di missione Art. 21, legge regionale n. 30/2000

1. Agli amministratori che, in ragione del loro mandato, si rechino fuori del comune ove ha sede il rispettivo ente, previa autorizzazione del capo dell'amministrazione, nel caso di componenti degli organi esecutivi, ovvero del presidente del consiglio, nel caso di consiglieri, sono dovuti il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute nonché la indennità di missione alle condizioni previste dall'articolo 1, comma 1, e dall'articolo 3, commi 1 e 2, della legge 18 dicembre 1973, n. 836, e per l'ammontare stabilito al numero 2) della tabella A allegata alla medesima legge, e successive modificazioni.
2. I consiglieri comunali e provinciali che, in ragione del loro mandato, si rechino in missione fuori dal comune ove ha sede il rispettivo ente, previa autorizzazione del Presidente del consiglio, hanno diritto di assentarsi dal servizio per la durata dei giorni della missione.
3. Le norme stabilite dalle vigenti disposizioni di legge, relative alla posizione, al trattamento e ai permessi dei lavoratori pubblici e privati chiamati a funzioni elettive, si applicano anche per la partecipazione dei rappresentanti degli enti locali alle associazioni internazionali, nazionali e regionali tra enti locali. Le spese che gli enti locali sostengono per la partecipazione dei componenti dei propri organi alle riunioni e alle attività degli organi nazionali e regionali delle associazioni fanno carico ai bilanci degli enti stessi.
4. La liquidazione del rimborso delle spese o del l'indennità di missione è effettuata dal dirigente competente, su richiesta dell'interessato, corredata della documentazione delle spese di viaggio e soggiorno effettivamente sostenute e di una dichiarazione sulla durata e sulle finalità della missione.
5. Agli amministratori che risiedono fuori del comune ove ha sede il rispettivo ente, spetta il rimborso per le sole spese di viaggio effettivamente sostenute, per la partecipazione ad ognuna delle sedute dei rispettivi organi assembleari ed esecutivi, nonché per la presenza necessaria presso la sede degli uffici per lo svolgimento delle funzioni proprie o delegate.
6. I consigli e le assemblee possono sostituire all'indennità di missione il rimborso delle spese effettivamente sostenute, disciplinando con regolamento i casi in cui si applica l'uno o l'altro trattamento.
Art. 193
Oneri previdenziali, assistenziali e assicurativi e disposizioni fiscali e assicurative Art. 22, legge regionale n. 30/2000

1. L'amministrazione locale prevede a proprio carico, dandone comunicazione tempestiva ai datori di lavoro, il versamento degli oneri assistenziali, previdenziali ed assicurativi ai rispettivi istituti per i sindaci, per i presidenti di provincia, per i presidenti di unioni di comuni, di consorzi fra enti locali, per gli assessori provinciali e per gli assessori dei comuni con popolazione superiore a diecimila abitanti, che si trovino nelle condizioni previste dall'articolo 18, per i presidenti dei consigli dei comuni con popolazione superiore a cinquantamila abitanti, per i presidenti dei consigli provinciali, per i presidenti dei consigli circoscrizionali nel caso in cui il comune abbia attuato nei loro confronti un effettivo decentramento di funzioni e per i presidenti delle aziende anche consortili fino all'approvazione della riforma in materia di servizi pubblici locali.
2. A favore degli amministratori locali che non siano lavoratori dipendenti e che rivestano le cariche di cui al comma 1 l'amministrazione locale provvede, allo stesso titolo previsto dal comma 1, al pagamento di una cifra forfettaria annuale, versata per quote mensili secondo quanto previsto dalla normativa statale. Con decreto degli Assessori regionali per gli enti locali, per il lavoro, la previdenza sociale, la formazione professionale e l'emigrazione e per il bilancio e le finanze sono stabiliti i criteri per la determinazione delle quote forfettarie in coerenza con quanto previsto per i lavoratori dipendenti, da conferire alla forma pensionistica presso la quale il soggetto era iscritto o continua ad essere iscritto alla data dell'incarico.
3. L'amministrazione locale provvede a rimborsare al datore di lavoro la quota annuale di accantonamento per l'indennità di fine rapporto entro i limiti di un dodicesimo dell'indennità di carica annua da parte dell'ente e per l'eventuale residuo da parte dell'amministratore.
4. Alle indennità di funzione e ai gettoni di presenza si applica quanto previsto dalla normativa statale.
5. I comuni, le province, le unioni di comuni, i consorzi fra enti locali possono assicurare i propri amministratori contro i rischi conseguenti all'espletamento del loro mandato.
6. Al fine di conferire certezza alla posizione previdenziale e assistenziale dei soggetti destinatari dei benefici di cui al comma 1 è consentita l'eventuale ripetizione degli oneri assicurativi, assistenziali e previdenziali, entro cinque anni dalla data del loro versamento, se precedente la data di entrata in vigore della presente legge, ed entro tre anni se successiva.
7. Le disposizioni di cui al comma 7 dell'articolo 3 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564, come sostituito dall'articolo 3, comma 1, lettera c), numero 4, del decreto legislativo 29 giugno 1998, n. 278, si applicano anche agli amministratori degli enti locali territoriali. Gli enti locali territoriali possono provvedere a loro carico.
8. Il termine per l'applicazione delle disposizioni di cui al comma 7 agli amministratori locali è fissato in sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Sono comunque da considerare valide le basi contributive sulle quali l'INPS abbia, anche solo temporaneamente, accettato il versamento di contributi.
Art. 194
Patrocinio legale Art. 24, legge regionale n. 30/2000

1. L'articolo 39 della legge regionale 29 dicembre 1980, n. 145, si interpreta nel senso che la norma si applica a tutti i soggetti, ivi inclusi i pubblici amministratori, che in conseguenza di fatti ed atti connessi all'espletamento del servizio e dei compiti d'ufficio siano stati sottoposti a procedimenti di responsabilità civile, penale ed amministrativa e siano stati dichiarati esenti da responsabilità.
Art. 195
Patrocinio legale Art. 39, legge regionale 29 dicembre 1980, n. 145

Ai dipendenti che, in conseguenza di fatti ed atti connessi all'espletamento del servizio e dei compiti d'ufficio, siano soggetti a procedimenti di responsabilità civile, penale o amministrativa, è assicurata l'assistenza legale, in ogni stato e grado del giudizio, mediante rimborso, secondo le tariffe ufficiali, di tutte le spese sostenute, sempre che gli interessati siano stati dichiarati esenti da responsabilità.
Art. 196
Consigli di amministrazione delle aziende speciali Art. 25, legge regionale n. 30/2000

1. Fino all'approvazione della riforma in materia di servizi pubblici locali, ai componenti dei consigli di amministrazione delle aziende speciali anche consortili si applicano le disposizioni contenute nell'articolo 16, comma 1, nell'articolo 18, nell'articolo 20, commi 3 e 4, nell'articolo 21, comma 2, e nell'articolo 22.
Capo VI MANCATA CONCLUSIONE DEL PROCEDIMENTO ELETTORALE E ANTICIPATA CESSAZIONE DEGLI ORGANI ELETTIVI
Sezione I MANCATA CONCLUSIONE DEL PROCEDIMENTO ELETTORALE
Art. 197
Art. 56, D.P. n. 3/1960 (legge regionale 5 aprile 1952, n. 11, art. 53) (art. 3, legge regionale n. 12/1978 e art. 7, legge regionale n. 18/1989)

Quando in alcune sezioni sia mancata o sia stata annullata con sentenza l'elezione, ove il voto degli elettori di tali sezioni non influisca sulla elezione di qualcuno degli eletti, non occorre ripetere in esse la votazione.
Nel caso in cui sia stata pronunciata sentenza che comporta la necessità della ripetizione, anche parziale, della consultazione elettorale, l'Assessore regionale per gli enti locali provvede alla gestione del comune con la nomina di un commissario scelto tra i dirigenti in servizio presso il corpo ispettivo dell'Assessorato regionale degli enti locali.
Divenuta definitiva la pronuncia giurisdizionale di annullamento, l'elezione avviene nel rispetto della procedura indicata dalla vigente legge elettorale e nei tempi previsti dal vigente ordinamento amministrativo degli enti locali. Nell'ipotesi di consultazione parziale degli elettori restano ferme le liste elettorali delle sezioni interessate nonché le liste dei candidati.
Al fine del rinnovo del consiglio comunale, per la determinazione del quinquennio di carica, si fa riferimento alla data di effettuazione della elezione ripetuta, con eccezione della ipotesi di consultazione parziale degli elettori, nella quale il quinquennio decorre dalla data della consultazione annullata.
Nei casi di nullità dell'elezione, disciplinati dagli articoli 40 [e 45, ultimo comma], trovano applicazione le disposizioni del secondo comma e del terzo comma del presente articolo.
Art. 198
Art. 40, D.P. n. 3/1960 (legge regionale 5 aprile 1952, n. 11, art. 40)

Ove sia stata ammessa e votata una sola lista, si intendono eletti i candidati compresi nella lista purché essa abbia riportato un numero di voti validi non inferiore al 50 per cento dei votanti ed il numero dei votanti non sia stato inferiore al 50 per cento degli elettori iscritti nelle liste elettorali del comune.
L'elezione è nulla:
1)  se il numero dei votanti non abbia raggiunto la percentuale di cui al comma precedente;
2)  se la lista non abbia riportato il numero minimo dei voti validi prescritto dal comma precedente;
3)  se la metà dei seggi assegnati al comune rimanga vacante.
Nei casi previsti dal comma precedente si provvede a norma del secondo comma dell'art. 56, ripetendosi però tutti gli adempimenti prescritti dagli artt. 8 e seguenti.
Art. 199
Secondo turno di votazione Art. 9, legge regionale n. 7/1992 (artt. 39 e 50, legge regionale n. 26/1993)

(omissis)
9. Qualora, a seguito di dichiarazioni di rinunzia o per qualsiasi altra causa permanga una sola valida candidatura, si procede comunque alla votazione ed il candidato è eletto qualora partecipi alla consultazione la maggioranza assoluta degli iscritti nelle liste elettorali ed il candidato risulti votato da almeno il 25 per cento degli iscritti nelle liste elettorali. Ove non venga raggiunto il quorum prescritto, la nuova elezione è indetta alla prima tornata elettorale utile dall'accertamento dei risultati. [Le funzioni del sindaco e della giunta sono assunte da un commissario nominato secondo l'articolo 55 dell'ordinamento amministrativo degli enti locali approvato con legge regionale 15 marzo 1963, n. 16.].
Art. 200
Secondo turno di votazione Art. 5, legge regionale n. 26/1993 (art. 15, legge regionale n. 35/1997 e art. 3, legge regionale n. 6/1998)

(omissis)
[11. Nell'ipotesi di nullità dell'elezione, le funzioni del presidente e della giunta della provincia regionale sono esercitate da un commissario regionale nominato secondo l'articolo 145 dell'ordinamento amministrativo degli enti locali, approvato con legge regionale 15 marzo 1963, n. 16 e successive modifiche ed integrazioni, in quanto compatibile.]
12. Il venir meno, per rinunzia, della candidatura oltre i termini di cui al comma 3 non determina l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 40 del testo unico approvato con D.P.Reg. 20 agosto 1960, n. 3.
Sezione II PERIODO DI CARICA E ANTICIPATA CESSAZIONE DEGLI ORGANI ELETTIVI
Art. 201
Consultazioni amministrative per il rinnovo degli organi elettivi dei comuni e delle province regionali. Art. 169, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963 (art. 1, legge regionale n. 21/1964, art. 4, legge regionale n. 12/1978, art. 25, legge regionale n. 15/1993, art. 50, legge regionale n. 26/1993 e art. 3 legge regionale n. 25/2000)

1. Le elezioni congiunte degli organi dei comuni e delle province regionali si svolgono in un unico turno annuale, da tenersi nel periodo compreso fra il 15 aprile e il 30 giugno, se il mandato, decorrente dalla data della prima domenica di elezione, scade nel primo semestre dell'anno, ovvero nello stesso periodo dell'anno successivo se il mandato scade nel secondo semestre.
2. Nell'ipotesi di ricorso ad elezioni congiunte per anticipata cessazione dalla carica degli organi elettivi, l'elezione si svolge nel turno elettorale dell'anno di ricorrenza ove la definizione dei provvedimenti certativi intervenga entro i termini per l'emanazione del decreto di indizione delle elezioni.
Art. 202
Mozione di sfiducia Art. 10, legge regionale n. 35/1997 (art. 2, legge regionale n. 25/2000)

1. Il sindaco, il presidente della provincia e le rispettive giunte cessano dalla carica in caso di approvazione di una mozione di sfiducia votata per appello nominale dal 65 per cento dei consiglieri assegnati o, nei comuni aventi popolazione sino a diecimila abitanti, con la maggioranza dei quattro quinti dei consiglieri assegnati.
2. La mozione di sfiducia deve essere motivata e sottoscritta da almeno due quinti dei consiglieri assegnati ed è posta in discussione non prima di dieci giorni e non oltre trenta giorni dalla sua presentazione. Se la mozione è approvata ne consegue l'immediata cessazione degli organi del comune o della provincia regionale e si procede con decreto del Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore per gli enti locali, alla dichiarazione di anticipata cessazione dalla carica degli organi elettivi del comune o della provincia, nonché all'amministrazione dell'ente con le modalità dell'articolo 11 della legge regionale 11 settembre 1997, n. 35.
Art. 203
Cessazione dalle cariche Art. 11, legge regionale n. 35/1997 (art. 2, legge regionale n. 25/2000)

1. La cessazione dalla carica di sindaco o di presidente della provincia per decadenza, dimissioni, rimozione, morte o impedimento permanente comporta la cessazione dalla carica delle rispettive giunte ma non dei rispettivi consigli che rimangono in carica fino a nuove elezioni che si svolgono contestualmente rispettivamente alle elezioni del sindaco o del presidente della provincia regionale da effettuare nel primo turno elettorale utile.
2. La cessazione del consiglio comunale o del consiglio provinciale per dimissioni contestuali della maggioranza assoluta dei componenti o per altra causa comporta la nomina da parte dell'Assessore regionale per gli enti locali, secondo le disposizioni di cui all'articolo 11, comma 4, di un commissario, il quale resterà in carica sino al rinnovo degli organi comunali e provinciali per scadenza naturale.
3. Nell'ipotesi in cui le dimissioni dalle cariche comportino la decadenza degli organi comunali o provinciali, la comunicazione dell'avvenuto deposito della manifestazione di volontà alla sezione provinciale del comitato regionale di controllo ed all'Assessorato regionale degli enti locali compete, rispettivamente, al segretario comunale o provinciale.
4. Le competenze del sindaco, del Presidente della provincia, delle rispettive giunte e dei rispettivi consigli sono esercitate da un commissario nominato ai sensi degli articoli 55 e 145 dell'ordinamento regionale degli enti locali approvato con legge regionale 15 marzo 1963, n. 16, e successive modifiche ed integrazioni.
5. Le nuove elezioni avranno luogo alla prima tornata utile.
Art. 204
Interpretazione autentica dell'articolo 11, comma 2, della legge regionale 15 settembre 1997, n. 35 Art. 4, legge regionale 8 maggio 1998, n. 6

1. La disposizione di cui al comma 2, dell'articolo 11, della legge regionale 15 settembre 1997, n. 35, per quanto riguarda la cessazione dei consigli comunali e provinciali va interpretata nel senso che a tal fine non sono considerate le dimissioni da consigliere per opzione alla carica di assessore.
Art. 205
Decadenza del consiglio Art. 53, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963 (art. 1, legge regionale n. 27/1967, art. 8, legge regionale n. 1/1976 e art. 1, legge regionale n. 57/1984)

La fusione di due o più comuni determina la decadenza di diritto dei rispettivi consigli.
La separazione o l'aggregazione di due o più borgate o frazioni che dia luogo a variazione del numero dei consiglieri assegnati al comune ovvero a modifica del sistema di elezione determina la decadenza del consiglio.
Il consiglio decade altresì quando per dimissioni o altra causa abbia perduto la metà dei consiglieri assegnati al comune, e questi, nei casi previsti dalla legge, non siano stati sostituiti.
La decadenza, nei casi previsti dal secondo e terzo comma, è dichiarata con decreto del Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali.
Nel caso previsto dal terzo comma, il decreto viene emesso entro sessanta giorni dal verificarsi delle condizioni che determinano la dichiarazione di decadenza.
Il decreto che dichiara la decadenza, preceduto dalla relazione, è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana e comunicato all'Assemblea Regionale.
Art. 206
Decadenza del consiglio Art. 143, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963 (art. 2, legge regionale n. 57/1984 e art. 61, legge regionale n. 9/1986)

(comma abrogato)
Il consiglio decade, altresì, quando per dimissioni o altra causa abbia perduto la metà dei consiglieri assegnati al libero consorzio, e questi, nei casi previsti dalla legge, non siano stati sostituiti.
La decadenza è dichiarata con decreto del Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali.
Nel caso previsto dal secondo comma, il decreto viene emesso entro sessanta giorni dal verificarsi delle condizioni che determinano la dichiarazione di decadenza.
Il decreto che dichiara la decadenza, preceduto dalla relazione, è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana e comunicato all'Assemblea regionale.
Art. 207
Decadenza o scioglimento Art. 9, legge regionale n. 84/1976 (art. 5, legge regionale n. 12/1978 e art. 51, legge regionale n. 26/1993)

La fusione di due o più circoscrizioni determina la decadenza dei rispettivi consigli.
La modifica territoriale di una circoscrizione, che dia luogo ad una variazione del numero dei consiglieri ad esso assegnati, determina la decadenza del consiglio.
Il consiglio altresì decade quando per dimissioni od altra causa abbia perduto la metà dei consiglieri assegnati alla circoscrizione.
Il consiglio è sciolto:
a) quando violi obblighi imposti dalla legge, ovvero compia gravi e ripetute violazioni di legge, debitamente accertate e contestate, le quali dimostrino la irregolarità del funzionamento;
[b) quando non corrisponda all'invito delle autorità di revocare il presidente che abbia compiuto analoghe violazioni.].
La decadenza o lo scioglimento sono dichiarati dall'Assessore regionale per gli enti locali, su proposta del sindaco, previo parere del consiglio comunale appositamente convocato entro trenta giorni dal verificarsi delle fattispecie sopra menzionate; ove il parere del consiglio comunale non venga reso nei successivi trenta giorni, si prescinde dal medesimo.
Col decreto assessoriale di decadenza o di scioglimento, che deve essere pubblicato nella Gazzetta ufficiale della Regione, viene nominato un commissario scelto fra gli elettori della circoscrizione, il quale esercita le ordinarie attribuzioni di competenza del presidente e, se indifferibili, anche quelle di competenza del consiglio. Le elezioni avranno luogo alla prima data utile fissata per l'effettuazione dei turni elettorali sempre che manchi più di un anno alla scadenza ordinaria del consiglio comunale.
La decadenza o lo scioglimento del consiglio comunale non comporta per tale fatto la decadenza o lo scioglimento dei consigli di circoscrizione che continuano ad esercitare le funzioni di ordinaria amministrazione fino all'insediamento dei nuovi consigli di circoscrizione.
Capo VII RAPPORTO INTERORGANICO CONSIGLIO-SINDACO DEL COMUNE E PRESIDENTE DELLA PROVINCIA REGIONALE
Art. 208
Competenze dei consigli Art. 32, legge n. 142/1990 recepito con modifiche dall'art. 1, comma 1, lett. e) della legge regionale n. 48/91 (art. 78, legge regionale n. 10/1993, art. 45, legge regionale n. 26/1993 e art. 2, legge regionale n. 4/1996)

1. Il consiglio è l'organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo.
(omissis)
Art. 209
Relazione sullo stato di attuazione del programma Art. 17, legge regionale n. 7/1992 (art. 127, legge regionale n. 17/2004)

1. Ogni anno il sindaco presenta una relazione scritta al consiglio comunale sullo stato di attuazione del programma e sull'attività svolta nonché su fatti particolarmente rilevanti.
2. Il consiglio comunale, entro dieci giorni dalla presentazione della relazione, esprime in seduta pubblica le proprie valutazioni.
Art. 210
Attribuzioni del presidente Art. 34, legge regionale n. 9/1986 (art. 24, legge regionale n. 26/1993)

(omissis)
2. Ogni sei mesi il presidente presenta una relazione scritta al consiglio provinciale sullo stato di attuazione degli atti programmatici e sull'attività svolta.
3. Il consiglio provinciale, entro dieci giorni dalla presentazione della relazione, esprime in seduta pubblica le proprie valutazioni.
(omissis)
Art. 211
Attività ispettiva del consiglio Art. 27, legge regionale n. 7/1992

1. Il sindaco è tenuto a rispondere agli atti ispettivi dei consiglieri comunali entro trenta giorni dalla loro presentazione presso la segreteria del comune.
2. Le ripetute e persistenti violazioni degli obblighi di cui al comma 1 del presente articolo, al comma 9 dell'art. 12 e dell'art. 17, sono rilevanti per l'applicazione dell'art. 40 della legge n. 142/1990, così come recepito e modificato dall'art. 1, lettera g), della legge regionale n. 48/1991.
3. Il consiglio comunale, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, può istituire al suo interno commissioni di indagini su qualsiasi materia attinente all'amministrazione comunale. I poteri, la composizione e il funzionamento delle stesse sono indicati nei relativi statuti comunali.
Art. 212
Riunioni del consiglio Art. 26 bis, legge regionale n. 9/1986 (art. 17, legge regionale n. 26/1993)

(omissis)
6. Il presidente della provincia regionale è tenuto a rispondere agli atti ispettivi dei componenti il consiglio entro trenta giorni dalla presentazione dei medesimi presso la segreteria dell'ente.
7. Le ripetute e persistenti violazioni degli obblighi di cui al precedente comma, del comma 9 dell'articolo 32 e del comma 2 dell'articolo 34 della presente legge, sono rilevanti per l'applicazione delle misure dell'articolo 40 della legge 8 giugno 1990, n. 142, come introdotto con l'articolo 1 lettera g della legge regionale 11 dicembre 1991, n. 48.
Art. 213
Potere d'inchiesta Art. 191, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963

Ogni collegio, nell'ambito della propria competenza, può ordinare inchieste, affidandone l'esecuzione anche ad uno o più dei propri componenti; può inoltre incaricare uno o più dei propri componenti di riferire sopra oggetti che esigano indagini o esame speciale.
Titolo III FUNZIONAMENTO DEGLI ORGANI
Capo I CONSIGLI
Sezione I DISPOSIZIONI COMUNI
Art. 214
Divieto di mandato imperativo Art. 166, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963

Nessun mandato imperativo può essere dato ai consiglieri.
Art. 215
Consigli comunali e provinciali Art. 31, legge n. 142/1990, recepito con modifiche dall'art. 1, comma 1, lett. e) della legge regionale n. 48/1991 (art. 6, legge regionale n. 30/2000)

1. L'elezione dei consigli comunali e provinciali, la loro durata in carica, il numero dei consiglieri e la loro posizione giuridica sono regolati dalla legge. Il funzionamento dei consigli, nel quadro dei principi stabiliti dallo statuto, è disciplinato dal regolamento, approvato a maggioranza assoluta, che prevede, in particolare, le modalità per la convocazione, per la presentazione e la discussione delle proposte. Il regolamento indica altresì il numero dei consiglieri necessario per la validità delle sedute, prevedendo che nelle sedute di seconda convocazione debba esservi la presenza di almeno un terzo dei consiglieri assegnati per legge all'ente.
1-bis. I consigli sono dotati di autonomia funzionale ed organizzativa. Con norme regolamentari i comuni e le province fissano le modalità per fornire ai consigli servizi, attrezzature e risorse finanziarie. Possono essere previste, per i comuni con popolazione superiore a diecimila abitanti e per le province, strutture apposite per il funzionamento dei consigli. Con il regolamento di cui al comma 1 i consigli disciplinano la gestione di tutte le risorse attribuite per il proprio funzionamento e per quello dei gruppi consiliari regolarmente costituiti nonché delle risorse economiche da attribuire alla presidenza dei consigli per le spese istituzionali connesse alla funzione.
2. I consiglieri entrano in carica all'atto della proclamazione ovvero, in caso di surrogazione, non appena adottata dal consiglio la relativa deliberazione.
3. I consigli durano in carica sino all'elezione dei nuovi, limitandosi, dopo la pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali, ad adottare gli atti urgenti ed improrogabili.
4. Quando lo statuto lo preveda, il consiglio si avvale di commissioni costituite nel proprio seno con criterio proporzionale. Il regolamento determina i poteri delle commissioni e ne disciplina l'organizzazione e le forme di pubblicità dei lavori, prevedendo altresì forme di consultazione di rappresentanti degli interessi diffusi.
5. Nessuna proposta può essere sottoposta a deliberazione se non sia stata iscritta all'ordine del giorno e se gli atti non siano stati messi a disposizione dei consiglieri almeno tre giorni prima o 24 ore prima nei casi di urgenza.
6. I consiglieri hanno diritto di presentare interrogazioni e mozioni.
6-bis. Lo statuto stabilisce i casi di decadenza per la mancata partecipazione alle sedute e le relative procedure, garantendo il diritto del consigliere a far valere le cause giustificative.
7. (omissis)
8. Il presidente del consiglio comunale o provinciale assicura un'adeguata e preventiva informazione ai gruppi consiliari e ai singoli consiglieri sulle questioni sottoposte al consiglio.
Art. 216
Art. 1, legge regionale 26 ottobre 1998, n. 31

1. La data a decorrere dalla quale i consigli comunali devono limitarsi ad adottare gli atti urgenti ed indifferibili, a norma della lettera e), del comma 1, dell'articolo 1 della legge regionale 11 dicembre 1991, n. 48, deve intendersi quella della pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali, mediante affissione del relativo manifesto, da parte dei sindaci dei singoli comuni.
Art. 217
Rilascio di copie Art. 199, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963 (art. 20, legge regionale n. 1/1976 e art. 56, legge regionale n. 9/1986)

(omissis)
I consiglieri comunali e provinciali, per l'effettivo esercizio della loro funzione, hanno diritto di prendere visione dei provvedimenti adottati dall'ente e degli atti preparatori in essi richiamati nonché di avere tutte le informazioni necessarie all'esercizio del mandato e di ottenere, senza spesa, copia degli atti deliberativi.
Copia dell'elenco delle delibere adottate dalla giunta è trasmessa al domicilio dei consiglieri e depositata presso la segreteria a disposizione di chiunque ne faccia richiesta.
Nei comuni capoluogo o con popolazione superiore a 30.000 abitanti e nelle province, per l'esercizio delle funzioni, sono assicurate idonee strutture fornite ai gruppi consiliari costituiti a norma di regolamento.
Art. 218
Art. 5, legge regionale n. 32/1994

1. Il regolamento del consiglio comunale o provinciale disciplina le modalità di partecipazione dei componenti dell'ufficio di presidenza del consiglio stesso ai lavori delle commissioni consiliari.
Sezione II DISPOSIZIONI TRANSITORIE
Art. 219
Decadenza per mancata partecipazione alle sedute Art. 173, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963

Decadono dalla carica i consiglieri che, senza giustificato motivo, non intervengono:
a) a sei sedute consecutive del consiglio, se appartengono a consigli consortili oppure a consigli di comuni cui sono assegnati non meno di quaranta membri;
b) a tre sedute consecutive, se appartengono a consigli di comuni cui è assegnato un numero di membri inferiore a quaranta.
Decadono altresì i membri della giunta municipale e della giunta del libero consorzio che, senza giustificato motivo, non intervengono a tre sedute consecutive dei suddetti collegi.
La decadenza è, in ogni caso, dichiarata dai rispettivi consigli, sentiti gli interessati, con preavviso di dieci giorni.
Art. 220
Numero legale Art. 30, legge regionale n. 9/1986 (art. 21, legge regionale n. 26/1993)

1. Il consiglio delibera con l'intervento della maggioranza dei consiglieri in carica.
2. La mancanza del numero legale comporta la sospensione di un'ora della seduta in corso.
3. Qualora dopo la ripresa dei lavori non si raggiunga o venga meno di nuovo il numero legale, la seduta è rinviata al giorno successivo con medesimo ordine del giorno e senza ulteriore avviso di convocazione.
4. Nella seduta di prosecuzione è sufficiente per la validità delle deliberazioni l'intervento dei due quinti dei consiglieri in carica. Le eventuali frazioni, ai fini del calcolo dei due quinti, si computano per unità
5. Nella seduta di cui al comma 4 non possono essere aggiunti argomenti a quelli già iscritti all'ordine del giorno.
Art. 221
Computo del numero legale per la validità delle adunanze Art. 183, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963

Non si computano nel numero legale per la validità delle adunanze i membri che, prima della votazione, si siano allontanati dalla sala dell'adunanza.
Art. 222
Votazioni Art. 184, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963 (art. 2, legge regionale n. 48/1991)

I componenti dei collegi votano ad alta voce per appello nominale o per alzata e seduta; sono prese a scrutinio segreto le sole deliberazioni concernenti persone o elezioni a cariche.
Le deliberazioni sono adottate col voto della maggioranza assoluta dei presenti, salvo che la legge prescriva una maggioranza speciale.
Il ballottaggio non è ammesso all'infuori dei casi previsti dalla legge.
Il presidente dell'adunanza accerta e proclama l'esito delle votazioni: nelle adunanze consiliari egli è assistito da tre scrutatori, scelti dal consiglio fra i propri componenti.
E' consentito, altresì, sia per le operazioni per le quali è previsto il voto palese, sia per quelle per cui è previsto il voto segreto, con esclusione di quelle nelle quali è prevista l'indicazione di nomi, l'utilizzo di impianti per la votazione elettronica.
Sezione III DISPOSIZIONI DI PRINCIPIO
Art. 223
Iniziativa delle proposte Art. 179, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963

L'iniziativa delle proposte da sottoporsi ai collegi spetta al presidente e ai rispettivi componenti.
(omissis)
Art. 224
Pubblicità delle sedute dei consigli Art. 182, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963

Le sedute dei consigli sono pubbliche, eccettuati i casi in cui, con deliberazione motivata, sia dai consigli stessi altrimenti stabilito.
La seduta è segreta quando si tratti di questioni che implichino apprezzamenti o giudizi sulle qualità delle persone.
L'elezione [della giunta municipale, del sindaco, della giunta del libero consorzio, del presidente della giunta,] dei revisori dei conti e dei componenti d'ogni altro collegio in genere si effettua in seduta pubblica.
(omissis)
Art. 225
Poteri di chi presiede le adunanze Art. 185, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963

Chi presiede le adunanze provvede a mantenere l'ordine, l'osservanza delle leggi e la regolarità delle discussioni e delle deliberazioni.
Ha facoltà di sospendere e di sciogliere l'adunanza.
Nelle sedute pubbliche può, dopo gli opportuni avvertimenti, ordinare la espulsione dall'uditorio di chiunque sia causa di disordine.
I provvedimenti indicati nei commi 2 e 3, devono essere motivati e trascritti nel processo verbale.
Art. 226
Dichiarazione di voto e rettifica di verbale Art. 187, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963

Ciascun componente del collegio ha diritto che nel verbale si faccia constare del suo voto e dei motivi che lo hanno determinato, e di chiedere le opportune rettificazioni.
Art. 227
Modifica o revoca delle deliberazioni Art. 188, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963

Le deliberazioni che importino modificazioni o revoca di deliberazioni esecutive si hanno come non avvenute ove esse non facciano menzione della modificazione o della revoca.
Sezione IV DISPOSIZIONI PER IL COMUNE
Art. 228
Presidenza del consiglio comunale Art. 19, legge regionale n. 7/1992 (art. 43, legge regionale n. 26/1993)

1. Il consiglio comunale, espletate le operazioni di giuramento, convalida e surroga, procede all'elezione nel suo seno di un presidente, per la cui elezione è richiesta alla prima votazione la maggioranza assoluta dei componenti il consiglio; in seconda votazione risulta eletto il candidato che abbia riportato la maggioranza semplice. Il consiglio comunale elegge altresì un vice presidente.
2. In caso di assenza o impedimento il presidente è sostituito dal vice presidente, ed in caso di assenza o impedimento di questo, dal consigliere presente che ha riportato il maggior numero di preferenze individuali.
3. Il consiglio comunale è convocato dal presidente con all'ordine del giorno gli adempimenti previsti dalla legge o dallo statuto e, compatibilmente con questi, dando la precedenza alle proposte del sindaco.
4. La prima convocazione del consiglio comunale è disposta dal presidente uscente e deve avere luogo entro quindici giorni dalla proclamazione, con invito da notificarsi almeno dieci giorni prima di quello stabilito per l'adunanza.
5. Qualora il presidente uscente non provveda, la convocazione è disposta dal consigliere neo-eletto che ha riportato il maggior numero di preferenze individuali al quale spetta, in ogni caso, la presidenza provvisoria della assemblea fino all'elezione del presidente.
6. La prima convocazione del consiglio comunale, eletto per la prima volta secondo le disposizioni di cui alla presente legge, è disposta dal sindaco uscente entro quindici giorni dalla proclamazione degli eletti e la seduta è presieduta dal consigliere più anziano per preferenze individuali.
7. Nell'ipotesi di omissione degli atti di cui ai precedenti commi, il segretario comunale ne dà tempestiva comunicazione all'Assessorato regionale degli enti locali per il controllo sostitutivo.
8. Nei comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti gli statuti possono prevedere la costituzione di un ufficio di presidenza composto da un numero massimo di tre componenti compreso il presidente.
Art. 229
Giuramento
Art. 45, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963

Il consigliere anziano, appena assunta la presidenza provvisoria, presta giuramento con la seguente formula:
"Giuro di adempiere le mie funzioni con scrupolo e coscienza nell'interesse del comune in armonia agli interessi della Repubblica e della Regione".
Quindi invita gli altri consiglieri a prestare giuramento con la stessa formula.
I consiglieri non presenti alla prima adunanza prestano giuramento nella seduta successiva, prima di essere immessi nell'esercizio delle loro funzioni.
Del giuramento si redige processo verbale.
I consiglieri che rifiutano di prestare giuramento decadono dalla carica.
La decadenza è dichiarata dal consiglio.
Art. 230
Convocazione del consiglio Art. 48, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963

Il consiglio è convocato dal Presidente, mediante avviso, contenente l'elenco degli affari da trattare, da consegnarsi, almeno cinque giorni prima di quello stabilito per l'adunanza, alla dimora dei consiglieri o al domicilio eletto nel comune.
Gli elenchi degli affari da trattarsi in aggiunta a quelli già iscritti all'ordine del giorno debbono essere comunicati ai consiglieri con avviso da consegnarsi nei modi e termini stabiliti dal comma precedente.
Nei casi di urgenza, la consegna dell'avviso con gli elenchi previsti dai comma precedenti può avere luogo anche 24 ore prima; ma in tal caso ogni deliberazione, su richiesta della maggioranza dei consiglieri presenti, può essere differita al giorno seguente.
La consegna degli avvisi deve sempre risultare da dichiarazione del messo comunale.
Art. 231
Pubblicazioni dell'ordine del giorno Art. 50, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963

L'elenco degli affari da trattarsi nelle adunanze del consiglio deve, a cura del segretario, essere pubblicato all'albo entro i termini stabiliti dall'art. 48.
Art. 232
Attribuzioni del presidente del consiglio comunale Art. 20, legge regionale n. 7/1992 (art. 44, legge regionale n. 26/1993)

1. Il consiglio si riunisce secondo le modalità dello statuto e viene presieduto e convocato del presidente dell'organo medesimo. La convocazione del consiglio è disposta anche per domanda motivata di un quinto dei consiglieri in carica o su richiesta del sindaco. In tali casi la riunione del consiglio deve avere luogo entro venti giorni dalla richiesta.
2. La diramazione degli avvisi di convocazione del consiglio nonché l'attivazione delle commissioni consiliari spetta al presidente.
3. Il sindaco, o un assessore da lui delegato, è tenuto a partecipare alle riunioni di consiglio. Il sindaco e i membri della giunta possono intervenire alle medesime riunioni senza diritto di voto.
4. Per l'espletamento delle proprie funzioni il presidente del consiglio si avvale delle strutture esistenti nel comune secondo quanto previsto nello statuto.
Sezione V DISPOSIZIONI PER LA PROVINCIA REGIONALE
Art. 233
Organi della provincia regionale Art. 25, legge regionale n. 9/1986 (art. 15, legge regionale n. 26/1993)

(omissis)
Il consiglio provinciale elegge nel suo seno con votazioni separate il presidente ed il vice presidente. Nella prima votazione per la elezione del presidente necessita il voto favorevole della maggioranza assoluta dei consiglieri in carica. In successiva votazione è eletto il candidato che ha riportato il maggior numero di voti.
In caso di assenza o impedimento, il presidente è sostituito dal vice presidente e, in caso di assenza o impedimento di quest'ultimo, dal consigliere presente più anziano per numero di preferenze individuali.
Art. 234
Convocazione del consiglio Art. 138, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963

Il consiglio è convocato dal presidente [della Giunta] almeno 5 giorni prima di quello stabilito per l'adunanza, con avviso contenente l'ordine del giorno, da consegnarsi alla dimora dei consiglieri o al domicilio da essi eletto.
Gli elenchi degli affari da trattarsi in aggiunta a quelli già iscritti nell'ordine del giorno sono comunicati ai consiglieri con avviso da consegnarsi nei modi e termini stabiliti dal comma precedente.
Nei casi di urgenza la consegna dell'avviso con gli elenchi previsti dai comma precedenti può aver luogo anche 24 ore prima; ma in tal caso ogni deliberazione, su richiesta della maggioranza dei consiglieri presenti, può essere differita al giorno seguente.
La consegna degli avvisi deve sempre risultare da dichiarazione del messo consortile.
Art. 235
Pubblicazione dell'ordine del giorno Art. 140, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963

L'elenco degli oggetti da trattarsi dal consiglio deve essere, a cura del segretario, pubblicato all'albo nei termini di cui all'art. 138.
Art. 236
Riunioni del consiglio Art. 26 bis, legge regionale n. 9/1986 (art. 17, legge regionale n. 26/1993)

1. Il consiglio si riunisce secondo le modalità dello statuto e viene presieduto e convocato dal presidente dell'organo medesimo.
2. La convocazione del consiglio è disposta anche per domanda motivata di un quinto dei consiglieri in carica o su richiesta del presidente della provincia regionale. In tali casi la riunione del consiglio deve avere luogo entro venti giorni dalla richiesta.
3. La diramazione degli avvisi di convocazione del consiglio nonché l'attivazione delle commissioni consiliari costituite spetta al presidente di tale collegio.
4. Nell'ordine del giorno sono iscritte con precedenza le proposte del presidente della provincia, quindi le proposte delle commissioni consiliari e dopo le proposte dei singoli consiglieri. Le proposte non esitate nel corso di una seduta sono iscritte in testa all'ordine del giorno della seduta successiva.
5. Il presidente ed i componenti della giunta della provincia regionale possono intervenire senza diritto di voto alle sedute del consiglio.
(omissis)
Art. 237
Prima adunanza Art. 27, legge regionale n. 9/1986 (art. 18, legge regionale n. 26/1993)

1. Entro venti giorni dalla proclamazione degli eletti il consiglio della provincia regionale tiene la sua prima adunanza.
2. La convocazione è disposta dal presidente del consiglio uscente con invito da notificarsi almeno dieci giorni prima di quello stabilito per l'adunanza.
3. Qualora il presidente del consiglio non provveda, la convocazione è disposta dal vice presidente uscente e, in difetto, dal consigliere nuovo eletto anziano per numero di preferenze individuali, il quale assume la presidenza provvisoria dell'adunanza sino all'elezione del nuovo presidente.
Art. 238
Giuramento dei consiglieri ed adempimenti di prima adunanza Art. 28, legge regionale n. 9/1986 (art. 19, legge regionale n. 26/1993)

1. Il consigliere anziano per numero di preferenze individuali, appena assunta la presidenza provvisoria, presta giuramento con la seguente formula:
"Giuro di adempiere le mie funzioni con scrupolo e coscienza nell'interesse della Provincia regionale in armonia agli interessi della Repubblica e della Regione".
2. Quindi invita gli altri consiglieri a prestare giuramento con la stessa formula. I consiglieri non presenti alla prima adunanza prestano giuramento nella seduta successiva prima di essere immessi nell'esercizio delle loro funzioni. Del giuramento si redige processo verbale.
3. I consiglieri che rifiutano di prestare giuramento decadono dalla carica. La decadenza è dichiarata dal consiglio.
4. Nella prima adunanza e, ove occorra, in quella immediatamente successiva, il consiglio procede, dopo le operazioni del giuramento, alla convalida ed alla eventuale surrogazione degli eletti, all'esame di eventuali situazioni di incompatibilità ed alla elezione del presidente e del vicepresidente del medesimo collegio.
Capo II PARERI E ASSISTENZA ALLE ADUNANZE
Art. 239
Responsabilità del segretario Art. 53, legge n. 142/1990, recepito dall'art. 1, comma 1, lett. i), della legge regionale n. 48/1991 (art. 12, legge regionale n. 30/2000)

1. Su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla giunta ed al consiglio che non sia mero atto di indirizzo deve essere richiesto il parere in ordine alla sola regolarità tecnica del responsabile del servizio interessato e, qualora comporti impegno di spesa o diminuzione di entrata, del responsabile di ragioneria in ordine alla regolarità contabile. I pareri sono inseriti nella deliberazione.
2. Nel caso in cui l'ente non abbia funzionari responsabili dei servizi, il parere è espresso dal segretario dell'ente, in relazione alle sue competenze.
3. I soggetti di cui al comma 1 rispondono in via amministrativa e contabile dei pareri espressi.
4. I segretari comunali e provinciali sono responsabili degli atti e delle procedure attuative delle deliberazioni di cui al comma 1, unitamente al funzionario preposto.
Art. 240
Parere tecnico e contabile in base all'ordine di accreditamento agli enti locali Art. 47, legge regionale n. 6/1997

1. L'ordine di accreditamento agli enti locali a valere sui finanziamenti regionali costituisce titolo per l'emissione del parere di cui all'articolo 1, comma 1, lettera i), della legge regionale 11 dicembre 1991, n. 48.
Art. 241
Assistenza del segretario alle adunanze. Verbali delle deliberazioni Art. 186, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963

Alle adunanze assiste il segretario dell'ente, il quale redige i verbali delle deliberazioni.
Nel verbale debbono essere indicati gli intervenuti ed i punti principali delle discussioni nonché il numero dei voti espressi a favore e contro ogni proposta. I verbali sono letti nella successiva adunanza del collegio e da questo approvati. Sono firmati dal Presidente del collegio stesso, dal componente anziano fra i presenti e dal segretario.
Capo III DIMISSIONI ED OBBLIGO DI ASTENSIONE
Art. 242
Dimissioni Art. 174, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963 (art. 25, legge regionale n. 7/1992)

1. Le dimissioni del sindaco, del presidente della provincia regionale e degli assessori comunali e provinciali sono depositate nella segreteria dell'ente o formalizzate in sedute degli organi collegiali. Sono irrevocabili, definitive e non necessitano di presa d'atto.
2. Le dimissioni dalla carica di consigliere sono presentate ai rispettivi consigli, sono irrevocabili, immediatamente efficaci e non necessitano di presa d'atto.
3. L'eventuale rinunzia del subentrante o la presenza di cause di ineleggibilità che dovessero successivamente intervenire non alterano la completezza del consiglio stesso.
Art. 243
Condizione giuridica degli amministratori locali Art. 16, legge regionale n. 30/2000

1. Gli amministratori devono astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado. L'obbligo di astensione non si applica ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell'amministratore o di parenti o affini fino al quarto grado.
2. (omissis)
Art. 244
Astensione dalle deliberazioni e dalla partecipazione a servizi, appalti Art. 176, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963

(omissis)
Il divieto importa anche l'obbligo di allontanarsi dalla sala delle adunanze durante la trattazione di detti affari.
Le disposizioni del presente articolo si applicano anche al segretario.
Titolo IV ORGANIZZAZIONE E PERSONALE
Capo I FONTI
Art. 245
Attuazione nella Regione siciliana di norme della legge 15 maggio 1997, n. 127 Art. 2, legge regionale n. 23/1998

(omissis)
3. Nell'ordinamento della Regione siciliana, dei comuni, delle province e degli enti locali siciliani trovano immediata applicazione gli articoli (omissis) 3, (omissis) 6 della legge 15 maggio 1997, n. 127, e successive modifiche ed integrazioni.
Art. 246
Disciplina applicabile agli uffici ed al personale degli enti locali Art. 88, decreto legislativo n. 267/2000

1. All'ordinamento degli uffici e del personale degli enti locali, ivi compresi i dirigenti ed i segretari comunali e provinciali, si applicano le disposizioni del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, e le altre disposizioni di legge in materia di organizzazione e lavoro nelle pubbliche amministrazioni nonché quelle contenute nel presente testo unico.
Art. 247
Fonti Art. 89, decreto legislativo n. 267/2000

1. Gli enti locali disciplinano, con propri regolamenti, in conformità allo statuto, l'ordinamento generale degli uffici e dei servizi, in base a criteri di autonomia, funzionalità ed economicità di gestione e secondo principi di professionalità e responsabilità.
2. La potestà regolamentare degli enti locali si esercita, tenendo conto di quanto demandato alla contrattazione collettiva nazionale, nelle seguenti materie:
a)  responsabilità giuridiche attinenti ai singoli operatori nell'espletamento delle procedure amministrative;
b)  organi, uffici, modi di conferimento della titolarità dei medesimi;
c)  principi fondamentali di organizzazione degli uffici;
d)  procedimenti di selezione per l'accesso al lavoro e di avviamento al lavoro;
e)  ruoli, dotazioni organiche e loro consistenza complessiva;
f)  garanzia della libertà di insegnamento ed autonomia professionale nello svolgimento dell'attività didattica, scientifica e di ricerca;
g) disciplina della responsabilità e delle incompatibilità tra impiego nelle pubbliche amministrazioni ed altre attività e casi di divieto di cumulo di impieghi e incarichi pubblici.
3. I regolamenti di cui al comma 1, nella definizione delle procedure per le assunzioni, fanno riferimento ai principi fissati dall'articolo 36 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni.
4. In mancanza di disciplina regolamentare sull'ordinamento degli uffici e dei servizi o per la parte non disciplinata dalla stessa, si applica la procedura di reclutamento prevista dal decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487.
5. (omissis)
6. Nell'ambito delle leggi, nonché dei regolamenti di cui al comma 1, le determinazioni per l'organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono assunte dai soggetti preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro.
Capo II ASSUNZIONI
Sezione I DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 248
Art. 6, legge regionale 7 maggio 1958, n. 14

Sono vietate nuove assunzioni di personale non di ruolo, di salariati, di cottimisti, di diurnisti e di personale comunque denominato presso gli uffici della Amministrazione centrale della Regione, presso le Amministrazioni di enti pubblici istituiti con legge regionale e sottoposti alla vigilanza della Regione.
In caso di infrazione alla predetta disposizione, i provvedimenti relativi sono nulli.
Art. 249
Art. 7, legge regionale n. 14/1958

Le norme contenute nell'art. 6 si applicano a tutti gli enti locali comunque dipendenti o vigilati dalla Regione.
Art. 250
Art. 8, legge regionale n. 14/1958

Gli amministratori della Regione e degli enti indicati nei precedenti articoli che abbiano emesso provvedimenti di assunzione in violazione alle disposizioni contenute nell'articolo stesso, sono personalmente e solidalmente responsabili degli impegni di spesa conseguenti all'assunzione.
Art. 251
Art. 9, legge regionale n. 14/1958

Le nuove assunzioni di personale sono fatte per pubblico concorso.
Art. 252
Assunzioni
Art. 91, decreto legislativo n. 267/2000

1. Gli enti locali adeguano i propri ordinamenti ai principi di funzionalità e di ottimizzazione delle risorse per il migliore funzionamento dei servizi compatibilmente con le disponibilità finanziarie e di bilancio. Gli organi di vertice delle amministrazioni locali sono tenuti alla programmazione triennale del fabbisogno di personale, comprensivo delle unità di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68, finalizzata alla riduzione programmata delle spese del personale.
2. Gli enti locali ai quali non si applicano discipline autorizzatorie delle assunzioni programmano le proprie politiche di assunzioni adeguandosi ai principi di riduzione complessiva della spesa di personale, in particolare per nuove assunzioni, di cui ai commi 2-bis, 3, 3-bis e 3-ter dell'articolo 39 del decreto legislativo 27 dicembre 1997, n. 449, per quanto applicabili, realizzabili anche mediante l'incremento della quota di personale ad orario ridotto o con altre tipologie contrattuali flessibili nel quadro delle assunzioni compatibili con gli obiettivi della programmazione e giustificate dai processi di riordino o di trasferimento di funzioni e competenze.
3. Gli enti locali che non versino nelle situazioni strutturalmente deficitarie possono prevedere concorsi interamente riservati al personale dipendente, solo in relazione a particolari profili o figure professionali caratterizzati da una professionalità acquisita esclusivamente all'interno dell'ente.
4. Per gli enti locali le graduatorie concorsuali rimangono efficaci per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione per l'eventuale copertura dei posti che si venissero a rendere successivamente vacanti e disponibili, fatta eccezione per i posti istituiti o trasformati successivamente all'indizione del concorso medesimo.
Art. 253
Assunzioni presso le amministrazioni e gli enti pubblici Art. 49, legge regionale n. 15/2004

1. L'Amministrazione regionale, le aziende ed enti dalla stessa dipendenti o comunque sottoposti a controllo, tutela e vigilanza, gli enti locali territoriali e/o istituzionali, le aziende sanitarie locali, nonché gli enti da essi dipendenti e comunque sottoposti a controllo, tutela e vigilanza, effettuano le assunzioni del personale da inquadrare in qualifiche, livelli o profili professionali per l'accesso ai quali è richiesto il possesso del titolo di studio non superiore a quello della scuola dell'obbligo, mediante concorso per titoli, integrato, qualora sia richiesta una specifica professionalità, da una prova d'idoneità, nel rispetto dei principi contenuti nel comma 3 dell'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ferma restando la speciale disciplina in materia di assunzione dei soggetti appartenenti alle categorie protette, di cui al comma 2 del medesimo articolo.
2. A tal fine le amministrazioni, enti ed aziende provvedono alla formazione di graduatorie aventi validità triennale, ai sensi dell'articolo 8 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 12, sulla base dei criteri e degli elementi di valutazione dei titoli individuati con decreto del Presidente della Regione, sentita la Giunta regionale, su proposta dell'Assessore regionale per il lavoro, la previdenza sociale, la formazione professionale e l'emigrazione. Trovano applicazione le precedenze, le preferenze, nonché le riserve di posti previste, per le assunzioni di cui al comma 1, dalla vigente normativa, entro i limiti fissati dall'articolo 1 della legge regionale 23 maggio 1994, n. 15. Restano salve le riserve previste a favore delle categorie di soggetti di cui all'articolo 8, comma 3, della legge 23 luglio 1991, n. 223 ed all'articolo 12, comma 4, del decreto legislativo 1 dicembre 1997, n. 468 e successive modifiche e integrazioni.
3. I lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo determinato mantengono la posizione rivestita nell'ambito delle graduatorie ed hanno diritto, in conformità alle previsioni dei contratti collettivi di comparto, alla riassunzione presso le amministrazioni, enti ed aziende, per lo svolgimento con le medesime mansioni di attività di carattere stagionale o ricorrente, entro l'arco temporale di 12 mesi dalla cessazione del precedente rapporto di lavoro, purché facciano valere tale diritto entro tre mesi dalla medesima cessazione.
4. Per fare fronte ad esigenze immediate e straordinarie, in assenza delle graduatorie previste dal comma 2, le amministrazioni, enti ed aziende di cui al comma 1 indicono apposite procedure selettive per il reperimento del personale da assumere a tempo determinato. Gli stessi enti hanno facoltà di conferire priorità ai candidati che vantano il requisito della minore distanza tra il luogo di svolgimento dell'attività e la propria residenza. Trovano applicazione il comma 2, e in ordine ai criteri di formazione delle graduatorie ed all'applicazione delle precedenze, preferenze e riserve, nonché il comma 3, relativamente al diritto alla riassunzione.
5. Qualora ai fini dell'accesso sia richiesta una specifica professionalità, i candidati inseriti in graduatoria, fino alla concorrenza dei posti messi a concorso, sono sottoposti a prova di idoneità, da individuarsi nel bando da parte di commissioni formate da tre componenti in possesso dei titoli e delle qualifiche professionali occorrenti in relazione alle materie oggetto delle prove, nominate dal competente organo esecutivo dell'ente.
6. Le selezioni in corso alla data di entrata in vigore della presente legge sono definite in conformità alla normativa vigente all'atto dell'emanazione del relativo bando.
7. Per quanto non previsto dal presente articolo, trovano applicazione le disposizioni contenute nell'articolo 3 della legge regionale 12 aprile 1991, n. 12 e successive modifiche ed integrazioni.
(omissis)
Art. 254
Art. 8, legge regionale 30 aprile 1991, n. 12

1. Il terzo comma dell'articolo 219 dell'Ordinamento amministrativo degli enti locali, approvato con legge regionale 15 marzo 1963, n. 16, e successive modifiche, è sostituito con i seguenti:
"Qualora, nei trentasei mesi successivi all'approvazione della graduatoria si verifichino per rinunzia, decadenza, dimissioni, morte o per qualsiasi altra causa, vacanze di posti nei relativi ruoli organici, l'Amministrazione procede alla loro copertura mediante la nomina dei concorrenti inclusi nella graduatoria e dichiarati idonei che, per ordine di merito, seguono immediatamente i vincitori. Sono esclusi i posti istituiti o trasformati successivamente alla approvazione della graduatoria.
I posti di cui al precedente comma sono quelli di pari qualifica funzionale e professionale".
Art. 255
Rapporti di lavoro a tempo determinato e a tempo parziale Art. 92, decreto legislativo n. 267/2000

1. Gli enti locali possono costituire rapporti di lavoro a tempo parziale e a tempo determinato, pieno o parziale, nel rispetto della disciplina vigente in materia. I dipendenti degli enti locali a tempo parziale, purché autorizzati dall'amministrazione di appartenenza, possono prestare attività lavorativa presso altri enti.
2. Nei comuni interessati da mutamenti demografici stagionali in relazione a flussi turistici o a particolari manifestazioni anche a carattere periodico, al fine di assicurare il mantenimento di adeguati livelli quantitativi e qualitativi dei servizi pubblici, il regolamento può prevedere particolari modalità di selezione per l'assunzione del personale a tempo determinato per esigenze temporanee o stagionali, secondo criteri di rapidità e trasparenza ed escludendo ogni forma di discriminazione. Si applicano, in ogni caso, le disposizioni dei commi 7 e 8 dell'articolo 36 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni.
Art. 256
Disposizioni in materia di dichiarazioni sostitutive e di semplificazione delle domande di ammissione agli impieghi Art. 3, legge 15 maggio 1997, n. 127, introdotto con l'art. 2, comma 3, della legge regionale n. 23/1998

(omissis)
6. La partecipazione ai concorsi indetti da pubbliche amministrazioni non è soggetta a limiti di età, salvo deroghe dettate da regolamenti delle singole amministrazioni connesse alla natura del servizio o ad oggettive necessità dell'amministrazione.
7. Sono aboliti i titoli preferenziali relativi all'età e restano fermi le altre limitazioni e i requisiti previsti dalle leggi e dai regolamenti per l'ammissione ai concorsi pubblici. Se due o più candidati ottengono, a conclusione delle operazioni di valutazione dei titoli e delle prove di esame, pari punteggio, è preferito il candidato più giovane di età.
(omissis)
Art. 257
Assunzioni di familiari delle vittime della mafia presso pubbliche amministrazioni Art. 4, legge regionale 13 settembre 1999, n. 20 (art. 139, legge regionale n. 4/2003, artt. 18 e 19, legge regionale n. 19/2005 e art. 12, legge regionale n. 1/2006)

1. L'Amministrazione regionale, gli enti locali, le aziende sanitarie locali e gli enti o gli istituti dagli stessi vigilati sono tenuti, a richiesta, ad assumere nei propri ruoli, anche in soprannumero, per chiamata diretta e personale e con qualifica corrispondente al titolo di studio posseduto, in assenza di attività lavorativa autonoma o di rapporto di lavoro dipendente, il coniuge superstite, la vittima sopravvissuta, i genitori, il convivente more uxorio e gli orfani delle vittime della mafia e della criminalità organizzata, o della vittima sopravvissuta che abbia riportato un'invalidità permanente non inferiore al 50 per cento o delle vittime del dovere individuati nei modi di cui alla legge 20 ottobre 1990, n. 302, e successive modifiche ed integrazioni.
1-bis. L'Amministrazione regionale, gli enti locali, le aziende sanitarie locali e gli enti o gli istituti dagli stessi vigilati, sono tenuti, a richiesta, ad attivare le procedure di mobilità in presenza di preesistente rapporto di lavoro dipendente instaurato in virtù delle disposizioni di cui alla legge regionale 12 marzo 1986, n. 10 e successive modifiche ed integrazioni, con qualifica corrispondente al titolo di studio posseduto a quella in atto posseduta, del coniuge superstite, della vittima sopravvissuta, dei genitori, del convivente more uxorio e degli orfani delle vittime della mafia e della criminalità organizzata, o della vittima sopravvissuta che abbia riportato un'invalidità permanente non inferiore al 50 per cento o delle vittime del dovere individuati nei modi di cui alla legge 20 ottobre 1990, n. 302, e successive modifiche ed integrazioni.
2. In assenza o in caso di espressa rinuncia del coniuge superstite, del convivente more uxorio, di orfani o di entrambi i genitori, gli enti di cui al comma 1 sono autorizzati ad assumere, secondo le precedenze stabilite dalla legge, sino a due dei fratelli o delle sorelle della vittima, previo accertamento da parte dell'autorità competente dell'estraneità a associazioni criminali delle persone da assumere. Nel caso in cui ad avere diritto all'assunzione sono esclusivamente i genitori della vittima, è possibile assumere, con le modalità di cui al comma 1, previa rinuncia di uno di essi, uno dei fratelli o delle sorelle della vittima.
(omissis)
Art. 258
Precedenze e preferenze nell'ammissione a posti di dipendente comunale e provinciale Art. 220, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963

Le norme che attribuiscono diritto di precedenza o di preferenza per l'assunzione agli impieghi statali sono estese all'ammissione ai posti di dipendente dei comuni e dei liberi consorzi.
Art. 259
Riserve di posti nei pubblici concorsi Art. 7, legge regionale 15 maggio 1991, n. 27 (art. 19, legge regionale n. 25/1993 e art. 3, legge regionale n. 24/1996)

1. Ai partecipanti ai corsi previsti dagli articoli 1 e 5, i quali abbiano conseguito il relativo attestato di qualifica e limitatamente a qualifiche o profili professionali uguali o strettamente affini a quelli oggetto del corso frequentato, nonché ai soggetti in possesso del richiesto titolo di studio che per un periodo non inferiore a 180 giorni abbiano partecipato alla realizzazione dei progetti di utilità collettiva disciplinati dall'articolo 23 della legge 11 marzo 1988, n. 67, e successive modifiche ed integrazioni ed in possesso dei requisiti previsti dall'art. 1, commi 2 e 3, della legge regionale 21 dicembre 1995, n. 85 e successive modifiche ed integrazioni, è riservata nell'ambito dei concorsi indetti dalle amministrazioni, enti ed aziende, escluse le unità sanitarie locali, di cui all'articolo 1 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 12, una quota del 50 per cento dei posti messi a concorso.
2. Ferme restando le quote di riserva previste dalla legge 2 aprile 1968, n. 482, ai soggetti portatori di handicap di cui all'articolo 2 della legge regionale 18 aprile 1981, n. 68, in possesso dei requisiti richiesti per l'accesso al pubblico impiego relativamente alle categorie protette, è riservata una quota pari al 5 per cento dei posti messi a concorso dalle amministrazioni, enti ed aziende di cui all'articolo 1 della legge regionale 12 febbraio 1988, n. 2.
Art. 260
Interpretazione autentica dell'articolo 7 della legge regionale 15 maggio 1991, n. 27 Art. 16, legge regionale 26 novembre 2000, n. 24

1. Ai fini della riserva di cui all'articolo 7 della legge regionale 15 maggio 1991, n. 27, così come modificato dall'articolo 19 della legge regionale 1 settembre 1993, n. 25, nel periodo di 180 giorni di partecipazione ai progetti di utilità collettiva devono essere computate anche le giornate in cui non vi sia stata effettiva prestazione lavorativa per gravidanza, puerperio, servizio militare, infortunio sul lavoro.
Sezione II MODALITÀ E PROCEDURE CONCORSUALI
Art. 261
Ambito della legge Art. 1, legge regionale 12 febbraio 1988, n. 2

1. L'Amministrazione regionale e le aziende ed enti da essa dipendenti o comunque sottoposti a tutela, controllo e vigilanza, gli enti locali territoriali e/o istituzionali, nonché gli enti e le aziende da questi dipendenti e/o comunque sottoposti a tutela, controllo e vigilanza, sono tenuti ad osservare, per l'assunzione del personale, le modalità previste dalla presente legge.
Art. 262
Bandi di concorso Art. 6, legge regionale n. 2/1988

1. I bandi di concorso per la copertura dei posti in organico vacanti e disponibili devono essere deliberati entro quarantacinque giorni dalla entrata in vigore della presente legge o dalla data di disponibilità del posto.
2. I bandi di concorso devono essere pubblicati integralmente, oltre che nell'albo dell'ente, nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana. Il termine per la presentazione delle domande di ammissione al concorso decorre dalla data di pubblicazione del bando nella medesima Gazzetta Ufficiale.
3. Del bando di concorso deve essere dato altresì avviso in almeno un quotidiano a diffusione regionale ed in ogni altro modo ritenuto opportuno. Nel caso di concorsi regionali la pubblicazione dovrà avvenire in almeno quattro quotidiani regionali.
4. Qualora l'ente non provveda al bando nel termine indicato al comma 1, vi provvederà in via sostitutiva e senza preventiva diffida l'Assessore regionale per gli enti locali.
Art. 263
Attività e funzionamento della commissione giudicatrice Art. 8, legge regionale n. 2/1988 (art. 16 della legge regionale n. 12/1991)

1. Un componente della commissione giudicatrice, nominato dalla stessa, sostituisce il presidente nei casi di assenza o impedimento del medesimo.
2. Le sedute della commissione sono valide con la presenza della maggioranza dei suoi componenti purché sia presente il presidente o il suo sostituto.
3. (comma abrogato)
Art. 264
Lavori delle commissioni giudicatrici Art. 9, legge regionale n. 2/1988

1. Le commissioni giudicatrici devono definire il proprio lavoro entro sei mesi dalla data di esecutività dell'atto di nomina.
2. Su richiesta motivata della commissione, il termine suindicato potrà essere prorogato, dallo stesso organo che ha proceduto alla nomina della commissione, per non più di sessanta giorni.
3. I termini di cui ai precedenti commi si applicano anche per i funzionari degli enti, che dovranno procedere alla formazione della graduatoria ai sensi delle lettere a) e b) dell'art. 3. Trascorso il termine di cui ai commi precedenti, entro i dieci giorni successivi, il consiglio o l'organo deliberante deve dichiarare la decadenza della commissione giudicatrice che non ha definito il concorso e procedere alla nomina di una nuova commissione giudicatrice. In caso di inadempienza dell'ente entro i termini suindicati, l'Assessore regionale per gli enti locali, senza preventiva diffida, provvede alla dichiarazione di decadenza ed alla nomina della nuova commissione ai sensi dell'art. 7.
4. Le disposizioni relative alla decadenza si applicano, altresì, alle commissioni nominate dall'Assessore regionale per gli enti locali.
5. Restano salvi gli atti già eseguiti dalle commissioni dichiarate decadute che costituiscono fasi procedurali del concorso interamente compiute.
6. I termini di cui al presente articolo decorrono anche per i concorsi già banditi, salvo per quelli per esami e/o titoli ed esami, nei quali abbiano partecipato più di duecento candidati.
Art. 265
Graduatoria finale Art. 10, legge regionale n. 2/1988

1. La graduatoria formulata dalla commissione è trasmessa entro tre giorni, per la sua approvazione, all'organo competente dell'ente, che delibera sulla stessa entro i successivi venti giorni.
2. Parimenti l'ente è obbligato a procedere all'assunzione dei vincitori del concorso entro trenta giorni dall'esecutività del provvedimento di approvazione della graduatoria, sempre che i relativi posti abbiano apposita copertura finanziaria da parte dello Stato o, a titolo di anticipazione, dalla Regione.
3. Qualora l'ente non provveda nei termini, provvede in via sostitutiva e senza previa diffida l'Assessore regionale per gli enti locali.
Art. 266
Art. 1, legge regionale n. 12/1991 (art. 13, legge regionale n. 18/1999, art. 5, legge regionale n. 17/2001 e art. 49, legge regionale n. 15/2004)

1. (comma abrogato)
1-bis. Al fine di armonizzare le norme regionali in materia di assunzioni alle disposizioni dell'articolo 9 bis del decreto legge 1 ottobre 1996, n. 510, convertito, con modifiche, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, quanto previsto al comma 1 non trova applicazione per gli enti pubblici economici, dipendenti o sottoposti al controllo, tutela e vigilanza della Regione o degli enti locali territoriali e istituzionali ed al Consorzio per le Autostrade siciliane, fermo restando il rispetto, ai fini delle assunzioni ivi previste, dell'articolo 3 della presente legge e degli ordinamenti propri dei medesimi enti.
(omissis)
Art. 267
Art. 3, legge regionale n. 12/1991

1. Salvo quanto previsto da speciali disposizioni di legge, per l'accesso ai posti non rientranti tra quelli indicati all'art. 1, gli enti ivi previsti procedono all'assunzione mediante pubblici concorsi.
2. Le commissioni giudicatrici dei concorsi e il segretario sono nominati con deliberazione dell'organo esecutivo dell'ente. Per i concorsi dell'Amministrazione regionale le commissioni giudicatrici e il segretario sono nominati dal Presidente della Regione.
3. Le commissioni sono composte da cinque componenti in possesso di titolo di studio almeno pari a quello previsto per il posto messo a concorso e di titoli e qualificazioni professionali relativi alle materie oggetto delle prove di esame.
4. Il presidente della commissione è eletto dai cinque componenti di cui al comma 3.
5. I componenti delle commissioni sono scelti mediante sorteggio pubblico, a cura della competente amministrazione, tra gli iscritti in appositi elenchi predisposti dall'Assessore regionale per gli enti locali, secondo criteri e procedure stabiliti con decreto del Presidente della Regione, previo parere della Commissione legislativa permanente per gli affari istituzionali dell'Assemblea regionale siciliana. Gli elenchi sono articolati a livello regionale e provinciale nonché, rispettivamente, per qualifiche e profili professionali.
6. Negli elenchi sono iscritti, a domanda degli interessati, dipendenti pubblici in servizio o in quiescenza, con qualifiche direttive o dirigenziali, con almeno cinque anni di anzianità nella qualifica, magistrati in quiescenza, liberi professionisti in possesso di laurea ed iscritti ai relativi albi professionali da almeno cinque anni, docenti delle università degli studi e delle scuole medie statali di primo e secondo grado. Nella prima applicazione della presente legge, per la presentazione delle domande di iscrizione all'albo è previsto il termine di trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge medesima.
7. I funzionari addetti ad uffici ed organi che esercitano il controllo sugli atti degli enti locali non possono essere iscritti agli albi della provincia in cui svolgono le relative funzioni.
8. I consiglieri comunali e provinciali, nonché gli amministratori degli enti di cui all'art. 1, non possono far parte di commissioni giudicatrici di concorsi banditi dagli enti di appartenenza.
9. Nessuno può far parte contemporaneamente di più di due commissioni giudicatrici di concorso.
10. Gli elenchi saranno messi a disposizione degli enti di cui all'art. 1. Gli enti provinciali e sub-provinciali dovranno utilizzare gli elenchi provinciali.
11. La seduta in cui si provvederà al sorteggio dei componenti delle commissioni è pubblica ed è resa nota mediante avviso pubblicato all'albo dell'ente. Della stessa verrà data ogni altra preventiva e massima pubblicità possibile.
12. Le commissioni giudicatrici dei concorsi devono essere nominate entro trenta giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle domande di ammissione al concorso.
13. Le nomine dovranno essere notificate entro otto giorni dalla esecutività della delibera di cui al comma 2.
14. Trascorso il termine di cui al comma 12, ed entro i successivi dieci giorni, in caso di inadempienza, l'Assessore regionale competente provvede, con proprio decreto, alla nomina delle commissioni giudicatrici, scegliendo i relativi componenti mediante sorteggio tra gli iscritti negli elenchi di cui al presente articolo, garantendo adeguata e preventiva pubblicità secondo modalità che saranno determinate nel decreto di cui all'art. 6, restando l'onere finanziario a carico dell'ente inadempiente.
15. Restano comunque validamente costituite le commissioni nominate dopo la scadenza del termine di cui al comma 12 ed insediatesi prima della notifica del provvedimento assessoriale di cui al comma 14.
16. I dipendenti dell'Amministrazione regionale e degli enti ed amministrazioni sottoposti al controllo della Regione, nominati componenti delle commissioni, sono autorizzati ad assentarsi per partecipare ai lavori delle commissioni.
Art. 268
Art. 4, legge regionale n. 12/1991

1. Le disposizioni di cui ai commi terzo, quarto e settimo dell'articolo 21 della legge regionale 29 ottobre 1985, n. 41, e successive modifiche, si applicano ai concorsi ai quali abbiano chiesto di partecipare più di duecento candidati, e sempreché il numero degli stessi sia superiore al quintuplo dei posti da coprire.
2. Il quintuplo dei posti da coprire, di cui al comma 1, va calcolato con riferimento a tutti i posti messi a concorso, con esclusione di quelli riservati.
3. I candidati interni degli enti aventi diritto a riserva sono esonerati dall'espletamento delle prove selettive di cui al comma 1.
4. I quiz devono avere contenuto inerente ai posti messi a concorso e devono essere ampiamente pubblicizzati prima della prova preliminare dalle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 1.
Art. 269
Concorsi Art. 21, legge regionale 29 ottobre 1985, n. 41 (art. 3, legge regionale n. 2/1988)

(omissis)
Nei pubblici concorsi ai quali abbiano chiesto di partecipare oltre duecento concorrenti viene espletata una prova preliminare a mezzo di quiz bilanciati tesi ad accertare la professionalità del concorrente, predisposti con l'eventuale assistenza di istituti specializzati o di esperti, in modo da ammettere alle prove di esame un numero di candidati non superiore a cinque volte il numero dei posti messi a concorso.
La commissione esaminatrice vigilerà anche nella fase preliminare relativa ai quiz bilanciati assumendo quindi i poteri di commissione di vigilanza.
(omissis)
Le vigenti disposizioni di legge relative ai rapporti tra i componenti delle commissioni giudicatrici ed i candidati troveranno applicazione limitatamente alla fase successiva all'espletamento delle prove a mezzo quiz selettivi o preliminari.
(omissis)
Art. 270
Art. 5, legge regionale n. 12/1991

1. Salvo quanto previsto dall'articolo 21 della legge regionale 29 ottobre 1985, n. 41, e successive modifiche, in quanto compatibile con la presente legge, le prove di esame per i concorsi di cui all'articolo 3 sono disciplinate in conformità alle disposizioni vigenti in campo nazionale per le corrispondenti categorie di enti o, in mancanza, in conformità alle disposizioni vigenti per l'accesso ai corrispondenti impieghi dell'Amministrazione statale.
2. E' fatta salva per le amministrazioni e gli enti di cui all'articolo 1 la facoltà di bandire concorsi per soli titoli.
3. L'Assessore regionale competente, entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge, dovrà determinare con proprio decreto, previo parere della Commissione legislativa permanente per gli affari istituzionali dell'Assemblea regionale siciliana, i criteri di valutazione dei titoli.
Art. 271
Art. 6, legge regionale n. 12/1991

1. Il Presidente della Regione, previo parere della Commissione legislativa permanente per gli affari istituzionali dell'Assemblea regionale siciliana, stabilirà, con proprio decreto, le modalità di esecuzione del sorteggio dei componenti delle commissioni, ivi compresi quelli nominati in via sostitutiva dall'Assessore regionale competente, nonché le modalità di determinazione delle prove di esame, che dovranno essere effettuate mediante ricorso al sorteggio sia dei temi per le prove scritte sia dei quesiti per le prove orali, ed ogni altra modalità di svolgimenti dei concorsi non prevista dalla presente legge.
Art. 272
Art. 7, legge regionale n. 12/1991

1. I compensi spettanti, ai sensi delle vigenti disposizioni, ai membri delle commissioni giudicatrici dei concorsi, ivi compreso il segretario, istituite presso l'Amministrazione regionale, sono aumentati del 100 per cento.
2. Il Presidente della Regione, con proprio decreto, provvederà alla loro rivalutazione, ai sensi dell'articolo 66 della legge regionale 29 ottobre 1985, n. 41, e successive modifiche.
3. Ai membri delle commissioni che non ultimeranno i lavori entro i termini previsti dalle vigenti disposizioni verranno corrisposti solo le indennità ed i rimborsi spettanti per le attività cui hanno partecipato, con esclusione del compenso complessivo. La disposizione non si applica ai membri delle commissioni nominate anteriormente all'entrata in vigore della presente legge.
4. Per i componenti ed il segretario di commissioni giudicatrici istituite presso enti diversi dall'Amministrazione regionale, i compensi non potranno superare quelli previsti per le commissioni giudicatrici dei concorsi dell'Amministrazione regionale.
Art. 273
Art. 5, legge regionale 10 ottobre 1994, n. 38 (art. 17, legge regionale n. 46/1995)

1. Le graduatorie dei concorsi per soli titoli previsti dall'articolo 19, comma 4, della legge regionale 1 settembre 1993, n. 25, sono predisposte dagli uffici dell'ente interessato sotto la responsabilità del capo della struttura burocratica dello stesso, con le modalità di cui al decreto dell'Assessore regionale per gli enti locali del 3 febbraio 1992. Le graduatorie sono approvate dagli organi competenti ai sensi della normativa vigente.
(omissis)
Art. 274
Art. 8, legge regionale n. 38/1994

1. I criteri di valutazione dei titoli relativi ai concorsi di cui ai commi 4 e 5 dell'articolo 19 della legge regionale 1 settembre 1993, n. 25, per l'accesso alle qualifiche dirigenziali, nonché a quelli riservati al personale interno, saranno individuati con decreto dell'Assessore regionale per gli enti locali, sentita la competente commissione legislativa, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge.
Capo III DIRIGENZA E INCARICHI
Art. 275
Funzioni e responsabilità della dirigenza Art. 107, decreto legislativo n. 267/2000

1. Spetta ai dirigenti la direzione degli uffici e dei servizi secondo i criteri e le norme dettati dagli statuti e dai regolamenti. Questi si uniformano al principio per cui i poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo spettano agli organi di governo, mentre la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica è attribuita ai dirigenti mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo.
2. Spettano ai dirigenti tutti i compiti, compresa l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, non ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo dell'ente o non rientranti tra le funzioni del segretario o del direttore generale, di cui rispettivamente agli articoli 97 e 108.
3. Sono attribuiti ai dirigenti tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo adottati dai medesimi organi tra i quali in particolare, secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell'ente:
a)  la presidenza delle commissioni di gara e di concorso;
b)  la responsabilità delle procedure d'appalto e di concorso;
c)  la stipulazione dei contratti;
d)  gli atti di gestione finanziaria, ivi compresa l'assunzione di impegni di spesa;
e)  gli atti di amministrazione e gestione del personale;
f)  i provvedimenti di autorizzazione, concessione o analoghi, il cui rilascio presupponga accertamenti e valutazioni, anche di natura discrezionale, nel rispetto di criteri predeterminati dalla legge, dai regolamenti, da atti generali di indirizzo, ivi comprese le autorizzazioni e le concessioni edilizie;
g)  tutti i provvedimenti di sospensione dei lavori, abbattimento e riduzione in pristino di competenza comunale, nonché i poteri di vigilanza edilizia e di irrogazione delle sanzioni amministrative previsti dalla vigente legislazione statale e regionale in materia di prevenzione e repressione dell'abusivismo edilizio e paesaggistico-ambientale;
h)  le attestazioni, certificazioni, comunicazioni, diffide, verbali, autenticazioni, legalizzazioni ed ogni altro atto costituente manifestazione di giudizio e di conoscenza;
i)  gli atti ad essi attribuiti dallo statuto e dai regolamenti o, in base a questi, delegati dal sindaco.
4. Le attribuzioni dei dirigenti, in applicazione del principio di cui all'articolo 1, comma 4, possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative.
5. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente testo unico, le disposizioni che conferiscono agli organi di cui al capo I titolo III l'adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi, si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti, salvo quanto previsto dall'articolo 50, comma 3, e dall'articolo 54.
6. I dirigenti sono direttamente responsabili, in via esclusiva, in relazione agli obiettivi dell'ente, della correttezza amministrativa, della efficienza e dei risultati della gestione.
7. Alla valutazione dei dirigenti degli enti locali si applicano i principi contenuti nell'articolo 5, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, secondo le modalità previste dall'articolo 147 del presente testo unico.
Art. 276
Determinazioni a contrattare e relative procedure Art. 56, legge n. 142/1990, recepito con modifiche dall'art. 1, comma 1, lett. i) della legge regionale n. 48/1991 (art. 13, legge regionale n. 30/2000)

1. La stipulazione dei contratti deve essere preceduta da apposita determinazione del responsabile del procedimento di spesa indicante:
a) il fine che con il contratto si intende perseguire;
b) l'oggetto del contratto, la sua forma e le clausole ritenute essenziali;
c) le modalità di scelta del contraente ammesse dalle disposizioni vigenti in materia di contratti delle amministrazioni dello Stato e della Regione e le ragioni che ne sono alla base in caso di deroga al pubblico incanto.
Art. 277
Direttore generale Art. 108, decreto legislativo n. 267/2000

1. Il sindaco nei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti e il presidente della provincia, previa deliberazione della giunta comunale o provinciale, possono nominare un direttore generale, al di fuori della dotazione organica e con contratto a tempo determinato, e secondo criteri stabiliti dal regolamento di organizzazione degli uffici e dei servizi, che provvede ad attuare gli indirizzi e gli obiettivi stabiliti dagli organi di governo dell'ente, secondo le direttive impartite dal sindaco o dal presidente della provincia, e che sovrintende alla gestione dell'ente, perseguendo livelli ottimali di efficacia ed efficienza. Compete in particolare al direttore generale la predisposizione del piano dettagliato di obiettivi previsto dall'articolo 197, comma 2, lettera a), nonché la proposta di piano esecutivo di gestione previsto dall'articolo 169. A tali fini, al direttore generale rispondono, nell'esercizio delle funzioni loro assegnate, i dirigenti dell'ente, ad eccezione del segretario del comune e della provincia.
2. Il direttore generale è revocato dal sindaco o dal presidente della provincia, previa deliberazione della giunta comunale o provinciale. La durata dell'incarico non può eccedere quella del mandato del sindaco o del presidente della provincia.
3. Nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti è consentito procedere alla nomina del direttore generale previa stipula di convenzione tra comuni le cui popolazioni assommate raggiungano i 15.000 abitanti. In tal caso il direttore generale dovrà provvedere anche alla gestione coordinata o unitaria dei servizi tra i comuni interessati.
4. Quando non risultino stipulate le convenzioni previste dal comma 3 e in ogni altro caso in cui il direttore generale non sia stato nominato, le relative funzioni possono essere conferite dal sindaco o dal presidente della provincia al segretario.
Art. 278
Conferimento di funzioni dirigenziali Art. 109, decreto legislativo n. 267/2000

1. Gli incarichi dirigenziali sono conferiti a tempo determinato, ai sensi dell'articolo 50, comma 10, con provvedimento motivato e con le modalità fissate dal regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, secondo criteri di competenza professionale, in relazione agli obiettivi indicati nel programma amministrativo del sindaco o del presidente della provincia e sono revocati in caso di inosservanza delle direttive del sindaco o del presidente della provincia, della giunta o dell'assessore di riferimento, o in caso di mancato raggiungimento al termine di ciascun anno finanziario degli obiettivi assegnati nel piano esecutivo di gestione previsto dall'articolo 169 o per responsabilità particolarmente grave o reiterata e negli altri casi disciplinati dai contratti collettivi di lavoro. L'attribuzione degli incarichi può prescindere dalla precedente assegnazione di funzioni di direzione a seguito di concorsi.
2.  Nei comuni privi di personale di qualifica dirigenziale le funzioni di cui all'articolo 107, commi 2 e 3, fatta salva l'applicazione dell'articolo 97, comma 4, lettera d), possono essere attribuite, a seguito di provvedimento motivato del sindaco, ai responsabili degli uffici o dei servizi, indipendentemente dalla loro qualifica funzionale, anche in deroga a ogni diversa disposizione.
Art. 279
Incarichi a contratto Art. 110, decreto legislativo n. 267/2000 (art. 51, legge n. 388/2000)

1. Lo statuto può prevedere che la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, possa avvenire mediante contratto a tempo determinato di diritto pubblico o, eccezionalmente e con deliberazione motivata, di diritto privato, fermi restando i requisiti richiesti dalla qualifica da ricoprire.
2. Il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, negli enti in cui è prevista la dirigenza, stabilisce i limiti, i criteri e le modalità con cui possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica, contratti a tempo determinato per i dirigenti e le alte specializzazioni, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire. Tali contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 5 per cento del totale della dotazione organica della dirigenza e dell'area direttiva e comunque per almeno una unità. Negli altri enti, il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi stabilisce i limiti, i criteri e le modalità con cui possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica, solo in assenza di professionalità analoghe presenti all'interno dell'ente, contratti a tempo determinato di dirigenti, alte specializzazioni o funzionari dell'area direttiva, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire. Tali contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 5 per cento della dotazione organica dell'ente arrotondando il prodotto all'unità superiore, o ad una unità negli enti con una dotazione organica inferiore alle 20 unità.
3. I contratti di cui ai precedenti commi non possono avere durata superiore al mandato elettivo del sindaco o del presidente della provincia in carica. Il trattamento economico, equivalente a quello previsto dai vigenti contratti collettivi nazionali e decentrati per il personale degli enti locali, può essere integrato, con provvedimento motivato della giunta, da una indennità ad personam, commisurata alla specifica qualificazione professionale e culturale, anche in considerazione della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali. Il trattamento economico e l'eventuale indennità ad personam sono definiti in stretta correlazione con il bilancio dell'ente e non vanno imputati al costo contrattuale e del personale.
4. Il contratto a tempo determinato è risolto di diritto nel caso in cui l'ente locale dichiari il dissesto o venga a trovarsi nelle situazioni strutturalmente deficitarie.
5. Il rapporto di impiego del dipendente di una pubblica amministrazione è risolto di diritto con effetto dalla data di decorrenza del contratto stipulato con l'ente locale ai sensi del comma 2. L'amministrazione di provenienza dispone, subordinatamente alla vacanza del posto in organico o dalla data in cui la vacanza si verifica, la riassunzione del dipendente qualora lo stesso ne faccia richiesta entro i 30 giorni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro a tempo determinato o alla data di disponibilità del posto in organico.
6. Per obiettivi determinati e con convenzioni a termine, il regolamento può prevedere collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalità.
Art. 280
Adeguamento della disciplina della dirigenza Art. 111, decreto legislativo n. 267/2000

1. Gli enti locali, tenendo conto delle proprie peculiarità, nell'esercizio della propria potestà statutaria e regolamentare, adeguano lo statuto ed il regolamento ai principi del presente capo e del capo II del decreto legislativo del 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni.
Art. 281
Funzioni e compiti amministrativi del comune Art. 34, legge regionale n. 10/2000

(omissis)
5. Nei comuni, nelle province e negli enti locali trova applicazione il decreto legislativo 29 ottobre 1998, n. 387, con la seguente modifica dell'ultimo comma del punto 2 della lettera a) dell'articolo 10: "Sono inoltre ammessi coloro che hanno ricoperto incarichi dirigenziali o equiparati in amministrazioni pubbliche per un periodo non inferiore ad anni tre".
Capo IV RESPONSABILITÀ DISCIPLINARE
Art. 282
Responsabilità disciplinare Art. 94, decreto legislativo n. 267/00

1. Qualora ricorra alcuna delle condizioni di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del comma 1 dell'articolo 58, nonché alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell'articolo 59 nei confronti del personale dipendente delle amministrazioni locali, compresi gli enti ivi indicati, si fa luogo alla immediata sospensione dell'interessato dalla funzione o dall'ufficio ricoperti. La sospensione è disposta dal responsabile dell'ufficio secondo la specifica competenza, con le modalità e procedure previste dai rispettivi ordinamenti. A tal fine i provvedimenti emanati dal giudice sono comunicati, a cura della cancelleria del tribunale o della segreteria del pubblico ministero, ai responsabili delle amministrazioni o enti locali indicati nelle predette disposizioni.
2. Al personale dipendente di cui al comma precedente si applicano altresì le disposizioni del comma 5 dell'articolo 58 e del comma 6 dell'articolo 59 previa attivazione del procedimento disciplinare.
Art. 283
Disposizioni in materia di personale Art. 6, legge n. 127/1997 introdotto con l'art. 2, della legge regionale n. 23/1998

(omissis)
19. In caso di sospensione cautelare nei confronti di un impiegato di un ente locale sottoposto a procedimento penale, la temporanea vacanza può essere coperta con una assunzione a tempo determinato, anche in deroga alle disposizioni della presente legge. Tale disposizione non si applica per gli enti locali che versino nelle situazioni strutturalmente deficitarie di cui all'articolo 45 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e successive modificazioni, che abbiano personale in mobilità.
(omissis)
Capo V DISPOSIZIONI PARTICOLARI
Art. 284
Art. 7, legge regionale 15 maggio 1991, n. 21 (art. 16, legge regionale n. 41/1996 e art. 57, legge regionale n. 10/1999)

1. Al fine di consentire il miglioramento dell'efficienza dei servizi degli enti locali, anche in relazione alle funzioni decentrate con le leggi regionali 2 gennaio 1979, n. 1, 6 marzo 1986, n. 9, e 9 maggio 1986, n. 22, gli enti locali istituiscono nel proprio bilancio, a decorrere dall'esercizio finanziario 1996, un apposito "Fondo" finalizzato all'ammodernamento ed al miglioramento dei servizi.
2. La dotazione finanziaria del fondo di cui al comma 1 è determinata con l'attribuzione al fondo medesimo di una quota pari al 4 per cento delle risorse economiche impegnate per trasferimento a qualsiasi titolo in favore degli enti locali a carico del bilancio della Regione, nel penultimo anno precedente, con eccezione dei fondi relativi al pagamento di salari e stipendi, alla spesa per servizi socio-assistenziali, alle risorse assegnate per il fondo occupazione di cui all'articolo 4 della legge regionale 23 gennaio 1998, n. 3 ed ai finanziamenti per opere pubbliche. A tal uopo gli enti locali provvedono all'assegnazione contestuale della suddetta quota delle risorse trasferite dalla Regione al fondo di cui al comma 1.
3. L'ammodernamento ed il miglioramento dei servizi di cui al comma 1 dovrà essere realizzato attraverso l'adozione da parte degli enti locali di un apposito piano per il quale sia prevista l'effettiva partecipazione del personale. Il piano è unico, deve comprendere la previsione della spesa e dovrà essere finalizzato alla realizzazione di progetti espressamente mirati ad obiettivi specifici di efficienza, nazionalità e trasparenza.
4. Il miglioramento e l'ammodernamento dei servizi, da realizzarsi attraverso il suddetto piano, potrà riguardare altresì la formazione, la qualificazione e l'arricchimento professionale dei dipendenti, con l'individuazione di incentivi direttamente connessi ai risultati conseguiti.
5. Gli enti locali che, a seguito di contrattazione decentrata, abbiano adottato il piano di cui al comma 3 sono autorizzati ad erogare a favore del personale, che partecipa alla realizzazione del suddetto piano, un incentivo economico di importo fino al 60 per cento di quello stabilito dall'articolo 13 della legge regionale 1 agosto 1990, n. 17. Per il personale appartenente alla prima, seconda, terza, quarta qualifica funzionale, l'incentivo sarà commisurato, rispettivamente, al 50 per cento, 70 per cento, 80 per cento, 90 per cento dell'importo base spettante alla quinta qualifica funzionale.
6. Il Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali, fissa, con proprio decreto e con cadenza biennale, le modalità, i criteri ed i parametri per gli adempimenti di cui al comma 4 e che saranno determinati nel rispetto della normativa contrattuale vigente in materia.
Art. 285
Individuazione dei nuovi ambiti territoriali ottimali per la gestione dei rifiuti urbani Art. 45, legge regionale n. 2/2007

(omissis)
2. Le società e le autorità d'ambito assumono nuovo personale solo attraverso procedure di evidenza pubblica.
(omissis)
Art. 286
Mobilità del personale degli enti dissestati Art. 13, legge regionale n. 41/1996

1. Negli enti locali che hanno dichiarato il dissesto e rientrano nelle condizioni di cui al comma 6 dell'articolo 1 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, il personale in servizio che risulti in esubero dopo l'applicazione delle leggi vigenti in materia è assegnato con decreto dell'Assessore regionale per gli enti locali ad altri enti locali con priorità nell'ambito della disponibilità degli enti locali limitrofi che abbiano in organico posti vacanti di pari qualifica e/o livello, la cui copertura sia consentita ai sensi della normativa vigente in materia.
Art. 287
Disposizioni in materia di assunzioni e mobilità negli enti locali Art. 16 bis, decreto legge 18 gennaio 1993, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 marzo 1993, n. 68 (art. 6, legge n. 127/1997, recepito con legge regionale n. 23/1998)

1. Le procedure di mobilità del personale degli enti locali dissestati, eccedente rispetto ai parametri fissati in sede di rideterminazione della pianta organica, vengono espletate prioritariamente nell'ambito della provincia e della regione di appartenenza dell'ente interessato.
2. Esclusivamente al fine di consentire l'assegnazione del personale di cui al comma 1, gli enti locali della regione nella quale si trovino enti locali che hanno deliberato il dissesto danno comunicazione dei posti vacanti, di cui intendono assicurare la copertura, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica. Entro quarantacinque giorni dal ricevimento della predetta comunicazione, il Dipartimento della funzione pubblica trasmette all'ente locale l'elenco nominativo del personale da trasferire mediante la procedura di mobilità d'ufficio. In mancanza di tale trasmissione, nel predetto termine, l'ente locale può avviare le procedure di assunzione.
Art. 288
Organizzazione degli uffici e del personale Art. 51, legge n. 142/1990 recepito dall'art. 1, comma 1, lett. h) della legge regionale n. 48/1991 (art. 7, legge regionale n. 30/2000)

1.  (omissis)
Nell'organizzazione e gestione del personale gli enti locali tengono conto di quanto previsto dalla contrattazione collettiva di lavoro. Il personale assegnato ai comuni ai sensi dell'ultimo periodo del comma 46 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, è collocato in un ruolo ad esaurimento in attesa che si rendano liberi nell'organico dell'ente posti di pari livello da destinare, prioritariamente, a detto personale.
(omissis)
Art. 289
Messi Art. 200, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana, approvato con legge regionale n. 16/1963 (art. 1, legge regionale n. 33/1970)

Ogni comune e ogni libero consorzio hanno uno o più messi autorizzati a notificare gli atti delle rispettive amministrazioni per i quali non siano prescritte speciali formalità.
I messi comunali e consortili possono anche notificare atti nell'interesse di altre pubbliche amministrazioni, che ne facciano richiesta all'ente da cui essi dipendono.
Il messo deve essere maggiorenne.
La relazione di notificazione del messo fa fede fino a querela di falso.
Art. 290
Computo dei servizi Art. 222, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana, approvato con legge regionale n. 16/1963

I dipendenti dimessi per fine del periodo di esperimento e riammessi in servizio con o senza interruzione presso lo stesso comune e lo stesso libero consorzio, ricongiungono al nuovo il precedente servizio agli effetti del compimento del periodo di prova.
Art. 291
Promessa e giuramento Art. 223, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana, approvato con legge regionale n. 16/1963

Gli impiegati e i salariati dei comuni e dei liberi consorzi nominati in via provvisoria o di esperimento fanno solenne promessa; quelli che abbiano conseguito la stabilità prestano giuramento.
La promessa e il giuramento, da prestare nelle forme previste dalle vigenti leggi, sono prescritti a pena di decadenza e vanno pronunziati innanzi al capo della rispettiva amministrazione.
Art. 292
Licenziamento per nomina conseguita con frode Art. 235, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana, approvato con legge regionale n. 16/1963

I dipendenti del comune e dei liberi consorzi che abbiano conseguito l'assunzione in servizio producendo documenti falsi o mediante altri atti fraudolenti incorrono nel licenziamento con perdita del diritto di pensione ed indennità.
Art. 293
Diritti quesiti Art. 242, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana, approvato con legge regionale n. 16/1963

I comuni e i liberi consorzi non possono modificare in danno dei propri dipendenti di ruolo, il trattamento economico già da essi conseguito ed il trattamento di quiescenza in vigore al momento in cui il dipendente stesso ha raggiunto il limite massimo di età o di servizio per essere collocato a riposo a sua domanda.
Capo VI POLIZIA MUNICIPALE
Sezione I LEGGE QUADRO
Art. 294
Disposizioni di applicazione Art. 1, legge regionale 1 agosto 1990, n. 17

1. Le disposizioni della legge 7 marzo 1986, n. 65, recante "legge-quadro sull'ordinamento della polizia municipale", si applicano nel territorio della Regione con le integrazioni di cui agli articoli seguenti.
Art. 295
Servizio di polizia municipale Art. 1, legge 7 marzo 1986, n. 65

1. I comuni svolgono la funzione di polizia locale. A tal fine, può essere appositamente organizzato un servizio di polizia municipale.
2. I comuni possono gestire il servizio di polizia municipale nelle forme associative previste dalla legge dello Stato.
Art. 296
Funzioni del sindaco Art. 2, legge n. 65/1986

Il sindaco o l'assessore da lui delegato, nell'esercizio delle funzioni di cui al precedente articolo 1, impartisce le direttive, vigila sull'espletamento del servizio e adotta i provvedimenti previsti dalle leggi e dai regolamenti.
Art. 297
Compiti degli addetti al servizio di polizia municipale Art. 3, legge n. 65/1986

Gli addetti al servizio di polizia municipale esercitano nel territorio di competenza le funzioni istituzionali previste dalla presente legge e collaborano, nell'ambito delle proprie attribuzioni, con le Forze di polizia dello Stato, previa disposizione del sindaco, quando ne venga fatta, per specifiche operazioni, motivata richiesta dalle competenti autorità.
Art. 298
Regolamento comunale del servizio di polizia municipale Art. 4, legge n. 65/1986

I comuni singoli o associati adottano il regolamento del servizio di polizia municipale, che in particolare, deve contenere disposizioni intese a stabilire:
1)  che le attività vengano svolte in uniforme; possono essere svolte in abito civile quando ciò sia strettamente necessario per l'espletamento del servizio e venga autorizzato;
2)  che i distacchi e i comandi siano consentiti soltanto quando i compiti assegnati ineriscano alle funzioni di polizia municipale e purché la disciplina rimanga quella dell'organizzazione di appartenenza;
3)  che l'ambito ordinario delle attività sia quello del territorio dell'ente di appartenenza o dell'ente presso cui il personale sia stato comandato;
4)  che siano osservati i seguenti criteri per i sottoelencati casi particolari:
a)  sono autorizzate le missioni esterne al territorio per soli fini di collegamento e di rappresentanza;
b)  le operazioni esterne di polizia, d'iniziativa dei singoli durante il servizio, sono ammesse esclusivamente in caso di necessità dovuto alla flagranza dell'illecito commesso nel territorio di appartenenza;
c)  le missioni esterne per soccorso in caso di calamità e disastri, o per rinforzare altri Corpi e servizi in particolari occasioni stagionali o eccezionali, sono ammesse previa esistenza di appositi piani o di accordi tra le amministrazioni interessate, e di esse va data previa comunicazione al prefetto.
Art. 299
Funzioni di polizia giudiziaria, di polizia stradale, di pubblica sicurezza Art. 5, legge n. 65/1986

1. Il personale che svolge servizio di polizia municipale, nell'ambito territoriale dell'ente di appartenenza e nei limiti delle proprie attribuzioni, esercita anche:
a) funzioni di polizia giudiziaria, rivestendo a tal fine la qualità di agente di polizia giudiziaria, riferita agli operatori, o di ufficiale di polizia giudiziaria, riferita ai responsabili del servizio o del Corpo e agli addetti al coordinamento e al controllo, ai sensi dell'articolo 221, terzo comma, del codice di procedura penale;
b) servizio di polizia stradale, ai sensi dell'articolo 137 del testo unico delle norme sulla circolazione stradale approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393;
c) funzioni ausiliarie di pubblica sicurezza ai sensi dell'articolo 3 della presente legge.
2. A tal fine il prefetto conferisce al suddetto personale, previa comunicazione del sindaco, la qualità di agente di pubblica sicurezza, dopo aver accertato il possesso dei seguenti requisiti:
a) godimento dei diritti civili e politici;
b) non aver subito condanna a pena detentiva per delitto non colposo o non essere stato sottoposto a misura di prevenzione;
c) non essere stato espulso dalle Forze armate o dai Corpi militarmente organizzati o destituito dai pubblici uffici.
3. Il prefetto, sentito il sindaco, dichiara la perdita della qualità di agente di pubblica sicurezza qualora accerti il venir meno di alcuno dei suddetti requisiti.
4. Nell'esercizio delle funzioni di agente o di ufficiale di polizia giudiziaria e di agente di pubblica sicurezza, il personale di cui sopra, messo a disposizione dal sindaco, dipende operativamente dalla competente autorità giudiziaria o di pubblica sicurezza nel rispetto di eventuali intese fra le dette autorità e il sindaco.
5. Gli addetti al servizio di polizia municipale ai quali è conferita la qualità di agente di pubblica sicurezza portano, senza licenza, le armi, di cui possono essere dotati in relazione al tipo di servizio nei termini e nelle modalità previsti dai rispettivi regolamenti, anche fuori dal servizio, purché nell'ambito territoriale dell'ente di appartenenza e nei casi di cui all'articolo 4. Tali modalità e casi sono stabiliti, in via generale, con apposito regolamento approvato con decreto del Ministro dell'interno, sentita l'Associazione nazionale dei comuni d'Italia. Detto regolamento stabilisce anche la tipologia, il numero delle armi in dotazione e l'accesso ai poligoni di tiro per l'addestramento al loro uso.
Art. 300
Corpo di polizia municipale e regolamento comunale sullo stato giuridico del personale Art. 7, legge n. 65/1986

1. I comuni nei quali il servizio di polizia municipale sia espletato da almeno sette addetti possono istituire il Corpo di polizia municipale, disciplinando lo stato giuridico del personale con apposito regolamento, in conformità ai principi contenuti nella legge 29 marzo 1983, n. 93.
2. Il regolamento di cui al precedente comma 1 stabilisce:
1) il contingente numerico degli addetti al servizio, secondo criteri di funzionalità e di economicità, in rapporto al numero degli abitanti del comune e ai flussi della popolazione, alla estensione e alla morfologia del territorio, alle caratteristiche socio-economiche della comunità locale;
2) il tipo di organizzazione del Corpo, tenendo conto della densità della popolazione residente e temporanea, della suddivisione del comune stesso in circoscrizioni territoriali e delle zone territoriali costituenti aree metropolitane.
3. I comuni definiscono con regolamento l'ordinamento e l'organizzazione del Corpo di polizia municipale. L'ordinamento si articola di norma in:
a) responsabile del Corpo (comandante);
b) addetti al coordinamento e al controllo;
c) operatori (vigili).
4. L'organizzazione del Corpo deve essere improntata al principio del decentramento per circoscrizioni o per zone ed al criterio che le dotazioni organiche per singole qualifiche devono essere stabilite in modo da assicurare la funzionalità e l'efficienza delle strutture del Corpo.
5. Nel caso di costituzione di associazione, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, il relativo atto costitutivo disciplinerà l'adozione del regolamento di cui al presente articolo, fissandone i contenuti essenziali.
Art. 301
Titoli di studio Art. 8, legge n. 65/1986

I titoli di studio per l'accesso alle qualifiche previste dalla presente legge sono stabilite in sede di accordo nazionale per i dipendenti degli enti locali.
Art. 302
Comandante del Corpo di polizia municipale Art. 9, legge n. 65/1986

1. Il comandante del Corpo di polizia municipale è responsabile verso il sindaco dell'addestramento, della disciplina e dell'impiego tecnico-operativo degli appartenenti al Corpo.
2. Gli addetti alle attività di polizia municipale sono tenuti ad eseguire le direttive impartite dai superiori gerarchici e dalle autorità competenti per i singoli settori operativi, nei limiti del loro stato giuridico e delle leggi.
Art. 303
Trattamento economico del personale di polizia municipale Art. 10, legge n. 65/1986

1. Gli addetti al servizio di polizia municipale sono inquadrati in livelli retributivi determinati in relazione alle funzioni attribuite.
2. Le indennità attualmente previste dall'articolo 26, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1983, n. 347, in sede di accordo nazionale e secondo le procedure della legge 29 marzo 1983, n. 93, possono essere elevate fino al limite massimo dell'ottanta per cento dell'indennità di cui all'articolo 43, terzo comma, della legge 1 aprile 1981, n. 121, per coloro ai quali sia attribuito l'esercizio di tutte le funzioni di cui all'articolo 5 della presente legge. L'aumento non compete al personale comandato o collocato in posizione che non comporti l'effettivo espletamento delle anzidette funzioni.
3. L'indennità di cui all'articolo 26, quarto comma, lettera f), del decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1983, n. 347, non è cumulabile con qualsiasi altra indennità.
Art. 304
Comunicazione dei regolamenti comunali Art. 11, legge n. 65/1986

I regolamenti comunali previsti dalla presente legge debbono essere comunicati al Ministero dell'interno per il tramite del commissario del Governo.
Art. 305
Applicazione ad altri enti locali Art. 12, legge n. 65/1986

1. Gli enti locali diversi dai comuni svolgono le funzioni di polizia locale di cui sono titolari, anche a mezzo di appositi servizi; a questi si applicano le disposizioni di cui agli articoli 2, 6, 8, 11, 13 e 14 della presente legge, sostituendo al comune ed ai suoi organi l'ente locale e gli organi corrispondenti.
2. E' altresì applicabile il disposto dell'articolo 10, comma 2, della presente legge in favore del personale di vigilanza, in relazione alle funzioni di cui al precedente articolo 5 effettivamente svolte.
Sezione II DISPOSIZIONI REGIONALI
Art. 306
Finalità Art. 2, legge regionale n. 17/1990

1. La Regione siciliana persegue il costante miglioramento del servizio di polizia locale e detta norme per:
a) promuovere la formazione, l'addestramento e la qualificazione professionale degli operatori della polizia municipale;
b) promuovere e coordinare gli interventi degli enti locali in materia di protezione civile a mezzo delle forze di polizia municipale;
c) favorire, nel territorio della Regione, l'uniformità dell'ordinamento, dell'organizzazione e della gestione dei servizi di polizia municipale;
d) prevedere l'adeguamento dei mezzi e delle strutture necessarie per l'espletamento dei servizi di istituto della polizia municipale.
Art. 307
Servizio di polizia municipale Art. 3, legge regionale n. 17/1990

1. Per lo svolgimento dei compiti di polizia locale che gli sono demandati dalle leggi, il comune si avvale del servizio di polizia municipale.
2. Il servizio di polizia municipale dipende funzionalmente dal sindaco o dall'assessore dallo stesso delegato che impartisce al comandante del corpo, di cui all'articolo 6, le opportune direttive.
3. Ove si renda necessario coordinare l'impiego delle forze di polizia dipendenti dal comune con quelle degli altri enti locali, con le forze di polizia dello Stato o con i corpi e le organizzazioni della protezione civile, il sindaco promuove le opportune intese, secondo le modalità di cui all'articolo 3 della legge 7 marzo 1986, n. 65, ed impartisce direttive attraverso il comandante del corpo.
4. Il comandante del corpo determina le modalità operative nel rispetto delle direttive impartite dal sindaco, in modo da assicurare agli organi dello Stato e degli altri enti rispettivamente competenti il necessario supporto operativo della polizia municipale nell'assolvimento dei compiti di istituto.
5. La predetta collaborazione è prestata per specifiche operazioni rientranti tra le attribuzioni proprie del comune e su motivata richiesta delle autorità competenti.
Art. 308
Compiti del personale addetto al servizio di polizia municipale Art. 4, legge regionale n. 17/1990

1. Fermi restando i compiti e le attribuzioni previste dagli articoli 3 e 5 della legge 7 marzo 1986, n. 65, alle funzioni di polizia municipale attengono:
a) l'espletamento dei compiti di polizia amministrativa attribuiti agli enti locali;
b) la tutela del patrimonio, comprese le funzioni che non siano attribuite ad altri enti ed istituzioni;
c) l'assolvimento degli incarichi di informazione, raccolta di notizie, accertamento e rilevazione nei casi previsti da leggi o da regolamenti;
d) i servizi d'ordine, di vigilanza e di scorta necessari per l'espletamento delle attività e dei compiti istituzionali degli enti di appartenenza;
e) la cooperazione nel servizio e nelle operazioni di protezione civile demandati all'ente di appartenenza;
f) lo svolgimento di ogni altro compito e l'esercizio di ogni altro potere secondo le leggi ed i regolamenti.
Art. 309
Collaborazione fra gli enti locali nell'espletamento dei servizi di polizia municipale Art. 5, legge regionale n. 17/1990

1. I comuni con territorio contiguo possono stabilire forme associate di gestione di alcuni o di tutti i servizi di polizia municipale, quando tali forme siano convenienti per efficienza ed economicità.
2. Apposita convenzione tra i comuni regolamenterà: i servizi associati, il loro ambito territoriale e le modalità di svolgimento, i compiti del personale addetto, gli apporti finanziari, di mezzi e di personale di ciascun ente locale, la dipendenza gerarchica e funzionale del personale e dei servizi associati.
3. I comuni possono altresì stabilire intese per la gestione di particolari servizi di polizia municipale che abbiano carattere di ricorrenza, di stagionalità o di occasionalità.
4. Nei casi previsti dai commi 1, 2 e 3 vengono corrisposti al personale indennità e rimborsi, nella misura stabilita dalle vigenti leggi, da porre a carico dei comuni beneficiari dei servizi medesimi.
Art. 310
Corpo di polizia municipale Art. 6, legge regionale n. 17/1990

1. Il servizio di polizia municipale, quando abbia almeno sette addetti, può essere organizzato in corpo di polizia municipale.
2. Il comandante del corpo di polizia municipale è alle dirette dipendenze funzionali ed amministrative del sindaco o dell'assessore all'uopo delegato verso il quale è responsabile della disciplina e dell'impiego tecnico-operativo degli appartenenti al corpo o al servizio.
3. Il comandante del corpo di polizia municipale, in relazione all'articolo 9 della legge 7 marzo 1986, n. 65, è collocato al livello apicale dell'ente di appartenenza.
Art. 311
Circoscrizioni di polizia municipale Art. 7, legge regionale n. 17/1990

1. Nei comuni ripartiti in quartieri o che abbiano frazioni geografiche l'organizzazione del corpo assume forme decentrate per circoscrizioni.
2. Ogni circoscrizione di polizia municipale può comprendere più quartieri amministrativi.
3. All'interno di ogni circoscrizione possono essere costituiti quartieri di polizia municipale per maggiori esigenze di vigilanza connesse a particolari problemi di flusso veicolare, di elevati indici di insediamento urbano, esercizi commerciali e strutture pubbliche, o in genere per particolari condizioni ambientali e sociali del quartiere.
4. L'assegnazione dei mezzi e del personale al corpo di polizia municipale e alle sue unità decentrate è strettamente commisurata alle effettive esigenze secondo appositi parametri che a tal fine sono predisposti dal comitato tecnico di cui all'articolo 12.
Art. 312
Vigili di quartiere Art. 8, legge regionale n. 17/1990

1. In tutti i comuni il servizio di vigilanza può essere esercitato per mezzo dei vigili di quartiere.
2. Nel quartiere e nelle vie che gli sono affidati, il vigile di quartiere: collabora con i cittadini nei rapporti con le autorità e gli uffici; richiede la collaborazione dei cittadini per l'ordine ed il decoro della convivenza civile e per il miglioramento delle condizioni ambientali della zona di sua pertinenza; si fa portavoce presso l'amministrazione comunale delle esigenze e dei problemi locali; vigila per l'ordinato e decoroso svolgimento delle attività del quartiere; previene e reprime le infrazioni in materia di igiene, occupazione del suolo pubblico, circolazione stradale, abusivismo commerciale ed edilizio e tutela dell'ambiente, nonché ogni altra infrazione alle leggi, ai regolamenti, alle ordinanze e ad ogni altra disposizione comunale.
Art. 313
Regolamento comunale Art. 9, legge regionale n. 17/1990

1. In aggiunta a quanto previsto dall'articolo 4 della legge 7 marzo 1986, n. 65, e nei limiti della legislazione vigente e dei contratti nazionali di lavoro, il regolamento comunale:
a) stabilisce l'ordinamento e l'organizzazione del corpo o del servizio di polizia municipale;
b) determina l'organico, le qualifiche e i profili professionali degli addetti;
c) detta norme sulla gerarchia, la disciplina e i relativi obblighi e sul comportamento degli addetti;
d) indica le modalità di svolgimento dei servizi di istituto;
e) determina le forme e le modalità di decentramento del corpo di polizia municipale, stabilendo, eventualmente, quali servizi, per le loro caratteristiche, non possono essere oggetto di decentramento;
f) stabilisce l'obbligo dell'uniforme e le eventuali deroghe;
g) indica le modalità di svolgimento del servizio armato secondo le direttive del Ministro dell'interno;
h) stabilisce criteri di rotazione obbligatoria per tutto il personale dei vari servizi, tenendo anche conto dell'anzianità e della professionalità.
2. Il comune può costituire un fondo per le minute spese di gestione e di manutenzione degli impianti e delle attrezzature del corpo e del servizio, stabilendo contestualmente le relative norme di gestione contabile.
3. Il regolamento comunale del servizio di polizia municipale deve essere approvato dai rispettivi consigli comunali entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, secondo lo schema predisposto dall'Assessorato regionale degli enti locali.
4. Ove i comuni non adempiano entro il suddetto termine, provvede in via sostitutiva e senza preventiva diffida l'Assessore regionale per gli enti locali.
Art. 314
Divise e gradi Art. 10, legge regionale n. 17/1990

1. L'Assessore regionale per gli enti locali, con proprio decreto, sentito il comitato di cui all'articolo 12, determina le caratteristiche delle uniformi e dei distintivi di qualifica e di anzianità degli addetti al servizio di polizia municipale, escludendo ogni stretta somiglianza con le uniformi e i distintivi delle forze e dei corpi armati dello Stato.
Art. 315
Centro regionale di formazione per la polizia municipale Art. 11, legge regionale n. 17/1990

1. Per la formazione, l'addestramento e l'aggiornamento professionale degli appartenenti alla polizia municipale della Sicilia, nonché per compiti di studio e ricerca, l'Assessore regionale per gli enti locali istituisce, quale organismo dell'Assessorato, il Centro regionale di formazione per la polizia municipale.
2. Il Centro tiene corsi per l'addestramento e la formazione professionale del personale di nuova assunzione e per la qualificazione superiore dei funzionari dei corpi di polizia municipale.
3. Il Centro, inoltre, tiene e organizza, anche in sedi decentrate, corsi per l'aggiornamento del personale già in servizio.
4. Per tutte le spese di gestione e di funzionamento, il Centro è dotata di un fondo finanziato in base all'articolo 15.
5. Il Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali, sentita la Commissione legislativa per gli affari istituzionali dell'Assemblea regionale siciliana, approva con proprio decreto lo statuto del Centro nel quale sono specificati la struttura, gli organi e le funzioni ed è altresì determinato il contingente numerico, distinto per qualifica, di personale appartenente ai ruoli della Regione da utilizzare per il relativo funzionamento.
6. Uno speciale regolamento, approvato con decreto dell'Assessore regionale per gli enti locali, stabilisce le norme per l'organizzazione e la gestione del Centro sotto l'aspetto tecnico, amministrativo, contabile e del personale.
7. Il responsabile del Centro presenta annualmente una relazione all'Assessore regionale per gli enti locali sull'attività svolta.
8. L'Assessore regionale per gli enti locali vigila sul buon andamento del Centro e propone al Presidente della Regione, quando ne ravvisi giusti motivi, lo scioglimento degli organi o la sostituzione dei singoli componenti.
9. Il Centro regionale di formazione per la polizia municipale dovrà essere istituito entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge.
Art. 316
Comitato tecnico regionale per la polizia municipale Art. 12, legge regionale n. 17/1990

1. Presso l'Assessorato regionale degli enti locali è istituito il Comitato tecnico regionale per la polizia municipale.
2. Il Comitato è nominato dal Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore per gli enti locali, per la durata di un quinquennio, ed è composto:
a) dall'Assessore regionale per gli enti locali, che lo presiede;
b) dal direttore regionale degli enti locali, che può essere delegato a presiederlo;
c) da quattro esperti in materia di polizia municipale di cui almeno due scelti tra i comandanti ed ufficiali dei corpi di polizia municipale;
d) da tre rappresentanti degli enti locali designati dall'ANCI Regione;
e) da un rappresentante delle amministrazioni Provinciali designato dall'U.P.S.;
f) da cinque rappresentanti delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative e firmatarie dei contratti nazionali, scelti tra personale in servizio nei corpi o servizi dei vigili urbani;
g) dal dirigente del gruppo di lavoro competente dell'Assessorato regionale degli enti locali.
3. Svolge le funzioni di segretario un funzionario dell'Assessorato regionale degli enti locali con qualifica non inferiore ad assistente.
4. Il Comitato:
a) esprime parere nei casi previsti dalla presente legge e ogni qualvolta lo richieda l'Assessore regionale per gli enti locali;
b) promuove studi ed iniziative e formula suggerimenti per il miglioramento del servizio di polizia municipale;
c) esamina la relazione annuale del responsabile del Centro di polizia municipale e formula eventuali osservazioni e proposte.
5. Con decreto del Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali, sono stabiliti i compensi e i rimborsi spese per i componenti del Comitato in conformità delle disposizioni regionali vigenti in materia.
Art. 317
Fondo per il miglioramento dei servizi Art. 13, legge regionale n. 17/1990

1. Al fine di consentire il miglioramento dell'efficienza dei servizi di polizia municipale e di promuovere la crescita professionale degli addetti è istituito nel bilancio della Regione un fondo per il miglioramento dei servizi di polizia municipale.
2. La Regione è autorizzata a concedere un contributo, determinato sulla base del corrispondente onere finanziario, ai comuni che abbiano deliberato ai sensi del comma 1 un piano di miglioramento dell'efficienza dei servizi ed abbiano contestualmente previsto l'erogazione, a favore degli addetti di polizia municipale che partecipino alla realizzazione del piano e svolgano le funzioni di cui all'articolo 5 della legge 7 marzo 1986, n. 65, di un'indennità pari alla parte eccedente gli importi previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 13 maggio 1987, n. 268, e successive modificazioni ed integrazioni, relativi all'indennità di cui all'articolo 10 della citata legge n. 65 del 1986.
3. E' escluso dalla partecipazione al piano di miglioramento della efficienza dei servizi il personale comandato o collocato in posizione che non comporti l'effettivo espletamento delle funzioni di cui all'articolo 5 della legge 7 marzo 1986, n. 65.
Art. 318
Art. 1, legge regionale 12 gennaio 1993, n. 8

1. L'incentivo economico previsto dal comma 2 dell'articolo 7 della legge regionale 15 maggio 1991, n. 21, si intende attribuito anche al personale addetto ai servizi di polizia municipale al quale è stata già riconosciuta l'indennità prevista dall'articolo 13 della legge regionale 1 agosto 1990, n. 17 ed in aggiunta alla stessa.
Capo VII PERSONALE TECNICO PER L'ISTRUTTORIA DELLE DOMANDE DI SANATORIA EDILIZIA
Art. 319
Personale tecnico per l'istruttoria delle domande di sanatoria edilizia Art. 10, legge regionale 8 settembre 2003, n. 13

1. Al personale in atto in servizio, assunto ai sensi dell'articolo 30 della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37, così come sostituito dall'articolo 14 della legge regionale 15 maggio 1986, n. 26, il cui rapporto di lavoro è stato trasformato a tempo indeterminato per effetto dell'articolo 1, comma 1, della legge regionale 12 gennaio 1993, n. 9, si continua ad applicare il contratto collettivo nazionale di lavoro delle stesse amministrazioni, ivi compresa la progressione economica orizzontale e verticale.
Capo VIII INCENTIVI PER LA PROGETTAZIONE
Art. 320
Incentivi e spese per la progettazione Art. 18, legge n. 109/1994, coordinata con le norme recate dall'art. 1 della legge regionale n. 20/2007 e con le vigenti leggi regionali di modifica, sostituzione ed integrazione in materia (art. 13, legge regionale n. 7/2002, art. 12, legge regionale n. 7/2003, art. 76, legge regionale n. 20/2003 e art. 1, legge regionale n. 20/2007)

1. Una somma non superiore all'1,5 per cento dell'importo posto a base di gara di un'opera o di un lavoro, a valere direttamente sugli stanziamenti di cui all'articolo 16, comma 7, è ripartita, per ogni singola opera o lavoro, con le modalità ed i criteri previsti in sede di contrattazione decentrata e fissati da ciascun ente in un regolamento, tra il responsabile unico del procedimento e gli incaricati della redazione del progetto, del piano della sicurezza, della direzione dei lavori, del collaudo nonché tra i loro collaboratori. Per le attività di cui al presente comma, svolte dagli uffici centrali e periferici della Regione, i criteri di ripartizione delle somme e la percentuale effettiva sono stabiliti, previa contrattazione decentrata, con decreto dell'Assessore regionale competente. Il decreto di ripartizione emanato dall'Assessore regionale per i lavori pubblici costituisce linee guida per l'Amministrazione regionale. La percentuale effettiva, nel limite massimo dell'1,5 per cento, è stabilita dal regolamento in rapporto all'entità e alla complessità dell'opera da realizzare. La ripartizione tiene conto delle responsabilità professionali connesse alle specifiche prestazioni da svolgere. Le quote parti della predetta somma corrispondenti a prestazioni che non sono svolte dai predetti dipendenti, in quanto affidate a personale esterno all'organico dell'amministrazione medesima, costituiscono economie. I commi quarto e quinto dell'articolo 62 del regolamento approvato con regio decreto 23 ottobre 1925, n. 2537, sono abrogati. I soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, lettera b), possono adottare con proprio provvedimento analoghi criteri.
1-bis. Nell'importo dei progetti relativi ad opere marittime e portuali e ad interventi sugli immobili demaniali in uso o di proprietà regionale, finanziati dalla Regione, redatti dagli organismi ed uffici di cui all'articolo 17, comma 1, lettera c), e dagli uffici tecnici delle stazioni appaltanti, è previsto, tra le somme a disposizione dell'amministrazione:
a) l'aliquota fino all'1 per cento sull'importo dei lavori a base d'asta che viene utilizzata per indennità di missione e di viaggio, per rilievi ed attrezzature, per spese di funzionamento e di gestione ivi comprese le spese postali, telefoniche, telegrafiche e per la riproduzione di elaborati progettuali. Qualora gli interventi progettuali siano localizzati nelle isole minori, la predetta aliquota può essere maggiorata fino al 100 per cento;
b) l'importo delle prestazioni di lavoro straordinario del personale addetto all'assistenza in cantiere;
c) l'importo delle attrezzature per l'attività del responsabile del procedimento.
2. Il 30 per cento della tariffa professionale relativa alla redazione di un atto di pianificazione comunque denominato è ripartito, con le modalità ed i criteri previsti al comma 1, tra i dipendenti dell'amministrazione aggiudicatrice che lo abbiano redatto tenendo conto del grado di responsabilità professionale assunta.
2.1. Il 25 per cento delle somme di cui ai precedenti commi è assegnato al responsabile unico del procedimento, in considerazione dell'importanza delle sue funzioni e delle responsabilità assunte.
2-bis. A valere sugli stanziamenti iscritti nei capitoli delle categorie X e XI del bilancio dello Stato, le amministrazioni competenti destinano una quota complessiva non inferiore al 10 per cento del totale degli stanziamenti stessi alle spese necessarie alla stesura dei progetti preliminari, nonché dei progetti definitivi ed esecutivi, incluse indagini geologiche e geognostiche, studi di impatto ambientale od altre rilevazioni, alla stesura dei piani di sicurezza e di coordinamento e dei piani generali di sicurezza quando previsti ai sensi del decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494, e agli studi per il finanziamento dei progetti, nonché all'aggiornamento ed adeguamento alla normativa sopravvenuta dei progetti già esistenti d'intervento di cui sia riscontrato il perdurare dell'interesse pubblico alla realizzazione dell'opera. Analoghi criteri adottano per i propri bilanci le regioni e le province autonome, qualora non vi abbiano già provveduto, nonché i comuni e le province e i loro consorzi. Per le opere finanziate dai comuni, province e loro consorzi e dalle regioni attraverso il ricorso al credito, l'istituto mutuante è autorizzato a finanziare anche quote relative alle spese di cui al presente articolo, sia pure anticipate dall'ente mutuatario.
2-ter. I pubblici dipendenti che abbiano un rapporto di lavoro a tempo parziale non possono espletare, nell'ambito territoriale dell'ufficio di appartenenza, incarichi professionali per conto di pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, se non conseguenti ai rapporti d'impiego.
2-quater. E' vietato l'affidamento di attività di progettazione, direzione lavori, collaudo, indagine e attività di supporto a mezzo di contratti a tempo determinato od altre procedure diverse da quelle previste dalla presente legge.
Art. 321
Applicazione di norme Art. 2, legge regionale 29 novembre 2005, n. 16

(omissis)
2. Il comma 29 dell'articolo 3 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, si applica nel territorio della Regione sostituendo le parole "enti locali" con le parole "i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a) della legge 11 febbraio 1994, n. 109, come introdotto dalla legge regionale 2 agosto 2002, n. 7 e successive modifiche ed integrazioni".
3. Le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 9, della presente legge ed al comma 2 del presente articolo si applicano solo per le opere per le quali non è stato ancora presentato progetto definitivo.
Art. 322
Disposizioni in materia di oneri sociali e di personale e per il funzionamento di amministrazioni ed enti pubblici Art. 3, legge 24 dicembre 2003, n. 350

29. I compensi che gli enti locali, ai sensi dell'articolo 18 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, ripartiscono, a titolo di incentivo alla progettazione, nella misura non superiore al 2 per cento dell'importo a base di gara di un'opera o di un lavoro, si intendono al lordo di tutti gli oneri accessori connessi alle erogazioni, ivi compresa la quota di oneri accessori a carico degli enti stessi.
Capo IX LAVORATORI SOCIALMENTE UTILI
Sezione I MISURE PER LA STABILIZZAZIONE DEL PERSONALE PRECARIO
Art. 323
Stabilizzazione di lavoratori impegnati in attività socialmente utili Art. 1, legge regionale 14 aprile 2006, n. 16

1. La Regione promuove e sostiene con misure concorrenti straordinarie l'attivazione di politiche del lavoro finalizzate ad ampliare la base produttiva per creare nuove opportunità occupazionali in favore dei soggetti destinatari del regime transitorio dei lavori socialmente utili, così come definito dall'articolo 4 della legge regionale 26 novembre 2000, n. 24 e successive modifiche ed integrazioni, utilizzati nelle predette attività alla data di entrata in vigore della presente legge, così di seguito distinti:
a) soggetti prioritari di cui alla legge regionale 21 dicembre 1995, n. 85 e successive modifiche ed integrazioni;
b) gli altri lavoratori destinatari del regime transitorio dei lavori socialmente utili, così come definito dall'articolo 4 della legge regionale 26 novembre 2000, n. 24.
2. Per le finalità di cui al comma 1, l'Assessore regionale per il lavoro, la previdenza sociale, la formazione professionale e l'emigrazione, sentita la Commissione regionale per l'impiego, emana, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, direttive per l'individuazione dei soggetti di cui alla lettera a), comma 1, quali beneficiari di dote finanziaria per la stipula di contratti di diritto privato ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2 della legge regionale 31 marzo 2001, n. 2, nel limite delle risorse assegnate al fondo unico per il precariato di cui all'articolo 71 della legge regionale 28 dicembre 2004, n. 17.
3. La Giunta regionale, su proposta dell'Assessore regionale per il lavoro, la previdenza sociale, la formazione professionale e l'emigrazione, sentita la Commissione regionale per l'impiego, con deliberazione da adottarsi entro il 31 marzo 2007, approva un programma regionale di stabilizzazione dei soggetti di cui alla lettera b), comma 1 e dei soggetti utilizzati ai sensi dell'articolo 25 della legge regionale 29 dicembre 2003, n. 21.
Art. 324
Elenco speciale dei destinatari dei benefici previsti in favore dei lavoratori provenienti dal bacino dei lavori socialmente utili Art. 2, legge regionale n. 16/2006

1. Al fine di erogare i benefici e gli incentivi previsti dalla vigente normativa in favore dei soggetti destinatari del regime transitorio dei lavori socialmente utili, presso l'Assessorato regionale del lavoro, della previdenza sociale, della formazione professionale e dell'emigrazione è istituito, su base provinciale, l'elenco speciale dei soggetti destinatari di detti benefici in cui confluiscono:
a) i lavoratori destinatari del regime transitorio dei lavori socialmente utili così come definito dall'articolo 4 della legge regionale 26 novembre 2000, n. 24, in costanza di utilizzazione nelle predette attività;
b) i lavoratori assunti con contratti di lavoro a termine a seguito di processi di stabilizzazione di soggetti destinatari del regime transitorio dei lavori socialmente utili, così come definito dall'articolo 4 della legge regionale 26 novembre 2000, n. 24, in costanza di rapporto di lavoro;
c) i lavoratori di cui ai commi 4 e 5 dell'articolo 2 della legge regionale 1 febbraio 2006, n. 4, destinatari del regime transitorio dei lavori socialmente utili, così come definito dall'articolo 4 della legge regionale 26 novembre 2000, n. 24.
Art. 325
Disposizioni in materia di assunzioni Art. 3, legge regionale n. 16/2006

1. Al fine di garantire specifiche esigenze istituzionali, le disposizioni di cui all'articolo 77, comma 1, della legge regionale 28 dicembre 2004, n. 17, continuano a trovare applicazione per l'anno 2006, in conformità al piano triennale per le assunzioni, nel rispetto del patto di stabilità nazionale e regionale e dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri 15 febbraio 2006, in attuazione dell'articolo 1, commi 93 e 98, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.
2. Ai fini del concorso alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2006-2008, ai sensi dell'articolo 1, comma 198, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, gli enti locali calcolano il complesso delle spese di personale al netto di quelle previste al comma 199 del suddetto articolo 1 ed al netto delle spese per i lavoratori socialmente utili stabilizzati dopo l'1 gennaio 2004.
Art. 326
Contratti di diritto privato Art. 4, legge regionale n. 16/2006

1. (omissis).
2. I benefici di cui al comma 1 si applicano alle società partecipate dallo Stato, dalla Regione o dagli enti locali territoriali o istituzionali, nonché agli enti ed aziende da questi dipendenti o comunque sottoposti a vigilanza aventi finalità di stabilizzazione di soggetti di cui alle lettere a) e b) dell'articolo 1. Gli interventi di cui al presente comma sono subordinati al rispetto delle vigenti normative comunitarie in materia di aiuti di Stato nonché alla definizione delle procedure di cui all'articolo 88, paragrafi 2 e 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea. I singoli regimi di aiuto possono essere notificati separatamente alla Commissione europea.
3. Il contributo erogato dalla Regione, ai sensi dell'articolo 12 della legge regionale 21 dicembre 1995, n. 85, per i contratti di diritto privato con rapporto di lavoro a tempo parziale a 24 ore, finanziati successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge, è pari:
a) al 90 per cento per i comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti;
b) all'80 per cento per i comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti;
c) al 100 per cento per i consorzi di bonifica, le ASI e le camere di commercio.
(omissis)
7. L'Assessore regionale per il lavoro, la previdenza sociale, la formazione professionale e l'emigrazione, in base ai criteri stabiliti dalla Commissione regionale per l'impiego, emana direttive inerenti le modalità di individuazione dei lavoratori che all'interno dell'ente beneficiano dell'estensione temporale del contratto di lavoro, dando priorità ai soggetti già utilizzati dal medesimo ente.
8. Per l'espletamento delle funzioni attribuite ai sensi dell'articolo 108 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 e successive modificazioni, inerenti l'organizzazione del servizio di protezione civile nella Regione e nei limiti dell'autorizzazione finanziaria disposta dall'articolo 1 della legge 21 dicembre 1991, n. 433, l'Assessore regionale con delega alla Protezione civile è autorizzato a stipulare contratti di diritto privato secondo le modalità di cui all'articolo 7, comma 1 quinquies del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279, convertito con modificazioni nella legge 11 dicembre 2000, n. 365, con il personale che abbia prestato servizio entro la data del 31 dicembre 2005 e abbia operato per attività della sala operativa SORIS di protezione civile o per attività connesse alla medesima.
Art. 327
Proroga di termini. Concorsi pubblici e assunzioni Art. 5, legge regionale n. 16/2006

1. I termini previsti per le riserve, le priorità, le precedenze e preferenze in favore dei lavoratori destinatari del regime transitorio dei lavori socialmente utili per i concorsi pubblici e per le assunzioni sono prorogati fino al 31 dicembre 2007.
2. Le disposizioni di cui al presente articolo trovano applicazione in favore dei soggetti individuati nell'articolo 2.
3. Ferme restando le disposizioni generali in materia di concorsi e di assunzioni ed in particolare quelle afferenti ai limiti delle riserve dei posti per l'accesso ai pubblici impieghi, limitatamente alle sole quote riservate ai soggetti di cui al comma 1, tutti gli enti tenuti ad applicare le suddette riserve, per la copertura dei posti della propria dotazione organica, provvedono a redigere, ogniqualvolta dovessero rendersi vacanti, una graduatoria per titoli, in relazione ai requisiti professionali posseduti alla data della selezione medesima.
4. La graduatoria di cui al comma 3 è redatta in base alle direttive emanate dall'Assessore regionale per il lavoro, la previdenza sociale, la formazione professionale e l'emigrazione, su conforme deliberazione della Commissione regionale per l'impiego, tenendo conto delle seguenti priorità:
a) utilizzazione in attività socialmente utili, sussistenza di un rapporto di lavoro a termine presso l'ente nonché sussistenza di un rapporto di lavoro presso l'ente ai sensi del comma 2;
b) ordine cronologico della prima assegnazione ai lavori socialmente utili attestata dal competente centro per l'impiego;
c) carico familiare;
d) maggiore età.
5. Ciascun lavoratore è inserito, previa domanda, nelle graduatorie di più enti secondo le modalità stabilite nelle direttive di cui al comma 4.
6. L'Amministrazione regionale e gli enti soggetti a controllo e vigilanza della Regione impartiscono direttive alle società a prevalente capitale pubblico, ivi comprese quelle che gestiscono gli ambiti territoriali ottimali dei servizi idrico e rifiuti, partecipate dai predetti enti, al fine di favorire l'inserimento lavorativo dei soggetti di cui al comma 1. Nell'ambito di tali direttive sono individuati eventuali incentivi volti a favorire l'inserimento lavorativo dei soggetti di cui al comma 1.
Art. 328
Disposizioni ed incentivi in favore dei lavoratori destinatari del regime transitorio dei lavori socialmente utili finanziati con risorse dell'ente utilizzatore Art. 6, legge regionale n. 16/2006

1. Gli enti promotori di attività e misure non ricadenti nelle previsioni del fondo unico per il precariato di cui all'articolo 71 della legge regionale 28 dicembre 2004, n. 17, possono istituire, nell'ambito delle proprie attribuzioni, al fine di erogare i benefici e gli incentivi previsti dalla vigente normativa in favore dei soggetti destinatari del regime transitorio dei lavori socialmente utili, senza oneri a carico del predetto fondo, l'elenco speciale dei soggetti destinatari di detti benefici in cui confluiscono:
a) i lavoratori destinatari del regime transitorio dei lavori socialmente utili, in costanza di utilizzazione nelle predette attività;
b) i lavoratori assunti con contratti di lavoro a termine a seguito di processi di stabilizzazione di soggetti destinatari del regime transitorio dei lavori socialmente utili, in costanza di rapporto di lavoro;
c) i lavoratori di cui ai commi 4, 5 e 6 dell'articolo 2 della legge regionale 1 febbraio 2006, n. 4.
2. Qualora alla data di approvazione della presente legge, siano in atto piani di stabilizzazione in favore dei soggetti di cui all'articolo 1, comma 1, lettere a) e b), non ancora conclusi con atti definitivi da parte dei competenti organi istituzionali dei vari enti, è riconosciuta ai medesimi soggetti facoltà di scelta delle modalità di stabilizzazione che ritengano di maggiore tutela delle loro posizioni.
3. Per l'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1, l'Assessore regionale per il lavoro, la previdenza sociale, la formazione professionale e l'emigrazione, sentita la Commissione regionale per l'impiego, emana le conseguenti direttive applicative.
4. L'Assessorato regionale del lavoro, della previdenza sociale, della formazione professionale e dell'emigrazione, per le finalità di cui al comma 1, può concedere prioritariamente agli enti locali con popolazione inferiore a 50.000 abitanti e agli enti soggetti a controllo e vigilanza della Regione incentivi e contributi avvalendosi delle risorse comunitarie e statali destinate a politiche attive del lavoro.
5. La Regione adotta ulteriori misure di incentivazione per la stabilizzazione dei lavoratori a carico del Fondo nazionale per l'occupazione e rientranti nel regime transitorio dei lavori socialmente utili.
Art. 329
Inquadramenti contrattuali Art. 9, legge regionale n. 16/2006

1. Gli enti che hanno attuato le modifiche della natura dei contratti, ai sensi dell'articolo 25, comma 4, della legge regionale 29 dicembre 2003, n. 21, possono procedere alla trasformazione, in caso di assunzioni ai sensi dell'articolo 12, comma 4, del decreto legislativo 1 dicembre 1997, n. 468 e successive modifiche ed integrazioni, nonché di assunzioni ai sensi dell'articolo 78, comma 6, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, con inquadramenti in profili appartenenti alla fascia "B" del contratto collettivo di lavoro degli enti locali, in conformità al piano triennale per le assunzioni e nel rispetto del patto di stabilità nazionale e regionale e dei limiti previsti dalla vigente normativa statale.
Art. 330
Adeguamento contrattuale per l'anno 2006 Art. 11, legge regionale n. 16/2006

1. L'Assessorato regionale del lavoro, della previdenza sociale, della formazione professionale e dell'emigrazione può erogare, per l'anno 2006, nel limite delle risorse assegnate al fondo unico per il precariato di cui all'articolo 71 della legge regionale 28 dicembre 2004, n. 17, il contributo di cui all'articolo 4 per consentire l'elevazione a ventiquattro ore dei contratti di diritto privato ai soggetti di cui alla lettera a) dell'articolo 1, agli enti che ne facciano richiesta sulla scorta di esigenze istituzionali e previo assenso del contrattista.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si possono altresì applicare, nei limiti delle disponibilità finanziarie del fondo unico per il precariato di cui all'articolo 71 della legge regionale 28 dicembre 2004, n. 17, prioritariamente ai soggetti di cui alla legge regionale 21 dicembre 1995, n. 85 e successive modifiche ed integrazioni, ancorché stabilizzati attraverso contratti a termine. L'Assessore regionale per il lavoro, la previdenza sociale, la formazione professionale e l'emigrazione emana, sentita la Commissione regionale per l'impiego, direttive applicative del presente comma conferendo priorità:
a) ai lavoratori impegnati in attività socialmente utili alla data di entrata in vigore della presente legge;
b) ai soggetti titolari di contratto di diritto privato di cui agli articoli 11 e 12 della legge regionale 21 dicembre 1995, n. 85 e successive modifiche ed integrazioni;
c) ai lavoratori stabilizzati attraverso contratti a termine ai sensi dell'articolo 25 della legge regionale 29 dicembre 2003, n. 21.
3. I contratti di cui al presente articolo possono avere durata da sei mesi a cinque anni e possono essere confermati alla scadenza.
Sezione II DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 331
Finalità e soggetti beneficiari Art. 1, legge regionale 21 dicembre 1995, n. 85

1. La Regione, nell'ambito delle proprie competenze, e nel rispetto della vigente normativa statale e comunitaria, promuove e sostiene con misure straordinarie l'attivazione di politiche del lavoro finalizzate ad ampliare la base produttiva per creare nuove opportunità occupazionali.
2. Le misure di cui al comma 1 si applicano prioritariamente ai soggetti che abbiano partecipato, per periodi complessivamente non inferiori a centottanta giorni e in servizio alla data del 31 ottobre 1995, alla realizzazione dei progetti di utilità collettiva disciplinati dall'articolo 23 della legge 11 marzo 1988, n. 67 e successive modifiche ed integrazioni, al fine di recuperare e valorizzare le loro competenze e le loro capacità tecniche e professionali.
3. Le stesse misure trovano applicazione nei confronti di coloro che abbiano partecipato alla realizzazione di progetti di utilità collettiva in qualità di coordinatori in possesso dei requisiti di cui al presente articolo, iscritti nella prima classe delle liste di collocamento e che abbiano mantenuto tale requisito sin dall'atto della prima assunzione nei progetti, nonché ai coordinatori soci-lavoratori di cooperative con rapporto di lavoro a part-time, purché in possesso dei requisiti previsti dal presente articolo.
Art. 332
Costituzione delle società a partecipazione pubblica Art. 6, legge regionale n. 85/1995

1. La Regione, di intesa con la SPI S.p.A. e con la GEPI, anche per il tramite della NOVA S.p.A., è autorizzata ad adottare iniziative volte a favorire la costituzione di società a partecipazione pubblica che, per l'espletamento dei servizi pubblici loro affidati, procedano prioritariamente all'assunzione, anche con contratto a tempo parziale, dei soggetti indicati nell'articolo 1, commi 2 e 3.
2. I comuni, le province regionali, i consorzi di comuni e province e le altre forme associative proprie degli enti locali territoriali sono abilitati a promuovere e deliberare la costituzione delle società di cui al comma 1, secondo le modalità previste dalla normativa vigente.
3. La Regione, avvalendosi prioritariamente di società a partecipazione pubblica regionale, con esclusione delle società costituite ai sensi dell'articolo 2 della legge regionale 11 aprile 1981, n. 54, è autorizzata a promuovere e deliberare la costituzione, anche con partecipazione di minoranza, delle società di cui al comma 1, per l'espletamento dei seguenti servizi: custodia, conservazione e fruizione dei beni culturali; servizi socio - sanitari; custodia, manutenzione, tutela e fruizione dei beni ambientali ed in particolare dei parchi, riserve, oasi ed aree protette; altri servizi pubblici di competenza dell'Amministrazione regionale.
4. Gli enti ed istituti pubblici comunque denominati, sottoposti a vigilanza e/o tutela dell'Amministrazione regionale, con esclusione delle Aziende unità sanitarie locali, per l'espletamento dei servizi pubblici di loro competenza sono autorizzati a promuovere e deliberare la costituzione delle società di cui al comma 3 e la partecipazione al capitale delle società stesse, utilizzando a tal fine le somme stanziate nei propri bilanci anche attraverso apposito provvedimento di variazione.
5. Gli enti ed istituti pubblici comunque denominati, soggetti a controllo, vigilanza e/o tutela dell'Amministrazione regionale, sono autorizzati, altresì, a stipulare convenzioni con le società di cui al comma 1 per la gestione di servizi pubblici di loro competenza.
6. La Regione, ai fini della realizzazione delle iniziative di cui ai commi 1, 2 e 3, è autorizzata ad assumere a carico del proprio bilancio anche gli oneri occorrenti per la partecipazione delle amministrazioni e degli enti ivi previsti al capitale iniziale delle società indicate al comma 1, ferma restando ogni altra forma di partecipazione al capitale delle medesime società prevista dalla vigente normativa.
7. Con decreto del Presidente della Regione sono emanate le direttive occorrenti per l'attuazione dei commi 3 e 4, con particolare riguardo alla disciplina dei seguenti aspetti:
a)  principi cui debbono attenersi gli atti costitutivi delle società previste dal presente articolo al fine di garantire la nomina da parte degli enti pubblici di uno o più amministratori e sindaci;
b)  entità del capitale sociale delle costituende società e misura minima della partecipazione degli enti pubblici al capitale sociale, anche al fine di assicurare il diritto di richiedere la convocazione della assemblea;
c)  criteri di scelta dei possibili soci mediante procedimento di confronto concorrenziale, nel rispetto dei principi della normativa comunitaria e avuto riguardo alle capacità tecniche e finanziarie dei soci stessi;
d)  natura e contenuti dei rapporti intercorrenti tra enti pubblici e soggetti privati.
8. Con successivo decreto del Presidente della Regione sono emanate altresì le direttive concernenti la individuazione di forme di controllo dell'efficienza e della economicità dei servizi affidati alle società.
9. Resta ferma ogni altra forma di partecipazione al capitale delle società previste dal presente articolo ed in particolare quelle di cui al comma 9 dell'articolo 4 del decreto-legge 31 gennaio 1995, n. 26, convertito con modificazioni dalla legge 29 marzo 1995, n. 95.
Art. 333
Progetti di utilità collettiva: aree di intervento Art. 11, legge regionale n. 85/1995

1. Si possono proporre progetti di utilità collettiva nelle seguenti aree operative:
a) beni culturali e biblioteche pubbliche, con particolare riferimento a musei, gallerie regionali, soprintendenze, biblioteche regionali, comunali, private di interesse pubblico, sistemi bibliotecari territoriali e archivi storici comunali;
b) biblioteche e laboratori di ricerca universitaria; servizi di assistenza alla popolazione e all'alta formazione universitaria e diplomi universitari;
c) tutela del patrimonio forestale e ambientale: parchi e riserve naturali, aree protette, prevenzione antincendio, protezione civile, tutela del territorio (suolo, montagne, coste);
d) terziario verde: sicurezza ambientale e tutela dei parchi e giardini cittadini;
e) organizzazione regionale del lavoro (osservatori regionali del lavoro, uffici centrali e periferici dell'Amministrazione regionale del lavoro);
f) servizi alle imprese (accesso a bandi e risorse messe a disposizione dall'Unione europea e dalla legislazione nazionale di incentivo alla promozione occupazionale e alla creazione di nuove imprese), eurosportelli, sportelli - giovani;
g) servizi tecnici e ausiliari alle aziende ospedaliere, alle Aziende unità sanitarie locali e ai servizi di prevenzione sul territorio;
h) prevenzione, sicurezza e tutela della salute nei luoghi di lavoro;
i) assistenza sociale, animazione socio-culturale;
l) interventi a favore degli immigrati;
m) servizi degli enti locali, con priorità per quelli tecnici, ambientali ed informatici per i quali non siano previste apposite figure nelle piante organiche o le stesse risultino insufficienti;
n) custodia, manutenzione e gestione di beni ed attività derivanti dalle confische disposte ai sensi della vigente normativa antimafia;
o) servizi di integrazione, assistenza e prevenzione della dispersione scolastica, o comunque diretti al pieno conseguimento del diritto allo studio;
p) servizi turistici.
Art. 334
Progetti di utilità collettiva: modalità di realizzazione Art. 12, legge regionale n. 85/1995 (art. 21, legge regionale n. 30/1997 e art. 4, legge regionale n. 16/2006)

1. Possono proporre la realizzazione di progetti di utilità collettiva afferenti alle aree di intervento di cui all'articolo 11: l'Amministrazione regionale; le università siciliane; gli enti e le aziende sottoposti a controllo, tutela e vigilanza dell'Amministrazione regionale o da essa dipendenti; le fondazioni culturali e scientifiche alle quali la Regione corrisponda un contributo annuo; gli enti locali territoriali ed istituzionali comunque soggetti a controllo e vigilanza; le camere di commercio, industria ed artigianato; le aziende ospedaliere e le Aziende unità sanitarie locali.
2. Per la realizzazione dei progetti di cui all'articolo 11 i soggetti di cui al comma 1 stipulano convenzioni con imprese cooperative o altre società di persone previste dal codice civile, costituite esclusivamente da soggetti di cui all'articolo 1, commi 2 e 3. Possono altresì utilizzare con contratto di diritto privato a tempo determinato e/o parziale per la realizzazione di progetti di utilità collettiva i soggetti di cui all'articolo 1, commi 2 e 3, utilmente inseriti nelle graduatorie provinciali che gli Uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione (UPLMO) redigono entro sessanta giorni dalla data di entrata vigore della presente legge a seguito delle domande presentate da parte degli interessati ed in base al periodo di utilizzazione nei progetti di utilità collettiva in relazione al titolo di studio di avviamento ai progetti.
3. Possono procedere altresì alla stipula delle convenzioni di cui al comma 2:
a)  le società già costituite o da costituirsi ai sensi dell'articolo 3 della legge regionale 4 aprile 1995, n. 26;
b)  le società a partecipazione pubblica che, in conformità a quanto previsto dall'articolo 3 della legge regionale 4 aprile 1995, n. 26, saranno costituite per la gestione di pubblici servizi e/o per la realizzazione degli interventi di cui alla presente legge;
c)  le società di cui all'articolo 6;
che provvedano ad assumere ed a mantenere in servizio, anche con contratti di formazione - lavoro o con contratti a tempo parziale stipulati per un periodo non inferiore alla durata del progetto, prioritariamente soggetti tratti dalle graduatorie di cui al precedente comma 2.
4. Con decreto dell'Assessore regionale per il lavoro, la previdenza sociale, la formazione professionale e l'emigrazione, da emanarsi entro trenta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, vengono indicate le modalità per la presentazione e la valutazione dei progetti, nonché i criteri da seguire per la determinazione dell'onere finanziario.
5. Il trattamento economico dei soggetti di cui al comma 2 non può, comunque, essere inferiore al trattamento contrattuale part-time dei dipendenti dello stesso livello o qualifica funzionale dell'ente proponente.
6. Ferme restando le previsioni di cui all'articolo 3 della legge regionale 5 novembre 2001, n. 17, il 40 per cento della retribuzione derivante da rapporti contrattuali a tempo pieno ovvero il 90 per cento della retribuzione derivante da rapporti contrattuali a tempo parziale a 24 ore, ivi compresi gli oneri sociali, è a carico della Regione ed è erogato direttamente all'ente proponente tenuto a corrispondere la parte rimanente della retribuzione.
7. Nel caso di comuni dichiarati dissestati ovvero che lo siano stati nell'ultimo quinquennio il contributo della Regione di cui al comma 6 è elevato rispettivamente al 50 per cento e al 100 per cento.
8. I contratti di cui al presente articolo possono avere durata da uno a cinque anni e possono essere confermati alla scadenza.
9. L'Agenzia regionale per l'impiego svolge compiti di consulenza e supporto tecnico nei confronti degli enti proponenti ai fini della redazione dei progetti di utilità collettiva.
10. L'Assessore regionale per il lavoro, la previdenza sociale, la formazione professionale e l'emigrazione è autorizzato a finanziare con priorità progetti di cui all'articolo 1 del decreto-legge 2 ottobre 1995, n. 416, e successive aggiunte e modificazioni che prevedono l'impegno di soggetti che risultino utilizzati nei progetti di utilità collettiva ex articolo 23 della legge 11 marzo 1988, n. 67 e successive modifiche e proroghe che abbiano i requisiti di cui all'articolo 1, commi 2 e 3 della presente legge.
11. Ai fini di cui al comma 10 l'Agenzia regionale per l'impiego e la formazione può predisporre, anche d'intesa con le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, progetti di lavori socialmente utili.
12. I progetti di cui ai commi 10 e 11 devono essere presentati alla Commissione regionale per l'impiego entro il 31 dicembre 1995.
Art. 335
Iniziative di formazione Art. 13, legge regionale n. 85/1995

1. Gli enti e le amministrazioni di cui all'articolo 12 avranno cura di presentare iniziative di formazione professionale al fine di favorire l'elevazione dei livelli di professionalità e l'acquisizione di nuove professionalità aventi attinenza con i contenuti dei progetti di utilità collettiva.
Art. 336
Norme di recepimento di disposizioni dello Stato in materia di lavori socialmente utili Art. 4, legge regionale n. 24/2000 (art. 1, legge regionale n. 2/2001)

1. Al fine di favorire la collocazione lavorativa dei soggetti impegnati in lavori socialmente utili, le disposizioni contenute nell'articolo 1 della legge regionale 23 gennaio 1998, n. 3, nell'articolo 9, comma 1, della legge regionale 5 gennaio 1999, n. 4, e nell'articolo 9 della legge regionale 19 agosto 1999, n. 18, continuano a trovare applicazione anche a seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81.
2. Ai soggetti avviati sulla base di progetti finanziati dagli enti di cui all'articolo 11, comma 4, del decreto legislativo 1 dicembre 1997, n. 468, nonché parzialmente finanziati con oneri a carico del fondo per l'occupazione di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, si applicano le disposizioni statali così come integrate dal comma 1. Alla concessione dei benefici provvedono gli enti promotori o utilizzatori, assumendo a carico dei propri bilanci la spesa occorrente. L'Assessore regionale per il lavoro, la previdenza sociale, la formazione professionale e l'emigrazione è autorizzato a concedere i benefici di cui al presente comma in favore dei lavoratori impegnati in progetti di lavori socialmente utili finanziati con oneri a carico del bilancio regionale, nei limiti degli stanziamenti per il finanziamento di progetti di lavori socialmente utili, nonché delle risorse regionali, statali e comunitarie destinate a politiche attive del lavoro.
3. Al fine di favorire l'esternalizzazione dei servizi e l'occupazione stabile nel tempo dei soggetti impegnati nei progetti, le disposizioni statali che derogano alle procedure di evidenza pubblica previste per i soggetti ricadenti nell'ambito del regime transitorio di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 1 dicembre 1997, n. 468, e successive modifiche ed integrazioni, così come disciplinato dal comma 1, trovano applicazione anche ai lavoratori impegnati in progetti del piano straordinario di cui al decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 280, e nei piani di inserimento professionale di tipo "a" di cui all'articolo 10 della legge regionale 19 agosto 1999, n. 18, purché già approvati dalla Commissione regionale per l'impiego entro il 17 novembre 2000, data di approvazione della presente legge.
4. Per facilitare la stabilizzazione dell'occupazione dei soggetti impegnati in lavori socialmente utili l'Assessore regionale per il lavoro, la previdenza sociale, la formazione professionale e l'emigrazione è autorizzato ad erogare un contributo una tantum, pari al 20 per cento dell'importo dei mutui accesi dagli enti locali e, comunque, non superiore a 1.000 milioni, in forza delle disposizioni statali vigenti, legati ai costi di esternalizzazione di attività.
(omissis)
6. L'Assessore regionale per il lavoro, la previdenza sociale, la formazione professionale e l'emigrazione è autorizzato ad applicare le misure finalizzate alla fuoriuscita dai lavori socialmente utili prioritariamente a quei soggetti che sia alla data di presentazione della domanda del beneficio che all'atto della fruizione della misura risultino essere effettivamente utilizzati in lavori socialmente utili.
Art. 337
Contratti di diritto privato Art. 2, legge regionale 31 marzo 2001, n. 2 (art. 4, legge regionale n. 16/2006)

1. I contratti di diritto privato di cui all'articolo 12, comma 2, della legge regionale 21 dicembre 1995, n. 85, sono finalizzati all'inserimento lavorativo dei soggetti utilmente collocati nelle graduatorie provinciali ed in possesso dei requisiti di legge. Le risorse economiche destinate ai soggetti beneficiari della misura predetta costituiscono dote finanziaria personale del lavoratore individuato.
2. Per l'attivazione dei contratti di cui al comma 1 non è necessaria la predisposizione di nuovi progetti di utilità collettiva.
3. L'Assessore regionale per il lavoro, la previdenza sociale, la formazione professionale e l'emigrazione provvede alla ripartizione territoriale, su base provinciale, delle risorse finanziarie destinate ai contratti di cui al presente articolo, proporzionalmente al numero dei soggetti inseriti nelle diverse graduatorie provinciali articolate in relazione al titolo di studio di avviamento ai progetti. Gli uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione individuano, in base alle graduatorie provinciali di cui all'articolo 12, comma 2, della legge regionale 21 dicembre 1995, n. 85, i beneficiari della dote finanziaria di cui al comma 1.
4. Al fine della stipula dei contratti di cui al presente articolo gli enti interessati pubblicano, secondo le direttive emanate dall'Assessore regionale per il lavoro, la previdenza sociale, la formazione professionale e l'emigrazione, l'elenco dei contratti che intendono stipulare in base alle proprie esigenze istituzionali, specificando il numero e le professionalità relative. I soggetti beneficiari devono effettuare, entro trenta giorni dalla pubblicazione dell'elenco, richiesta di stipula del contratto. La selezione è effettuata dall'ente utilizzatore avendo riguardo alle seguenti priorità:
a) requisiti professionali richiesti;
b) utilizzazione in attività socialmente utili presso il medesimo ente;
c) posizione nella graduatoria provinciale di cui all'articolo 12, comma 2, della legge regionale 21 dicembre 1995, n. 85. L'Agenzia regionale per l'impiego e la formazione professionale provvede, sentita la Commissione regionale per l'impiego, a favorire dei soggetti individuati che espongono difficoltà di accesso alla misura.
5. (comma abrogato)
6. Le procedure di mobilità tra enti si applicano ai contratti in base alle direttive emanate dall'Assessore regionale per il lavoro, la previdenza sociale, la formazione professionale e l'emigrazione, sentita la Commissione regionale per l'impiego.
7. In sede di prima applicazione si intendono beneficiari della misura:
a) prioritariamente i soggetti già assegnati ai progetti di utilità collettiva di cui agli articoli 11 e 12 della legge regionale 21 dicembre 1995, n. 85, in possesso dei requisiti di legge;
b) i soggetti, in possesso dei requisiti di legge, che hanno rinunziato all'assegnazione ai predetti progetti di utilità collettiva poiché il luogo di assunzione era distante oltre 50 chilometri dalla residenza del lavoratore stesso o per le altre cause giustificative previste dalle disposizioni attuative dell'articolo 11 e dell'articolo 12 della legge regionale 21 dicembre 1995, n. 85.
8. Le disposizioni previste ai commi 1 e 6 si applicano anche ai soggetti assegnati ai progetti di utilità collettiva di cui agli articoli 11 e 12 della legge regionale 21 dicembre 1995, n. 85, ancorché abbiano stipulato i contratti di diritto privato.
9. Ai soggetti assegnati ai progetti di utilità collettiva di cui agli articoli 11 e 12 della legge regionale 21 dicembre 1995, n. 85 presso l'Amministrazione regionale si applicano le disposizioni previste dal comma 4 del presente articolo.
Art. 338
Disposizioni in materia di attività socialmente utili Art. 25, legge regionale 29 dicembre 2003, n. 21 (art. 41, legge regionale n. 15/2004 e art. 23, legge regionale n. 19/2005)

1. L'Assessorato regionale del lavoro, della previdenza sociale, della formazione professionale e dell'emigrazione è autorizzato a concedere il contributo di cui al comma 1 dell'articolo 2 della legge regionale 26 novembre 2000, n. 24, per tutte le misure di fuoriuscita previste dalla legislazione vigente e che vengono estese a tutti i soggetti destinatari del regime transitorio dei lavori socialmente utili finanziati con oneri a carico del bilancio regionale. Le predette misure riguardano, compatibilmente con la disciplina vigente per gli enti attivatori, tra le altre:
a)  esternalizzazioni di servizi ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo 1 dicembre 1997, n. 468, come modificato dall'articolo 21 della legge 31 ottobre 2003, n. 306. Sono fatte salve le procedure dell'affidamento attraverso il rinnovo di convenzioni con cooperative costituite da ex lavoratori LSU - di cui all'articolo 23 della legge 11 marzo 1988, n. 67, recepita con la legge regionale 21 dicembre 1995, n. 85 e del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 280 (LPU) e con cooperative costituite da ex lavoratori fruitori di trattamenti previdenziali - per l'esternalizzazione dei servizi ai sensi dell'articolo 10, comma 3, del decreto legislativo 1 dicembre 1997, n. 468, a condizione che siano state stipulate, comunque, prima dell'entrata in vigore della legge 31 ottobre 2003, n. 306;
b) contratti quinquennali di diritto privato;
c) contratti di collaborazione coordinata e continuativa e lavori a progetto;
d) assunzioni ai sensi dell'articolo 12, comma 4, del decreto legislativo 1 dicembre 1997, n. 468 e successive modifiche ed integrazioni;
e) assunzioni ai sensi dell'articolo 78, comma 6, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 e successive modifiche ed integrazioni presso la Regione o altri enti locali e gli enti sottoposti a controllo e/o vigilanza dalla stessa.
2. La selezione dei lavoratori per l'accesso alle misure di cui al comma 1 avviene con le stesse modalità previste dal comma 5 dell'articolo 2 della legge regionale 26 novembre 2000, n. 24.
3. Il contributo di cui al comma 1 è esteso anche alle società ed ai consorzi a partecipazione prevalente della Regione e/o degli enti sottoposti a controllo e/o vigilanza della stessa.
4. Gli enti già destinatari del contributo di cui al comma 1 dell'articolo 2 della legge regionale 26 novembre 2000, n. 24, possono modificare la natura dei contratti, in conformità alle previsioni del precedente comma 1, previa autorizzazione dell'Assessorato regionale del lavoro, della previdenza sociale, della formazione professionale e dell'emigrazione ed a seguito di modifica del programma di fuoriuscita di cui all'articolo 5 della legge regionale 26 novembre 2000, n. 24.
5. Nel bilancio della Regione per l'esercizio finanziario 2004 è istituito un fondo unico da destinare al finanziamento delle misure di fuoriuscita dal bacino dei lavori socialmente utili, previste dal presente articolo, nonché per le altre misure di fuoriuscita previste dalla legislazione vigente finanziate con oneri a carico del bilancio regionale, i cui finanziamenti confluiscono nel predetto fondo, ivi compresi gli interventi previsti dall'articolo 39, comma 5, della legge regionale 3 dicembre 2003, n. 20.
6. Per effetto delle disposizioni di cui al comma 5 è autorizzato, per l'esercizio finanziario 2004, un limite di impegno quinquennale di 43.250 migliaia di euro (UPB 7.4.1.3.1, capitolo 321301).
Art. 339
Fondo unico per il precariato Art. 71, legge regionale n. 17/2004

1. A decorrere dall'esercizio finanziario 2005, nel bilancio della Regione è istituito un fondo unico da destinare al finanziamento degli interventi previsti dall'articolo 39, commi 1, 2 e 5, della legge regionale 3 dicembre 2003, n. 20, dall'articolo 83 della legge regionale 16 aprile 2003, n. 4, dall'articolo 1, comma 3, della legge regionale 9 ottobre 1998, n. 27, nonché delle misure di fuoriuscita dal bacino dei lavori socialmente utili previste dall'articolo 25 della legge regionale 29 dicembre 2003, n. 21 e delle altre misure di fuoriuscita previste dalla legislazione vigente finanziate con oneri a carico del bilancio regionale.
2. I finanziamenti previsti a decorrere dall'esercizio finanziario 2005 per gli interventi di cui al comma 1 confluiscono nel fondo di cui al comma medesimo.
3. Per l'assunzione degli impegni per le finalità di cui al comma 1 si provvede ai sensi dell'articolo 11, comma 6, della legge regionale 8 luglio 1977, n. 47, nei limiti dello stanziamento previsto nel bilancio di competenza.
Art. 340
Prosecuzione interventi in favore dei soggetti impegnati in attività socialmente utili Art. 2, legge regionale 31 dicembre 2007, n. 27

1. L'Assessorato regionale del lavoro, della previdenza sociale, della formazione professionale e dell'emigrazione è autorizzato a disporre, per l'anno 2008, la prosecuzione degli interventi in favore dei soggetti in atto impegnati nelle attività socialmente utili di cui all'articolo 1 della legge regionale 5 novembre 2001, n. 17. Al relativo onere si fa fronte, nei limiti degli stanziamenti di bilancio, con le risorse destinate al Fondo unico per il precariato di cui all'articolo 71 della legge regionale 28 dicembre 2004, n. 17.
2. All'articolo 41 della legge regionale 8 febbraio 2007, n. 2, le parole "31 dicembre 2007", sono sostituite dalle parole "31 dicembre 2008". Al relativo onere si fa fronte nei limiti degli stanziamenti di bilancio.
3. I contributi già concessi ai sensi del comma 1 dell'articolo 2 della legge regionale 26 novembre 2000, n. 24 e successive modifiche e integrazioni, possono essere corrisposti per un ulteriore quinquennio. Al relativo onere si fa fronte, nei limiti degli stanziamenti di bilancio, con le risorse destinate al Fondo unico per il precariato di cui all'articolo 71 della legge regionale 28 dicembre 2004, n. 17.
Titolo V APPALTI
Capo I APPALTI DI LAVORI PUBBLICI
Sezione I DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 341
Applicazioni normativa nazionale Art. 1, legge regionale 2 agosto 2002, n. 7

1. La legge 11 febbraio 1994, n. 109, recante "Legge quadro in materia di lavori pubblici", nel testo vigente alla data di approvazione della presente legge, di seguito indicata "legge n. 109 del 1994", si applica nel territorio della Regione, ad eccezione del comma 16 bis dell'articolo 4; dell'articolo 5; dell'articolo 6; del comma 15 dell'articolo 7; dell'articolo 15; dell'articolo 23; del comma 2 dell'articolo 27; del comma 3 dell'articolo 34; dell'articolo 38, con le sostituzioni, modifiche ed integrazioni di cui alla presente legge.
2. Si applicano altresì nel territorio della Regione, nel testo vigente alla data di approvazione della presente legge, ad eccezione delle parti incompatibili con la disciplina di cui alla presente legge:
a) il decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554, recante "Regolamento di attuazione della legge quadro in materia di lavori pubblici 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni";
b) il decreto ministeriale 19 aprile 2000, n. 145, "Regolamento recante il capitolato generale d'appalto dei lavori pubblici, ai sensi dell'articolo 3, comma 5, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni";
c) il decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio 2000, n. 34, "Regolamento recante istituzione del sistema di qualificazione per gli esecutori di lavori pubblici, ai sensi dell'articolo 8 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni";
d) il decreto ministeriale 3 agosto 2000, n. 294, "Regolamento concernente la individuazione dei requisiti di qualificazione dei soggetti esecutori dei lavori di restauro e manutenzione dei beni mobili e delle superfici decorate di beni architettonici" come modificato con decreto ministeriale 24 ottobre 2001, n. 420;
e) il decreto ministeriale 2 dicembre 2000, n. 398, "Regolamento recante le norme di procedura del giudizio arbitrale, ai sensi dell'articolo 32 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni".
3. Nei casi in cui la legge n. 109 del 1994 ed i regolamenti di cui al comma 2 fanno riferimento a normativa statale, si applica la vigente e corrispondente normativa regionale; quando fanno riferimento al "Bollettino ufficiale della Regione" deve intendersi "Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana"; quando fanno riferimento ad organi ed istituzioni statali deve farsi riferimento ai corrispondenti organi ed istituzioni regionali; quando fanno riferimento alla parola "ecu" la stessa deve intendersi "euro" equivalente in "euro di diritti speciali di prelievo", secondo il rapporto di cambio corrente.
4. I riferimenti alla licitazione privata, contenuti nella legge n. 109 del 1994 e nei regolamenti di attuazione della stessa, non si applicano nell'ambito della Regione ad eccezione di quelli relativi alla licitazione privata per la concessione di costruzione e gestione. Si applicano, altresì, nell'ambito della Regione i riferimenti alla licitazione privata contenuti nelle disposizioni di cui al Titolo II della presente legge recante "Disciplina degli appalti di fornitura di beni e degli appalti di servizi e nei settori esclusi".
5. Le eventuali modifiche ed integrazioni ai regolamenti di cui al comma 2, successive all'approvazione della presente legge, sempreché coerenti con la legislazione regionale in vigore, sono adottate nella Regione con regolamento approvato con decreto del Presidente della Regione su proposta dell'Assessore regionale per i lavori pubblici, di concerto, per ciò che concerne il regolamento di cui al comma 2, lettera d), con l'Assessore regionale per i beni culturali ed ambientali e per la pubblica istruzione, previo parere vincolante della Commissione legislativa competente in materia di lavori pubblici dell'Assemblea regionale siciliana, che si esprime entro 30 giorni dalla ricezione dello schema di regolamento.
Art. 342
Princìpi generali Art. 1, legge n. 109/1994, coordinata con le norme recate dall'art. 1 della legge regionale n. 20/2007 e con le vigenti leggi regionali di modifica, sostituzione ed integrazione in materia (art. 2, legge regionale n. 7/2002 e art. 1, legge regionale n. 7/2003)

1. In attuazione dell'articolo 97 della Costituzione l'attività amministrativa in materia di opere e lavori pubblici deve garantirne la qualità ed uniformarsi a criteri di efficienza e di efficacia, secondo procedure improntate a tempestività, trasparenza e correttezza, nel rispetto del diritto comunitario e della libera concorrenza tra gli operatori.
2. Per la disciplina delle opere e dei lavori pubblici di competenza delle regioni anche a statuto speciale, delle province autonome di Trento e di Bolzano e degli enti infraregionali da queste finanziati, i principi desumibili dalle disposizioni della presente legge costituiscono norme fondamentali di riforma economico-sociale e principi della legislazione dello Stato ai sensi degli statuti delle regioni a statuto speciale e dell'articolo 117 della Costituzione, anche per il rispetto degli obblighi internazionali dello Stato.
(omissis)
Art. 343
Ambito oggettivo e soggettivo di applicazione della legge Art. 2, legge n. 109/1994, coordinata con le norme recate dall'art. 1 della legge regionale n. 20/2007 e con le vigenti leggi regionali di modifica, sostituzione ed integrazione in materia (art. 2, legge regionale n. 7/2002 e art. 1, legge regionale n. 7/2003)

1. Ai sensi e per gli effetti della presente legge e del regolamento di cui all'articolo 3, comma 2, si intendono per lavori pubblici, se affidati dai soggetti di cui al comma 2 del presente articolo, le attività di costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazione, restauro e manutenzione di opere ed impianti, anche di presidio e difesa ambientale e di ingegneria naturalistica. Nei contratti misti di lavori, forniture e servizi e nei contratti di forniture o di servizi quando comprendano lavori accessori, si applicano le norme della presente legge qualora i lavori assumano rilievo economico superiore al 50 per cento.
2. Qualunque sia la fonte di finanziamento le norme della presente legge e del regolamento di cui all'articolo 3, comma 2, si applicano:
a) all'amministrazione regionale, alle aziende ed agli enti pubblici da essa dipendenti e/o comunque sottoposti a vigilanza, agli enti locali territoriali e/o istituzionali e loro associazioni e consorzi, agli enti ed aziende da questi dipendenti e comunque sottoposti a vigilanza, nonché agli altri organismi di diritto pubblico e soggetti di diritto privato a prevalente o intera partecipazione pubblica;
b) ai concessionari di lavori pubblici, di cui all'articolo 19, comma 2, ai concessionari di esercizio di infrastrutture destinate al pubblico servizio, alle aziende speciali ed ai consorzi di cui agli articoli 23 e 25 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, alle società di cui all'articolo 22 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, ed all'articolo 12 della legge 23 dicembre 1992, n. 498, e successive modificazioni, alle società con capitale pubblico, in misura anche non prevalente, che abbiano ad oggetto della propria attività la produzione di beni o servizi non destinati ad essere collocati sul mercato in regime di libera concorrenza nonché ai concessionari di servizi pubblici e ai soggetti di cui al decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 158, qualora operino in virtù di diritti speciali o esclusivi, per lo svolgimento di attività che riguardino i lavori, di qualsiasi importo, individuati con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all'articolo 8, comma 6, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 158, e comunque i lavori riguardanti i rilevati aeroportuali e ferroviari, sempre che non si tratti di lavorazioni che non possono essere progettate separatamente e appaltate separatamente in quanto strettamente connesse e funzionali alla esecuzione di opere comprese nella disciplina del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 158 ed alle società di trasformazione urbana di cui all'articolo 120 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
c) ai soggetti privati, relativamente a lavori di cui all'allegato A del decreto legislativo 19 dicembre 1991, n. 406, nonché ai lavori civili relativi ad ospedali, impianti sportivi, ricreativi e per il tempo libero, edifici scolastici ed universitari, edifici destinati a funzioni pubbliche amministrative, di importo superiore a 1 milione di euro, per la cui realizzazione sia previsto, da parte dei soggetti di cui alla lettera a), un contributo diretto e specifico, in conto interessi o in conto capitale che, attualizzato, superi il 50% dell'importo dei lavori;
d) agli enti di culto e/o di formazione religiosa e/o agli enti privati, limitatamente alle opere per le quali è prevista una programmazione regionale di finanziamento.
3. Ai soggetti di cui al comma 2, lettera b), fatta eccezione per i concessionari di lavori pubblici, di cui al medesimo comma 2, lettera b), si applicano le disposizioni della presente legge ad esclusione degli articoli 7, 14, 18, 19, commi 2 e 2-bis, 27 e 33. Ai concessionari di lavori pubblici ed ai soggetti di cui al comma 2, lettera c), si applicano le disposizioni della presente legge ad esclusione degli articoli 7, 14, 19, commi 2 e 2-bis, 27, 32 e 33. Ai soggetti di cui al comma 2, lettera b), operanti nei settori di cui al decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 158, non si applicano, altresì, le disposizioni del regolamento di cui all'articolo 3, comma 2, relative all'esecuzione dei lavori, alla contabilità dei lavori e al collaudo dei lavori. Resta ferma l'applicazione delle disposizioni legislative e regolamentari relative ai collaudi di natura tecnica.
3-bis. Le disposizioni della presente legge non si applicano agli interventi eseguiti direttamente dai privati a scomputo di contributi connessi ad atti abilitanti all'attività edilizia o conseguenti agli obblighi di cui al quinto comma dell'articolo 28 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, o di quanto ad essi assimilabile; per le singole opere d'importo superiore alla soglia comunitaria i soggetti privati sono tenuti ad affidare le stesse nel rispetto delle procedure di gara previste dalla direttiva 93/37/CEE del Consiglio del 14 giugno 1993.
3-ter. Gli enti di cui al comma 2, lettera d) del presente articolo, per le opere ivi previste e gli enti sottoposti a vigilanza privi di uffici tecnici si avvalgono, per le fasi di istruttoria, di aggiudicazione e successive, degli enti locali territorialmente competenti; inoltre, nei confronti degli stessi, limitatamente alle opere per le quali è prevista una programmazione regionale di finanziamento, trovano applicazione le norme prescritte per i soggetti di cui al comma 2, lettera a) del presente articolo, ad eccezione delle norme di cui all'articolo 14.
4. I concessionari di lavori pubblici di cui al comma 2, lettera b), sono obbligati ad appaltare a terzi attraverso pubblico incanto o licitazione privata i lavori pubblici non realizzati direttamente o tramite imprese controllate che devono essere espressamente indicate in sede di candidatura, con la specificazione anche delle rispettive quote dei lavori da eseguire; l'elenco delle imprese controllate viene successivamente aggiornato secondo le modifiche che intervengono nei rapporti tra le imprese. I requisiti di qualificazione previsti dalla presente legge per gli esecutori sono richiesti al concessionario ed alle imprese controllate, nei limiti dei lavori oggetto della concessione eseguiti direttamente. Le amministrazioni aggiudicatrici possono imporre al concessionario di lavori pubblici, con espressa previsione del bando di concessione, di affidare a terzi appalti corrispondenti a una percentuale minima del 30 per cento del valore globale dei lavori oggetto della concessione, pur prevedendo la facoltà per i candidati di aumentare tale percentuale, oppure invitare i candidati concessionari a dichiarare nelle loro offerte la percentuale, ove sussista, del valore globale dei lavori oggetto della concessione che essi intendono affidare a terzi. Le imprese controllate devono eseguire i lavori secondo quanto disposto dalle norme della presente legge. Ai fini del presente comma si intendono per soggetti terzi anche le imprese collegate; le situazioni di controllo e di collegamento si determinano secondo quanto previsto dall'articolo 2359 del codice civile.
4-bis. Le disposizioni di cui al comma 4 si applicano anche ai concessionari di lavori pubblici ed ai concessionari di infrastrutture adibite al pubblico servizio di cui al comma 2, lettera b), per la realizzazione dei lavori previsti nelle convenzioni già assentite alla data di entrata in vigore della presente legge, ovvero rinnovate e prorogate, ai sensi della normativa vigente. I soggetti concessionari prima dell'inizio dei lavori sono tenuti a presentare al concedente idonea documentazione in grado di attestare la situazione di controllo per i fini di cui al comma 4.
5. I lavori di competenza dei soggetti di cui al decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 158, di importo pari o superiore a 200.000 ECU e inferiore alla soglia comunitaria, diversi da quelli individuati nel decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all'art. 8, comma 6, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 158, e di quelli di cui al comma 2, lettera b), sono soggetti alle disposizioni di cui allo stesso decreto legislativo, ad eccezione degli articoli 11, commi 2 e 4, 19, 22, commi 4 e 5, 25, comma 2, 26, 28, 29 e 30. I lavori di importo inferiore a 200.000 ECU sono sottoposti ai regimi propri dei predetti soggetti.
5-bis. I soggetti di cui al comma 2 provvedono all'esecuzione dei lavori di cui alla presente legge, esclusivamente mediante contratti di appalto o di concessione di lavori pubblici ovvero in economia nei limiti di cui all'articolo 24. Le medesime disposizioni si applicano anche ai soggetti di cui al decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 158, per l'esecuzione di lavori, di qualsiasi importo, non rientranti tra quelli individuati ai sensi dell'articolo 8, comma 6, del medesimo decreto legislativo nonché tra quelli di cui al comma 2, lettera b), del presente articolo.
6. Ai sensi della presente legge si intendono:
a) per organismi di diritto pubblico qualsiasi organismo con personalità giuridica, istituito per soddisfare specificatamente bisogni di interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale e la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dalla Regione, dagli enti locali, da altri enti pubblici o da altri organismi di diritto pubblico, ovvero la cui gestione sia sottoposta al controllo di tali soggetti, ovvero i cui organismi di amministrazione, di direzione o di vigilanza siano costituiti in misura non inferiore alla metà da componenti designati dai medesimi soggetti;
b) per procedure di affidamento dei lavori o per affidamento dei lavori il ricorso a sistemi di appalto o di concessione;
c) per amministrazioni aggiudicatrici i soggetti di cui al comma 2, lettera a);
d) per altri enti aggiudicatori o realizzatori i soggetti di cui al comma 2, lettere b) e c).
Art. 344
Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici Art. 4, legge n. 109/1994, coordinata con le norme recate dall'art. 1 della legge regionale n. 20/2007 e con le vigenti leggi regionali di modifica, sostituzione ed integrazione in materia (art. 3, legge regionale n. 7/2002, art. 2, legge regionale n. 7/2003, art. 1, legge regionale n. 16/2005 e art. 1, legge regionale n. 20/2007)

1. Al fine di garantire l'osservanza dei principi di cui all'articolo 1, comma 1, nella materia dei lavori pubblici, anche di interesse regionale, è istituita, con sede in Roma, l'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, di seguito denominata "Autorità".
2. L'Autorità opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione ed è organo collegiale costituito da cinque membri nominati con determinazione adottata d'intesa dai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. I membri dell'Autorità, al fine di garantire la pluralità delle esperienze e delle conoscenze, sono scelti tra personalità che operano in settori tecnici, economici e giuridici con riconosciuta professionalità. L'Autorità sceglie il presidente tra i propri componenti e stabilisce le norme sul proprio funzionamento.
3. I membri dell'Autorità durano in carica cinque anni e non possono essere confermati. Essi non possono esercitare, a pena di decadenza, alcuna attività professionale o di consulenza, non possono essere amministratori o dipendenti di enti pubblici o privati né ricoprire altri uffici pubblici di qualsiasi natura o rivestire cariche pubbliche elettive o cariche nei partiti politici. I dipendenti pubblici sono collocati fuori ruolo o, se professori universitari, in aspettativa per l'intera durata del mandato. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro del tesoro, è determinato il trattamento economico spettante ai membri dell'Autorità, nel limite complessivo di lire 1.250.000.000 annue.
4. L'Autorità:
a)  vigila affinché sia assicurata l'economicità di esecuzione dei lavori pubblici;
b)  vigila sull'osservanza della disciplina legislativa e regolamentare in materia verificando, anche con indagini campionarie, la regolarità delle procedure di affidamento dei lavori pubblici;
c)  accerta che dall'esecuzione dei lavori non sia derivato pregiudizio per il pubblico erario;
d)  segnala al Governo e al Parlamento, con apposita comunicazione, fenomeni particolarmente gravi di inosservanza o di applicazione distorta della normativa sui lavori pubblici;
e)  formula al Ministro dei lavori pubblici proposte per la revisione del regolamento;
f)  predispone ed invia al Governo e al Parlamento una relazione annuale nella quale si evidenziano disfunzioni riscontrate nel settore degli appalti e delle concessioni di lavori pubblici con particolare riferimento:
1) alla frequenza del ricorso a procedure non concorsuali;
2) alla inadeguatezza della pubblicità degli atti;
3) allo scostamento dai costi standardizzati di cui al comma 16, lettera b);
4) alla frequenza del ricorso a sospensioni dei lavori o a varianti in corso d'opera;
5) al mancato o tardivo adempimento degli obblighi nei confronti dei concessionari e degli appaltatori;
6) allo sviluppo anomalo del contenzioso;
g) sovrintende all'attività dell'Osservatorio dei lavori pubblici di cui al comma 10, lettera c);
h) esercita i poteri sanzionatori di cui ai commi 7 e 17;
i) vigila sul sistema di qualificazione di cui all'articolo 8.
5. Per l'espletamento dei propri compiti, l'Autorità si avvale dell'Osservatorio dei lavori pubblici di cui al comma 10, lettera c), delle unità specializzate di cui all'articolo 14, comma 1, del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, nonché, per le questioni di ordine tecnico, della consulenza del Consiglio superiore dei lavori pubblici e del Consiglio nazionale per i beni culturali e ambientali, relativamente agli interventi aventi ad oggetto i beni sottoposti alle disposizioni della legge 1 giugno 1939, n. 1089.
6. Nell'ambito della propria attività l'Autorità può richiedere alle amministrazioni aggiudicatrici, agli altri enti aggiudicatori o realizzatori, nonché ad ogni altra pubblica amministrazione e ad ogni ente, anche regionale, impresa o persona che ne sia in possesso, documenti, informazioni e chiarimenti relativamente ai lavori pubblici, in corso o da iniziare, al conferimento di incarichi di progettazione, agli affidamenti dei lavori; anche su richiesta motivata di chiunque ne abbia interesse, può disporre ispezioni, avvalendosi del Servizio ispettivo di cui al comma 10 e della collaborazione di altri organi dello Stato; può disporre perizie ed analisi economiche e statistiche nonché la consultazione di esperti in ordine a qualsiasi elemento rilevante ai fini dell'istruttoria. Tutte le notizie, le informazioni o i dati riguardanti le imprese oggetto di istruttoria da parte dell'Autorità sono tutelati, sino alla conclusione dell'istruttoria medesima, dal segreto di ufficio anche nei riguardi delle pubbliche amministrazioni. I funzionari dell'Autorità, nell'esercizio delle loro funzioni, sono pubblici ufficiali. Essi sono vincolati dal segreto d'ufficio.
7. Con provvedimento dell'Autorità, i soggetti ai quali è richiesto di fornire gli elementi di cui al comma 6 sono sottoposti alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma fino a lire 50 milioni se rifiutano od omettono, senza giustificato motivo, di fornire le informazioni o di esibire i documenti, ovvero alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma fino a lire 100 milioni se forniscono informazioni od esibiscono documenti non veritieri. L'entità delle sanzioni è proporzionata all'importo contrattuale dei lavori cui le informazioni si riferiscono. Sono fatte salve le diverse sanzioni previste dalle norme vigenti. I provvedimenti dell'Autorità devono prevedere il termine di pagamento della sanzione e avverso di essi è ammesso ricorso al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva da proporre entro trenta giorni dalla data di ricezione dei provvedimenti medesimi. La riscossione della sanzione avviene mediante ruoli.
8. Qualora i soggetti ai quali è richiesto di fornire gli elementi di cui al comma 6 appartengano alle pubbliche amministrazioni, si applicano le sanzioni disciplinari previste dall'ordinamento per gli impiegati dello Stato.
9. Qualora accerti l'esistenza di irregolarità, l'Autorità trasmette gli atti ed i propri rilievi agli organi di controllo e, se le irregolarità hanno rilevanza penale, agli organi giurisdizionali competenti. Qualora l'Autorità accerti che dalla realizzazione dei lavori pubblici derivi pregiudizio per il pubblico erario, gli atti e i rilievi sono trasmessi anche ai soggetti interessati e alla procura generale della Corte dei conti.
10. Alle dipendenze dell'Autorità sono costituiti ed operano:
a) la Segreteria tecnica;
b) il Servizio ispettivo;
c) l'Osservatorio dei lavori pubblici.
10-bis. Il Servizio ispettivo svolge accertamenti ed indagini ispettive nelle materie di competenza dell'Autorità; informa, altresì, gli organi amministrativi competenti sulle eventuali responsabilità riscontrate a carico di amministratori, di pubblici dipendenti, di liberi professionisti e di imprese. Il Ministro dei lavori pubblici, d'intesa con l'Autorità, può avvalersi del Servizio ispettivo per l'attivazione dei compiti di controllo spettanti all'Amministrazione.
10-ter. Al Servizio ispettivo è preposto un dirigente generale di livello C ed esso è composto da non più di 125 unità appartenenti alla professionalità amministrativa e tecnica, di cui 25 con qualifica non inferiore a quella dirigenziale.
10-quater. Sono fatte salve le competenze del Nucleo tecnico di valutazione e verifica degli investimenti pubblici di cui all'articolo 3, comma 5, del decreto legislativo 5 dicembre 1997, n. 430.
10-quinquies. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio, ivi compreso il trasferimento delle risorse dal centro di responsabilità "Ispettorato tecnico" dello stato di previsione del Ministero dei lavori pubblici all'apposito centro di responsabilità dello stato di previsione della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
11. (comma abrogato)
12. (comma abrogato)
13. (comma abrogato)
14. L'Osservatorio dei lavori pubblici è articolato in una sezione centrale ed in sezioni regionali aventi sede presso le regioni e le province autonome. I modi e i protocolli della articolazione regionale sono definiti dall'Autorità di concerto con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
15. L'Osservatorio dei lavori pubblici opera mediante procedure informatiche, sulla base di apposite convenzioni, anche attraverso collegamento con gli analoghi sistemi della Ragioneria generale dello Stato, dei Ministeri interessati, dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), delle regioni, dell'Unione province d'Italia (UPI), dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI), delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e delle casse edili.
16. La sezione centrale dell'Osservatorio dei lavori pubblici svolge i seguenti compiti:
a)  provvede alla raccolta ed alla elaborazione dei dati informativi concernenti i lavori pubblici su tutto il territorio nazionale e, in particolare, di quelli concernenti i bandi e gli avvisi di gara, le aggiudicazioni e gli affidamenti, le imprese partecipanti, l'impiego della mano d'opera e le relative norme di sicurezza, i costi e gli scostamenti rispetto a quelli preventivati, i tempi di esecuzione e le modalità di attuazione degli interventi, i ritardi e le disfunzioni;
b)  determina annualmente costi standardizzati per tipo di lavoro in relazione a specifiche aree territoriali, facendone oggetto di una specifica pubblicazione;
c)  pubblica semestralmente i programmi triennali dei lavori pubblici predisposti dalle amministrazioni aggiudicatrici, nonché l'elenco dei lavori pubblici affidati;
d)  promuove la realizzazione di un collegamento informatico con le amministrazioni aggiudicatrici, gli altri enti aggiudicatori o realizzatori, nonché con le regioni, al fine di acquisire informazioni in tempo reale sui lavori pubblici;
e)  garantisce l'accesso generalizzato, anche per via informatica, ai dati raccolti e alle relative elaborazioni;
f)  adempie agli oneri di pubblicità e di conoscibilità richiesti dall'Autorità;
g)  favorisce la formazione di archivi di settore, in particolare in materia contrattuale, e la formulazione di tipologie unitarie da mettere a disposizione delle amministrazioni interessate.
16 bis. (Comma non recepito).
17. Le amministrazioni aggiudicatrici e gli altri enti aggiudicatori o realizzatori sono tenuti a comunicare all'Osservatorio regionale dei lavori pubblici, per i lavori pubblici di importo superiore a 150.000 euro, entro trenta giorni dalla data del verbale di gara o di definizione della trattativa privata, i dati concernenti la denominazione dei lavori, il contenuto dei bandi e dei verbali di gara, i soggetti invitati, l'importo di aggiudicazione, il nominativo dell'aggiudicatario o dell'affidatario e del progettista e, entro sessanta giorni dalla data del loro compimento ed effettuazione, l'inizio, gli stati di avanzamento e l'ultimazione dei lavori, l'effettuazione del collaudo, l'importo finale del lavoro. Il soggetto che ometta, senza giustificato motivo, di fornire i dati richiesti è sottoposto, con provvedimento dell'Autorità, alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma fino a 30.000 euro. La sanzione è elevata fino a 60.000 euro se sono forniti dati non veritieri non dipendenti da errori o errata interpretazione dei dati richiesti. Per i lavori pubblici di importo compreso fra 20.000 e 150.000 euro, le amministrazioni aggiudicatrici e gli altri enti aggiudicatori o realizzatori sono tenuti a comunicare all'Osservatorio regionale dei lavori pubblici esclusivamente note informative sintetiche con cadenza trimestrale.
18.  I dati di cui al comma 17, relativi ai lavori di interesse regionale, provinciale e comunale, sono comunicati all'Osservatorio regionale dei lavori pubblici.
19.  L'Autorità opera nel territorio della Regione.
20. L'Assessore regionale per i lavori pubblici è autorizzato a stipulare apposita convenzione, previo parere della competente Commissione legislativa dell'Assemblea regionale siciliana, con l'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici per l'assolvimento, nel territorio della Regione, dei compiti e delle funzioni cui l'organo è preposto.
21.  L'Osservatorio per l'accelerazione e la qualificazione della spesa pubblica di cui all'articolo 22 della legge regionale 7 marzo 1997, n. 6, e successive modifiche ed integrazioni assume la denominazione di Osservatorio regionale dei lavori pubblici.
22.  L'Osservatorio regionale dei lavori pubblici è istituito presso l'Assessorato regionale dei lavori pubblici quale ufficio speciale posto alle dirette dipendenze dell'Assessore regionale per i lavori pubblici, cui è preposto un dirigente.
23.  L'Osservatorio regionale dei lavori pubblici è lo strumento tecnico-gestionale della Regione per lo svolgimento di tutte le attività ed i compiti previsti dalla presente legge. Al fine di massimizzare l'efficienza e minimizzare l'onere di trasmissione dei dati da parte delle stazioni appaltanti di cui al comma 2, dell'articolo 2, al solo Osservatorio regionale dei lavori pubblici compete la raccolta delle informazioni relative all'intero ciclo di realizzazione dei lavori pubblici, in particolare alla fase di programmazione, esperimento della gara di appalto, affidamento, esecuzione, collaudo e gestione. Tutti i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, hanno l'obbligo di rapportarsi esclusivamente all'Osservatorio regionale per la raccolta delle informazioni utili ai servizi informativi e statistici.
24. L'Osservatorio regionale dei lavori pubblici opera con strumentazioni informatiche nel rispetto di standard comuni che consentano l'interscambio delle informazioni con gli altri osservatori regionali ed i vari soggetti istituzionali, anche a livello nazionale e comunitario, che debbano accedere o utilizzare le informazioni.
25. L'Osservatorio regionale dei lavori pubblici opera anche avvalendosi del supporto tecnico e strumentale di soggetti esterni, pubblici e privati, al fine di ottimizzare qualità e costi di gestione.
26. L'Osservatorio regionale dei lavori pubblici svolge i seguenti compiti:
a)  rileva e raccoglie informazioni e dati statistici sulle modalità di esecuzione e sui risultati degli appalti di lavori e sul rispetto delle disposizioni vigenti in materia di subappalto, di contrattazione collettiva e di prevenzione degli infortuni;
b)  attiva, gestisce ed aggiorna una banca dati per il monitoraggio dei lavori e delle opere pubbliche eseguiti nel territorio regionale;
c)  promuove attività di indirizzo e regolazione, anche cooperando con le altre regioni ed i competenti organismi statali;
d)  promuove attività dirette alla formazione ed alla qualificazione del personale delle amministrazioni appaltanti preposto alle attività di cui alla presente legge, con particolare riferimento alla sicurezza; realizza studi e ricerche, organizza convegni, acquisisce e diffonde documentazione tecnica e dati;
e)  assicura le attività necessarie per il funzionamento del sito informatico, per la pubblicazione degli avvisi e dei bandi di gara;
f)  espleta attività finalizzate agli approfondimenti ed all'uniformità degli indirizzi interpretativi in materia di lavori pubblici;
g)  cura la pubblicazione informatica del "Notiziario regionale sugli appalti e le concessioni di lavori pubblici" per la messa a disposizione alle stazioni appaltanti delle notizie utili in ordine alla normativa vigente in materia, alle risultanze delle gare, alle dinamiche dei prezzi, alle problematiche procedurali presentatesi;
h) assembla ed elabora i dati in suo possesso anche con procedure statistiche e li rende disponibili su reti informatiche condivise dagli enti locali;
i) promuove le opportune iniziative, ivi compreso l'intervento ispettivo attraverso le competenti strutture regionali, qualora sulla base delle risultanze comunque acquisite emergano insufficienze, ritardi, anche nell'espletamento delle gare, disservizi ed ogni altra anomalia;
j) trasmette annualmente alla competente Commissione legislativa dell'Assemblea regionale siciliana una relazione sull'andamento del settore dei lavori pubblici, delle forniture e dei servizi.
27.  La Regione istituisce un apposito capitolo di spesa per il funzionamento dell'Osservatorio regionale dei lavori pubblici.
28.  I proventi dell'attività sanzionatoria dell'Autorità, effettuata nel territorio della Regione, e concernenti violazioni di normativa regionale, salva l'eventuale detrazione di una quota da convenirsi nella convenzione di cui al comma 20, affluiscono in entrata nel bilancio della Regione in apposita posta da istituirsi nella rubrica Ufficio speciale osservatorio regionale dei lavori pubblici.
29.  L'Osservatorio regionale dei lavori pubblici esplica le funzioni previste ai commi precedenti anche per i contratti di forniture di beni di cui all'articolo 31, nonché per gli appalti di servizi e nei settori esclusi di cui agli articoli 32 e 33, per importi superiori a 50.000 euro.
Art. 345
Programmi regionali di finanziamento di opere pubbliche Art. 14 bis, legge n. 109/1994, coordinata con le norme recate dall'art. 1 della legge regionale n. 20/2007 e con le vigenti leggi regionali di modifica, sostituzione ed integrazione in materia (art. 9, legge regionale n. 7/2002, art. 9, legge regionale n. 7/2003 e art. 1, legge regionale n. 16/2005)

1. Salvo eventi imprevedibili o calamitosi che richiedano interventi urgenti ed indifferibili, è vietato all'Amministrazione regionale concedere finanziamenti a carico di fondi propri, o di cui abbia la gestione, in favore degli enti di cui alla lettera a) del comma 2 dell'articolo 2 per la realizzazione di opere pubbliche estranee ai programmi di cui al precedente articolo o quando la richiesta dell'ente non ne rispetti l'ordine delle priorità.
2. Le determinazioni assunte dall'Amministrazione regionale, nel caso di eventi imprevedibili o calamitosi che richiedano interventi urgenti ed indifferibili, sono pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana.
3. La Presidenza della Regione e ciascuno degli assessorati regionali ripartiscono annualmente le somme disponibili per il finanziamento di opere pubbliche secondo un programma di spesa cui possono aggiungersi altri interventi solo in caso di economie o di sopravvenute disponibilità finanziarie. Il programma è corredato di una relazione contenente l'elenco delle richieste di finanziamento pervenute e l'enunciazione dei criteri di selezione delle stesse.
4. In aderenza agli obiettivi indicati dal documento di programmazione economico-finanziaria di cui all'articolo 2 della legge regionale 27 aprile 1999, n. 10, i programmi di spesa identificano i settori di intervento, gli ambiti territoriali di intervento prioritari per ciascun settore, le priorità per ogni settore ed indicano tutte le risorse disponibili e le fonti regionali ed extra regionali che concorrono alla formazione delle risorse.
5. Possono essere inseriti nei programmi di spesa regionali solo opere dotate di progetto definitivo munito di tutte le autorizzazioni e i pareri in riferimento a detto stato di elaborazione del progetto.
6. Le istanze di finanziamento, insieme con i programmi triennali delle opere pubbliche, sono presentate dai soggetti interessati alla Presidenza della Regione o ai singoli assessorati regionali in relazione alle rispettive competenze; nelle stesse istanze deve essere specificato se per la medesima opera è stata o sarà presentata richiesta di finanziamento ad enti diversi dalla Regione o ad altro ramo dell'Amministrazione regionale e/o se è stato o sarà previsto il concorso di finanza privata. Il provvedimento di ammissione a finanziamento determina l'obbligo di presentazione del progetto esecutivo dell'opera entro il termine di centoventi giorni, salvo rinunzia espressa.
7. I programmi di spesa si conformano, fatti salvi i criteri determinati in piani di settore o in disposizioni legislative attinenti alle singole categorie di opere, ai seguenti criteri generali di selezione delle richieste pervenute:
a)  attuazione di priorità contenute nel piano di sviluppo socio-economico regionale e nei relativi progetti di attuazione;
b)  esigenza di completamento di progetti generali di opere, parte delle quali siano state già realizzate;
c)  realizzazione di interventi per la prevenzione del rischio sismico;
d)  recupero del patrimonio edilizio esistente;
e)  equa ripartizione territoriale dei finanziamenti.
8. Nel programma di spesa ciascun progetto è sempre finanziato per intero. E' tuttavia possibile il finanziamento di progetti che, pur facendo parte di un più ampio progetto generale, siano già dotati di una distinta funzionalità e prevedano la realizzazione di opere autonomamente fruibili da parte degli utenti.
9. I programmi di cui al presente articolo devono essere pubblicati senza oneri nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana.
10. L'insieme dei programmi deve comprendere l'intera disponibilità offerta dal bilancio regionale e da risorse finanziarie gestite dalla Presidenza della Regione o dagli assessorati regionali. I programmi devono assicurare che una parte delle disponibilità possa essere impiegata per la copertura di eventuali maggiori spese emergenti dalla progettazione esecutiva. Restano estranei ai programmi di cui al presente articolo le somme destinate ad interventi imposti da eventi imprevedibili o calamitosi, nonché le modifiche dipendenti da sopravvenute disposizioni di legge o di regolamenti ovvero da altri atti amministrativi adottati a livello statale o regionale.
11.  La Presidenza della Regione e ciascuno degli assessorati regionali provvedono con decreto al finanziamento delle singole opere dopo l'approvazione del progetto esecutivo, che l'ente deve inoltrare corredato degli atti che comprovano la realizzabilità dell'opera alla stregua della normativa urbanistica nonché la positiva acquisizione delle autorizzazioni e dei pareri ivi compresi quelli relativi alla eventuale valutazione di impatto ambientale richiesti dalle leggi vigenti. Si ha riguardo all'approvazione del progetto definitivo quando la gara deve essere bandita sul progetto medesimo. Contestualmente al finanziamento viene disposto l'accreditamento delle somme occorrenti per i pagamenti che si prevede debbano essere effettuati entro l'esercizio finanziario.
12.  Qualora gli enti destinatari dei finanziamenti disposti dall'Amministrazione regionale non provvedano ad avviare le procedure per l'appalto dei lavori entro tre mesi dalla comunicazione del decreto di finanziamento, l'Assessore regionale che ha concesso il finanziamento provvede senza necessità di diffida alla nomina di un commissario "ad acta" per gli adempimenti di competenza e per quelli relativi alla stipula del contratto d'appalto e per la consegna dei lavori.
13.  Le somme corrispondenti ai ribassi d'asta dei lavori finanziati dall'Amministrazione regionale con fondi propri affluiscono per il cinquanta per cento in entrata del bilancio degli enti appaltanti di cui alla lettera a) del comma 2 dell'articolo 2 in apposito capitolo "Fondo di rotazione" per l'anticipazione delle spese professionali e tecniche per la progettazione, per lo studio geologico e per gli altri studi ed indagini necessarie, il cui importo è reintegrato al momento del finanziamento dell'opera; il restante cinquanta per cento è iscritto in appositi capitoli da istituirsi negli stati di previsione della spesa del ramo di Amministrazione regionale che ha disposto il finanziamento per essere utilizzato, ove necessario, per il finanziamento di eventuali perizie di variante e suppletive dei lavori entro il limite previsto dalla vigente normativa nonché per le finalità di cui al comma 4 bis dell'articolo 26 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, come introdotto dalla legge regionale 2 agosto 2002, n. 7 e successive modifiche ed integrazioni per la realizzazione di opere della medesima tipologia d'investimento e, solo in caso di ulteriore residualità delle somme, per il finanziamento di opere di imperiosa urgenza; può altresì essere iscritto nell'apposito capitolo dello stato di previsione della spesa dell'Assessorato regionale dei lavori pubblici per essere utilizzato per il funzionamento e la nomina dei consulenti della Conferenza speciale di servizi per i lavori pubblici e per il funzionamento della Commissione regionale dei lavori pubblici.
14.  Nel caso di opere ricadenti in comuni con popolazione non superiore a cinquemila abitanti e per i comuni delle isole minori la percentuale dei ribassi d'asta che affluisce in entrata nel bilancio dei comuni stessi, nell'apposito capitolo "Fondo di rotazione" per le finalità previste dal comma 12, è pari al 60 per cento.
15.  Al compimento dell'intera opera entro i termini contrattuali, i fondi residui, destinati ai finanziamenti e alla realizzazione della stessa ed economizzati, costituiscono avanzo di amministrazione vincolato da utilizzare per il finanziamento di spese in conto capitale dei bilanci degli enti appaltanti o per impinguare il capitolo di bilancio relativo al "Fondo di rotazione" per le spese di progettazione di cui al comma 12.
Art. 346
Relazioni istituzionali Art. 14 ter, legge n. 109/1994, coordinata con le norme recate dall'art. 1 della legge regionale n. 20/2007 e con le vigenti leggi regionali di modifica, sostituzione ed integrazione in materia (art. 9, legge regionale n. 7/2002)

1.  Nell'ambito dei lavori di predisposizione del programma triennale, nonché per quelli di aggiornamento annuale, il Presidente della Regione o l'Assessore regionale competente convoca una o più riunioni con le associazioni degli imprenditori e le organizzazioni sindacali, per illustrare le scelte compiute, le finalità delle opere nei programmi e le risorse finanziarie disponibili.
2.  Nelle riunioni di cui al comma 1, il Presidente della Regione o l'Assessore regionale competente raccolgono le osservazioni e le proposte pervenute dagli interlocutori che, per quanto compatibili con il programma e con i finanziamenti disponibili, vengono riportate o nel programma triennale o in quello annuale.
3.  I soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a), prima di inviare al Presidente della Regione o all'Assessore regionale competente le proposte di lavori pubblici da realizzare nel loro territorio, convocano una o più riunioni con le associazioni imprenditoriali e le organizzazioni sindacali, per illustrare le scelte compiute e le finalità delle opere incluse nei programmi.
4.  Nelle riunioni di cui al comma 1, i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a) verificano le osservazioni e le proposte pervenute che, per quanto compatibili con le finalità del programma triennale o di quello annuale, sono ivi inserite.
Art. 347
Accesso alle informazioni Art. 22, legge n. 109/1994, coordinata con le norme recate dall'art. 1 della legge regionale n. 20/2007 e con le vigenti leggi regionali di modifica, sostituzione ed integrazione in materia

1. Nell'ambito delle procedure di affidamento degli appalti o delle concessioni di cui alla presente legge è fatto tassativo divieto all'amministrazione aggiudicatrice o ad altro ente aggiudicatore o realizzatore, in deroga alla normativa vigente in materia di procedimento amministrativo, di comunicare a terzi o di rendere in qualsiasi altro modo noto:
a)  l'elenco dei soggetti che hanno presentato offerte nel caso di pubblici incanti, prima della scadenza del termine per la presentazione delle medesime;
b)  l'elenco dei soggetti che hanno fatto richiesta di invito o che hanno segnalato il loro interesse nei casi di licitazione privata, di appalto-concorso o di gara informale che precede la trattativa privata, prima della comunicazione ufficiale da parte del soggetto appaltante o concedente dei candidati da invitare ovvero del soggetto individuato per l'affidamento a trattativa privata.
2. L'inosservanza del divieto di cui al presente articolo comporta per i pubblici ufficiali o per gli incaricati di pubblici servizi l'applicazione dell'articolo 326 del codice penale.
Art. 348
Abrogazione di norme Art. 42, legge regionale n. 7/2002 (art. 63, legge regionale n. 23/2002 e art. 30, legge regionale n. 7/2003)

1. Sono abrogati: la legge regionale 2 agosto 1954, n. 32 e successive modifiche ed integrazioni; la legge regionale 20 settembre 1957, n. 53 e successive modifiche ed integrazioni; la legge regionale 18 novembre 1964, n. 29 e successive modifiche ed integrazioni; la legge regionale 25 luglio 1969, n. 23 e successive modifiche ed integrazioni, con esclusione degli articoli 1, 3, 14 e 18; l'articolo 23 della legge regionale 8 marzo 1971, n. 5; gli articoli da 1 a 3 e l'articolo 14 della legge regionale 31 marzo 1972, n. 19; gli articoli da 5 a 23, 29, 32, 33, 34, 36, 37 e 38 della legge regionale 10 agosto 1978, n. 35; la legge regionale 29 aprile 1985, n. 21, con esclusione dell'articolo 7, dell'articolo 16, commi 1, 2, 4, 5, 6, dell'articolo 27 e dell'articolo 30; la legge regionale 12 gennaio 1993, n. 10, ad eccezione del capo I e dell'articolo 60; gli articoli da 150 a 152 della legge regionale 1 settembre 1993, n. 25; gli articoli da 1 a 11 della legge regionale 7 giugno 1994, n. 19; gli articoli da 1 a 4 della legge regionale 10 gennaio 1995, n. 10; gli articoli da 1 a 14 e da 16 a 22 della legge regionale 8 gennaio 1996, n. 4; gli articoli da 1 a 20 della legge regionale 6 aprile 1996, n. 22; l'articolo 11, comma 9, della legge regionale 30 marzo 1998, n. 5; gli articoli 1, 2 e 3 della legge regionale 2 settembre 1998, n. 21; l'articolo 100, commi 2 e 3, della legge regionale 3 maggio 2001, n. 6; gli articoli 44 e 120 della legge regionale 26 marzo 2002, n. 2.
2. Sono, altresì, abrogate tutte le altre disposizioni normative e regolamentari regionali, generali e speciali, in contrasto o, comunque, incompatibili con la presente legge. Restano valide le disposizioni dell'articolo 94 della legge regionale 26 marzo 2002, n. 2, nonché le disposizioni della legge regionale 15 maggio 2002, n. 4 e quelle dell'articolo 9 della legge regionale 23 dicembre 2000, n. 32.
Sezione II DISPOSIZIONI PARTICOLARI
Art. 349
Misure per l'adeguamento della funzionalità della pubblica amministrazione Art. 7, legge n. 109/1994, coordinata con le norme recate dall'art. 1 della legge regionale n. 20/2007 e con le vigenti leggi regionali di modifica, sostituzione ed integrazione in materia (art. 4, legge regionale n. 7/2002 e art. 3, legge regionale n. 7/2003)

1. I soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a), nominano, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, un responsabile unico del procedimento di attuazione di ogni singolo intervento previsto dal programma triennale dei lavori pubblici, per le fasi della progettazione, dell'affidamento e dell'esecuzione. Nominano altresì un responsabile unico del procedimento per le opere di manutenzione ordinaria escluse dal programma triennale di cui al comma 3 dell'articolo 14.
2. Il regolamento determina l'importo massimo e la tipologia dei lavori per i quali il responsabile del procedimento può coincidere con il progettista o con il direttore dei lavori. Fino alla data di entrata in vigore del regolamento tale facoltà può essere esercitata per lavori di qualsiasi importo o tipologia. L'Amministrazione della difesa, in considerazione della struttura gerarchica dei propri organi tecnici, in luogo di un unico responsabile del procedimento può nominare un responsabile del procedimento per ogni singola fase di svolgimento del processo attuativo: progettazione, affidamento ed esecuzione.
3. Il responsabile del procedimento formula proposte e fornisce dati e informazioni ai fini della predisposizione del programma triennale dei lavori pubblici e dei relativi aggiornamenti annuali; assicura, in ciascuna fase di attuazione degli interventi, il controllo sui livelli di prestazione, di qualità e di prezzo determinati in coerenza alla copertura finanziaria ed ai tempi di realizzazione del programma oltreché al corretto e razionale svolgimento delle procedure; segnala altresì eventuali disfunzioni, impedimenti o ritardi nell'attuazione degli interventi e accerta la libera disponibilità delle aree e degli immobili necessari, fornisce all'amministrazione i dati e le informazioni relativi alle principali fasi di svolgimento del processo attuativo necessari per l'attività di coordinamento, di indirizzo e di controllo di sua competenza.
4. Il regolamento disciplina le ulteriori funzioni del responsabile del procedimento, coordinando con esse i compiti, le funzioni e le responsabilità del direttore dei lavori e dei coordinatori in materia di salute e di sicurezza durante la progettazione e durante l'esecuzione dei lavori, previsti dal decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494, e successive modificazioni. Restano ferme, fino alla data di entrata in vigore del predetto regolamento, le responsabilità dell'ingegnere capo e del direttore dei lavori come definite dalla normativa vigente.
5. Il responsabile del procedimento deve essere un tecnico. Qualora l'organico dei soggetti di cui al comma 1 presenti carenze accertate o non consenta il reperimento delle adeguate competenze professionali in relazione alle caratteristiche dell'intervento secondo quanto attestato dal dirigente competente alla formazione e allo svolgimento del programma, i compiti di supporto all'attività del responsabile del procedimento possono essere affidati con le procedure e le modalità previste dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157, a professionisti singoli o associati nelle forme di cui alla legge 23 novembre 1939, n. 1815, e successive modificazioni, o alle società di cui all'articolo 17, comma 1, lettere e) ed f), aventi le necessarie competenze specifiche di carattere tecnico, economico-finanziario, amministrativo, organizzativo e legale e che abbiano stipulato a proprio carico adeguata polizza assicurativa a copertura dei rischi di natura professionale.
6. Qualora si renda necessaria l'azione integrata e coordinata di diverse amministrazioni statali, regionali o locali, l'amministrazione aggiudicatrice, su proposta del responsabile unico del procedimento, può promuovere la conclusione di un accordo di programma ai sensi dell'articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni.
(omissis)
Art. 350
Conferenza speciale di servizi per i lavori pubblici e Commissione regionale dei lavori pubblici Art. 7 bis, legge n. 109/1994, coordinata con le norme recate dall'art. 1 della legge regionale n. 20/2007 e con le vigenti leggi regionali di modifica, sostituzione ed integrazione in materia (art. 5, legge regionale n. 7/2002, art. 4, legge regionale n. 7/2003 e art. 126, legge regionale n. 17/2004)

1. Per tutti i lavori pubblici il cui importo complessivo sia inferiore o uguale alla soglia comunitaria, il parere sui progetti in linea tecnica è espresso dal responsabile del procedimento.
2. I pareri sui progetti di importo complessivo superiore alla soglia comunitaria e fino a tre volte il medesimo importo vengono resi dalla Conferenza speciale di servizi che è convocata con le modalità e l'osservanza delle procedure di cui al comma 7 dell'articolo 7 dall'ingegnere capo del Genio civile competente per territorio, sulla base del progetto definitivo o esecutivo delle opere inviato dal responsabile del procedimento. Si intende ingegnere capo del Genio civile competente per territorio quello della provincia in cui ricade l'opera o la maggiore estensione della stessa. Il voto del presidente in caso di parità determina la maggioranza.
3. La Conferenza speciale di servizi acquisisce tutte le intese, pareri, concessioni, autorizzazioni, licenze, nullaosta e assensi comunque denominati, necessari alla realizzazione dei lavori ed il suo parere sostituisce, a tutti gli effetti, qualsiasi altro esame o parere di amministrazioni o di organi consultivi monocratici o collegiali ed uffici regionali in materia di opere pubbliche.
4. Il parere favorevole della Conferenza speciale di servizi costituisce approvazione in linea tecnica del progetto di cui al comma 2.
5. Ai lavori della Conferenza speciale di servizi partecipano:
a)  l'ingegnere capo del Genio civile competente per territorio, in qualità di presidente;
b)  il responsabile del procedimento;
c)  i responsabili degli uffici degli enti pubblici e/o privati delegati per legge ad esprimere pareri di competenza, in qualità di componenti;
d)  un dirigente dell'ufficio del Genio civile.
6.  Le funzioni di segretario della Conferenza speciale di servizi sono svolte da un dirigente dell'ufficio del Genio civile.
7. L'ingegnere capo del Genio civile competente per territorio, qualora ne ravvisi la necessità, può avvalersi di non più di cinque consulenti tecnico-giuridici scelti tra liberi professionisti di comprovata esperienza o docenti universitari.
8. Con decreto dell'Assessore regionale per i lavori pubblici sono determinate le modalità per le spese generali per il funzionamento, per i partecipanti ed i consulenti della Conferenza speciale di servizi.
9.  Ai lavori della Conferenza speciale di servizi partecipano, altresì, per l'acquisizione degli assensi di competenza, i responsabili di enti e/o società private proprietari di immobili e/o infrastrutture interessati dalla realizzazione degli interventi previsti in progetto.
10.  I pareri sui progetti di importo superiore a tre volte la soglia comunitaria sono resi dalla Commissione regionale dei lavori pubblici, di seguito denominata Commissione regionale, istituita quale organo tecnico consultivo della Regione. La Commissione regionale esprime anche il parere nei casi di appalto-concorso di cui al comma 4 dell'articolo 20.
11.  La Commissione regionale svolge attività di consulenza tecnica per la Regione e, per consulenze di particolare complessità, su richiesta degli altri enti di cui alla lettera a) del comma 2 dell'articolo 2.
12.  Al fine della semplificazione dei procedimenti di valutazione, di autorizzazione e di finanziamento per l'esecuzione di lavori pubblici di cui al comma 10, il responsabile del procedimento, o il soggetto privato attuatore di interventi, richiede la convocazione della Commissione regionale, alla quale partecipano tutti i soggetti competenti al rilascio di intese, pareri, concessioni, autorizzazioni, licenze, nulla osta ed assensi comunque denominati previsti dalla normativa vigente, nonché il responsabile del procedimento.
13.  Il parere della Commissione regionale, da rendersi su progetti definitivi o esecutivi ai sensi dell'articolo 16, sostituisce, a tutti gli effetti, qualsiasi altro esame o parere di amministrazioni o di organi consultivi monocratici o collegiali e di uffici regionali in materia di opere pubbliche.
14.  La Commissione regionale assume i provvedimenti di competenza con l'osservanza delle procedure di cui al comma 7 dell'articolo 7. Il voto del presidente della Commissione regionale, in caso di parità, determina la maggioranza.
15. La Commissione regionale è composta dal dirigente generale del Dipartimento regionale dei lavori pubblici, dall'Ispettore tecnico, dall'Ispettore tecnico regionale, dall'avvocato generale della Regione, dall'ingegnere capo del Genio civile competente per territorio e da cinque consulenti tecnico-giuridici designati dall'Assessore regionale per i lavori pubblici.
16. L'Assessore regionale per i lavori pubblici designa altresì il presidente della Commissione tra i dirigenti generali degli ispettorati tecnici, cui è attribuito il potere di convocazione della Commissione regionale dei lavori pubblici con le modalità di cui al comma 7 dell'articolo 7.
17. Le funzioni di segretario della Commissione regionale sono svolte da un dirigente tecnico del dipartimento cui è affidata la presidenza.
18. Con decreto dell'Assessore regionale per i lavori pubblici sono determinate le modalità per le spese generali per il funzionamento relativamente ai componenti ed ai consulenti della Commissione regionale.
19. Per il funzionamento della Commissione regionale dei lavori pubblici si applicano le procedure previste per la Conferenza speciale di servizi.
20. Nel caso di opere e interventi sottoposti a procedura di valutazione di impatto ambientale o a procedura di incidenza in attuazione dell'articolo 4 della direttiva 85/337/CEE del Consiglio del 27 giugno 1985, partecipa alla Conferenza speciale o alla Commissione regionale l'autorità competente in materia di valutazione di impatto ambientale ai sensi dell'articolo 91 della legge regionale 3 maggio 2001, n. 6.
21. Nel caso di opere ed interventi ricadenti in zone sottoposte a vincolo paesaggistico, a vincolo idrogeologico, che comportino riduzione di superfici boscate, che ricadono in parchi e riserve naturali ed in siti di importanza comunitaria di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni, nonché nel caso di progetti richiedenti la procedura di valutazione di impatto ambientale, ovvero la procedura di valutazione di incidenza e di progetti sottoposti a preventive autorizzazioni di natura ambientale, la Conferenza speciale di servizi o la Commissione regionale si esprimono sul progetto preliminare, al fine di concordare quali siano le condizioni per ottenere, in sede di presentazione del progetto definitivo, i pareri, le concessioni, le autorizzazioni, le licenze ed i nulla osta previsti dalla normativa vigente.
22. Per le finalità del presente articolo è autorizzata, per l'esercizio finanziario 2002, la spesa di 200 migliaia di euro in termini di competenza e di 100 migliaia di euro in termini di cassa.
23. All'onere di cui al comma 22 si provvede in termini di competenza con parte delle disponibilità dell'UPB 4.2.1.5.2 (capitolo 215704, codice 1001) ed in termini di cassa con parte delle disponibilità dell'UPB 4.2.1.5.1 (capitolo 215711).
24. Per gli esercizi finanziari successivi la spesa è valutata in 100 migliaia di euro, cui si provvede con parte delle disponibilità dell'UPB 4.2.1.5.2 (capitolo 215704).
Art. 351
Effettuazione delle attività di studio, progettazione, direzione dei lavori e accessorie Art. 17, legge n. 109/1994, coordinata con le norme recate dall'art. 1 della legge regionale n. 20/2007 e con le vigenti leggi regionali di modifica, sostituzione ed integrazione in materia (art. 11, legge regionale n. 7/2002, art. 10, legge regionale n. 7/2003, art. 1, legge regionale n. 16/2005 e art. 1, legge regionale n. 20/2007)

1. Le prestazioni relative alle attività di studio, rilievi ed indagini connesse, progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva nonché alla direzione dei lavori, alle funzioni dei responsabili della sicurezza ed agli incarichi di supporto tecnico-amministrativo alle attività del responsabile unico del procedimento e del dirigente competente alla formazione del programma triennale di cui all'articolo 14, e a tutte le attività di cui alle categorie 11 e 12 dell'allegato 1A del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157 e successive modifiche ed integrazioni, comprese le prestazioni professionali dei geologi, sono espletate:
a) dagli uffici tecnici delle stazioni appaltanti;
b) dagli uffici consortili di progettazione e di direzione dei lavori che i comuni, i rispettivi consorzi ed unioni, le aziende unità sanitarie locali, i consorzi, gli enti di industrializzazione e gli enti di bonifica possono costituire con le modalità di cui agli articoli 2, comma 2, 30, 31 e 32 del decreto legislativo 18 giugno 2000, n. 267;
c) dagli organismi di altre pubbliche amministrazioni di cui le singole amministrazioni aggiudicatrici possono avvalersi per legge o per ordinanza; per le opere marittime e portuali possono altresì avvalersi del Genio civile opere marittime;
d) da liberi professionisti singoli od associati nelle forme di cui alla legge 23 novembre 1939, n. 1815, e successive modificazioni, ivi compresi, con riferimento agli interventi inerenti al restauro e alla manutenzione di beni mobili e delle superfici decorate di beni architettonici, i soggetti con qualifica di restauratore di beni culturali ai sensi della vigente normativa;
e) dalle società di professionisti di cui al comma 5, lettera a);
f) dalle società di ingegneria di cui al comma 5, lettera b);
g) da raggruppamenti temporanei costituiti dai soggetti di cui alle lettere d), e) ed f), ai quali si applicano le disposizioni di cui all'articolo 13 in quanto compatibili;
g-bis) da consorzi stabili di società di professionisti di cui al comma 6, lettera a), e di società di ingegneria di cui al comma 6, lettera b), anche in forma mista, formati da non meno di tre consorziati che abbiano operato nel settore dei servizi di ingegneria e architettura, per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni, e che abbiano deciso di operare in modo congiunto secondo le previsioni del comma 1 dell'articolo 12. E' vietata la partecipazione a più di un consorzio stabile. Ai fini della partecipazione alle gare per l'affidamento di incarichi di progettazione e attività tecnico-amministrative ad essa connesse, il fatturato globale in servizi di ingegneria e architettura realizzato da ciascuna società consorziata nel quinquennio o nel decennio precedente è incrementato secondo quanto stabilito dall'articolo 12, comma 8-bis, della presente legge; ai consorzi stabili di società di professionisti e di società di ingegneria si applicano altresì le disposizioni di cui ai commi 4, 5, 6 e 7 del predetto articolo 12.
2. I provvedimenti di affidamento concernenti la scelta degli uffici, organismi e soggetti di cui al comma 1 nonché gli affidamenti aventi natura fiduciaria sono di competenza:
a)  per l'Amministrazione regionale, del Presidente della Regione o dell'Assessore regionale competente;
b)  per le altre amministrazioni o enti, dei rispettivi organi esecutivi.
(omissis)
Art. 352
Aggiudicazione ed esecuzione di lavori in caso di ricorso amministrativo e/o giudiziario Art. 21 bis, legge n. 109/1994, coordinata con le norme recate dall'art. 1 della legge regionale n. 20/2007 e con le vigenti leggi regionali di modifica, sostituzione ed integrazione in materia (art. 18, legge regionale n. 7/2002 e art. 16, legge regionale n. 7/2003)

1. Il verbale di gara di appalto dei lavori deve essere redatto immediatamente, sottoscritto dall'impresa aggiudicataria, se presente, e pubblicato, per almeno tre giorni consecutivi non festivi nella sede degli enti dove è svolta la gara. Ove l'aggiudicatario non sia presente, deve essergli data comunicazione immediata da parte del responsabile del procedimento.
2. In assenza di rilievi o di contestazioni, che devono essere effettuati nei sette giorni successivi a quello di espletamento della gara, il verbale di gara diviene definitivo.
3. In caso di rilievi e contestazioni l'ente appaltante, e per esso il responsabile del procedimento, è tenuto a decidere entro il termine perentorio di dieci giorni dalla loro trasmissione.
4. Decorso inutilmente il termine di cui al comma 3, in mancanza di decisione, i rilievi e le contestazioni si intendono respinti ed il verbale di gara diviene definitivo.
5.  Fatto salvo l'esercizio del potere di autotutela, in caso di ricorso in sede amministrativa e/o giurisdizionale l'ente appaltante, in assenza di provvedimento cautelare sospensivo definitivo, è tenuto a consegnare i lavori all'aggiudicatario risultante dal verbale divenuto definitivo ai sensi dei commi 2, 3 e 4 senza attendere la definizione nel merito del giudizio.
6. La disposizione di cui al comma precedente si applica anche per le procedure relative agli appalti di fornitura di beni e servizi.
Sezione III UFFICIO REGIONALE PER I PUBBLICI APPALTI
Art. 353
Istituzione Art. 1, legge regionale 12 gennaio 1993, n. 10 (art. 14, legge regionale n. 4/1996, art. 1, legge regionale n. 22/1996 e art. 42, legge regionale n. 7/2002)

1. E' istituito l'Ufficio regionale per i pubblici appalti.
2. L'Ufficio si articola in sezioni provinciali, aventi sede nei capoluoghi delle province regionali.
3. (comma abrogato)
Art. 354
Composizione e provvista del personale Art. 2, legge regionale n. 10/1993

1. Ciascuna sezione è composta da cinque membri, dei quali uno con funzioni di presidente cui spetta dirigere la sezione e coordinare l'attività dei suoi componenti.
2. Presso ogni sezione è istituito un ufficio di segreteria tecnico-amministrativa, al quale è preposto un funzionario regionale con qualifica non inferiore a dirigente superiore.
3. All'assegnazione del personale necessario per la segreteria tecnico - amministrativa di ciascuna sezione si provvede con personale regionale, mediante decreto del Presidente della Regione.
Art. 355
Nomina Art. 3, legge regionale n. 10/1993

1. I Presidenti e gli altri componenti di ciascuna sezione sono nominati tra gli iscritti in un apposito albo istituito presso la Presidenza della Regione.
2. All'albo sono iscritti a domanda i funzionari della Regione siciliana, in attività di servizio o in quiescenza, con qualifica non inferiore a dirigente, che abbiano maturato presso la pubblica amministrazione, nella qualifica dirigenziale, un'anzianità effettiva di servizio non inferiore a dieci anni.
3. Sono altresì iscritti a domanda, purché in quiescenza:
a) i professori universitari di materie giuridiche;
b) i magistrati e gli avvocati dello Stato.
4. L'albo si rinnova ogni due anni ed è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana.
5. Il Presidente di ciascuna sezione è nominato dalla Giunta regionale mediante scelta non comparativa tra gli iscritti all'albo di cui al comma 1, che siano in possesso di diploma di laurea in materie giuridiche o economiche; i dipendenti regionali in servizio o in quiescenza devono essere, altresì, in possesso almeno della qualifica di dirigente superiore. Alla scelta dei Presidenti si procede prima della individuazione degli altri componenti.
6. Gli altri membri di ciascuna sezione sono scelti mediante sorteggio tra gli iscritti all'albo di cui comma 1, con modalità tali da assicurare la presenza di due membri con professionalità amministrativa e di due membri con professionalità tecnica.
7. Con decreto del Presidente della Regione, da emanarsi entro 30 giorni dalla entrata in vigore della presente legge, è istituito l'albo di cui al comma 1 e sono regolate le condizioni e le procedure per l'iscrizione allo stesso e per l'effettuazione dei sorteggi di cui al comma 6.
Art. 356
Disposizioni di natura cautelare Art. 4, legge regionale n. 10/1993

1. Non possono far parte dell'Ufficio coloro che si trovano nelle condizioni di cui all'art. 1 della legge 18 gennaio 1992, n. 16.
2. La domanda di iscrizione all'albo di cui al comma 2 dell'art. 3 deve essere corredata da dichiarazione resa ai sensi della legge 4 gennaio 1968 n. 15 con la quale gli interessati attestano di non trovarsi in alcuna delle condizioni previste dalla legge 18 gennaio 1992, n. 16.
3. Trovano, altresì, applicazione gli articoli 91 e 92 del T.U. approvato con D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 e successive modifiche e integrazioni.
Art. 357
Durata in carica e sostituzioni Art. 5, legge regionale n. 10/1993

1. I componenti dell'Ufficio regionale per i pubblici appalti ed i funzionari preposti alle segreterie delle sezioni durano in carica tre anni. Durante tale periodo i componenti in attività di servizio sono distaccati presso l'Ufficio regionale per i pubblici appalti.
2. Dopo tre assenze continuative il componente dell'Ufficio regionale per i pubblici appalti è dichiarato decaduto e si procede alla sua sostituzione ai sensi dell'art. 3.
3. Nella prima applicazione della presente legge i presidenti e uno dei membri di ciascuna sezione durano in carica per quattro anni. Il membro che allo scadere del primo triennio permane nella carica è individuato mediante sorteggio pubblico. Le modalità del sorteggio sono quelle previste dall'articolo 3.
4. Con le modalità di cui all'art. 3 si provvede alla nomina dei componenti e dei presidenti che via via devono sostituire quelli cessanti.
5. Alla nomina dei nuovi presidenti, dei componenti delle sezioni e dei funzionari preposti alle segreterie si provvede almeno sei mesi prima della data in cui cessano i precedenti. Le nuove nomine decorrono dal giorno successivo a quello della cessazione dei precedenti membri.
6. Sono nulli gli atti posti in essere dalle sezioni di cui il Presidente o alcuno dei componenti è cessato dalla carica senza che il successore sia stato nominato.
7. I componenti dell'Ufficio possono cessare anticipatamente dalla carica solo in caso di morte, dimissioni o impedimento discendente da fatti da cui consegua l'incapacità a svolgere pubbliche funzioni o ad occupare pubblici uffici. In tale ipotesi la Giunta regionale provvede alla sostituzione secondo le modalità di cui all'art. 3.
8. I componenti subentranti cessano dalla carica alla scadenza prevista per i componenti sostituiti.
9. Nel quinquennio successivo a ciascuna scadenza i membri uscenti non possono essere chiamati a comporre l'Ufficio.
Art. 358
Trattamento economico Art. 6, legge regionale n. 10/1993

1. I componenti in attività di servizio, i funzionari preposti alle segreterie e il personale delle medesime conservano, a carico dell'Amministrazione di appartenenza, l'ordinario trattamento retributivo.
2. I presidenti e gli altri membri, nonché i funzionari preposti alle segreterie, hanno diritto ad apposite indennità determinate con decreto del Presidente della Regione, su delibera della Giunta regionale. Tali indennità sono determinate in misura non superiore al trattamento economico tabellare previsto per il direttore regionale con dieci scatti per i Presidenti delle sezioni ed in misura non superiore al trattamento economico tabellare previsto per il direttore regionale con cinque scatti per gli altri componenti e per i funzionari preposti alle segreterie.
Art. 359
Divieto di conferimento di incarichi e incompatibilità Art. 7, legge regionale n. 10/1993

1. Ai componenti delle sezioni ed ai funzionari preposti alle segreterie non possono essere conferiti incarichi di progettista, ingegnere capo, direttore dei lavori, collaudatore, collaudatore statico, componente o segretario di commissioni di collaudo ed arbitro relativamente ad opere il cui committente o concessionario sia uno degli enti di cui all'art. 1 della legge regionale 29 aprile 1985, n. 21. Il divieto vige anche nei tre anni successivi alla cessazione della carica e dell'assegnazione all'Ufficio.
2. I componenti delle sezioni ed i funzionari preposti alle segreterie che, all'atto della nomina o della preposizione, siano titolari di alcuno degli incarichi elencati al comma 1, sono tenuti, a pena di decadenza, a dimettersi o a recederne entro quindici giorni dall'assunzione della carica.
Art. 360
Procedure di affidamento Art. 8, legge regionale n. 10/1993

1. Per le procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, esclusi i casi di cottimo fiduciario e di trattativa privata per la quale non sia richiesta la pubblicazione preliminare di bando di gara, gli enti indicati nell'art. 1 della legge regionale 29 aprile 1985, n. 21, si avvalgono dell'Ufficio regionale per i pubblici appalti.
2. Ciascuna sezione dell'Ufficio è competente per le procedure di affidamento riguardanti opere da eseguirsi nel territorio della provincia; per gli appalti che debbano eseguirsi nel territorio di più province, la sezione competente viene determinata, secondo il criterio della prevalenza dell'importo dei lavori, dalla Conferenza dei presidenti di cui all'art. 14.
Art. 361
Competenza degli enti committenti Art. 9, legge regionale n. 10/1993

1. Quando gli enti di cui all'art. 1 della legge regionale 29 aprile 1985, n. 21, devono avvalersi dell'opera dell'Ufficio regionale per i pubblici appalti, spetta in ogni caso agli stessi stabilire l'oggetto del contratto e le parti essenziali del suo contenuto, nonché il procedimento da adottare per la scelta del contraente.
2. La relativa delibera dell'ente appaltante, unitamente agli atti progettuali ed alla comunicazione di preinformazione, ove effettuata, deve essere trasmessa alla sezione con richiesta di procedere agli atti di sua competenza.
Art. 362
Atti iniziali del procedimento Art. 10, legge regionale n. 10/1993

1. La sezione, entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta e degli atti di cui all'art. 9, predispone il bando di gara indicandovi il procedimento e determinando il criterio di aggiudicazione.
2. Quando la competenza a procedere sia devoluta all'Ufficio regionale per i pubblici appalti, il capitolato speciale compreso fra gli atti progettuali deve rinviare, per quanto concerne il criterio di aggiudicazione e gli elementi di valutazione eventualmente da applicare, alle previsioni del bando di gara.
Art. 363
Svolgimento procedimentale Art. 11, legge regionale n. 10/1993

1. La sezione provvede a tutti gli ulteriori adempimenti necessari per pervenire all'affidamento dei lavori, fino all'aggiudicazione o, nel caso di appalto concorso, alle determinazioni della commissione giudicatrice.
2. I verbali concernenti le decisioni adottate e quelli relativi all'aggiudicazione o alle determinazioni della commissione giudicatrice in caso di appalto concorso vengono trasmessi, subito dopo la conclusione del procedimento, all'ente appaltante mediante raccomandata con avviso di ricevimento o a mano.
3. Essi si intendono approvati se, entro il termine perentorio di venti giorni dal ricevimento, l'organo esecutivo dell'ente non provveda negativamente con delibera motivata.
4. L'approvazione può essere rifiutata solo in caso di violazione di legge da cui sia conseguita alterazione dell'effettiva parità di condizioni fra gli aspiranti all'appalto, o elusione della segretezza delle offerte, ovvero alterazione manifesta del risultato della gara.
5. Nel caso di approvazione tacita, ai sensi del comma 3 del presente articolo, l'organo esecutivo dell'ente è tenuto a prenderne formalmente atto entro i successivi dieci giorni. I provvedimenti di presa d'atto, di approvazione o di diniego di approvazione devono essere inoltrati, entro dieci giorni dall'adozione, all'organo di controllo o di vigilanza per quanto di loro competenza.
6. Gli atti successivi all'aggiudicazione od alle determinazioni della commissione giudicatrice, ivi compresi gli avvisi e le comunicazioni previste dalla legge, vengono posti in essere dall'ente appaltante.
Art. 364
Modalità di funzionamento delle sezioni Art. 12, legge regionale n. 10/1993

1.  Il presidente della sezione dell'Ufficio regionale per i pubblici appalti assegna ciascun procedimento a se stesso o ad altro componente, ai fini dell'esame e dell'attività preparatoria e per riferire alla sezione, secondo un criterio generale di rotazione fra i componenti della sezione.
2.  La sezione viene convocata dal presidente con avviso contenente l'ordine del giorno da comunicarsi ai componenti almeno ventiquattro ore prima dell'adunanza.
3.  La sezione funziona con la presenza della maggioranza dei componenti e delibera a maggioranza dei votanti; in caso di parità prevale il voto del presidente. In caso di assenza del presidente, le sue funzioni sono assunte dal componente più anziano di età.
4.  Alle sedute assiste, con compiti di segretario, il funzionario che dirige la segreteria della sezione o, in caso di assenza o di impedimento, il funzionario che lo segue nell'ordine del ruolo fra quelli in servizio.
5.  I provvedimenti sono sottoscritti da tutti i presenti e dal segretario.
Art. 365
Funzioni del presidente di sezione Art. 13, legge regionale n. 10/1993

1. Presidente delle gare che si svolgono presso l'Ufficio regionale per i pubblici appalti è il presidente della sezione o altro componente da lui designato, secondo un criterio generale di rotazione fra i componenti della sezione.
2. Nel caso di appalto - concorso e nei procedimenti di concessione di costruzione e gestione per i quali il criterio di scelta richieda l'acquisizione del parere di un organo collegiale, la presidenza della commissione spetta, in deroga a qualsiasi diversa previsione di legge, al presidente della sezione o ad altro componente da lui designato.
3. In nessun caso potrà esservi coincidenza fra il presidente di gara e il presidente di commissione chiamata ad esprimere parere sulle offerte.
4. Al presidente della sezione compete altresì, nei casi indicati nel comma 2, la nomina degli altri componenti della commissione, da effettuare nel rispetto della composizione e del procedimento previsti dalla legge. Il segretario della commissione è nominato fra i componenti dell'Ufficio di segreteria.
5. In deroga a qualsiasi altra disposizione di legge nessun compenso può essere attribuito ai componenti dell'Ufficio regionale per i pubblici appalti per l'attività svolta quali presidenti di gara o componenti di commissioni chiamate a giudicare o ad esprimere parere sulle offerte.
Art. 366
Conferenza dei presidenti Art. 14, legge regionale n. 10/1993

1. L'uniformità di indirizzo ed il coordinamento operativo delle sezioni sono assicurati dalla Conferenza dei presidenti, convocata dal Presidente della Regione o, per sua delega, dall'Assessore regionale per i lavori pubblici, ogni tre mesi e comunque ogni qualvolta se ne ravvisi la necessità, con preavviso di almeno quarantotto ore.
2. Compongono la Conferenza il Presidente della Regione, l'Assessore regionale per i lavori pubblici, il direttore regionale dell'Assessorato dei lavori pubblici, l'ispettore regionale tecnico ed i presidenti delle sezioni dell'Ufficio regionale per i pubblici appalti.
3. La Conferenza è presieduta dal Presidente della Regione o, in sua assenza, dall'Assessore regionale per i lavori pubblici. Se anch'egli sia assente la presidenza è assunta dal direttore dell'Assessorato regionale dei lavori pubblici.
4. La validità delle adunanze richiede la presenza della maggioranza dei componenti e le eventuali deliberazioni sono adottate a maggioranza dei votanti; in caso di parità prevale il voto del presidente.
5. Le funzioni di segretario sono svolte dal funzionario preposto alla segreteria della sezione di Palermo o da altro funzionario della medesima da lui delegato.
6. I verbali sono sottoscritti dal presidente e dal segretario.
7. Le deliberazioni della Conferenza, quando riguardino atti di indirizzo o istruzioni amministrative di carattere generale, sono pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana.
Sezione IV DISPOSIZIONI TRANSITORIE
Art. 367
Ufficio regionale per l'espletamento di gare per l'appalto di lavori pubblici Art. 7 ter, legge n. 109/1994, coordinata con le norme recate dall'art. 1 della legge regionale n. 20/2007 e con le vigenti leggi regionali di modifica, sostituzione ed integrazione in materia (art. 5, legge regionale n. 7/2002, art. 126, legge regionale n. 17/2004, art. 1, legge regionale n. 9/2005, art. 1, legge regionale n. 16/2005, artt. 1, 2, 3 e 4, legge regionale n. 23/2006 e art. 1, legge regionale n. 20/2007)

1. Nelle more della compiuta applicazione del capo I della legge regionale 12 gennaio 1993, n. 10, è istituito l'Ufficio regionale per l'espletamento di gare per l'appalto di lavori pubblici.
1-bis. L'Ufficio è altresì competente per l'espletamento delle procedure in materia di finanza di progetto disciplinate agli articoli 37 bis e seguenti della legge 11 febbraio 1994, n. 109, come introdotta dalla legge regionale 2 agosto 2002, n. 7, e successive modifiche ed integrazioni. Con decreto dell'Assessore per i lavori pubblici e previa delibera della Giunta regionale, sono stabilite le modalità di organizzazione interna e funzionamento per le finalità di cui al presente comma e degli articoli 37 bis e seguenti.
2. L'Ufficio si articola in una sezione centrale avente sede in Palermo ed in sezioni provinciali aventi sede nei capoluoghi delle province regionali.
3. L'Ufficio costituisce struttura intermedia dell'Ispettorato tecnico dell'Assessorato regionale dei lavori pubblici ed è articolato in servizi.
4. La sezione centrale svolge attività di espletamento delle gare d'appalto per le opere di interesse sovra-provinciale con importo a base d'asta superiore a 1.250 migliaia di euro nonché attività di coordinamento delle sezioni provinciali.
5. Le sezioni provinciali svolgono attività di espletamento delle gare d'appalto per le opere di interesse provinciale, intercomunale e comunale per i lavori con importo a base d'asta superiore a 1.250 migliaia di euro.
5-bis. Il presidente di turno della sezione centrale, su richiesta motivata del presidente di una sezione provinciale, può disporre l'affidamento dell'attività di espletamento della gara di appalto di competenza di questa ad altra sezione provinciale. La facoltà di affidare ad altra sezione provinciale l'espletamento di una gara va esercitata all'inizio della procedura e pubblicata sul sito internet dell'Assessorato regionale dei lavori pubblici.
6. Le sezioni centrale e provinciali redigono un verbale delle operazioni di gara che viene trasmesso alle amministrazioni appaltanti nonché ai soggetti collocatisi al primo ed al secondo posto in graduatoria. Il verbale costituisce proposta ai fini dell'adozione del provvedimento di aggiudicazione da parte dell'organo competente dell'amministrazione appaltante.
7. Gli importi di cui ai commi 4 e 5 possono essere modificati in relazione agli elementi statistici utili a determinare la concreta funzionalità delle sezioni, con decreto dell'Assessore regionale per i lavori pubblici su deliberazione adottata dalla Giunta regionale previo parere della competente Commissione dell'Assemblea regionale siciliana.
8. E' data facoltà alle amministrazioni appaltanti di avvalersi, con motivata richiesta, delle sezioni provinciali, indipendentemente dall'importo dell'appalto.
9. Presso ciascuna sezione provinciale è costituita una commissione di tre componenti in possesso di adeguata professionalità scelti rispettivamente tra le seguenti figure:
a) un dirigente amministrativo dell'Amministrazione regionale o un dirigente dell'amministrazione statale anche a riposo, o in alternativa, previa costituzione di apposito albo, un soggetto esterno all'Amministrazione regionale in possesso di specifiche e documentate competenze scelto tra magistrati a riposo provenienti dalle giurisdizioni amministrative e contabili, avvocati cassazionisti, dirigenti amministrativi degli enti locali, previo parere della Commissione "Affari istituzionali" dell'Assemblea regionale siciliana;
b) un dirigente tecnico dell'Assessorato regionale dei lavori pubblici, previo parere della Commissione "Affari istituzionali" dell'Assemblea regionale siciliana;
c) un dirigente o un funzionario dell'ente appaltante, escluso il responsabile del procedimento, indicato di volta in volta dall'ente di competenza.
9-bis. Il presidente di ciascuna sezione provinciale, in caso di indifferibile necessità ed urgenza di espletamento di gara in ragione delle richieste pervenute, costituisce una seconda commissione di gara, la cui composizione è pubblicata sul sito internet dell'Assessorato regionale dei lavori pubblici.
9-ter. Fatto salvo quanto previsto dal comma 9, nell'ipotesi della costituzione di una seconda commissione di gara, le due commissioni sono così composte:
a)  la prima:
1) dal componente di cui alla lettera a) del comma 9, che la presiede;
2) da un dirigente della segreteria tecnico-amministrativa della sezione provinciale;
3) dal componente di cui alla lettera c) del comma 9;
b) la seconda:
1) dal componente di cui alla lettera b) del comma 9, che la presiede;
2) da un altro dirigente della segreteria tecnico-amministrativa della sezione provinciale;
3) dal componente di cui alla lettera c) del comma 9.
9-quater. Nessun ulteriore compenso è dovuto per la partecipazione alla seconda commissione costituita ai sensi del comma 9 bis.
10. La commissione di gara della sezione centrale dell'Ufficio è costituita dai presidenti delle sezioni provinciali territorialmente interessate per l'appalto dei lavori oggetto della gara ed è composta da non meno di tre componenti, compreso il presidente di turno. Nel caso in cui questi sia anche presidente di una sezione territorialmente interessata, le funzioni di presidenza del seggio sono assunte da altro presidente di sezione provinciale, individuato nell'ordine previsto dall'art. 7 del decreto del Presidente della Regione 14 gennaio 2005, n. 1, recante "Regolamento per il funzionamento dell'Ufficio regionale per l'espletamento di gare per l'appalto di lavori pubblici".
11. Presso ogni sezione è istituito un ufficio di segreteria tecnico-amministrativa, al quale è preposto un dirigente regionale che assume anche le funzioni di componente supplente, in seno alla commissione di gara, nella ipotesi in cui debba provvedersi alla sostituzione di uno dei componenti di cui alle lettere a) e b) del comma 9, senza che ciò importi deroga rispetto alle disposizioni di cui al comma 15 del presente articolo.
12. Nell'ambito degli uffici di segreteria tecnico-amministrativa, la cui dotazione non può superare le trenta unità, possono essere assegnate in posizione di comando non più di dieci unità di personale proveniente da amministrazioni comunali, provinciali o dagli enti territoriali interessati.
12-bis. Con provvedimento dell'Ispettore generale dell'ispettorato tecnico dell'Assessorato regionale dei lavori pubblici sono nominati i dirigenti preposti alle segreterie tecnico-amministrative ed il personale da assegnare.
13. Con decreto del Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore regionale per i lavori pubblici, sono istituite le commissioni delle sezioni e nominati i componenti di cui alle lettere a) e b) del comma 9 fatto salvo quanto previsto dal comma 9 bis.
14. All'atto dell'accettazione dell'incarico ciascun componente delle sezioni è tenuto a presentare dichiarazione di non trovarsi in alcuna delle condizioni ostative di cui alla legge 27 marzo 2001, n. 97.
15. I componenti delle sezioni e i funzionari preposti alle segreterie restano in carica due anni ed in caso di prima nomina detto termine può essere prorogato di ulteriori anni due. Durante tale periodo i componenti in attività di servizio sono distaccati presso l'Ufficio regionale per l'espletamento di gare per l'appalto di lavori pubblici. Dopo tre assenze continuative il componente dell'Ufficio di cui al comma 1 è dichiarato decaduto e si procede alla sua sostituzione. Il rinnovo delle nomine è effettuato almeno sei mesi prima della naturale scadenza. L'incarico di componente della commissione, fatto salvo quanto disposto al primo periodo, non può essere rinnovato prima di due anni dalla cessazione del precedente incarico.
16. Ai componenti delle commissioni di cui ai commi 9 e 10 del presente articolo di nomina regionale spetta un'indennità annua lorda di funzione da determinarsi con il regolamento di cui al comma 17. Per gli altri componenti l'eventuale indennità è posta a carico delle rispettive amministrazioni di provenienza. Ai componenti le commissioni, dipendenti dell'Amministrazione regionale, a decorrere dall'anno 2008, in luogo dell'indennità annua lorda è corrisposto, fermo restando il disposto di cui all'articolo 36, comma 1, dell'allegato al decreto del Presidente della Regione 22 giugno 2001, n. 10 e successive modifiche ed integrazioni, il trattamento economico accessorio di cui all'articolo 35, lettere d) ed e) del medesimo allegato, per importo complessivo equivalente all'indennità di cui all'articolo 2, comma 2, del decreto del Presidente della Regione 14 gennaio 2005, n. 1, senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio della Regione.
17. Entro il 30 novembre 2002 la Giunta regionale su proposta dell'Assessore regionale per i lavori pubblici approva lo schema di regolamento per il funzionamento dell'Ufficio di cui al presente articolo.
17-bis. Il procedimento di gara si svolge senza soluzione di continuità, salve le interruzioni stabilite dal regolamento di cui al comma 17. La gara è espletata nella seduta ordinaria successiva al termine di due giorni a partire dalla scadenza del termine fissato nel bando per la presentazione delle domande di partecipazione.
18. A decorrere dal duecentodecimo giorno successivo alla pubblicazione del regolamento di cui al comma 17 gli enti appaltanti sono obbligati ad applicare le procedure di cui al presente articolo.
19. Per l'attuazione delle disposizioni di cui al presente Capo si provvede ad imputare il relativo onere a carico del bilancio regionale relativo all'esercizio finanziario 2003.
Capo II APPALTI DI FORNITURA, DI SERVIZI E NEI SETTORI ESCLUSI
Art. 368
Contratti di fornitura di beni Art. 31, legge regionale n. 7/2002

1. Le forniture di beni nella Regione siciliana sono disciplinate dalle disposizioni del decreto legislativo 24 luglio 1992, n. 358 e successive modifiche ed integrazioni.
2. I contratti di fornitura di importo inferiore alla soglia di applicazione della normativa di cui al comma 1 e superiori a 100.000 euro sono disciplinati dai regolamenti degli enti di cui alla lettera a) del comma 2 dell'articolo 2 nel rispetto dei principi del decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 573 e successive modifiche ed integrazioni.
3. E' consentito l'affidamento a trattativa privata mediante gara informale disciplinata dai regolamenti di cui al comma 2 di forniture di beni di importo fino a 100.000 euro.
4. Con le procedure di cui al comma 3 non è consentito, nel corso di uno stesso anno solare, affidare ad una stessa impresa forniture il cui importo complessivo superi i 100.000 euro.
Art. 369
Appalti di servizi Art. 32, legge regionale n. 7/2002 (art. 126, legge regionale n. 17/2004)

1. Gli appalti di servizi nella Regione sono disciplinati dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157 e successive modifiche ed integrazioni.
2. Gli appalti di servizi di importo inferiore alla soglia di applicazione della normativa di cui al comma 1 sono disciplinati dai regolamenti degli enti di cui alla lettera a) del comma 2 dell'articolo 2, con l'osservanza dei principi che discendono dalla medesima disciplina e possono essere affidati a trattativa privata mediante gara informale nel rispetto delle condizioni stabilite dai regolamenti medesimi, con esclusione dei servizi di cui alle categorie 11 e 12 dell'allegato 1 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157 e successive modifiche ed integrazioni.
3. Nel corso di uno stesso anno solare, non è possibile affidare ad una stessa impresa, con le procedure della trattativa privata disciplinate dai regolamenti degli enti di cui al comma 2, servizi il cui importo complessivo raggiunga o superi la soglia comunitaria.
3-bis. I comuni e le province possono affidare direttamente servizi pubblici alle società a totale capitale pubblico che già gestiscono servizi analoghi entro i limiti di importo previsti dalla vigente normativa comunitaria.
Art. 370
Appalti nei settori esclusi Art. 33, legge regionale n. 7/2002

1. Gli appalti nei settori esclusi nella Regione sono disciplinati dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 158 e successive modifiche ed integrazioni.
2. Gli appalti nei settori esclusi di importo inferiore alla soglia di applicazione della normativa di cui al comma 1 sono disciplinati dai regolamenti degli enti di cui alla lettera a) del comma 2 dell'articolo 2, nel rispetto dei principi che discendono dalla medesima normativa, con esclusione dei servizi di cui alle categorie 11 e 12 dell'allegato 1 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157 e successive modifiche ed integrazioni.
Art. 371
Ricorso a trattativa privata Art. 34, legge regionale n. 7/2002 (art. 22, legge regionale n. 7/2003)

1. (comma abrogato)
2. Nelle more dell'approvazione dei regolamenti di cui agli articoli 31 e 32, anche in deroga all'articolo 8 della legge regionale 10 dicembre 2001, n. 20 e successive modifiche ed integrazioni, il ricorso alla trattativa privata per l'affidamento degli appalti di cui agli articoli 31 e 32 è consentito senza previa autorizzazione, per importi non superiori a 25.000 euro.
3. Nei casi predetti si deve procedere, a pena di nullità, ad espletare gara informale invitando almeno cinque ditte, ridotte a tre nei comuni con popolazione inferiore a diecimila abitanti, con l'esclusione dell'acquisto di forniture di beni e servizi gestiti da soggetti in regime di privativa.
4. (comma abrogato)
Titolo VI SERVIZI
Capo I FORME GESTIONALI
Sezione I DISPOSIZIONI DELLA LEGGE REGIONALE N. 9/1986
Art. 372
Gestioni comuni Art. 15, legge regionale n. 9/1986

I comuni appartenenti ad una medesima provincia regionale possono - ove per le relative materie non si provveda già a termini dell'art. 13 - stabilire fra loro, anche con l'intervento della provincia regionale, gestioni comuni al fine di:
a)  predisporre ed adottare unitariamente i piani territoriali di rispettiva competenza;
b)  realizzare l'esercizio congiunto di servizi, anche attraverso la costituzione di specifiche unità di gestione;
c)  utilizzare congiuntamente beni e servizi;
d)  far fronte in modo coordinato ad esigenze tecniche particolari, quali l'informazione automatizzata, l'addestramento del relativo personale ed ogni altra esigenza per la quale non sia necessario costituire strutture associate specifiche.
Le gestioni comuni sono deliberate dai consigli comunali e provinciali interessati, unitamente al relativo regolamento, a maggioranza assoluta dei loro componenti.
Il regolamento della gestione comune deve prevedere:
1) la sede, le attività ed i servizi da gestire congiuntamente;
2) l'istituzione, la composizione e le competenze dell'organo comune deliberante;
3) l'organo monocratico responsabile della gestione;
4) la disciplina dei rapporti finanziari e patrimoniali; le norme per il recesso di un comune o per l'adesione di altri; i modi e le forme di organizzazione ed utilizzazione del personale dipendente degli enti interessati;
5) i poteri di iniziative e di proposte degli enti associati, il diritto di informazione e le modalità di accesso agli atti della gestione comune da parte degli enti stessi e dei rispettivi consiglieri, nei limiti stabiliti dalla legge.
Almeno una volta l'anno è indetta una conferenza dei consigli dei comuni interessati, in seduta pubblica, per discutere sull'attività e sui programmi della gestione comune.
Art. 373
Gestioni comuni obbligatorie Art. 16, legge regionale n. 9/1986

Per la realizzazione di particolari obiettivi della programmazione provinciale, il Presidente della Regione, ove non vi provvedano i comuni interessati, anche su proposta dei consigli delle province regionali, dispone con proprio decreto, previa deliberazione della Giunta regionale, la costituzione obbligatoria di gestioni comuni per l'esercizio delle funzioni relative al perseguimento dei predetti obiettivi.
Col decreto di cui al comma precedente sono fissate le norme di organizzazione e le modalità di esercizio della gestione comune, in conformità delle disposizioni dell'art. 15.
Art. 374
Convenzioni Art. 17, legge regionale n. 9/1986

I comuni possono avvalersi, mediante convenzione, su richiesta dei relativi consigli, degli uffici tecnici della provincia regionale cui appartengono per le proprie attività istituzionali, concordando con la giunta provinciale i tempi, le condizioni, le modalità di utilizzazione ed il relativo apporto finanziario.
I comuni, mediante apposita convenzione, possono utilizzare servizi gestiti da altri comuni o da loro aziende. La convenzione stabilisce i rapporti economici, le forme e le condizioni di gestione, nonché i modi di consultazione periodica degli enti contraenti.
Le province hanno facoltà di promuovere e stipulare le convenzioni di cui ai commi precedenti.
Art. 375
Caratteri delle aree metropolitane Art. 19, legge regionale n. 9/1986

Possono essere dichiarate aree metropolitane le zone del territorio regionale che presentino le seguenti caratteristiche:
a)  siano ricomprese nell'ambito dello stesso territorio provinciale;
b)  abbiano, in base ai dati ISTAT relativi al 31 dicembre dell'anno precedente la dichiarazione, una popolazione residente non inferiore a 250 mila abitanti;
c)  siano caratterizzate dall'aggregazione, intorno ad un comune di almeno 200 mila abitanti, di più centri urbani aventi fra loro una sostanziale continuità di insediamenti;
d)  presentino un elevato grado di integrazione in ordine ai servizi essenziali, al sistema dei trasporti e allo sviluppo economico e sociale.
Art. 376
Individuazione e delimitazione dell'area metropolitana Art. 20, legge regionale n. 9/1986

L'individuazione dell'area metropolitana e la relativa delimitazione è effettuata, anche su richiesta degli enti locali interessati, con decreto del Presidente della Regione, previa delibera della Giunta regionale, adottata su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali.
A tal fine la relativa iniziativa è preventivamente sottoposta - a cura dell'Assessore regionale per gli enti locali - all'esame degli enti locali interessati che non abbiano promosso la richiesta di cui al comma precedente, i quali possono esprimere il proprio parere entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento. Decorso infruttuosamente tale termine, si prescinde dal parere.
Art. 377
Funzioni dell'area metropolitana Art. 21, legge regionale n. 9/1986

Le province regionali comprendenti aree metropolitane, oltre alle funzioni indicate negli articoli precedenti, svolgono, nell'ambito delle predette aree, le funzioni spettanti ai comuni in materia di:
1) disciplina del territorio, mediante la formazione di un piano intercomunale, relativo:
-  alla rete delle principali vie di comunicazione stradali e ferroviarie e dei relativi impianti;
-  alle aree da destinare ad edilizia pubblica residenziale, convenzionata ed agevolata;
-  alla localizzazione delle opere ed impianti di interesse sovracomunale.
Le previsioni del suddetto piano intercomunale costituiscono variante agli strumenti urbanistici comunali;
2) formazione del piano intercomunale della rete commerciale;
3) distribuzione dell'acqua potabile e del gas;
4) trasporti pubblici;
5) raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani.
Per l'esercizio delle funzioni di cui ai punti 3, 4 e 5 la provincia regionale può avvalersi delle aziende municipalizzate esistenti, ovvero promuovere la costituzione di gestioni comuni ai sensi dell'art. 15 o la stipula di convenzioni ai sensi dell'art. 17, secondo comma.
Art. 378
Funzioni della città metropolitana e dei comuni Art. 19, legge n. 142/1990 recepito dall'art. 1, comma 1, lett. d), della legge regionale n. 48/1991

2. Alle aree metropolitane competono le tasse, le tariffe e i contributi sui servizi ad essa attribuiti.
Sezione II DISPOSIZIONI SUCCESSIVE E NORME DI RINVIO
Art. 379
Norme di rinvio Art. 37, legge regionale n. 7/1992 (art. 47, legge regionale n. 26/1993)

(omissis)
2. Per gli articoli 22, 23, 24, 25, 26 e 27 della legge 7 giugno 1992, n. 142, come introdotti con l'articolo 1 della legge regionale 11 dicembre 1991, n. 48, si opera rinvio alle successive disposizioni statali di modifica e di integrazione, in quanto compatibili.
Art. 380
Attuazione nella Regione siciliana di norme della legge 15 maggio 1997, n. 127 Art. 2, legge regionale n. 23/1998

(omissis)
3. Nell'ordinamento della Regione siciliana, dei comuni, delle province e degli enti locali siciliani trovano immediata applicazione gli articoli (omissis) 17, commi 8, 9, 10, (omissis) 51, 52, 53, 54, 55, 56, 57, 58, 59 (omissis) della legge 15 maggio 1997, n. 127, e successive modifiche ed integrazioni.
Art. 381
Convenzioni Art. 24, legge n. 142/1990 recepito con modifiche dall'art. 1, comma 1, lett. e), della legge regionale n. 48/1991 (art. 6, legge n. 265/1999)

1. Al fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi determinati, i comuni e le province possono stipulare tra loro apposite convenzioni.
2. Le convenzioni devono stabilire i fini, la durata, le forme di consultazione degli enti contraenti, i loro rapporti finanziari ed i reciproci obblighi e garanzie.
3. Per la gestione a tempo determinato di uno specifico servizio o per la realizzazione di un'opera lo Stato e la regione, nelle materie di propria competenza, possono prevedere forme di convenzione obbligatoria fra i comuni e le province, previa statuizione di un disciplinare-tipo.
3-bis. Le convenzioni di cui al presente articolo possono prevedere anche la costituzione di uffici comuni, che operano con personale distaccato dagli enti partecipanti, ai quali affidare l'esercizio delle funzioni pubbliche in luogo degli enti partecipanti all'accordo, ovvero la delega di funzioni da parte degli enti partecipanti all'accordo a favore di uno di essi, che opera in luogo e per conto degli enti deleganti.
4. L'individuazione degli enti obbligati e la statuizione del disciplinare tipo sono stabilite con decreto del Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore competente per le materie oggetto della convenzione.
5. Restano salve le disposizioni delle leggi regionali 6 marzo 1986, n. 9 e 9 maggio 1986, n. 22, e successive modifiche ed integrazioni.
Art. 382
Consorzi
Art. 25, legge n. 142/1990 recepito con modifiche con l'art. 1, comma 1, lett. e), della legge regionale n. 48/1991 (art. 5, decreto legge n. 361/1995 convertito dalla legge n. 437/1995)

1. I comuni e le province, per la gestione associata di uno o più servizi e l'esercizio di funzioni, possono costituire un consorzio secondo le norme previste per le aziende speciali di cui all'art. 23, in quanto compatibili. Al consorzio possono partecipare altri enti pubblici, ivi comprese le comunità montane, quando siano a ciò autorizzati, secondo le leggi alle quali sono soggetti.
2. A tal fine i rispettivi consigli approvano a maggioranza assoluta dei componenti una convenzione ai sensi dell'art. 24, unitamente allo statuto del consorzio.
3. In particolare la convenzione deve disciplinare le nomine e le competenze degli organi consortili coerentemente a quanto disposto dai commi 5, 5-bis e 5-ter dell'articolo 36, e dalla lettera n) del comma 2 dell'articolo 32, e prevedere la trasmissione, agli enti aderenti, degli atti fondamentali del consorzio; lo statuto deve disciplinare l'organizzazione, la nomina e le funzioni degli organi consortili.
4. Salvo quanto previsto dalla convenzione e dallo statuto per i consorzi, ai quali partecipano a mezzo dei rispettivi rappresentanti legali anche enti diversi da comuni e province, l'assemblea del consorzio è composta dai rappresentanti degli enti associati nella persona del sindaco, del presidente o di un loro delegato, ciascuno con responsabilità pari alla quota di partecipazione fissata dalla convenzione e dallo statuto.
5. L'assemblea elegge il consiglio di amministrazione e ne approva gli atti fondamentali previsti dallo statuto.
6. Tra gli stessi comuni e province non può essere costituito più di un consorzio.
7. Oltre che nei casi previsti dalla legge, la costituzione di consorzi di servizi può essere disposta con decreto dell'Assessore regionale per gli enti locali, quando si renda necessario provvedere a determinate funzioni e servizi di carattere obbligatorio. Con lo stesso decreto è approvato lo statuto dell'ente. Il provvedimento è adottato uditi i consigli degli enti interessati, con pretermissione del parere, ove, previa diffida, non venga reso in ogni caso entro sessanta giorni dalla richiesta.
7-bis. Ai consorzi che gestiscono attività aventi rilevanza economica e imprenditoriale, ai consorzi creati per la gestione dei servizi sociali se previsto nello statuto, si applicano, per quanto attiene alla finanza, alla contabilità ed al regime fiscale, le norme previste per le aziende speciali. Agli altri consorzi si applicano le norme dettate per gli enti locali.
Art. 383
Unioni di comuni Art. 32, decreto legislativo n. 267/2000

1. Le unioni di comuni sono enti locali costituiti da due o più comuni di norma contermini, allo scopo di esercitare congiuntamente una pluralità di funzioni di loro competenza.
2. L'atto costitutivo e lo statuto dell'unione sono approvati dai consigli dei comuni partecipanti con le procedure e la maggioranza richieste per le modifiche statutarie. Lo statuto individua gli organi dell'unione e le modalità per la loro costituzione e individua, altresì, le funzioni svolte dall'unione e le corrispondenti risorse.
3. Lo statuto deve comunque prevedere il presidente dell'unione scelto tra i sindaci dei comuni interessati e deve prevedere che altri organi siano formati da componenti delle giunte e dei consigli dei comuni associati, garantendo la rappresentanza delle minoranze.
4. L'unione ha potestà regolamentare per la disciplina della propria organizzazione, per lo svolgimento delle funzioni ad essa affidate e per i rapporti anche finanziari con i comuni.
5. Alle unioni di comuni si applicano, in quanto compatibili, i principi previsti per l'ordinamento dei comuni. Si applicano, in particolare, le norme in materia di composizione degli organi dei comuni; il numero dei componenti degli organi non può comunque eccedere i limiti previsti per i comuni di dimensioni pari alla popolazione complessiva dell'ente. Alle unioni competono gli introiti derivanti dalle tasse, dalle tariffe e dai contributi sui servizi ad esse affidati.
Art. 384
Accordi di programma Art. 27, legge n. 142/1990 recepito con modifiche dall'art. 1, comma 1, lett. e), della legge regionale n. 48/1991 (art. 17, legge n. 127/1997)

1. Per la definizione e l'attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento che richiedono, per la loro completa realizzazione, l'azione integrata e coordinata di comuni, di province e regioni, di amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici, o comunque di due o più tra i soggetti predetti, il presidente della regione o il presidente della provincia o il sindaco, in relazione alla competenza primaria o prevalente sull'opera o sugli interventi o sui programmi di intervento, promuove la conclusione di un accordo di programma, anche su richiesta di uno o più dei soggetti interessati, per assicurare il coordinamento delle azioni e per determinarne i tempi, le modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso adempimento.
2. L'accordo può prevedere, altresì, procedimenti di arbitrato, nonché interventi surrogatori di eventuali inadempienze dei soggetti partecipanti.
3. Per verificare la possibilità di concordare l'accordo di programma, il Presidente della Regione o il presidente della provincia o il sindaco convoca una conferenza tra i rappresentanti di tutte le amministrazioni interessate.
4. L'accordo, consistente nel consenso unanime del Presidente della Regione, del presidente della provincia, dei sindaci e delle altre amministrazioni interessate, è approvato con decreto del Presidente della Regione o con atto formale del presidente della Provincia regionale o del sindaco ed è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione. L'accordo, qualora adottato con decreto del Presidente della Regione, determina le eventuali e conseguenti variazioni degli strumenti urbanistici e sostituisce le concessioni edilizie, sempre che vi sia l'assenso del comune interessato.
5. Ove l'accordo comporti variazioni degli strumenti urbanistici, l'adesione del sindaco allo stesso dev'essere ratificata dal consiglio comunale entro trenta giorni a pena di decadenza. La deliberazione di ratifica è sottoposta all'esame dell'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente, il quale vi provvede entro i termini di cui al comma sesto dell'art. 3 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 15.
5-bis. Per l'approvazione di progetti di opere pubbliche comprese nei programmi dell'amministrazione e per le quali siano immediatamente utilizzabili i relativi finanziamenti si procede a norma dei precedenti commi. L'approvazione dell'accordo di programma comporta la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle medesime opere; tale dichiarazione cessa di avere efficacia se le opere non hanno avuto inizio entro tre anni.
6. La vigilanza sull'esecuzione dell'accordo di programma e gli eventuali interventi sostitutivi sono svolti da un collegio presieduto dal Presidente della Regione o dal presidente della Provincia o dal sindaco e composto dai rappresentanti legali, o delegati dai medesimi, degli enti locali interessati e dal prefetto della provincia interessata se all'accordo partecipano amministrazioni pubbliche o enti pubblici nazionali.
Capo II SERVIZI E INTERVENTI PUBBLICI LOCALI
Art. 385
Servizi pubblici locali Art. 112, decreto legislativo n. 267/2000 (art. 35, legge n. 448/2001)

1. Gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, provvedono alla gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali.
2. (comma abrogato).
3. Ai servizi pubblici locali si applica il capo III del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, relativo alla qualità dei servizi pubblici locali e carte dei servizi.
Art. 386
Gestione delle reti ed erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica Art. 113, decreto legislativo n. 267/2000 (art. 35, legge n. 448/2001, art. 14, decreto legge n. 269/2003 convertito dalla legge n. 326/2003, art. 4, legge n. 350/2003, art. 1, legge n. 308/2004 e art. 15 decreto legge n. 223/2006 convertito dalla legge n. 248/2006)

1. Le disposizioni del presente articolo che disciplinano le modalità di gestione ed affidamento dei servizi pubblici locali concernono la tutela della concorrenza e sono inderogabili ed integrative delle discipline di settore. Restano ferme le altre disposizioni di settore e quelle di attuazione di specifiche normative comunitarie. Restano esclusi dal campo di applicazione del presente articolo i settori disciplinati dai decreti legislativi 16 marzo 1999, n. 79 e 23 maggio 2000, n. 164.
1-bis. Le disposizioni del presente articolo non si applicano al settore del trasporto pubblico locale che resta disciplinato dal decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, e successive modificazioni.
2. Gli enti locali non possono cedere la proprietà degli impianti, delle reti e delle altre dotazioni destinati all'esercizio dei servizi pubblici di cui al comma 1, salvo quanto stabilito dal comma 13.
2-bis. Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli impianti di trasporti a fune per la mobilità turistico-sportiva eserciti in aree montane.
3. Le discipline di settore stabiliscono i casi nei quali l'attività di gestione delle reti e degli impianti destinati alla produzione dei servizi pubblici locali di cui al comma 1 può essere separata da quella di erogazione degli stessi. E', in ogni caso, garantito l'accesso alle reti a tutti i soggetti legittimati all'erogazione dei relativi servizi.
4. Qualora sia separata dall'attività di erogazione dei servizi, per la gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali gli enti locali, anche in forma associata, si avvalgono:
a) di soggetti allo scopo costituiti, nella forma di società di capitali con la partecipazione totalitaria di capitale pubblico, cui può essere affidata direttamente tale attività, a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano;
b) di imprese idonee, da individuare mediante procedure ad evidenza pubblica, ai sensi del comma 7.
5. L'erogazione del servizio avviene secondo le discipline di settore e nel rispetto della normativa dell'Unione europea, con conferimento della titolarità del servizio:
a) a società di capitali individuate attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica;
b) a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche;
c) a società a capitale interamente pubblico a condizione che l'ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano.
5-bis. Le normative di settore, al fine di superare assetti monopolistici, possono introdurre regole che assicurino concorrenzialità nella gestione dei servizi da esse disciplinati prevedendo, nel rispetto delle disposizioni di cui al comma 5, criteri di gradualità nella scelta della modalità di conferimento del servizio.
5-ter. In ogni caso in cui la gestione della rete, separata o integrata con l'erogazione dei servizi, non sia stata affidata con gara ad evidenza pubblica, i soggetti gestori di cui ai precedenti commi provvedono all'esecuzione dei lavori comunque connessi alla gestione della rete esclusivamente mediante contratti di appalto o di concessione di lavori pubblici, aggiudicati a seguito di procedure di evidenza pubblica, ovvero in economia nei limiti di cui all'articolo 24 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e all'articolo 143 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554. Qualora la gestione della rete, separata o integrata con la gestione dei servizi, sia stata affidata con procedure di gara, il soggetto gestore può realizzare direttamente i lavori connessi alla gestione della rete, purché qualificato ai sensi della normativa vigente e purché la gara espletata abbia avuto ad oggetto sia la gestione del servizio relativo alla rete, sia l'esecuzione dei lavori connessi. Qualora, invece, la gara abbia avuto ad oggetto esclusivamente la gestione del servizio relativo alla rete, il gestore deve appaltare i lavori a terzi con le procedure ad evidenza pubblica previste dalla legislazione vigente.
6. Non sono ammesse a partecipare alle gare di cui al comma 5 le società che, in Italia o all'estero, gestiscono a qualunque titolo servizi pubblici locali in virtù di un affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica, o a seguito dei relativi rinnovi; tale divieto si estende alle società controllate o collegate, alle loro controllanti, nonché alle società controllate o collegate con queste ultime. Sono parimenti esclusi i soggetti di cui al comma 4.
7. La gara di cui al comma 5 è indetta nel rispetto degli standard qualitativi, quantitativi, ambientali, di equa distribuzione sul territorio e di sicurezza definiti dalla competente Autorità di settore o, in mancanza di essa, dagli enti locali. La gara è aggiudicata sulla base del migliore livello di qualità e sicurezza e delle condizioni economiche e di prestazione del servizio, dei piani di investimento per lo sviluppo e il potenziamento delle reti e degli impianti, per il loro rinnovo e manutenzione, nonché dei contenuti di innovazione tecnologica e gestionale. Tali elementi fanno parte integrante del contratto di servizio. Le previsioni di cui al presente comma devono considerarsi integrative delle discipline di settore.
8. Qualora sia economicamente più vantaggioso, è consentito l'affidamento contestuale con gara di una pluralità di servizi pubblici locali diversi da quelli di trasporto collettivo. In questo caso, la durata dell'affidamento, unica per tutti i servizi, non può essere superiore alla media calcolata sulla base della durata degli affidamenti indicata dalle discipline di settore.
9. Alla scadenza del periodo di affidamento, e in esito alla successiva gara di affidamento, le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali di proprietà degli enti locali o delle società di cui al comma 13 sono assegnati al nuovo gestore. Sono, inoltre, assegnati al nuovo gestore le reti o loro porzioni, gli impianti e le altre dotazioni realizzate, in attuazione dei piani di investimento di cui al comma 7, dal gestore uscente. A quest'ultimo è dovuto da parte del nuovo gestore un indennizzo pari al valore dei beni non ancora ammortizzati, il cui ammontare è indicato nel bando di gara.
10. E' vietata ogni forma di differenziazione nel trattamento dei gestori di pubblico servizio in ordine al regime tributario, nonché alla concessione da chiunque dovuta di contribuzioni o agevolazioni per la gestione del servizio.
11. I rapporti degli enti locali con le società di erogazione del servizio e con le società di gestione delle reti e degli impianti sono regolati da contratti di servizio, allegati ai capitolati di gara, che dovranno prevedere i livelli dei servizi da garantire e adeguati strumenti di verifica del rispetto dei livelli previsti.
12. L'ente locale può cedere in tutto o in parte la propria partecipazione nelle società erogatrici di servizi mediante procedure ad evidenza pubblica da rinnovarsi alla scadenza del periodo di affidamento. Tale cessione non comporta effetti sulla durata delle concessioni e degli affidamenti in essere.
13. Gli enti locali, anche in forma associata, nei casi in cui non sia vietato dalle normative di settore, possono conferire la proprietà delle reti, degli impianti, e delle altre dotazioni patrimoniali a società a capitale interamente pubblico, che è incedibile. Tali società pongono le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali a disposizione dei gestori incaricati della gestione del servizio o, ove prevista la gestione separata della rete, dei gestori di quest'ultima, a fronte di un canone stabilito dalla competente Autorità di settore, ove prevista, o dagli enti locali. Alla società suddetta gli enti locali possono anche assegnare, ai sensi della lettera a) del comma 4, la gestione delle reti, nonché il compito di espletare le gare di cui al comma 5.
14. Fermo restando quanto disposto dal comma 3, se le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali per la gestione dei servizi di cui al comma 1 sono di proprietà di soggetti diversi dagli enti locali, questi possono essere autorizzati a gestire i servizi o loro segmenti, a condizione che siano rispettati gli standard di cui al comma 7 e siano praticate tariffe non superiori alla media regionale, salvo che le discipline di carattere settoriale o le relative Autorità dispongano diversamente. Tra le parti è in ogni caso stipulato, ai sensi del comma 11, un contratto di servizio in cui sono definite, tra l'altro, le misure di coordinamento con gli eventuali altri gestori.
15. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano, se incompatibili con le attribuzioni previste dallo statuto e dalle relative norme di attuazione.
15-bis. Nel caso in cui le disposizioni previste per i singoli settori non stabiliscano un congruo periodo di transizione, ai fini dell'attuazione delle disposizioni previste nel presente articolo, le concessioni rilasciate con procedure diverse dall'evidenza pubblica cessano comunque entro e non oltre la data del 31 dicembre 2006, relativamente al solo servizio idrico integrato al 31 dicembre 2007, senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante. Sono escluse dalla cessazione le concessioni affidate a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato sia stato scelto mediante procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza, nonché quelle affidate a società a capitale interamente pubblico a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano. Sono altresì escluse dalla cessazione le concessioni affidate alla data dell'1 ottobre 2003 a società già quotate in borsa e a quelle da esse direttamente partecipate a tale data a condizione che siano concessionarie esclusive del servizio, nonché a società originariamente a capitale interamente pubblico che entro la stessa data abbiano provveduto a collocare sul mercato quote di capitale attraverso procedure ad evidenza pubblica, ma, in entrambe le ipotesi indicate, le concessioni cessano comunque allo spirare del termine equivalente a quello della durata media delle concessioni aggiudicate nello stesso settore a seguito di procedure di evidenza pubblica, salva la possibilità di determinare caso per caso la cessazione in una data successiva qualora la stessa risulti proporzionata ai tempi di recupero di particolari investimenti effettuati da parte del gestore.
15-ter. Il termine del 31 dicembre 2006, relativamente al solo servizio idrico integrato al 31 dicembre 2007, di cui al comma 15-bis, può essere differito ad una data successiva, previo accordo, raggiunto caso per caso, con la Commissione europea, alle condizioni sotto indicate:
a)  nel caso in cui, almeno dodici mesi prima dello scadere del suddetto termine si dia luogo, mediante una o più fusioni, alla costituzione di una nuova società capace di servire un bacino di utenza complessivamente non inferiore a due volte quello originariamente servito dalla società maggiore; in questa ipotesi il differimento non può comunque essere superiore ad un anno;
b)  nel caso in cui, entro il termine di cui alla lettera a), un'impresa affidataria, anche a seguito di una o più fusioni, si trovi ad operare in un ambito corrispondente almeno all'intero territorio provinciale ovvero a quello ottimale, laddove previsto dalle norme vigenti; in questa ipotesi il differimento non può comunque essere superiore a due anni.
15-quater. A decorrere dall'1 gennaio 2007 si applica il divieto di cui al comma 6, salvo nei casi in cui si tratti dell'espletamento delle prime gare aventi ad oggetto i servizi forniti dalle società partecipanti alla gara stessa. Con regolamento da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, sentite le Autorità indipendenti del settore e la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, il Governo definisce le condizioni per l'ammissione alle gare di imprese estere, o di imprese italiane che abbiano avuto all'estero la gestione del servizio senza ricorrere a procedure di evidenza pubblica, a condizione che, nel primo caso, sia fatto salvo il principio di reciprocità e siano garantiti tempi certi per l'effettiva apertura dei relativi mercati.
Art. 387
Aziende speciali ed istituzioni Art. 114, decreto legislativo n. 267/2000

1. L'azienda speciale è ente strumentale dell'ente locale dotato di personalità giuridica, di autonomia imprenditoriale e di proprio statuto, approvato dal consiglio comunale o provinciale.
(omissis)
3. Organi dell'azienda e dell'istituzione sono il consiglio di amministrazione, il presidente e il direttore, al quale compete la responsabilità gestionale. Le modalità di nomina e revoca degli amministratori sono stabilite dallo statuto dell'ente locale.
4. L'azienda e l'istituzione informano la loro attività a criteri di efficacia, efficienza ed economicità ed hanno l'obbligo del pareggio di bilancio da perseguire attraverso l'equilibrio dei costi e dei ricavi, compresi i trasferimenti.
5. Nell'ambito della legge, l'ordinamento ed il funzionamento delle aziende speciali sono disciplinati dal proprio statuto e dai regolamenti; quelli delle istituzioni sono disciplinati dallo statuto e dai regolamenti dell'ente locale da cui dipendono.
6. L'ente locale conferisce il capitale di dotazione; determina le finalità e gli indirizzi; approva gli atti fondamentali; esercita la vigilanza; verifica i risultati della gestione; provvede alla copertura degli eventuali costi sociali.
7. Il collegio dei revisori dei conti dell'ente locale esercita le sue funzioni anche nei confronti delle istituzioni. Lo statuto dell'azienda speciale prevede un apposito organo, di revisione, nonché forme autonome di verifica della gestione.
8. Ai fini di cui al comma 6 sono fondamentali i seguenti atti:
a) il piano-programma, comprendente un contratto di servizio che disciplini i rapporti tra ente locale ed azienda speciale;
b) i bilanci economici di previsione pluriennale ed annuale;
c) il conto consuntivo;
d) il bilancio di esercizio.
Art. 388
Aziende speciali ed istituzioni Art. 23, legge n. 142/1990 recepito dall'art. 1, comma 1, lett. e), della legge regionale n. 48/1991 (art. 6, legge regionale n. 30/2000)

(omissis)
2. L'istituzione è organismo strumentale dell'ente locale per l'esercizio di servizi sociali, dotato di personalità giuridica, di autonomia gestionale e di proprio statuto, approvato dal consiglio comunale o provinciale.
(omissis)
Art. 389
Trasformazione delle aziende speciali in società per azioni Art. 115, decreto legislativo n. 267/2000 (art. 35, legge n. 448/2001 e art. 7-ter, decreto legge n. 203/2005 convertito dalla legge n. 248/2005)

1. I comuni, le province e gli altri enti locali possono, per atto unilaterale, trasformare le aziende speciali in società di capitali, di cui possono restare azionisti unici per un periodo comunque non superiore a due anni dalla trasformazione. Il capitale iniziale di tali società è determinato dalla deliberazione di trasformazione in misura non inferiore al fondo di dotazione delle aziende speciali risultante dall'ultimo bilancio di esercizio approvato e comunque in misura non inferiore all'importo minimo richiesto per la costituzione delle società medesime. L'eventuale residuo del patrimonio netto conferito è imputato a riserve e fondi, mantenendo ove possibile le denominazioni e le destinazioni previste nel bilancio delle aziende originarie. Le società conservano tutti i diritti e gli obblighi anteriori alla trasformazione e subentrano pertanto in tutti i rapporti attivi e passivi delle aziende originarie.
2. La deliberazione di trasformazione tiene luogo di tutti gli adempimenti in materia di costituzione delle società previsti dalla normativa vigente, ferma l'applicazione delle disposizioni degli articoli 2330, commi terzo e quarto, e 2330-bis del codice civile.
3. Ai fini della definitiva determinazione dei valori patrimoniali conferiti, entro tre mesi dalla costituzione delle società, gli amministratori devono richiedere a un esperto designato dal presidente del tribunale una relazione giurata ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2343, primo comma, del codice civile. Entro sei mesi dal ricevimento di tale relazione gli amministratori e i sindaci determinano i valori definitivi di conferimento dopo avere controllato le valutazioni contenute nella relazione stessa e, se sussistono fondati motivi, aver proceduto alla revisione della stima. Fino a quando i valori di conferimento non sono stati determinati in via definitiva le azioni delle società sono inalienabili.
4. Le società di cui al comma 1 possono essere costituite anche ai fini dell'applicazione delle norme di cui al decreto-legge 21 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474.
5. (comma abrogato).
6. Il conferimento e l'assegnazione dei beni degli enti locali e delle aziende speciali alle società di cui al comma 1 sono esenti da imposizioni fiscali, dirette e indirette, statali e regionali.
7. La deliberazione di cui al comma 1 può anche prevedere la scissione dell'Azienda, speciale e la destinazione a società di nuova costituzione di un ramo aziendale di questa. Si applicano, in tal caso, per quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi da 1 a 6 del presente articolo, nonché agli articoli 2504-septies e 2504-decies del codice civile.
7-bis. Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche alla trasformazione dei consorzi, intendendosi sostituita al consiglio comunale l'assemblea consortile. In questo caso le deliberazioni sono adottate a maggioranza dei componenti; gli enti locali che non intendono partecipare alla società hanno diritto alla liquidazione sulla base del valore nominale iscritto a bilancio della relativa quota di capitale.
7-ter.  Alla privatizzazione di enti ed aziende delle regioni a statuto ordinario e ad autonomia speciale, fermo restando quanto stabilito dalla legislazione regionale in materia, si applicano le disposizioni di cui ai precedenti commi. Delle obbligazioni sorte anteriormente alla costituzione delle società di capitali di cui al comma 1 rispondono in ogni caso le regioni.
Art. 390
Interventi a sostegno delle autonomie locali per l'anno 1998 Art. 11, legge regionale 30 marzo 1998, n. 5 (art. 42, legge regionale n. 7/2002 e art. 30, legge regionale n. 7/2003)

(omissis)
11. Per la costituzione e la partecipazione dei comuni e delle province regionali a società di capitali per la gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto la produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali ed a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali, è abolito il vincolo della proprietà maggioritaria pubblica. Si applica nella Regione siciliana la legislazione dello Stato in materia di società miste con la partecipazione non maggioritaria degli enti locali per l'esercizio dei servizi pubblici ed altre attività istituzionali.
(omissis)
Art. 391
Società per azioni con partecipazione minoritaria di enti locali Art. 116, decreto legislativo n. 267/2000 (art. 2 ter, decreto legge n. 392/2000 convertito dalla legge n. 26/2001 e art. 35, legge n. 448/2001)

1. Gli enti locali possono, per l'esercizio di servizi pubblici di cui all'articolo 113-bis e per la realizzazione delle opere necessarie al corretto svolgimento del servizio, nonché per la realizzazione di infrastrutture ed altre opere di interesse pubblico, che non rientrino, ai sensi della vigente legislazione statale e regionale, nelle competenze istituzionali di altri enti, costituire apposite società per azioni senza il vincolo della proprietà pubblica maggioritaria anche in deroga ai vincoli derivanti da disposizioni di legge specifiche. Gli enti interessati provvedono alla scelta dei soci privati e all'eventuale collocazione dei titoli azionari sul mercato con procedure di evidenza pubblica. L'atto costitutivo delle società deve prevedere l'obbligo dell'ente pubblico di nominare uno o più amministratori e sindaci. Nel caso di servizi pubblici locali una quota delle azioni può essere destinata all'azionariato diffuso e resta comunque sul mercato.
2. La costituzione di società miste con la partecipazione non maggioritaria degli enti locali è disciplinata da apposito regolamento adottato ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 31 gennaio 1995, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1995, n. 95, e successive modifiche e integrazioni.
3. Per la realizzazione delle opere di qualunque importo si applicano le norme vigenti di recepimento delle direttive comunitarie in materia di lavori pubblici.
4. Fino al secondo esercizio successivo a quello dell'entrata in funzione dell'opera, l'ente locale partecipante potrà rilasciare garanzia fidejussoria agli istituti mutuanti in misura non superiore alla propria quota di partecipazione alla società di cui al presente articolo.
5. Per i conferimenti di aziende, di complessi aziendali o di rami di essi e di ogni altro bene effettuati dai soggetti di cui al comma 1, anche per la costituzione con atto unilaterale delle società di cui al medesimo comma, si applicano le disposizioni dell'articolo 7, commi 1 e 2, della legge 30 luglio 1990, n. 218, e successive modificazioni.
Art. 392
Tariffe dei servizi Art. 117, decreto legislativo n. 267/2000

1. Gli enti interessati approvano le tariffe dei servizi pubblici in misura tale da assicurare l'equilibrio economico-finanziario dell'investimento e della connessa gestione. I criteri per il calcolo della tariffa relativa ai servizi stessi sono i seguenti:
a)  la corrispondenza tra costi e ricavi in modo da assicurare la integrale copertura dei costi, ivi compresi gli oneri di ammortamento tecnico-finanziario;
b)  l'equilibrato rapporto tra i finanziamenti raccolti ed il capitale investito;
c)  l'entità dei costi di gestione delle opere, tenendo conto anche degli investimenti e della qualità del servizio;
d)  l'adeguatezza della remunerazione del capitale investito, coerente con le prevalenti condizioni di mercato.
2.  La tariffa costituisce il corrispettivo dei servizi pubblici; essa è determinata e adeguata ogni anno dai soggetti proprietari, attraverso contratti di programma di durata poliennale, nel rispetto del disciplinare e dello statuto conseguenti ai modelli organizzativi prescelti.
3.  Qualora i servizi siano gestiti da soggetti diversi dall'ente pubblico per effetto di particolari convenzioni e concessioni dell'ente o per effetto del modello organizzativo di società mista, la tariffa è riscossa dal soggetto che gestisce i servizi pubblici.
Art. 393
Regime del trasferimento di beni Art. 118, decreto legislativo n. 267/2000 (art. 35, legge n. 448/2001)

1. I trasferimenti di beni mobili ed immobili effettuati dai comuni, dalle province e dai consorzi fra tali enti a favore di aziende speciali o di società di capitali di cui al comma 13 dell'articolo 113, sono esenti, senza limiti di valore, dalle imposte di bollo, di registro, di incremento di valore, ipotecarie, catastali e da ogni altra imposta, spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie o natura. Gli onorari previsti per i periti designati dal tribunale per la redazione della stima di cui all'articolo 2343 del codice civile, nonché gli onorari previsti per i notai incaricati della redazione degli atti conseguenti ai trasferimenti, sono ridotti alla metà.
2. Le disposizioni previste nel comma 1 si applicano anche ai trasferimenti ed alle retrocessioni di aziende, di complessi aziendali o di rami di essi posti in essere nell'ambito di procedure di liquidazione di aziende municipali e provinciali o di aziende speciali, adottate a norma delle disposizioni vigenti in materia di revoca del servizio e di liquidazione di aziende speciali, qualora dette procedure siano connesse o funzionali alla contestuale o successiva costituzione di società per azioni, aventi per oggetto lo svolgimento del medesimo servizio pubblico in precedenza svolto dalle aziende soppresse, purché i beni, i diritti, le aziende o rami di aziende trasferiti o retrocessi vengano effettivamente conferiti nella costituenda società per azioni. Le stesse disposizioni si applicano altresì ai conferimenti di aziende, di complessi aziendali o di rami di essi da parte delle province e dei comuni in sede di costituzione o trasformazione dei consorzi in aziende speciali e consortili ai sensi degli articoli 31 e 274, comma 4, per la costituzione di società per azioni ai sensi dell'articolo 116, ovvero per la costituzione, anche mediante atto unilaterale, da parte di enti locali, di società per azioni al fine di dismetterne le partecipazioni ai sensi del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 232, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, e successive modificazioni.
3. (comma abrogato)
Art. 394
Contratti di sponsorizzazione, accordi di collaborazione e convenzioni Art. 119, decreto legislativo n. 267/2000

1. In applicazione dell'articolo 43 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, al fine di favorire una migliore qualità dei servizi prestati, i comuni, le province e gli altri enti locali indicati nel presente testo unico, possono stipulare contratti di sponsorizzazione ed accordi di collaborazione, nonché convenzioni con soggetti pubblici o privati diretti a fornire consulenze o servizi aggiuntivi.
Art. 395
Società di trasformazione urbana Art. 120, decreto legislativo n. 267/2000 (art. 44, legge n. 166/2002)

1. (omissis) I comuni, anche con la partecipazione della provincia e della regione, possono costituire società per azioni per progettare e realizzare interventi di trasformazione urbana, in attuazione degli strumenti urbanistici vigenti. A tal fine le deliberazioni dovranno in ogni caso prevedere che gli azionisti privati delle società per azioni siano scelti tramite procedura di evidenza pubblica.
2. Le società di trasformazione urbana provvedono alla preventiva acquisizione degli immobili interessati dall'intervento, alla trasformazione e alla commercializzazione degli stessi. Le acquisizioni possono avvenire consensualmente o tramite ricorso alle procedure di esproprio da parte del comune.
3. Gli immobili interessati dall'intervento di trasformazione sono individuati con delibera del consiglio comunale. L'individuazione degli immobili equivale a dichiarazione di pubblica utilità, anche per gli immobili non interessati da opere pubbliche. Gli immobili di proprietà degli enti locali interessati dall'intervento possono essere conferiti alla società anche a titolo di concessione.
4. I rapporti tra gli enti locali azionisti e la società per azioni di trasformazione urbana sono disciplinati da una convenzione contenente, a pena di nullità, gli obblighi e i diritti delle parti.
Art. 396
Norma transitoria Art. 123, decreto legislativo n. 267/2000 (art. 35, legge n. 448/2001)

1. Resta fermo l'obbligo per gli enti locali di adeguare l'ordinamento delle aziende speciali alle disposizioni di cui all'articolo 114; gli enti locali iscrivono per gli effetti di cui al primo comma dell'articolo 2331 del codice civile, le aziende speciali nel registro delle imprese.
2. Restano salvi gli effetti degli atti e dei contratti che le medesime aziende speciali hanno posto in essere anteriormente alla data di attuazione del registro delle imprese, di cui all'articolo 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580.
3. (comma abrogato)
Art. 397
Occupazione d'urgenza di immobili Art. 23, legge regionale n. 30/2000

1. L'amministrazione comunale può disporre, in presenza dei presupposti di cui alla legge 3 gennaio 1978, n. 1, e successive modificazioni, l'occupazione d'urgenza degli immobili necessari per la realizzazione di opere e lavori pubblici o di pubblico interesse, compresi gli interventi di edilizia residenziale pubblica e quelli necessari per servizi pubblici locali di cui alla lettera e) del comma 1 dell'articolo 1 della legge regionale 11 dicembre 1991, n. 48. Per le opere ed i lavori di cui al precedente periodo la redazione dello stato di consistenza può avvenire contestualmente al verbale di immissione nel possesso ai sensi dell'articolo 3 della legge 3 gennaio 1978, n. 1, e successive modificazioni.
Capo III DISPOSIZIONI PARTICOLARI
Sezione I SPORTELLO UNICO PER LE ATTIVITÀ PRODUTTIVE
Art. 398
Sportello unico Art. 36, legge regionale n. 10/2000

1. I comuni esercitano le funzioni amministrative concernenti la realizzazione, l'ampliamento, la cessazione, la riattivazione, la localizzazione e la rilocalizzazione di impianti produttivi di beni e servizi, ivi incluso il rilascio delle concessioni o autorizzazioni edilizie.
2. Ogni comune esercita, singolarmente o in forma associata, le funzioni di cui al comma 1 assicurando che un'unica struttura sia responsabile dell'intero procedimento. Presso la struttura è istituito uno sportello unico al fine di garantire agli interessati l'accesso, anche in via telematica, al proprio archivio informatico contenente i dati concernenti le domande di autorizzazione e il relativo iter procedurale, gli adempimenti necessari per le procedure autorizzatorie, nonché tutte le informazioni disponibili a livello regionale, ivi comprese quelle concernenti le attività promozionali che devono essere fornite in modo coordinato.
3. I comuni per la realizzazione dello sportello unico o per lo svolgimento di atti istruttori del procedimento possono stipulare convenzioni con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, con i consorzi per le aree di sviluppo industriale o con altre amministrazioni pubbliche. Ove siano stipulati patti territoriali o contratti d'area, l'accordo tra gli enti locali coinvolti deve prevedere che la gestione dello sportello unico sia attribuita al soggetto pubblico responsabile del patto o del contratto.
4. Per quanto non disposto dalla presente legge, si applica in quanto compatibile la disciplina di cui al Capo IV del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
Art. 399
Procedimento amministrativo Art. 37, legge regionale n. 10/2000

1. Il procedimento amministrativo in materia di autorizzazione all'insediamento di attività produttive di beni e servizi è unico. Esso è disciplinato dal decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 1998, n. 447, ed eventuali successive modificazioni, che trova integrale applicazione con le integrazioni predisposte dalla presente legge.
2. La Giunta regionale, su proposta dell'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente, di concerto con l'Assessore regionale per l'industria e l'Assessore regionale per la cooperazione, il commercio, l'artigianato e la pesca, delibera i criteri generali e gli ambiti territoriali entro cui i comuni devono attenersi nell'individuazione delle aree.
3. I comuni nell'individuazione delle aree da destinare a insediamenti produttivi, ai sensi dell'articolo 2 del suddetto decreto, sono tenuti a rispettare le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, dei piani territoriali sovracomunali e dei piani regolatori dei consorzi per le aree di sviluppo industriale, se vigenti.
4. Ove, secondo quanto stabilito dalla medesima disposizione, sia necessario approvare una variante, si applica la vigente legislazione regionale in materia. L'approvazione della variante da parte dell'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente avviene entro il termine perentorio di quarantacinque giorni dalla data di presentazione della variante all'amministrazione regionale. Ove l'Assessorato non si pronunci entro i quarantacinque giorni la variante si intende approvata. Il decorso del termine può essere sospeso una sola volta in presenza di una richiesta di chiarimenti da parte dell'Assessorato. La sospensione non può in nessun caso superare i quindici giorni, trascorsi i quali il termine riprende a decorrere.
5. I comuni sprovvisti di piano regolatore generale devono conformarsi alle previsioni dello schema di massima del piano regolatore generale di cui al comma 7, dell'articolo 3, della legge regionale 30 aprile 1991, n. 15.
6. Alla conferenza di servizi di cui all'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 1998, n. 447, partecipa un rappresentante dell'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente. Acquisito il consenso dell'Assessorato in sede di conferenza, sulla proposta di variante si pronuncia in via definitiva il consiglio comunale.
Sezione II SERVIZIO IDRICO INTEGRATO
Art. 400
Governo e uso delle risorse idriche Art. 69, legge regionale n. 10/1999

1. Il governo e l'uso delle risorse idriche è realizzato in armonia con i principi, le finalità e gli obiettivi della legge 5 gennaio 1994, n. 36, secondo le disposizioni e le modalità di cui alle lettere seguenti:
a)  la gestione e l'utilizzazione delle risorse idriche è improntata a criteri di efficienza, di efficacia e di economicità e vi si provvede in modo unitario ed integrato su base territoriale secondo ambiti ottimali per la gestione del servizio idrico integrato così come definito dall'articolo 4, comma 1, lettera f), della legge 5 gennaio 1994, n. 36;
b)  il Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore per il territorio e l'ambiente e dell'Assessore per i lavori pubblici e previo parere della competente commissione legislativa permanente dell'Assemblea regionale siciliana, determina con proprio decreto gli ambiti territoriali ottimali e le loro modalità di costituzione;
c)  ai fini della determinazione degli ambiti territoriali si applicano i criteri dell'efficienza e dell'economicità di gestione con particolare riguardo all'instaurarsi di significativi fattori di scala, individuando contestualmente quali gestioni esistenti corrispondono ai suddetti criteri;
d) con cadenza quinquennale e con le modalità di cui alle lettere precedenti, si provvede alla modifica degli ambiti territoriali ottimali;
e)  per la realizzazione di opere fognarie e depurative è istituito nel bilancio della Regione siciliana un fondo di perequazione;
f)  gli enti locali, tramite il gestore del servizio integrato, verseranno in apposito capitolo dell'entrata del bilancio della Regione siciliana una quota pari al 15 per cento della tariffa riscossa ai sensi dell'articolo 13 della legge 5 gennaio 1994, n. 36 al fine di alimentare il fondo di cui alla lettera e);
g)  l'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente, nel caso in cui l'ente locale non possa provvedere, tramite le risorse derivanti dall'applicazione dell'articolo 13 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, alla realizzazione di opere fognarie e depurative, provvederà ad integrare le risorse medesime con un contributo - nei limiti previsti dall'articolo 10 della legge regionale 18 giugno 1977, n. 39 e successive modifiche ed integrazioni - che graverà sul fondo di cui alla lettera e);
h)  ove non già disciplinato da specifiche norme regionali, si applicano le disposizioni di cui alla legge 5 gennaio 1994, n. 36 e successive modifiche ed integrazioni.
Art. 401
Servizio idrico integrato Art. 36, legge regionale 3 dicembre 2003, n. 20

1. Il personale soggetto al trasferimento presso i gestori del Servizio idrico integrato, per essere utilizzato nei relativi ambiti di appartenenza, è quello dipendente ed in servizio alla data di entrata in vigore della legge regionale 27 aprile 1999, n. 10 ed ancora in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge presso enti pubblici o soggetti privati, adibito ai servizi individuati dalla lettera f), comma 1, dell'articolo 4 della legge 5 gennaio 1994, n. 36.
2. Il personale dipendente dai soggetti di cui al comma 1, eventualmente assunto o assegnato ai predetti servizi in data successiva all'entrata in vigore della legge regionale 27 aprile 1999, n. 10 e, comunque, non oltre la data di approvazione dei piani d'ambito di cui al comma 3 dell'articolo 11 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, può essere trasferito presso i gestori del servizio idrico integrato solo in presenza di disponibilità di posti nell'organico massimo previsto per ciascun ambito dal modello gestionale ed organizzativo territoriale ed in conformità ad appositi criteri da definire d'intesa tra l'autorità d'ambito e le organizzazioni sindacali territorialmente competenti. (Periodo omesso in quanto impugnato dal Commissario dello Stato ai sensi dell. 28 dello Statuto).
3. Il personale dipendente dagli enti locali, in presenza di disponibilità dell'ente, da definire in sede di contrattazione decentrata, ha facoltà di optare per rimanere in servizio presso la stessa amministrazione con l'attribuzione di compiti inerenti la propria categoria.
4. In sede di prima applicazione, il soggetto gestore, ove esistano motivazioni legate alla funzionalità del servizio, può richiedere all'ente locale di appartenenza, ai sensi della normativa vigente, il comando e/o il distacco dei dipendenti con competenze professionali ritenute necessarie per garantire la continuità del servizio con le modalità da stabilirsi con le organizzazioni sindacali territoriali competenti.
5. Non è soggetto a trasferimento il personale dipendente dai soggetti le cui gestioni sono salvaguardate in applicazione del comma 4 dell'articolo 9 della legge 5 gennaio 1994, n. 36. Al termine del periodo di salvaguardia al personale interessato si applicano le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 6, 7 e 8.
6. La ricognizione del personale, previa verifica con le organizzazioni sindacali di categoria, è effettuata dagli enti o dai soggetti dai quali il lavoratore proviene, è certificata dal legale rappresentante e trasmessa con apposito elenco suddiviso per livello o categoria e profilo professionale all'autorità d'ambito di competenza.
7. Il Presidente della Regione, previa consultazione con le organizzazioni sindacali, con proprio decreto dispone il trasferimento del personale, elencato nelle certificazioni di cui al comma 6, al soggetto gestore. Il personale mantiene ad personam il trattamento giuridico ed economico di miglior favore in godimento alla data del trasferimento.
8. Al personale trasferito viene corrisposto il trattamento economico e normativo previsto dal vigente contratto collettivo nazionale unico del settore gas-acqua.
Sezione III SERVIZIO INTEGRATO DEI RIFIUTI E AGENZIA REGIONALE PER I RIFIUTI E LE ACQUE
Art. 402
Determinazione e riscossione della tariffa per la gestione del ciclo dei rifiuti urbani Art. 11, legge regionale n. 17/2004

1. (Comma omesso in quanto impugnato dal Commissario dello Stato ai sensi dell'art. 28 dello Statuto).
2. La tariffa riscossa dalle società d'ambito è impignorabile e le somme, fino alla concorrenza con il costo dei servizi, sono a destinazione vincolata, onde assicurare l'effettuazione del servizio pubblico essenziale di gestione dei rifiuti.
3. I comuni, in rapporto alle capacità di bilancio, anche per scelte di politica sociale nei confronti delle fasce più deboli, possono porre a proprio carico parte delle spese di gestione, nel rispetto dei limiti fissati dalla normativa vigente.
4. Al fine di assicurare che il costo per lo smaltimento e, a regime, per il trattamento dei rifiuti a valle della raccolta differenziata, sia uniforme per tutti i cittadini siciliani è istituito presso l'Assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali un fondo di perequazione.
5. Il commissario delegato per l'emergenza dei rifiuti e, alla cessazione dello stato di emergenza, il Presidente della Regione determina la tariffa regionale per lo smaltimento e, a regime, per il trattamento dei rifiuti a valle della raccolta differenziata effettuando la media ponderata sulla base della popolazione residente, delle tariffe dei quattro sistemi per lo smaltimento e, a regime, per il trattamento della frazione residua dei rifiuti a valle della raccolta differenziata.
6. Le società d'ambito versano in entrata alla Regione, entro il giorno 20 di ciascun mese quanto dovuto per il servizio di smaltimento e, a regime, di trattamento della frazione residua dei rifiuti a valle della raccolta differenziata, calcolata sulla base della tariffa di cui al comma 5.
7. Su richiesta dell'Assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali, con decreto dell'Assessore regionale per il bilancio e le finanze, si provvede ad iscrivere le somme versate nei pertinenti capitoli di bilancio.
8. L'Assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali provvede a versare a ciascun concessionario del servizio di trattamento della frazione residua a valle della raccolta differenziata, entro 30 giorni di ogni mese, salvo conguaglio, la somma allo stesso dovuta, calcolata sulla base della tariffa di ciascun sistema, prelevandola dal fondo di perequazione di cui al comma 4. Analogamente si provvede per la fase di avvio nei confronti di ciascun concessionario del servizio di smaltimento.
9. Nel caso in cui il fondo di perequazione non avesse temporaneamente la necessaria disponibilità finanziaria, l'Assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali è autorizzato ad anticipare le somme occorrenti a valere sul fondo per le autonomie locali di cui all'articolo 23, comma 1, della legge regionale 29 dicembre 2003, n. 21, che è integrato con le entrate di cui al comma 6.
10. Una quota pari all'1,50 per cento del fondo per le autonomie locali è annualmente accantonata a tal fine ed è ripartita a consuntivo. Il ritardo nei versamenti da parte delle società d'ambito al fondo di perequazione o qualsiasi altro inadempimento che pregiudichi la regolarità del servizio, autorizza il Presidente della Regione ad attivare la relativa azione sostitutiva nei confronti del soggetto inadempiente, ai sensi della vigente normativa.
11. Per l'attuazione di quanto previsto dal presente articolo, il dipartimento bilancio e tesoro, su richiesta dell'Assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali, è autorizzato ad apportare nel bilancio della Regione le necessarie variazioni. Agli amministratori delle società d'ambito di cui al presente articolo si applica lo stato giuridico di pubblico amministratore.
12. Le convenzioni e gli accordi stipulati fra i comuni e le società d'ambito possono prevedere, in caso di transito di personale dipendente comunale presso le stesse società, l'obbligo di riassunzione presso il comune d'origine in presenza di riduzione dche riguardi lo stesso personale transitato dando la precedenza ai dipendenti appartenenti alle categorie protette.
Art. 403
Istituzione dell'Agenzia regionale per i rifiuti e le acque Art. 7, legge regionale n. 19/2005 (art. 48, legge regionale n. 2/2007 e art. 13, legge regionale n. 1/2008)

1. Al fine di assicurare una efficiente, efficace e coordinata gestione in materia di acque e rifiuti in Sicilia è istituita l'Agenzia regionale per i rifiuti e le acque, di seguito denominata "Agenzia", con sede in Palermo, che può dotarsi di strutture sul territorio.
2. L'Agenzia è dotata di personalità giuridica pubblica, di autonomia tecnica, organizzativa, gestionale, amministrativa e contabile. Il Presidente della Regione fissa con proprie direttive gli indirizzi programmatici dell'attività dell'Agenzia avvalendosi del dipartimento regionale del bilancio e tesoro, Ragioneria generale della Regione, che verifica in via successiva il rispetto di detti indirizzi da parte dell'Agenzia nell'esercizio della propria attività.
3. L'Agenzia, quale autorità di regolazione dei servizi idrici, dei servizi di gestione integrata dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati deve assolvere a funzioni di indirizzo e coordinamento dell'attività di tutti gli enti che operano nel settore delle acque esercitando altresì forme di controllo efficienti ed efficaci, provvedendo in particolare:
a) a promuovere la creazione e la diffusione della cultura dell'acqua per un uso responsabile e sostenibile della risorsa idrica, in quanto bene pubblico primario e fattore fondamentale di civiltà e di sviluppo, secondo criteri di solidarietà ed in funzione di obiettivi di salvaguardia dei diritti delle future generazioni e dell'integrità del patrimonio ambientale;
b) alla elaborazione ed attuazione di programmi per la conoscenza e la verifica dello stato qualitativo e quantitativo delle acque superficiali e sotterranee e delle misure necessarie alla tutela quali-quantitativa del sistema idrico;
c) al miglioramento della qualità delle acque, anche sotto il profilo igienico-sanitario, attraverso l'adozione di misure per la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento, nonché per la conservazione, il riciclo, il riutilizzo e il risparmio delle risorse idriche;
d) a sviluppare e sostenere azioni per la gestione integrata quali-quantitativa delle risorse idriche;
e) a controllare e regolare il servizio reso dai gestori del sistema idrico integrato anche sovrambito;
f) alla pianificazione e assegnazione delle risorse idriche fra i settori idropotabile, agricolo e industriale;
g) alla registrazione attraverso la rete di osservazione dei parametri idrometeoclimatici;
h) alla misurazione dei deflussi nei bacini idrografici, delle portate delle sorgenti, delle gallerie e dei pozzi;
i) alla elaborazione del bilancio idrologico per i bacini idrografici dell'Isola al fine di valutare disponibilità idriche per le utilizzazioni potabili, irrigue ed industriali;
l) alla pubblicazione sistematica degli elementi osservati ed elaborati, nonché di bollettini mensili sulle portate delle sorgenti, degli invasi, e punti d'acqua più significativi;
m) al rilascio dei pareri di compatibilità idrologica sulle domande di grande derivazione e sui progetti di opere civili idrauliche e assetto del territorio;
n) al controllo e vigilanza sulle grandezze idrologiche al fine di prevenire situazioni di rischio in occasione di eventi e situazioni eccezionali, piene, riduzione delle risorse idriche superficiali e profonde;
o) alla gestione delle grandi infrastrutture irrigue (esercizio e manutenzione delle dighe e dei grandi adduttori a valle delle dighe);
p) (lettera soppressa)
q) alla programmazione, progettazione e realizzazione di nuovi interventi;
r) al controllo delle dinamiche dei prezzi;
s) alla tenuta dei rapporti con il Registro italiano dighe;
t) al coordinamento ed assistenza ai consorzi di bonifica relativamente alla programmazione e realizzazione di infrastrutture irrigue ed alla gestione delle opere.
4. Al fine di assicurare la qualità dei servizi in materia di rifiuti e di bonifica dei siti inquinati, nonché la prevenzione della produzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti e l'efficacia, l'efficienza e l'economicità della gestione dei rifiuti da imballaggio, l'Agenzia svolge, altresì, i compiti di cui all'art. 19, comma, 1 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 nonché:
a) pubblicizza e diffonde con cadenza periodica la conoscenza delle condizioni di svolgimento dei servizi al fine di garantire la massima trasparenza;
b) individua situazioni di criticità ed irregolare funzionamento dei servizi di gestione integrata dei rifiuti, o di inosservanza delle normative vigenti in materia di tutela dei consumatori;
c) definisce indici di produttività per la valutazione economica dei servizi resi dai soggetti gestori dei servizi di gestione dei rifiuti urbani;
d) definisce parametri di valutazione delle politiche tariffarie in materia di servizio di gestione dei rifiuti urbani;
e) si pronuncia in merito al rispetto dei parametri di qualità del servizio reso all'utente fermo restando le competenze degli enti preposti alla vigilanza sui servizi e alla tutela della salute dei cittadini;
f) verifica i costi di recupero e smaltimento;
g) controlla le condizioni di svolgimento dei servizi e di accesso e corretta fruizione degli stessi da parte degli utenti, anche con riferimento alle singole voci di costo e al fine di garantire eguaglianza di condizioni nella erogazione dei vari servizi, tenendo conto delle esigenze degli utenti, ivi comprese le fasce più deboli, e garantendo altresì il rispetto dell'ambiente, della sicurezza degli impianti e della salute degli addetti e dei cittadini.
5. Nell'esercizio delle proprie competenze all'Agenzia sono riconosciuti poteri di acquisizione della documentazione, di ispezione e di accesso, nonché poteri sostitutivi.
6. Per assolvere ai compiti di cui ai commi 3 e 4 l'Agenzia si articola in sei settori, cui è preposto un direttore, concernenti:
-  la regolazione delle acque, con i compiti di cui alle lettere da a) a f) del comma 3;
-  l'osservatorio delle acque con i compiti di cui alle lettere da g) a n) del comma 3;
-  infrastrutture con i compiti di cui alle lettere da o) a t) del comma 3;
-  osservatorio sui rifiuti con i compiti di cui alle lettere da a) a f) del comma 4, i) ed l) dell'articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22;
-  rifiuti e bonifiche con i compiti di cui alle lettere da a) ad h) e alle lettere n) ed n bis) dell'articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22;
-  gestione delle risorse umane, bilancio, affari generali e legali.
6-bis. Eventuali nuovi compiti affidati all'Agenzia saranno assegnati ai vari settori con provvedimento del Presidente che, per garantire maggiore economicità ed efficienza all'azione amministrativa potrà altresì rivedere la distribuzione delle competenze di cui al precedente comma.
7. Per l'esercizio delle attività di cui al presente articolo sono trasferite all'Agenzia le competenze nelle materie indicate ai commi 3 e 4, attribuite da disposizioni normative a singoli rami dell'Amministrazione regionale e ad enti sottoposti a tutela e vigilanza della Regione. In sede di prima attuazione il personale di ruolo in servizio alla data di approvazione della presente legge presso i dipartimenti e uffici regionali interessati allo spostamento di attribuzioni previste dal presente articolo, nonché il personale di ruolo dell'Amministrazione regionale utilizzato, sempre alla stessa data, dall'Ufficio del Commissario delegato per l'emergenza idrica e dall'Ufficio del Commissario delegato per l'emergenza rifiuti e tutela delle acque in Sicilia, può, a domanda da presentarsi entro 45 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, transitare all'Agenzia. Transitano altresì all'Agenzia dighe e opere idrauliche connesse, beni mobili, macchine ed attrezzature, nonché eventuali immobili, nella disponibilità, a qualsiasi titolo, degli enti ed Uffici le cui competenze sono state attribuite all'Agenzia stessa.
8. Al personale dell'Agenzia si applica lo stato giuridico e il trattamento economico e di quiescenza e di previdenza del personale dell'Amministrazione regionale.
9. Sono organi dell'Agenzia:
a) il presidente, nominato dal Presidente della Regione tra soggetti in possesso di idoneo diploma di laurea e di comprovata esperienza in materia di acque e rifiuti;
a bis) il consiglio di amministrazione composto, oltre che dal presidente, da quattro componenti nominati dal Presidente della Regione, previa delibera della Giunta regionale, fra persone che abbiano rilevante competenza nella materia per avere ricoperto per almeno 5 anni cariche di amministratori di enti pubblici e privati operanti nei settori attinenti all'attività istituzionale dell'Agenzia o svolto attività scientifica, professionale o amministrativa nelle medesime materie;
b) il Collegio dei revisori dei conti, composto da tre membri effettivi, dei quali due nominati dal Presidente della Regione e uno nominato dall'Assessore per il bilancio e le finanze, ai sensi dell'articolo 48 della legge regionale 28 dicembre 2004, n. 17, tra gli iscritti al registro previsto dall'articolo 1 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 88 La durata del collegio è fissata in cinque anni; i poteri dei membri del collegio, in deroga al disposto dell'articolo 1 della legge regionale 28 marzo 1995, n. 22, sono comunque prorogati fino alla nomina del nuovo collegio. I componenti non possono essere riconfermati. Ai membri del collegio spetta una indennità annua lorda il cui ammontare è determinato nella misura stabilita dal disposto del comma 13 dell'articolo 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, sostituendo il direttore con il Presidente dell'Agenzia.
10. Il Presidente ha la rappresentanza dell'ente, dura in carica cinque anni e svolge i compiti previsti dalle lettere da a) a g) del comma 1 e dal comma 4 dell'articolo 2 della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10; nomina in conformità a quanto previsto dall'articolo 9 della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10, i direttori di settore, cui competono le funzioni di cui al comma 2 dell'articolo 2 della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10. Qualora i direttori di settore vengano scelti tra dirigenti regionali, questi ultimi possono essere collocati a domanda fuori ruolo per la durata dell'incarico ed il trattamento giuridico ed economico, fondamentale ed accessorio, complessivamente goduto presso l'Agenzia costituisce base per la determinazione del trattamento di quiescenza e previdenza, ai sensi della legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2, e successive modifiche e integrazioni.
11. L'assetto organizzativo, la pianta organica ed ogni altro aspetto relativo alla funzionalità dell'Agenzia ed alle competenze dei suoi organi collegiali sono definiti e disciplinati con uno o più regolamenti della stessa Agenzia, approvati dal Presidente della Regione, previa deliberazione della Giunta regionale. A tal fine il Presidente della Regione si avvale del dipartimento regionale del bilancio e del tesoro, Ragioneria generale della Regione.
11-bis. Ai componenti del Consiglio di amministrazione e del collegio dei revisori dei conti si applicano le disposizioni sulle incompatibilità e ineleggibilità previste dall'articolo 24 della legge regionale 14 settembre 1979, n. 212 e successive modificazioni e integrazioni. Il Consiglio di amministrazione dura in carica cinque anni e può essere riconfermato. Fino all'approvazione dei regolamenti di cui al comma 11 si applicano per quanto compatibili gli artt. 17, 18 e 19 della legge regionale 14 settembre 1979, n. 212.
12. Nelle more dell'adozione e dell'attuazione di quanto previsto al comma 11, per assicurare una migliore funzionalità e la necessaria efficacia alla esecuzione degli adempimenti connessi alla fase di avvio delle attività dell'Agenzia il personale utilizzato dagli uffici del Commissario delegato per l'emergenza idrica e per l'emergenza rifiuti e tutela delle acque, proveniente dallo Stato, enti locali e altri enti e pubbliche amministrazioni, può chiedere di essere comandato all'Agenzia. Può altresì chiedere di essere comandato il personale dell'Ente di sviluppo agricolo inserito nei ruoli del servizio bonifica e infrastrutture alla data di entrata in vigore della presente legge, nonché gli ingegneri responsabili delle dighe e loro sostituti ed il personale di direzione e guardiania delle opere trasferite in servizio all'Ente sempre alla data di entrata in vigore della presente legge. Il personale comandato, nei limiti delle effettive esigenze e disponibilità finanziarie, conserva la posizione giuridica, il trattamento economico e l'anzianità posseduta presso l'ente di provenienza.
13. Per assicurare la necessaria continuità dell'azione amministrativa, in sede di prima attuazione, il personale utilizzato dal Commissario delegato per l'emergenza idrica e dal Soggetto attuatore di cui all'art. 2 dell'O.M. n. 3224 del 28 giugno 2002 con contratto di collaborazione coordinata e continuativa da almeno un anno alla data di approvazione della presente legge, nonché il personale con rapporto di consulenza da almeno sei mesi sempre alla data di approvazione della presente legge, viene assunto con contratto di diritto privato di durata quinquennale. Allo stesso compete il trattamento giuridico ed economico previsto, in relazione al titolo di studio posseduto, per i funzionari direttivi e per gli istruttori dal C.C.R.L. per il personale con qualifica non dirigenziale.
13-bis. Per quanto non disciplinato dal presente articolo, dalla normativa regionale e dal CCRL si applica il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
14. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo, quantificati, per l'esercizio finanziario 2006, in 10.000 migliaia di euro, si provvede con parte della spesa determinata dall'articolo 3, comma 2, lettera h), della legge regionale 27 aprile 1999, n. 10, per le finalità previste dall'articolo 33 della legge regionale 10 agosto 1965, n. 21 (UPB 2.3.2.6.5, capitolo 546401). Per gli esercizi finanziari successivi si provvede ai sensi dell'art. 3, comma 2, lettera h), della legge regionale 27 aprile 1999, n. 10.
15. Alla copertura degli oneri derivanti dall'applicazione del presente articolo si provvede, altresì, con le risorse previste dagli artt. 1 e 3 della legge regionale 15 maggio 1986, n. 24, e successive modifiche ed integrazioni.
16. Il Ragioniere generale della Regione è autorizzato per l'attuazione del presente articolo su proposta dei competenti dirigenti generali, ad apportare al bilancio delle Regione le necessarie variazioni in relazione ai compiti, al personale ed alle funzioni trasferiti all'Agenzia.
Art. 404
Interventi concernenti la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali Art. 21, legge regionale n. 19/2005 (artt. 7 e 21, legge regionale n. 16/2006)

(omissis)
17. E' istituito presso l'Assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali un fondo di rotazione, in favore delle società degli ambiti territoriali ottimali, destinato a garantire la copertura delle spese inerenti la gestione integrata dei rifiuti nei casi di temporanee difficoltà finanziarie. Al fondo è annualmente accantonata una quota pari al 4,5 per cento dell'importo relativo al fondo per le autonomie locali di cui all'articolo 23, comma 1, della legge regionale 29 dicembre 2003, n. 21. Con decreto del Presidente della Regione, previa deliberazione della Giunta regionale e sentita la Conferenza Regione-Autonomie locali, vengono stabilite le modalità di utilizzazione del fondo suddetto e il riparto a consuntivo delle somme non utilizzate, fermo restando che possono accedere alle risorse del fondo le società d'ambito con capitale sociale di almeno un milione di euro interamente versato. I comuni, per la quota di propria competenza nell'ambito territoriale ottimale, hanno l'obbligo di intervenire finanziariamente al fine di assicurare l'integrale copertura delle spese della gestione integrata dei rifiuti sussidiariamente alla propria società d'ambito e a tal fine istituiscono nel bilancio di previsione un apposito capitolo di spesa con adeguata dotazione. La richiesta di utilizzazione del fondo deve essere avanzata dalla società d'ambito successivamente all'utilizzo di fondi alternativi, ivi compresi quelli dei comuni di riferimento e il ricorso all'indebitamento presso il sistema bancario. Le risorse anticipate dal fondo vengono reintroitate con i versamenti delle società d'ambito beneficiarie a seguito della riscossione della tassa o della tariffa di igiene ambientale ovvero, in carenza di riscossioni sufficienti, con il recupero delle somme spettanti agli enti locali del medesimo ambito territoriale a valere sul fondo per le autonomie locali di cui all'articolo 23, comma 1, della legge regionale 29 dicembre 2003, n. 21. Il ritardo nei versamenti di cui in precedenza autorizza il Presidente della Regione ad attivare l'azione sostitutiva nei confronti del soggetto inadempiente. Per l'attuazione di quanto previsto dal presente comma il dipartimento bilancio e tesoro, su richiesta dell'Assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali, è autorizzato ad apportare nel bilancio della Regione le necessarie variazioni.
(omissis)
Art. 405
Individuazione dei nuovi ambiti territoriali ottimali per la gestione dei rifiuti urbani Art. 45, legge regionale n. 2/2007

1. Per l'esercizio delle funzioni previste dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e successive modifiche e integrazioni, la gestione dei rifiuti urbani è organizzata sulla base di ambiti territoriali ottimali. I nuovi ambiti territoriali ottimali sono individuati, entro 90 giorni, dalla Agenzia per i rifiuti e le acque, sulla base di uno studio che deve tenere conto della necessità di assicurare l'efficacia, l'efficienza, l'economicità e la funzionalità, nonché la continuità dei servizi, in numero non superiore al 50 per cento di quelli esistenti, pari a 14. Gli ambiti territoriali ottimali potranno non coincidere con il territorio della provincia. Gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito territoriale ottimale si costituiscono in Consorzio, al quale partecipano obbligatoriamente tutti i comuni, fermo restando quanto previsto dall'articolo 200, comma 6, del decreto legislativo n. 152 del 2006. Il Consorzio è dotato di personalità giuridica e costituisce per il proprio ambito territoriale ottimale l'Autorità d'ambito di cui all'art. 201, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modifiche e integrazioni. Il Consorzio è amministrato da un consiglio di amministrazione costituito da non più di cinque componenti. Con decreto del Presidente della Regione, sulla scorta dello studio predisposto dall'Agenzia, previa delibera della Giunta regionale, sentita la competente Commissione legislativa dell'Assemblea regionale siciliana, sono definiti la suddivisione in ambiti e lo schema di convenzione tra i soci, che deve prevedere le modalità di associazione e funzionamento, la struttura interna, le modalità di scelta del presidente e dei componenti del consiglio di amministrazione. Il Presidente della Regione, previa delibera della Giunta regionale, provvede ad individuare le modalità per l'utilizzo dell'eventuale personale proveniente da comuni, province e Regione, i criteri per la definizione dei rapporti attivi e passivi delle attuali società d'ambito e del regime transitorio per gli affidamenti esistenti e per quelli i cui bandi siano già stati pubblicati, nonché le modalità di affidamento dei servizi di gestione integrata dei rifiuti. Le Società d'ambito esistenti devono essere poste in liquidazione entro 60 giorni dall'insediamento dei nuovi consigli di amministrazione. Ogni consorzio subentra in tutti i rapporti attivi e passivi delle società d'ambito esistenti. Il presidente del Consorzio, entro 60 giorni dall'insediamento del consiglio di amministrazione, ne dà comunicazione formale agli amministratori delle società d'ambito, che provvedono secondo le norme del codice civile. Ai consorzi di gestione degli ATO si applicano le disposizioni dell'articolo 6, comma 2, della presente legge.
(omissis)
3. La percentuale di raccolta differenziata non potrà essere inferiore al 20 per cento per l'anno 2007, al 30 per cento per l'anno 2008, al 50 per cento per l'anno 2009 e al 60 per cento per l'anno 2010, nel rispetto dell'intesa di cui all'articolo 205, comma 6, del decreto legislativo n. 152 del 2006.
Sezione IV PROGRAMMAZIONE NEGOZIATA
Art. 406
Disposizioni urgenti in materia di programmazione negoziata Art. 9, legge regionale n. 5/1998

1. La Regione riconosce e promuove gli atti di programmazione negoziata quali strumenti fondamentali di concertazione delle azioni degli interventi pubblici e privati finalizzati allo sviluppo.
2. In attesa dell'approvazione della legge di riforma della contabilità regionale, dei controlli e delle procedure della programmazione regionale per l'esercizio in corso, il Governo, entro 15 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, presenta all'Assemblea regionale, che lo esamina secondo le norme del proprio regolamento interno entro 30 giorni, un documento di programmazione economico-finanziaria che costituisce il quadro di riferimento della programmazione regionale in sostituzione dello strumento previsto dall'articolo 2 della legge regionale 19 maggio 1988, n. 6. Il documento indica gli obiettivi da conseguire, le priorità da osservare ed i programmi di intervento, tenendo conto degli indicatori, indirizzi ed obiettivi del documento di programmazione economico-finanziaria di cui all'articolo 3 della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modifiche ed integrazioni.
3. L'intesa istituzionale di programma di cui all'articolo 2, comma 203, lettera b), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, è sottoscritta congiuntamente tra il Governo nazionale e la Giunta regionale per il raggiungimento degli obiettivi definiti nel documento di programmazione economico finanziario di cui al comma 2. L'intesa istituzionale di programma costituisce il necessario momento di raccordo degli strumenti di programmazione negoziata posti in essere nelle varie tipologie negoziali in ambito regionale.
4. I programmi di intervento indicati nel documento di programmazione economico-finanziaria sono di norma attuati attraverso gli accordi di programma-quadro di cui all'articolo 2, comma 203, lettera c), della legge 23 dicembre 1996, n. 662 nonché attraverso gli strumenti previsti dalla programmazione comunitaria.
5. Gli strumenti di programmazione negoziata di cui all'articolo 2, comma 203, lettere b), c), d), e), f) della legge 23 dicembre 1996, n. 662, sono stipulati in coerenza con le linee guida del documento di programmazione economico-finanziaria.
6. Gli atti di programmazione negoziata di cui al presente articolo, coerenti con gli obiettivi e gli indirizzi fissati nel documento di programmazione economico-finanziaria, approvati in conformità alle disposizioni contenute nell'articolo 2, comma 203 e seguenti, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, delle delibere adottate dal comitato interministeriale della programmazione economica e delle eventuali direttive emanate dalla Giunta regionale, qualora prevedano oneri finanziari a carico della Regione, trovano copertura in un apposito fondo istituito nel bilancio della Regione - amministrazione del bilancio. Ove necessario, il fondo costituisce fonte di cofinanziamento di risorse derivanti da interventi ordinari e straordinari dello Stato, dell'Unione europea e di altri enti ed organizzazioni nazionali ed internazionali.
Art. 407
Misure in materia di servizi di pubblica utilità e per il sostegno dell'occupazione e dello sviluppo Art. 2, legge 23 dicembre 1996, n. 662

(omissis)
203. Gli interventi che coinvolgono una molteplicità di soggetti pubblici e privati ed implicano decisioni istituzionali e risorse finanziarie a carico delle amministrazioni statali, regionali e delle provincie autonome nonché degli enti locali possono essere regolati sulla base di accordi così definiti:
a) "Programmazione negoziata", come tale intendendosi la regolamentazione concordata tra soggetti pubblici o tra il soggetto pubblico competente e la parte o le parti pubbliche o private per l'attuazione di interventi diversi, riferiti ad un'unica finalità di sviluppo, che richiedono una valutazione complessiva delle attività di competenza;
b) "Intesa istituzionale di programma", come tale intendendosi l'accordo tra amministrazione centrale, regionale o delle provincie autonome con cui tali soggetti si impegnano a collaborare sulla base di una ricognizione programmatica delle risorse finanziarie disponibili, dei soggetti interessati e delle procedure amministrative occorrenti, per la realizzazione di un piano pluriennale di interventi d'interesse comune o funzionalmente collegati. La gestione finanziaria degli interventi per i quali sia necessario il concorso di più amministrazioni dello Stato, nonché di queste ed altre amministrazioni, enti ed organismi pubblici, anche operanti in regime privatistico, può attuarsi secondo le procedure e le modalità previste dall'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 20 aprile 1994, n. 367;
c) "Accordo di programma quadro", come tale intendendosi l'accordo con enti locali ed altri soggetti pubblici e privati promosso dagli organismi di cui alla lettera b), in attuazione di una intesa istituzionale di programma per la definizione di un programma esecutivo di interventi di interesse comune o funzionalmente collegati. L'accordo di programma quadro indica in particolare: 1) le attività e gli interventi da realizzare, con i relativi tempi e modalità di attuazione e con i termini ridotti per gli adempimenti procedimentali; 2) i soggetti responsabili dell'attuazione delle singole attività ed interventi; 3) gli eventuali accordi di programma ai sensi dell'articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142; 4) le eventuali conferenze di servizi o convenzioni necessarie per l'attuazione dell'accordo; 5) gli impegni di ciascun soggetto, nonché del soggetto cui competono poteri sostitutivi in caso di inerzie, ritardi o inadempienze; 6) i procedimenti di conciliazione o definizione di conflitti tra i soggetti partecipanti all'accordo; 7) le risorse finanziarie occorrenti per le diverse tipologie di intervento, a valere sugli stanziamenti pubblici o anche reperite tramite finanziamenti privati; 8) le procedure ed i soggetti responsabili per il monitoraggio e la verifica dei risultati. L'accordo di programma quadro è vincolante per tutti i soggetti che vi partecipano. I controlli sugli atti e sulle attività posti in essere in attuazione dell'accordo di programma quadro sono in ogni caso successivi. Limitatamente alle aree di cui alla lettera f), gli atti di esecuzione dell'accordo di programma quadro possono derogare alle norme ordinarie di amministrazione e contabilità, salve restando le esigenze di concorrenzialità e trasparenza e nel rispetto della normativa comunitaria in materia di appalti, di ambiente e di valutazione di impatto ambientale. Limitatamente alle predette aree di cui alla lettera f), determinazioni congiunte adottate dai soggetti pubblici interessati territorialmente e per competenza istituzionale in materia urbanistica possono comportare gli effetti di variazione degli strumenti urbanistici già previsti dall'articolo 27, commi 4 e 5, della legge 8 giugno 1990, n. 142;
d) "Patto territoriale", come tale intendendosi l'accordo, promosso da enti locali, parti sociali, o da altri soggetti pubblici o privati con i contenuti di cui alla lettera c), relativo all'attuazione di un programma di interventi caratterizzato da specifici obiettivi di promozione dello sviluppo locale;
e) "Contratto di programma", come tale intendendosi il contratto stipulato tra l'amministrazione statale competente, grandi imprese, consorzi di medie e piccole imprese e rappresentanze di distretti industriali per la realizzazione di interventi oggetto di programmazione negoziata;
f) "Contratto di area", come tale intendendosi lo strumento operativo, concordato tra amministrazioni, anche locali, rappresentanze dei lavoratori e dei datori di lavoro, nonché eventuali altri soggetti interessati, per la realizzazione delle azioni finalizzate ad accelerare lo sviluppo e la creazione di una nuova occupazione in territori circoscritti, nell'ambito delle aree di crisi indicate dal Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del bilancio e della programmazione economica e sentito il parere delle competenti Commissioni parlamentari, che si pronunciano entro quindici giorni dalla richiesta, e delle aree di sviluppo industriale e dei nuclei di industrializzazione situati nei territori di cui all'obiettivo 1 del regolamento CEE n. 2052/88, nonché delle aree industrializzate realizzate a norma dell'articolo 32 della legge 14 maggio 1981, n. 219, che presentino requisiti di più rapida attivazione di investimenti di disponibilità di aree attrezzate e di risorse private o derivanti da interventi normativi. Anche nell'ambito dei contratti d'area dovranno essere garantiti ai lavoratori i trattamenti retributivi previsti dall'articolo 6, comma 9, lettera c), del decreto-legge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 1989, n. 389.
204. Agli interventi di cui alle lettere d) e f) del comma 203 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui alla lettera c) del medesimo comma 203.
(omissis)
Capo IV PROTEZIONE CIVILE
Art. 408
Attuazione di norme statali in materia di protezione civile Art. 1, legge regionale 31 agosto 1998, n. 14

1. Le attività di protezione civile concernenti la previsione e prevenzione dai rischi per beni e persone derivanti dalle condizioni di vulnerabilità del territorio della Regione, nonché concernenti l'intervento in condizioni di emergenza e per il ritorno alle normali condizioni di vita delle popolazioni, a fronte del preannuncio o del verificarsi di eventi calamitosi, costituiscono materia di prevalente interesse regionale.
2. Sono recepiti dalla Regione siciliana i principi e le norme recati dalla legge 24 febbraio 1992, n. 225 "Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile", nonché esercitate le funzioni attribuite alle regioni, alle province ed ai comuni dall108 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, in materia di protezione civile.
3. Le funzioni attribuite alla Regione dall'articolo 108, comma 1, lettera a), punto 6, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, in materia di accertamento dei danni in agricoltura derivanti da eccezionali calamità o avversità atmosferiche, sono di competenza dell'Assessorato regionale dell'agricoltura e delle foreste. Restano salve in Sicilia le competenze già attribuite da leggi regionali al Corpo forestale della Regione.
Art. 409
Ufficio regionale di protezione civile Art. 2, legge regionale n. 14/1998 (art. 38, legge regionale n. 10/2000, art. 21, legge regionale n. 16/2006 e art. 1, legge regionale n. 15/2007)

1. Per le finalità di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 12 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, nonché per lo svolgimento delle funzioni attribuite alla Regione dall'articolo 108 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, comma 1, lettera a), punti 1, 2, 3, 4, 7, è istituito l'Ufficio regionale di protezione civile, posto, sino alla riforma dell'Amministrazione regionale, alle dirette dipendenze del Presidente della Regione o, in caso di attribuzione di delega, dell'Assessore delegato alla protezione civile.
2. L'Ufficio curerà il collegamento fra Stato, Regione ed enti locali per lo svolgimento delle attività di competenza, nonché l'orientamento e l'organizzazione delle attività degli uffici regionali e degli enti locali che svolgono attività di protezione civile per tal fine può essere comandato, presso il predetto ufficio personale degli enti locali.
2-bis. Il Presidente della Regione, o in caso di attribuzione di delega l'Assessore delegato alla protezione civile, dispone direttamente il trasferimento di personale regionale per le necessità derivanti dall'esercizio delle attribuzioni dell'ufficio regionale di protezione civile.
3. Nell'imminenza o al verificarsi di una situazione di emergenza di cui all'articolo 2 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, l'Ufficio regionale di protezione civile attiverà la propria struttura per la gestione della crisi con personale, reperibile 24 ore su 24, composto anche da disaster managers provenienti, se necessario, anche da amministrazioni diverse da quella regionale. I relativi oneri sono posti a carico delle amministrazioni di appartenenza.
3-bis. Per far fronte a esigenze connesse al funzionamento del dipartimento regionale della Protezione civile, da accertarsi con provvedimento del dirigente generale, si applicano le procedure di cui all'articolo 30 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modifiche ed integrazioni, previo interpello limitatamente al personale proveniente da altre amministrazioni pubbliche in posizione di comando presso il dipartimento di Protezione civile alla data di pubblicazione della presente legge.
Art. 410
Servizio tecnico idrografico regionale Art. 3, legge regionale n. 14/1998 (art. 49, legge regionale n. 4/2003)

1. La sezione autonoma per il servizio idrografico regionale, cui, tra i compiti istituzionali, compete l'attività di monitoraggio idro-meteo-pluviometrico, è costituita in Ufficio idrografico regionale.
2. L'Ufficio idrografico regionale, cui viene garantita autonomia tecnica, scientifica e organizzativa, ai sensi dell'articolo 9 della legge 18 maggio 1989, n. 183, è posto, nelle more dell'attuazione della legge sul decentramento di funzioni agli enti locali alle dirette dipendenze del Presidente della Regione.
3. Ai sensi dell'articolo 11 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, lo stesso Ufficio vigila sulle grandezze idrologiche al fine di prevenire situazioni di rischio e pericolo in occasione di eventi e situazioni eccezionali, sia riguardo ai fenomeni di piena, sia riguardo alle risorse idriche superficiali e profonde.
3 bis. Lo svolgimento organico e l'indirizzo delle attività tecnico-scientifiche-conoscitive, di previsione e prevenzione di cui all'articolo 2 della legge 18 maggio 1989, n. 183 ed all'articolo 3, commi 2 e 3, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, relativamente al ciclo integrato dell'acqua, avviene ad opera del predetto ufficio che, a tal fine, provvede per la realizzazione, l'organizzazione e la gestione delle reti di rilevamento e sorveglianza e del relativo sistema informativo pluviometeoidrologico polifunzionale promuovendo, anche, l'innovazione tecnologica di interesse. A tal fine l'Ufficio utilizza stabilmente il personale tecnico di cui all'articolo 2, comma 2, ultimo periodo, del decreto legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito nella legge 3 agosto 1998, n. 267.
4. Entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge, il Presidente della Regione emana apposito regolamento per il potenziamento e l'organizzazione dell'Ufficio e provvede a garantirne il funzionamento. L'Ufficio, per le prerogative di autonomia di cui al comma 2, adotta le necessarie articolazioni organizzative e funzionali, previa deliberazione della Giunta regionale. Si applicano le norme e la disciplina discendenti dalla legge regionale 15 maggio 2000, n. 10.
(omissis)
Art. 411
Uffici provinciali e comunali di protezione civile Art. 4, legge regionale n. 14/1998

1. Per le finalità della legge 24 febbraio 1992, n. 225, per l'esercizio delle competenze definite dagli articoli 13 e 15 della stessa legge, nonché per lo svolgimento delle funzioni attribuite dall'articolo 108, comma 1, lettere b) e c), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, le province regionali ed i comuni istituiscono uffici di protezione civile, prevedendo nei propri bilanci le spese per il loro funzionamento e le relative attività.
2. Negli enti locali il superamento del corso di disaster management organizzato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della protezione civile, riconosciuto dalla Scuola superiore della Pubblica Amministrazione, a parità di qualifica e di titoli professionali, costituisce titolo preferenziale per il coordinamento degli uffici di protezione civile.
Art. 412
Ripartizione territoriale fondi per la protezione civile Art. 5, legge regionale n. 14/1998

1. Salvo quanto previsto da speciali disposizioni, il Presidente della Regione, sui fondi da assegnare agli enti locali ai sensi dell'articolo 45 della legge regionale 7 marzo 1997, n. 6, e successive modifiche ed integrazioni, previa delibera della Giunta regionale e sentita la Conferenza permanente Regione-Autonomie locali, determina con proprio decreto la quota da utilizzare per le attività di protezione civile previste dalla presente legge.
Art. 413
Comitato regionale di protezione civile Art. 6, legge regionale n. 14/1998

1. In attuazione della disposizione di cui al comma 3 dell'articolo 12 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, è istituito, con decreto del Presidente della Regione, il Comitato regionale di protezione civile. Il Comitato è presieduto dal Presidente della Regione o, in caso di attribuzione di delega, dall'Assessore delegato alla protezione civile.
2. Il Comitato regionale predispone e verifica l'attuazione dei programmi regionali di previsione e prevenzione dei rischi di cui al comma 2 dell'articolo 12 della legge 24 febbraio 1992, n. 225.
3. Con decreto del Presidente della Regione, da adottarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo parere della competente Commissione legislativa, vengono disciplinati la composizione ed il funzionamento del Comitato regionale di protezione civile.
4. Il decreto di cui al comma 3 deve in ogni caso prevedere che del Comitato facciano parte:
a) rappresentanti dei comuni e delle province;
b) rappresentanti delle associazioni di volontariato;
c) rappresentanti di enti che svolgono attività di protezione civile nell'ambito della Regione siciliana.
5. Per lo svolgimento di attività di rilevante carattere scientifico o di notevole impegno organizzativo, il Presidente della Regione potrà avvalersi di esperti, in numero non superiore a otto, e stipulare convenzioni con enti ed istituzioni scientifiche.
(omissis)
Art. 414
Volontariato di protezione civile Art. 7, legge regionale n. 14/1998

1. All'Ufficio regionale di protezione civile è affidata la tenuta e gestione del registro regionale delle organizzazioni di volontariato della protezione civile e la predisposizione dei programmi per l'incentivazione del volontariato e la formazione dei volontari.
2. La lettera f) del comma 2 dell'articolo 6 della legge regionale 7 giugno 1994, n. 22, introdotta dall'articolo 22 della legge regionale 12 novembre 1996, n. 41, è soppressa.
3. Le organizzazioni di volontariato di protezione civile già iscritte nel registro regionale di cui alla lettera f) del comma 2 dell'articolo 6 della legge regionale 7 giugno 1994, n. 22, alla data di entrata in vigore della presente legge, sono iscritte d'ufficio al registro regionale di cui al comma 1.
4. L'iscrizione al registro regionale delle organizzazioni di volontariato di protezione civile equivale all'iscrizione al registro generale regionale delle organizzazioni di volontariato di cui all'articolo 6 della legge regionale 7 giugno 1994, n. 22.
5. Con regolamento approvato dalla Giunta regionale entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo parere della competente Commissione legislativa, saranno stabiliti i criteri e le modalità di corresponsione di contributi alle organizzazioni di volontariato.
6. Il regolamento deve prevedere che l'Ufficio regionale della protezione civile renda ogni anno alla competente Commissione legislativa una dettagliata relazione contenente tutti i dati relativi all'erogazione dei contributi, nonché la pubblicazione degli stessi sulla Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana.
Art. 415
Convenzioni Art. 10, legge regionale n. 14/1998

1. Per le finalità della presente legge il Presidente della Regione o, in caso di attribuzione di delega, l'Assessore delegato alla protezione civile possono stipulare apposite convenzioni con aziende o enti regionali o con aziende da questi ultimi controllate, nonché con le strutture operative nazionali del Servizio nazionale della protezione civile di cui all'articolo 11 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, per la fornitura di mezzi e servizi e acquisire attrezzature fisse e mobili funzionali ai servizi da svolgere.
(omissis)
Capo V SERVIZI SOCIALI
Sezione I PRINCIPI GENERALI
Art. 416
Obiettivi e principi Art. 1, legge regionale 9 maggio 1986, n. 22

In attuazione delle norme e dei principi sanciti dalla Costituzione e dallo Statuto, la Regione promuove, nel quadro della sicurezza sociale, la riorganizzazione delle attività assistenziali attraverso un sistema di servizi socio-assistenziali finalizzato a garantire ai cittadini che ne hanno titolo interventi adeguati alle esigenze della persona.
Salva restando la libertà dell'iniziativa privata, la Regione partecipa al sostegno finanziario dei relativi oneri quando la stessa concorre al conseguimento dei fini previsti dalla presente legge.
Art. 417
Criteri generali Art. 2, legge regionale n. 22/1986

La Regione, per la realizzazione del sistema dei servizi socio-assistenziali di cui all'articolo precedente, si ispira ai seguenti principi:
a) prevenire e rimuovere le cause dei bisogni individuali e collettivi nonché quelle di emarginazione sociale;
b) assicurare il mantenimento o il reinserimento dei soggetti nel proprio nucleo familiare e nell'ambiente di appartenenza;
c) garantire ai cittadini che usufruiscono dei servizi la libera scelta tra le possibili prestazioni previste dalla legge;
d) favorire la fruizione delle prestazioni attraverso una rete di servizi accessibili ai soggetti destinatari con interventi adeguati, superando la frammentarietà e la precarietà;
e) assicurare la effettiva partecipazione dei cittadini alla politica dei servizi socio-assistenziali.
Art. 418
Modalità di intervento e forme di assistenza Art. 3, legge regionale n. 22/1986

Gli interventi socio-assistenziali vengono attuati attraverso una rete di servizi prevalentemente aperti, di servizi domiciliari nonché di prestazioni a carattere economico.
Le modalità di intervento sono le seguenti:
a) segretariato sociale;
b) servizio sociale professionale;
c) assistenza economica;
d) assistenza domiciliare;
e) centri diurni di assistenza e di incontro per minori, inabili ed anziani;
f) comunità alloggio, case albergo, case protette per minori, anziani, inabili ed altri soggetti privi di assistenza familiare;
g) centri di accoglienza per ospitalità diurna o residenziale temporanea;
h) soggiorni di vacanze;
i) assistenza abitativa;
l) affidamento familiare e sostegno economico agli affidatari;
m) interventi in favore dei minori nei rapporti con l'autorità giudiziaria;
n) interventi di ricovero volti a garantire l'assistenza di tipo continuativo a persone fisicamente non autosufficienti o aventi necessità di interventi diversi da quelli previsti nelle lettere precedenti;
o) assegni personali in caso di preaffidamento od in conseguenza di dimissioni di minori, di anziani e di inabili già ricoverati;
p) assistenza economica in favore delle famiglie bisognose dei detenuti e delle vittime del delitto;
q) assistenza post-penitenziaria;
r) iniziative volte alla prevenzione del disadattamento e della criminalità minorile mediante la realizzazione di servizi ed interventi finalizzati al trattamento ed al sostegno di adolescenti e di giovani in difficoltà;
s) altre forme di assistenza anche integrative degli interventi indicati alle lettere precedenti, idonee a sostenere il cittadino in ogni situazione temporanea o permanente di insufficienza di mezzi economici e di inadeguata assistenza familiare.
Art. 419
Destinatari dei servizi Art. 4, legge regionale n. 22/1986

I servizi e le prestazioni di cui alla presente legge sono rivolti a tutti i cittadini residenti nel territorio regionale.
Essi si estendono ai cittadini non residenti e agli stranieri, limitatamente alle prestazioni di carattere urgente.
Agli utenti titolari di reddito superiore ai limiti che sono fissati in sede di piano triennale è richiesto il concorso al costo degli interventi e dei servizi, con le procedure di cui all'art. 53.
Art. 420.
Istituzione del servizio sociale Art. 5, legge regionale n. 22/1986

I comuni, entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, sono tenuti ad istituire nell'ambito della propria struttura organizzativa apposito ufficio per il servizio sociale.
Il suddetto ufficio, dotato di adeguati operatori, è preposto alla programmazione, all'organizzazione, alla gestione ed al controllo degli interventi e servizi di carattere socio-assistenziale di competenza comunale. Predispone altresì un piano triennale, da adottarsi da parte del consiglio comunale.
Il servizio sociale svolge inoltre attività di informazione, di indagini e documentazione, dei problemi sociali e dei servizi presenti nel territorio, anche per i collegamenti con le altre strutture o servizi comunali e con i presìdi socio-sanitari esistenti nel territorio.
I comuni con popolazione non superiore ai 10.000 abitanti devono disporre, nei propri ruoli, di almeno un assistente sociale ogni 5.000 abitanti.
Sezione II INTERVENTI SOCIO-ASSISTENZIALI IN FAVORE DELLE FAMIGLIE, DELL'INFANZIA E DELL'ETÀ EVOLUTIVA
Art. 421
Tutela sociale della famiglia e della maternità Art. 6, legge regionale n. 22/1986

La Regione promuove interventi a favore della famiglia volti ad assicurare condizioni materiali e sociali che permettono la realizzazione del diritto alla maternità ed il libero ed armonico sviluppo del bambino.
Art. 422
Interventi e servizi Art. 7, legge regionale n. 22/1986

Per le finalità di cui all'articolo precedente, i comuni singoli od associati istituiscono in favore di gestanti, puerpere e nuclei familiari, in stato di bisogno e di abbandono, i seguenti servizi:
a) aiuto domestico;
b) assistenza economica;
c) creazione di case di accoglienza per gestanti e ragazze madri;
d) istituzione di comunità di tipo familiare per nuclei familiari in difficoltà;
e) ogni altra forma di intervento volto a garantire la tutela del minore e del nucleo familiare.
Art. 423
Affidamento familiare Art. 8, legge regionale n. 22/1986

In attuazione della legge 4 maggio 1983, n. 184, i comuni, singoli od associati, dispongono l'affidamento, presso famiglie, persone singole o comunità di tipo familiare, dei minori che sono temporaneamente privi di idoneo ambiente familiare.
L'affidamento è disposto dal comune, su proposta del servizio sociale, istituito ai sensi dell'art. 5, con il consenso dei genitori esercenti la patria potestà o del tutore, sentito il minore che ha compiuto il 12° anno di età ovvero, in attuazione di un provvedimento dell'autorità giudiziaria minorile, con l'osservanza delle disposizioni di cui agli articoli 4 e 5 della legge 4 maggio 1983, n. 184.
Di norma ad ogni famiglia o singolo affidatario non possono essere affidati più di due minori, salvo che non si tratti di minori provenienti dallo stesso nucleo familiare.
Art. 424
Compiti del comune per l'attuazione dell'affidamento familiare Art. 9, legge regionale n. 22/1986

Il comune provvede ai sensi dell'art. 4 della legge 4 maggio 1983, n. 184 all'affidamento dei minori, stabilisce gli adempimenti, sia per gli affidatari che per le famiglie di origine, esercita i compiti di vigilanza e tiene informata l'autorità minorile che ha reso esecutivo il provvedimento di affidamento.
Per la definizione delle procedure di cui al primo comma e per gli adempimenti di attuazione, l'Assessore regionale per gli enti locali, avvalendosi del comitato regionale istituito ai sensi dell'art. 13, approva, con proprio decreto, entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, uno schema di regolamento-tipo del servizio di affidamento ad uso dei comuni singoli od associati. I comuni, sulla base del regolamento-tipo, adottano il proprio regolamento entro i successivi sei mesi.
Alle famiglie, alle persone ed alle comunità di tipo familiare, il comune assicura il necessario sostegno economico preordinato all'inserimento del minore nell'ambiente di vita dell'affidatario.
Le misure e le modalità del contributo di cui al precedente comma saranno predeterminate dall'Assessore regionale per gli enti locali in sede di approvazione dello schema-tipo di regolamento previsto dal secondo comma.
Art. 425
Assistenza ai minori nei rapporti con l'autorità giudiziaria Art. 10, legge regionale n. 22/1986

Il servizio sociale del comune è tenuto:
a)  a segnalare all'autorità giudiziaria minorile i casi di abbandono, di maltrattamento di minori o di cattivo esercizio delle potestà parentali sotto l'aspetto materiale e morale, di disadattamento di minori, nonché ogni altra situazione che possa essere di pregiudizio per i diritti e gli interessi dei minori;
b) a vigilare sull'osservanza dell'obbligo, da parte degli enti di assistenza che ricoverano i minori con pernottamento, di trasmettere ogni semestre al giudice tutelare competente per territorio l'elenco dei minori ricoverati od assistiti corredato delle notizie richieste dall'art. 9, comma quarto, della legge 4 maggio 1983, n. 184;
c) a svolgere, ove richiesti dall'autorità giudiziaria, le indagini e gli accertamenti di ordine psicologico e sociale ai fini della autorizzazione al matrimonio di minori, dell'affidamento della prole nei casi di separazione dei coniugi e di scioglimento o di dichiarazione di nullità del matrimonio, dell'esercizio della patria potestà dei genitori, della pronunzia di decadenza dalla patria potestà o di reintegrazione di essa;
d) a collaborare con l'autorità giudiziaria competente per accertamenti ai fini della dichiarazione dello stato di adottabilità, dell'affidamento preadottivo e dell'adozione, ai sensi del titolo II della legge 4 maggio 1983, n. 184.
Nei confronti dei minori soggetti a provvedimenti adottati dalla autorità giudiziaria minorile nell'ambito delle competenze amministrative e civili, il comune assicura la necessaria assistenza, anche con prestazioni specifiche di carattere psicologico e di sostegno economico, alle famiglie di origine ed agli affidatari, ovvero mediante altra forma di intervento previsto dalla presente legge con preferenza per gli interventi di tipo preventivo.
Il recupero delle spese per il ricovero e l'affidamento familiare, nell'ambito degli interventi di cui al comma precedente, è attuato esclusivamente nei confronti dei comuni non siciliani in base alle disposizioni previste dall'art. 72 e seguenti della legge 17 luglio 1890, n. 6972 e successive modifiche ed integrazioni.
Art. 426
Interventi e servizi per il recupero di minori ed adulti sottoposti a provvedimento dell'autorità giudiziaria Art. 11, legge regionale n. 22/1986

I comuni singoli od associati, nell'ambito della legislazione vigente ed in collaborazione con gli organismi statali competenti, attuano interventi e realizzano servizi in favore di minori ed adulti, per il loro recupero e reinserimento nella vita sociale.
L'attività di cui al precedente comma si realizza mediante:
a) assistenza economica;
b) assistenza abitativa;
c) servizi residenziali, sia per l'accoglimento in strutture di pronto intervento, per un trattamento a tempo determinato, sia per la permanenza in centri di ospitalità dotati di adeguate strutture;
d) inserimenti lavorativi anche attraverso cooperative.
Sezione III PROGRAMMAZIONE, ORGANIZZAZIONE E GESTIONE DEI SERVIZI SOCIO-ASSISTENZIALI
Art. 427
Competenze della Regione Art. 12, legge regionale n. 22/1986

La Regione, in conformità ai principi di cui al titolo I, svolge nella materia di cui alla presente legge attività di programmazione, coordinamento, controllo, assistenza tecnica ed incentivazione finanziaria.
Per l'espletamento dei compiti di cui al precedente comma la Regione:
a) predispone, in conformità all'art. 15, piani triennali dei servizi socio-assistenziali, al fine di perseguire le finalità indicate nella presente legge;
b) promuove attraverso incentivi finanziari, piani di organizzazione e di sviluppo dei servizi socio-assistenziali, che prevedano interventi in aree di maggiore rischio sociale;
c) predetermina, tenuto conto dei servizi da erogare e delle indicazioni degli enti erogatori, la consistenza numerica degli operatori sociali in rapporto al territorio e ne garantisce la qualificazione;
d) promuove convenzioni con istituti universitari, enti ed organismi qualificati per iniziative di studio, di ricerca e di formazione, di aggiornamento e di riqualificazione degli operatori sociali;
e) istituisce l'albo regionale delle istituzioni assistenziali di cui all'art. 26;
f) esercita il controllo sugli adempimenti attribuiti dalla presente legge agli enti locali e dispone, se necessario, interventi di assistenza tecnica per garantirne la efficacia, nonché interventi sostitutivi a carico degli organi inadempienti.
Art. 428
Comitato regionale per i servizi socio-assistenziali Art. 13, legge regionale n. 22/1986 (art. 9, legge regionale n. 27/1990)

E' istituito, presso l'Assessorato regionale degli enti locali, un comitato consultivo regionale per i servizi socio-assistenziali, presieduto dall'Assessore regionale per gli enti locali o, per delega, dal direttore regionale e composto da:
-  due esperti in materia di servizi socio-assistenziali, nominati dall'Assessore regionale per gli enti locali;
-  due esperti nella formazione degli operatori sociali, nominati dalla Giunta regionale, su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali;
-  quattro rappresentanti delle associazioni dei comuni, operanti in Sicilia, scelti tra gli amministratori comunali in carica;
-  un rappresentante della sezione siciliana dell'Unione province italiane;
-  due esperti designati dall'Unione nazionale enti di beneficenza ed assistenza;
-  quattro rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative.
Le funzioni di segretario sono svolte da un dirigente in servizio presso l'Assessorato regionale degli enti locali.
Il Comitato dura in carica cinque anni.
Ai componenti del Comitato ed al segretario spetta un gettone di presenza nella misura che sarà determinata dal Presidente della Regione siciliana, su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali, ai sensi dell'art. 31 della legge regionale 29 aprile 1985, n. 22.
Il Comitato è validamente costituito con l'insediamento di almeno sette componenti.
Art. 429
Compiti del Comitato Art. 14, legge regionale n. 22/1986

Il Comitato formula lo schema di piano triennale regionale dei servizi socio-assistenziali, e le eventuali modifiche, tenendo conto delle previsioni e delle esigenze espresse nei piani dei comuni singoli od associati e dei liberi consorzi.
Il Comitato predispone:
-  gli schemi di convenzione di cui all'art. 20;
-  gli standards dei servizi socio-assistenziali;
-  i piani di formazione ed aggiornamento del personale.
Il Comitato, altresì, esprime parere:
-  sui progetti di ristrutturazione e di riqualificazione dei servizi socio-assistenziali d'iniziativa dei comuni singoli od associati, nonché sui progetti presentati da altri enti che operano in regime di convenzione, al fine di ottenere finanziamenti e contributi;
-  sulla misura del concorso finanziario degli utenti al costo dei servizi, in rapporto a fasce di reddito predeterminate;
-  su ogni altro argomento sul quale l'Assessore regionale per gli enti locali ritenga di sentirlo.
Art. 430
Piano triennale dei servizi socio-assistenziali Art. 15, legge regionale n. 22/1986

Il piano triennale dei servizi socio-assistenziali è predisposto dall'Assessorato regionale degli enti locali sulla base dello schema approntato dal Comitato regionale per i servizi socio-assistenziali.
Il piano determina in particolare:
a) gli obiettivi prioritari da perseguire;
b) la tipologia dei servizi e degli interventi;
c) la metodologia degli interventi;
d) i criteri e le modalità per l'integrazione dei servizi di assistenza sociale con quelli sanitari;
e) gli indirizzi sulla formazione e l'aggiornamento degli operatori dei servizi;
f) i limiti di reddito per l'accesso gratuito ai servizi e la quota di partecipazione degli utenti al costo dei servizi stessi.
Il piano è aggiornato ogni tre anni.
L'Assessore regionale per gli enti locali tiene conto delle esperienze acquisite dai comuni in attuazione di programmi finalizzati.
Il piano è comunicato alla competente commissione legislativa dell'Assemblea regionale siciliana che, nel termine di due mesi, può formulare osservazioni e proposte.
L'approvazione è demandata alla Giunta regionale.
Sino all'approvazione del piano triennale, i comuni, singoli od associati, per la organizzazione e gestione dei servizi e degli interventi istituiti ai sensi della presente legge si avvalgono dello schema-tipo di regolamento previsto dall'art. 53.
Art. 431
Competenze dei comuni Art. 16, legge regionale n. 22/1986 (art. 12, legge regionale n. 33/1991)

I comuni, singoli od associati, sono titolari delle funzioni in materia socio-assistenziale previste:
a) dalla presente legge;
b) dagli articoli 3 e 4 della legge regionale 2 gennaio 1979, n. 1 e successive modifiche;
c) dalla legge regionale 24 luglio 1978, n. 21;
d) dalla legge regionale 14 settembre 1979, n. 214;
e) dalla legge regionale 14 settembre 1979, n. 215;
f) dalla legge regionale 18 aprile 1981, n. 68;
g) dalla legge regionale 6 maggio 1981, n. 87;
h) dalla legge regionale 21 agosto 1984, n. 64;
i) dal decreto del Presidente della Repubblica 13 maggio 1985, n. 245, salvo le previsioni del successivo art. 17, secondo comma;
l) dal regio decreto 8 maggio 1927, n. 798, convertito dalla legge 6 dicembre 1928, n. 2838 e successive modifiche ed integrazioni, e dalla legge 23 dicembre 1975, n. 698.
Sono, altresì, titolari di ogni altra funzione in materia socio-assistenziale prevista dalla legislazione vigente in quanto non espressamente attribuita alla Regione o ad altri enti.
Per l'istituzione di nuovi servizi e la riorganizzazione delle attività assistenziali esistenti i comuni osservano i principi di cui all'art. 2.
I comuni predispongono piani triennali comprendenti:
a) la tipologia dei servizi e delle prestazioni da erogare;
b) il fabbisogno di personale;
c) la individuazione degli enti pubblici e privati con i quali intendono stipulare convenzioni;
d) la previsione dei costi di gestione dei servizi socio-assistenziali.
I servizi di cui alle lettere a, b, c, d, ed e, di cui al secondo comma dell'art. 3 della presente legge, sono gestiti in strutture operative decentrate.
I consigli comunali, in sede di formulazione dei piani triennali, prevedono il graduale decentramento delle strutture operative medesime a livello di quartiere.
Art. 432
Interventi coordinati ed integrati Art. 17, legge regionale n. 22/1986

Al fine di realizzare la previsione contenuta nell'art. 15 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, gli interventi socio-assistenziali sono coordinati con i servizi dell'unità sanitaria locale prioritariamente a livello di distretto.
Il piano triennale di cui all'art. 15 della presente legge individua i servizi che possono essere gestiti a livello di associazioni di comuni ai sensi dell'art. 3 della legge regionale 12 agosto 1980, n. 87, o a livello intermedio e determina le modalità operative per il coordinamento.
Dalla data di entrata in vigore della presente legge, i comuni e le unità sanitarie locali si attengono alle seguenti direttive:
a) le unità sanitarie locali assicurano i servizi di carattere sanitario integrativi dei servizi socio-assistenziali di competenza dei comuni;
b) il comune, attraverso il servizio sociale, promuove gli interventi di propria competenza che hanno connessione con il settore sanitario, d'intesa con l'ufficio di direzione dell'unità sanitaria locale competente per territorio, e concorre all'attuazione dei programmi integrativi;
c) l'ufficio di direzione dell'unità sanitaria locale indice riunioni operative con la partecipazione dei responsabili degli uffici di servizio sociale dei comuni interessati per l'attuazione del piano triennale e delle direttive che saranno emanate ai sensi dell'art. 54 della presente legge;
d) l'ufficio di direzione delle unità sanitarie locali può richiedere al servizio sociale comunale, ai fini dell'integrazione, trattamenti socio-assistenziali da effettuare sul territorio.
Gli interventi coordinati ed integrati di cui al presente articolo sono preordinati al conseguimento dei seguenti obiettivi:
-  risocializzazione dei dimessi dagli ospedali psichiatrici e dei malati di mente in generale;
-  prevenzione, recupero e reinserimento sociale dei tossicodipendenti;
-  assistenza e reinserimento familiare e sociale dei soggetti portatori di handicaps;
-  assistenza, protezione e tutela della maternità, infanzia ed età evolutiva;
-  assistenza agli anziani non autosufficienti, a domicilio o mediante ricovero in strutture protette.
Fino all'emanazione della legge quadro sull'assistenze, le fonti di finanziamento della gestione coordinata sono costituite dagli stanziamenti previsti dalle leggi regionali per ciascun settore. A tal fine i comuni conferiscono alle unità sanitarie locali, con le modalità che saranno previste nel piano triennale di cui all'art 15, le quote finanziarie proprie destinate al finanziamento dei servizi gestiti in forma associata, nonché i beni e le attrezzature destinati a tali servizi.
Art. 433
Comitato di coordinamento della gestione integrata dei servizi Art. 18, legge regionale n. 22/1986

I rapporti organici tra i comuni e le unità sanitarie locali sono deferiti ad un comitato di coordinamento costituito dai sindaci dei comuni facenti parte dell'associazione, ovvero dal consiglio comunale ove l'unità sanitaria locale coincida con il territorio del comune.
Il comitato di coordinamento o il consiglio comunale:
a) esprime parere sull'attuazione del piano triennale in ordine alle previsioni riguardanti la gestione integrata dei servizi socio-assistenziali e sanitari;
b) concorre, d'intesa con il comitato di gestione, annualmente, all'elaborazione del programma degli interventi nei settori di competenza della gestione integrata e coordinata;
c) esprime pareri e formula proposte sulle risorse finanziarie destinate all'attività integrata;
d) stabilisce annualmente le quote di partecipazione dei comuni agli oneri della gestione integrata.
Il comitato di coordinamento si riunisce su convocazione del sindaco del comune sede dell'unità sanitaria locale ordinariamente ogni sei mesi e, in via straordinaria, quando ne faccia richiesta un terzo dei comuni associati.
Il comitato di coordinamento ha sede presso l'unità sanitaria locale; le decisioni assunte ed i pareri espressi sono verbalizzati e di essi viene fatta menzione negli atti deliberativi del comitato di gestione dell'unità sanitaria locale, nonché dei singoli comuni per quanto di competenza.
Un dipendente dell'unità sanitaria locale svolge funzioni di segretario del comitato.
Art. 434
Determinazione degli standards Art. 19, legge regionale n. 22/1986

All'approvazione degli standards strutturali ed organizzativi dei servizi socio-assistenziali istituiti con la presente legge, provvede il Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali, con proprio decreto entro dodici mesi dall'entrata in vigore della presente legge.
Per la determinazione degli standards di cui al primo comma l'Assessore regionale per gli enti locali si avvale del gruppo di consulenza di cui all'art. 52.
Per i servizi aperti e residenziali istituiti in favore degli anziani si applicano gli standards determinati in applicazione della legge regionale 6 maggio 1981, n. 87 e successive modifiche ed integrazioni.
Art. 435
Convenzioni Art. 20, legge regionale n. 22/1986

I comuni singoli od associati, per la realizzazione dei servizi socio-assistenziali, possono stipulare convenzioni con enti iscritti nell'albo regionale previsto dall'art. 26.
Le convenzioni devono prevedere in particolare:
a) le prestazioni da erogare agli utenti;
b) i corrispettivi dei costi per i servizi resi;
c) adeguati strumenti di controllo.
Art. 436
Personale Art. 21, legge regionale n. 22/1986

I comuni, singoli o associati, per la gestione dei servizi socio-assistenziali si avvalgono del proprio personale, nonché del personale:
a) proveniente da enti pubblici soppressi, già operanti nel settore;
b) ammesso al servizio civile;
c) da assumere mediante pubblico concorso;
d) da assumere a tempo determinato ai sensi della normativa vigente.
Art. 437
Associazioni di volontariato Art. 22, legge regionale n. 22/1986

Al conseguimento degli obiettivi previsti dalla presente legge possono concorrere le associazioni di volontariato liberamente costituite, aventi finalità che attengono alla materia socio-assistenziale.
Tra le associazioni di volontariato di cui al comma precedente sono comprese anche le istituzioni a carattere associativo, le cui attività si fondano, a norma di statuto, su prestazioni volontarie e personali dei soci.
La partecipazione dei volontari dovrà ispirarsi ai seguenti criteri:
-  impegno a prestare la loro attività in modo coordinato con quella svolta dal personale addetto alle attività assistenziali;
-  rimborso delle sole spese effettivamente sostenute.
Le prestazioni dei volontari non devono comportare una utilizzazione a tempo pieno.
Si applicano le disposizioni di cui all'art. 3 della legge regionale 25 marzo 1986, n. 14.
Art. 438
Gestione Art. 23, legge regionale n. 22/1986

I servizi socio-assistenziali istituiti ai sensi della presente legge sono attuati dai comuni singoli od associati con le seguenti modalità:
a)  mediante gestione diretta;
b)  mediante convenzione con istituzioni pubbliche e private di assistenza e beneficenza ed associazioni non aventi fini di lucro;
c)  mediante delega ai consigli di quartiere prioritariamente per quanto riguarda i servizi di cui alle lettere a, b, c, d, ed e dell'art. 3, secondo comma, della presente legge.
Sezione IV VIGILANZA E CONTROLLO
Art. 439
Vigilanza Art. 24, legge regionale n. 22/1986

L'Assessore regionale per gli enti locali vigila perché i comuni adempiano agli obblighi previsti dalla presente legge e ad ogni disposizione legislativa vigente in materia.
Art. 440
Controllo sugli enti convenzionati Art. 25, legge regionale n. 22/1986

Il controllo sugli enti convenzionati ai sensi dell'art. 20 è esercitato dall'Assessore regionale per gli enti locali, che può avvalersi dei comuni per singoli accertamenti.
Art. 441
Albo regionale delle istituzioni assistenziali Art. 26, legge regionale n. 22/1986

E' istituito presso l'Assessorato regionale degli enti locali l'albo regionale delle istituzioni assistenziali, diviso in sezioni secondo la natura dell'attività svolta.
Possono essere iscritte all'albo le istituzioni che svolgono attività socio-assistenziali che dispongono di strutture, di attrezzature e di personale idonei al tipo di attività svolta, in conformità agli standards determinati con le modalità di cui all'art. 19.
L'Assessore regionale per gli enti locali, prima di provvedere alla iscrizione nell'albo, effettua opportuni accertamenti e verifiche avvalendosi anche dei comuni.
All'inizio di ogni anno, in esito agli accertamenti di cui al comma precedente ed alle segnalazioni dei comuni, viene effettuata la revisione dell'albo onde provvedere alla cancellazione delle istituzioni nei cui confronti sono venuti meno i requisiti prescritti nonché alla iscrizione di istituzioni che ne facciano istanza.
L'iscrizione all'albo è preordinata alla stipula, da parte delle istituzioni iscritte, delle convenzioni con i comuni singoli od associati previste dall'art. 20.
Entro il trenta giugno di ogni anno l'elenco delle istituzioni iscritte all'albo è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana.
Art. 442
Iscrizione all'albo dei privati Art. 27, legge regionale n. 22/1986

I privati che gestiscono strutture diurne o residenziali all'infuori di convenzioni e di rapporti con enti locali sono tenuti ad iscriversi in appositi albi comunali, ai fini della vigilanza igienico-sanitaria sugli ambienti adibiti alla attività svolta e sul personale dipendente.
La vigilanza è esercitata dal comune territorialmente competente che si avvale dell'unità sanitaria locale nel cui ambito ricade la struttura.
I sindaci, all'inizio di ogni anno, comunicano all'Assessore regionale per gli enti locali i provvedimenti di iscrizione o di cancellazione intervenuti durante l'anno precedente.
La disposizione di cui al comma precedente decorre dall'1 gennaio 1988.
Art. 443
Autorizzazione al funzionamento di strutture socio-assistenziali e procedura per il rilascio Art. 28, legge regionale n. 22/1986

Ai fini dell'iscrizione all'albo di cui all'art. 26, le strutture socio-assistenziali residenziali o diurne per minori, adulti ed anziani, anche in stato di non autosufficienza parziale o totale, sono soggette alla autorizzazione al funzionamento.
L'autorizzazione al funzionamento è rilasciata dall'Assessore regionale per gli enti locali, entro sei mesi dalla istanza, in esito al parere igienico-sanitario dell'unità sanitaria locale competente, sentita l'amministrazione comunale, nonché l'autorità scolastica ove trattasi di strutture utilizzate per attività di istruzione.
I pareri di cui al comma precedente devono essere rilasciati entro sessanta giorni dal ricevimento della richiesta da parte dell'Assessore regionale per gli enti locali ed ove non comunicati entro il predetto termine devono ritenersi equivalenti ad assenso.
Di ogni provvedimento di autorizzazione e di diniego dell'Assessore regionale per gli enti locali è data comunicazione all'ente richiedente, al comune e, per strutture destinate a minori, all'autorità minorile competente per territorio.
Avverso il diniego di autorizzazione ovvero in caso di mancata adozione del provvedimento entro il termine previsto al primo comma, è ammesso il ricorso, anche per questioni di merito, alla Giunta regionale che decide entro sei mesi.
Per il funzionamento dei servizi e delle strutture riservate agli anziani si applicano le disposizioni contenute nella legge regionale 6 maggio 1981, n. 87.
Art. 444
Sospensione e revoca dell'autorizzazione Art. 29, legge regionale n. 22/1986

L'autorizzazione al funzionamento è revocata per il venire meno dei requisiti in base ai quali era stata concessa qualora l'ente titolare, previamente diffidato a ripristinare la sussistenza dei requisiti stessi, non abbia provveduto entro il termine assegnato.
In caso di accertati gravi difetti di funzionamento o violazione di legge che comportano rilevante pregiudizio per gli utenti, l'Assessore regionale per gli enti locali dispone la sospensione dell'autorizzazione.
La revoca viene disposta con provvedimento motivato dall'Assessore regionale per gli enti locali.
Avverso il provvedimento di revoca o di sospensione dell'autorizzazione è ammesso ricorso alla Giunta regionale. Qualora la Giunta non decida entro sessanta giorni, il ricorso s'intende rigettato.
Del provvedimento di revoca, di sospensione o di diniego della autorizzazione a funzionare, con la conseguente cancellazione dall'albo regionale, sono informati il comune competente per il territorio, l'autorità di pubblica sicurezza e l'autorità giudiziaria minorile.
Art. 445
Snellimento dell'azione amministrativa. Organi collegiali Art. 68, legge regionale n. 10/1999 (art. 21, legge regionale n. 19/2005)

1. Ai fini dello snellimento dell'azione amministrativa in materia di organi collegiali si applicano le ulteriori disposizioni di cui al presente articolo.
2. (comma abrogato)
3. Sono soggetti al controllo di legittimità dell'Assessorato della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali gli atti deliberativi della I.P.A.B. relativi alle materie sotto elencate:
a) bilancio preventivo e relative variazioni conto consuntivo;
b) modifica di pianta organica e relativo regolamento;
c) alienazione del patrimonio immobiliare delle Istituzioni:
d)modifiche allo statuto. Tali atti sono trasmessi in duplice copia entro quindici giorni dalla loro adozione alla struttura dell'Assessorato competente all'attività di vigilanza e controllo sulle I.P.A.B. e vengono approvati o annullati con provvedimento da notificare all'istituzione interessata entro trenta giorni dalla ricezione. Le deliberazioni per le quali non sia stato adottato un provvedimento entro detto termine divengono esecutive. L'esercizio del predetto controllo non può essere sottoposto a condizioni.
4. I termini di cui al comma 3 sono sospesi se l'Assessorato richiede ulteriore documentazione o chiarimenti in ordine alle deliberazioni trasmesse. I chiarimenti o gli elementi integrativi devono essere forniti entro venti giorni ed i provvedimenti definitivi devono essere adottati entro i trenta giorni successivi.
(omissis)
Sezione V DISPOSIZIONI SULLE ISTITUZIONI PUBBLICHE DI ASSISTENZA E BENEFICENZA
Art. 446
Privatizzazione delle IPAB Art. 30, legge regionale n. 22/1986

Le istituzioni in atto qualificate quali IPAB per atto positivo di riconoscimento o per possesso di stato, che, avuto riguardo alle disposizioni della legge fondamentale sulle Opere pie 17 luglio 1890, n. 6972 e successive modifiche, agli atti di fondazione ed agli statuti delle istituzioni medesime, nonché ai criteri selettivi da determinare con le procedure di cui al successivo comma, per prevalenza di elementi essenziali sono classificabili quali enti privati, sono incluse dal Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali, in apposito elenco ai fini del riconoscimento ai sensi dell'art. 12 del codice civile.
Per l'attuazione del precedente comma i criteri selettivi, entro i limiti prefissati al precedente comma, sono determinati dalla Giunta regionale su proposta del Presidente della Regione, di concerto con l'Assessore regionale per gli enti locali, sentita la competente commissione legislativa dell'Assemblea regionale siciliana, che si pronuncia entro tre mesi dalla ricezione delle proposte.
Qualora risulti che fra gli enti di cui al primo comma taluni hanno caratteristiche di enti ecclesiastici, il Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali, forma l'elenco di tali istituzioni e, d'intesa con l'autorità ecclesiastica, lo trasmette al Ministero dell'interno per le procedure di riconoscimento della personalità giuridica agli effetti civili.
Le operazioni previste dal presente articolo sono completate entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Entro i successivi sei mesi le IPAB con prevalenti finalità assistenziali ricevono il provvedimento declaratorio, avente carattere di atto definitivo.
I provvedimenti adottati a norma del presente articolo sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana e trasmessi ai sindaci per la pubblicazione nell'albo pretorio per la durata di quindici giorni consecutivi.
Art. 447
Utilizzazione delle strutture in conformità ai fini istituzionali Art. 31, legge regionale n. 22/1986

Le IPAB che non hanno caratteristiche di enti privati ai sensi del precedente articolo 30, entro tre mesi dal ricevimento dell'atto declaratorio previsto dal penultimo comma dello stesso articolo, sono tenute a comunicare ai comuni territorialmente competenti lo stato delle strutture di cui dispongono con contestuali proposte, compatibilmente alle finalità previste da rispettivi statuti, per la utilizzazione delle stesse secondo la tipologia prevista dalla presente legge.
Il comune valuta lo stato di disponibilità delle strutture e la proposta di utilizzazione formulata dall'IPAB, ai fini dell'attuazione immediata delle funzioni trasferite ai comuni a norma della legge regionale 2 gennaio 1979, n. 1, ed in particolare per la realizzazione di un modello programmato di sviluppo dei servizi socio-assistenziali e socio-sanitari, conforme al piano triennale previsto dall'art. 15.
Entro tre mesi dal giorno in cui ne ha conoscenza, il comune adotta le proprie determinazioni con deliberazione consiliare assunta a maggioranza assoluta dai consiglieri in carica.
In assenza di pronunzia entro il termine di cui al comma precedente, l'IPAB ne rende edotto l'Assessore regionale per gli enti locali, il quale provvede con i poteri sostitutivi previsti dall'art. 91 dell'ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana.
Ove il comune ritenga accettabili le proposte presentate dall'IPAB, si avvale delle strutture mediante convenzione preordinata al regolamento dei relativi rapporti.
La convenzione è stipulata sulla base di un disciplinare-tipo predisposto dall'Assessore regionale per gli enti locali entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge.
Ai fini dell'elaborazione del disciplinare-tipo, l'Assessore può avvalersi del gruppo di consulenza previsto dall'art. 52.
Qualora il comune, con l'atto deliberativo di cui al terzo comma, ritenga le strutture non adatte al proseguimento dell'attività assistenziale, ne informa l'Assessore regionale per gli enti locali che dispone entro 30 giorni propri accertamenti.
Gli accertamenti sono demandati ad una commissione composta dal sindaco del comune o da un suo delegato, da un rappresentante dell'Assessorato regionale degli enti locali e dal coordinatore sanitario dell'unità sanitaria locale competente per territorio. La commissione entro 30 giorni rassegna le risultanze degli accertamenti all'Assessore regionale per gli enti locali.
Nel caso di responso favorevole della commissione l'Assessore regionale per gli enti locali invita il comune ad utilizzare le strutture dell'IPAB. Il comune decide entro due mesi dalla notifica della relazione rassegnata dalla commissione di cui al nono comma con la maggioranza assoluta dei consiglieri in carica.
Art. 448
Riconversione delle strutture Art. 32, legge regionale n. 22/1986

Le IPAB che intendono avviare programmi di riconversione delle proprie strutture e, ove necessario, di mutamento dei propri fini istituzionali in aderenza al riordino dei servizi socio-assistenziali introdotto dalla presente legge, entro tre mesi dal ricevimento dell'atto declaratorio di cui all'art. 30, ne informano i comuni territorialmente competenti.
Tale iniziativa non comporta la cessazione dell'attività assistenziale.
Il comune, in attuazione del piano triennale di cui all'art. 15, si pronunzia, con la maggioranza assoluta dei consiglieri in carica, sulla proposta dell'IPAB.
In esito alla pronunzia favorevole del comune, i progetti di riconversione sono ammessi al fondo speciale di cui al successivo art. 47 purché sia osservato l'art. 3 della legge regionale 29 aprile 1985, n. 21.
In assenza di pronunzia nel termine di cui al terzo comma le IPAB ne informano l'Assessore regionale per gli enti locali, che promuove entro 30 giorni specifici accertamenti ed ove necessario interviene con i poteri sostitutivi di cui all'art. 91 dell'Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana.
Ove il comune, con deliberazione consiliare, giudichi antieconomico il piano di riconversione delle strutture ovvero non conforme al proprio modello di sviluppo dei servizi socio-assistenziali e socio-sanitari, ne informa l'Assessore regionale per gli enti locali che dispone propri accertamenti.
Gli accertamenti sono demandati alla commissione di cui al nono comma dell'art. 31, che rassegna le proprie risultanze, entro 60 giorni, all'Assessore regionale per gli enti locali.
Nel caso di responso favorevole della commissione il comune decide secondo le modalità ed i termini di cui all'art. 31, decimo comma.
Art. 449
Acquisizione da parte dei comuni dei beni patrimoniali non utilizzabili dalle IPAB Art. 33, legge regionale n. 22/1986

Qualora in esito alla procedura prevista dai precedenti articoli, l'utilizzazione o la riconversione delle strutture non sia conforme alla tipologia dei servizi socio-assistenziali e socio-sanitari introdotta dalla vigente normativa, o comunque non sia rispondente ai criteri di economicità, salvo quanto previsto dal successivo art. 35, il comune, entro due mesi dalla notifica del responso della commissione da parte dell'Assessore regionale per gli enti locali, si pronuncia con deliberazione consiliare, assunta dalla maggioranza assoluta dei consiglieri in carica, sulla utilizzazione delle strutture e dell'area di sedime per l'attuazione di programmi di pubblico interesse.
L'acquisizione in proprietà delle strutture, in tal caso, ha luogo al valore di stima dell'Ufficio tecnico erariale.
Art. 450
Fusione ed estinzione delle IPAB Art. 34, legge regionale n. 22/1986

L'Assessore regionale per gli enti locali avvia il procedimento amministrativo per la fusione delle istituzioni pubbliche, proprietarie delle strutture non utilizzabili o non riconvertibili, con altre IPAB che dispongono di strutture giudicate utilizzabili o riconvertibili in esito alle procedure di cui ai precedenti articoli o con IPAB che, mediante l'integrazione delle strutture, su proposta del comune territorialmente competente, possono attivare servizi socio-assistenziali e socio-sanitari conformi alle previsioni degli articoli 31 e 32 della presente legge.
In subordine l'istituzione è estinta e i beni patrimoniali sono devoluti al comune, che assorbe anche il personale dipendente, facendone salvi i diritti acquisiti in rapporto al maturato economico.
La fusione e l'estinzione non hanno luogo qualora la struttura non utilizzabile o riconvertibile appartenga ad istituzione che disponga di altre strutture agibili e riconvertibili.
Art. 451
Interpretazione autentica Art. 60, legge regionale n. 10/1999

1. Il comma 2 dell'articolo 34 della legge regionale 9 maggio 1986, n. 22, è interpretato come di seguito:
"In caso di estinzione di II.PP.A.B. i beni patrimoniali delle stesse ricadenti nel territorio della Regione siciliana sono devoluti a ciascun comune in cui gli stessi ricadono".
Art. 452
Immobili sottoposti a vincolo monumentale od artistico ai sensi della legge 1 giugno 1939, n. 1089 Art. 35, legge regionale n. 22/1986

L'Assessore regionale per i beni culturali ed ambientali e per la pubblica istruzione, su proposta della soprintendenza competente per territorio, ha facoltà di acquisire, al valore di stima dell'Ufficio tecnico erariale, gli edifici di proprietà delle IPAB non direttamente utilizzati per interventi e servizi socio-assistenziali e socio-sanitari o che non siano compresi nei programmi comunali di potenziamento previsti dagli articoli precedenti.
Art. 453
Alienazione di strutture non utilizzabili Art. 36, legge regionale n. 22/1986

Nel caso in cui la struttura non utilizzabile o non riconvertibile non sia acquisita dal comune con le modalità previste dai precedenti articoli, l'Assessore regionale per gli enti locali, salva l'applicazione dell'art. 35 della presente legge, autorizza l'istituzione proprietaria della struttura ad alienarla mediante vendita all'asta pubblica.
Art. 454
Immobili ad uso di culto Art. 37, legge regionale n. 22/1986

Gli immobili destinati a fini di culto appartenenti ad IPAB assoggettate alla procedura di estinzione prevista dall'art. 34 o facenti parte di complessi immobiliari che, ai sensi dei precedenti articoli, vengono acquisiti dai comuni a domanda dell'ordinario diocesano sono assegnati in uso all'autorità ecclesiastica competente. Il provvedimento è adottato dal Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali, con vincolo di destinazione alla sopradetta finalità.
Cessata la destinazione a fini di culto, l'immobile è restituito al comune territorialmente competente.
Art. 455
Personale delle IPAB sottoposte a fusione Art. 38, legge regionale n. 22/1986

Il personale delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza sottoposte a fusione con altre IPAB ai sensi dell'art. 34 transita negli organici della nuova IPAB e viene utilizzato per le sue finalità.
Art. 456
Reimpiego dei mezzi finanziari Art. 39, legge regionale n. 22/1986

I corrispettivi dei beni alienati dalle IPAB ai sensi dei precedenti articoli sono destinati dalle IPAB stesse all'attuazione dei servizi socio-assistenziali e socio-sanitari nell'ambito dei programmi comunali di utilizzazione o di riconversione delle strutture previste dagli articoli medesimi.
Art. 457
Disposizioni comuni per le IPAB Art. 40, legge regionale n. 22/1986

I limiti di valore previsti dall'art. 4 della legge 26 aprile 1954, n. 251 sono commisurati all'importo di cui all'art. 52 della legge regionale 29 aprile 1985, n. 21.
Art. 458
Mobilità del personale delle IPAB Art. 42, legge regionale n. 22/1986

Le IPAB che, in rapporto all'attività svolta, abbiano personale in esubero, ne fanno segnalazione all'Assessore regionale per gli enti locali, indicando i posti e le qualifiche da sopprimere.
L'Assessore, con proprio decreto, dispone il trasferimento del personale presso altre IPAB che abbiano espresso assenso al trasferimento.
Il decreto assessoriale è adottato a seguito di accertamenti ispettivi, da cui consti la sussistenza del pubblico interesse.
Con lo stesso decreto l'Assessore dispone la soppressione dei posti ricoperti dal personale trasferito ed il corrispondente aumento dei posti di organico nelle IPAB cui il personale è assegnato.
Le disposizioni di cui al primo comma trovano attuazione anche ai fini dell'applicazione dell'art. 41 per l'inquadramento dei dipendenti che, pur essendo in possesso dei requisiti ivi prescritti, non possono essere inquadrati nelle IPAB in cui hanno prestato servizio, per carenza di posti.
Ai fini dell'applicazione dei precedenti commi si utilizzano prioritariamente i posti disponibili presso IPAB ubicate nella medesima provincia.
Art. 459
Ampliamento delle piante organiche delle IPAB Art. 43, legge regionale n. 22/1986

Con deliberazione motivata le IPAB possono ampliare le dotazioni delle piante organiche per garantire gli standards socio-assistenziali determinati dalla vigente normativa.
Contestualmente allo ampliamento della pianta organica le IPAB procedono alla ristrutturazione dei posti in organico, onde destinare ai servizi assistenziali i posti in esubero in altre qualifiche.
Ai fini della copertura dei posti è prioritariamente utilizzato il personale delle altre IPAB esistenti sul territorio, di cui all'art. 42, purché per qualifiche corrispondenti.
I posti non coperti mediante la procedura di cui al precedente comma sono ricoperti mediante pubblico concorso.
Sezione VI FONDI DI INTERVENTO
Art. 460
Fondo regionale per gli interventi ed i servizi socio-assistenziali Art. 44, legge regionale n. 22/1986 (art. 27, legge regionale n. 15/1993)

La Regione, per il conseguimento delle finalità della presente legge, istituisce nel bilancio regionale un fondo denominato "Fondo per la gestione dei servizi e degli interventi socio-assistenziali" da iscrivere nello stato di previsione della spesa dell'Assessorato regionale degli enti locali, destinato al finanziamento dei servizi socio-assistenziali svolti sia a livello associato che di singolo comune.
Il fondo è costituito:
a) dalle assegnazioni e dai finanziamenti dello Stato;
b) da uno stanziamento il cui ammontare sarà determinato con successiva legge regionale;
c) (lettera abrogata)
Al fondo possono affluire gli stanziamenti settoriali pertinenti ai servizi socio-assistenziali riguardanti la sfera materno-infantile, quella della tossicodipendenza, della tutela della salute mentale, dell'assistenza agli anziani ed ai soggetti portatori di handicap.
Art. 461
Criteri per la ripartizione del fondo per gli interventi ed i servizi socio-assistenziali Art. 45, legge regionale n. 22/1986

Il fondo di cui all'art. 44 è destinato:
a) quanto al 70 per cento, sulla base della popolazione residente in ciascun comune secondo i dati dell'Istat dell'ultimo anno disponibile, per le spese connesse al funzionamento dei servizi socio-assistenziali;
b) quanto al 30 per cento, per l'attuazione di investimenti sulla base di documentate richieste da presentare all'Assessore regionale per gli enti locali entro il 31 marzo di ciascun anno, con priorità per i comuni che hanno particolari carenze di strutture e di presidi socio-assistenziali.
Le somme assegnate ai sensi della lett. a sono versate ai comuni con somministrazione trimestrale anticipata. I comuni sono tenuti ad aprire presso i rispettivi tesorieri apposito conto sul quale verranno versati i predetti fondi.
Le somme assegnate ai sensi della lett. b sono accreditate ai comuni, singoli od associati, secondo le modalità di cui ai commi dall'uno al quattro dell'art. 35 della legge regionale 2 gennaio 1979, n. 1.
Art. 462
Modalità per il finanziamento delle spese per investimenti di cui all'art. 45, primo comma, lett. b Art. 46, legge regionale n. 22/1986

I finanziamenti per le spese di investimento previsti dal primo comma, lett. b, dell'art. 45 sono finalizzati alla realizzazione di nuove strutture e dotazioni di relative attrezzature ed arredi, nonché alla riconversione, trasformazione, riadattamento e ampliamento di strutture preesistenti. E' consentito l'acquisto e la ristrutturazione di edifici esistenti.
Le istanze vanno presentate entro il 31 marzo di ciascun anno all'Assessorato regionale degli enti locali, corredate dell'atto deliberativo contenente la richiesta di finanziamento unitamente ad una relazione socio-economica in cui siano descritti:
a) tipologia del servizio da realizzare;
b) conformità agli standards previsti per la tipologia;
c) numero e qualifica degli operatori che saranno addetti alle strutture o presidi socio-assistenziali in conformità ai requisiti organizzativi e professionali richiesti dal tipo di servizio;
d) numero degli utenti da assistere;
e) misura del finanziamento regionale richiesto;
f) eventuali mezzi finanziari di cui si dispone o dei quali si intende avere la disponibilità tramite accensione di mutuo con la Cassa depositi e prestiti, per la copertura della parte delle spese non ammesse ai finanziamenti.
I criteri di ripartizione territoriale sono fissati con decreto dell'Assessore regionale per gli enti locali tenendo presente l'esistenza nel territorio del comune richiedente di strutture e presidi socio-assistenziali.
Art. 463
Fondo speciale per programmi straordinari Art. 47, legge regionale n. 22/1986

Per l'attuazione di programmi straordinari di interesse dei comuni singoli od associati e delle IPAB, conformi alle previsioni del piano triennale di cui all'art. 15 della presente legge, è istituito un fondo straordinario, il cui ammontare sarà determinato con successiva legge della Regione.
Nell'ambito del piano triennale il fondo di cui al precedente comma può essere utilizzato per la riconversione e la valorizzazione delle strutture degli enti soppressi, di cui alla tabella B annessa al decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616.
Sezione VII DISPOSIZIONI FINALI
Art. 464
Istituzioni socio-scolastiche permanenti (ex colonie) Art. 50, legge regionale n. 22/1986

Le istituzioni socio-scolastiche di cui alla legge regionale 5 agosto 1982, n. 93 possono essere incluse nel piano triennale di cui all'art. 15, ai fini della utilizzazione e gestione da parte dei comuni singoli o dell'associazione dei comuni di cui all'art. 3 della legge regionale 12 agosto 1980, n. 87 .
Art. 465
Schema tipo di regolamento Art. 53, legge regionale n. 22/1986

Entro sei mesi dalla data di pubblicazione della presente legge, l'Assessore regionale per gli enti locali, avvalendosi del gruppo di consulenza di cui all'art. 52, predispone uno schema tipo di regolamento sull'organizzazione dei servizi socio-assistenziali, ad orientamento dell'attività dei comuni singoli od associati.
I comuni singoli od associati, sulla base del regolamento-tipo predisposto dall'Assessore regionale per gli enti locali, entro i successivi sei mesi adottano un proprio regolamento.
Il regolamento-tipo contiene direttive e limiti di prima applicazione, anche per quanto riguarda i costi unitari dei servizi e l'accesso da parte degli utenti che superano i limiti di reddito per la gratuità dei servizi stessi.
Nella prima applicazione della presente legge, i limiti di reddito per la gratuità dei servizi e per l'accesso agli stessi con quota a carico dell'utente, sono determinati dall'Assessore regionale per gli enti locali, con proprio decreto.
Art. 466
Direttive Art. 54, legge regionale n. 22/1986

Il Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali, al fine di realizzare un migliore collegamento funzionale delle attività, è autorizzato ad impartire direttive ai comuni, contenenti indirizzi generali per l'attuazione della presente legge ed in particolare per l'esecuzione del piano triennale dei servizi socio-assistenziali.
Art. 467
Convenzioni per studi, ricerche, acquisizione ed elaborazione dati Art. 55, legge regionale n. 22/1986

L'Assessore regionale per gli enti locali è autorizzato a stipulare convenzioni con istituti universitari, scuole di servizio sociale o istituzioni specializzate nel settore dei servizi sociali, per studi, ricerche ed acquisizione ed elaborazione di dati utili alla predisposizione dei piani triennali dei servizi socio-assistenziali nonché dei progetti speciali.
Per le convenzioni di cui al comma precedente si prescinde dalla acquisizione dei pareri previsti dalla legislazione vigente, allorché l'importo relativo non superi i 100 milioni di lire.
Per il finanziamento dei progetti speciali di cui all'art. 56 e per la copertura degli oneri relativi alle convenzioni di cui al presente articolo, si provvede con il fondo di cui all'art. 47.
Art. 468
Progetti speciali Art. 56, legge regionale n. 22/1986

La Regione può predisporre progetti mirati d'intervento in settori specifici o in aree di elevato rischio, anche con l'apporto degli enti locali e di organismi presenti nel territorio regionale.
Art. 469
Compiti della Regione Art. 59, legge regionale n. 22/1986

L'Assessore regionale per gli enti locali decide le controversie tra i comuni singoli od associati o tra comuni ed altri enti pubblici soggetti alle potestà regionali, per il rimborso delle spese di soccorso e di assistenza, rese obbligatorie da particolari disposizioni di legge o statuarie, comprese quelle relative al mantenimento degli inabili al lavoro di cui all'art. 154 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.
Art. 470
Obblighi e facoltà dei comuni aventi riflessi con la finanza locale Art. 60, legge regionale n. 22/1986

I comuni sono tenuti ad istituire i servizi previsti dalla presente legge. A tale effetto, in sede di formazione del bilancio annuale e pluriennale, le relative spese sono iscritte nei propri bilanci entro il limite delle disponibilità dei fondi per i servizi, data la natura integrativa delle assegnazioni della Regione per finalità socio-assistenziali.
Ai fini degli investimenti, i comuni possono avvalersi anche delle disposizioni che regolano la contrazione dei mutui, ivi compresi quelli somministrati dalla cassa depositi e prestiti.
Gli avanzi di amministrazione quali risultano dai conti consuntivi possono essere destinati alla realizzazione di strutture socio-assistenziali entro il limite del 50 per cento delle somme disponibili.
Art. 471
Funzionamento dei centri di rieducazione per minorenni soggetti a provvedimenti dell'autorità giudiziaria minorile Art. 63, legge regionale n. 22/1986

Le convenzioni che il Ministero di grazia e giustizia ha stipulato con enti ed istituzioni che prestano assistenza ai minori soggetti a provvedimento dell'autorità giudiziaria minorile possono essere assunte dai comuni nel cui territorio operano le relative strutture.
La disposizione di cui al precedente comma è subordinata al regolamento dei relativi rapporti finanziari con lo Stato, a norma dell'art. 43 dello Statuto regionale, ai fini dell'attribuzione ai comuni dei fondi occorrenti per la gestione dei servizi.
Per l'assistenza ai minori che hanno la residenza in comuni diversi da quelli nei quali sono ubicate le strutture convenzionate si applicano le disposizioni in materia di domicilio di soccorso.
Art. 472
Obblighi dei comuni Art. 68, legge regionale n. 22/1986 (art. 8, legge regionale n. 27/1990)

A decorrere dall'entrata in vigore della presente legge i comuni sono tenuti a provvedere:
a) agli oneri finanziari conseguenti al disposto dell'art. 403 del codice civile;
b) al mantenimento delle persone inabili e prive di mezzi di sussistenza segnalate dalle autorità locali di pubblica sicurezza ai sensi e per gli effetti dell'art. 154 del testo unico di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.
Fino a quando i comuni non saranno in grado di porre a carico del proprio bilancio gli oneri conseguenti all'applicazione del presente articolo, gli stessi possono essere posti a carico del Fondo per i servizi di cui all'art. 19 della legge regionale 2 gennaio 1979, n. 1.
All'azione di rivalsa per il recupero delle spese sostenute per gli interventi di cui al primo comma, si provvede esclusivamente nei confronti dei comuni non siciliani che hanno la competenza passiva ai sensi dell'art. 72 della legge 17 luglio 1890, n. 6972 e successive modificazioni ed integrazioni.
Si prescinde, inoltre, dall'esercizio dell'azione di rivalsa nei confronti degli obbligati per legge a prestare gli alimenti che siano titolari di redditi non eccedenti il triplo della fascia esente ai fini dell'IRPEF.
Non si fa luogo all'applicazione del terzo e quarto comma dell'art. 154 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.
Gli interventi previsti dal presente articolo sono attuati anche nei confronti di non residenti, accertate le necessità e l'urgenza delle prestazioni. Dell'intervento realizzato viene data comunicazione al comune di residenza dell'assistito ed al comune di eventuale dimora.
Art. 473
Art. 71, legge regionale n. 22/1986

La istituzione dei servizi previsti dalla presente legge da parte dei comuni singoli o associati ha luogo compatibilmente alle risorse finanziarie di cui i comuni stessi possono disporre e nel rispetto delle norme di legge in materia di finanza locale.
Capo VI INTERVENTI E SERVIZI A FAVORE DEGLI ANZIANI
Art. 474
Principi generali Art. 1, legge regionale 6 maggio 1981, n. 87

Sino a quando non sarà provveduto al riordinamento e al coordinamento delle leggi regionali per l'attuazione di una politica integrata di sicurezza sociale, nel territorio della Regione l'erogazione dei servizi socio-assistenziali per le persone anziane avviene secondo le disposizioni della presente legge.
La Regione promuove l'istituzione, lo sviluppo e la qualificazione di servizi socio-assistenziali per le persone anziane diretti a prevenire e rimuovere situazioni di bisogno, favorendo il più possibile il mantenimento e il reinserimento della persona anziana nel proprio nucleo familiare e comunque nel normale ambiente di vita.
Art. 475
Criteri generali Art. 2, legge regionale n. 87/1981

I servizi previsti dalla presente legge debbono essere coordinati ed integrati con la rete dei servizi generali e con i programmi regionali di assistenza e di sviluppo ed a tal fine la Regione:
a)  promuove e sostiene lo sviluppo di un'adeguata rete di servizi a carattere territoriale e di un organico sistema di provvidenze in favore delle persone anziane;
b)  promuove, stimola e sostiene le iniziative finalizzate al superamento di situazioni emarginanti ed a consentire la piena partecipazione delle persone anziane alla vita familiare e sociale;
c)  assicura agli utenti l'effettiva libera scelta dei servizi e delle provvidenze disposte in loro favore e la loro partecipazione alla gestione dei servizi;
d)  promuove studi sulle condizioni ed i problemi delle persone anziane;
e)  promuove e realizza la formazione e l'aggiornamento professionale del personale da adibire o impegnato nei servizi in favore degli anziani compreso l'aggiornamento del personale volontario che decide di collaborare con il personale.
Art. 476
Tipologia dei servizi Art. 3, legge regionale n. 87/1981

I servizi di assistenza in favore degli anziani sono:
1)  servizi aperti:
-  assistenza domiciliare;
-  assistenza abitativa;
-  soggiorni climatici marini, montani e termali;
-  centri di incontro per le attività culturali e del tempo libero;
-  centri diurni e notturni di assistenza;
2)  servizi residenziali:
-  casa-albergo;
-  casa-protetta;
-  comunità alloggio;
-  servizi per l'assistenza economica;
3)  ogni altra forma di assistenza, anche integrativa degli interventi indicati ai numeri precedenti, idonea a sostenere l'individuo in ogni situazione temporanea o permanente di insufficienza di mezzi economici e di inadeguata assistenza familiare.
Ai benefici della presente legge possono accedere gli anziani di ambo i sessi, residenti nel territorio regionale, il cui reddito non superi la fascia esente ai fini della dichiarazione unica dei redditi delle persone fisiche e che abbiano superato l'età utile per il conseguimento della pensione sociale.
Ai servizi previsti dalla presente legge possono accedere anche gli anziani che siano titolari di reddito superiore al limite previsto dal comma precedente, con rimborso di quota parte del costo del servizio nella misura che sarà determinata dal comune nel contesto del regolamento per l'organizzazione, la gestione e il funzionamento dei servizi di cui alla presente legge, da adottarsi sulla base dello schema-tipo approvato dall'Assessore regionale per gli enti locali con decreto.
Art. 477
Definizione dei servizi Art. 4, legge regionale n. 87/1981

I servizi per anziani si articolano nelle seguenti forme:
1) Assistenza domiciliare
Per assistenza domiciliare s'intende il complesso delle prestazioni assistenziali e sanitarie volte a mantenere l'utente nel proprio contesto sociale; i servizi si articolano prevalentemente in servizi assistenziali, quali: aiuto domestico, disbrigo delle commissioni, programmazione e fornitura di pasti, igiene della casa e della persona, sostegno psicologico.
2) Assistenza abitativa
L'assistenza abitativa si esplica nell'assegnazione a persone anziane, in caso di provate necessità, di alloggi in godimento gratuito o in locazione a canoni di favore, per favorirne la permanenza nel proprio contesto naturale di vita.
Al fine di realizzare quanto disposto nel comma precedente, i programmi di edilizia popolare ed economica degli enti locali territoriali debbono contenere norme apposite al riguardo.
I piani urbanistici debbono contenere norme che tengano conto delle esigenze degli anziani.
3) Soggiorni climatici marini, montani e termali
I soggiorni climatici marini, montani e termali svolgono la funzione di mantenimento e di ristabilimento dello stato di salute in relazione ad affezioni che risentono dei fattori metereologici.
I soggiorni possono anche avere finalità di svago e di vacanza, nonché di nuovi contatti e rapporti sociali.
4) Centri di incontro per le attività culturali e del tempo libero
Il centro di incontro si attua in ambienti forniti di sussidi ed arredi idonei per occasioni di incontro, partecipazione, svago, accrescimento sociale e culturale e di ristoro.
Di norma le modalità di funzionamento e le attività del centro di incontro sono determinate ed autogestite dagli utenti in accordo con l'ente locale che l'ha istituito.
5) Centri diurni e notturni di assistenza
I centri diurni e notturni di assistenza forniscono servizi di ristoro e di pernottamento costituendosi anche come base operativa per la realizzazione dei servizi domiciliari nonché come luogo di attività ricreativa e culturale di cui al precedente n. 4.
6) Case-albergo, case-protette e comunità alloggio
Per casa-albergo si intende un insieme di alloggi, di piccola dimensione e di varia tipologia, atti a consentire una vita autonoma a coppie di coniugi ed anziani soli autosufficienti.
E' provvista di servizi sia autonomi che centralizzati ed è, di norma, ubicata in zone urbanizzate e fornite di adeguate infrastrutture e servizi sociali.
Per casa-protetta si intende un insieme di alloggi, di piccola dimensione e varia tipologia, atti ad accogliere coppie di coniugi e anziani soli, non autosufficienti.
Le comunità alloggio sono comunità protette a carattere familiare capaci di accogliere dalle 8 alle 10 persone anche parzialmente non autosufficienti.
Le comunità alloggio gestiscono autonomamente la propria vita comunitaria e sono inserite in normali case di abitazione situate in zone residenziali.
Le case-albergo, le case protette e le comunità alloggio non sono autonomamente provviste di servizi sanitari e sociali. Al fine di assicurare adeguata assistenza ai propri ospiti, devono essere costantemente collegate con i servizi territoriali di base.
7) Assistenza socio-sanitaria
Al fine di realizzare l'assistenza socio-sanitaria degli utenti il comune destina un centro assistenziale all'attuazione di interventi di tipo preventivo e riabilitativo nei confronti degli anziani, inserito nel quadro delle attività delle unità sanitarie locali.
Il programma regionale sanitario triennale deve contenere norme per la realizzazione, regolamentazione, attività e coordinamento degli ospedali diurni.
8) Servizi per l'assistenza economica
La Regione attua interventi che permettono all'anziano di evitare il rischio dell'isolamento e di continuare a partecipare alla vita della comunità, attraverso la concessione di contributi contingenti a concorso nelle spese di installazione ed uso di servizi igienico-sanitari, di riscaldamento, telefonici ed altri di agevolazione al soddisfacimento di esigenze primarie quali il contenimento del costo della vita, canone di affitto, trasporti pubblici.
Art. 478
Gestione dei servizi Art. 5, legge regionale n. 87/1981

Alla gestione dei servizi assistenziali, come sopra specificato, provvedono i comuni singoli o associati.
Gli interessati debbono presentare al comune, di norma nell'anno precedente a quello per il quale viene richiesta l'erogazione del servizio, anche per il tramite del consiglio di quartiere di appartenenza, cui il comune deve comunque dare notizia, domanda corredata da analitica documentazione dimostrativa della tipologia del servizio di cui si intende fruire.
Il consiglio comunale può delegare i consigli di quartiere all'assistenza economica e domiciliare.
Art. 479
Convenzioni Art. 6, legge regionale n. 87/1981

Per le finalità della presente legge i comuni singoli o associati possono stipulare convenzioni con associazioni, anche di volontariato, enti assistenziali pubblici o privati e istituti di ricovero iscritti in apposito albo da istituirsi presso l'Assessorato regionale degli enti locali, in possesso dei requisiti conformi agli standards che saranno determinati con decreto del Presidente della Regione, entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge.
Le convenzioni devono prevedere:
-  le prestazioni da erogare agli assistiti;
-  il rimborso finanziario del servizio reso;
-  l'esercizio di adeguate forme di controllo da parte del comune o dei comuni associati che stipulano la convenzione;
-  le forme di partecipazione alla gestione da parte degli utenti dei comuni e dei consigli di quartiere.
Art. 480
Vigilanza da parte dei comuni Art. 7, legge regionale n. 87/1981

I comuni sono tenuti a vigilare sulle prestazioni erogate dagli istituti di ricovero, dalle istituzioni private e dalle associazioni di volontariato con i quali hanno stipulato le relative convenzioni.
Art. 481
Personale per la gestione dei servizi Art. 8, legge regionale n. 87/1981

I comuni singoli o associati, per la gestione dei servizi assistenziali, si avvalgono di personale:
a) dipendente dell'ente medesimo;
b) proveniente da enti pubblici soppressi, già operanti nel settore;
c) comandato o messo a disposizione da altre istituzioni che non perseguono fini di lucro, in base ad apposite convenzioni;
d) ammesso al servizio civile;
e) assunto mediante pubblico concorso.
Possono anche avvalersi della collaborazione di volontari facenti parte di associazioni di volontariato che facciano richiesta di prestare attività volontaria, di età superiore ai 18 anni.
Ai volontari di cui al precedente comma i comuni singoli o associati non possono erogare somme a qualsiasi titolo, ad esclusione del rimborso delle spese vive sostenute, purché preventivamente autorizzate.
Al fine dell'eventuale istituzione di posti di assistente sociale deve essere previsto il possesso di diplomi rilasciati da scuole che rispondano ai requisiti richiesti dalla legge regionale 13 agosto 1979, n. 200. Al fine dell'eventuale istituzione di altri posti necessari per la gestione dei servizi assistenziali dovranno, in ogni caso, essere osservate le disposizioni statali vigenti in materia.
Art. 482
Vigilanza da parte dell'Assessorato degli enti locali Art. 9, legge regionale n. 87/1981

L'Assessore regionale per gli enti locali vigila sul funzionamento dei servizi assistenziali previsti dalla presente legge, nonché sull'attività delle istituzioni che operano in regime di convenzione.
Art. 483
Finanziamenti Art. 10, legge regionale n. 87/1981 (art. 1, legge regionale n. 14/1986)

Al fine di recuperare la qualità dell'assistenza e assicurare agli anziani prestazioni adeguate alla dignità della persona umana, la Regione concede ai comuni singoli o associati ed alle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza finanziamenti in conto capitale secondo il seguente ordine di priorità:
1) creazione di servizi alternativi aperti, fra cui centri di assistenza diurna;
2) ristrutturazione di edifici destinati o da destinare a servizi residenziali per anziani;
3) istituzione di comunità alloggio, case-protette e case-albergo.
A tale fine gli enti interessati ad ottenere i finanziamenti di cui al precedente comma dovranno farne domanda all'Assessorato regionale degli enti locali entro il 31 ottobre di ciascun anno.
La domanda deve essere corredata dalla deliberazione contenente la richiesta del finanziamento e munita di una relazione nella quale siano descritti:
a) la tipologia del servizio;
b) il numero e la qualifica degli operatori che saranno addetti alle strutture assistenziali;
c) il numero degli anziani da assistere;
d) l'attestazione dell'economicità dei lavori e dell'idoneità della struttura, per le opere di ristrutturazione di cui al primo comma, n. 2.
I finanziamenti sono commisurati al numero degli anziani da assistere, indicati nella domanda di cui al precedente comma, e sono erogati preferenzialmente in favore dei comuni che risultino meno dotati di strutture in relazione al numero di assistibili residenti.
Per opere ammesse al finanziamento, l'Assessore regionale per gli enti locali provvede ad accreditare le somme a favore dei comuni singoli o associati o dei legali rappresentanti degli enti richiedenti.
Le ristrutturazioni degli edifici destinati o da destinare a servizi residenziali per anziani, di cui al primo comma, n. 2, devono obbligatoriamente essere finalizzate al superamento dell'assistenza sotto forma di ricovero ed alla realizzazione dei servizi di cui al numero 6 dell'art. 4.
Qualora i finanziamenti di cui al primo comma vengano richiesti da istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza la domanda viene inoltrata tramite il comune o l'associazione di comuni. Il comune o l'associazione di comuni provvedono ad inviare la domanda all'Assessore regionale per gli enti locali allegando il proprio parere sulla richiesta di finanziamento.
Art. 484
Contributi per l'assistenza domiciliare Art. 11, legge regionale n. 87/1981

L'Assessore regionale per gli enti locali eroga ai comuni singoli o associati che ne facciano richiesta entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, per l'anno 1981, ed entro il 31 marzo per gli anni successivi, contributi per l'organizzazione e la gestione di servizi di assistenza domiciliare agli anziani, con le modalità di cui al quinto comma del precedente art. 10.
Art. 485
Assegnazione di alloggi ad anziani Art. 12, legge regionale n. 87/1981

Nel quadro degli interventi di cui alla legge 8 agosto 1977, n. 513, dovrà tenersi conto degli alloggi di cui all'art. 19, quarto comma, della stessa legge anche per assegnazioni ad anziani.
Art. 486
Incentivi in favore di enti assistenziali Art. 13, legge regionale n. 87/1981

Agli enti assistenziali, aventi natura pubblica o privata, che si dichiarino disposti a stipulare apposita convenzione con il comune nel cui territorio operano per l'attivazione o ristrutturazione di servizi residenziali in favore degli anziani e che si impegnino a riservare almeno l'80 per cento dei posti disponibili agli assistiti residenti nel territorio del comune o dell'associazione dei comuni, sono concessi contributi entro il limite massimo dell'80 per cento della spesa ammessa.
I criteri di riparto sono stabiliti dall'Assessore regionale per gli enti locali, tenendo presente l'esistenza o meno di servizi analoghi nel territorio in rapporto alla popolazione anziana residente.
I contributi sono concessi con decreto dell'Assessore regionale per gli enti locali, con l'obbligo da parte del concessionario di asservire l'opera all'assistenza agli anziani per almeno venti anni dalla data di ultimazione dei lavori.
Il vincolo di destinazione dovrà essere trascritto nei pubblici registri immobiliari.
Art. 487
Schema-tipo di regolamento e gruppo di consulenza Art. 14, legge regionale n. 87/1981

L'Assessore regionale per gli enti locali predispone uno schema-tipo di regolamento per l'organizzazione, la gestione e il funzionamento dei servizi di cui alla presente legge, da approvarsi con proprio decreto, sentito il parere della competente Commissione legislativa dell'Assemblea regionale siciliana.
Al fine di orientare i comuni verso una disciplina omogenea dei servizi sociali, l'Assessore regionale per gli enti locali può avvalersi di un gruppo di consulenza composto da tre esperti impegnati nel settore dei servizi sociali e della formazione degli operatori sociali.
Ai componenti del gruppo di consulenza, con decreto del Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali, è corrisposto un compenso forfettario per la consulenza prestata.
All'eventuale onere si darà fronte con gli stanziamenti del cap. 18208 del bilancio della Regione per l'esercizio finanziario in corso.
Art. 488
Commissione comunale di consulenza Art. 15, legge regionale n. 87/1981 (art. 3, legge regionale n. 27/1990 e art. 58, legge regionale n. 30/1993)

In tutti i comuni della Regione siciliana è costituita una commissione consultiva per gli anziani.
Essa è composta dal sindaco o da un assessore delegato che la presiede, da tre consiglieri comunali di cui uno in rappresentanza della minoranza e da quattro rappresentanti dei sindacati dei pensionati maggiormente rappresentativi.
La Commissione ha il compito di:
a) esprimere parere obbligatorio ma non vincolante sui programmi riguardanti i servizi socio-assistenziali per gli anziani;
b) vigilare sul rispetto degli standards previsti dalla legge, e richiedere ove necessario indagini ispettive, informando delle eventuali inadempienze la giunta comunale e l'Assessore regionale per gli enti locali;
c) esprimere proprie proposte sull'organizzazione dei servizi.
Art. 489
Assegno straordinario di sostegno e agevolazioni nei trasporti Art. 16, legge regionale n. 87/1981 (art. 5, legge regionale n. 14/1986 e artt. 2 e 5, legge regionale n. 27/1990

Fino a quando non interverranno provvedimenti statali che prevedano la totale gratuità del diritto alla tutela della salute, agli anziani che non superino i limiti di reddito di cui al quarto comma è concesso, a domanda, un assegno straordinario di sostegno di lire 20.000 pro-capite una volta l'anno, per agevolare la fruizione di tale diritto.
I predetti possono fruire gratuitamente dei servizi di trasporto extraurbano gestiti dall'Azienda Siciliana Trasporti.
A tal fine l'AST rilascia agli anziani aventi diritto, che ne facciano richiesta tramite il sindaco del comune di residenza, apposita carta di circolazione con validità annuale.
Ai benefici di cui al presente articolo possono accedere gli anziani il cui reddito non superi la fascia esente ai fini della dichiarazione unica dei redditi delle persone fisiche, maggiorata del 20 per cento ove trattasi di anziano unico componente il nucleo familiare. In caso di anziani facenti parte di un nucleo familiare di più titolari di reddito, il reddito complessivo non deve superare il doppio della fascia esente, maggiorato del venti per cento.
Per gli anziani aventi diritto alla gratuità del servizio di trasporto, e residenti in comuni non serviti dall'AST, i comuni provvedono all'acquisto di un abbonamento valevole sulla rete urbana ed extraurbana entro il limite di spesa di lire 200.000 annue.
Le disposizioni di cui al presente articolo sono estese, limitatamente al beneficio del trasporto gratuito, ai cavalieri dell'Ordine di Vittorio Veneto ed ai mutilati ed agli invalidi di guerra e civili di guerra.
Gli anziani, i cavalieri dell'Ordine di Vittorio Veneto ed i mutilati ed invalidi di guerra e civili di guerra, possono fruire gratuitamente dei servizi del trasporto urbano gestito dall'AST purché titolari di redditi non superiori al limite fissato dal quarto comma.
Il costo della carta di circolazione rilasciata dall'AST agli aventi diritto, a valere sull'intera rete urbana ed extraurbana dell'Isola servita dalla stessa Azienda, è determinato annualmente con decreto dell'Assessore regionale per il turismo, le comunicazioni e i trasporti.
L'onere derivante dall'applicazione del comma precedente trova imputazione a decorrere dall'esercizio finanziario 1990, su apposito stanziamento del bilancio regionale, rubrica Comunicazioni e trasporti, dell'Assessorato regionale del turismo, delle comunicazioni e dei trasporti.
Il beneficio del trasporto gratuito è esteso alle vedove ed agli orfani dei caduti e dispersi in guerra, purché titolari di redditi non superiori ai limiti stabiliti per l'accesso gratuito.
Art. 490
Art. 72, legge regionale n. 22/1986

Il beneficio del trasporto gratuito di cui all'art. 16 della legge regionale 6 maggio 1981, n. 87 e successive modificazioni e integrazioni è esteso alle vedove dei caduti e dispersi in guerra, purché titolari di redditi non superiori ai limiti stabiliti nel precitato art. 16.
Capo VII SERVIZI PER I SOGGETTI PORTATORI DI HANDICAP
Art. 491
Finalità della legge Art. 1, legge regionale 18 aprile 1981, n. 68

Allo scopo di prevenire e rimuovere le situazioni di disabilità che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione del cittadino alla vita della collettività, la Regione siciliana promuove lo sviluppo e la qualificazione dei servizi e prestazioni rivolti a prevenire condizioni che determinano disabilità fisica, psichica e sensoriale, disciplina e coordina la programmazione, l'organizzazione ed il funzionamento dei servizi per gli interventi socio-terapeutico-riabilitativi e di integrazione scolastica, sociale e lavorativa dei soggetti portatori di handicap.
Art. 492
Soggetti Art. 2, legge regionale n. 68/1981

Ai fini della presente legge, si considera "soggetto portatore di handicap" la persona di qualsiasi età che, in seguito ad evento morboso o traumatico, intervenuto in epoca pre, peri o post-natale, presenti menomazioni delle proprie condizioni fisiche, psichiche e/o sensoriali con conseguenti difficoltà di apprendimento e di relazione e sia soggetta o candidata a processi di emarginazione sociale.
Per soggetto portatore di handicap "adulto" si intende il soggetto che abbia compiuto il 18° anno di età; per "grave" il soggetto di tutte le età che presenti una totale assenza di autonomia e di autosufficienza, bisognoso, quindi, di protezione, di guida e di assistenza per tutto l'arco della sua esistenza.
Art. 493
Finalità degli interventi Art. 3, legge regionale n. 68/1981

Gli interventi in favore dei soggetti portatori di handicap devono privilegiare le fasi della prevenzione e della diagnosi precoce delle menomazioni e delle loro cause nella massima misura possibile, tenuto conto delle specifiche caratteristiche di ogni soggetto portatore di handicap e dei concreti condizionamenti psico-sociali ed ambientali ed altresì promuovere:
-  l'istituzione e gestione di servizi terapeutici e riabilitativi territoriali nonché la trasformazione organizzativa e funzionale di quelli esistenti, onde consentire la permanenza del portatore di handicap nel proprio ambiente di vita familiare e sociale;
-  l'integrazione del portatore di handicap nelle istituzioni educative e scolastiche normali;
-  l'orientamento professionale del portatore di handicap ed il suo inserimento nelle istituzioni normali di qualificazione e riqualificazione professionali nonché nelle attività lavorative;
-  iniziative finalizzate al superamento delle situazioni emarginanti;
-  l'istituzione e gestione di iniziative volte alla formazione, riqualificazione e aggiornamento del personale operante nel settore, nell'ambito delle competenze regionali;
-  iniziative informativo-formative rivolte a tutti i cittadini e specialmente ai genitori sul significato socio-culturale dell'inserimento dei portatori di handicap in tutte le istituzioni e sedi normali e sulle conoscenze tecnico-scientifiche che consentono la prevenzione ed il recupero degli handicaps;
-  il sostegno economico, sociale e psico-pedagogico in forma domiciliare alle famiglie per aiutare la permanenza nell'ambito domestico del portatore di handicap che richiede sorveglianza continua e cure particolari;
-  l'individuazione di attività lavorative, nell'ambito dei pubblici servizi, accessibili ai portatori di handicap.
Art. 494
Competenza della Regione Art. 4, legge regionale n. 68/1981 (art. 2, legge regionale n. 16/1986)

Per l'attuazione delle finalità di cui al precedente articolo il Governo regionale, contestualmente al piano sanitario regionale triennale, presenta all'Assemblea regionale il piano triennale degli interventi in favore dei soggetti portatori di handicap, predisposto dall'Assessore regionale per la sanità, sulla scorta delle proposte degli Assessori regionali per gli enti locali, per il lavoro e la previdenza sociale, per la cooperazione, il commercio, l'artigianato e la pesca, per i beni culturali e ambientali e per la pubblica istruzione, nonché delle eventuali indicazioni dei comuni singoli o associati.
Il piano regionale per i soggetti portatori di handicap deve prevedere:
1) gli indirizzi generali per l'erogazione, integrazione e coordinamento dei servizi nell'ambito del territorio, gli standards funzionali ed i relativi parametri del personale anche in ordine a criteri organizzativi e gestionali, con l'obiettivo di una fondamentale omogeneità di prestazioni su tutto il territorio regionale;
2) la tipologia dell'organizzazione e della gestione dei servizi territoriali in favore dei soggetti portatori di handicap;
3) la riorganizzazione, l'istituzione e lo sviluppo dei servizi sanitario-riabilitativi, assistenziali, socio-educativi e lavorativo-occupazionali di cui agli articoli 6, 7, 8, 10, 11 e 12 della presente legge;
4) gli schemi operativi di attuazione, di controllo e di coordinamento degli interventi di cui al numero precedente;
5) il coordinamento organico di tutti gli interventi in favore dei soggetti portatori di handicap, promossi da enti o associazioni pubblici e privati che usufruiscono di finanziamenti pubblici, compresi altresì quelli previsti dal piano territoriale per la tutela della salute mentale di cui alla legge regionale 14 settembre 1979, n. 215;
6) la programmazione di piani di studio e di ricerca;
7) il piano dei corsi di formazione professionale, nonché di riqualificazione professionale e di aggiornamento per il personale sanitario e non sanitario impiegato o da impiegare nelle attività di cui alla presente legge, sentiti gli istituti universitari e quelli di ricerca e di sperimentazione;
8) la deistituzionalizzazione quale obiettivo primario e i tempi e le modalità per attuarla;
9) i requisiti minimi necessari e le modalità di accertamento e di controllo sulla idoneità delle strutture e sulla gestione dei servizi;
10) l'istituzione dell'albo regionale degli istituti convenzionabili ai sensi dei successivi articoli 14 e 15;
11) le modalità dell'accertamento delle menomazioni di cui al successivo art. 9, ai sensi della tabella indicativa di cui all'art. 2 della legge 11 febbraio 1980, n. 18;
12) l'individuazione degli esami, degli accertamenti e di ogni altra prova rivolta alla prevenzione e alla diagnosi precoce di stati morbosi o premorbosi, che tutte le unità sanitarie locali sono tenute a compiere - a titolo gratuito e previo assenso della donna o dell'esercente la patria potestà, ove necessario - nelle fasi pre, peri e post-natale;
13) le modalità di collaborazione da parte degli enti locali all'organizzazione dei corsi biennali di specializzazione del personale direttivo e docente nelle scuole, ai sensi del D.P.R. 31 ottobre 1975, n. 970, per le finalità della legge 4 agosto 1977, n. 517.
Art. 495
Comuni e unità sanitarie locali Art. 6, legge regionale n. 68/1981

I comuni, singoli o associati, sono tenuti all'istituzione dei seguenti servizi:
1) a livello di distretto sanitario di base:
a) servizi ambulatoriali per la diagnosi precoce e la riabilitazione dei soggetti portatori di handicaps fisici, psichici e sensoriali nel territorio mediante l'intervento di equipes pluridisciplinari. Le suddette equipes assicurano anche il servizio di carattere domiciliare nelle famiglie e quello extra ambulatoriale nelle istituzioni educative, scolastiche, professionali e lavorative;
b) centri diurni assistiti dalle equipes di cui alla lett. a, attrezzati per ospitare per brevi periodi, corrispondenti alle necessità di trattamento, bambini e adulti, al fine di promuovere una riabilitazione intensiva in collaborazione con le famiglie e le istituzioni scolastiche;
2) a livello di unità sanitaria locale o multizonale:
a) servizi provvisti di strutture adeguate e di personale in possesso di idonea specializzazione, atti ad accogliere in media 20 soggetti gravi, totalmente e costituzionalmente incapaci di autodeterminarsi e bisognosi di aiuto continuo;
b) servizi residenziali di tipo familiare, consistenti in comunità alloggio e case-famiglia, dotati di personale in possesso di idonea specializzazione, finalizzati a creare connivenze fra portatori di handicap privi, anche temporaneamente, di idonea sistemazione familiare naturale e/o affidataria e di un ambiente di vita adeguato;
c) servizi di trasporto gratuiti per la frequenza degli asili-nido, della scuola di ogni ordine e grado, dei corsi di formazione professionale e dei centri educativo-riabilitativi a carattere ambulatoriale e diurno.
I comuni, singoli o associati, provvedono alla realizzazione operativa dei servizi di cui al comma precedente, per la parte rientrante nella competenza delle unità sanitarie locali, tramite i presidi delle stesse o degli istituti di ricerca scientifica, ai sensi della legge 23 dicembre 1978, n. 833.
I servizi di cui al primo comma, n. 2, lett. a, sono finalizzati al raggiungimento dei seguenti obiettivi:
-  prevenzioni delle complicazioni e degli aggramenti della situazione patologica;
-  regressione o stabilizzazione delle disabilità;
-  eventuale recupero funzionale e reinserimento nell'ambiente familiare, attraverso il coinvolgimento delle famiglie degli utenti nei programmi di attività, garantendo la continuità dei rapporti interfamiliari e la possibilità di rientro in famiglia dell'ospitato, di norma con frequenza settimanale e comunque nei periodi di vacanza;
-  brevi periodi di soggiorno, concordati fra le famiglie e le équipes pluridisciplinari di cui al primo comma, n. 1, lett. a, per i soggetti abitualmente integrati nell'ambito familiare, quando i nuclei familiari ne abbiano necessità;
-  prolungo funzionale dei periodi di soggiorno di cui all'alinea precedente, per i soggetti il cui handicap comporti un rapporto pericoloso o distruttivo tra il soggetto e la sua famiglia, deciso d'intesa tra il soggetto, o la sua famiglia, e l'équipe pluridisciplinare di cui al primo comma, n. 1, lett. a.
I comuni provvedono, altresì, al sostegno economico sociale ed all'aiuto domestico alle famiglie per favorire la permanenza nell'ambito familiare naturale e/o affidatario dei portatori di handicap "gravi" che richiedono sorveglianza continua e cure particolari e specialistiche prescritte dalle équipes pluridisciplinari.
Fino al riordino della materia dell'assistenza e beneficenza, con apposita legge regionale organica, i comuni singoli o associati:
-  assicurano ai cittadini portatori di handicap le attività sociali di sostegno ai singoli o ai nuclei familiari previste dalla legge regionale 2 gennaio 1979, n. 1 e dalla presente legge, attraverso la gestione diretta dei servizi sociali pubblici esistenti nel loro territorio o mediante delega ai consigli di quartiere ai sensi dell'art. 14 della legge regionale 11 dicembre 1976, n. 84, attraverso l'istituzione dei servizi sociali di quartiere;
-  forniscono indicazioni per l'elaborazione del piano di interventi di cui all'art. 4 della presente legge;
-  individuano i bisogni emergenti da fasce omogenee di popolazione, identificano le tipologie e le modalità di intervento e ne coordinano le attività con i servizi integrati di cui al successivo art. 15;
-  inseriscono, con l'opportuno sostegno, i minori portatori di handicap nei centri comunali di vacanze;
-  promuovono l'adeguamento degli alloggi situati nei piani terreni dei caseggiati dell'edilizia economica e popolare a quanto stabilito dal decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384, assegnandoli con le modalità previste dal decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1972, n. 1035, per precedenza agli invalidi con difficoltà di deambulazione o ai nuclei familiari con uno o più soggetti portatori di handicap con grave difficoltà motoria.
Nell'assegnazione di alloggi di nuova costruzione o ristrutturati dell'edilizia residenziale pubblica, una quota non inferiore al 10 per cento è riservata prioritariamente ai cittadini portatori di handicap di cui all'ultimo alinea del comma precedente, agli anziani di età superiore ai 65 anni, o a comunità alloggio, per gli interventi predisposti dai comuni, singoli o associati, in materia di assistenza residenziale di minori, di portatori di handicap e di anziani.
I comuni, singoli o associati, sono altresì tenuti, entro il termine perentorio che sarà previsto dal piano di cui al precedente art. 4, ad indicare i locali disponibili, ove esistenti, anche se parzialmente utilizzati, sia in ambito comunale che provenienti dai disciolti enti assistenziali, fruibili per i servizi di cui alla presente legge. In tale ricognizione i comuni tengono presenti anche le risultanze dei lavori della commissione di cui all'art. 24 della legge regionale 2 gennaio 1979, n. 1.
Art. 496
Prevenzione, diagnosi precoce e riabilitazione Art. 7, legge regionale n. 68/1981

I comuni, singoli o associati, sono tenuti a individuare nei consultori familiari istituiti con legge regionale 24 luglio 1978, n. 21, nei dipartimenti ospedalieri materno-infantili e dell'età evolutiva, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1969, n. 128 e della legge 18 aprile 1975, n. 148, nei distretti sanitari di base e nelle unità sanitarie locali, ai sensi delle leggi regionali 12 agosto 1980, n. 87 e 6 gennaio 1981, n. 6, e nei presidi e servizi multizonali di cui all'ultimo comma dell'art. 20 della stessa legge regionale 12 agosto 1980, n. 87, le strutture tecnico-funzionali per l'erogazione degli interventi di prevenzione e diagnosi precoce che si realizzano mediante:
1) l'educazione sanitaria e sociale della popolazione sulle cause e sulle conseguenze degli handicaps, anche in ordine alla prevenzione degli stati invalidanti, prima e durante la gestazione, il parto, il periodo perinatale e nelle varie fasi di sviluppo bio-fisico e psico-sociale;
2) l'effettuazione degli esami, degli accertamenti e delle prove di cui al precedente art. 4, secondo comma, n. 12, con particolare riferimento al controllo periodico della gravidanza e all'assistenza sanitaria e psico-sociale alle gestanti per l'individuazione precoce di stati morbosi o premorbosi e per la rimozione dei fattori di rischio - comprese le nocività ambientali e di lavoro - nonché all'assistenza sanitaria accurata e ad esami periodici approfonditi di carattere neurologico, motorio, sensorio e linguistico, nel periodo che va dalla nascita al terzo anno di vita;
3) l'assistenza sanitaria continua, mediante i servizi di medicina scolastica e pediatrica, nonché attraverso i controlli periodici della salute fisico-psichica nell'età dello sviluppo, con specifico riferimento agli interventi rivolti a prevenire situazioni invalidanti e di disadattamento;
4) l'assistenza sanitaria e la riabilitazione psicomotoria, linguistica, funzionale e pratico-manuale, mediante interventi domiciliari e ambulatoriali e la fornitura e la cessione in uso di apparecchiature, protesi e mezzi tecnici necessari per il trattamento delle menomazioni;
5) servizi occupazionali-riabilitativi, in cui siano impiegati personale e mezzi tecnici volti a far raggiungere al portatore di handicap, adolescente o adulto, grave o mediograve, stadi di recupero funzionale e di attitudine lavorativa;
6) interventi educativi e di controllo per eliminare le nocività dell'ambiente e prevenire gli infortuni nelle strade, nelle abitazioni, nelle scuole, nei parchi pubblici e in ogni altra sede.
Art. 497
Riabilitazione e integrazione sociale Art. 8, legge regionale n. 68/1981

I comuni, singoli o associati, sono tenuti, nell'ambito del piano regionale, ad istituire i servizi per la riabilitazione psico-fisico-sensoriale di cui ai precedenti articoli 6 e 7 ed a promuovere interventi, con questi coordinati, rivolti a realizzare lsociale dei soggetti portatori di handicap:
1) tramite i propri organi di assistenza, di educazione e di lavoro che assicurano alla famiglia dei portatori di handicap un aiuto e un sostegno continuo di carattere economico ed educativo e promuovono l'adeguamento del personale e delle attrezzature dei servizi socio-educativi, sportivi e del tempo libero per favorire l'integrazione e la socializzazione dei soggetti portatori di handicap;
2) mediante l'istituzione del servizio di aiuto personale - in rapporto alle specifiche esigenze fisiche, psichiche o sensoriali - ai soggetti portatori di handicap che, per la qualità dell'handicap, subiscono un deficit, transitorio o permanente, delle proprie capacità fisico-psico-sociali la cui gravità non consente l'autodeterminazione e l'autosufficienza;
3) provvedendo al superamento delle barriere architettoniche negli edifici pubblici e in quelli aperti al pubblico e l'adeguamento dei sistemi di trasporto secondo quanto previsto dall'art. 27 della legge 30 marzo 1971, n. 118 e dal decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384;
4) perseguendo la rimozione sistematica delle cause sociali che contribuiscono al processo di emarginazione dei portatori di handicap;
5) attraverso la sensibilizzazione e l'educazione della popolazione con il coinvolgimento delle istituzioni socio-culturali e scolastiche e delle forze imprenditoriali e sindacali in modo da far diventare il problema dei soggetti portatori di handicap una questione sociale che riguarda direttamente tutta la comunità locale.
I comuni, singoli o associati, provvedono a mettere a disposizione, in uso anche temporaneo, dei soggetti portatori di handicap di cui al n. 2 del comma precedente, gli strumenti o ausilii tecnici necessari per facilitare il massimo di autonomia possibile e, nel caso in cui le condizioni del soggetto non ne consentano l'uso, o in cui l'utilizzo non assicuri piena autonomia, provvedono a mettere a disposizione il personale idoneo per il servizio di aiuto personale.
Il servizio di aiuto personale di cui al primo comma, n. 2, deve essere coordinato con gli altri servizi territoriali socio-assistenziali e sanitari previsti dalla presente legge.
Il personale addetto al servizio di aiuto personale può essere integrato con:
a)  obiettori di coscienza ai sensi della legge 15 dicembre 1972, n. 772, che ne facciano richiesta;
b)  cittadini facenti parte di associazioni di volontariato che facciano richiesta di prestare attività volontaria, di età superiore ai 18 anni.
Ai volontari di cui al precedente comma, lett. b, i comuni singoli o associati non possono erogare somme a qualsiasi titolo, ad esclusione del rimborso delle spese vive sostenute, purché preventivamente autorizzate.
Art. 498
Accertamento Art. 9, legge regionale n. 68/1981

L'unità sanitaria locale provvede all'accertamento delle menomazioni di cui all'art. 2 della presente legge.
Le domande intese ad ottenere il riconoscimento di inabilità vanno presentate all'ufficio di direzione dell'unità sanitaria locale.
Le unità sanitarie locali sono tenute a verificare ogni sei mesi l'andamento della riabilitazione funzionale e socio-lavorativa dei soggetti portatori di handicap e revisionare ogni anno il giudizio di idoneità.
Art. 499
Integrazione pre-scolastica e scolastica Art. 10, legge regionale n. 68/1981

I comuni, singoli o associati, sono tenuti a promuovere l'inserimento dei soggetti portatori di handicap nelle istituzioni educative e scolastiche normali, per mezzo di:
1) contributi annuali per l'acquisto di adeguate attrezzature tecniche e dei sussidi didattici necessari per l'integrazione e per le attività collegate;
2) assegnazione di personale adeguato, compreso quello addetto all'assistenza igienica personale dei soggetti portatori di handicap, per soddisfare le esigenze di integrata permanenza e di socializzazione graduale;
3)  collaborazione costante alla programmazione degli interventi educativo-formativi e ricreativi nell'ambito della scuola, anche a tempo pieno;
4)  interventi coordinati delle équipes pluridisciplinari, dei centri diurni e ambulatoriali, delle unità sanitarie locali, nell'ambito scolastico, per la tutela ed il sostegno dell'integrazione dei soggetti portatori di handicap;
5)  agevolazioni per la fruizione dei servizi pubblici comunali e di quartiere per la promozione culturale e l'educazione permanente di cui all'art. 10 della legge regionale 2 gennaio 1979, n. 1, da parte dei soggetti portatori di handicap.
Art. 500
Formazione e qualificazione professionale dei soggetti portatori di handicap Art. 11, legge regionale n. 68/1981 (art. 2, legge regionale n. 16/1986)

Allo scopo di favorire ed incrementare il processo di integrazione sociale dei soggetti portatori di handicap, di cui all'art. 2, tale da comportare una diminuzione permanente della capacità lavorativa, l'Assessorato regionale del lavoro, della previdenza sociale, della formazione professionale e dell'emigrazione promuove, programma, dirige e coordina le iniziative di formazione e qualificazione professionale rivolte all'inserimento occupazionale dei soggetti medesimi, avvalendosi, per la gestione dei corsi, degli enti indicati all'art. 4 della legge regionale 6 marzo 1976, n. 24.
Art. 501
Integrazione lavorativa Art. 12, legge regionale n. 68/1981

La Regione siciliana, entro un anno dalla data di pubblicazione della presente legge, emana norme riguardanti:
1)  mutui agevolati e contributi per l'acquisto di attrezzature:
a)  alle aziende industriali, artigianali, commerciali ed agricole che hanno un numero non inferiore al 5 per cento dei propri dipendenti costituito da soggetti portatori di handicap;
b)  alle cooperative di lavoro che hanno un numero non inferiore al 30 per cento dei propri soci costituito da soggetti portatori di handicap;
2)  contributi trimestrali, pari all'ammontare dei versamenti documentati per oneri previdenziali e assistenziali, alle aziende che assumono soggetti portatori di handicap, che non siano stati collocati in attività lavorativa ai sensi della legge 2 aprile 1968, n. 482, stabilmente o per un periodo non inferiore a tre mesi;
3)  concessione, a titolo di contributi, agli enti locali e agli enti pubblici regionali o sottoposti alla tutela e alla vigilanza della Regione, che stipulano convenzioni con le cooperative di cui al precedente n. 1, lett. b, per l'effettuazione di lavori socialmente utili o relativi ai propri fini istituzionali, di una somma pari al 50 per cento della spesa effettivamente sostenuta.
Per il computo dei soggetti portatori di handicap di cui al n. 1, lett. a, del precedente comma, non si tiene conto dei lavoratori collocati ai sensi della legge 2 aprile 1968, n. 482.
Art. 502
Partecipazione Art. 13, legge regionale n. 68/1981

In attuazione dei principi fissati dalla legge 23 dicembre 1978, n. 833, i comuni, singoli o associati, e le unità sanitarie locali hanno l'obbligo di associare, anche a livello di distretto sanitario di base, alla programmazione e alla gestione sociale dei servizi di cui agli articoli 6, 7, 8, 10, 11 e 15 gli utenti e le loro famiglie, gli operatori degli stessi servizi, designati dalle rispettive componenti, e le organizzazioni sociali presenti nel territorio.
Le modalità di tale associazione alla gestione sono definite dal regolamento dell'unità sanitaria locale.
Art. 503
Albo delle istituzioni private di assistenza Art. 14, legge regionale n. 68/1981 (art. 2, legge regionale n. 16/1986 e art. 73, legge regionale n. 25/1993)

Ai fini della massima utilizzazione delle risorse esistenti e di un loro corretto riordino su base territoriale, è istituito presso l'Assessorato regionale della sanità un albo per le iscrizioni di enti pubblici e privati e associazioni che intendano concorrere alla gestione dei servizi mediante la stipula di convenzioni.
L'iscrizione all'albo delle istituzioni private è disposta dall'Assessore regionale per la sanità, sentiti i comuni singoli o associati nel cui ambito territoriale operano le istituzioni, previo accertamento dei seguenti requisiti:
-  assenza di fini di lucro;
-  (parole soppresse)
-  idoneità per livello di prestazioni e di stabilimenti, le cui strutture operino nell'ambito territoriale dei comuni singoli o associati e delle unità sanitarie locali identificate ai sensi della legge regionale 12 agosto 1980, n. 87 e successive modifiche e integrazioni;
-  le associazioni sono obbligate ad assumere il personale nel rispetto del contratto di lavoro subito dopo la stipula della convenzione. Qualora le associazioni non applichino detta condizione decadono automaticamente dall'Albo;
-  rispetto per i dipendenti delle norme contrattuali in materia;
-  disponibilità ad operare in un'ottica di decentramento e di raccordo funzionale con i servizi pubblici territoriali.
Art. 504
Convenzioni Art. 15, legge regionale n. 68/1981 (art. 2, legge regionale n. 16/1986)

Le unità sanitarie locali, ai sensi dell'art. 26 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, per la gestione dei servizi di cui alla presente legge, possono avvalersi dell'opera di enti pubblici e privati e di associazioni che siano iscritti all'albo di cui al precedente articolo e garantiscano la pubblicità dei bilanci, la gestione sociale dei propri servizi ed accettino di sottoporsi al controllo ed alla vigilanza delle unità sanitarie locali e della Regione sulla gestione, nonché sulla qualità dei servizi, in relazione al rispetto degli standards.
A questo fine le unità sanitarie locali, nell'ambito della programmazione territoriale e secondo le modalità stabilite dalla Regione siciliana, con il piano triennale degli interventi in favore dei soggetti portatori di handicap di cui al precedente art. 4, possono stipulare con i suddetti enti apposite convenzioni in conformità con lo schema predisposto dal Ministero per la sanità, ai sensi dell'art. 26 della legge 23 dicembre 1978, n. 833.
Le convenzioni devono prevedere il rimborso dei costi globali sostenuti per le prestazioni date e per il mantenimento dei servizi relativi agli standards fissati secondo quanto previsto da piano regionale dei servizi per i soggetti portatori di handicap.
Art. 505
Formazione permanente del personale docente Art. 16, legge regionale n. 68/1981

L'Assessore regionale per i beni culturali ed ambientali e per la pubblica istruzione promuove, previo parere della competente Commissione legislativa dell'Assemblea regionale, anche d'intesa con l'IRSAE, seminari volti alla formazione permanente del personale docente nelle scuole e organizza corsi biennali di specializzazione del personale direttivo e docente nelle scuole, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 31 ottobre 1975, n. 970, per le finalità della legge 4 agosto 1977, n. 517.
Art. 506
Tutela economica e previdenziale Art. 17, legge regionale n. 68/1981

La tutela economica e previdenziale dei mutilati ed invalidi di guerra, del lavoro e di servizio resta disciplinata dalle norme specifiche in vigore.
Art. 507
Province Art. 18, legge regionale n. 68/1981

Nel quadro della programmazione generale dei servizi sociali e sanitari, le province concorrono, per il proprio ambito territoriale, all'elaborazione e alla realizzazione del programma regionale di sviluppo dei servizi previsti dalla presente legge.
In particolare, le province possono collaborare con gli altri enti locali allo studio della individuazione dei centri di servizi multizonali in base alle esigenze concrete, alla formulazione del piano triennale di interventi e alla realizzazione dell'integrazione sociale e lavorativa dei soggetti portatori di handicap senza famiglia e di quelli ritornati recentemente dai centri di riabilitazioni delle altre regioni.
Art. 508
Art. 21, legge regionale n. 68/1981

I soggetti portatori di handicap di cui alla presente legge possono fruire gratuitamente dei servizi di trasporto extraurbano gestiti dall'Azienda siciliana trasporti (AST).
A tal fine l'AST rilascia ai soggetti portatori di handicap che ne facciano richiesta, tramite il sindaco del comune di residenza, apposita carta di circolazione con validità annuale.
L'agevolazione di cui al presente articolo è estesa anche all'eventuale accompagnatore, ove necessario.
Art. 509
Competenze in materia di assistenza di soggetti con handicap gravi Art. 22, legge regionale n. 15/2004

1. L'assistenza igienico personale e gli altri servizi specialistici volti a favorire l'integrazione nella scuola dei soggetti con handicap grave di cui all'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, sono di competenza dei comuni singoli ed associati della Regione siciliana.
2. Rimane ferma la competenza delle province regionali per i servizi di cui al comma 1 qualora i soggetti da assistere frequentino le scuole secondarie di secondo grado e gli altri istituti superiori ed universitari.
Art. 510
Cittadini disabili Art. 11, legge regionale n. 1/2008

1. Le province regionali e i comuni della Regione devono assicurare locali, personale, ausili tecnici e mezzi indispensabili per l'esercizio delle rispettive funzioni ai cittadini disabili, di cui all'articolo 3, commi 1, 2 e 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, chiamati a cariche elettive o a incarichi presso organi istituzionali. All'onere del presente articolo si provvede mediante parte delle disponibilità, sino alla misura dell'1%, del fondo in favore degli enti locali.
Capo VIII VALORIZZAZIONE DELL'ATTIVITÀ DI VOLONTARIATO
Art. 511
Riconoscimento del volontariato Art. 1, legge regionale 7 giugno 1994, n. 22

1. La Regione siciliana, nel rispetto dei principi della legge 11 agosto 1991, n. 266, recante "Legge quadro sul volontariato", riconosce il valore e la funzione del volontariato come elemento di crescita della comunità e quale espressione di pluralismo, di solidarietà, di impegno civile e di partecipazione alla vita ed allo sviluppo della società.
2. La Regione promuove e sostiene lo sviluppo del volontariato, salvaguardandone le finalità e l'autonomia di organizzazione e di iniziativa.
Art. 512
Attività di volontariato Art. 2, legge regionale n. 22/1994

1. Ai fini della presente legge, si considera attività di volontariato quella avente le caratteristiche ed i requisiti indicati all'articolo 2 della legge 11 agosto 1991, n. 266.
Art. 513
Organizzazioni di volontariato Art. 3, legge regionale n. 22/1994

1. Ai fini della presente legge si considerano organizzazioni di volontariato gli organismi costituiti ed operanti nel rispetto dell'articolo 3 della legge 11 agosto 1991, n. 266.
Art. 514
Assicurazione degli aderenti ad organizzazioni di volontariato Art. 4, legge regionale n. 22/1994

1. Le organizzazioni di volontariato debbono assicurare i propri aderenti che prestano attività di volontariato come previsto dall'articolo 4 della legge 11 agosto 1991, n. 266.
Art. 515
Risorse economiche Art. 5, legge regionale n. 22/1994

1. Le risorse economiche delle organizzazioni di volontariato sono quelle previste dall'articolo 5 della legge 11 agosto 1991, n. 266.
Art. 516
Istituzione del registro generale regionale delle organizzazioni di volontariato Art. 6, legge regionale n. 22/1994 (art. 22, legge regionale n. 41/1996 e art. 7, legge regionale n. 14/1998)

1.  Presso l'Assessorato regionale degli enti locali è istituito il registro generale regionale delle organizzazioni di volontariato, di seguito denominato registro generale.
2.  Il registro generale è articolato nelle seguenti sezioni:
a) solidarietà sociale;
b) socio-sanitaria;
c) socio-culturale ed educativa;
d) ambientale;
e) promozione dei diritti civili e della persona;
f) (lettera soppressa)
Art. 517
Iscrizione nel registro generale Art. 7, legge regionale n. 22/1994

1. Possono chiedere l'iscrizione nel registro generale le organizzazioni di volontariato operanti nel territorio regionale ed effettivamente in attività.
2. La domanda di iscrizione è presentata dal legale rappresentante dell'organizzazione di volontariato all'Assessore regionale per gli enti locali.
3. La domanda deve essere corredata da:
a) copia dell'atto costitutivo e dello statuto o degli accordi degli aderenti da cui risulti la conformità dell'organizzazione di volontariato al dettato degli articoli 2 e 3 della legge 11 agosto 1991, n. 266;
b) relazione sull'attività svolta nel territorio regionale dall'associazione di volontariato negli ultimi sei mesi e sull'attività che intende svolgere;
c) dichiarazione contenente l'indicazione del legale rappresentante e di coloro i quali rivestono le altre cariche sociali;
d) dichiarazione contenente il numero e l'elenco dei soci e dei volontari aderenti;
e) dichiarazione contenente l'entità e la natura delle risorse disponibili;
f) dichiarazione contenente il numero e le mansioni espletate da eventuali operatori esterni di cui l'organizzazione di volontariato si avvale con contratto di lavoro subordinato od autonomo.
4. L'iscrizione nel registro generale è subordinata esclusivamente alla verifica della sussistenza dei requisiti previsti dagli articoli 2 e 3 della legge 11 agosto 1991, n. 266.
5. Le organizzazioni possono essere iscritte in più di una sezione del registro generale in dipendenza dei loro ambiti di attività.
6. L'Assessore regionale per gli enti locali, previo parere dell'Osservatorio regionale sul volontariato di cui all'articolo 11, provvede all'iscrizione, entro sessanta giorni dalla presentazione della domanda, dandone comunicazione all'organizzazione di volontariato richiedente ed al comune nel cui territorio l'organizzazione stessa ha sede.
7. Qualora l'Assessore regionale per gli enti locali non abbia provveduto all'iscrizione o rigettato la domanda entro il termine di cui al comma 6, la domanda s'intende accolta.
Art. 518
Tenuta e revisione del registro generale Art. 8, legge regionale n. 22/1994

1. L'Assessorato regionale degli enti locali cura la tenuta e l'aggiornamento del registro generale; provvede trimestralmente alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana dell'elenco delle nuove iscrizioni e delle cancellazioni e, entro il 30 giugno di ogni anno, alla pubblicazione delle organizzazioni di volontariato iscritte.
2. La cancellazione dal registro generale avviene su richiesta dell'organizzazione di volontariato interessata o d'ufficio, qualora vengano meno i requisiti che hanno dato luogo all'iscrizione. A tal fine l'Assessore regionale per gli enti locali predispone verifiche periodiche.
3. L'Assessorato regionale degli enti locali invia ogni anno copia aggiornata del registro generale all'Osservatorio nazionale per il volontariato, previsto dall'articolo 12 della legge 11 agosto 1991, n. 266.
4. Le organizzazioni iscritte nel registro generale sono tenute alla conservazione della documentazione relativa alle entrate di cui all'articolo 5 con l'indicazione nominativa dei soggetti eroganti o delle modalità di riscossione e sono, altresì, tenute a comunicare all'Assessorato regionale degli enti locali, entro il 30 aprile di ogni anno, i contributi ottenuti dallo Stato, dalla Regione, dagli enti locali e dalle istituzioni pubbliche e private. L'Assessorato regionale degli enti locali provvede a diffidare le organizzazioni inadempienti e, in caso di mancata risposta entro quindici giorni dalla notifica, disporrà apposita visita ispettiva.
Art. 519
Effetti dell'iscrizione nel registro generale Art. 9, legge regionale n. 22/1994

1. L'iscrizione nel registro generale è condizione necessaria per:
a) potere accedere alla stipulazione di convenzioni con lo Stato, la Regione, gli enti locali ed altri enti pubblici o strutture pubbliche;
b) potere accedere a contributi dello Stato, della Regione, di enti locali o di istituzioni pubbliche;
c) fruire delle agevolazioni fiscali e del trattamento tributario di cui agli articoli 8 e 9 della legge 11 agosto 1991, n. 266;
d) godere, per il perseguimento degli scopi statutari dell'organizzazione, dei diritti di accesso, d'informazione e di partecipazione di cui al capo V della legge 7 agosto 1990, n. 241, ed alle leggi regionali 30 gennaio 1991, n. 7, e 30 aprile 1991, n. 10. A tal fine, sono considerate situazioni giuridicamente rilevanti quelle attinenti al perseguimento degli scopi statutari delle organizzazioni.
2. Gli aderenti alle organizzazioni di volontariato iscritte nel registro generale hanno diritto di accedere alle strutture e servizi pubblici o convenzionati con gli enti locali, operanti nel settore di attività di loro interesse, e di avanzare proposte per il miglioramento dei servizi. L'accesso è disciplinato da accordi tra la struttura o il servizio e l'organizzazione di volontariato, in ordine alle modalità di presenza dell'organizzazione stessa ed alle modalità di rapporto tra i volontari ed il personale della struttura o servizio.
Art. 520
Convenzioni Art. 10, legge regionale n. 22/1994

1. La Regione, gli enti locali e gli enti pubblici istituzionali e territoriali della Regione possono, nell'attuazione delle proprie finalità, stipulare convenzioni con organizzazioni di volontariato iscritte nel registro generale da almeno sei mesi, per lo svolgimento di servizi che non abbiano carattere sostitutivo di quelli di competenza degli stessi enti pubblici.
2. La convenzione, oltre alla specificazione delle prestazioni che saranno svolte dalle organizzazioni di volontariato, deve prevedere:
a) la durata del rapporto convenzionale;
b) il numero e l'elenco dei volontari, i titoli e le qualificazioni professionali degli stessi, nonché del personale dipendente e dei collaboratori necessari per l'espletamento del servizio;
c) l'eventuale assegnazione in uso all'organizzazione di volontariato di attrezzature e di strutture;
d) le disposizioni dirette a garantire l'esistenza delle condizioni necessarie per svolgere con continuità le attività oggetto della convenzione, nonché il rispetto dei diritti e della dignità degli utenti; le forme di verifica delle prestazioni e di controllo della loro qualità;
e) i rapporti finanziari fra l'ente responsabile del servizio pubblico e l'organizzazione di volontariato, che devono comprendere:
1) gli oneri per la copertura assicurativa del rischio di infortuni, di origine non dolosa, a favore del personale volontario e/o dipendente o da questi procurato a terzi durante l'espletamento dell'attività oggetto della convenzione;
2) gli oneri relativi alle spese strettamente connesse con l'attività da espletare;
3) la disciplina delle modalità cui dovrà attenersi l'organizzazione di volontariato per lo svolgimento delle prestazioni che formano oggetto dell'attività all'interno delle strutture convenzionate.
Art. 521
Osservatorio regionale sul volontariato Art. 11, legge regionale n. 22/1994

1. E' istituito, presso l'Assessorato regionale degli enti locali - Direzione affari sociali, l'Osservatorio regionale sul volontariato.
2. Esso ha funzioni di ricerca, promozione e verifica in ordine alla realizzazione delle finalità di cui all'articolo 1 e svolge i seguenti compiti:
a)  avanzare proposte alla Regione sulle materie che interessano le attività delle organizzazioni di volontariato;
b)  esprimere parere sulle proposte di legge e sulle direttive che interessano le attività ed i progetti delle organizzazioni di volontariato;
c)  esprimere parere sulle richieste di iscrizione o sulla cancellazione delle organizzazioni di volontariato dal registro generale;
d)  provvedere alla diffusione della conoscenza delle attività svolte dalle organizzazioni di volontariato e dalle loro federazioni;
e)  promuovere ricerche e studi;
f)  fornire ogni utile elemento per la promozione e lo sviluppo del volontariato;
g)  fissare i criteri generali per lo svolgimento dei corsi di preparazione al volontariato e di aggiornamento, predisposti dalle organizzazioni di volontariato, nel rispetto dell'autonomia della scelta dei contenuti e dell'autonomia didattica;
h) esprimere parere sulle domande di istituzione dei centri di servizio di cui all'articolo 15 della legge 11 agosto 1991, n. 266;
i) studiare le caratteristiche e valutare l'andamento delle convenzioni;
l) promuovere con scadenza triennale la Conferenza regionale del volontariato;
m) definire i parametri atti a valutare l'attitudine e la capacità operativa delle organizzazioni di volontariato nell'ambito delle attività oggetto di convenzione;
n) approvare i piani di intervento di cui all'articolo 13.
3. L'Osservatorio è composto come segue:
a) dall'Assessore regionale per gli enti locali, presidente;
b) dal direttore regionale degli affari sociali, vicepresidente;
c) da nove "volontari" eletti, nel corso della Conferenza regionale sul volontariato di cui all'articolo 12, dai rappresentanti delle organizzazioni di volontariato iscritte nel registro generale;
d) da esperti in numero pari al numero delle sezioni nelle quali è articolato il registro generale, nominati dal Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali;
e) da un funzionario dell'Amministrazione regionale, in servizio presso l'Assessorato regionale degli enti locali, segretario.
4. L'Osservatorio è costituito con decreto del Presidente della Regione, adottato su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali. Esso ha durata triennale; i componenti di cui alle lettere c) e d) del comma 3 possono essere confermati per una sola volta.
5. Tutti i componenti prestano la loro opera a titolo gratuito. Ad essi spetta il rimborso per le spese di viaggio e di soggiorno secondo la normativa regionale vigente per i direttori regionali.
6. Nella prima applicazione della presente legge, i componenti di cui alla lettera c) del comma 3 vengono eletti dall'Assemblea regionale siciliana, con voto limitato ad uno, entro quattro mesi dall'entrata in vigore della presente legge, tra i "volontari"appositamente designati dalle organizzazioni di volontariato, prescindendosi dall'iscrizione delle stesse al registro generale. All'uopo, le predette organizzazioni di volontariato, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, depositano presso la Presidenza dell'Assemblea regionale siciliana la designazione dei "volontari" in numero non superiore a due nominativi per ciascuna organizzazione, lo statuto dell'organizzazione medesima, una relazione sull'attività svolta, nonché i curricula dei nominativi designati. Detti curricula devono indicare:
a) i dati anagrafici e la residenza dei designati;
b) il titolo di studio ed altri eventuali titoli significativi degli stessi;
c) la professione o l'occupazione abituale e l'elenco delle cariche pubbliche ricoperte attualmente o precedentemente;
d) l'attività svolta in seno alle organizzazioni di volontariato.
7. Trascorso il termine previsto dal comma 6, il Presidente dell'Assemblea regionale siciliana provvede direttamente alla scelta dei nove "volontari" tra i nominativi già in possesso dell'Assemblea regionale siciliana, sentiti i presidenti dei gruppi parlamentari.
Art. 522
Conferenza regionale del volontariato Art. 12, legge regionale n. 22/1994

1. E' istituita la Conferenza regionale del volontariato quale strumento di partecipazione consultiva delle organizzazioni di volontariato alla formazione delle scelte della Regione nei settori di diretto intervento delle organizzazioni stesse.
2. La conferenza si riunisce ogni tre anni con il compito di:
a) formulare proposte e valutazioni sugli indirizzi generali delle politiche regionali relative al conseguimento delle finalità della presente legge e sui rapporti tra le organizzazioni di volontariato e le istituzioni pubbliche;
b) esprimere parere sulla programmazione degli interventi nei settori in cui operano le organizzazioni di volontariato;
c) fare osservazioni in merito all'attività svolta dall'Osservatorio regionale sul volontariato;
d) eleggere i rappresentanti delle organizzazioni di volontariato in seno all'Osservatorio regionale sul volontariato.
3. Alla conferenza intervengono, con diritto di voto, il legale rappresentante o il delegato delle organizzazioni di volontariato, iscritte nel registro generale. Possono, altresì, intervenire, senza diritto di voto i legali rappresentanti o loro delegati delle organizzazioni di volontariato non iscritte nel registro generale.
4. La conferenza è presieduta dall'Assessore regionale per gli enti locali o da un suo delegato. Gli avvisi di convocazione sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana.
5. Le funzioni di segretario sono svolte dal segretario dell'Osservatorio di cui all'articolo 11.
Art. 523
Piani di intervento Art. 13, legge regionale n. 22/1994

l. Le organizzazioni iscritte da almeno sei mesi nel registro generale possono sottoporre all'approvazione dell'Osservatorio regionale sul volontariato, entro il 31 dicembre di ogni anno, per l'anno successivo, piani di intervento nei settori di competenza, per attività che non abbiano carattere sostitutivo di quelle di competenza istituzionale.
2. I piani di intervento devono in ogni caso indicare le finalità e le modalità, l'area territoriale di riferimento, i destinatari, le strutture, le attrezzature, le competenze ed i tempi necessari per lo svolgimento dell'attività e gli eventuali oneri derivanti da prestazioni richieste a terzi non volontari.
3. Particolare rilevanza l'Osservatorio attribuirà ai piani di intervento sperimentali che si avvalgono dell'applicazione di metodologie particolarmente avanzate e sperimentali e dell'integrazione con i piani di intervento degli enti locali e/o di altre organizzazioni del terzo sistema.
4. Il Presidente della Regione può avanzare richiesta di accesso al fondo per il volontariato, previsto dall'articolo 12, comma 2, della legge 11 agosto 1991, n. 266, per i piani di intervento rientranti tra i progetti cui il fondo per il volontariato è destinato.
5. Le organizzazioni di volontariato sono tenute ad inviare annualmente all'Osservatorio regionale sul volontariato una relazione analitica e documentata sull'attività svolta in base ai piani di intervento.
Art. 524
Centri di servizio Art. 14, legge regionale n. 22/1994

1. Con decreto del Presidente della Regione, sentita la Giunta regionale, previo parere dell'Osservatorio regionale sul volontariato, saranno determinati i criteri per l'istituzione dei centri di servizio di cui all'articolo 15 della legge 11 agosto 1991, n. 266, in numero di tre, con sede nelle città di Palermo, Catania e Messina, secondo le modalità del decreto del Ministro del tesoro del 21 novembre 1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 292 del 13 dicembre 1991.
Art. 525
Proposte delle organizzazioni di volontariato in materia di formazione e aggiornamento Art. 15, legge regionale n. 22/1994

1. Entro il 31 dicembre dell'anno precedente, le organizzazioni di volontariato o gruppi di esse possono proporre all'Osservatorio iniziative di formazione ed aggiornamento anche per far fronte a nuove emergenze che richiedano l'acquisizione di specifiche competenze.
Art. 526
Contributo alla spesa dei contratti di assicurazione Art. 16, legge regionale n. 22/1994

1. Alle organizzazioni di volontariato iscritte nel registro generale l'Assessore regionale per gli enti locali è autorizzato a concedere un contributo fino all'80 per cento della spesa sostenuta per i contratti di assicurazione di cui all'articolo 4.
Art. 527
Cessione gratuita alle organizzazioni di volontariato di beni mobili fuori uso e utilizzazione di strutture e servizi Art. 18, legge regionale n. 22/1994

1. Gli enti locali, l'Amministrazione regionale e tutte quelle sottoposte a tutela della Regione sono autorizzati a cedere gratuitamente alle organizzazioni di volontariato i beni mobili, gli arredi e le attrezzature dichiarati fuori uso.
2. L'Amministrazione regionale e gli enti locali possono mettere a disposizione delle organizzazioni di volontariato, in possesso dei requisiti di legge, strutture e servizi logistici per lo svolgimento delle loro attività.
Art. 528
Organi e forme di controllo Art. 19, legge regionale n. 22/1994

1. Nei confronti delle organizzazioni di volontariato iscritte nel registro generale, anche se non convenzionate, viene effettuata, a cura dell'Assessore per gli enti locali, una visita di controllo ordinaria o straordinaria, almeno ogni due anni.
2. Le visite di controllo di cui al comma 1 non pregiudicano quelle di carattere tecnico che eventualmente siano disposte da altre amministrazioni dello Stato competenti per materia.
3. Le visite di controllo avranno per oggetto:
a) la contabilità;
b) il perdurare dei requisiti per l'iscrizione al registro generale;
c) l'effettivo svolgimento dell'attività di volontariato;
d) il riscontro della marginalità delle attività commerciali e produttive eventualmente svolte.
4. Le organizzazioni di volontariato controllate hanno l'obbligo di mettere a disposizione del funzionario tutti i libri, i registri ed i documenti e di fornire, altresì, i dati, le informazioni ed i chiarimenti richiesti.
5. Di ogni visita di controllo deve essere redatto processo verbale. Il verbale è stilato in tre originali datati e sottoscritti, oltre che dal funzionario, dal legale rappresentante dell'organizzazione di volontariato, il quale può farvi iscrivere le proprie osservazioni.
6. Entro quindici giorni dalla data del verbale, l'organizzazione di volontariato controllata può presentare ulteriori osservazioni ai destinatari del verbale.
7. Uno degli originali del verbale rimane presso l'organizzazione di volontariato; gli altri vengono trasmessi, a cura del funzionario, uno all'Assessore regionale per gli enti locali e l'altro all'Osservatorio regionale sul volontariato.
8. Qualora si tratti di controllo tecnico, una copia del verbale verrà trasmessa all'organo o all'ente che ha disposto la visita tecnica.
Art. 529
Norma di rinvio Art. 21, legge regionale n. 22/1994

1. Per tutto quanto non previsto dalla presente legge, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni della legge 11 agosto 1991, n. 266.
Capo IX TUTELA E VALORIZZAZIONE DELLA FAMIGLIA
Art. 530
Finalità ed ambiti d'intervento Art. 1, legge regionale 31 luglio 2003, n. 10

1. La Regione riconosce e valorizza, in attuazione dei principi sanciti dagli articoli 2, 3, 29, 31 e 37 della Costituzione, nonché dalla Convenzione ONU sui diritti del fanciullo resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176, il ruolo della famiglia fondata sul matrimonio o, comunque, su vincoli di parentela, filiazione, adozione, affinità o di affido quale soggetto sociale di primario riferimento per le politiche di promozione della famiglia ed, in particolare, per la programmazione e l'attuazione degli interventi socio-assistenziali, socio-sanitari, socio-culturali ed educativi operati in ambito regionale.
2. Per le finalità di cui al comma 1 la famiglia costituisce, altresì, riferimento essenziale di rilevazione e sintesi dei bisogni dei suoi componenti e, in quanto consentito dalla natura e dalle modalità erogative delle prestazioni, soggetto attivo per lo svolgimento dei servizi e l'attuazione degli interventi stessi.
3. La Regione provvede a rilevare periodicamente le condizioni e le necessità familiari dei bambini portatori di handicap, di quelli poveri, dei figli di emigranti, dei nomadi, dei rifugiati, degli extracomunitari, degli orfani e di altre categorie di soggetti disagiati per garantire uguali opportunità. La Regione programma gli interventi necessari a prevenire i processi di emarginazione e di disadattamento sociale.
Art. 531
Obiettivi della politica regionale per la famiglia Art. 2, legge regionale n. 10/2003

1. Per la realizzazione delle finalità di cui all'articolo 1 ed, in particolare, per agevolare e sostenere le scelte rivolte alla formazione di nuove famiglie, la Regione promuove l'adozione di politiche organiche ed intersettoriali volte a:
a) rimuovere gli ostacoli, specie di carattere abitativo, lavorativo o economico, che rendono difficoltosa la costituzione o lo sviluppo di nuove famiglie;
b) riconoscere l'alto valore sociale della maternità e della paternità, tutelando il diritto alla procreazione, valorizzando e sostenendo l'esercizio delle responsabilità genitoriali;
c) tutelare il benessere di tutti i componenti della famiglia concorrendo a rimuovere le situazioni che incidono negativamente sull'equilibrio psicofisico di ciascun soggetto, al fine di favorire l'armonico sviluppo delle relazioni familiari di coppia ed intergenerazionali;
d) sviluppare iniziative di solidarietà alle famiglie al cui interno figurino disabili, finalizzandole ad agevolare il loro mantenimento in seno al medesimo nucleo familiare;
e) definire modelli d'intervento che agevolino la permanenza degli anziani all'interno del nucleo familiare riconoscendo il rilevante valore sociale dell'attività di cura ed assistenza da questo praticata;
f) rendere compatibili le esigenze derivanti dagli impegni di lavoro dei coniugi con quelle della famiglia, riconoscendo a pieno titolo il lavoro domestico e di cura, in quanto attività essenziale per la vita della famiglia e per il contesto sociale di riferimento;
g) attuare il principio di libera scelta da parte del cittadino e della famiglia nell'articolazione e nel funzionamento della rete degli interventi e dei servizi di sostegno alla persona;
h) valorizzare, in attuazione del principio di sussidiarietà, favorendo tutte le forme di autorganizzazione solidaristica tra o per le famiglie, l'associazionismo familiare rivolto a dare impulso alle reti primarie di solidarietà ed alla cooperazione, per favorire forme di autorganizzazione e di aiuto solidaristico tra le famiglie;
i) promuovere attività di tutela, assistenza e consulenza a sostegno dei nuclei monoparentali, delle vittime di violenza sessuale, nonché dei minori abusati o deviati;
l) assicurare la realizzazione, da parte degli enti locali, di iniziative finalizzate al sostegno dei nuclei familiari di persone immigrate, anche per consentire l'inserimento dei minori nel ciclo scolastico educativo;
m) sviluppare iniziative di solidarietà alle famiglie senza un reddito minimo di sussistenza ed al cui interno figurino minori o disabili, finalizzandole ad agevolare la loro esistenza ed il loro mantenimento in seno al medesimo nucleo familiare;
n) mantenere e sviluppare una rete di servizi ad iniziativa pubblica che favorisca la universalità di accesso a quelli di sostegno alla persona.
Art. 532
Interventi e garanzie creditizie Art. 3, legge regionale n. 10/2003

1. Al fine di superare gli ostacoli di natura economica alla formazione di nuove famiglie o per intervenire a sostegno di nuclei familiari in condizione di temporaneo e particolare disagio, la Regione interviene con contributi per l'abbattimento parziale o totale degli interessi su prestiti quinquennali di importo non superiore a 25.000 euro, da erogare secondo limiti e fasce di reddito predeterminati.
2. Destinatari dell'intervento di cui al comma 1 sono:
a)  coppie che intendano contrarre matrimonio entro un anno o che lo abbiano contratto da non più di un anno dalla richiesta;
b)  famiglie con a carico e convivente, da almeno un anno, uno o più dei seguenti soggetti:
1) anziano ultrasessantacinquenne non autosufficiente;
2) persona non autosufficiente;
c)  famiglie monoparentali con a carico e convivente, da almeno un anno, uno o più dei seguenti soggetti:
1) figlio minore di età;
2) anziano ultrasessantacinquenne non autosufficiente;
3) malato psichico o persona portatrice di grave handicap fisico o psichico.
3. Nei casi previsti dal comma 2, lettera b) punto 2 e lettera c) punto 3, il contributo di cui al comma 1 è dovuto anche per la ristrutturazione o l'adeguamento della prima abitazione alle esigenze della persona portatrice di handicap.
4. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si estendono anche alle famiglie che, successivamente alla loro costituzione, decidono di accogliere ed accudire uno o più anziani, parenti in linea diretta di primo e secondo grado, al fine di garantire loro uno spazio minimo vitale.
5. Per le finalità di cui ai commi 1, 2, 3 e 4, l'Assessorato della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali è autorizzato a stipulare apposite convenzioni con istituti bancari, enti finanziari, assicurativi o previdenziali.
6. Con decreto del Presidente della Regione, adottato su proposta dell'Assessore per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali, entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, sono fissati i limiti e le fasce di reddito nonché le modalità attuative dell'intervento di cui al presente articolo.
Art. 533
Interventi abitativi Art. 4, legge regionale n. 10/2003 (art. 16, legge regionale n. 9/2004)

1. I programmi di edilizia residenziale pubblica convenzionata o sovvenzionata, realizzati ai sensi della normativa vigente in materia nella Regione, prevedono una riserva pari al 20 per cento degli alloggi da realizzare per l'assegnazione in proprietà indivisa, nel rispetto del decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1972, n. 1035 e successive modifiche ed integrazioni, a favore delle coppie che intendano contrarre matrimonio o che lo abbiano contratto nei tre anni precedenti. L'assegnazione dell'alloggio è condizionata all'effettiva celebrazione del matrimonio.
2. Le commissioni di assegnazione alloggi, previste dalla normativa vigente in materia nella Regione, al fine di accelerare le procedure successive all'emanazione dei bandi, procedono alla verifica dei requisiti, di cui ai bandi medesimi, soltanto per gli assegnatari a seguito della graduatoria redatta dai comuni sulla base delle sole autocertificazioni.
3. Il 20 per cento delle quote di riserva individuato ai sensi del comma 1 è destinato a famiglie monoparentali con almeno un figlio minorenne convivente, nonché alle donne che possono inoltrare istanza durante il periodo di gravidanza.
4. Con decreto del Presidente della Regione, adottato su proposta dell'Assessore per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali, di concerto con l'Assessore per i lavori pubblici, entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, sono determinate le modalità di compilazione delle liste di cui al comma 3 sulla base dei seguenti parametri:
a)  livello di reddito complessivo del nucleo familiare;
b)  carico familiare;
c)  costituzione o mantenimento della residenza presso comuni ubicati nelle isole minori.
5. L'Assessore per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali è autorizzato ad intervenire in favore delle famiglie di nuova costituzione per l'abbattimento totale degli interessi sui prestiti per l'acquisto della prima casa mediante limite quindicennale di impegno di 2.000 migliaia di euro a decorrere dall'esercizio finanziario 2004. Con decreto del medesimo Assessore si determinano i criteri ed i parametri per l'individuazione dei soggetti beneficiari. Nei parametri si tiene, comunque, conto di quanto previsto dalle lettere a) e b) del comma 4, nonché dell'età dei componenti della famiglia di nuova costituzione.
Art. 534
Interventi per il sostegno e la promozione della procreazione responsabile Art. 5, legge regionale n. 10/2003

1. E' fatto obbligo pariteticamente ai consultori pubblici e privati convenzionati di assicurare la realizzazione di programmi informativi e formativi riguardanti la procreazione, rivolti a gruppi omogenei di popolazione.
2. Nell'ambito di tali programmi sono offerte modalità di sostegno e consulenza personalizzata che garantiscano la libertà delle scelte procreatrici nel rispetto delle convinzioni etiche e dell'integrità psicofisica delle persone.
3. Gli interventi previsti sono volti, in particolare, a:
a) favorire la prevenzione e la rimozione delle cause che possono indurre la madre alla interruzione della gravidanza;
b) prevenire le cause di potenziale fattore di danno per il nascituro;
c) garantire gli interventi finalizzati alla prevenzione ed alla cura della abortività spontanea;
d) predisporre ed organizzare, per la famiglia che lo richiede, un piano personalizzato di sostegno psicologico, socio-assistenziale e sanitario, utilizzando percorsi integrati idonei a valorizzare il ruolo delle associazioni di solidarietà familiare;
e) prevedere programmi ed effettuare interventi relativi all'affido familiare ed all'adozione, intesi come esercizio della paternità e maternità responsabile;
f) garantire l'assistenza giuridica e pedagogica per i coniugi che intendono accedere all'adozione o all'affidamento;
g) garantire assistenza pedagogica alle famiglie il cui stato di povertà e di marginalità configuri condizioni di rischio educativo per i figli.
Art. 535
Tutela della maternità e della vita nascente Art. 6, legge regionale n. 10/2003

1. La Regione tutela la maternità e sostiene il diritto alla vita fin dal concepimento favorendo interventi finalizzati a:
a) prevenire le difficoltà che possano indurre all'interruzione di gravidanza con aiuti economici o fornendo ospitalità alla madre presso famiglie o case alloggio;
b) assicurare la continuità dell'assistenza dall'inizio della gravidanza fino all'allattamento;
c) favorire un nuovo rapporto tra partorienti e istituzioni socio-sanitarie, affinché il parto e il puerperio siano vissuti come eventi naturali;
d) assicurare al bambino, in ambito ospedaliero, la continuità del rapporto familiare affettivo.
2. Le aziende ospedaliere e le aziende unità sanitarie locali organizzano corsi di preparazione al parto al fine di offrire alle donne appropriate informazioni sulla gravidanza, nei suoi aspetti psico-fisici, sul parto e sull'allattamento.
3. L'Assessore per la sanità definisce un programma di interventi riguardanti:
a) la difesa delle gestanti nei luoghi di lavoro per prevenire il rischio di esposizione a sostanze tossiche, radiazioni ionizzanti o variazioni di pressione;
b) l'assistenza durante la gravidanza, a scadenze programmate, per l'individuazione precoce di casi ad alto rischio;
c) la predisposizione del servizio di parto a domicilio per le gestanti che ne facciano richiesta purché siano garantite condizioni igienico sanitarie di assoluta sicurezza per la madre e per il nascituro.
4. Sulla base di programmi di riorganizzazione strutturale dei reparti di maternità, le aziende unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere allestiscono:
a)  sale parto dotate di tutte le attrezzature necessarie a garantire all'evento nascita ed al parto la massima serenità e naturalezza;
b)  spazi singoli per il travaglio e il puerperio tendenti a riprodurre la situazione domiciliare e a garantire la presenza continuativa di entrambi i genitori;
c)  reparti di patologia neonatale attigui ai reparti di ostetricia;
d)  una sala da adibire all'informazione e socializzazione delle esperienze.
5. Al fine di garantire e promuovere la riduzione ed il superamento degli ostacoli di ordine economico alla procreazione per le famiglie meno abbienti, l'Assessore per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali è autorizzato ad erogare un bonus di 1.000 euro per ogni nascituro, sulla base di parametri reddituali predeterminati ed in conformità alle competenze in materia delegate dallo Stato alle autonomie locali.
Art. 536
Concorso alle spese per le adozioni internazionali Art. 7, legge regionale n. 10/2003

1. L'Assessore per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali è autorizzato a concedere contributi fino al 50 per cento delle spese sostenute dalla famiglia adottiva per l'espletamento delle procedure di adozione internazionale.
2. Con decreto da emanarsi entro 120 giorni dalla entrata in vigore della presente legge l'Assessore per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali determina i criteri e le modalità attuativi della compartecipazione finanziaria di cui al comma 1.
Art. 537
Interventi per il sostegno alle relazioni familiari ed alle responsabilità educative Art. 8, legge regionale n. 10/2003

1. Al fine di garantire un approccio globale ai bisogni d'aiuto espressi dalla famiglia, sia sotto il profilo dell'armonia delle relazioni familiari che dell'assunzione delle responsabilità educative, l'Assessorato della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali è autorizzato a concedere, in favore dei consultori del servizio sanitario, di quelli privati convenzionati, delle istituzioni scolastiche e delle associazioni di solidarietà familiare appositamente accreditate, contributi finalizzati al rilancio degli interventi sociali ed educativi complementari alle prestazioni sanitarie e sociali a rilievo sanitario già erogate dai consultori medesimi ai sensi della legge regionale 24 luglio 1978, n. 21 e successive modifiche ed integrazioni.
2. Tali interventi devono prevedere in particolare:
a) iniziative d'informazione e formazione rivolte ai genitori ai fini di un approfondimento delle loro funzioni educative;
b) promozione ed organizzazione di momenti formativi misti tra genitori e tra genitori e figli;
c) iniziative d'informazione e formazione, da svolgersi in collaborazione con gli organi collegiali della scuola, finalizzate all'aggiornamento degli insegnanti, al confronto educativo con i genitori ed al coinvolgimento di questi ultimi in attività laboratoriali organizzate dalle istituzioni scolastiche;
d) sostegno all'assunzione delle responsabilità genitoriali, mediante programmi educativi individualizzati con l'eventuale supporto di personale qualificato messo a disposizione dagli enti pubblici;
e) interventi di mediazione familiare nei casi di gravi difficoltà relazionali nel rapporto di coppia;
f) consulenza legale sul diritto di famiglia per le separazioni, adozioni, affido, questioni patrimoniali.
3. Con decreto dell'Assessore per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali, adottato entro trenta giorni dall'approvazione del bilancio di previsione, sono definiti criteri e modalità per l'erogazione dei contributi di cui al presente articolo prevedendo, altresì, le linee prioritarie d'intervento.
Art. 538
Centri di accoglienza Art. 9, legge regionale n. 10/2003

1. La Regione eroga contributi per la copertura delle spese di primo impianto alle associazioni di donne che organizzano centri di accoglienza per donne vittime di maltrattamenti in famiglia e per i loro figli minori, o a rischio di maltrattamento fisico o psichico.
2. I centri di accoglienza sono gestiti da donne e provvedono al ricovero diurno e/o notturno delle donne e dei loro figli in case il cui domicilio è tenuto riservato e possibilmente lontane dal luogo di residenza per un periodo massimo di un anno.
3. I centri di accoglienza forniscono assistenza legale e psicologica alle donne e ai loro figli e favoriscono il reinserimento lavorativo, sociale e scolastico delle vittime di maltrattamenti e dei loro figli minori.
4. Con decreto dell'Assessore per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali sono determinate le modalità di attuazione degli interventi di cui al presente articolo.
Art. 539
Buono socio-sanitario Art. 10, legge regionale n. 10/2003

1. L'Assessorato della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali è autorizzato a promuovere, anche mediante i comuni, interventi di carattere innovativo e sperimentale in ambito socio-sanitario da realizzare attraverso l'attribuzione, in base a livelli di reddito predeterminati, di erogazioni finanziarie denominate buoni socio-sanitari, da corrispondere con carattere periodico, in alternativa alle prestazioni di natura residenziale eventualmente dovute, ai sensi della vigente normativa, a nuclei familiari i quali comprendano nel loro ambito anziani non autosufficienti o disabili gravi.
2. Il buono può essere, altresì, impiegato dalla famiglia per l'acquisto di prestazioni socio-sanitarie a carattere domiciliare, in favore dei medesimi soggetti di cui al comma 1, offerte da enti ed organismi no profit, accreditati secondo strumenti e modalità in grado di consentire la libera scelta dell'utente nell'ambito di una gamma di prestazioni determinate riconducibili alla condizione dell'utente medesimo, nonché una concreta ed effettiva verifica, in rapporto alla natura delle prestazioni stesse richieste dalla famiglia, sull'appropriatezza dell'intervento, sulla qualità dei comportamenti dell'ente erogatore e dei singoli operatori.
3. L'importo del buono non può, in ogni caso, superare per ciascuno dei soggetti, anziano non autosufficiente o disabile grave, l'ammontare dell'indennità di accompagnamento predeterminata dalla disciplina vigente in materia.
4. Con decreto del Presidente della Regione, adottato su proposta dell'Assessore per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali, entro centoventi giorni dall'entrata in vigore della presente legge, vengono determinati i livelli di reddito complessivi del nucleo familiare, le modalità per l'accesso al buono e per il suo utilizzo in attuazione di quanto previsto dai commi 1 e 2, nonché il sistema di accreditamento degli organismi eroganti unitamente agli strumenti di verifica e controllo.
Art. 540
Madri di giorno Art. 11, legge regionale n. 10/2003

1. Per "madre di giorno" s'intende una casalinga in possesso di un'esperienza abilitante, conseguita attraverso la personale esperienza della maternità o attraverso apposite esperienze formative, che durante il giorno assista e contribuisca ad educare, fornendo le cure materne e familiari nel proprio domicilio, uno o più minori appartenenti ad altri nuclei familiari in età da asilo nido.
2. Le associazioni di solidarietà familiare, ad esclusione di quelle costituite ai sensi della legge regionale 7 giugno 1994, n. 22 e gli enti di privato sociale onlus che abbiano maturato esperienza di sostegno alle responsabilità genitoriali possono promuovere l'esperienza delle madri di giorno, fornire loro la necessaria preparazione o integrare quella già posseduta, assisterle sul piano amministrativo e tecnico, garantire la continuità della presa in cura del minore nel caso di malattia o impedimento, fornire le necessarie consulenze in campo psicopedagogico, assumere gli oneri derivanti dalle coperture assicurative per la responsabilità civile verso terzi e provvedere alla fornitura dei beni strumentali o di consumo necessari allo svolgimento del servizio.
3. La madre di giorno svolge la propria attività senza ricevere alcun compenso dalle famiglie degli utenti, che versano alle associazioni ed alle organizzazioni di cui al comma 2 un corrispettivo per il servizio ricevuto determinato in misura da consentire la copertura dei costi necessari al suo mantenimento.
4. I comuni possono erogare alle famiglie, secondo livelli di reddito e criteri di attribuzione predeterminati, vaucher spendibili presso le associazioni e gli enti di cui al comma 2, accreditati presso la stessa amministrazione comunale mediante stipula di apposita convenzione. L'accreditamento è effettuato per tutte le associazioni e gli enti di cui al comma 2 aventi i requisiti previsti dalla presente legge.
5. Le convenzioni, di cui al comma 4, prevedono:
a) la determinazione del corrispettivo relativo al servizio ricevuto in conformità a quanto stabilito al comma 3;
b) le procedure e le modalità d'integrazione tra i servizi pubblici all'infanzia, i servizi socio-assistenziali ed i servizi delle madri di giorno;
c) gli standard minimi di esperienza o formazione abilitante per lo svolgimento del servizio da parte della madre di giorno;
d) le modalità di verifica periodica della qualità del servizio.
Art. 541
Attività di formazione ed informazione Art. 12, legge regionale n. 10/2003

1. La Regione, nell'ambito dell'attività di formazione professionale di sua competenza e preferibilmente con l'intervento dei comuni e delle province, promuove, organizza e finanzia:
a) programmi rivolti prioritariamente alle donne in materia di aggiornamento e riconversione professionale per agevolare il reinserimento nel mondo del lavoro della persona che ha interrotto l'attività lavorativa per motivi di maternità o di cura di un componente del nucleo familiare;
b) corsi di formazione per portatori di handicap;
c) corsi di formazione e riqualificazione per gli operatori dei servizi socio-educativi e socio-assistenziali coinvolti nell'attuazione della presente legge.
2. La Regione riconosce e sovvenziona i servizi alla famiglia erogati da soggetti pubblici e privati accreditati per svolgere attività di informazione e formazione sulla vita coniugale e familiare e sulla valorizzazione personale e sociale della maternità e della paternità. I consultori familiari pubblici e privati autorizzati realizzano programmi di formazione dei giovani al futuro ruolo di coniugi e di genitori, nonché programmi formativi ed informativi riguardanti la procreazione responsabile, rivolti a gruppi omogenei di popolazione. Nell'ambito di tali programmi sono offerte modalità di sostegno e di consulenza personalizzata, che garantiscano la libertà di scelta procreativa, nel rispetto della deontologia professionale degli operatori e delle convinzioni etiche e della integrità psicofisica delle persone. Nell'ambito di tali programmi è, altresì, data adeguata informazione sui diritti della donna in stato di gravidanza e sui servizi socio-sanitari ed assistenziali esistenti sul territorio a favore del bambino ed a tutela dei suoi diritti.
Art. 542
Tutela dell'equilibrio psico-fisico dei bambini nelle strutture sanitarie Art. 13, legge regionale n. 10/2003

1. Al fine di garantire l'equilibrio e il benessere psico-fisico del bambino, i presidi sanitari pubblici e privati convenzionati della Regione garantiscono, sia nelle modalità organizzative della degenza, sia nell'attuazione degli interventi diagnostico-terapeutici, il rispetto delle esigenze affettive, cognitive ed espressive proprie dell'età del bambino, facilitando la continuità del rapporto con la famiglia, nonché per i bambini in età scolare, con la classe frequentata.
2. Per il conseguimento delle finalità di cui al comma 1, in tutti i reparti pediatrici sono individuate modalità organizzative atte a permettere:
a) l'accesso e la permanenza dei genitori, o di persona di loro fiducia affettivamente legata al bambino, nell'intero arco delle ventiquattro ore, consentendo il riposo accanto al bambino e garantendo, a pagamento, l'accesso alla mensa ospedaliera;
b) la presenza dei genitori, o persona di loro fiducia, durante la visita medica di reparto, all'atto dei prelievi per esami di laboratorio, le medicazioni ed altre attività terapeutiche, purché precise controindicazioni igienico-sanitarie non la impediscano;
c) l'attività ludico-espressiva del bambino con la destinazione di una stanza del reparto a sala giochi fornita di quanto necessario allo svago e con l'adozione di tutte le misure idonee a riprodurre in ospedale condizioni ordinarie di vita.
3. I medici del reparto ed il personale infermieristico sono tenuti a fornire ai genitori tutte le informazioni sulla natura e il decorso della malattia, sulle prestazioni mediche cui il bambino sarà sottoposto e sui tempi di attuazione, nonché a favorire un rapporto di fiducia con il bambino; a tal fine la direzione sanitaria dell'ospedale organizza corsi di formazione per il personale adibito ai reparti di pediatria.
4. Presso ogni reparto di pediatria è assicurata la presenza di uno psicologo che offra assistenza ai bambini e ai genitori nell'affrontare l'esperienza dell'ospedalizzazione.
5. Le disposizioni dei commi precedenti, in quanto applicabili, valgono anche per le attività ambulatoriali e di day hospital di tutti i presidi sanitari pubblici e privati convenzionati.
Art. 543
Coordinamento degli orari, pianificazione dei servizi e banche del tempo Art. 14, legge regionale n. 10/2003

1. Al fine di agevolare lo svolgimento dei compiti di cura ed assistenza familiare, armonizzando il funzionamento dei servizi locali con le esigenze complessive di convivenza proprie della famiglia, l'Assessorato della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali promuove, nel rispetto delle competenze regolamentari e di programmazione delle autonomie locali, le iniziative di studio e pianificazione dei comuni dirette a favorire la costituzione di banche del tempo, nonché il coordinamento degli orari e delle modalità di funzionamento degli esercizi commerciali, dei servizi pubblici, delle istituzioni educative e scolastiche e dell'apertura al pubblico degli uffici periferici delle amministrazioni pubbliche. Per "banche del tempo" si intendono forme di organizzazione mediante le quali persone disponibili ad offrire gratuitamente parte del proprio tempo per attività di cura, custodia ed assistenza vengono poste in relazione con soggetti o famiglie in condizione di bisogno attraverso associazioni di solidarietà familiare.
2. L'Assessorato della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali promuove, altresì, iniziative sperimentali per la stipula di accordi fra le organizzazioni imprenditoriali e sindacali che prevedano forme di articolazione delle attività lavorative volte a conciliare tempi di vita e tempi di lavoro, anche in attuazione della legge 8 marzo 2000, n. 53.
3. L'Assessorato della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali è autorizzato a concedere ai comuni un contributo pari al 50 per cento, e per un importo comunque non superiore ai 25.000 euro, delle spese da sostenere per lo svolgimento degli incarichi di studio e di pianificazione di cui al comma 1.
4. Entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge di bilancio l'Assessore per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali fissa criteri e modalità per l'erogazione dei contributi di cui al comma 3, prevedendo altresì le linee prioritarie d'intervento per le banche del tempo già costituite e provvede all'istituzione di uno sportello regionale per le banche del tempo.
Art. 544
Sportelli per la famiglia Art. 15, legge regionale n. 10/2003

1. I comuni, singoli e associati, attivano, nell'ambito delle risorse destinate dal piano socio-assistenziale, appositi sportelli per la famiglia, che assicurino attività di supporto per agevolare la conoscenza delle norme e dei provvedimenti nazionali, regionali e locali in materia di politiche familiari e l'accesso ai servizi rivolti ai nuclei familiari.
2. Gli enti di cui al comma 1, in collaborazione con la Regione, individuano forme di coordinamento tra gli sportelli per la famiglia ed i servizi regionali, provinciali, comunali, delle aziende unità sanitarie locali e degli altri enti pubblici che svolgono attività di interesse per i nuclei familiari al fine di fornire un supporto complessivo alla famiglia.
3. Le forme di coordinamento di cui al comma 2 sono determinate con deliberazione della Giunta regionale, sentite le competenti Commissioni legislative dell'Assemblea regionale siciliana.
Art. 545
Riconoscimento e valorizzazione dell'associazionismo di solidarietà familiare Art. 16, legge regionale n. 10/2003

1. In attuazione del principio di sussidiarietà la Regione riconosce e valorizza le associazioni di solidarietà familiare rivolte a:
a)  dare impulso e attivare esperienze di autorganizzazione sociale delle famiglie;
b)  promuovere e gestire esperienze di sostegno e valorizzazione della famiglia;
c)  favorire il mutuo aiuto nel lavoro domestico e nell'attività di cura familiare anche attraverso le madri di giorno e le banche del tempo.
2. Per le finalità di cui al comma 1 è istituito presso l'Assessorato della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali un Registro regionale delle associazioni di solidarietà familiare al quale accedono le associazioni che, oltre al rispetto dei requisiti statutari previsti dall'articolo 3 della legge 7 dicembre 2000, n. 383 per le associazioni di promozione sociale, assicurino il perseguimento delle finalità di cui al comma 1.
3. Le associazioni di solidarietà familiare iscritte nel Registro regionale possono stipulare le convenzioni di cui all'articolo 11, partecipano attraverso proprie rappresentanze nelle forme previste dagli atti di programmazione regionale in materia socio-assistenziale e socio-sanitaria, alla progettazione e alla gestione dei servizi, possono beneficiare dell'utilizzo mediante comodato gratuito di beni mobili dismessi o di beni immobili in proprietà della Regione, degli enti locali, delle aziende unità sanitarie locali e di ogni altro ente di cui all'articolo 1, comma 1, della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10.
4. Con decreto dell'Assessore per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali, da adottare entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, sono disciplinate le modalità di tenuta del Registro, nonché l'iscrizione e cancellazione dallo stesso.
Art. 546
Studi, ricerche, monitoraggio e divulgazione Art. 17, legge regionale n. 10/2003

1. Al fine di consentire una permanente implementazione delle politiche regionali socio-assistenziali e socio-sanitarie, nel quadro di un crescente livello d'integrazione e di qualità del sistema di welfare regionale e locale, l'Assessorato della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali è autorizzato a finanziare studi, ricerche, monitoraggi ed attività di comunicazione o divulgazione concernenti l'analisi sociale, socio-economica, socio-culturale e statistica del contesto regionale, l'elaborazione di innovativi modelli gestionali dei servizi o degli interventi, l'elaborazione e l'utilizzo di sistemi di verifica e rilevamento della qualità prodotta e percepita, l'impatto delle politiche adottate, la promozione e la diffusione di tematiche comunque inerenti il sistema di protezione sociale.
2. Per le finalità di cui al comma 1 l'Assessorato della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali stipula direttamente convenzioni con singoli esperti di comprovata qualificazione ovvero con enti ed istituzioni pubbliche o private no profit operanti nei settori di riferimento.
Art. 547
Osservatorio permanente sulle famiglie Art. 18, legge regionale n. 10/2003

1. E' istituito presso l'Assessorato della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali l'Osservatorio permanente sulle famiglie, di seguito denominato Osservatorio.
2. L'Osservatorio, in particolare:
a) studia e analizza le situazioni di disagio, di devianza, di violenza, di monoparentalità, nonché del rapporto tra responsabilità familiari, impegni lavorativi e accesso ai servizi socio-educativo-assistenziali;
b) valuta l'efficacia degli interventi in favore delle famiglie realizzati dalla Regione, dagli enti locali, da altri enti, pubblici e privati, da gruppi e associazioni;
c) presenta agli organi regionali proposte sulla politica a sostegno della famiglia;
d) esprime pareri in ordine ai provvedimenti concernenti gli strumenti regionali di programmazione sociale e sanitaria che abbiano interesse per la famiglia.
3. La composizione dell'Osservatorio è determinata dall'Assessorato della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali, il quale assicura la presenza di funzionari dell'Assessorato, di dirigenti delle strutture regionali direttamente interessate e di esperti scelti fra docenti universitari, rappresentanti delle associazioni di solidarietà familiare e rappresentanti delle associazioni dei comuni e delle province.
4. L'Osservatorio, per lo svolgimento dei propri compiti, si avvale delle strutture regionali di ricerca ed analisi. L'Osservatorio, previa apposita convenzione, può avvalersi anche di enti specializzati e di istituti universitari.
Titolo VII ORDINAMENTO FINANZIARIO E CONTABILE
Capo I DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 548
Art. 1, legge regionale n. 48/1991 (art. 78, legge regionale n. 10/1993, art. 51, legge regionale n. 26/1993 e artt. 1, 3, 6, 7, 12 e 13, legge regionale n. 30/2000)

1. Le disposizioni dell'ordinamento amministrativo degli enti locali, approvato con legge regionale 15 marzo 1963, n. 16, e della legge regionale 6 marzo 1986, n. 9, e loro successive modificazioni ed integrazioni, sono modificate ed integrate dalle norme della legge 8 giugno 1990, n. 142, contenute negli articoli:
(omissis)
i) (omissis) 54; 55 (omissis) e 57; fatte salve le disposizioni regionali in tema di utilizzazione dei trasferimenti finanziari agli enti locali (omissis).
m) 59, commi (omissis) 5, (omissis).
Art. 549
Principi generali in materia di finanza propria e derivata Art. 149, decreto legislativo n. 267/2000

1. L'ordinamento della finanza locale è riservato alla legge, che la coordina con la finanza statale e con quella regionale.
2. Ai comuni e alle province la legge riconosce, nell'ambito della finanza pubblica, autonomia finanziaria fondata su certezza di risorse proprie e trasferite.
3. La legge assicura, altresì, agli enti locali potestà impositiva autonoma nel campo delle imposte, delle tasse e delle tariffe, con conseguente adeguamento della legislazione tributaria vigente. A tal fine i comuni e le province in forza dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e dell'aliquota massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti. Per quanto non regolamentato si applicano le disposizioni di legge vigenti.
4. La finanza dei comuni e delle province è costituita da:
a) imposte proprie;
b) addizionali e compartecipazioni ad imposte erariali o regionali;
c) tasse e diritti per servizi pubblici;
d) trasferimenti erariali;
e) trasferimenti regionali;
f) altre entrate proprie, anche di natura patrimoniale;
g) risorse per investimenti;
h) altre entrate.
5. I trasferimenti erariali sono ripartiti in base a criteri obiettivi che tengano conto della popolazione, del territorio e delle condizioni socio-economiche, nonché in base ad una perequata distribuzione delle risorse che tenga conto degli squilibri di fiscalità locale.
6. Lo Stato assegna specifici contributi per fronteggiare situazioni eccezionali.
7. Le entrate fiscali finanziano i servizi pubblici ritenuti necessari per lo sviluppo della comunità ed integrano la contribuzione erariale per l'erogazione dei servizi pubblici indispensabili.
8. A ciascun ente locale spettano le tasse, i diritti, le tariffe e i corrispettivi sui servizi di propria competenza. Gli enti locali determinano per i servizi pubblici tariffe o corrispettivi a carico degli utenti, anche in modo non generalizzato. Lo Stato e le regioni, qualora prevedano per legge casi di gratuità nei servizi di competenza dei comuni e delle province ovvero fissino prezzi e tariffe inferiori al costo effettivo della prestazione, debbono garantire agli enti locali risorse finanziarie compensative.
9. La legge determina un fondo nazionale ordinario per contribuire ad investimenti degli enti locali destinati alla realizzazione di opere pubbliche di preminente interesse sociale ed economico.
10. La legge determina un fondo nazionale speciale per finanziare con criteri perequativi gli investimenti destinati alla realizzazione di opere pubbliche unicamente in aree o per situazioni definite dalla legge statale.
11. L'ammontare complessivo dei trasferimenti e dei fondi è determinato in base a parametri fissati dalla legge per ciascuno degli anni previsti dal bilancio pluriennale dello Stato e non è riducibile nel triennio.
12. Le regioni concorrono al finanziamento degli enti locali per la realizzazione del piano regionale di sviluppo e dei programmi di investimento, assicurando la copertura finanziaria degli oneri necessari all'esercizio di funzioni trasferite o delegate.
13. Le risorse spettanti a comuni e province per spese di investimento previste da leggi settoriali dello Stato sono distribuite sulla base di programmi regionali. Le regioni, inoltre, determinano con legge i finanziamenti per le funzioni da esse attribuite agli enti locali in relazione al costo di gestione dei servizi sulla base della programmazione regionale.
Art. 550
Principi in materia di ordinamento finanziario e contabile Art. 150, decreto legislativo n. 267/2000

1. L'ordinamento finanziario e contabile degli enti locali è riservato alla legge dello Stato e stabilito dalle disposizioni di principio del presente testo unico.
2. L'ordinamento stabilisce per gli enti locali i principi in materia di programmazione, gestione e rendicontazione, nonché i principi relativi alle attività di investimento, al servizio di tesoreria, ai compiti ed alle attribuzioni dell'organo di revisione economico-finanziaria e, per gli enti cui sia applicabile, alla disciplina del risanamento finanziario.
3. Restano salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano.
Art. 551
Principi in materia di contabilità Art. 151, decreto legislativo n. 267/2000

1. Gli enti locali deliberano entro il 31 dicembre il bilancio di previsione per l'anno successivo, osservando i principi di unità, annualità, universalità ed integrità, veridicità, pareggio finanziario e pubblicità. Il termine può essere differito con decreto del Ministro dell'interno, d'intesa con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, in presenza di motivate esigenze.
2. Il bilancio è corredato di una relazione previsionale e programmatica, di un bilancio pluriennale di durata pari a quello della regione di appartenenza e degli allegati previsti dall'articolo 172 o da altre norme di legge.
3. I documenti di bilancio devono comunque essere redatti in modo da consentire la lettura per programmi, servizi ed interventi.
4. I provvedimenti dei responsabili dei servizi che comportano impegni di spesa sono trasmessi al responsabile del servizio finanziario e sono esecutivi con l'apposizione del visto di regolarità contabile attestante la copertura finanziaria.
5. I risultati di gestione sono rilevati anche mediante contabilità economica e dimostrati nel rendiconto comprendente il conto del bilancio e il conto del patrimonio.
6. Al rendiconto è allegata una relazione illustrativa della giunta che esprime le valutazioni di efficacia dell'azione condotta sulla base dei risultati conseguiti in rapporto ai programmi ed ai costi sostenuti.
7. Il rendiconto è deliberato dall'organo consiliare entro il 30 giugno dell'anno successivo.
Art. 552
Regolamento di contabilità Art. 152, decreto legislativo n. 267/2000

1. Con il regolamento di contabilità ciascun ente locale applica i principi contabili stabiliti dal presente testo unico, con modalità organizzative corrispondenti alle caratteristiche di ciascuna comunità, ferme restando le disposizioni previste dall'ordinamento per assicurare l'unitarietà ed uniformità del sistema finanziario e contabile.
2. Il regolamento di contabilità assicura, di norma, la conoscenza consolidata dei risultati globali delle gestioni relative ad enti od organismi costituiti per l'esercizio di funzioni e servizi.
3. Il regolamento di contabilità stabilisce le norme relative alle competenze specifiche dei soggetti dell'amministrazione preposti alla programmazione, adozione ed attuazione dei provvedimenti di gestione che hanno carattere finanziario e contabile, in armonia con le disposizioni del presente testo unico e delle altre leggi vigenti.
4. I regolamenti di contabilità sono approvati nel rispetto delle norme della parte seconda del presente testo unico, da considerarsi come principi generali con valore di limite inderogabile, con eccezione delle sottoelencate norme, le quali non si applicano qualora il regolamento di contabilità dell'ente rechi una differente disciplina:
a) articoli 177 e 178;
b) articoli 179, commi 2, lettere b) c) e d), e 3), 180, commi da 1 a 3), 181, commi 1 e 3, 182, 184, 185, commi da 2 a 4;
c) articoli 186, 191, comma 5, 197, 198;
d) articoli 199, 202, comma 2, 203, 205, 207;
e) articoli da 213 a 215, 216, comma 3), da 217 a 219, 221, 224, 225;
f) articoli 235, commi 2 e 3, 237, 238.
Art. 553
Servizio economico-finanziario Art. 153, decreto legislativo n. 267/2000

1. Con il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi sono disciplinati l'organizzazione del servizio finanziario, o di ragioneria o qualificazione corrispondente, secondo le dimensioni demografiche e l'importanza economico-finanziaria dell'ente. Al servizio è affidato il coordinamento e la gestione dell'attività finanziaria.
2. E' consentito stipulare apposite convenzioni tra gli enti per assicurare il servizio a mezzo di strutture comuni.
3. Il responsabile del servizio finanziario di cui all'articolo 151, comma 4, si identifica con il responsabile del servizio o con i soggetti preposti alle eventuali articolazioni previste dal regolamento di contabilità.
4. Il responsabile del servizio finanziario, di ragioneria o qualificazione corrispondente, è preposto alla verifica di veridicità delle previsioni di entrata e di compatibilità delle previsioni di spesa, avanzate dai vari servizi, da iscriversi nel bilancio annuale o pluriennale ed alla verifica periodica dello stato di accertamento delle entrate e di impegno delle spese.
5. Il regolamento di contabilità disciplina le modalità con le quali vengono resi i pareri di regolarità contabile sulle proposte di deliberazione ed apposto il visto di regolarità contabile sulle determinazioni dei soggetti abilitati. Il responsabile del servizio finanziario effettua le attestazioni di copertura della spesa in relazione alle disponibilità effettive esistenti negli stanziamenti di spesa e, quando occorre, in relazione allo stato di realizzazione degli accertamenti di entrata vincolata secondo quanto previsto dal regolamento di contabilità.
6. Il regolamento di contabilità disciplina le segnalazioni obbligatorie dei fatti e delle valutazioni del responsabile finanziario al legale rappresentante dell'ente, al consiglio dell'ente nella persona del suo presidente, al segretario ed all'organo di revisione ove si rilevi che la gestione delle entrate o delle spese correnti evidenzi il costituirsi di situazioni - non compensabili da maggiori entrate o minori spese - tali da pregiudicare gli equilibri del bilancio. In ogni caso la segnalazione è effettuata entro sette giorni dalla conoscenza dei fatti. Il consiglio provvede al riequilibrio a norma dell'articolo 193, entro trenta giorni dal ricevimento della segnalazione, anche su proposta della giunta.
7. Lo stesso regolamento prevede l'istituzione di un servizio di economato, cui viene preposto un responsabile, per la gestione di cassa delle spese di ufficio di non rilevante ammontare.
Art. 554
Osservatorio sulla finanza e la contabilità degli enti locali Art. 154, decreto legislativo n. 267/2000 (art. 1, decreto legge n. 392/2000 convertito dalla legge n. 26/2001)

1. E' istituito presso il Ministero dell'interno l'Osservatorio sulla finanza e la contabilità degli enti locali.
2. L'Osservatorio ha il compito di promuovere la corretta gestione delle risorse finanziarie, strumentali ed umane, la salvaguardia degli equilibri di bilancio, l'applicazione dei principi contabili e la congruità degli strumenti applicativi, nonché la sperimentazione di nuovi modelli contabili. L'Osservatorio adotta iniziative di divulgazione e di approfondimento finalizzate ad agevolare l'applicazione ed il recepimento delle norme.
3. L'Osservatorio presenta al Ministro dell'interno almeno una relazione annuale sullo stato di applicazione delle norme, con proposte di integrazione normativa e di principi contabili di generale applicazione.
4. Il presidente ed i componenti dell'Osservatorio, in numero non superiore a diciotto, sono nominati dal Ministro dell'interno con proprio decreto tra funzionari dello Stato, o di altre pubbliche amministrazioni, professori e ricercatori universitari ed esperti. L'Upi, l'Anci e l'Uncem designano ciascuna un proprio rappresentante. L'Osservatorio dura in carica cinque anni.
5. Il Ministro dell'interno può assegnare ulteriori funzioni nell'ambito delle finalità generali del comma 2 ed emanare norme di funzionamento e di organizzazione.
6. L'Osservatorio si avvale delle strutture e dell'organizzazione della Direzione centrale per la finanza locale e per i servizi finanziari dell'Amministrazione civile del Ministero dell'interno.
7. Ai componenti dell'Osservatorio spettano il gettone di presenza ed i rimborsi spese previsti per i componenti della commissione per la finanza e gli organici degli enti locali. L'imputazione dei relativi oneri avviene sul medesimo capitolo di spesa relativo alla citata commissione. I rimborsi competono anche, per la partecipazione ad attività esterne di studio, di divulgazione ed approfondimento rientranti nell'attività istituzionale dell'Osservatorio. Il Ministro dell'interno può affidare, nell'anno 2000, ed entro la complessiva spesa di 30 milioni di lire, all'Osservatorio, o a singoli membri, la redazione di studi e lavori monografici, determinando il compenso in relazione alla complessità dell'incarico ed ai risultati conseguiti.
Art. 555
Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali Art. 155, decreto legislativo n. 267/2000

1. La Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali operante presso il Ministero dell'interno, già denominata Commissione di ricerca per la finanza locale, svolge i seguenti compiti:
a) controllo centrale, da esercitare prioritariamente in relazione alla verifica della compatibilità finanziaria, sulle dotazioni organiche e sui provvedimenti di assunzione di personale degli enti dissestati e degli enti strutturalmente deficitari, ai sensi dell'articolo 243;
b) parere da rendere al Ministro dell'interno sul provvedimento di approvazione o diniego del piano di estinzione delle passività, ai sensi dell'articolo 256, comma 7;
c) proposta al Ministro dell'interno di misure straordinarie per il pagamento della massa passiva in caso di insufficienza delle risorse disponibili, ai sensi dell'articolo 256, comma 12;
d) parere da rendere in merito all'assunzione del mutuo con la Cassa depositi e prestiti da parte dell'ente locale, ai sensi dell'articolo 255, comma 5;
e) parere da rendere al Ministro dell'interno sul provvedimento di approvazione o diniego dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, ai sensi dell'articolo 261;
f) proposta al Ministro dell'interno di adozione delle misure necessarie per il risanamento dell'ente locale, a seguito del ricostituirsi di disavanzo di amministrazione o insorgenza di debiti fuori bilancio non ripianabili con i normali mezzi o mancato rispetto delle prescrizioni poste a carico dell'ente, ai sensi dell'articolo 268;
g) parere da rendere al Ministro dell'interno sul provvedimento di sostituzione di tutto o parte dell'organo straordinario di liquidazione, ai sensi dell'articolo 254, comma 8;
h) approvazione, previo esame, della rideterminazione della pianta organica dell'ente locale dissestato, ai sensi dell'articolo 259, comma 7.
2. La composizione e le modalità di funzionamento della Commissione sono disciplinate con regolamento da adottarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400.
Art. 556
Classi demografiche e popolazione residente Art. 156, decreto legislativo n. 267/2000

1. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni contenute nella parte seconda del presente testo unico valgono per i comuni, se non diversamente disciplinato, le seguenti classi demografiche:
a) comuni con meno di 500 abitanti;
b) comuni da 500 a 999 abitanti;
c) comuni da 1.000 a 1.999 abitanti;
d) comuni da 2.000 a 2.999 abitanti;
e) comuni da 3.000 a 4.999 abitanti;
f) comuni da 5.000 a 9.999 abitanti;
g) comuni da 10.000 a 19.999 abitanti;
h) comuni da 20.000 a 59.999 abitanti;
i) comuni da 60.000 a 99.999 abitanti;
l) comuni da 100.000 a 249.999 abitanti;
m) comuni da 250.000 a 499.999 abitanti;
n) comuni da 500.000 abitanti ed oltre.
2. Le disposizioni del presente testo unico e di altre leggi e regolamenti relative all'attribuzione di contributi erariali di qualsiasi natura, nonché all'inclusione nel sistema di tesoreria unica di cui alla legge 29 ottobre 1984, n. 720, alla disciplina del dissesto finanziario ed alla disciplina dei revisori dei conti, che facciano riferimento alla popolazione, vanno interpretate, se non diversamente disciplinato, come concernenti la popolazione residente calcolata alla fine del penultimo anno precedente per le province ed i comuni secondo i dati dell'Istituto nazionale di statistica (omissis). Per (omissis) i comuni di nuova istituzione si utilizza l'ultima popolazione disponibile.
Art. 557
Consolidamento dei conti pubblici Art. 157, decreto legislativo n. 267/2000

1. Ai fini del consolidamento dei conti pubblici gli enti locali rispettano le disposizioni di cui agli articoli 25, 29 e 30 della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni.
Art. 558
Rendiconto dei contributi straordinari Art. 158, decreto legislativo n. 267/2000

1. Per tutti i contributi straordinari assegnati da amministrazioni pubbliche agli enti locali è dovuta la presentazione del rendiconto all'amministrazione erogante entro sessanta giorni dal termine dell'esercizio finanziario relativo, a cura del segretario e del responsabile del servizio finanziario.
2. Il rendiconto, oltre alla dimostrazione contabile della spesa, documenta i risultati ottenuti in termini di efficienza ed efficacia dell'intervento.
3. Il termine di cui al comma 1 è perentorio. La sua inosservanza comporta l'obbligo di restituzione del contributo straordinario assegnato.
4. Ove il contributo attenga ad un intervento realizzato in più esercizi finanziari l'ente locale è tenuto al rendiconto per ciascun esercizio.
Art. 559
Norme sulle esecuzioni nei confronti degli enti locali Art. 159, decreto legislativo n. 267/2000

1. Non sono ammesse procedure di esecuzione e di espropriazione forzata nei confronti degli enti locali presso soggetti diversi dai rispettivi tesorieri. Gli atti esecutivi eventualmente intrapresi non determinano vincoli sui beni oggetto della procedura espropriativa.
2. Non sono soggette ad esecuzione forzata, a pena di nullità rilevabile anche d'ufficio dal giudice, le somme di competenza degli enti locali destinate a:
a) pagamento delle retribuzioni al personale dipendente e dei conseguenti oneri previdenziali per i tre mesi successivi;
b) pagamento delle rate di mutui e di prestiti obbligazionari scadenti nel semestre in corso;
c) espletamento dei servizi locali indispensabili.
3. Per l'operatività dei limiti all'esecuzione forzata di cui al comma 2 occorre che l'organo esecutivo, con deliberazione da adottarsi per ogni semestre e notificata al tesoriere, quantifichi preventivamente gli importi delle somme destinate alle suddette finalità.
4. Le procedure esecutive eventualmente intraprese in violazione del comma 2 non determinano vincoli sulle somme nè limitazioni all'attività del tesoriere.
5. I provvedimenti adottati dai commissari nominati a seguito dell'esperimento delle procedure di cui all'articolo 37 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e di cui all'articolo 27, comma 1, numero 4, del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, emanato con regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, devono essere muniti dell'attestazione di copertura finanziaria prevista dall'articolo 151, comma 4, e non possono avere ad oggetto le somme di cui alle lettere a), b) e c) del comma 2, quantificate ai sensi del comma 3.
Art. 560
Approvazione di modelli e schemi contabili Art. 160, decreto legislativo n. 267/2000

1. Con regolamento, da emanare a norma dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono approvati:
a) i modelli relativi al bilancio di previsione, ivi inclusi i quadri riepilogativi;
b) il sistema di codifica del bilancio e dei titoli contabili di entrata e di spesa;
c) i modelli relativi al bilancio pluriennale;
d) i modelli relativi al conto del tesoriere;
e) i modelli relativi al conto del bilancio ivi incluse la tabella dei parametri di riscontro della situazione di deficitarietà strutturale e la tabella dei parametri gestionali;
f) i modelli relativi al conto economico ed al prospetto di conciliazione;
g) i modelli relativi al conto del patrimonio;
h) i modelli relativi alla resa del conto da parte degli agenti contabili di cui all'articolo 227.
2. Con regolamento, da emanare a norma dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, è approvato lo schema relativo alla relazione previsionale e programmatica previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome.
Art. 561
Certificazioni di bilancio Art. 161, decreto legislativo n. 267/2000 (art. 27, legge n. 448/2001)

1. Gli enti locali sono tenuti a redigere apposite certificazioni sui principali dati del bilancio di previsione e del rendiconto. Le certificazioni sono firmate dal segretario e dal responsabile del servizio finanziario.
2. Le modalità per la struttura, la redazione e la presentazione delle certificazioni sono stabilite tre mesi prima della scadenza di ciascun adempimento con decreto del Ministro dell'interno d'intesa con l'Anci, con l'Upi e con l'Uncem, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale.
3. La mancata presentazione di un certificato comporta la sospensione dell'ultima rata del contributo ordinario dell'anno nel quale avviene l'inadempienza.
4. Il Ministero dell'interno provvede a rendere disponibili i dati delle certificazioni alle regioni, alle associazioni rappresentative degli enti locali, alla Corte dei conti ed all'Istituto nazionale di statistica.
Capo II PROGRAMMAZIONE E BILANCI
Sezione I PROGRAMMAZIONE
Art. 562
Principi del bilancio Art. 162, decreto legislativo n. 267/2000

1. Gli enti locali deliberano annualmente il bilancio di previsione finanziario redatto in termini di competenza, per l'anno successivo, osservando i principi di unità, annualità, universalità ed integrità, veridicità, pareggio finanziario e pubblicità. La situazione corrente, come definita al comma 6 del presente articolo, non può presentare un disavanzo.
2. Il totale delle entrate finanzia indistintamente il totale delle spese, salvo le eccezioni di legge.
3. L'unità temporale della gestione è l'anno finanziario, che inizia l'1 gennaio e termina il 31 dicembre dello stesso anno; dopo tale termine non possono più effettuarsi accertamenti di entrate e impegni di spesa in conto dell'esercizio scaduto.
4. Tutte le entrate sono iscritte in bilancio al lordo delle spese di riscossione a carico degli enti locali e di altre eventuali spese ad esse connesse. Parimenti tutte le spese sono iscritte in bilancio integralmente, senza alcuna riduzione delle correlative entrate. La gestione finanziaria è unica come il relativo bilancio di previsione: sono vietate le gestioni di entrate e di spese che non siano iscritte in bilancio.
5. Il bilancio di previsione è redatto nel rispetto dei principi di veridicità ed attendibilità, sostenuti da analisi riferite ad un adeguato arco di tempo o, in mancanza, da altri idonei parametri di riferimento.
6. Il bilancio di previsione è deliberato in pareggio finanziario complessivo. Inoltre le previsioni di competenza relative alle spese correnti sommate alle previsioni di competenza relative alle quote di capitale delle rate di ammortamento dei mutui e dei prestiti obbligazionari non possono essere complessivamente superiori alle previsioni di competenza dei primi tre titoli dell'entrata e non possono avere altra forma di finanziamento, salvo le eccezioni previste per legge.
7. Gli enti assicurano ai cittadini ed agli organismi di partecipazione, di cui all'articolo 8, la conoscenza dei contenuti significativi e caratteristici del bilancio annuale e dei suoi allegati con le modalità previste dallo statuto e dai regolamenti.
Art. 563
Esercizio provvisorio e gestione provvisoria Art. 163, decreto legislativo n. 267/2000

1. Nelle more dell'approvazione del bilancio di previsione da parte dell'organo regionale di controllo, l'organo consiliare dell'ente delibera l'esercizio provvisorio, per un periodo non superiore a due mesi, sulla base del bilancio già deliberato. Gli enti locali possono effettuare, per ciascun intervento, spese in misura non superiore mensilmente ad un dodicesimo delle somme previste nel bilancio deliberato, con esclusione delle spese tassativamente regolate dalla legge o non suscettibili di pagamento frazionato in dodicesimi.
2. Ove non sia stato deliberato il bilancio di previsione, è consentita esclusivamente una gestione provvisoria, nei limiti dei corrispondenti stanziamenti di spesa dell'ultimo bilancio approvato, ove esistenti. La gestione provvisoria è limitata all'assolvimento delle obbligazioni già assunte, delle obbligazioni derivanti da provvedimenti giurisdizionali esecutivi e di obblighi speciali tassativamente regolati dalla legge, al pagamento delle spese di personale, di residui passivi, di rate di mutuo, di canoni, imposte e tasse, ed, in generale, limitata alle sole operazioni necessarie per evitare che siano arrecati danni patrimoniali certi e gravi all'ente.
3. Ove la scadenza del termine per la deliberazione del bilancio di previsione sia stata fissata da norme statali in un periodo successivo all'inizio dell'esercizio finanziario di riferimento, l'esercizio provvisorio si intende automaticamente autorizzato sino a tale termine e si applicano le modalità di gestione, di cui al comma 1, intendendosi come riferimento l'ultimo bilancio definitivamente approvato.
Art. 564
Caratteristiche del bilancio Art. 164, decreto legislativo n. 267/2000

1. L'unità elementare del bilancio per l'entrata è la risorsa e per la spesa è l'intervento per ciascun servizio. Nei servizi per conto di terzi, sia nell'entrata che nella spesa, l'unità elementare è il capitolo, che indica l'oggetto.
2. Il bilancio di previsione annuale ha carattere autorizzatorio, costituendo limite agli impegni di spesa, fatta eccezione per i servizi per conto di terzi.
3. In sede di predisposizione del bilancio di previsione annuale il consiglio dell'ente assicura idoneo finanziamento agli impegni pluriennali assunti nel corso degli esercizi precedenti.
Art. 565
Struttura del bilancio Art. 165, decreto legislativo n. 267/2000

1. Il bilancio di previsione annuale è composto da due parti, relative rispettivamente all'entrata ed alla spesa.
2. La parte entrata è ordinata gradualmente in titoli, categorie e risorse, in relazione, rispettivamente, alla fonte di provenienza, alla tipologia ed alla specifica individuazione dell'oggetto dell'entrata.
3. I titoli dell'entrata per province, comuni (omissis) ed unioni di comuni sono:
-  Titolo 1 - Entrate tributarie;
-  Titolo II - Entrate derivanti da contributi e trasferimenti correnti dello Stato, della regione e di altri enti pubblici anche in rapporto all'esercizio di funzioni delegate dalla regione;
-  Titolo III - Entrate extratributarie;
-  Titolo IV - Entrate derivanti da alienazioni, da trasferimenti di capitale e da riscossioni di crediti;
-  Titolo V - Entrate derivanti da accensioni di prestiti;
-  Titolo VI - Entrate da servizi per conto di terzi;
(omissis)
5. La parte spesa è ordinata gradualmente in titoli, funzioni, servizi ed interventi, in relazione, rispettivamente, ai principali aggregati economici, alle funzioni degli enti, ai singoli uffici che gestiscono un complesso di attività ed alla natura economica dei fattori produttivi nell'ambito di ciascun servizio. La parte spesa è leggibile anche per programmi dei quali è fatta analitica illustrazione in apposito quadro di sintesi del bilancio e nella relazione previsionale e programmatica.
6. I titoli della spesa sono:
-  Titolo I - Spese correnti;
-  Titolo II - Spese in conto capitale;
-  Titolo III - Spese per rimborso di prestiti;
-  Titolo IV - Spese per servizi per conto di terzi.
7. Il programma, il quale costituisce il complesso coordinato di attività, anche normative, relative alle opere da realizzare e di interventi diretti ed indiretti, non necessariamente solo finanziari, per il raggiungimento di un fine prestabilito, nel più vasto piano generale di sviluppo dell'ente, secondo le indicazioni dell'articolo 151, può essere compreso all'interno di una sola delle funzioni dell'ente, ma può anche estendersi a più funzioni.
8. A ciascun servizio è correlato un reparto organizzativo, semplice o complesso, composto da persone e mezzi cui è preposto un responsabile.
9. A ciascun servizio è affidato, col bilancio di previsione, un complesso di mezzi finanziari, specificati negli interventi assegnati, del quale risponde il responsabile del servizio.
10. Ciascuna risorsa dell'entrata ciascun intervento della spesa indicano:
a) l'ammontare degli accertamenti o degli impegni risultanti dal rendiconto del penultimo anno precedente all'esercizio di riferimento e la previsione aggiornata relativa all'esercizio in corso;
b) l'ammontare delle entrate che si prevede di accertare o delle spese che si prevede di impegnare nell'esercizio cui il bilancio si riferisce.
11. L'avanzo ed il disavanzo di amministrazione sono iscritti in bilancio, con le modalità di cui agli articoli 187 e 188, prima di tutte le entrate e prima di tutte le spese.
12. I bilanci di previsione degli enti locali recepiscono, per quanto non contrasta con la normativa del presente testo unico, le norme recate dalle leggi delle rispettive regioni di appartenenza per quanto concerne le entrate e le spese relative a funzioni delegate, al fine di consentire la possibilità del controllo regionale sulla destinazione dei fondi assegnati agli enti locali e l'omogeneità delle classificazioni di dette spese nel bilanci di previsione degli enti rispetto a quelle contenute nei rispettivi bilanci di previsione regionali. Le entrate e le spese per le funzioni delegate dalle regioni non possono essere collocate tra i servizi per conto di terzi nei bilanci di previsione degli enti locali.
13. Il bilancio di previsione si conclude con più quadri riepilogativi.
14. Con il regolamento di cui all'articolo 160 sono approvati i modelli relativi al bilancio di previsione, inclusi i quadri riepilogativi, il sistema di codifica del bilancio ed il sistema di codifica dei titoli contabili di entrata e di spesa, anche al fini di cui all'articolo 157.
Art. 566
Fondo di riserva Art. 166, decreto legislativo n. 267/2000

1. Gli enti locali iscrivono nel proprio bilancio di previsione un fondo di riserva non inferiore allo 0,30 e non superiore al 2 per cento del totale delle spese correnti inizialmente previste in bilancio.
2. Il fondo è utilizzato, con deliberazioni dell'organo esecutivo da comunicare all'organo consiliare nei tempi stabiliti dal regolamento di contabilità, nei casi in cui si verifichino esigenze straordinarie di bilancio o le dotazioni degli interventi di spesa corrente si rivelino insufficienti.
Art. 567
Ammortamento dei beni Art. 167, decreto legislativo n. 267/2000 (art. 27, legge n. 448/2001)

1. E' data facoltà agli enti locali di iscrivere nell'apposito intervento di ciascun servizio l'importo dell'ammortamento accantonato per i beni relativi, almeno per il trenta per cento del valore calcolato secondo i criteri dell'articolo 229.
2. L'utilizzazione delle somme accantonate ai fini del reinvestimento è effettuata dopo che gli importi sono rifluiti nel risultato di amministrazione di fine esercizio ed è possibile la sua applicazione al bilancio in conformità all'articolo 187.
Art. 568
Servizi per conto di terzi Art. 168, decreto legislativo n. 267/2000

1. Le entrate e le spese relative ai servizi per conto di terzi, ivi compresi i fondi economali, e che costituiscono al tempo stesso un debito ed un credito per l'ente, sono ordinati esclusivamente in capitoli, secondo la partizione contenuta nel regolamento di cui all'articolo 160.
2. Le previsioni e gli accertamenti d'entrata conservano l'equivalenza con le previsioni e gli impegni di spesa.
Art. 569
Piano esecutivo di gestione Art. 169, decreto legislativo n. 267/2000

1. Sulla base del bilancio di previsione annuale deliberato dal consiglio, l'organo esecutivo definisce, prima dell'inizio dell'esercizio, il piano esecutivo di gestione, determinando gli obiettivi di gestione ed affidando gli stessi, unitamente alle dotazioni necessarie, ai responsabili dei servizi.
2. Il piano esecutivo di gestione contiene una ulteriore graduazione delle risorse dell'entrata in capitoli, dei servizi in centri di costo e degli interventi in capitoli.
3. L'applicazione dei commi 1 e 2 del presente articolo è facoltativa per gli enti locali con popolazione inferiore a 15.000 abitanti (omissis).
Art. 570
Relazione previsionale e programmatica Art. 170, decreto legislativo n. 267/2000

1. Gli enti locali allegano al bilancio annuale di previsione una relazione previsionale e programmatica che copra un periodo pari a quello del bilancio pluriennale.
2. La relazione previsionale e programmatica ha carattere generale. Illustra anzitutto le caratteristiche generali della popolazione, del territorio, dell'economia insediata e dei servizi dell'ente, precisandone risorse umane, strumentali e tecnologiche. Comprende, per la parte entrata, una valutazione generale sui mezzi finanziari, individuando le fonti di finanziamento ed evidenziando l'andamento storico degli stessi ed i relativi vincoli.
3. Per la parte spesa la relazione è redatta per programmi e per eventuali progetti, con espresso riferimento ai programmi indicati nel bilancio annuale e nel bilancio pluriennale, rilevando l'entità e l'incidenza percentuale della previsione con riferimento alla spesa corrente consolidata, a quella di sviluppo ed a quella di investimento.
4. Per ciascun programma è data specificazione della finalità che si intende conseguire e delle risorse umane e strumentali ad esso destinate, distintamente per ciascuno degli esercizi in cui si articola il programma stesso ed è data specifica motivazione delle scelte adottate.
5. La relazione previsionale e programmatica fornisce la motivata dimostrazione delle variazioni intervenute rispetto all'esercizio precedente.
6. Per gli organismi gestionali dell'ente locale la relazione indica anche gli obiettivi che si intendono raggiungere, sia in termini di bilancio che in termini di efficacia, efficienza ed economicità del servizio.
7. La relazione fornisce adeguati elementi che dimostrino la coerenza delle previsioni annuali e pluriennali con gli strumenti urbanistici, con particolare riferimento alla delibera di cui all'articolo 172, comma 1, lettera c), e relativi piani di attuazione e con i piani economico-finanziari di cui all'articolo 201.
8. Con il regolamento di cui all'articolo 160 è approvato lo schema di relazione, valido per tutti gli enti, che contiene le indicazioni minime necessarie a fini del consolidamento dei conti pubblici.
9. Nel regolamento di contabilità sono previsti i casi di inammissibilità e di improcedibilità per le deliberazioni di consiglio e di giunta che non sono coerenti con le previsioni della relazione previsionale e programmatica.
Art. 571
Bilancio pluriennale Art. 171, decreto legislativo n. 267/2000

1. Gli enti locali allegano al bilancio annuale di previsione un bilancio pluriennale di competenza, di durata pari a quello della regione di appartenenza e comunque non inferiore a tre anni con osservanza dei principi del bilancio di cui all'articolo 162, escluso il principio dell'annualità.
2. Il bilancio pluriennale comprende il quadro dei mezzi finanziari che si prevede di destinare per ciascuno degli anni considerati sia alla copertura di spese correnti che al finanziamento delle spese di investimento, con indicazione, per queste ultime, della capacità di ricorso alle fonti di finanziamento.
3. Il bilancio pluriennale per la parte di spesa è redatto per programmi, titoli, servizi ed interventi, ed indica per ciascuno l'ammontare delle spese correnti di gestione consolidate e di sviluppo, anche derivanti dall'attuazione degli investimenti, nonché le spese di investimento ad esso destinate, distintamente per ognuno degli anni considerati.
4. Gli stanziamenti previsti nel bilancio pluriennale, che per il primo anno coincidono con quelli del bilancio annuale di competenza, hanno carattere autorizzatorio, costituendo limite agli impegni di spesa, e sono aggiornati annualmente in sede di approvazione dei bilancio di previsione.
5. Con il regolamento di cui all'articolo 160 sono approvati i modelli relativi al bilancio pluriennale.
Art. 572
Altri allegati al bilancio di previsione Art. 172, decreto legislativo n. 267/2000

1. Al bilancio di previsione sono allegati i seguenti documenti:
a) il rendiconto deliberato del penultimo esercizio antecedente quello cui si riferisce il bilancio di previsione, quale documento necessario per il controllo da parte del competente organo regionale;
b) le risultanze dei rendiconti o conti consolidati delle unioni di comuni, aziende speciali, consorzi, istituzioni, società di capitali costituite per l'esercizio di servizi pubblici, relativi al penultimo esercizio antecedente quello cui il bilancio si riferisce;
c) la deliberazione, da adottarsi annualmente prima dell'approvazione del bilancio, con la quale i comuni verificano la quantità e qualità di aree e fabbricati da destinarsi alla residenza, alle attività produttive e terziarie - ai sensi delle leggi 18 aprile 1962, n. 167, 22 ottobre 1971, n. 865, e 5 agosto 1978, n. 457, che potranno essere ceduti in proprietà od in diritto di superficie; con la stessa deliberazione i comuni stabiliscono il prezzo di cessione per ciascun tipo di area o di fabbricato;
d) il programma triennale dei lavori pubblici di cui alla legge 11 febbraio 1994, n. 109;
e) le deliberazioni con le quali sono determinati, per l'esercizio successivo, le tariffe, le aliquote d'imposta e le eventuali maggiori detrazioni, le variazioni dei limiti di reddito per i tributi locali e per i servizi locali, nonché, per i servizi a domanda individuale, i tassi di copertura in percentuale del costo di gestione dei servizi stessi;
f) la tabella relativa ai parametri di riscontro della situazione di deficitarietà strutturale prevista dalle disposizioni vigenti in materia.
Art. 573
Fondi agli enti sub regionali Art. 21, legge regionale n. 6/1997 (art. 5, legge regionale n. 5/1998 e art. 93, legge regionale n. 4/2003)

1. A decorrere dal 1° luglio 1997 le somme assegnate o trasferite a qualunque titolo a comuni, province, enti ed aziende del settore pubblico regionale, sono versate in appositi conti correnti di tesoreria regionale presso gli sportelli delle aziende di credito che gestiscono il servizio di cassa della Regione.
(omissis)
Art. 574
Funzionamento degli organi comunali e provinciali Art. 6, legge regionale n. 30/2000

(omissis)
2. I comuni annualmente con l'approvazione del bilancio determinano la quota percentuale di risorsa da trasferire ai consigli circoscrizionali per lo svolgimento delle relative funzioni.
(omissis)
Art. 575
Valori monetari Art. 173, decreto legislativo n. 267/2000

1. I valori monetari contenuti nel bilancio pluriennale e nella relazione previsionale e programmatica sono espressi con riferimento ai periodi ai quali si riferiscono, tenendo conto del tasso di inflazione programmato.
Sezione II COMPETENZE IN MATERIA DI BILANCI
Art. 576
Predisposizione ed approvazione del bilancio e dei suoi allegati Art. 174, decreto legislativo n. 267/2000

1. Lo schema di bilancio annuale di previsione, la relazione previsionale e programmatica e lo schema di bilancio pluriennale sono predisposti dall'organo esecutivo e da questo presentati all'organo consiliare unitamente agli allegati ed alla relazione dell'organo di revisione.
2. Il regolamento di contabilità dell'ente prevede per tali adempimenti un congruo termine, nonché i termini entro i quali possono essere presentati da parte dei membri dell'organo consiliare emendamenti agli schemi di bilancio predisposti dall'organo esecutivo.
3. Il bilancio annuale di previsione è deliberato dall'organo consiliare entro il termine previsto dall'articolo 151. La relativa deliberazione ed i documenti ad essa allegati sono trasmessi dal segretario dell'ente all'organo regionale di controllo.
4. Il termine per l'esame del bilancio da parte dell'organo regionale di controllo, previsto dall'articolo 134, decorre dal ricevimento.
Art. 577
Variazioni al bilancio di previsione ed al piano esecutivo di gestione Art. 175, decreto legislativo n. 267/2000

1. Il bilancio di previsione può subire variazioni nel corso dell'esercizio di competenza sia nella parte prima, relativa alle entrate, che nella parte seconda, relativa alle spese.
2. Le variazioni al bilancio sono di competenza dell'organo consiliare.
3. Le variazioni al bilancio possono essere deliberate non oltre il 30 novembre di ciascun anno.
(omissis)
6. Per le province, i comuni, (omissis) e le unioni di comuni sono vietati prelievi dagli stanziamenti per gli interventi finanziati con le entrate iscritte nei titoli quarto e quinto per aumentare gli stanziamenti per gli interventi finanziati con le entrate dei primi tre titoli.
7. Sono vietati gli spostamenti di dotazioni dai capitoli iscritti nei servizi per conto di terzi in favore di altre parti del bilancio. Sono vietati gli spostamenti di somme tra residui e competenza.
8. Mediante la variazione di assestamento generale, deliberata dall'organo consiliare dell'ente entro il 30 novembre di ciascun anno, si attua la verifica generale di tutte le voci di entrata e di uscita, compreso il fondo di riserva, al fine di assicurare il mantenimento del pareggio di bilancio.
9. Le variazioni al piano esecutivo di gestione di cui all'articolo 169 sono di competenza dell'organo esecutivo e possono essere adottate entro il 15 dicembre di ciascun anno.
Art. 578
Prelevamenti dal fondo di riserva Art. 176, decreto legislativo n. 267/2000

1. I prelevamenti dal fondo di riserva sono di competenza dell'organo esecutivo e possono essere deliberati sino al 31 dicembre di ciascun anno.
Art. 579
Competenze dei responsabili dei servizi Art. 177, decreto legislativo n. 267/2000

1. Il responsabile del servizio, nel caso in cui ritiene necessaria una modifica della dotazione assegnata per sopravvenute esigenze successive all'adozione degli atti di programmazione, propone la modifica con modalità definite dal regolamento di contabilità.
2. La mancata accettazione della proposta di modifica della dotazione deve essere motivata dall'organo esecutivo.
Capo III GESTIONE DEL BILANCIO
Sezione I ENTRATE
Art. 580
Fasi dell'entrata Art. 178, decreto legislativo n. 267/2000

1. Le fasi di gestione delle entrate sono l'accertamento, la riscossione ed il versamento.
Art. 581
Accertamento Art. 179, decreto legislativo n. 267/2000

1. L'accertamento costituisce la prima fase di gestione dell'entrata mediante la quale, sulla base di idonea documentazione, viene verificata la ragione del credito e la sussistenza di un idoneo titolo giuridico, individuato il debitore, quantificata la somma da incassare, nonché fissata la relativa scadenza.
2. L'accertamento delle entrate avviene:
a) per le entrate di carattere tributario, a seguito di emissione di ruoli o a seguito di altre forme stabilite per legge;
b) per le entrate patrimoniali e per quelle provenienti dalla gestione di servizi a carattere produttivo e di quelli connessi a tariffe o contribuzioni dell'utenza, a seguito di acquisizione diretta o di emissione di liste di carico;
c) per le entrate relative a partite compensative delle spese, in corrispondenza dell'assunzione del relativo impegno di spesa;
d) per le altre entrate, anche di natura eventuale o variabile, mediante contratti, provvedimenti giudiziari o atti amministrativi specifici.
3. Il responsabile del procedimento con il quale viene accertata l'entrata trasmette al responsabile del servizio finanziario l'idonea documentazione di cui al comma 2, ai fini dell'annotazione nelle scritture contabili, secondo i tempi ed i modi previsti dal regolamento di contabilità dell'ente.
Art. 582
Riscossione Art. 180, decreto legislativo n. 267/2000

1. La riscossione costituisce la successiva fase del procedimento dell'entrata, che consiste nel materiale introito da parte del tesoriere o di altri eventuali incaricati della riscossione delle somme dovute all'ente.
2. La riscossione è disposta a mezzo di ordinativo di incasso, fatto pervenire al tesoriere nelle forme e nei tempi previsti dalla convenzione di cui all'articolo 210.
3. L'ordinativo d'incasso è sottoscritto dal responsabile del servizio finanziario o da altro dipendente individuato dal regolamento di contabilità e contiene almeno:
a) l'indicazione del debitore;
b) l'ammontare della somma da riscuotere;
c) la causale;
d) gli eventuali vincoli di destinazione delle somme;
e) l'indicazione della risorsa o del capitolo di bilancio cui è riferita l'entrata, distintamente per residui o competenza;
f) la codifica;
g) il numero progressivo;
h) l'esercizio finanziario e la data di emissione.
4. Il tesoriere deve accettare, senza pregiudizio per i diritti dell'ente, la riscossione di ogni somma, versata in favore dell'ente anche senza la preventiva emissione di ordinativo d'incasso. In tale ipotesi il tesoriere ne dà immediata comunicazione all'ente, richiedendo la regolarizzazione.
Art. 583
Versamento Art. 181, decreto legislativo n. 267/2000

1. Il versamento costituisce l'ultima fase dell'entrata, consistente nel trasferimento delle somme riscosse nelle casse dell'ente.
2. Gli incaricati della riscossione, interni ed esterni, versano al tesoriere le somme riscosse nei termini e nei modi fissati dalle disposizioni vigenti e da eventuali accordi convenzionali, salvo quelli a cui si applicano gli articoli 22 e seguenti del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112.
3. Gli incaricati interni, designati con provvedimento formale dell'amministrazione, versano le somme riscosse presso la tesoreria dell'ente con cadenza stabilita dal regolamento di contabilità.
Sezione II SPESE
Art. 584
Fasi della spesa Art. 182, decreto legislativo n. 267/2000

1. Le fasi di gestione della spesa sono l'impegno, la liquidazione, l'ordinazione ed il pagamento.
Art. 585
Impegno di spesa Art. 183, decreto legislativo n. 267/2000 (art. 1-sexies, decreto legge n. 44/2005, convertito dalla legge n. 88/2005)

1. L'impegno costituisce la prima fase del procedimento di spesa, con la quale, a seguito di obbligazione giuridicamente perfezionata è determinata la somma da pagare, determinato il soggetto creditore, indicata la ragione e viene costituito il vincolo sulle previsioni di bilancio, nell'ambito della disponibilità finanziaria accertata ai sensi dell'articolo 151.
2. Con l'approvazione del bilancio e successive variazioni, e senza la necessità di ulteriori atti, è costituito impegno sui relativi stanziamenti per le spese dovute:
a) per il trattamento economico tabellare già attribuito al personale dipendente e per i relativi oneri riflessi;
b) per le rate di ammortamento dei mutui e dei prestiti, interessi di preammortamento ed ulteriori oneri accessori;
c) per le spese dovute nell'esercizio in base a contratti o disposizioni di legge.
3. Durante la gestione possono anche essere prenotati impegni relativi a procedure in via di espletamento. I provvedimenti relativi per i quali entro il termine dell'esercizio non è stata assunta dall'ente l'obbligazione di spesa verso i terzi decadono e costituiscono economia della previsione di bilancio alla quale erano riferiti, concorrendo alla determinazione del risultato contabile di amministrazione di cui all'articolo 186. Quando la prenotazione di impegno è riferita a procedure di gara bandite prima della fine dell'esercizio e non concluse entro tale termine, la prenotazione si tramuta in impegno e conservano validità gli atti ed i provvedimenti relativi alla gara già adottati.
4.  Costituiscono inoltre economia le minori spese sostenute rispetto all'impegno assunto, verificate con la conclusione della fase della liquidazione.
5.  Le spese in conto capitale si considerano impegnate ove sono finanziate nei seguenti modi:
a) con l'assunzione di mutui a specifica destinazione si considerano impegnate in corrispondenza e per l'ammontare del mutuo, contratto o già concesso, e del relativo prefinanziamento accertato in entrata;
b) con quota dell'avanzo di amministrazione si considerano impegnate in corrispondenza e per l'ammontare dell'avanzo di amministrazione accertato;
c) con l'emissione di prestiti obbligazionari si considerano impegnate in corrispondenza e per l'ammontare del prestito sottoscritto;
c-bis) con aperture di credito si considerano impegnate all'atto della stipula del contratto e per l'ammontare dell'importo del progetto o dei progetti, definitivi o esecutivi finanziati;
d) con entrate proprie si considerano impegnate in corrispondenza e per l'ammontare delle entrate accertate.
Si considerano altresì, impegnati gli stanziamenti per spese correnti e per spese di investimento correlati ad accertamenti di entrate aventi destinazione vincolata per legge.
6. Possono essere assunti impegni di spesa sugli esercizi successivi, compresi nel bilancio pluriennale, nel limite delle previsioni nello stesso comprese.
7. Per le spese che per la loro particolare natura hanno durata superiore a quella del bilancio pluriennale e per quelle determinate che iniziano dopo il periodo considerato dal bilancio pluriennale si tiene conto nella formazione dei bilanci seguenti degli impegni relativi, rispettivamente, al periodo residuale ed al periodo successivo.
8. Gli atti di cui ai commi 3, 5 e 6 sono trasmessi in copia al servizio finanziario dell'ente, nel termine e con le modalità previste dal regolamento di contabilità.
9. Il regolamento di contabilità disciplina le modalità con le quali i responsabili dei servizi assumono atti di impegno. A tali atti, da definire "determinazioni" e da classificarsi con sistemi di raccolta che individuano la cronologia degli atti e l'ufficio di provenienza, si applicano, in via preventiva, le procedure di cui all'articolo 151, comma 4.
Art. 586
Liquidazione della spesa Art. 184, decreto legislativo n. 267/2000

1. La liquidazione costituisce la successiva fase del procedimento di spesa attraverso la quale, in base ai documenti ed ai titoli atti a comprovare il diritto acquisito del creditore, si determina la somma certa e liquida da pagare nei limiti dell'ammontare dell'impegno definitivo assunto.
2. La liquidazione compete all'ufficio che ha dato esecuzione al provvedimento di spesa ed è disposta sulla base della documentazione necessaria a comprovare il diritto del creditore, a seguito del riscontro operato sulla regolarità della fornitura o della prestazione e sulla rispondenza della stessa ai requisiti quantitativi e qualitativi, ai termini ed alle condizioni pattuite.
3. L'atto di liquidazione, sottoscritto dal responsabile del servizio proponente, con tutti i relativi documenti giustificativi ed i riferimenti contabili è trasmesso al servizio finanziario per i conseguenti adempimenti.
4. Il servizio finanziario effettua, secondo i principi e le procedure della contabilità pubblica, i controlli e riscontri amministrativi, contabili e fiscali sugli atti di liquidazione.
Art. 587
Ordinazione e pagamento Art. 185, decreto legislativo n. 267/2000

1. L'ordinazione consiste nella disposizione impartita, mediante il mandato di pagamento, al tesoriere dell'ente locale di provvedere al pagamento delle spese.
2. Il mandato di pagamento è sottoscritto dal dipendente dell'ente individuato dal regolamento di contabilità nel rispetto delle leggi vigenti e contiene almeno i seguenti elementi:
a) il numero progressivo del mandato per esercizio finanziario;
b) la data di emissione;
c) l'intervento o il capitolo per i servizi per conto di terzi sul quale la spesa è allocata e la relativa disponibilità, distintamente per competenza o residui;
d) la codifica;
e) l'indicazione del creditore e, se si tratta di persona diversa, del soggetto tenuto a rilasciare quietanza, nonché, ove richiesto, il relativo codice fiscale o la partita IVA;
f) l'ammontare della somma dovuta e la scadenza, qualora sia prevista dalla legge o sia stata concordata con il creditore;
g) la causale e gli estremi dell'atto esecutivo, che legittima l'erogazione della spesa;
h) le eventuali modalità agevolative di pagamento se richieste dal creditore;
i) il rispetto degli eventuali vincoli di destinazione.
3. Il mandato di pagamento è controllato, per quanto attiene alla sussistenza dell'impegno e della liquidazione, dal servizio finanziario, che provvede altresì alle operazioni di contabilizzazione e di trasmissione al tesoriere.
4. Il tesoriere effettua i pagamenti derivanti da obblighi tributari, da somme iscritte a ruolo, da delegazioni di pagamento, e da altri obblighi di legge, anche in assenza della preventiva emissione del relativo mandato di pagamento. Entro quindici giorni e comunque entro il termine del mese in corso l'ente locale emette il relativo mandato ai fini della regolarizzazione.
Sezione III RISULTATO DI AMMINISTRAZIONE E RESIDUI
Art. 588
Risultato contabile di amministrazione Art. 186, decreto legislativo n. 267/2000

1. Il risultato contabile di amministrazione è accertato con l'approvazione del rendiconto dell'ultimo esercizio chiuso ed è pari al fondo di cassa aumentato dei residui attivi e diminuito dei residui passivi.
Art. 589
Avanzo di amministrazione Art. 187, decreto legislativo n. 267/2000 (art. 2, legge n. 244/2007)

1. L'avanzo di amministrazione è distinto in fondi non vincolati, fondi vincolati, fondi per finanziamento spese in conto capitale e fondi di ammortamento.
2. L'eventuale avanzo di amministrazione, accertato ai sensi dell'articolo 186, può essere utilizzato:
a) per il reinvestimento delle quote accantonate per ammortamento, provvedendo, ove l'avanzo non sia sufficiente, ad applicare nella parte passiva del bilancio un importo pari alla differenza;
b) per la copertura dei debiti fuori bilancio riconoscibili a norma dell'articolo 194 e per l'estinzione anticipata di prestiti;
c) per i provvedimenti necessari per la salvaguardia degli equilibri di bilancio di cui all'articolo 193 ove non possa provvedersi con mezzi ordinari, per il finanziamento delle spese di funzionamento non ripetitive in qualsiasi periodo dell'esercizio e per le altre spese correnti solo in sede di assestamento;
d) per il finanziamento di spese di investimento.
3. Nel corso dell'esercizio al bilancio di previsione può essere applicato, con delibera di variazione, l'avanzo di amministrazione presunto derivante dall'esercizio immediatamente precedente con la finalizzazione di cui alle lettere a), b) e c) del comma 2. Per tali fondi l'attivazione delle spese può avvenire solo dopo l'approvazione del conto consuntivo dell'esercizio precedente, con eccezione dei fondi, contenuti nell'avanzo, aventi specifica destinazione e derivanti da accantonamenti effettuati con l'ultimo consuntivo approvato, i quali possono essere immediatamente attivati.
Art. 590
Disavanzo di amministrazione Art. 188, decreto legislativo n. 267/2000

1. L'eventuale disavanzo di amministrazione, accertato ai sensi dell'articolo 186, è applicato al bilancio di previsione nei modi e nei termini di cui all'articolo 193, in aggiunta alle quote di ammortamento accantonate e non disponibili nel risultato contabile di amministrazione.
Art. 591
Residui attivi Art. 189, decreto legislativo n. 267/2000 (art. 1-sexies, decreto legge n. 44/2005, convertito dalla legge n. 88/2005)

1. Costituiscono residui attivi le somme accertate e non riscosse entro il termine dell'esercizio.
2. Sono mantenute tra i residui dell'esercizio esclusivamente le entrate accertate per le quali esiste un titolo giuridico che costituisca l'ente locale creditore della correlativa entrata, nonché le somme derivanti dalla stipulazione di contratti di apertura di credito.
3. Alla chiusura dell'esercizio costituiscono residui attivi le somme derivanti da mutui per i quali è intervenuta la concessione definitiva da parte della Cassa depositi e prestiti o degli Istituti di previdenza ovvero la stipulazione del contratto per i mutui concessi da altri Istituti di credito.
4. Le somme iscritte tra le entrate di competenza e non accertate entro il termine dell'esercizio costituiscono minori accertamenti rispetto alle previsioni e, a tale titolo, concorrono a determinare i risultati finali della gestione.
Art. 592
Residui passivi Art. 190, decreto legislativo n. 267/2000

1. Costituiscono residui passivi le somme impegnate e non pagate entro il termine dell'esercizio.
2. E' vietata la conservazione nel conto dei residui di somme non impegnate ai sensi dell'articolo 183.
3. Le somme non impegnate entro il termine dell'esercizio costituiscono economia di spesa e, a tale titolo, concorrono a determinare i risultati finali della gestione.
Sezione IV PRINCIPI DI GESTIONE E CONTROLLO DI GESTIONE
Art. 593
Regole per l'assunzione di impegni e per l'effettuazione di spese Art. 191, decreto legislativo n. 267/2000

1. Gli enti locali possono effettuare spese solo se sussiste l'impegno contabile registrato sul competente intervento o capitolo del bilancio di previsione e l'attestazione della copertura finanziaria di cui all'articolo 153, comma 5. Il responsabile del servizio, conseguita l'esecutività del provvedimento di spesa comunica al terzo interessato l'impegno e la copertura finanziaria, contestualmente all'ordinazione della prestazione, con l'avvertenza che la successiva fattura deve essere completata con gli estremi della suddetta comunicazione. Fermo restando quanto disposto al comma 4, il terzo interessato, in mancanza della comunicazione, ha facoltà di non eseguire la prestazione sino a quando i dati non gli vengano comunicati.
2. Per le spese previste dai regolamenti economali l'ordinazione fatta a terzi contiene il riferimento agli stessi regolamenti, all'intervento o capitolo di bilancio ed all'impegno.
3. Per i lavori pubblici di somma urgenza, cagionati dal verificarsi di un evento eccezionale o imprevedibile, l'ordinazione fatta a terzi è regolarizzata, a pena di decadenza, entro trenta giorni e comunque entro il 31 dicembre dell'anno in corso se a tale data non sia scaduto il predetto termine. La comunicazione al terzo interessato è data contestualmente alla regolarizzazione.
4. Nel caso in cui vi è stata l'acquisizione di beni e servizi in violazione dell'obbligo indicato nei commi 1, 2 e 3, il rapporto obbligatorio intercorre, ai fini della controprestazione e per la parte non riconoscibile ai sensi dell'articolo 194, comma 1, lettera e), tra il privato fornitore e l'amministratore, funzionario o dipendente che hanno consentito la fornitura. Per le esecuzioni reiterate o continuative detto effetto si estende a coloro che hanno reso possibili le singole prestazioni.
5. Agli enti locali che presentino, nell'ultimo rendiconto deliberato, disavanzo di amministrazione ovvero indichino debiti fuori bilancio per i quali non sono stati validamente adottati i provvedimenti di cui all'articolo 193, è fatto divieto di assumere impegni e pagare spese per servizi non espressamente previsti per legge. Sono fatte salve le spese da sostenere a fronte di impegni già assunti nei precedenti esercizi.
Art. 594
Salvaguardia degli equilibri di bilancio Art. 193, decreto legislativo n. 267/2000

1. Gli enti locali rispettano durante la gestione e nelle variazioni di bilancio il pareggio finanziario e tutti gli equilibri stabiliti in bilancio per la copertura delle spese correnti e per il finanziamento degli investimenti, secondo le norme contabili recate dal presente testo unico.
2. Con periodicità stabilita dal regolamento di contabilità dell'ente locale, e comunque almeno una volta entro il 30 settembre di ciascun anno, l'organo consiliare provvede con delibera ad effettuare la ricognizione sullo stato di attuazione dei programmi. In tale sede l'organo consiliare dà atto del permanere degli equilibri generali di bilancio o, in caso di accertamento negativo, adotta contestualmente i provvedimenti necessari per il ripiano degli eventuali debiti di cui all'articolo 194, per il ripiano dell'eventuale disavanzo di amministrazione risultante dal rendiconto approvato e, qualora i dati della gestione finanziaria facciano prevedere un disavanzo, di amministrazione o di gestione, per squilibrio della gestione di competenza ovvero della gestione dei residui, adotta le misure necessarie a ripristinare il pareggio. La deliberazione è allegata al rendiconto dell'esercizio relativo.
3. Ai fini del comma 2 possono essere utilizzate per l'anno in corso e per i due successivi tutte le entrate e le disponibilità, ad eccezione di quelle provenienti dall'assunzione di prestiti e di quelle aventi specifica destinazione per legge, nonché i proventi derivanti da alienazione di beni patrimoniali disponibili.
4. La mancata adozione, da parte dell'ente, dei provvedimenti di riequilibrio previsti dal presente articolo è equiparata ad ogni effetto alla mancata approvazione del bilancio di previsione di cui all'articolo 141, con applicazione della procedura prevista dal comma 2 del medesimo articolo.
Art. 595
Riconoscimento di legittimità di debiti fuori bilancio Art. 194, decreto legislativo n. 267/2000

1. Con deliberazione consiliare di cui all'articolo 193, comma 2, o con diversa periodicità stabilita dai regolamenti di contabilità, gli enti locali riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da:
a) sentenze esecutive;
b) copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di istituzioni, nei limiti degli obblighi derivanti da statuto, convenzione o atti costitutivi, purché sia stato rispettato l'obbligo di pareggio del bilancio di cui all'articolo 114 ed il disavanzo derivi da fatti di gestione;
c) ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal codice civile o da norme speciali, di società di capitali costituite per l'esercizio di servizi pubblici locali;
d) procedure espropriative o di occupazione d'urgenza per opere di pubblica utilità;
e) acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 191, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l'ente, nell'ambito dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza.
2. Per il pagamento l'ente può provvedere anche mediante un piano di rateizzazione, della durata di tre anni finanziari compreso quello in corso, convenuto con i creditori.
3. Per il finanziamento delle spese suddette, ove non possa documentalmente provvedersi a norma dell'articolo 193, comma 3, l'ente locale può far ricorso a mutui ai sensi degli articoli 202 e seguenti. Nella relativa deliberazione consiliare viene dettagliatamente motivata l'impossibilità di utilizzare altre risorse.
Art. 596
Utilizzo di entrate a specifica destinazione Art. 195, decreto legislativo n. 267/2000

1. Gli enti locali, ad eccezione degli enti in stato di dissesto finanziario sino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 261, comma 3, possono disporre l'utilizzo, in termini di cassa, di entrate aventi specifica destinazione per il finanziamento di spese correnti, anche se provenienti dall'assunzione di mutui con istituti diversi dalla Cassa depositi e prestiti, per un importo non superiore all'anticipazione di tesoreria disponibile ai sensi dell'articolo 222.
2. L'utilizzo di somme a specifica destinazione presuppone l'adozione della deliberazione della giunta relativa all'anticipazione di tesoreria di cui all'articolo 222, comma 1, e viene deliberato in termini generali all'inizio di ciascun esercizio ed è attivato dal tesoriere su specifiche richieste del servizio finanziario dell'ente.
3. Il ricorso all'utilizzo delle somme a specifica destinazione, secondo le modalità di cui ai commi 1 e 2, vincola una quota corrispondente dell'anticipazione di tesoreria. Con i primi introiti non soggetti a vincolo di destinazione viene ricostituita la consistenza delle somme vincolate che sono state utilizzate per il pagamento di spese correnti.
4. Gli enti locali che hanno deliberato alienazioni del patrimonio ai sensi dell'articolo 193 possono, nelle more del perfezionamento di tali atti, utilizzare in termini di cassa le somme a specifica destinazione, fatta eccezione per i trasferimenti di enti del settore pubblico allargato e del ricavato dei mutui e dei prestiti, con obbligo di reintegrare le somme vincolate con il ricavato delle alienazioni.
Art. 597
Controllo di gestione Art. 196, decreto legislativo n. 267/2000

1. Al fine di garantire la realizzazione degli obiettivi programmati la corretta ed economica gestione delle risorse pubbliche, l'imparzialità ed il buon andamento della pubblica amministrazione e la trasparenza dell'azione amministrativa, gli enti locali applicano il controllo di gestione secondo le modalità stabilite dal presente titolo, dai propri statuti e regolamenti di contabilità.
2. Il controllo di gestione è la procedura diretta a verificare lo stato di attuazione degli obiettivi programmanti e, attraverso l'analisi delle risorse acquisite e della comparazione tra i costi e la quantità e qualità dei servizi offerti, la funzionalità dell'organizzazione dell'ente, l'efficacia, l'efficienza ed il livello di economicità nell'attività di realizzazione dei predetti obiettivi.
Art. 598
Modalità del controllo di gestione Art. 197, decreto legislativo n. 267/2000

1. Il controllo di gestione, di cui all'articolo 147, comma 1, lettera b), ha per oggetto l'intera attività amministrativa e gestionale delle province, dei comuni (omissis), delle unioni dei comuni (omissis) ed è svolto con una cadenza periodica definita dal regolamento di contabilità dell'ente.
2. Il controllo di gestione si articola almeno in tre fasi:
a) predisposizione di un piano dettagliato di obiettivi;
b) rilevazione dei dati relativi ai costi ed ai proventi nonché rilevazione dei risultati raggiunti;
c) valutazione dei dati predetti in rapporto al piano degli obiettivi al fine di verificare il loro stato di attuazione e di misurare l'efficacia, l'efficienza ed il grado di economicità dell'azione intrapresa.
3. Il controllo di gestione è svolto in riferimento ai singoli servizi e centri di costo, ove previsti, verificando in maniera complessiva e per ciascun servizio i mezzi finanziari acquisiti, i costi dei singoli fattori produttivi, i risultati qualitativi e quantitativi ottenuti e, per i servizi a carattere produttivo, i ricavi.
4. La verifica dell'efficacia, dell'efficienza, e della economicità dell'azione amministrativa è svolta rapportando le risorse acquisite ed i costi dei servizi, ove possibile per unità di prodotto, ai dati risultanti dal rapporto annuale sui parametri gestionali dei servizi degli enti locali di cui all'articolo 228, comma 7.
Art. 599
Referto del controllo di gestione Art. 198, decreto legislativo n. 267/2000

1. La struttura operativa alla quale è assegnata la funzione del controllo di gestione fornisce le conclusioni del predetto controllo agli amministratori ai fini della verifica dello stato di attuazione degli obiettivi programmati ed ai responsabili dei servizi affinché questi ultimi abbiano gli elementi necessari per valutare l'andamento della gestione dei servizi di cui sono responsabili.
Art. 600
Comunicazione del referto Art. 198 bis, decreto legislativo n. 267/2000 (art. 1, decreto legge n. 168/2004, convertito dalla legge n. 191/2004)

1. Nell'ambito dei sistemi di controllo di gestione di cui agli articoli 196, 197 e 198, la struttura operativa alla quale è assegnata la funzione del controllo di gestione fornisce la conclusione del predetto controllo, oltre che agli amministratori ed ai responsabili dei servizi ai sensi di quanto previsto dall'articolo 198, anche alla Corte dei conti.
Capo IV INVESTIMENTI
Sezione I PRINCIPI GENERALI
Art. 601
Fonti di finanziamento Art. 199, decreto legislativo n. 267/2000

1. Per l'attivazione degli investimenti gli enti locali possono utilizzare:
a) entrate correnti destinate per legge agli investimenti;
b) avanzi di bilancio, costituiti da eccedenze di entrate correnti rispetto alle spese correnti aumentate delle quote capitali di ammortamento dei prestiti;
c) entrate derivanti dall'alienazione di beni e diritti patrimoniali, riscossioni di crediti, proventi da concessioni edilizie e relative sanzioni;
d) entrate derivanti da trasferimenti in conto capitale dello Stato, delle regioni, da altri interventi pubblici e privati finalizzati agli investimenti, da interventi finalizzati da parte di organismi comunitari e internazionali;
e) avanzo di amministrazione, nelle forme disciplinate dall'articolo 187;
f) mutui passivi;
g) altre forme di ricorso al mercato finanziario consentite dalla legge.
Art. 602
Programmazione degli investimenti Art. 200, decreto legislativo n. 267/2000

1. Per tutti gli investimenti degli enti locali, comunque finanziati, l'organo deliberante, nell'approvare il progetto od il piano esecutivo dell'investimento, dà atto della copertura delle maggiori spese derivanti dallo stesso nel bilancio pluriennale originario, eventualmente modificato dall'organo consiliare, ed assume impegno di inserire nei bilanci pluriennali successivi le ulteriori o maggiori previsioni di spesa relative ad esercizi futuri, delle quali è redatto apposito elenco.
Art. 603
Finanziamento di opere pubbliche e piano economico-finanziario Art. 201, decreto legislativo n. 267/2000 (art. 1, decreto legge n. 392/2000 convertito dalla legge n. 26/2001)

1. Gli enti locali e le aziende speciali sono autorizzate ad assumere mutui, anche se assistiti da contributi dello Stato o delle regioni, per il finanziamento di opere pubbliche destinate all'esercizio di servizi pubblici, soltanto se i contratti di appalto sono realizzati sulla base di progetti "chiavi in mano" ed a prezzo non modificabile in aumento, con procedura di evidenza pubblica e con esclusione della trattativa privata.
2. Per le nuove opere di cui al comma 1 il cui progetto generale comporti una spesa superiore al miliardo di lire, gli enti di cui al comma 1 approvano un piano economico-finanziario diretto ad accertare l'equilibrio economico-finanziario dell'investimento e della connessa gestione, anche in relazione agli introiti previsti ed al fine della determinazione delle tariffe.
3. (comma abrogato).
4. Le tariffe dei servizi pubblici di cui al comma 1 sono determinati in base ai seguenti criteri:
a) la corrispondenza tra costi e ricavi in modo da assicurare la integrale copertura dei costi, ivi compresi gli oneri di ammortamento tecnico-finanziario;
b) l'equilibrato rapporto tra i finanziamenti raccolti ed il capitale investito;
c) l'entità dei costi di gestione delle opere, tenendo conto anche degli investimenti e della qualità del servizio.
Sezione II FONTI DI FINANZIAMENTO MEDIANTE INDEBITAMENTO
Art. 604
Ricorso all'indebitamento Art. 202, decreto legislativo n. 267/2000

1. Il ricorso all'indebitamento da parte degli enti locali è ammesso esclusivamente nelle forme previste dalle leggi vigenti in materia e per la realizzazione degli investimenti. Può essere fatto ricorso a mutui passivi per il finanziamento dei debiti fuori bilancio di cui all'articolo 194 e per altre destinazioni di legge.
2. Le relative entrate hanno destinazione vincolata.
Art. 605
Attivazione delle fonti di finanziamento derivanti dal ricorso all'indebitamento Art. 203, decreto legislativo n. 267/2000

1. Il ricorso all'indebitamento è possibile solo se sussistono le seguenti condizioni:
a) avvenuta approvazione del rendiconto dell'esercito del penultimo anno precedente quello in cui si intende deliberare il ricorso a forme di indebitamento;
b) avvenuta deliberazione del bilancio annuale nel quale sono incluse le relative previsioni.
2. Ove nel corso dell'esercizio si renda necessario attuare nuovi investimenti o variare quelli già in atto, l'organo consiliare adotta apposita variazione al bilancio annuale, fermo restando l'adempimento degli obblighi di cui al comma 1. Contestualmente modifica il bilancio pluriennale e la relazione previsionale e programmatica per la copertura degli oneri derivanti dall'indebitamento e per la copertura delle spese di gestione.
Art. 606
Regole particolari per l'assunzione di mutui Art. 204, decreto legislativo n. 267/2000 (art. 27, legge n. 448/2001, art. 1, legge n. 311/2004, art. 1-sexies, decreto legge n. 44/2005 convertito dalla legge n. 88/2005 e art. 1, legge n. 296/2006)

1. Oltre al rispetto delle condizioni di cui all'articolo 203, l'ente locale può assumere nuovi mutui e accedere ad altre forme di finanziamento reperibili sul mercato solo se l'importo annuale degli interessi sommato a quello dei mutui precedentemente contratti, a quello dei prestiti obbligazionari precedentemente emessi, a quello delle aperture di credito stipulate ed a quello derivante da garanzie prestate ai sensi dell'articolo 207, al netto dei contributi statali e regionali in conto interessi, non supera il 15 per cento delle entrate relative al primi tre titoli delle entrate del rendiconto del penultimo anno precedente quello in cui viene prevista l'assunzione dei mutui. (omissis). Per gli enti locali di nuova istituzione si fa riferimento, per i primi due anni, ai corrispondenti dati finanziari del bilancio di previsione.
2. I contratti di mutuo con enti diversi dalla Cassa depositi e prestiti, dall'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica e dall'Istituto per il credito sportivo, devono, a pena di nullità, essere stipulati in forma pubblica e contenere le seguenti clausole e condizioni:
a) l'ammortamento non può avere durata inferiore ai cinque anni;
b) la decorrenza dell'ammortamento deve essere fissata all'1 gennaio dell'anno successivo a quello della stipula del contratto. In alternativa, la decorrenza dell'ammortamento può essere posticipata all'1 luglio seguente o all'1 gennaio dell'anno successivo e, per i contratti stipulati nel primo semestre dell'anno, può essere anticipata all'1 luglio dello stesso anno;
c) la rata di ammortamento deve essere comprensiva, sin dal primo anno, della quota capitale e della quota interessi;
d) unitamente alla prima rata di ammortamento del mutuo cui si riferiscono devono essere corrisposti gli eventuali interessi di preammortamento gravati degli ulteriori interessi, al medesimo tasso, decorrenti dalla data di inizio dell'ammortamento e sino alla scadenza della prima rata. Qualora l'ammortamento del mutuo decorra dal primo gennaio del secondo anno successivo a quello in cui è avvenuta la stipula del contratto, gli interessi di preammortamento sono calcolati allo stesso tasso del mutuo dalla data di valuta della somministrazione al 31 dicembre successivo e dovranno essere versati dall'ente mutuatario con la medesima valuta 31 dicembre successivo;
e) deve essere indicata la natura della spesa da finanziare con il mutuo e, ove necessario, avuto riguardo alla tipologia dell'investimento, dato atto dell'intervenuta approvazione del progetto definitivo o esecutivo, secondo le norme vigenti;
f) deve essere rispettata la misura massima del tasso di interesse applicabile ai mutui, determinato periodicamente dal Ministro del tesoro, bilancio e programmazione economica con proprio decreto.
2-bis. Le disposizioni del comma 2 si applicano, ove compatibili, alle altre forme di indebitamento cui l'ente locale acceda.
3. L'ente mutuatario utilizza il ricavato del mutuo sulla base dei documenti giustificativi della spesa ovvero sulla base di stati di avanzamento dei lavori. Ai relativi titoli di spesa è data esecuzione dai tesorieri solo se corredati di una dichiarazione dell'ente locale che attesti il rispetto delle predette modalità di utilizzo.
Art. 607
Attivazione di prestiti obbligazionari Art. 205, decreto legislativo n. 267/2000

1. Gli enti locali sono autorizzati ad attivare prestiti obbligazionari nelle forme consentite dalla legge.
Art. 608
Contrazione di aperture di credito Art. 205 bis, decreto legislativo n. 267/2000 (art. 1, legge n. 311/2004 e art. 1-sexies, decreto legge n. 44/2005 convertito dalla legge n. 88/2005)

1. Gli enti locali sono autorizzati a contrarre aperture di credito nel rispetto della disciplina di cui al presente articolo.
2. L'utilizzo del ricavato dell'operazione è sottoposto alla disciplina di cui all' articolo 204, comma 3.
3. I contratti di apertura di credito devono, a pena di nullità, essere stipulati in forma pubblica e contenere le seguenti clausole e condizioni:
a) la banca è tenuta ad effettuare erogazioni, totali o parziali, dell'importo del contratto in base alle richieste di volta in volta inoltrate dall'ente e previo rilascio da parte di quest'ultimo delle relative delegazioni di pagamento ai sensi dell'articolo 206. L'erogazione dell'intero importo messo a disposizione al momento della contrazione dell'apertura di credito ha luogo nel termine massimo di tre anni, ferma restando la possibilità per l'ente locale di disciplinare contrattualmente le condizioni economiche di un eventuale utilizzo parziale;
b)  gli interessi sulle aperture di credito devono riferirsi ai soli importi erogati. L'ammortamento di tali importi deve avere una durata non inferiore a cinque anni con decorrenza dall'1 gennaio o dall'1 luglio successivi alla data dell'erogazione;
c)  le rate di ammortamento devono essere comprensive, sin dal primo anno, della quota capitale e della quota interessi;
d)  unitamente alla prima rata di ammortamento delle somme erogate devono essere corrisposti gli eventuali interessi di preammortamento, gravati degli ulteriori interessi decorrenti dalla data di inizio dell'ammortamento e sino alla scadenza della prima rata;
e)  deve essere indicata la natura delle spese da finanziare e, ove necessario, avuto riguardo alla tipologia dell'investimento, dato atto dell'intervenuta approvazione del progetto o dei progetti definitivi o esecutivi, secondo le norme vigenti;
f)  deve essere rispettata la misura massima di tasso applicabile alle aperture di credito i cui criteri di determinazione sono demandati ad apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno.
4. Le aperture di credito sono soggette, al pari delle altre forme di indebitamento, al monitoraggio di cui all' articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, nei termini e nelle modalità previsti dal relativo regolamento di attuazione, di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 1 dicembre 2003, n. 389.
Sezione III GARANZIA PER MUTUI E PRESTITI
Art. 609
Delegazione di pagamento Art. 206, decreto legislativo n. 267/2000

1. Quale garanzia del pagamento delle rate di ammortamento dei mutui e dei prestiti gli enti locali possono rilasciare delegazione di pagamento a valere sulle entrate afferenti ai primi tre titoli del bilancio annuale. (omissis)
2. L'atto di delega, non soggetto ad accettazione, è notificato al tesoriere da parte dell'ente locale e costituisce titolo esecutivo.
Art. 610
Fideiussione Art. 207, decreto legislativo n. 267/2000 (art. 1, legge n. 311/2004)

1. I comuni, le province (omissis) possono rilasciare a mezzo di deliberazione consiliare garanzia fideiussoria per l'assunzione di mutui destinati ad investimenti e per altre operazioni di indebitamento da parte di aziende da essi dipendenti, da consorzi cui partecipano (omissis).
1-bis. A fronte di operazioni di emissione di prestiti obbligazionari effettuate congiuntamente da più enti locali, gli enti capofila possono procedere al rilascio di garanzia fideiussoria riferita all'insieme delle operazioni stesse. Contestualmente gli altri enti emittenti rilasciano garanzia fideiussoria a favore dell'ente capofila in relazione alla quota parte dei prestiti di propria competenza. Ai fini dell'applicazione del comma 4, la garanzia prestata dall'ente capofila concorre alla formazione del limite di indebitamento solo per la quota parte dei prestiti obbligazionari di competenza dell'ente stesso.
2. La garanzia fideiussoria può essere inoltre rilasciata a favore della società di capitali, costituite ai sensi dell'articolo 113, comma 1, lettera e), per l'assunzione di mutui destinati alla realizzazione delle opere di cui all'articolo 116, comma 1. In tali casi i comuni, le province (omissis) rilasciano la fideiussione limitatamente alle rate di ammortamento da corrispondersi da parte della società sino al secondo esercizio finanziario successivo a quello dell'entrata in funzione dell'opera ed in misura non superiore alla propria quota percentuale di partecipazione alla società.
3. La garanzia fideiussoria può essere rilasciata anche a favore di terzi per l'assunzione di mutui destinati alla realizzazione o alla ristrutturazione di opere a fini culturali, sociali o sportivi, su terreni di proprietà dell'ente locale, purché siano sussistenti le seguenti condizioni:
a)  il progetto sia stato approvato dall'ente locale e sia stata stipulata una convenzione con il soggetto mutuatario che regoli la possibilità di utilizzo delle strutture in funzione delle esigenze della collettività locale;
b)  la struttura realizzata sia acquisita al patrimonio dell'ente al termine della concessione;
c)  la convenzione regoli i rapporti tra ente locale e mutuatario nel caso di rinuncia di questi alla realizzazione o ristrutturazione dell'opera.
4. Gli interessi annuali relativi alle operazioni di indebitamento garantite con fideiussione concorrono alla formazione del limite di cui al comma 1 dell'articolo 204 e non possono impegnare più di un quinto di tale limite.
Capo V TESORERIA
Sezione I DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 611
Soggetti abilitati a svolgere il servizio di tesoreria Art. 208, decreto legislativo n. 267/2000 (art. 1, decreto legge n. 392/2000 convertito dalla legge n. 26/2001)

1. Gli enti locali hanno un servizio di tesoreria che può essere affidato:
a) per i comuni capoluoghi di provincia, le province (omissis) ad una banca autorizzata a svolgere l'attività di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385;
b) per i comuni non capoluoghi di provincia, (omissis) e le unioni di comuni, anche a società per azioni regolarmente costituite con capitale sociale interamente versato non inferiore a lire 1 miliardo, aventi per oggetto la gestione del servizio di tesoreria e la riscossione dei tributi degli enti locali e che alla data del 25 febbraio 1995 erano incaricate dello svolgimento del medesimo servizio a condizione che il capitale sociale risulti adeguato a quello minimo richiesto dalla normativa vigente per le banche di credito cooperativo;
c) altri soggetti abilitati per legge.
Art. 612
Oggetto del servizio di tesoreria Art. 209, decreto legislativo n. 267/2000

1. Il servizio di tesoreria consiste nel complesso di operazioni legate alla gestione finanziaria dell'ente locale e finalizzate in particolare alla riscossione delle entrate, al pagamento delle spese, alla custodia di titoli e valori ed agli adempimenti connessi previsti dalla legge, dallo statuto, dai regolamenti dell'ente o da norme pattizie.
2. Il tesoriere esegue le operazioni di cui al comma 1 nel rispetto della legge 29 ottobre 1984, n. 720, e successive modificazioni.
3. Ogni deposito, comunque costituito, è intestato all'ente locale e viene gestito dal tesoriere.
Art. 613
Affidamento del servizio di tesoreria Art. 210, decreto legislativo n. 267/2000

1. L'affidamento del servizio viene effettuato mediante le procedure ad evidenza pubblica stabilite nel regolamento di contabilità di ciascun ente, con modalità che rispettino i principi della concorrenza. Qualora ricorrano le condizioni di legge, l'ente può procedere, per non più di una volta, al rinnovo del contratto di tesoreria nei confronti del medesimo soggetto.
2. Il rapporto viene regolato in base ad una convenzione deliberata dall'organo consiliare dell'ente.
Art. 614
Responsabilità del tesoriere Art. 211, decreto legislativo n. 267/2000

1. Per eventuali danni causati all'ente affidante o a terzi il tesoriere risponde con tutte le proprie attività e con il proprio patrimonio.
2. Il tesoriere è responsabile di tutti i depositi, comunque costituiti, intestati all'ente.
Art. 615
Servizio di tesoreria svolto per più enti locali Art. 212, decreto legislativo n. 267/2000

1. I soggetti di cui all'articolo 208 che gestiscono il servizio di tesoreria per conto di più enti locali devono tenere contabilità distinte e separate per ciascuno di essi.
Art. 616
Gestione informatizzata del servizio di tesoreria Art. 213, decreto legislativo n. 267/2000 (art. 1, legge n. 311/2004)

1. Qualora l'organizzazione dell'ente e del tesoriere lo consentano il servizio di tesoreria può essere gestito con modalità e criteri informatici e con l'uso di ordinativi di pagamento e di riscossione informatici, in luogo di quelli cartacei, le cui evidenze informatiche valgono a fini di documentazione, ivi compresa la resa del conto del tesoriere di cui all'articolo 226.
2. La convenzione di tesoreria di cui all'articolo 210 può prevedere che la riscossione delle entrate e il pagamento delle spese possano essere effettuati, oltre che per contanti presso gli sportelli di tesoreria, anche con le modalità offerte dai servizi elettronici di incasso e di pagamento interbancari.
3. Gli incassi effettuati dal tesoriere mediante i servizi elettronici interbancari danno luogo al rilascio di quietanza o evidenza bancaria ad effetto liberatorio per il debitore; le somme rivenienti dai predetti incassi sono versate alle casse dell'ente, con rilascio della quietanza di cui all'articolo 214, non appena si rendono liquide ed esigibili in relazione ai servizi elettronici adottati e comunque nei tempi previsti nella predetta convenzione di tesoreria.
Sezione II RISCOSSIONE DELLE ENTRATE
Art. 617
Operazioni di riscossione
Art. 214, decreto legislativo n. 267/2000

1. Per ogni somma riscossa il tesoriere rilascia quietanza, numerata in ordine cronologico per esercizio finanziario.
Art. 618
Procedure per la registrazione delle entrate Art. 215, decreto legislativo n. 267/2000

1. Il regolamento di contabilità dell'ente stabilisce le procedure per la fornitura dei modelli e per la registrazione delle entrate; disciplina, altresì le modalità per la comunicazione delle operazioni di riscossione eseguite, nonché la relativa prova documentale.
Sezione III PAGAMENTO DELLE SPESE
Art. 619
Condizioni di legittimità dei pagamenti effettuati dal tesoriere Art. 216, decreto legislativo n. 267/2000

1. I pagamenti possono avere luogo solo se i mandati risultano emessi entro i limiti dei rispettivi interventi stanziati in bilancio o dei capitoli per i servizi per conto di terzi. A tal fine l'ente trasmette al tesoriere il bilancio di previsione approvato nonché tutte le delibere di variazione e di prelevamento di quote del fondo di riserva debitamente esecutive.
2. Nessun mandato di pagamento può essere estinto dal tesoriere se privo della codifica.
3. Il tesoriere provvede all'estinzione dei mandati di pagamento emessi in conto residui passivi solo ove gli stessi trovino riscontro nell'elenco dei residui sottoscritto dal responsabile del servizio finanziario e consegnato al tesoriere.
Art. 620
Estinzione dei mandati di pagamento Art. 217, decreto legislativo n. 267/2000

1. L'estinzione dei mandati da parte del tesoriere avviene nel rispetto della legge e secondo le indicazioni fornite dall'ente, con assunzione di responsabilità da parte del tesoriere, che ne risponde con tutto il proprio patrimonio sia nei confronti delllocale ordinante sia dei terzi creditori, in ordine alla regolarità delle operazioni di pagamento eseguite.
Art. 621
Annotazione della quietanza Art. 218, decreto legislativo n. 267/2000

1. Il tesoriere annota gli estremi della quietanza direttamente sul mandato o su documentazione meccanografica da consegnare all'ente, unitamente ai mandati pagati, in allegato al proprio rendiconto.
2. Su richiesta dell'ente locale il tesoriere fornisce gli estremi di qualsiasi operazione di pagamento eseguita nonché la relativa prova documentale.
Art. 622
Mandati non estinti al termine dell'esercizio Art. 219, decreto legislativo n. 267/2000

1. I mandati interamente o parzialmente non estinti alla data del 31 dicembre sono eseguiti mediante commutazione in assegni postali localizzati o con altri mezzi equipollenti offerti dal sistema bancario o postale.
Art. 623
Obblighi del tesoriere per le delegazioni di pagamento Art. 220, decreto legislativo n. 267/2000

1. A seguito della notifica degli atti di delegazione di pagamento di cui all'articolo 206 il tesoriere è tenuto a versare l'importo dovuto ai creditori alle scadenze prescritte, con comminatoria dell'indennità di mora in caso di ritardato pagamento.
Sezione IV ALTRE ATTIVITÀ
Art. 624
Gestione di titoli e valori Art. 221, decreto legislativo n. 267/2000

1. I titoli di proprietà dell'ente, ove consentito dalla legge, sono gestiti dal tesoriere con versamento delle cedole nel conto di tesoreria alle loro rispettive scadenze.
2. Il tesoriere provvede anche alla riscossione dei depositi effettuati da terzi per spese contrattuali, d'asta e cauzionali a garanzia degli impegni assunti, previo rilascio di apposita ricevuta, diversa dalla quietanza di tesoreria, contenente tutti gli estremi identificativi dell'operazione.
3. Il regolamento di contabilità dell'ente locale definisce le procedure per i prelievi e per le restituzioni.
Art. 625
Anticipazioni di tesoreria Art. 222, decreto legislativo n. 267/2000

1. Il tesoriere, su richiesta dell'ente corredata dalla deliberazione della giunta, concede allo stesso anticipazioni di tesoreria, entro il limite massimo dei tre dodicesimi delle entrate accertate nel penultimo anno precedente, afferenti per i comuni, le province (omissis) e le unioni di comuni ai primi tre titoli di entrata del bilancio (omissis).
2. Gli interessi sulle anticipazioni di tesoreria decorrono dall'effettivo utilizzo delle somme con le modalità previste dalla convenzione di cui all'articolo 210.
Sezione V ADEMPIMENTI E VERIFICHE CONTABILI
Art. 626
Verifiche ordinarie di cassa Art. 223, decreto legislativo n. 267/2000

1. L'organo di revisione economico-finanziaria dell'ente provvede con cadenza trimestrale alla verifica ordinaria di cassa, alla verifica della gestione del servizio di tesoreria e di quello degli altri agenti contabili di cui all'articolo 233.
2. Il regolamento di contabilità può prevedere autonome verifiche di cassa da parte dell'amministrazione dell'ente.
Art. 627
Verifiche straordinarie di cassa Art. 224, decreto legislativo n. 267/2000

1. Si provvede a verifica straordinaria di cassa a seguito del mutamento della persona del sindaco, del presidente della provincia (omissis). Alle operazioni di verifica intervengono gli amministratori che cessano dalla carica e coloro che la assumono, nonché il segretario, il responsabile del servizio finanziario e l'organo di revisione dell'ente.
Art. 628
Obblighi di documentazione e conservazione Art. 225, decreto legislativo n. 267/2000

1. Il tesoriere è tenuto, nel corso dell'esercizio, ai seguenti adempimenti:
a) aggiornamento e conservazione del giornale di cassa;
b) conservazione del verbale di verifica di cassa di cui agli articoli 223 e 224;
c) conservazione delle rilevazioni periodiche di cassa previste dalla legge.
2. Le modalità e la periodicità di trasmissione della documentazione di cui al comma 1 sono fissate nella convenzione.
Art. 629
Conto del tesoriere Art. 226, decreto legislativo n. 267/2000

1. Entro il termine di due mesi dalla chiusura dell'esercizio finanziario, il tesoriere, ai sensi dell'articolo 93, rende all'ente locale il conto della propria gestione di cassa il quale lo trasmette alla competente sezione giurisdizionale della Corte dei conti entro 60 giorni dall'approvazione del rendiconto.
2. Il conto del tesoriere è redatto su modello approvato col regolamento di cui all'articolo 160. Il tesoriere allega al conto la seguente documentazione:
a) gli allegati di svolgimento per ogni singola risorsa di entrata, per ogni singolo intervento di spesa nonché per ogni capitolo di entrata e di spesa per i servizi per conto di terzi;
b) gli ordinativi di riscossione e di pagamento;
c) la parte delle quietanze originali rilasciate a fronte degli ordinativi di riscossione e di pagamento o, in sostituzione, i documenti meccanografici contenenti gli estremi delle medesime;
d) eventuali altri documenti richiesti dalla Corte dei conti.
Capo VI RILEVAZIONE E DIMOSTRAZIONE DEI RISULTATI DI GESTIONE
Art. 630
Rendiconto della gestione Art. 227, decreto legislativo n. 267/2000 (art. 28, legge n. 289/2002 e art. 1-quater, decreto legge n. 50/2003, convertito dalla legge n. 116/2003)

1. La dimostrazione dei risultati di gestione avviene mediante il rendiconto, il quale comprende il conto del bilancio, il conto economico ed il conto del patrimonio.
2. Il rendiconto è deliberato dall'organo consiliare dell'ente entro il 30 giugno dell'anno successivo, tenuto motivatamente conto della relazione dell'organo di revisione. La proposta è messa a disposizione dei componenti dell'organo consiliare prima dell'inizio della sessione consiliare in cui viene esaminato il rendiconto entro un termine, non inferiore a venti giorni, stabilito dal regolamento. Il rendiconto deliberato è inviato all'organo regionale di controllo ai sensi e con le modalità di cui all'articolo 133.
3. Per le province (omissis), i comuni con popolazione superiore ad 8.000 abitanti e quelli i cui rendiconti si chiudono in disavanzo ovvero rechino la indicazione di debiti fuori bilancio, il rendiconto è presentato alla Sezione enti locali della Corte dei conti per il referto di cui all'articolo 13 del decreto-legge 22 dicembre 1981, n. 786, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1982, n. 51, e successive modifiche ed integrazioni.
4. Ai fini del referto di cui all'articolo 3, commi 4 e 7, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e del consolidamento dei conti pubblici, la Sezione enti locali potrà richiedere i rendiconti di tutti gli altri enti locali.
5. Sono allegati al rendiconto:
a) la relazione dell'organo esecutivo di cui all'articolo 151, comma 6;
b) la relazione dei revisori dei conti di cui all'articolo 239, comma 1, lettera d);
c) l'elenco dei residui attivi e passivi distinti per anno di provenienza.
6. Gli enti locali di cui all'articolo 2 inviano telematicamente alle Sezioni enti locali il rendiconto completo di allegati, le informazioni relative al rispetto del patto di stabilità interno, nonché i certificati del conto preventivo e consuntivo. Tempi, modalità e protocollo di comunicazione per la trasmissione telematica dei dati sono stabiliti con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite la Conferenza Stato, città e autonomie locali e la Corte dei conti.
Art. 631
Conto del bilancio Art. 228, decreto legislativo n. 267/2000

1. Il conto del bilancio dimostra i risultati finali della gestione autorizzatoria contenuta nel bilancio annuale rispetto alle previsioni.
2. Per ciascuna risorsa dell'entrata e per ciascun intervento della spesa, nonché per ciascun capitolo dei servizi per conto di terzi, il conto del bilancio comprende, distintamente per residui e competenza:
a) per l'entrata le somme accertate, con distinzione della parte riscossa e di quella ancora da riscuotere;
b) per la spesa le somme impegnate, con distinzione della parte pagata e di quella ancora da pagare.
3. Prima dell'inserimento nel conto del bilancio dei residui attivi e passivi l'ente locale provvede all'operazione di riaccertamento degli stessi, consistente nella revisione delle ragioni del mantenimento in tutto od in parte dei residui.
4. Il conto del bilancio si conclude con la dimostrazione del risultato contabile di gestione e con quello contabile di amministrazione, in termini di avanzo, pareggio o disavanzo.
5. Al conto del bilancio sono annesse la tabella dei parametri di riscontro della situazione di deficitarietà strutturale e la tabella dei parametri gestionali con andamento triennale. Le tabelle sono altresì allegate al certificato del rendiconto.
6. Ulteriori parametri di efficacia ed efficienza contenenti indicazioni uniformi possono essere individuati dal regolamento di contabilità dell'ente locale.
7. Il Ministero dell'interno pubblica un rapporto annuale, con rilevazione dell'andamento triennale a livello di aggregati, sui parametri gestionali dei servizi degli enti locali indicati nella apposita tabella di cui al comma 5. I parametri a livello aggregato risultanti dal rapporto sono resi disponibili mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
8. I modelli relativi al conto del bilancio e le tabelle di cui al comma 5 sono approvati con il regolamento di cui all'articolo 160.
Art. 632
Conto economico Art. 229, decreto legislativo n. 267/2000

1. Il conto economico evidenzia i componenti positivi e negativi dell'attività dell'ente secondo criteri di competenza economica. Comprende gli accertamenti e gli impegni del conto del bilancio, rettificati al fine di costituire la dimensione finanziaria dei valori economici riferiti alla gestione di competenza, le insussistenze e sopravvenienze derivanti dalla gestione dei residui e gli elementi economici non rilevati nel conto del bilancio.
2. Il conto economico è redatto secondo uno schema a struttura scalare, con le voci classificate secondo la loro natura e con la rilevazione di risultati parziali e del risultato economico finale.
3. Costituiscono componenti positivi del conto economico i tributi, i trasferimenti correnti, i proventi dei servizi pubblici, i proventi derivanti dalla gestione del patrimonio, i proventi finanziari, le insussistenze del passivo, le sopravvenienze attive e le plusvalenze da alienazioni. E' espresso, ai fini del pareggio, il risultato economico negativo.
4.  Gli accertamenti finanziari di competenza sono rettificati, al fine di costituire la dimensione finanziaria di componenti economici positivi, rilevando i seguenti elementi:
a) i risconti passivi ed i ratei attivi;
b) le variazioni in aumento o in diminuzione delle rimanenze;
c) i costi capitalizzati costituiti dai costi sostenuti per la produzione in economia di valori da porre, dal punto di vista economico, a carico di diversi esercizi;
d) le quote di ricavi già inserite nei risconti passivi di anni precedenti;
e) le quote di ricavi pluriennali pari agli accertamenti degli introiti vincolati;
f) imposta sul valore aggiunto per le attività effettuate in regime di impresa.
5.  Costituiscono componenti negativi del conto economico l'acquisto di materie prime e dei beni di consumo, la prestazione di servizi, l'utilizzo di beni di terzi, le spese di personale, i trasferimenti a terzi, gli interessi passivi e gli oneri finanziari diversi, le imposte e tasse a carico dell'ente locale, gli oneri straordinari compresa la svalutazione di crediti, le minusvalenze da alienazioni, gli ammortamenti e le insussistenze dell'attivo come i minori crediti e i minori residui attivi. E' espresso, ai fini del pareggio, il risultato economico positivo.
6.  Gli impegni finanziari di competenza sono rettificati, al fine di costituire la dimensione finanziaria di componenti economici negativi, rilevando i seguenti elementi:
a) i costi di esercizi futuri, i risconti attivi ed i ratei passivi;
b) le variazioni in aumento od in diminuzione delle rimanenze;
c) le quote di costo già inserite nei risconti attivi degli anni precedenti;
d) le quote di ammortamento di beni a valenza pluriennale e di costi capitalizzati;
e) l'imposta sul valore aggiunto per le attività effettuate in regime d'impresa.
7. Gli ammortamenti compresi nel conto economico sono determinati con i seguenti coefficienti:
a) edifici, anche demaniali, ivi compresa la manutenzione straordinaria al 3%;
b) strade, ponti ed altri beni demaniali al 2%;
c) macchinari, apparecchi, attrezzature, impianti ed altri beni mobili al 15%;
d) attrezzature e sistemi informatici, compresi i programmi applicativi, al 20%;
e) automezzi in genere, mezzi di movimentazione e motoveicoli al 20%;
f) altri beni al 20%.
8. Il regolamento di contabilità può prevedere la compilazione di conti economici di dettaglio per servizi o per centri di costo.
9. Al conto economico è accluso un prospetto di conciliazione che, partendo dai dati finanziari della gestione corrente del conto del bilancio, con l'aggiunta di elementi economici, raggiunge il risultato finale economico. I valori della gestione non corrente vanno riferiti al patrimonio.
10. I modelli relativi al conto economico ed al prospetto di conciliazione sono approvati con il regolamento di cui all'articolo 160.
Art. 633
Conto del patrimonio e conti patrimoniali speciali Art. 230, decreto legislativo n. 267/2000

1. Il conto del patrimonio rileva i risultati della gestione patrimoniale e riassume la consistenza del patrimonio al termine dell'esercizio, evidenziando le variazioni intervenute nel corso dello stesso, rispetto alla consistenza iniziale.
2. Il patrimonio degli enti locali è costituito dal complesso dei beni e dei rapporti giuridici, attivi e passivi, di pertinenza di ciascun ente, suscettibili di valutazione ed attraverso la cui rappresentazione contabile ed il relativo risultato finale differenziale è determinata la consistenza netta della dotazione patrimoniale.
3. Gli enti locali includono nel conto del patrimonio i beni del demanio, con specifica distinzione, ferme restando le caratteristiche proprie, in relazione alle disposizioni del codice civile.
4. Gli enti locali valutano i beni del demanio e del patrimonio, comprensivi delle relative manutenzioni straordinarie, come segue:
a) i beni demaniali già acquisiti all'ente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, sono valutati in misura pari all'ammontare del residuo debito dei mutui ancora in estinzione per lo stesso titolo; i beni demaniali acquisiti all'ente successivamente sono valutati al costo;
b) i terreni già acquisiti all'ente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, sono valutati al valore catastale, rivalutato secondo le norme fiscali; per i terreni già acquisiti all'ente ai quali non è possibile attribuire la rendita catastale la valutazione si effettua con le modalità dei beni demaniali già acquisiti all'ente; i terreni acquisiti successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, sono valutati al costo;
c) i fabbricati già acquisiti all'ente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, sono valutati al valore catastale, rivalutato secondo le norme fiscali; i fabbricati acquisiti successivamente sono valutati al costo;
d) i mobili sono valutati al costo;
e) i crediti sono valutati al valore nominale;
f) i censi, livelli ed enfiteusi sono valutati in base alla capitalizzazione della rendita al tasso legale;
g) le rimanenze, i ratei ed i risconti sono valutati secondo le norme del codice civile;
h) i debiti sono valutati secondo il valore residuo.
5. Gli enti locali conservano nel loro patrimonio in apposita voce i crediti inesigibili, stralciati dal conto del bilancio, sino al compimento dei termini di prescrizione.
6. Il regolamento di contabilità può prevedere la compilazione di un conto consolidato patrimoniale per tutte le attività e passività interne e esterne. Può anche prevedere conti patrimoniali di inizio e fine mandato degli amministratori.
7. Gli enti locali provvedono annualmente all'aggiornamento degli inventari.
8. Il regolamento di contabilità definisce le categorie di beni mobili non inventariabili in ragione della natura di beni di facile consumo o del modico valore.
9. I modelli relativi al conto del patrimonio sono approvati con il regolamento di cui all'articolo 160.
Art. 634
Relazione al rendiconto della gestione Art. 231, decreto legislativo n. 267/2000

1. Nella relazione prescritta dall'articolo 151, comma 6, l'organo esecutivo dell'ente esprime le valutazioni di efficacia dell'azione condotta sulla base dei risultati conseguiti in rapporto ai programmi ed ai costi sostenuti. Evidenzia anche i criteri di valutazione del patrimonio e delle componenti economiche. Analizza, inoltre, gli scostamenti principali intervenuti rispetto alle previsioni, motivando le cause che li hanno determinati.
Art. 635
Contabilità economica Art. 232, decreto legislativo n. 267/2000

1. Gli enti locali, ai fini della predisposizione del rendiconto della gestione, adottano il sistema di contabilità che più ritengono idoneo per le proprie esigenze.
Art. 636
Conti degli agenti contabili interni Art. 233, decreto legislativo n. 267/2000

1. Entro il termine di due mesi dalla chiusura dell'esercizio finanziario, l'economo, il consegnatario di beni e gli altri soggetti di cui all'articolo 93, comma 2, rendono il conto della propria gestione all'ente locale il quale lo trasmette alla competente sezione giurisdizionale della Corte dei conti entro 60 giorni dall'approvazione del rendiconto.
2. Gli agenti contabili, a danaro e a materia, allegano al conto, per quanto di rispettiva competenza:
a) il provvedimento di legittimazione del contabile alla gestione;
b) la lista per tipologie di beni;
c) copia degli inventari tenuti dagli agenti contabili;
d) la documentazione giustificativa della gestione;
e) i verbali di passaggio di gestione;
f) le verifiche ed i discarichi amministrativi e per annullamento, variazioni e simili;
g) eventuali altri documenti richiesti dalla Corte dei conti.
3. Qualora l'organizzazione dell'ente locale lo consenta i conti e le informazioni relative agli allegati di cui ai precedenti commi sono trasmessi anche attraverso strumenti informatici, con modalità da definire attraverso appositi protocolli di comunicazione.
4. I conti di cui al comma 1 sono redatti su modello approvato con il regolamento previsto dall'articolo 160.
Capo VII REVISIONE ECONOMICA-FINANZIARIA
Art. 637
Revisione economico-finanziaria Art. 57, legge n. 142/1990, recepito con modifiche dall'art. 1, comma 1, lett. i), della legge regionale n. 48/1991

1. I consigli comunali e provinciali eleggono, con voto limitato a un componente, un collegio di revisori composto da tre membri.
2. I componenti del collegio dei revisori dei conti devono essere scelti:
a) uno tra gli iscritti nel ruolo dei revisori ufficiali dei conti, il quale funge da presidente;
b) uno tra gli iscritti nell'albo dei dottori commercialisti;
c) uno tra gli iscritti nell'albo dei ragionieri.
3. Essi durano in carica tre anni, non sono revocabili, salvo inadempienza, e sono rieleggibili per una sola volta.
4. I revisori hanno diritto di accesso agli atti e documenti dell'ente.
5. Il collegio dei revisori, in conformità allo statuto ed al regolamento, collabora con il consiglio nella sua funzione di controllo e di indirizzo, esercita la vigilanza sulla regolarità contabile e finanziaria della gestione dell'ente ed attesta la corrispondenza del rendiconto alle risultanze della gestione, redigendo apposita relazione, che accompagna la proposta di deliberazione consiliare del conto consuntivo.
6. Nella stessa relazione il collegio esprime rilievi e proposte tendenti a conseguire una migliore efficienza, produttività ed economicità della gestione.
7. I revisori dei conti rispondono della verità delle loro attestazioni e adempiono ai loro doveri con la diligenza del mandatario. Ove riscontrino gravi irregolarità nella gestione dell'ente, ne riferiscono immediatamente al consiglio.
8. Nei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti la revisione economico-finanziaria è affidata ad un solo revisore eletto dal consiglio comunale a maggioranza assoluta dei suoi membri e scelto tra esperti iscritti nel ruolo e negli albi di cui al comma 2, lett. a), b) e c).
9. Lo statuto può prevedere forme di controllo economico interno della gestione.
10. Per il trattamento economico, il numero degli incarichi ed i divieti si rinvia alle disposizioni statali afferenti.
Art. 638
Nomina dei presidenti e dei componenti dei collegi dei revisori dei conti e dei collegi sindacali di competenza della Regione Art. 9, legge regionale 11 maggio 1993, n. 15 (art. 139, legge regionale n. 4/2003)

1. Il presidente ed i componenti dei collegi dei revisori dei conti, dei collegi sindacali in enti o società la cui nomina sia di competenza della Regione, degli enti pubblici sottoposti alla vigilanza ed al controllo della Regione, degli enti locali, devono essere iscritti nel registro dei revisori contabili istituito con il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 88 in attuazione della direttiva CEE n. 84/253 relativa all'abilitazione delle persone incaricate del controllo di legge dei documenti contabili.
2. I revisori dei conti ed i membri dei collegi sindacali non possono essere contemporaneamente componenti in più di due collegi nominati dallo stesso ente.
3. Il comma 2 trova applicazione anche nei casi in cui la nomina sia vincolata per legge. In tale ipotesi l'organo competente alla nomina, accertato che nel proprio organico mancano o sono insufficienti i funzionari, od in caso di cumulo di incarichi, procede alla nomina del sindaco o del revisore iscritto all'apposito registro dei revisori contabili.
4. Ogni nomina deve essere comunicata all'ordine o collegio professionale competente per l'accertamento di eventuale cumulo di incarichi.
5. Le disposizioni di cui al comma 1 in conformità a quanto previsto per i rappresentanti di autorità ministeriali, dal comma 1, lettera h), dell'articolo 13 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 419 non si applicano ai rappresentanti dell'Amministrazione regionale individuati fra i dipendenti in servizio, con profilo professionale non inferiore a funzionario, che abbiano svolto mansioni inerenti il controllo dei conti pubblici.
Art. 639
Durata dell'incarico e cause di cessazione Art. 235, decreto legislativo n. 267/2000

1. L'organo di revisione contabile dura in carica tre anni a decorrere dalla data di esecutività della delibera o dalla data di immediata eseguibilità nell'ipotesi di cui all'articolo 134, comma 3, e sono rieleggibili per una sola volta. Ove nei collegi si proceda a sostituzione di un singolo componente la durata dell'incarico del nuovo revisore è limitata al tempo residuo sino alla scadenza del termine triennale, calcolata a decorrere dalla nomina dell'intero collegio. Si applicano le norme relative alla proroga degli organi amministrativi di cui agli articoli 2, 3, comma 1, 4, comma 1, 5, comma 1, e 6 del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 293, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 1994, n. 444.
2. Il revisore è revocabile solo per inadempienza ed in particolare per la mancata presentazione della relazione alla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto entro il termine previsto dall'articolo 239, comma 1, lettera d).
3. Il revisore cessa dall'incarico per:
a) scadenza del mandato;
b) dimissioni volontarie;
c) impossibilità derivante da qualsivoglia causa a svolgere l'incarico per un periodo di tempo stabilito dal regolamento dell'ente.
Art. 640
Incompatibilità ed ineleggibilità dei revisori Art. 236, decreto legislativo n. 267/2000

1. Valgono per i revisori le ipotesi di incompatibilità di cui al primo comma dell'articolo 2399 del codice civile, intendendosi per amministratori i componenti dell'organo esecutivo dell'ente locale.
2. L'incarico di revisione economico-finanziaria non può essere esercitato dai componenti degli organi dell'ente locale e da coloro che hanno ricoperto tale incarico nel biennio precedente alla nomina, dai membri dell'organo regionale di controllo, dal segretario e dai dipendenti dell'ente locale presso cui deve essere nominato l'organo di revisione economico-finanziaria e dai dipendenti delle regioni, delle province (omissis) e delle unioni di comuni relativamente agli enti locali compresi nella circoscrizione territoriale di competenza.
3. I componenti degli organi di revisione contabile non possono assumere incarichi o consulenze presso l'ente locale o presso organismi o istituzioni dipendenti o comunque sottoposti al controllo o vigilanza dello stesso.
Art. 641
Funzionamento del collegio dei revisori Art. 237, decreto legislativo n. 267/2000

1. Il collegio dei revisori è validamente costituito anche nel caso in cui siano presenti solo due componenti.
2. Il collegio dei revisori redige un verbale delle riunioni, ispezioni, verifiche, determinazioni e decisioni adottate.
Art. 642
Limiti all'affidamento di incarichi Art. 238, decreto legislativo n. 267/2000

1. Salvo diversa disposizione del regolamento di contabilità dell'ente locale, ciascun revisore non può assumere complessivamente più di otto incarichi, tra i quali non più di quattro incarichi in comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, non più di tre in comuni con popolazione compresa tra i 5.000 ed i 99.999 abitanti e non più di uno in comune con popolazione pari o superiore a 100.000 abitanti. Le province sono equiparate ai comuni con popolazione pari o superiore a 100.000 abitanti (omissis).
2. L'affidamento dell'incarico di revisione è subordinato alla dichiarazione, resa nelle forme di cui alla legge 4 gennaio 1968, n. 15, e successive modifiche ed integrazioni, con la quale il soggetto attesta il rispetto dei limiti di cui al comma 1.
Art. 643
Funzioni dell'organo di revisione Art. 239, decreto legislativo n. 267/2000

1. L'organo di revisione svolge le seguenti funzioni:
a) attività di collaborazione con l'organo consiliare secondo le disposizioni dello statuto e del regolamento;
b) pareri sulla proposta di bilancio di previsione e dei documenti allegati e sulle variazioni di bilancio. Nei pareri è espresso un motivato giudizio di congruità, di coerenza e di attendibilità contabile delle previsioni di bilancio e dei programmi e progetti, anche tenuto conto del parere espresso dal responsabile del servizio finanziario ai sensi dell'articolo 153, delle variazioni rispetto all'anno precedente, dell'applicazione dei parametri di deficitarietà strutturale e di ogni altro elemento utile. Nei pareri sono suggerite all'organo consiliare tutte le misure atte ad assicurare l'attendibilità delle impostazioni. I pareri sono obbligatori. L'organo consiliare è tenuto ad adottare i provvedimenti conseguenti o a motivare adeguatamente la mancata adozione delle misure proposte dall'organo di revisione;
c) vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione relativamente all'acquisizione delle entrate, all'effettuazione delle spese, all'attività contrattuale, all'amministrazione dei beni, alla completezza della documentazione, agli adempimenti fiscali ed alla tenuta della contabilità; l'organo di revisione svolge tali funzioni anche con tecniche motivate di campionamento.
d) relazione sulla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto della gestione e sullo schema di rendiconto entro il termine, previsto dal regolamento di contabilità e comunque non inferiore a 20 giorni, decorrente dalla trasmissione della stessa proposta approvata dall'organo esecutivo. La relazione contiene l'attestazione sulla corrispondenza del rendiconto alle risultanze della gestione nonché rilievi, considerazioni e proposte tendenti a conseguire efficienza, produttività ed economicità della gestione;
e) referto all'organo consiliare su gravi irregolarità di gestione, con contestuale denuncia ai competenti organi giurisdizionali ove si configurino ipotesi di responsabilità;
f) verifiche di cassa di cui all'articolo 223.
2. Al fine di garantire l'adempimento delle funzioni di cui al precedente comma, l'organo di revisione ha diritto di accesso agli atti e documenti dell'ente e può partecipare all'assemblea dell'organo consiliare per l'approvazione del bilancio di previsione e del rendiconto di gestione. Può altresì partecipare alle altre assemblee dell'organo consiliare e, se previsto dallo statuto dell'ente, alle riunioni dell'organo esecutivo. Per consentire la partecipazione alle predette assemblee all'organo di revisione sono comunicati i relativi ordini del giorno. Inoltre all'organo di revisione sono trasmessi:
a) da parte dell'organo regionale di controllo le decisioni di annullamento nei confronti delle delibere adottate dagli organi degli enti locali;
b) da parte del responsabile del servizio finanziario le attestazioni di assenza di copertura finanziaria in ordine alle delibere di impegni di spesa.
3. L'organo di revisione è dotato, a cura dell'ente locale, dei mezzi necessari per lo svolgimento dei propri compiti, secondo quanto stabilito dallo statuto e dai regolamenti.
4. L'organo della revisione può incaricare della collaborazione nella propria funzione, sotto la propria responsabilità, uno o più soggetti aventi i requisiti di cui all'articolo 234, comma 2. I relativi compensi rimangono a carico dell'organo di revisione.
5. I singoli componenti dell'organo di revisione collegiale hanno diritto di eseguire ispezioni e controlli individuali.
6. Lo statuto dell'ente locale può prevedere ampliamenti delle funzioni affidate ai revisori.
Art. 644
Responsabilità dell'organo di revisione Art. 240, decreto legislativo n. 267/2000

1. I revisori rispondono della veridicità delle loro attestazioni e adempiono ai loro doveri con la diligenza del mandatario. Devono inoltre conservare la riservatezza sui fatti e documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio.
Art. 645
Compenso dei revisori Art. 241, decreto legislativo n. 267/2000

1. Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del tesoro del bilancio e della programmazione economica vengono fissati i limiti massimi del compenso base spettante ai revisori, da aggiornarsi triennalmente. Il compenso base è determinato in relazione alla classe demografica ed alle spese di funzionamento e di investimento dell'ente locale.
2. Il compenso di cui al comma 1 può essere aumentato dall'ente locale fino al limite massimo del 20 per cento in relazione alle ulteriori funzioni assegnate rispetto a quelle indicate nell'articolo 239.
3. Il compenso di cui al comma 1 può essere aumentato dall'ente locale quando i revisori esercitano le proprie funzioni anche nei confronti delle istituzioni dell'ente sino al 10 per cento per ogni istituzione e per un massimo complessivo non superiore al 30 per cento.
4. Quando la funzione di revisione economico-finanziaria è esercitata dal collegio dei revisori il compenso determinato ai sensi de commi 1, 2 e 3 è aumentato per il presidente del collegio stesso del 50 per cento.
5. Per la determinazione del compenso base di cui al comma 1 spettante (omissis) al revisore dell'unione di comuni si fa riferimento, per quanto attiene alla classe demografica, rispettivamente, al comune totalmente montano più popoloso facente parte della comunità stessa ed al comune più popoloso facente parte dell'unione.
(omissis)
7. L'ente locale stabilisce il compenso spettante ai revisori con la stessa delibera di nomina.
Capo VIII ENTI LOCALI DEFICITARI O DISSESTATI
Sezione I ENTI LOCALI DEFICITARI: DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 646
Individuazione degli enti locali strutturalmente deficitari e relativi controlli Art. 242, decreto legislativo n. 267/2000 (art. 1, legge n. 296/2006)

1. Sono da considerarsi in condizioni strutturalmente deficitarie gli enti locali che presentano gravi ed incontrovertibili condizioni di squilibrio, rilevabili da una apposita tabella, da allegare al certificato sul rendiconto della gestione, contenente parametri obiettivi dei quali almeno la metà presentino valori deficitari. Il certificato è quello relativo al rendiconto della gestione del penultimo esercizio precedente quello di riferimento.
2. Con decreto del Ministro dell'interno, sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali, da emanare entro settembre e da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, sono fissati per il triennio successivo i parametri obiettivi, determinati con riferimento a un calcolo di normalità dei dati dei rendiconti dell'ultimo triennio disponibile, nonché le modalità per la compilazione della tabella di cui al comma 1. Fino alla fissazione di nuovi parametri triennali si applicano quelli vigenti per il triennio precedente.
3. Le norme di cui al presente capo si applicano a comuni, province (omissis).
Art. 647
Controlli per gli enti locali strutturalmente deficitari, enti locali dissestati ed altri enti Art. 243, decreto legislativo n. 267/2000

1. Gli enti locali strutturalmente deficitari, individuati ai sensi dell'articolo 242, sono soggetti al controllo centrale sulle dotazioni organiche e sulle assunzioni di personale da parie della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali. Il controllo è esercitato prioritariamente in relazione alla verifica sulla compatibilità finanziaria.
2. Gli enti locali strutturalmente deficitari sono soggetti ai controlli centrali in materia di copertura del costo di alcuni servizi. Tali controlli verificano mediante un'apposita certificazione che:
a) il costo complessivo della gestione dei servizi a domanda individuale, riferito ai dati della competenza, sia stato coperto con i relativi proventi tariffari e contributi finalizzati in misura non inferiore al 36 per cento; a tale fine i costi di gestione degli asili nido sono calcolati al 50 per cento del loro ammontare;
b) il costo complessivo della gestione del servizio di acquedotto, riferito ai dati della competenza, sia stato coperto con la relativa tariffa in misura non inferiore all'80 per cento;
c) il costo complessivo della gestione del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni ed equiparati, riferito ai dati della competenza, sia stato coperto con la relativa tariffa almeno nella misura prevista dalla legislazione vigente.
3. I costi complessivi di gestione dei servizi di cui al comma 2, lettere a) e b), devono comunque comprendere gli oneri diretti e indiretti di personale, le spese per l'acquisto di beni e servizi, le spese per i trasferimenti e per gli oneri di ammortamento degli impianti e delle attrezzature. Per le quote di ammortamento si applicano i coefficienti indicati nel decreto del Ministro delle finanze in data 31 dicembre 1988 e successive modifiche o integrazioni. I coefficienti si assumono ridotti del 50 per cento per i beni ammortizzabili acquisiti nell'anno di riferimento. Nei casi in cui detti servizi sono forniti da organismi di gestione degli enti locali, nei costi complessivi di gestione sono considerati gli oneri finanziari dovuti agli enti proprietari di cui all'articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica 4 ottobre 1986, n. 902, da versare dagli organismi di gestione agli enti proprietari entro l'esercizio successivo a quello della riscossione delle tariffe e della erogazione in conto esercizio. I costi complessivi di gestione del servizio di cui al comma 2, lettera c), sono rilevati secondo le disposizioni vigenti in materia.
4. Con decreto del Ministro dell'interno, sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, sono determinati i tempi e le modalità per la presentazione e il controllo della certificazione di cui al comma 2.
5. Agli enti locali strutturalmente deficitari che, pur essendo a ciò tenuti, non rispettano i livelli minimi di copertura dei costi di gestione di cui al comma 2, è applicata una sanzione pari alla perdita dell'1 per cento del contributo ordinario spettante per l'anno per il quale si è verificata l'inadempienza, mediante trattenuta in unica soluzione sui trasferimenti erariali spettanti per gli anni successivi.
6. Sono soggetti, in via provvisoria, ai controlli centrali di cui al comma 2:
a) gli enti locali che non presentano il certificato del rendiconto con l'annessa tabella di cui al comma 1 dell'articolo 242, sino all'avvenuta presentazione della stessa;
b) gli enti locali per i quali non sia intervenuta nei termini di legge la deliberazione del rendiconto della gestione, sino all'adempimento.
7. Gli enti locali che hanno deliberato lo stato di dissesto finanziario sono soggetti, per la durata del risanamento, ai controlli di cui al comma 1, sono tenuti alla presentazione della certificazione di cui al comma 2 e sono tenuti per i servizi a domanda individuale al rispetto, per il medesimo periodo, del livello minimo di copertura dei costi di gestione di cui al comma 2, lettera a).
Sezione II ENTI LOCALI DISSESTATI: DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 648
Dissesto finanziario Art. 244, decreto legislativo n. 267/2000

1. Si ha stato di dissesto finanziario se l'ente non può garantire l'assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero esistono nei confronti dell'ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte con le modalità di cui all'articolo 193, nonché con le modalità di cui all'articolo 194 per le fattispecie ivi previste.
2. Le norme sul risanamento degli enti locali dissestati si applicano solo a province e comuni.
Art. 649
Soggetti della procedura di risanamento Art. 245, decreto legislativo n. 267/2000

1. Soggetti della procedura di risanamento sono l'organo straordinario di liquidazione e gli organi istituzionali dell'ente.
2. L'organo straordinario di liquidazione provvede al ripiano dell'indebitamento pregresso con i mezzi consentiti dalla legge.
3. Gli organi istituzionali dell'ente assicurano condizioni stabili di equilibrio della gestione finanziaria rimuovendo le cause strutturali che hanno determinato il dissesto.
Art. 650
Deliberazione di dissesto Art. 246, decreto legislativo n. 267/2000

1. La deliberazione recante la formale ed esplicita dichiarazione di dissesto finanziario è adottata dal consiglio dell'ente locale nelle ipotesi di cui all'articolo 244 e valuta le cause che hanno determinato il dissesto. La deliberazione dello stato di dissesto non è revocabile. Alla stessa è allegata una dettagliata relazione dell'organo di revisione economico finanziaria che analizza le cause che hanno provocato il dissesto.
2. La deliberazione dello stato di dissesto è trasmessa, entro 5 giorni dalla data di esecutività, al Ministero dell'interno ed alla Procura regionale presso la Corte dei conti competente per territorio, unitamente alla relazione dell'organo di revisione. La deliberazione è pubblicata per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana a cura del Ministero dell'interno unitamente al decreto del Presidente della Repubblica di nomina dell'organo straordinario di liquidazione.
3. L'obbligo di deliberazione dello stato di dissesto si estende, ove ne ricorrano le condizioni, al commissario nominato ai sensi dell'articolo 141, comma 3.
4. Se, per l'esercizio nel corso del quale si rende necessaria la dichiarazione di dissesto, è stato validamente deliberato il bilancio di previsione, tale atto continua ad esplicare la sua efficacia per l'intero esercizio finanziario, intendendosi operanti per l'ente locale i divieti e gli obblighi previsti dall'articolo 191, comma 5. In tal caso, la deliberazione di dissesto può essere validamente adottata, esplicando gli effetti di cui all'articolo 248. Gli ulteriori adempimenti e relativi termini iniziali, propri dell'organo straordinario di liquidazione e del consiglio dell'ente, sono differiti all'1 gennaio dell'anno successivo a quello in cui è stato deliberato il dissesto. Ove sia stato già approvato il bilancio preventivo per l'esercizio successivo, il consiglio provvede alla revoca dello stesso.
5. Le disposizioni relative alla valutazione delle cause di dissesto sulla base della dettagliata relazione dell'organo di revisione di cui al comma 1 ed ai conseguenti oneri di trasmissione di cui al comma 2, si applicano solo ai dissesti finanziari deliberati a decorrere dal 25 ottobre 1997.
Art. 651
Conseguenze della dichiarazione di dissesto Art. 248, decreto legislativo n. 267/2000

1. A seguito della dichiarazione di dissesto, e sino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 261, sono sospesi i termini per la deliberazione del bilancio.
2. Dalla data della dichiarazione di dissesto e sino all'approvazione del rendiconto di cui all'articolo 256 non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti dell'ente per i debiti che rientrano nella competenza dell'organo straordinario di liquidazione. Le procedure esecutive pendenti alla data della dichiarazione di dissesto, nelle quali sono scaduti i termini per l'opposizione giudiziale da parte dell'ente, o la stessa benchè proposta è stata rigettata, sono dichiarate estinte ddal giudice con inserimento nella massa passiva dell'importo dovuto a titolo di capitale, accessori e spese.
3. I pignoramenti eventualmente eseguiti dopo la deliberazione dello stato di dissesto non vincolano l'ente ed il tesoriere, i quali possono disporre delle somme per i fini dell'ente e le finalità di legge.
4. Dalla data della deliberazione di dissesto e sino all'approvazione del rendiconto di cui all'articolo 256 i debiti insoluti a tale data e le somme dovute per anticipazioni di cassa già erogate non producono più interessi nè sono soggetti a rivalutazione monetaria. Uguale disciplina si applica ai crediti nei confronti dell'ente che rientrano nella competenza dell'organo straordinario di liquidazione a decorrere dal momento della loro liquidità ed esigibilità.
(omissis)
Art. 652
Limiti alla contrazione di nuovi mutui Art. 249, decreto legislativo n. 267/2000

1. Dalla data di deliberazione di dissesto e sino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 261, comma 3, gli enti locali non possono contrarre nuovi mutui, con eccezione dei mutui previsti dall'articolo 255 e dei mutui con oneri a totale carico dello Stato o delle regioni.
Art. 653
Gestione del bilancio durante la procedura di risanamento Art. 250, decreto legislativo n. 267/2000

1. Dalla data di deliberazione del dissesto finanziario e sino alla data di approvazione dell'ipotesi di bilancio riequilibrato di cui all'articolo 261 l'ente locale non può impegnare per ciascun intervento somme complessivamente superiori a quelle definitivamente previste nell'ultimo bilancio approvato, comunque nei limiti delle entrate accertate. I relativi pagamenti in conto competenza non possono mensilmente superare un dodicesimo delle rispettive somme impegnabili, con esclusione delle spese non suscettibili di pagamento frazionato in dodicesimi. L'ente applica principi di buona amministrazione al fine di non aggravare la posizione debitoria e mantenere la coerenza con l'ipotesi di bilancio riequilibrato predisposta dallo stesso.
2. Per le spese disposte dalla legge e per quelle relative ai servizi locali indispensabili, nei casi in cui nell'ultimo bilancio approvato mancano del tutto gli stanziamenti ovvero gli stessi sono previsti per importi insufficienti, il consiglio o la giunta con i poteri del primo, salvo ratifica, individua con deliberazione le spese da finanziare, con gli interventi relativi, motiva nel dettaglio le ragioni per le quali mancano o sono insufficienti gli stanziamenti nell'ultimo bilancio approvato e determina le fonti di finanziamento. Sulla base di tali deliberazioni possono essere assunti gli impegni corrispondenti. Le deliberazioni, da sottoporre all'esame dell'organo regionale di controllo, sono notificate al tesoriere.
Art. 654
Attivazione delle entrate proprie Art. 251, decreto legislativo n. 267/2000

1. Nella prima riunione successiva alla dichiarazione di dissesto e comunque entro trenta giorni dalla data di esecutività della delibera il consiglio dell'ente, o il commissario nominato ai sensi dell'articolo 247, comma 3, è tenuto a deliberare per le imposte e tasse locali di spettanza dell'ente dissestato, diverse dalla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, le aliquote e le tariffe di base nella misura massima consentita, nonché i limiti reddituali, agli effetti dell'applicazione dell'imposta comunale per l'esercizio di imprese, arti e professioni, che determinano gli importi massimi del tributo dovuto.
2. La delibera non è revocabile ed ha efficacia per cinque anni, che decorrono da quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato. In caso di mancata adozione della delibera nei termini predetti l'organo regionale di controllo procede a norma dell'articolo 136.
3. Per le imposte e tasse locali di istituzione successiva alla deliberazione del dissesto, l'organo dell'ente dissestato che risulta competente ai sensi della legge istitutiva del tributo deve deliberare, entro i termini previsti per la prima applicazione del tributo medesimo, le aliquote e le tariffe di base nella misura massima consentita. La delibera ha efficacia per un numero di anni necessario al raggiungimento di un quinquennio a decorrere da quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato.
4. Resta fermo il potere dell'ente dissestato di deliberare, secondo le competenze, le modalità, i termini ed i limiti stabiliti dalle disposizioni vigenti, le maggiorazioni, riduzioni, graduazioni ed agevolazioni previste per le imposte e tasse di cui ai commi 1 e 3, nonché di deliberare la maggiore aliquota dell'imposta comunale sugli immobili consentita per straordinarie esigenze di bilancio.
5. Per il periodo di cinque anni, decorrente dall'anno dell'ipotesi di bilancio riequilibrato, ai fini della tassa smaltimento rifiuti solidi urbani, gli enti che hanno dichiarato il dissesto devono applicare misure tariffarie che assicurino complessivamente la copertura integrale dei costi di gestione del servizio e, per i servizi produttivi ed i canoni patrimoniali, devono applicare le tariffe nella misura massima consentita dalle disposizioni vigenti. Per i servizi a domanda individuale il costo di gestione deve essere coperto con proventi tariffari e con contributi finalizzati almeno nella misura prevista dalle norme vigenti. Per i termini di adozione delle delibere, per la loro efficacia e per la individuazione dell'organo competente si applicano le norme ordinarie vigenti in materia. Per la prima delibera il termine di adozione è fissato al trentesimo giorno successivo alla deliberazione del dissesto.
6. Le delibere di cui ai commi 1, 3 e 5 devono essere comunicate alla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali presso il Ministero dell'interno entro 30 giorni dalla data di adozione; nel caso di mancata osservanza delle disposizioni di cui ai predetti commi sono sospesi i contributi erariali.
Sezione III ATTIVITÀ DELL'ORGANO STRAORDINARIO DI LIQUIDAZIONE
Art. 655
Composizione, nomina e attribuzioni Art. 252, decreto legislativo n. 267/2000

1. Per i comuni con popolazione sino a 5.000 abitanti l'organo straordinario di liquidazione è composto da un singolo commissario; per i comuni con popolazione superiore ai 5.000 abitanti e per le province l'organo straordinario di liquidazione è composto da una commissione di tre membri. Il commissario straordinario di liquidazione, per i comuni sino a 5.000 abitanti, o i componenti della commissione straordinaria di liquidazione, per i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti e per le province, sono nominati fra magistrati a riposo della Corte dei conti, della magistratura ordinaria, del Consiglio di Stato, fra funzionari dotati di un'idonea esperienza nel campo finanziario e contabile in servizio o in quiescenza degli uffici centrali o periferici del Ministero dell'interno, del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, del Ministero delle finanze e di altre amministrazioni dello Stato, fra i segretari ed i ragionieri comunali e provinciali particolarmente esperti, anche in quiescenza, fra gli iscritti nel registro dei revisori contabili, gli iscritti nell'albo dei dottori commercialisti e gli iscritti nell'albo dei ragionieri. La commissione straordinaria di liquidazione è presieduta, se presente, dal magistrato a riposo della Corte dei conti o della magistratura ordinaria o del Consiglio di Stato. Diversamente la stessa provvede ad eleggere nel suo seno il presidente. La commissione straordinaria di liquidazione delibera a maggioranza dei suoi componenti.
2. La nomina dell'organo straordinario di liquidazione è disposta con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell'interno. L'insediamento presso l'ente avviene entro 5 giorni dalla notifica del provvedimento di nomina.
3. Per i componenti dell'organo straordinario di liquidazione valgono le incompatibilità di cui all'articolo 236.
4. L'organo straordinario di liquidazione ha competenza relativamente a fatti ed atti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell'anno precedente a quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato e provvede alla:
a) rilevazione della massa passiva;
b) acquisizione e gestione dei mezzi finanziari disponibili ai fini del risanamento anche mediante alienazione dei beni patrimoniali;
c) liquidazione e pagamento della massa passiva.
5. In ogni caso di accertamento di danni cagionati all'ente locale o all'erario, l'organo straordinario di liquidazione provvede alla denuncia dei fatti alla Procura Regionale presso la Corte dei conti ed alla relativa segnalazione al Ministero dell'interno tramite le prefetture.
Art. 656
Poteri organizzatori Art. 253, decreto legislativo n. 267/2000

1. L'organo straordinario di liquidazione ha potere di accesso a tutti gli atti dell'ente locale, può utilizzare il personale ed i mezzi operativi dell'ente locale ed emanare direttive burocratiche.
2. L'ente locale è tenuto a fornire, a richiesta dell'organo straordinario di liquidazione, idonei locali ed attrezzature nonché il personale necessario.
3. Organo straordinario di liquidazione può auto-organizzarsi, e, per motivate esigenze, dotarsi di personale, acquisire consulenze e attrezzature le quali, al termine dell'attività di ripiano dei debiti rientrano nel patrimonio dell'ente locale.
Art. 657
Rilevazione della massa passiva Art. 254, decreto legislativo n. 267/2000 (art. 7, decreto legge n. 80/2004, convertito dalla legge n. 140/2004)

1. L'organo straordinario di liquidazione provvede all'accertamento della massa passiva mediante la formazione, entro 180 giorni dall'insediamento, di un piano di rilevazione. Il termine è elevato di ulteriori 180 giorni per i comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti o capoluogo di provincia e per le province.
2. Ai fini della formazione del piano di rilevazione, l'organo straordinario di liquidazione entro 10 giorni dalla data dell'insediamento, dà avviso, mediante affissione all'albo pretorio ed anche a mezzo stampa, dell'avvio della procedura di rilevazione delle passività dell'ente locale. Con l'avviso l'organo straordinario di liquidazione invita chiunque ritenga di averne diritto a presentare, entro un termine perentorio di sessanta giorni prorogabile per una sola volta di ulteriori trenta giorni con provvedimento motivato del predetto organo, la domanda in carta libera, corredata da idonea documentazione, atta a dimostrare la sussistenza del debito dell'ente, il relativo importo ed eventuali cause di prelazione, per l'inserimento nel piano di rilevazione.
3. Nel piano di rilevazione della massa passiva sono inclusi:
a) i debiti di bilancio e fuori bilancio di cui all'articolo 194 verificatisi entro il 31 dicembre dell'anno precedente quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato;
b) i debiti derivanti dalle procedure esecutive estinte ai sensi dell'articolo 248, comma 2;
c) i debiti derivanti da transazioni compiute dall'organo straordinario di liquidazione ai sensi del comma 7.
4. L'organo straordinario di liquidazione, ove lo ritenga necessario, richiede all'ente che i responsabili dei servizi competenti per materia attestino che la prestazione è stata effettivamente resa e che la stessa rientra nell'ambito dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza dell'ente locale. I responsabili dei servizi attestano altresì che non è avvenuto, nemmeno parzialmente, il pagamento del corrispettivo e che il debito non è caduto in prescrizione alla data della dichiarazione di dissesto. I responsabili dei servizi provvedono entro sessanta giorni dalla richiesta, decorsi i quali l'attestazione si intende resa dagli stessi in senso negativo circa la sussistenza del debito.
5. Sull'inserimento nel piano di rilevazione delle domande di cui al comma 2 e delle posizioni debitorie di cui al comma 3 decide l'organo straordinario di liquidazione con provvedimento da notificare agli istanti al momento dell'approvazione del piano di rilevazione, tenendo conto degli elementi di prova del debito desunti dalla documentazione prodotta dal terzo creditore, da altri atti e dall'eventuale attestazione di cui al comma 4.
6. (comma abrogato).
7. L'organo straordinario di liquidazione è autorizzato a transigere vertenze giudiziali e stragiudiziali relative a debiti rientranti nelle fattispecie di cui al comma 3, inserendo il debito risultante dall'atto di transazione nel piano di rilevazione.
8. In caso di inosservanza del termine di cui al comma 1, di negligenza o di ritardi non giustificati negli adempimenti di competenza, può essere disposta la sostituzione di tutti o parte dei componenti dell'organo straordinario della liquidazione. In tali casi, il Ministro dell'interno, previo parere della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, dal quale si prescinde ove non espresso entro trenta giorni dalla richiesta, e sentiti gli interessati, propone al Presidente della Repubblica l'adozione del provvedimento di sostituzione. Il Ministero dell'interno stabilisce con proprio provvedimento il trattamento economico dei commissari sostituiti.
Art. 658
Acquisizione e gestione dei mezzi finanziari per il risanamento Art. 255, decreto legislativo n. 267/2000 (art. 1-septies, decreto legge n. 44/2005 convertito dalla legge n. 88/2005 e art. 1, legge n. 296/2006)

1. Nell'ambito dei compiti di cui all'articolo 252, comma 4, lettera b), l'organo straordinario di liquidazione provvede all'accertamento della massa attiva, costituita dal contributo dello Stato di cui al presente articolo, da residui da riscuotere, da ratei di mutuo disponibili in quanto non utilizzati dall'ente, da altre entrate e, se necessari, da proventi derivanti da alienazione di beni del patrimonio disponibile.
2. Per il risanamento dell'ente locale dissestato lo Stato finanzia gli oneri di un mutuo, assunto dall'organo straordinario di liquidazione, in nome e per conto dell'ente, in unica soluzione con la Cassa depositi e prestiti al tasso vigente ed ammortizzato in venti anni, con pagamento diretto di ogni onere finanziario da parte del Ministero dell'interno.
3. L'importo massimo del mutuo finanziato dallo Stato, è determinato sulla base di una rata di ammortamento pari al contributo statale indicato al comma 4.
4. Detto contributo è pari a cinque volte un importo composto da una quota fissa, solo per taluni enti, ed una quota per abitante, spettante ad ogni ente. La quota fissa spetta ai comuni con popolazione sino a 999 abitanti per lire 13.000.000, ai comuni con popolazione da 1.000 a 1.999 abitanti per lire 15.000.000, ai comuni con popolazione da 2.000 a 2.999 abitanti per lire 18.000.000, ai comuni con popolazione da 3.000 a 4.999 abitanti per lire 20.000.000, ai comuni con popolazione da 5.000 a 9.999 abitanti per lire 22.000.000 ed ai comuni con popolazione da 10.000 a 19.999 per lire 25.000.000. La quota per abitante è pari a lire 7.930 per i comuni e lire 1.241 per le province.
5. Il fondo costituito ai sensi del comma 4 è finalizzato agli interventi a favore degli enti locali in stato di dissesto finanziario. Le eventuali disponibilità residue del fondo, rinvenienti dall'utilizzazione dei contributi erariali per un importo inferiore ai limiti massimi indicati nel comma 4, possono essere destinate su richiesta motivata dell'organo consiliare dell'ente locale, secondo parametri e modalità definiti con decreto del Ministro dell'interno, all'assunzione di mutui integrativi per permettere all'ente locale di realizzare il risanamento finanziario, se non raggiunto con l'approvazione del rendiconto della gestione. Il mutuo, da assumere con la Cassa depositi e prestiti, è autorizzato dal Ministero dell'interno, previo parere della Commissione finanza ed organici degli enti locali. La priorità nell'assegnazione è accordata agli enti locali che non hanno usufruito dell'intera quota disponibile ai sensi del comma 4.
6. Per l'assunzione del mutuo concesso ai sensi del presente articolo agli enti locali in stato di dissesto finanziario per il ripiano delle posizioni debitorie non si applica il limite all'assunzione dei mutui di cui all'articolo 204, comma 1.
7. Secondo le disposizioni vigenti il fondo per lo sviluppo degli investimenti, di cui all'articolo 28, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, sul quale sono imputati gli oneri per la concessione dei nuovi mutui agli enti locali dissestati, può essere integrato, con le modalità di cui all'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni, in considerazione delle eventuali procedure di risanamento attivate rispetto a quelle già definite.
8. L'organo straordinario di liquidazione provvede a riscuotere i ruoli pregressi emessi dall'ente e non ancora riscossi, totalmente o parzialmente, nonché all'accertamento delle entrate tributarie per le quali l'ente ha omesso la predisposizione dei ruoli o del titolo di entrata previsto per legge.
9. Ove necessario ai fini del finanziamento della massa passiva, ed in deroga a disposizioni vigenti che attribuiscono specifiche destinazioni ai proventi derivanti da alienazioni di beni, l'organo straordinario di liquidazione procede alla rilevazione dei beni patrimoniali disponibili non indispensabili per i fini dell'ente, avviando, nel contempo, le procedure per l'alienazione di tali beni. Ai fini dell'alienazione dei beni immobili possono essere affidati incarichi a società di intermediazione immobiliare, anche appositamente costituite. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni recate dall'articolo 3 del decreto-legge 31 ottobre 1990, n. 310, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 1990, n. 403, e successive modificazioni ed integrazioni, intendendosi attribuite all'organo straordinario di liquidazione le facoltà ivi disciplinate. L'ente locale, qualora intenda evitare le alienazioni di beni patrimoniali disponibili, è tenuto ad assegnare proprie risorse finanziarie liquide, anche con la contrazione di un mutuo passivo, con onere a proprio carico, per il valore stimato di realizzo dei beni. Il mutuo può essere assunto con la Cassa depositi e prestiti ed altri istituti di credito. Il limite di cui all'articolo 204, comma 1, è elevato sino al 40 per cento.
10. Non compete all'organo straordinario di liquidazione l'amministrazione dei residui attivi e passivi relativi ai fondi a gestione vincolata, ai mutui passivi già attivati per investimenti, ivi compreso il pagamento delle relative spese, nonché l'amministrazione dei debiti assistiti dalla garanzia della delegazione di pagamento di cui all'articolo 206.
11. Per il finanziamento delle passività l'ente locale può destinare quota dell'avanzo di amministrazione non vincolato.
12. Nei confronti della massa attiva determinata ai sensi del presente articolo non sono ammessi sequestri o procedure esecutive. Le procedure esecutive eventualmente intraprese non determinano vincoli sulle somme.
Art. 659
Liquidazione e pagamento della massa passiva Art. 256, decreto legislativo n. 267/2000 (art. 7, decreto legge n. 80/2004, convertito dalla legge n. 140/2004)

1. Il piano di rilevazione della massa passiva acquista esecutività con il deposito presso il Ministero dell'interno, cui provvede l'organo straordinario di liquidazione entro 5 giorni dall'approvazione di cui all'articolo 254, comma 1. Al piano è allegato l'elenco delle passività non inserite nel piano, corredato dai provvedimenti di diniego e dalla documentazione relativa.
2. Unitamente al deposito l'organo straordinario di liquidazione chiede l'autorizzazione al perfezionamento del mutuo di cui all'articolo 255 nella misura necessaria per il finanziamento delle passività risultanti dal piano di rilevazione e dall'elenco delle passività non inserite, e comunque entro i limiti massimi stabiliti dall'articolo 255.
3. Il Ministero dell'interno, accertata la regolarità del deposito, autorizza l'erogazione del mutuo da parte della Cassa depositi e prestiti.
4. Entro 30 giorni dall'erogazione del mutuo l'organo straordinario della liquidazione deve provvedere al pagamento di acconti in misura proporzionale uguale per tutte le passività inserite nel piano di rilevazione. Nel determinare l'entità dell'acconto ldi liquidazione deve provvedere ad accantonamenti per le pretese creditorie in contestazione esattamente quantificate. Gli accantonamenti sono effettuati in misura proporzionale uguale a quella delle passività inserite nel piano. Ai fini di cui al presente comma l'organo straordinario di liquidazione utilizza il mutuo erogato da parte della Cassa depositi e prestiti e le poste attive effettivamente disponibili, recuperando alla massa attiva disponibile gli importi degli accantonamenti non più necessari (periodo soppresso).
5. Successivamente all'erogazione del primo acconto l'organo straordinario della liquidazione può disporre ulteriori acconti per le passività già inserite nel piano di rilevazione e per quelle accertate successivamente, utilizzando le disponibilità nuove e residue, ivi compresa l'eventuale quota di mutuo a carico dello Stato ancora disponibile, previa autorizzazione del Ministero dell'interno, in quanto non richiesta ai sensi del comma 2. Nel caso di pagamento definitivo in misura parziale dei debiti l'ente locale è autorizzato ad assumere un mutuo a proprio carico con la Cassa depositi e prestiti o con altri istituti di credito, nel rispetto del limite del 40 per cento di cui all'articolo 255, comma 9, per il pagamento a saldo delle passività rilevate. A tale fine, entro 30 giorni dalla data di notifica del decreto ministeriale di approvazione del piano di estinzione, l'organo consiliare adotta apposita deliberazione, dandone comunicazione all'organo straordinario di liquidazione, che provvede al pagamento delle residue passività ad intervenuta erogazione del mutuo contratto dall'ente. La Cassa depositi e prestiti o altri istituti di credito erogano la relativa somma sul conto esistente intestato all'organo di liquidazione.
6. A seguito del definitivo accertamento della massa passiva e dei mezzi finanziari disponibili, di cui all'articolo 255, e comunque entro il termine di 24 mesi dall'insediamento, l'organo straordinario di liquidazione predispone il piano di estinzione delle passività, includendo le passività accertate successivamente all'esecutività del piano di rilevazione dei debiti e lo deposita presso il Ministero dell'interno.
7. Il piano di estinzione è sottoposto all'approvazione, entro 120 giorni dal deposito, del Ministro dell'interno, il quale valuta la correttezza della formazione della massa passiva e la correttezza e validità delle scelte nell'acquisizione di risorse proprie. Il Ministro dell'interno si avvale del parere consultivo da parte della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, la quale può formulare rilievi e richieste istruttorie cui l'organo straordinario di liquidazione è tenuto a rispondere entro sessanta giorni dalla comunicazione. In tale ipotesi il termine per l'approvazione del piano, di cui al presente comma, è sospeso.
8. Il decreto di approvazione del piano di estinzione da parte del Ministro dell'interno è notificato all'ente locale ed all'organo straordinario di liquidazione per il tramite della prefettura.
9. A seguito dell'approvazione del piano di estinzione l'organo straordinario di liquidazione provvede, entro 20 giorni dalla notifica del decreto, al pagamento delle residue passività, sino alla concorrenza della massa attiva realizzata.
10. Con l'eventuale decreto di diniego dell'approvazione del piano il Ministro dell'interno prescrive all'organo straordinario di liquidazione di presentare, entro l'ulteriore termine di sessanta giorni decorrenti dalla data di notifica del provvedimento, un nuovo piano di estinzione che tenga conto delle prescrizioni contenute nel provvedimento.
11. Entro il termine di sessanta giorni dall'ultimazione delle operazioni di pagamento, l'organo straordinario della liquidazione è tenuto ad approvare il rendiconto della gestione ed a trasmetterlo all'organo regionale di controllo ed all'organo di revisione contabile dell'ente, il quale è competente sul riscontro della liquidazione e verifica la rispondenza tra il piano di estinzione e l'effettiva liquidazione.
12. Nel caso in cui l'insufficienza della massa attiva, non diversamente rimediabile, è tale da compromettere il risanamento dell'ente, il Ministro dell'interno, su proposta della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, può stabilire misure straordinarie per il pagamento integrale della massa passiva della liquidazione, anche in deroga alle norme vigenti, comunque senza oneri a carico dello Stato.
Art. 660
Debiti non ammessi alla liquidazione Art. 257, decreto legislativo n. 267/2000

1. In allegato al provvedimento di approvazione di cui all'articolo 256, comma 8, sono individuate le pretese escluse dalla liquidazione.
2. Il consiglio dell'ente individua con propria delibera, da adottare entro 60 giorni dalla notifica del decreto di cui all'articolo 256, comma 8, i soggetti ritenuti responsabili di debiti esclusi dalla liquidazione, dandone contestuale comunicazione ai soggetti medesimi ed ai relativi creditori.
3 Se il consiglio non provvede nei termini di cui al comma 2 si applicano le disposizioni di cui all'articolo 136.
Art. 661
Modalità semplificate di accertamento e liquidazione dei debiti Art. 258, decreto legislativo n. 267/2000

1. L'organo straordinario di liquidazione, valutato l'importo complessivo di tutti i debiti censiti in base alle richieste pervenute, il numero delle pratiche relative, la consistenza della documentazione allegata ed il tempo necessario per il loro definitivo esame, può proporre all'ente locale dissestato l'adozione della modalità semplificata di liquidazione di cui al presente articolo. Con deliberazione di giunta l'ente decide entro trenta giorni ed in caso di adesione s'impegna a mettere a disposizione le risorse finanziare di cui al comma 2.
2. L'organo straordinario di liquidazione, acquisita l'adesione dell'ente locale, delibera l'accensione del mutuo di cui all'articolo 255, comma 2, nella misura necessaria agli adempimenti di cui ai successivi commi ed in relazione all'ammontare dei debiti censiti. L'ente locale dissestato è tenuto a deliberare l'accensione di un mutuo con la Cassa depositi e prestiti o con altri istituti di credito, con oneri a proprio carico, nel rispetto del limite del 40 per cento di cui all'articolo 255, comma 9, o, in alternativa, a mettere a disposizione risorse finanziarie liquide, per un importo che consenta di finanziare, insieme al ricavato del mutuo a carico dello Stato, tutti i debiti di cui al commi 3 e 4, oltre alle spese della liquidazione. E' fatta salva la possibilità di ridurre il mutuo a carico dell'ente.
3. L'organo straordinario di liquidazione, effettuata una sommaria delibazione sulla fondatezza del credito vantato, può definire transattivamente le pretese dei relativi creditori, anche periodicamente, offrendo il pagamento di una somma variabile tra il 40 ed il 60 per cento del debito, in relazione all'anzianità dello stesso, con rinuncia ad ogni altra pretesa, e con la liquidazione obbligatoria entro 30 giorni dalla conoscenza dell'accettazione della transazione. A tal fine, entro sei mesi dalla data di conseguita disponibilità del mutuo di cui all'articolo 255, comma 2, propone individualmente ai creditori, compresi quelli che vantano crediti privilegiati, fatta eccezione per i debiti relativi alle retribuzioni per prestazioni di lavoro subordinato che sono liquidate per intero, la transazione da accettare entro un termine prefissato comunque non superiore a 30 giorni. Ricevuta l'accettazione, l'organo straordinario di liquidazione provvede al pagamento nei trenta giorni successivi.
4. L'organo straordinario di liquidazione accantona l'importo del 50 per cento dei debiti per i quali non è stata accettata la transazione. L'accantonamento è elevato al 100 per cento per i debiti assistiti da privilegio.
5. Si applicano, per il seguito della procedura, le disposizioni degli articoli precedenti, fatta eccezione per quelle concernenti la redazione ed il deposito del piano di rilevazione. Effettuati gli accantonamenti di cui al comma 4, l'organo straordinario di liquidazione provvede alla redazione del piano di estinzione. Qualora tutti i debiti siano liquidati nell'ambito della procedura semplificata e non sussistono debiti esclusi in tutto o in parte dalla massa passiva, l'organo straordinario provvede ad approvare direttamente il rendiconto della gestione della liquidazione ai sensi dell'articolo 256, comma 11.
6. I debiti transatti ai sensi del comma 3 sono indicati in un apposito elenco allegato al piano di estinzione della massa passiva.
7. In caso di eccedenza di disponibilità si provvede alla riduzione dei mutui, con priorità per quello a carico dell'ente locale dissestato. E' restituita all'ente locale dissestato la quota di risorse finanziarie liquide dallo stesso messe a disposizione esuberanti rispetto alle necessità della liquidazione dopo il pagamento dei debiti.
Sezione IV BILANCIO STABILMENTE RIEQUILIBRATO
Art. 662
Ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato Art. 259, decreto legislativo n. 267/2000

1. Il consiglio dell'ente locale presenta al Ministro dell'interno, entro il termine perentorio di tre mesi dalla data di emanazione del decreto di cui all'articolo 252, un'ipotesi di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato.
2. L'ipotesi di bilancio realizza il riequilibrio mediante l'attivazione di entrate proprie e la riduzione delle spese correnti.
3. Per l'attivazione delle entrate proprie, l'ente provvede con le modalità di cui all'articolo 251, riorganizzando anche i servizi relativi all'acquisizione delle entrate ed attivando ogni altro cespite.
4. Le province ed i comuni per i quali le risorse di parte corrente, costituite dai trasferimenti in conto al fondo ordinario ed al fondo consolidato e da quella parte di tributi locali calcolata in detrazione ai trasferimenti erariali, sono disponibili in misura inferiore, rispettivamente, a quella media unica nazionale ed a quella media della fascia demografica di appartenenza, come definita con il decreto di cui all'articolo 263, comma 1, richiedono, con la presentazione dell'ipotesi, e compatibilmente con la quantificazione annua dei contributi a ciò destinati, l'adeguamento dei contributi statali alla media predetta, quale fattore del consolidamento finanziario della gestione.
5. Per la riduzione delle spese correnti l'ente locale riorganizza con criteri di efficienza tutti i servizi, rivedendo le dotazioni finanziarie ed eliminando, o quanto meno riducendo ogni previsione di spesa che non abbia per fine l'esercizio di servizi pubblici indispensabili. L'ente locale emana i provvedimenti necessari per il risanamento economico-finanziario degli enti od organismi dipendenti, nonché delle aziende speciali, nel rispetto della normativa specifica in materia.
6. L'ente locale, ugualmente ai fini della riduzione delle spese, ridetermina la dotazione organica dichiarando eccedente il personale comunque in servizio in sovrannumero rispetto ai rapporti medi dipendenti-popolazione di cui all'articolo 263, comma 2, fermo restando l'obbligo di accertare le compatibilità di bilancio. La spesa per il personale a tempo determinato deve altresì essere ridotta a non oltre il 50 per cento della spesa media sostenuta a tale titolo per l'ultimo triennio antecedente l'anno cui l'ipotesi si riferisce.
7. La rideterminazione della dotazione organica è sottoposta all'esame della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali per l'approvazione.
8. Il mancato rispetto degli adempimenti di cui al comma 6 comporta la denuncia dei fatti alla Procura regionale presso la Corte dei conti da parte del Ministero dell'interno. L'ente locale è autorizzato ad iscrivere nella parte entrata dell'ipotesi di bilancio un importo pari alla quantificazione del danno subito. E' consentito all'ente il mantenimento dell'importo tra i residui attivi sino alla conclusione del giudizio di responsabilità.
9. La Cassa depositi e prestiti e gli altri istituti di credito sono autorizzati, su richiesta dell'ente, a consolidare l'esposizione debitoria dell'ente locale, al 31 dicembre precedente, in un ulteriore mutuo decennale, con esclusione delle rate di ammortamento già scadute. Conservano validità i contributi statali e regionali già concessi in relazione ai mutui preesistenti.
10. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, possono porre a proprio carico oneri per la copertura di posti negli enti locali dissestati in aggiunta a quelli di cui alla dotazione organica rideterminata, ove gli oneri predetti siano previsti per tutti gli enti operanti nell'ambito della medesima regione o provincia autonoma.
11. Per le province ed i comuni il termine di cui al comma 1 è sospeso a seguito di indizione di elezioni amministrative per l'ente, dalla data di indizione dei comizi elettorali e sino all'insediamento dell'organo esecutivo.
Art. 663
Collocamento in disponibilità del personale eccedente Art. 260, decreto legislativo n. 267/2000

1. I dipendenti dichiarati in eccedenza ai sensi dell'articolo 259, comma 6, sono collocati in disponibilità. Ad essi si applicano le vigenti disposizioni, così come integrate dai contratti collettivi di lavoro, in tema di eccedenza di personale e di mobilità collettiva o individuale.
2. Il Ministero dell'interno assegna all'ente locale per il personale posto in disponibilità un contributo pari alla spesa relativa al trattamento economico con decorrenza dalla data della deliberazione e per tutta la durata della disponibilità. Analogo contributo, per la durata del rapporto di lavoro, è corrisposto all'ente locale presso il quale il personale predetto assume servizio.
Art. 664
Istruttoria e decisione sull'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato Art. 261, decreto legislativo n. 267/2000

1. L'ipotesi di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato è istruita dalla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, che formula eventuali rilievi o richieste istruttorie, cui l'ente locale fornisce risposta entro sessanta giorni.
2. Entro il termine di quattro mesi la Commissione esprime un parere sulla validità delle misure disposte dall'ente per consolidare la propria situazione finanziaria e sulla capacità delle misure stesse di assicurare stabilità alla gestione finanziaria dell'ente medesimo. La formulazione di rilievi o richieste di cui al comma 1 sospende il decorso del termine.
3. In caso di esito positivo dell'esame la Commissione sottopone l'ipotesi all'approvazione del Ministro dell'interno che vi provvede con proprio decreto, stabilendo prescrizioni per la corretta ed equilibrata gestione dell'ente.
4. In caso di esito negativo dell'esame da parte della Commissione il Ministro dell'interno emana un provvedimento di diniego dell'approvazione, prescrivendo all'ente locale di presentare, previa deliberazione consiliare, entro l'ulteriore termine perentorio di quarantacinque giorni decorrenti dalla data di notifica del provvedimento di diniego, una nuova ipotesi di bilancio idonea a rimuovere le cause che non hanno consentito il parere favorevole. La mancata approvazione della nuova ipotesi di bilancio ha carattere definitivo.
5. Con il decreto di cui al comma 3 è disposto l'eventuale adeguamento dei contributi alla media previsto dall'articolo 259, comma 4.
Art. 665
Determinazione delle medie nazionali per classi demografiche delle risorse di parte corrente e della consistenza delle dotazioni organiche Art. 263, decreto legislativo n. 267/2000

1. Con decreto a cadenza triennale il Ministro dell'interno individua le medie nazionali annue, per classe demografica per i comuni ed uniche per le province, delle risorse di parte corrente di cui all'articolo 259, comma 4.
2. Con decreto a cadenza triennale il Ministro dell'interno individua con proprio decreto la media nazionale per classe demografica della consistenza delle dotazioni organiche per comuni e province ed i rapporti medi dipendenti-popolazione per classe demografica, validi per gli enti in condizione di dissesto ai fini di cui all'articolo 259, comma 6. In ogni caso agli enti spetta un numero di dipendenti non inferiore a quello spettante agli enti di maggiore dimensione della fascia demografica precedente.
Sezione V PRESCRIZIONI E LIMITI CONSEGUENTI AL RISANAMENTO
Art. 666
Deliberazione del bilancio di previsione stabilmente riequilibrato Art. 264, decreto legislativo n. 267/2000

1. A seguito dell'approvazione ministeriale dell'ipotesi di bilancio l'ente provvede entro 30 giorni alla deliberazione del bilancio dell'esercizio cui l'ipotesi si riferisce.
2. Con il decreto di cui all'articolo 261, comma 3, è fissato un termine, non superiore a 120 giorni, per la deliberazione di eventuali altri bilanci di previsione o rendiconti non deliberati dall'ente nonché per la presentazione delle relative certificazioni.
Art. 667
Durata della procedura di risanamento ed attuazione delle prescrizioni recate dal decreto di approvazione dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato Art. 265, decreto legislativo n. 267/2000

1. Il risanamento dell'ente locale dissestato ha la durata di cinque anni decorrenti da quello per il quale viene redatta l'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato. Durante tale periodo è garantito il mantenimento dei contributi erariali.
2. Le prescrizioni contenute nel decreto di approvazione dell'ipotesi di bilancio sono eseguite dagli amministratori, ordinari o straordinari, dell'ente locale, con l'obbligo di riferire sullo stato di attuazione in un apposito capitolo della relazione sul rendiconto annuale.
3. L'organo della revisione riferisce trimestralmente al consiglio dell'ente ed all'organo regionale di controllo.
4. L'inosservanza delle prescrizioni contenute nel decreto del Ministro dell'interno di cui all'articolo 261, comma 3, comporta la segnalazione dei fatti all'Autorità giudiziaria per l'accertamento delle ipotesi di reato.
Art. 668
Prescrizioni in materia di investimenti Art. 266, decreto legislativo n. 267/2000

1. Dall'emanazione del decreto di cui all'articolo 261, comma 3, e per la durata del risanamento come definita dall'articolo 265 gli enti locali dissestati possono procedere all'assunzione di mutui per investimento ed all'emissione di prestiti obbligazionari nelle forme e nei modi consentiti dalla legge.
Art. 669
Prescrizioni sulla dotazione organica Art. 267, decreto legislativo n. 267/2000

1. Per la durata del risanamento, come definita dall'articolo 265, la dotazione organica rideterminata ai sensi dell'articolo 259 non può essere variata in aumento.
Art. 670
Ricostituzione di disavanzo di amministrazione o di debiti fuori bilancio Art. 268, decreto legislativo n. 267/2000

1. Il ricostituirsi di disavanzo di amministrazione non ripianabile con i mezzi di cui all'articolo 193, o l'insorgenza di debiti fuori bilancio non ripianabili con le modalità di cui all'articolo 194, o il mancato rispetto delle prescrizioni di cui agli articoli 259, 265, 266 e 267, comportano da parte dell'organo regionale di controllo la segnalazione dei fatti all'Autorità giudiziaria per l'accertamento delle ipotesi di reato e l'invio degli atti alla Corte dei conti per l'accertamento delle responsabilità sui fatti di gestione che hanno determinato nuovi squilibri.
2. Nei casi di cui al comma 1 il Ministro dell'interno con proprio decreto, su proposta della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, stabilisce le misure necessarie per il risanamento, anche in deroga alle norme vigenti, comunque senza oneri a carico dello Stato, valutando il ricorso alle forme associative e di collaborazione tra enti locali di cui agli articoli da 30 a 34.
Art. 671
Procedura straordinaria per fronteggiare ulteriori passività Art. 268 bis, decreto legislativo n. 267/2000 (art. 3 bis, decreto legge n. 13/2002, convertito dalla legge n. 75/2002 e art. 1-septies, decreto legge n. 44/2005, convertito dalla legge n. 88/2005)

1. Nel caso in cui l'organo straordinario di liquidazione non possa concludere entro i termini di legge la procedura del dissesto per l'onerosità degli adempimenti connessi alla compiuta determinazione della massa attiva e passiva dei debiti pregressi, il Ministro dell'interno, d'intesa con il sindaco dell'ente locale interessato, dispone con proprio decreto una chiusura anticipata e semplificata della procedura del dissesto con riferimento a quanto già definito entro il trentesimo giorno precedente il provvedimento. Il provvedimento fissa le modalità della chiusura, tenuto conto del parere della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali.
1-bis. Nel caso in cui l'organo straordinario di liquidazione abbia approvato il rendiconto senza che l'ente possa raggiungere un reale risanamento finanziario, il Ministro dell'interno, d'intesa con il sindaco dell'ente locale interessato, dispone con proprio decreto, sentito il parere della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, la prosecuzione della procedura del dissesto.
2. La prosecuzione della gestione è affidata ad una apposita commissione, nominata dal Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell'interno, oltre che nei casi di cui al comma 1, anche nella fattispecie prevista dall'articolo 268 ed in quelli in cui la massa attiva sia insufficiente a coprire la massa passiva o venga accertata l'esistenza di ulteriori passività pregresse.
3. La commissione è composta da tre membri e dura in carica un anno, prorogabile per un altro anno. In casi eccezionali, su richiesta motivata dell'ente, può essere consentita una ulteriore proroga di un anno. I componenti sono scelti fra gli iscritti nel registro dei revisori contabili con documentata esperienza nel campo degli enti locali. Uno dei componenti, avente il requisito prescritto, è proposto dal Ministro dell'interno su designazione del sindaco dell'ente locale interessato.
4. L'attività gestionale ed i poteri dell'organo previsto dal comma 2 sono regolati dalla normativa di cui al presente titolo VIII. Il compenso spettante ai commissari è definito con decreto del Ministro dell'interno ed è corrisposto con onere a carico della procedura anticipata di cui al comma 1.
5. Ai fini dei commi 1, 1-bis e 2 l'ente locale dissestato accantona apposita somma, considerata spesa eccezionale a carattere straordinario, nei bilanci annuale e pluriennale. La somma è resa congrua ogni anno con apposita delibera dell'ente con accantonamenti nei bilanci stessi. I piani di impegno annuale e pluriennale sono sottoposti per il parere alla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali e sono approvati con decreto del Ministro dell'interno. Nel caso in cui i piani risultino inidonei a soddisfare i debiti pregressi, il Ministro dell'interno con apposito decreto, su parere della predetta Commissione, dichiara la chiusura del dissesto.
Art. 672
Effetti del ricorso alla procedura straordinaria di cui all'articolo 268-bis Art. 268 ter, decreto legislativo n. 267/2000 (art. 1-ter, decreto legge n. 50/2003, convertito dalla legge n. 116/2003)

1. Per gli enti i quali si avvalgono della procedura straordinaria prevista nell'articolo 268-bis vanno presi in conto, nella prosecuzione della gestione del risanamento, tutti i debiti comunque riferiti ad atti e fatti di gestione avvenuti entro il 31 dicembre dell'anno antecedente all'ipotesi di bilancio riequilibrato, anche se accertati successivamente allo svolgimento della procedura ordinaria di rilevazione della massa passiva. Questi debiti debbono comunque essere soddisfatti con i mezzi indicati nel comma 5 dello stesso articolo 268-bis, nella misura che con la stessa procedura è definita.
2. Sempre che l'ente si attenga alle disposizioni impartite ai sensi dell'articolo 268-bis, comma 5, non è consentito procedere all'assegnazione, a seguito di procedure esecutive, di ulteriori somme, maggiori per ciascun anno rispetto a quelle che risultano dall'applicazione del citato comma 5.
3. Fino alla conclusione della procedura prevista nell'articolo 268-bis, comma 5, nelle more della definizione dei provvedimenti previsti nel predetto articolo, per gli enti che si avvalgono di tale procedura o che comunque rientrano nella disciplina del comma 2 del medesimo articolo, non sono ammesse procedure di esecuzione o di espropriazione forzata, a pena di nullità, riferite a debiti risultanti da atti o fatti verificatisi entro il 31 dicembre dell'anno precedente quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato. Il divieto vale fino al compimento della procedura di cui al comma 5 del citato articolo 268-bis e comunque entro i limiti indicati nel decreto del Ministro dell'interno di cui allo stesso articolo 268-bis, comma 5, terzo periodo.
4. E' consentito in via straordinaria agli enti locali già dissestati di accedere alla procedura di cui all'articolo 268-bis ove risulti l'insorgenza di maggiori debiti riferiti ad atti o fatti di gestione avvenuti entro il 31 dicembre dell'anno antecedente a quello del bilancio riequilibrato, tenuto conto anche di interessi, rivalutazioni e spese legali. A tal fine i consigli degli enti interessati formulano al Ministero dell'interno documentata richiesta in cui, su conforme parere del responsabile del servizio finanziario e dell'organo di revisione, è dato atto del fatto che non sussistono mezzi sufficienti a far fronte all'evenienza. Si applicano in tal caso agli enti locali, oltre alle norme di cui all'articolo 268-bis, quelle contenute nel presente articolo.
Art. 673
Modalità applicative della procedura di risanamento Art. 269, decreto legislativo n. 267/2000

1. Le modalità applicative della procedura di risanamento degli enti locali in stato di dissesto finanziario sono stabilite con regolamento da emanarsi ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400.
2. Nelle more dell'emanazione del regolamento di cui al comma 1 continuano ad applicarsi, in quanto compatibili, le disposizioni recate dal decreto del Presidente della Repubblica 24 agosto 1991, n. 378.
Titolo VIII FUNZIONI LOCALI DISCIPLINATE DA NORME STATALI. GIURISDIZIONE CONTABILE
Capo I FUNZIONI LOCALI DISCIPLINATE DA FONTI STATALI
Sezione I NORME GENERALI
Art. 674
Organi dell'Amministrazione statale Art. 60, legge regionale n. 9/1986

Nell'ambito delle province regionali restano salve le attribuzioni degli organi dell'Amministrazione dello Stato.
Art. 675
Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori Art. 1, legge 13 maggio 1978, n. 180

Gli accertamenti e i trattamenti sanitari sono volontari.
Nei casi di cui alla presente legge e in quelli espressamente previsti da leggi dello Stato possono essere disposti dall'autorità sanitaria accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori nel rispetto della dignità della persona e dei diritti civili e politici garantiti dalla Costituzione, compreso per quanto possibile il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura.
Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori a carico dello Stato e di enti o istituzioni pubbliche sono attuati dai presidi sanitari pubblici territoriali e, ove necessiti la degenza, nelle strutture ospedaliere pubbliche o convenzionate.
Nel corso del trattamento sanitario obbligatorio chi vi è sottoposto ha diritto di comunicare con chi ritenga opportuno.
Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori di cui ai precedenti commi devono essere accompagnati da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi è obbligato.
Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori sono disposti con provvedimento del sindaco, nella sua qualità di autorità sanitaria locale, su proposta motivata di un medico.
Art. 676
Autorità locali di pubblica sicurezza Art. 15, legge 1 aprile 1981, n. 121

Sono autorità locali di pubblica sicurezza il questore nel capoluogo di provincia e i funzionari preposti ai commissariati di polizia aventi competenza negli altri comuni.
Ove non siano istituiti commissariati di polizia, le attribuzioni di autorità locale di pubblica sicurezza sono esercitate dal sindaco quale ufficiale di Governo.
Quando eccezionali esigenze di servizio lo richiedono, il prefetto, o il questore su autorizzazione del prefetto, può inviare funzionari della Polizia di Stato, nei comuni di cui al comma precedente, per assumere temporaneamente la direzione dei servizi di pubblica sicurezza. Resta in tale caso sospesa la competenza dell'autorità locale di pubblica sicurezza.
Le autorità provinciali di pubblica sicurezza, ai fini dell'ordine e della sicurezza pubblica e della prevenzione e difesa dalla violenza eversiva, sollecitano la collaborazione delle amministrazioni locali e mantengono rapporti con i sindaci dei comuni.
Art. 677
Compiti del comune per servizi di competenza statale Art. 14, decreto legislativo n. 267/2000

1. Il comune gestisce i servizi elettorali, di stato civile, di anagrafe, di leva militare e di statistica.
2. Le relative funzioni sono esercitate dal sindaco quale ufficiale del Governo, ai sensi dell'articolo 54.
3. Ulteriori funzioni amministrative per servizi di competenza statale possono essere affidate ai comuni dalla legge che regola anche i relativi rapporti finanziari, assicurando le risorse necessarie.
Art. 678
Titolo di città Art. 18, decreto legislativo n. 267/2000

1. Il titolo di città può essere concesso con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell'interno ai comuni insigni per ricordi, monumenti storici e per l'attuale importanza.
Art. 679
Attribuzioni del sindaco nei servizi di competenza statale Art. 54, decreto legislativo n. 267/2000

1. Il sindaco, quale ufficiale del Governo, sovraintende:
a) alla tenuta dei registri di stato civile e di popolazione ed agli adempimenti demandatigli dalle leggi in materia elettorale, di leva militare e di statistica;
b) alla emanazione degli atti che gli sono attribuiti dalle leggi e dai regolamenti in materia di ordine e di sicurezza pubblica;
c) allo svolgimento, in materia di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria, delle funzioni affidategli dalla legge;
d) alla vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza e l'ordine pubblico, informandone il prefetto.
2. Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta, con atto motivato e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico, provvedimenti contingibili e urgenti al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità dei cittadini; per l'esecuzione dei relativi ordini può richiedere al prefetto, ove occorra, l'assistenza della forza pubblica.
3. In casi di emergenza, connessi, con il traffico e/o con l'inquinamento atmosferico o acustico, ovvero quando a causa di circostanze straordinarie si verifichino particolari necessità dell'utenza, il sindaco può modificare gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d'intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, adottando i provvedimenti di cui al comma 2.
4. Se l'ordinanza adottata ai sensi del comma 2 è rivolta a persone determinate e queste non ottemperano all'ordine impartito, il sindaco può provvedere d'ufficio a spese degli interessati, senza pregiudizio dell'azione penale per i reati in cui fossero incorsi.
5. Chi sostituisce il sindaco esercita anche le funzioni di cui al presente articolo.
6. Nell'ambito dei servizi di cui al presente articolo, il prefetto può disporre ispezioni per accertare il regolare funzionamento dei servizi stessi nonché per l'acquisizione di dati e notizie interessanti altri servizi di carattere generale.
7. Nelle materie previste dalle lettere a), b), c) e d) del comma 1, nonché dall'articolo 14, il sindaco, previa comunicazione al prefetto, può delegare l'esercizio delle funzioni ivi indicate al presidente del consiglio circoscrizionale; ove non siano costituiti gli organi di decentramento comunale, il sindaco può conferire la delega ad un consigliere comunale per l'esercizio delle funzioni nei quartieri e nelle frazioni.
8. Ove il sindaco o chi ne esercita le funzioni non adempia ai compiti di cui al presente articolo, il prefetto può nominare un commissario per l'adempimento delle funzioni stesse.
9. Alle spese per il commissario provvede l'ente interessato.
10. Ove il sindaco non adotti i provvedimenti di cui al comma 2, il prefetto provvede con propria ordinanza.
Art. 680
Trasferimento di competenze dal prefetto al sindaco Art. 12, legge 3 agosto 1999, n. 265

1. Sono trasferite al sindaco le competenze del prefetto in materia di informazione della popolazione su situazioni di pericolo per calamità naturali, di cui all'articolo 36 del regolamento di esecuzione della legge 8 dicembre 1970, n. 996, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 febbraio 1981, n. 66.
Art. 681
Funzioni in materia di igiene e sanità pubblica Art. 40, legge regionale n. 30/1993

1. Le funzioni in materia di igiene e sanità pubblica, non espressamente riservate allo Stato ed alla Regione, ivi comprese quelle demandate agli uffici del medico provinciale o dell'ufficiale sanitario, nonché quelle di cui all'articolo 7 della legge n. 833 del 1978, sono attribuite alle unità sanitarie locali, ferme restando le attribuzioni di ciascun sindaco quale autorità sanitaria locale.
2. L'Assessore regionale per la sanità emana ordinanze di carattere contingibile ed urgente, dandone immediata comunicazione al Presidente della Regione, in materia di igiene e sanità pubblica, igiene e sanità pubblica veterinaria e polizia veterinaria con efficacia estesa al territorio dell'intera regione o al territorio di più comuni. L'esecuzione delle predette ordinanze è demandata ai sindaci dei comuni interessati. Qualora non venga data esecuzione a detti provvedimenti nei termini previsti, l'Assessore regionale per la sanità provvede direttamente attraverso la nomina di un commissario ad acta.
3. Sono attribuite nel settore dell'igiene e sanità pubblica all'Assessorato regionale della sanità le funzioni di coordinamento, indirizzo e programmazione, nonché ogni competenza attribuita alla Regione in materia dalle leggi vigenti.
4. In materia di igiene e sanità pubblica, igiene e sanità pubblica veterinaria e polizia veterinaria spetta al sindaco l'emanazione delle ordinanze di carattere contingibile e urgente con efficacia estesa al territorio comunale, a norma dell'articolo 32 della legge n. 833 del 1978 nonché l'emanazione di provvedimenti, ivi compresi quelli già demandati ai medici provinciali e agli ufficiali sanitari, che comportano l'uso dei poteri autorizzativi, prescrittivi e di concessione, che non siano conseguenti a mera ricognizione di presupposti fissati da legge o da regolamento. Per lo svolgimento delle attività istruttorie inerenti all'esercizio delle funzioni di cui al presente articolo, i sindaci si avvalgono dei presidi e settori della competente unità sanitaria locale e, prioritariamente, del personale di cui all'articolo 5 del decreto legge 29 dicembre 1990, n. 415, convertito dalla legge 26 febbraio 1991, n. 58. Tutti i provvedimenti per i quali non sia prevista per legge la specifica competenza del sindaco, sono adottati dall'unità sanitaria locale.
5. L'organo di gestione di ciascuna unità sanitaria locale in base ad uno schema predisposto, entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, dall'Assessorato regionale della sanità, di concerto con l'Assessorato regionale del territorio, approva il regolamento di igiene secondo le esigenze locali, previo parere dei comuni interessati che si intende espresso favorevolmente se non reso entro sessanta giorni dalla richiesta.
6. Spettano alle aziende unità sanitarie locali tutte le attività in materia di igiene e sanità di cui al comma 1 e di vigilanza sulle farmacie, ivi comprese quelle già di competenza dei medici provinciali e degli ufficiali sanitari, nonché le attività istruttorie, di vigilanza e controllo in relazione alle attribuzioni del sindaco previste dal comma 4.
7. L'organo di gestione dell'unità sanitaria locale, nel rispetto delle norme del decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 21 della legge n. 833 del 1978, individua il personale dell'unità sanitaria locale in servizio presso il settore igiene, sanità pubblica, assistenza sanitaria collettiva in ambienti di vita e di lavoro e presso il settore sanità pubblica veterinaria, per lo svolgimento delle attività ispettive di vigilanza e di controllo in materia di igiene e sanità.
8. Il personale di cui al comma 7 nell'esercizio delle funzioni già di competenza dei medici provinciali, degli ufficiali sanitari, dei veterinari provinciali e dei veterinari comunali e dei vigili sanitari, provinciali e comunali, nei limiti del servizio cui è destinato e secondo le attribuzioni ad esso conferite, svolge le funzioni di ufficiale o agente di polizia giudiziaria, ai sensi dell'articolo 57 del codice di procedura penale.
9. Con decreto dell'Assessore regionale per la sanità, che sarà adottato entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, saranno emanate le direttive per l'applicazione del presente articolo.
10. Nelle commissioni, nei collegi e nei comitati previsti dalla vigente legislazione, i medici provinciali e gli ufficiali sanitari sono sostituiti dal responsabile del settore sanitario competente per materia dell'unità sanitaria locale territorialmente competente o per sua delega da altro medico del settore.
Sezione II ORDINAMENTO DEI SEGRETARI DEI COMUNI E DELLE PROVINCE REGIONALI
Art. 682
Art. 1, legge regionale n. 48/1991

1. Le disposizioni dell'ordinamento amministrativo degli enti locali, approvato con legge regionale 15 marzo 1963, n. 16, e della legge regionale 6 marzo 1986, n. 9, e loro successive modificazioni ed integrazioni, sono modificate ed integrate dalle norme della legge 8 giugno 1990, n. 142, contenute negli articoli:
(omissis)
h) (omissis)
52, fatte salve le attribuzioni di cui alle disposizioni del D. Lv. Lgt. 22 febbraio 1946, n. 123, e del D.Lv. C.P.S. 30 giugno 1947, n. 567;
(omissis)
Art. 683
Albo nazionale Art. 98, decreto legislativo n. 267/2000

1. L'albo nazionale dei segretari comunali e provinciali, al quale si accede per concorso, è articolato in sezioni regionali.
2. Il numero complessivo degli iscritti all'albo non può essere superiore al numero dei comuni e delle province ridotto del numero delle sedi unificate, maggiorato di una percentuale determinata ogni due anni dal consiglio di amministrazione dell'Agenzia di cui all'articolo 102 e funzionale all'esigenza di garantire una adeguata opportunità di scelta da parte dei sindaci e dei presidenti di provincia.
3. I comuni possono stipulare convenzioni per l'ufficio di segretario comunale comunicandone l'avvenuta costituzione alla sezione regionale dell'Agenzia.
4. L'iscrizione all'albo è subordinata al possesso dell'abilitazione concessa dalla Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale ovvero dalla sezione autonoma della Scuola superiore dell'amministrazione dell'interno.
5. Al relativo corso si accede mediante concorso nazionale a cui possono partecipare i laureati in giurisprudenza, scienze politiche, economia.
Art. 684
Nomina Art. 99, decreto legislativo n. 267/2000

1. Il sindaco e il presidente della provincia nominano il segretario, che dipende funzionalmente dal capo dell'amministrazione, scegliendolo tra gli iscritti all'albo di cui all'articolo 98.
2. Salvo quanto disposto dall'articolo 100, la nomina ha durata corrispondente a quella del mandato del sindaco o del presidente della provincia che lo ha nominato. Il segretario cessa automaticamente dall'incarico con la cessazione del mandato del sindaco e del presidente della provincia, continuando ad esercitare le funzioni sino alla nomina del nuovo segretario.
3. La nomina è disposta non prima di sessanta giorni e non oltre centoventi giorni dalla data di insediamento del sindaco e del presidente della provincia, decorsi i quali il segretario è confermato.
Art. 685
Revoca Art. 100, decreto legislativo n. 267/2000

1. Il segretario può essere revocato con provvedimento motivato del sindaco o del presidente della provincia, previa deliberazione della giunta, per violazione dei doveri d'ufficio.
Art. 686
Disponibilità e mobilità Art. 101, decreto legislativo n. 267/2000 (art. 7, legge n. 145/2002, art. 3-quater, decreto legge n. 136/2004, convertito dalla legge n. 186/2004 e art. 1, legge n. 311/2004)

1. Il segretario comunale o provinciale non confermato, revocato o comunque privo di incarico è collocato in posizione di disponibilità per la durata massima di due anni.
2. Durante il periodo di disponibilità rimane iscritto all'albo ed è posto a disposizione dell'Agenzia autonoma di cui all'articolo 102 per le attività dell'Agenzia stessa o per l'attività di consulenza, nonché per incarichi di supplenza e di reggenza, ovvero per l'espletamento di funzioni corrispondenti alla qualifica rivestita presso altre amministrazioni pubbliche che lo richiedano con oneri a carico dell'ente presso cui presta servizio. Per il periodo di disponibilità al segretario compete il trattamento economico in godimento in relazione agli incarichi conferiti.
2-bis. Durante il periodo in cui il segretario comunale o provinciale è utilizzato in posizione di distacco, comando, aspettativa, fuori ruolo o altra analoga posizione presso altre amministrazioni pubbliche e in ogni altro caso previsto dalla legge, il termine di collocamento in disponibilità resta sospeso.
3. Nel caso di collocamento in disponibilità per mancato raggiungimento di risultati imputabile al segretario oppure motivato da gravi e ricorrenti violazioni dei doveri d'ufficio, allo stesso, salva diversa sanzione, compete il trattamento economico tabellare spettante per la sua qualifica detratti i compensi percepiti a titolo di indennità per l'espletamento degli incarichi di cui al comma 2.
4. Decorsi due anni senza che abbia preso servizio in qualità di titolare in altra sede il segretario viene collocato d'ufficio in mobilità presso altre pubbliche amministrazioni nella piena salvaguardia della posizione giuridica ed economica.
4-bis. Le disposizioni di cui all'articolo 23-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, si applicano ai segretari comunali e provinciali equiparati ai dirigenti statali ai fini delle procedure di mobilità per effetto del contratto collettivo nazionale di lavoro. Alla cessazione dell'incarico, il segretario comunale o provinciale viene collocato nella posizione di disponibilità nell'ambito dell'albo di appartenenza.
Art. 687
Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali Art. 102, decreto legislativo n. 267/2000 (art. 2, decreto legge n. 392/2000, convertito dalla legge n. 26/2001 e art. 5, legge n. 3/2003)

1. E' istituita l'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, avente personalità giuridica di diritto pubblico e sottoposta alla vigilanza del Ministero dell'interno.
2. L'Agenzia è gestita da un consiglio di amministrazione, nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e composto da due sindaci nominati dall'Anci, da un presidente di provincia designato dall'Upi, da tre segretari comunali e provinciali eletti tra gli iscritti all'albo e da tre esperti designati dalla Conferenza Stato-città e autonomie locali. Il consiglio elegge nel proprio seno un presidente e un vicepresidente.
3. Con la stessa composizione e con le stesse modalità sono costituiti i consigli di amministrazione delle sezioni regionali.
4. L'Agenzia, con deliberazione del consiglio nazionale di amministrazione, può adeguare la dotazione organica in relazione alle esigenze di funzionamento, entro i limiti derivanti dalle disponibilità di bilancio. Al reclutamento del personale, ferma restando l'utilizzazione delle procedure e degli istituti previsti dal comma 2, lettera a), dell'articolo 103, si provvede anche con le modalità previste dall'articolo 36 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, nel rispetto della disciplina programmatoria delle assunzioni del personale prevista dall'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni.
5. All'Agenzia è attribuito un fondo finanziario di mobilità a carico degli enti locali, disciplinato dal regolamento di cui all'articolo 103, percentualmente determinato sul trattamento economico del segretario dell'ente, graduato in rapporto alla dimensione dell'ente, e definito in sede di accordo contrattuale.
6. Per il proprio funzionamento e per quello della Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale l'Agenzia si avvale del fondo di mobilità di cui al comma 5 a cui sono attribuiti i proventi dei diritti di segreteria di cui all'articolo 42 della legge 8 giugno 1962, n. 604, e successive modificazioni.
Art. 688
Organizzazione e funzionamento dell'Agenzia autonoma Art. 103, decreto legislativo n. 267/2000

1. Salvo quanto previsto dal presente testo unico, sono disciplinati con regolamento, emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro competente, sentite le organizzazioni sindacali e le rappresentanze degli enti locali, l'organizzazione, il funzionamento e l'ordinamento contabile dell'Agenzia, l'amministrazione dell'albo e la sua articolazione in sezioni e in fasce professionali, le modalità di svolgimento dei concorsi per l'iscrizione all'albo, il passaggio tra le fasce professionali, il procedimento disciplinare e le modalità di utilizzazione dei segretari non chiamati a ricoprire sedi di segreteria.
2. Il regolamento si conforma ai seguenti principi e criteri direttivi:
a) reclutamento del personale da destinare all'Agenzia mediante utilizzo delle procedure in materia di mobilità, ricorrendo prioritariamente, anche in deroga alle disposizioni dell'ordinamento speciale, al personale dell'amministrazione civile dell'interno, utilizzando anche l'istituto del comando o del fuori ruolo;
b) previsione di un esame di idoneità per l'iscrizione all'albo riservato ai frequentatori dei corsi promossi dalla Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale ovvero dalla sezione autonoma della Scuola superiore dell'amministrazione dell'interno;
c) disciplina dell'ordinamento contabile dell'Agenzia anche in deroga alle disposizioni sulla contabilità generale dello Stato, fermo restando l'obbligo di sottoporre il rendiconto della gestione finanziaria al controllo della Corte dei conti;
d) utilizzazione in via prioritaria dei segretari non chiamati a ricoprire sedi di segreteria per le esigenze dell'Agenzia e per incarichi di supplenza e di reggenza, ovvero per l'espletamento di funzioni corrispondenti alla qualifica rivestita presso altre amministrazioni pubbliche con oneri retributivi a loro carico.
Art. 689
Scuola superiore della pubblica amministrazione locale e scuole regionali e interregionali Art. 104, decreto legislativo n. 267/2000

1. L'organizzazione, il funzionamento e l'ordinamento contabile della Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale e delle scuole di cui al comma 2 sono disciplinati con regolamento, determinando i criteri per l'eventuale stipula di convenzioni per l'attività formativa anche in sede decentrata con istituti, enti, società di formazione e ricerca.
2. L'Agenzia istituisce scuole regionali ed interregionali per la formazione e la specializzazione dei segretari comunali e provinciali e dei dirigenti della pubblica amministrazione locale ovvero può avvalersi, previa convenzione, della sezione autonoma della Scuola superiore dell'amministrazione dell'interno.
Sezione III ASSOCIAZIONI DEGLI ENTI LOCALI
Art. 690
Contributi associativi Art. 270, decreto legislativo n. 267/2000

1. I contributi, stabiliti con delibera dagli organi statutari competenti dell'Anci, dell'Upi, dell'Aiccre, (omissis) della Cispel, delle altre associazioni degli enti locali e delle loro aziende con carattere nazionale che devono essere corrisposti dagli enti associati possono essere riscossi con ruoli formati ai sensi del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, ed affidati ai concessionari del servizio nazionale di riscossione. Gli enti anzidetti hanno l'obbligo di garantire, sul piano nazionale, adeguate forme di pubblicità relative alle adesioni e ai loro bilanci annuali.
2. La riscossione avviene mediante ruoli, anche in unica soluzione, su richiesta dei consigli delle associazioni suddette, secondo le modalità stabilite nel decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46.
3. Gli enti associati hanno diritto di recedere dalle associazioni entro il 31 ottobre di ogni anno, con conseguente esclusione dai ruoli dall'1 gennaio dell'anno successivo.
Art. 691
Sedi associative Art. 271, decreto legislativo n. 267/2000

1. Gli enti locali, le loro aziende e le associazioni dei comuni presso i quali hanno sede sezioni regionali e provinciali dell'Anci, dell'Upi, dell'Aiccre, (omissis), della Cispel e sue federazioni, possono con apposita deliberazione, da adottarsi dal rispettivo consiglio, mettere a disposizione gratuita per tali sedi locali di loro proprietà ed assumere le relative spese di illuminazione, riscaldamento, telefoniche e postali a carico del proprio bilancio.
2. Gli enti locali, le loro aziende e associazioni dei comuni possono disporre il distacco temporaneo, a tempo pieno o parziale, di propri dipendenti presso gli organismi nazionali e regionali dell'Anci, dell'Upi, dell'Aiccre, (omissis), della Cispel e sue federazioni, ed autorizzarli a prestare la loro collaborazione in favore di tali associazioni. I dipendenti distaccati mantengono la posizione giuridica ed il corrispondente trattamento economico, a cui provvede l'ente di appartenenza. Gli enti di cui sopra possono inoltre autorizzare, a proprie spese, la partecipazione di propri dipendenti a riunioni delle associazioni sopra accennate.
3. Le associazioni di cui al comma 2 non possono utilizzare più di dieci dipendenti distaccati dagli enti locali o dalle loro aziende presso le rispettive sedi nazionali e non più di tre dipendenti predetti presso ciascuna sezione regionale.
Art. 692
Attività delle associazioni nella cooperazione allo sviluppo Art. 272, decreto legislativo n. 267/2000

1. L'Anci e l'Upi possono essere individuate quali soggetti idonei a realizzare programmi del Ministero degli affari esteri relativi alla cooperazione dell'Italia con i Paesi in via di sviluppo, di cui alla legge 26 febbraio 1987, n. 49, e successive modificazioni, nonché ai relativi regolamenti di esecuzione. A tal fine il competente ufficio del Ministero degli affari esteri è autorizzato a stipulare apposite convenzioni che prevedano uno stanziamento globale da utilizzare per iniziative di cooperazione da attuarsi anche da parte dei singoli associati.
2. I comuni e le province possono destinare un importo non superiore allo 0.80 per cento della somma dei primi tre titoli delle entrate correnti dei propri bilanci di previsione per sostenere programmi di cooperazione allo sviluppo ed interventi di solidarietà internazionale.
Capo II GIURISDIZIONE CONTABILE
Sezione I CORTE DEI CONTI
Art. 693
Responsabilità patrimoniale Art. 93, decreto legislativo n. 267/2000

1. Per gli amministratori e per il personale degli enti locali si osservano le disposizioni vigenti in materia di responsabilità degli impiegati civili dello Stato.
2. Il tesoriere ed ogni altro agente contabile che abbia maneggio di pubblico denaro o sia incaricato della gestione dei beni degli enti locali, nonché coloro che si ingeriscano negli incarichi attribuiti a detti agenti devono rendere il conto della loro gestione e sono soggetti alla giurisdizione della Corte dei conti secondo le norme e le procedure previste dalle leggi vigenti.
3. Gli agenti contabili degli enti locali, salvo che la Corte dei conti lo richieda, non sono tenuti alla trasmissione della documentazione occorrente per il giudizio di conto di cui all'articolo 74 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, ed agli articoli 44 e seguenti del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214.
4. L'azione di responsabilità si prescrive in cinque anni dalla commissione del fatto. La responsabilità nei confronti degli amministratori e dei dipendenti dei comuni e delle province è personale e non si estende agli eredi salvo il caso in cui vi sia stato illecito arricchimento del dante causa e conseguente illecito arricchimento degli eredi stessi.
Art. 694
Controllo della Corte dei Conti Art. 148, decreto legislativo n. 267/2000

1. La Corte dei conti esercita il controllo sulla gestione degli enti locali, ai sensi delle disposizioni di cui alla legge 14 gennaio 1994, n. 20 e successive modificazioni ed integrazioni.
Sezione II DISPOSIZIONI RESIDUALI
Art. 695
Obbligo di rimborso Art. 246, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963

Gli amministratori e gli impiegati dei comuni, delle provincie regionali e dei Consorzi di servizi sono tenuti a rimborsare gli enti delle indennità corrisposte a commissari, di cui sia stato disposto l'invio per causa ad essi imputabile.
Art. 696
Responsabilità per detenzione di carte e documenti Art. 247, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963

Gli amministratori e i dipendenti dei comuni, delle provincie regionali e dei Consorzi di servizi sono responsabili delle carte e dei documenti loro affidati.
Ove occorra consegnare ad altri carte e documenti per ragioni di servizio, deve farsene constare mediante apposito verbale, osservando le forme stabilite dai regolamenti locali.
Chiunque, a qualsiasi titolo, sia in possesso di carte e documenti di pertinenza di un comune, libero consorzio o Consorzio di Servizi, ne risponde ad ogni effetto di legge fino a che non ne ottenga regolare discarico.
L'autorità giudiziaria, su richiesta del Capo dell'amministrazione, procede all'immediato sequestro delle carte e dei documenti presso i detentori.
Art. 697
Giudizio sulle responsabilità Art. 249, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963

Per far valere le responsabilità previste dai precedenti articoli, si applicano le disposizioni delle leggi in vigore riguardanti la competenza degli organi cui spetta la decisione e i relativi gravami.
Art. 698
Esenzione da responsabilità Art. 251, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963

Sono esenti da responsabilità:
a) i componenti dei collegi amministrativi che, per legittimi motivi, non abbiano preso parte alle deliberazioni o abbiano fatto constare in tempo nel verbale del loro motivato dissenso o dei richiami o delle proposte fatte per evitare l'atto da cui è derivato il danno;
b) i dipendenti che dimostrino di avere agito per ordine superiore che avevano l'obbligo di eseguire;
c) gli amministratori e i superiori gerarchici per il fatto dannoso commesso dal dipendente nell'esercizio delle attribuzioni esclusivamente inerenti all'ufficio ricoperto, purché la destinazione all'ufficio stesso sia avvenuta senza gravi violazioni di legge e non vi sia colpa grave per quanto si riferisce al dovere di vigilanza.
Art. 699
Riscossione di somme a carico dei responsabili Art. 254, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963

Le somme delle quali gli amministratori e i dipendenti comunali siano dichiarati responsabili sono riscosse nei modi e nelle forme stabiliti per le entrate patrimoniali.
Titolo IX LEGALITÀ NELL'ESERCIZIO DELLE ATTIVITÀ E DELLE FUNZIONI LOCALI
Capo I CONTROLLO SUGLI ATTI DELLE PROVINCE E DEI COMUNI
Sezione I COMITATO REGIONALE DI CONTROLLO
Art. 700
Art. 1, legge regionale 19 agosto 1999, n. 17

1. Nelle more della riforma del sistema dei controlli, i comitati regionali di controllo sugli atti degli enti locali, della sezione centrale e delle sezioni provinciali, in carica alla data del 31 dicembre 1998, continuano a svolgere la propria funzione sino al 31 dicembre 1999.
2. Sono fatti salvi tutti gli atti adottati dai Comitati regionali di controllo, nonché l'attività da essi svolta nel periodo ricompreso tra l'1 gennaio 1999 e l'entrata in vigore della presente legge.
(omissis)
Art. 701
Art. 1, legge regionale n. 44/1991 (art. 6, legge regionale n. 47/1997)

1. E' istituito il Comitato regionale di controllo sugli atti delle province e dei comuni.
2. Il Comitato regionale di controllo si articola nella sezione centrale, con sede in Palermo, ed in sezioni provinciali, ciascuna con sede nel capoluogo delle province regionali.
3. La sezione centrale e le sezioni provinciali del Comitato regionale di controllo sono costituite con decreti del Presidente della Regione e si insediano autonomamente.
Art. 702
Art. 2, legge regionale n. 44/1991 (art. 11, legge regionale n. 41/1996 e art. 5, legge regionale n. 23/1997)

1. La sezione centrale e le sezioni provinciali sono composte da:
a) un presidente, designato dalla Giunta regionale, su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali, scelto tra docenti universitari in materie giuridiche, magistrati a riposo, direttori regionali o equiparati a riposo, avvocati iscritti da almeno cinque anni nell'albo dei patrocinanti in Cassazione;
b) nove membri eletti dall'Assemblea regionale siciliana con voto limitato ad uno e scelti tra:
1) iscritti all'ordine degli avvocati o dei dottori commercialisti;
2) dipendenti statali o regionali anche in quiescenza e/o degli enti locali in quiescenza, con qualifiche dirigenziali;
3) magistrati o avvocati dello Stato, in quiescenza;
4) professori universitari di ruolo in materie giuridiche ed amministrative.
Art. 703
Art. 3, legge regionale n. 44/1991 (art. 11, legge regionale n. 41/1996 e art. 1, legge regionale n. 3/1997)

1. La sezione centrale e le sezioni provinciali eleggono nel proprio seno il vicepresidente.
2. Le funzioni di segretario della sezione centrale e di ciascuna sezione provinciale sono svolte da un funzionario della Regione con qualifica non inferiore ad assistente, in servizio presso gli uffici della sezione centrale o di ciascuna sezione provinciale, designato dal Presidente della sezione centrale o di ciascuna sezione provinciale.
3. La sezione centrale e le sezioni provinciali sono rinnovate integralmente a seguito, di nuova elezione dell'Assemblea regionale siciliana o quando venga meno la maggioranza dei rispettivi componenti.
3-bis. I componenti dei superiori organi in carica alla data di entrata in vigore della legge regionale 12 novembre 1996, n. 41, decadono il 30 aprile 1997.
4. Il presidente ed i componenti della sezione centrale e delle sezioni provinciali non sono immediatamente confermabili.
Art. 704
Art. 4, legge regionale n. 44/1991

1. Al presidente ed ai membri della sezione centrale e delle sezioni provinciali si applicano, in tema di posizione giuridica e di permessi, in quanto compatibili, le disposizioni relative ai componenti dei comitati regionali di controllo previsti dalla legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modifiche.
2. Al presidente della sezione centrale e delle sezioni provinciali è attribuita un'indennità di carica pari alla misura massima dell'indennità prevista dalle leggi vigenti per il presidente della provincia ove ha sede l'organo di controllo o, ove sia maggiore, dell'indennità prevista per il sindaco del comune capoluogo.
3. Al vicepresidente della sezione centrale e delle sezioni provinciali è attribuita l'indennità di cui al comma 2, nella misura del 75 per cento.
4. Agli altri componenti della sezione centrale e delle sezioni provinciali ed al segretario, è attribuita un'indennità di carica pari al 65 per cento della misura spettante al presidente.
5. Al presidente ed agli altri componenti della sezione centrale e delle sezioni provinciali si applicano altresì le disposizioni dell'articolo 13, ultimo comma, e dell'articolo 14 della legge 27 dicembre 1985, n. 816, e successive modifiche.
Art. 705
Art. 5, legge regionale n. 44/1991

1. Non possono essere designati o eletti, e non possono comunque far parte della sezione centrale e delle sezioni provinciali:
a) i parlamentari europei e nazionali;
b) i deputati all'Assemblea regionale siciliana;
c) gli amministratori in carica di province, comuni o di altri enti i cui atti sono soggetti al controllo del Comitato regionale di controllo, nonché coloro che abbiano ricoperto tali cariche nell'anno precedente alla costituzione del medesimo Comitato;
d) coloro che versino in situazioni di ineleggibilità alle cariche di cui alle lettere b e c, con esclusione dei magistrati e dei funzionari dello Stato;
e) i dipendenti ed i contabili degli enti locali i cui atti sono sottoposti al controllo del Comitato regionale di controllo ed i dipendenti dei partiti presenti nei consigli degli enti locali della Regione;
f) i componenti di altro Comitato regionale di controllo o delle sezioni di esso;
g) coloro che prestino attività di consulenza e di collaborazione presso la Regione o enti sottoposti al controllo regionale;
h) coloro che ricoprano incarichi direttivi o esecutivi nei partiti a livello nazionale, regionale o provinciale, nonché coloro che abbiano ricoperto tali incarichi nell'anno precedente alla costituzione del Comitato regionale di controllo.
Art. 706
Art. 6, legge regionale n. 44/1991

1. La sezione centrale e le sezioni provinciali sono convocate dal presidente, mediante avviso contenente l'indicazione degli affari da trattare, da comunicarsi ai singoli componenti nel domicilio eletto, almeno ventiquattro ore prima dell'adunanza.
2. Entro lo stesso termine devono essere resi disponibili presso gli uffici della sezione centrale o delle sezioni provinciali i documenti relativi agli affari da esaminare.
3. Per la validità delle adunanze della sezione centrale e delle sezioni provinciali è necessario l'intervento della maggioranza dei componenti dell'organo.
4. La sezione centrale e le sezioni provinciali deliberano a maggioranza assoluta dei presenti; a parità di voto prevale il voto del presidente.
5. I provvedimenti istruttori sono sottoscritti dal presidente e dal segretario.
6. I provvedimenti definitivi sono sottoscritti dal presidente, dal relatore e dal segretario.
Art. 707
Art. 7, legge regionale n. 44/1991

1. I componenti della sezione centrale e delle sezioni provinciali che, senza giustificato motivo, non intervengano a tre sedute consecutive, decadono dalla carica.
2. Decadono altresì dalla carica coloro che, successivamente alla nomina vengano a versare in una situazione che non avrebbe consentito la nomina stessa, tranne che, previa diffida, non rinuncino entro quindici giorni alla situazione che dà luogo ad una causa di incompatibilità.
3. La decadenza è in ogni caso pronunziata dal Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali.
Art. 708
Art. 8, legge regionale n. 44/1991

1. In caso di morte, dimissioni, decadenza o di qualsiasi altra causa di cessazione dalla carica dei componenti della sezione centrale e delle sezioni provinciali, deve essere immediatamente designato o eletto, con le stesse modalità di cui all'articolo 2, il sostituto, il quale rimane in carica fino alla scadenza del mandato del sostituito.
2. Sino a quando non si sarà provveduto alla nuova designazione o elezione, la sezione centrale e le sezioni provinciali continueranno a funzionare con i soli componenti in carica, salvo il disposto dell'articolo 6, comma 3.
Art. 709
Art. 9, legge regionale n. 44/1991

1. Presso la sezione centrale e presso ciascuna sezione provinciale è istituito un ufficio di segreteria, al quale è preposto un dirigente superiore, articolato in unità operative, in relazione all'entità ed alla complessità degli affari da trattare.
2. All'assegnazione del personale presso gli uffici di cui al comma 1 si provvede con decreto dell'Assessore regionale per gli enti locali, sentito il consiglio di direzione.
Art. 710
Art. 10, legge regionale n. 44/1991

1. Alle spese della sezione centrale e delle sezioni provinciali, ivi comprese le spese di funzionamento degli organi e dei relativi uffici, nonché di corresponsione delle indennità di carica e di missione, si provvede, nei limiti degli stanziamenti di bilancio, a mezzo di aperture di credito a favore del funzionario preposto all'ufficio di segreteria.
Sezione II PUBBLICAZIONE DELLE DELIBERAZIONI
Art. 711
Art. 11, legge regionale n. 44/1991 (art. 127, legge regionale n. 17/2004)

1. Tutte le deliberazioni provinciali e comunali sono pubblicate mediante affissione di copia integrale di esse all'albo dell'ente, istituito presso la relativa sede, per quindici giorni consecutivi, salvo specifiche disposizioni di legge.
2. Con le stesse modalità sono altresì pubblicati gli atti di concessione, ivi comprese le concessioni edilizie comunali.
3. Il segretario dell'ente è responsabile della pubblicazione.
Art. 712
Art. 12, legge regionale n. 44/1991

1. Le deliberazioni non soggette al controllo preventivo di legittimità di cui agli articoli seguenti, diventano esecutive dopo il decimo giorno dalla relativa pubblicazione.
2. Le deliberazioni di cui al comma 1, in caso di urgenza, possono essere dichiarate immediatamente esecutive con il voto espresso dalla maggioranza dei componenti.
Art. 713
Art. 13, legge regionale n. 44/1991

1. Gli impegni di spesa non possono essere assunti senza attestazione della relativa copertura finanziaria da parte del responsabile del servizio finanziario. Senza tale attestazione l'atto è nullo di diritto.
Sezione III CONTROLLO DI LEGITTIMITÀ SUGLI ATTI
Art. 714
Art. 14, legge regionale n. 44/1991

1. La sezione centrale e le sezioni provinciali svolgono il controllo di legittimità sugli atti delle province e dei comuni.
2. Il controllo di legittimità comporta la verifica della conformità dell'atto alle norme vigenti ed alle norme statutarie dell'ente, restando esclusa ogni diversa valutazione dell'interesse pubblico perseguito.
3. Il controllo di cui al comma 2 non può essere soggetto a condizione.
4. Il controllo di legittimità dei bilanci preventivi e dei conti consuntivi comporta altresì la verifica della coerenza interna degli atti e la corrispondenza dei dati contabili con quelli delle deliberazioni, nonché con i documenti giustificativi allegati alle stesse.
Art. 715
Art. 15, legge regionale n. 44/1991 (art. 4, legge regionale n. 23/1997 e art. 9, legge regionale n. 39/1997)

1. Sono sottoposte al controllo preventivo di legittimità le deliberazioni dei consigli comunali e provinciali che riguardano:
a) statuti degli enti e delle relative aziende speciali;
b) regolamenti;
c) ordinamenti degli uffici e dei servizi;
d) disciplina generale dello stato giuridico e delle assunzioni del personale;
e) recepimento dei provvedimenti concernenti il trattamento economico del personale;
f) bilanci preventivi e consuntivi, programmi e relazioni previsionali e programmatiche, con esclusione delle variazioni di bilancio, storni e creazione di nuovi capitoli.
2. Sono inoltre soggette al controllo preventivo di legittimità le deliberazioni dei consigli comunali e provinciali che un quarto dei consiglieri o le giunte intendono sottoporre al Comitato. Sono, altresì, soggette al controllo preventivo di legittimità le deliberazioni che le giunte intendono di propria iniziativa sottoporre al Comitato.
(omissis)
5. Non sono soggette a controllo preventivo di legittimità le deliberazioni meramente esecutive di altre deliberazioni.
Art. 716
Art. 16, legge regionale n. 44/1991

1. In caso di evidente pericolo o di danno nel ritardo della relativa esecuzione le deliberazioni di cui all'articolo 15 possono essere dichiarate urgenti ed immediatamente esecutive con il voto espresso dai due terzi dei votanti.
Art. 717
Art. 17, legge regionale n. 44/1991 (art. 10, legge regionale n. 41/1996)

1. La sezione centrale esercita il controllo di legittimità di cui agli articoli 14 e 15 sulle deliberazioni dei consigli provinciali e comunali concernenti:
a) statuti degli enti e delle relative aziende speciali;
b) regolamenti;
c) ordinamenti degli uffici e dei servizi;
d) disciplina generale dello stato giuridico e delle assunzioni del personale;
e) recepimento dei provvedimenti concernenti il trattamento economico del personale;
f) bilanci preventivi e consuntivi, programmi e relazioni previsionali e programmatiche.
2. Tutte le altre deliberazioni soggette a controllo di legittimità sono di competenza delle sezioni provinciali nella cui circoscrizione ha sede l'ente.
3. La sezione centrale esercita altresì il controllo di legittimità sulle delibere di competenza delle sezioni provinciali, per le quali si renda necessaria la risoluzione di questioni di massima di particolare importanza e sulle delibere che abbiano dato luogo o possano dar luogo a decisioni contrastanti, nell'ambito della stessa sezione o di sezioni diverse. La devoluzione ha luogo con ordinanza della sezione provinciale, di ufficio o su richiesta dell'ente interessato. La devoluzione deve avere luogo entro il termine perentorio di venti giorni dalla data in cui la deliberazione è pervenuta alla sezione provinciale.
4. La sezione centrale svolge, altresì, attività di indirizzo e di coordinamento nei confronti delle sezioni provinciali.
5. Anche su richiesta del presidente della sezione centrale o di un presidente delle sezioni provinciali, il Presidente della Regione o, su sua delega, l'Assessore regionale per gli enti locali convoca la conferenza dei presidenti della sezione centrale e delle sezioni provinciali, integrata dai direttori regionali dell'Assessorato degli enti locali e dell'Ufficio legislativo e legale della Presidenza della Regione.
6. Le conclusioni cui perviene la conferenza, in caso di interpretazioni discordanti di norme legislative o regolamentari che investano interessi generali della Regione, costituiscono direttive vincolanti per l'esercizio del potere tutorio da parte della sezione centrale e delle sezioni provinciali.
7. Nell'ipotesi di reiterata inosservanza delle direttive della conferenza si applica l'articolo 5 della legge regionale 23 dicembre 1962, n. 25.
Art. 718
Art. 18, legge regionale n. 44/1991 (art. 38, legge regionale n. 7/1992)

1. Le deliberazioni indicate all'articolo 15, commi 1 e 2, devono essere inviate alla sezione centrale o alla sezione provinciale competente entro quindici giorni dalla relativa adozione.
2. Le deliberazioni indicate all'articolo 15, commi 3 e 5, devono essere inviate alla sezione provinciale competente entro quindici giorni dalla ricezione della richiesta di sottoposizione al controllo.
3. Le deliberazioni indicate all'articolo 16 debbono essere trasmesse all'organo di controllo, a pena di decadenza, entro cinque giorni dalla relativa adozione.
4. Le deliberazioni devono essere trasmesse all'organo di controllo in duplice esemplare autenticato, a mezzo di raccomandata postale con avviso di ricevimento ovvero a mezzo di raccomandata a mano, insieme con apposito elenco firmato dal segretario, contenente l'indicazione sommaria degli atti trascritti. L'avviso postale di ricezione o l'attestazione di ricevimento deve essere firmato dal segretario o da altro dipendente addetto all'ufficio dell'organo di controllo.
5. Il presidente dell'organo adito, ove ritenga che il controllo sulle deliberazioni rientri nella competenza di altro organo del Comitato regionale di controllo, trasmette la deliberazione all'organo ritenuto competente entro dieci giorni dalla relativa ricezione dandone comunicazione all'ente interessato.
6. Le deliberazioni diventano esecutive se, nel termine di venti giorni dalla relativa ricezione, l'organo di controllo non abbia adottato un provvedimento di annullamento, dandone comunicazione all'ente interessato nello stesso termine. Il termine per l'esame dei bilanci e dei conti consuntivi è di quaranta giorni. Il termine per l'esame degli statuti degli enti e delle relative aziende speciali è, nella fase di prima approvazione dello statuto, di sessanta giorni.
7. Per le deliberazioni dichiarate immediatamente esecutive, ai sensi dell'articolo 16, l'organo di controllo, entro quindici giorni dalla relativa ricezione, può pronunciarne l'annullamento. Restano salvi gli effetti delle deliberazioni verificatisi prima della decadenza o della pronuncia di annullamento.
8. Il provvedimento di annullamento deve indicare le norme violate, anche con riferimento ai princìpi dell'ordinamento giuridico.
9. Le deliberazioni diventano esecutive anche prima del decorso del termine, se l'organo di controllo dà comunicazione di non avere riscontrato vizi di legittimità.
10. Nell'ipotesi prevista dall'articolo 17, comma 3, i termini per l'esercizio del controllo da parte della sezione centrale decorrono dalla data in cui l'ordinanza di rimessione perviene agli uffici della sezione centrale stessa.
Art. 719
Richiesta chiarimenti da parte del CORECO Art. 19, legge regionale n. 44/1991 (art. 48, legge regionale n. 26/1993)

1. Entro i termini previsti per l'esercizio del controllo sugli atti, l'organo di controllo può chiedere, per una sola volta, all'ente adottante, chiarimenti o elementi integrativi di giudizio.
2. I chiarimenti o gli elementi integrativi di giudizio devono essere forniti entro dieci giorni dalla richiesta per gli atti dichiarati immediatamente esecutivi, entro venti giorni negli altri casi. La mancata risposta nei termini anzidetti comporta la decadenza delle delibere dichiarate immediatamente esecutive e l'obbligo dell'organo di controllo di procedere al riscontro di legittimità sulle altre delibere nel termine di cui al successivo comma.
3. I provvedimenti definitivi di controllo devono essere adottati entro venti giorni dall'acquisizione dei chiarimenti o degli elementi integrativi di giudizio.
Art. 720
Art. 20, legge regionale n. 44/1991

1. Salvo quanto previsto all'articolo 19, l'organo di controllo, in relazione all'esame del conto consuntivo, può indicare all'ente interessato specifiche modificazioni da apportare alle risultanze del conto consuntivo medesimo, con l'invito ad adottare le stesse modificazioni entro il termine massimo di trenta giorni.
2. Nel caso di mancata adozione del conto consuntivo entro il termine previsto, o di mancata adozione delle modificazioni entro il termine previsto al comma 1 o di annullamento della deliberazione di adozione del conto consuntivo da parte dell'organo di controllo, questo segnala l'omissione all'Assessore regionale per gli enti locali.
Art. 721
Art. 21, legge regionale n. 44/1991

1. Qualora gli organi deliberativi degli enti soggetti a controllo ne facciano richiesta per iscritto in relazione ad atti determinati, l'organo di controllo deve disporre l'audizione richiesta in tempo utile e comunque non oltre il decimo giorno successivo a quello nel quale sia pervenuto l'atto soggetto a controllo. Parimenti l'organo di controllo deve sentire i rappresentanti della minoranza all'interno degli organi deliberativi degli enti, quando gliene facciano domanda entro il termine suindicato.
2. L'organo di controllo non può esaminare l'atto prima del decimo giorno successivo a quello nel quale l'atto sia pervenuto allo stesso.
3. I rappresentanti dell'ente e quelli della minoranza consiliare possono essere invitati, ai sensi del presente articolo, alle adunanze, per fornire al collegio chiarimenti riguardanti l'atto sottoposto a controllo prima dello svolgimento della relazione sulle questioni concernenti lo stesso atto.
Art. 722
Art. 22, legge regionale n. 44/1991

1. Le deliberazioni della sezione centrale e delle sezioni provinciali sono pubblicate mediante affissione all'albo dell'ufficio.
2. Ogni interessato può richiedere copia delle deliberazioni, salvo il pagamento delle spese relative.
3. L'Assessore regionale per gli enti locali curerà la raccolta informatizzata dei provvedimenti di annullamento degli organi del Comitato regionale di controllo, con facoltà di accesso alla medesima di tutti gli enti interessati.
Art. 723
Art. 23, legge regionale n. 44/1991

1. Uno speciale regolamento, emanato dall'Assessore regionale per gli enti locali, disciplinerà il funzionamento della sezione centrale e delle sezioni provinciali di controllo, nonché dei relativi uffici di segreteria.
Capo II CONTROLLI SUGLI ORGANI DELLE PROVINCE E DEI COMUNI
Sezione I DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 724
Art. 24, legge regionale n. 44/1991

1. Qualora gli organi delle province e dei comuni omettano o ritardino, sebbene previamente diffidati a provvedere entro congruo termine, o non siano comunque in grado di compiere atti obbligatori per legge, al compimento dell'atto provvede l'Assessore regionale per gli enti locali a mezzo di un commissario, la cui durata in carica non può superare il termine di un mese, salvo proroga fino a tre mesi, per gravi e giustificati motivi di carattere amministrativo.
2. Il termine assegnato per il compimento dell'atto non può essere inferiore a trenta giorni. Termini inferiori possono essere assegnati solo per i casi di urgenza, motivando specificatamente le ragioni.
3. Alle spese per il commissario provvede l'ente interessato, salvo rivalsa a carico degli amministratori eventualmente responsabili.
Art. 725
Art. 25, legge regionale n. 44/1991

1. Ferme restando le norme relative ai controlli ispettivi sui servizi statali di competenza degli enti locali, l'Assessore regionale per gli enti locali, anche a mezzo di funzionari in servizio presso le sezioni provinciali del Comitato regionale di controllo, può disporre ispezioni saltuarie e periodiche presso le amministrazioni provinciali e comunali, per accertare la funzionalità degli organi amministrativi e tecnici dell'ente, il regolare andamento dei pubblici servizi, nonché la esatta osservanza delle leggi e dei regolamenti.
Art. 726
Art. 26, legge regionale n. 44/1991

1. I controlli previsti dagli articoli 24 e 25 sono esercitati a mezzo dell'ufficio ispettivo previsto dall'articolo 1 della legge regionale 23 dicembre 1962, n. 25, e successive modifiche.
Art. 727
Art. 27, legge regionale n. 44/1991

1. In caso di accertate, gravi disfunzioni di servizi comunali e provinciali, l'Assessore regionale per gli enti locali può provvedere alla nomina di un commissario-provveditore per la riorganizzazione, l'istituzione o la regolamentazione dei servizi medesimi, la cui durata in carica non può eccedere il termine di sei mesi, salvo proroga per un periodo non superiore a tre mesi per gravi motivi.
2. Il commissario-provveditore propone l'adozione dei necessari provvedimenti finali ai consigli degli enti interessati.
3. Possono essere nominati commissari-provveditori funzionari della Regione, dello Stato o di enti pubblici, con qualifica dirigenziale, in servizio o a riposo, sempreché siano in possesso della particolare qualificazione richiesta dalla natura dell'incarico.
4. Nel caso di nomina di funzionari esterni all'Amministrazione regionale il Presidente della Regione è autorizzato a fissare con proprio decreto l'emolumento da attribuire al commissario, su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali. L'emolumento resta a carico dell'ente interessato.
Art. 728
Art. 28, legge regionale n. 44/1991

1. Agli organi collegiali di controllo previsti dalla presente legge ed ai relativi presidenti si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 3, 4 e 5 della legge regionale 23 dicembre 1962, n. 25, e successive modifiche.
Art. 729
Art. 29, legge regionale n. 44/1991

1. Le disposizioni della presente legge in materia di controllo e di vigilanza si applicano, altresì, in quanto compatibili, ai consorzi ed alle unioni di comuni. L'organo di controllo competente è quello nella cui circoscrizione ha sede il consorzio o l'unione.
Art. 730
Art. 33, legge regionale n. 44/1991 (art. 2, legge regionale n. 46/1991 e art. 1, legge regionale n. 22/2007)

1. Il Presidente ed i componenti della sezione centrale e delle sezioni provinciali di controllo sono ineleggibili a deputati regionali, salvo che abbiano effettivamente cessato di esercitare le loro funzioni almeno sei mesi prima del compimento di un quinquennio dalla data della precedente elezione regionale.
2. (comma abrogato)
Art. 731
Art. 1, legge regionale 23 dicembre 1962, n. 25

Gli speciali controlli previsti dagli artt. 90, 91 ed in relazione ai detti articoli, dall'art. 159 del decreto legislativo 29 ottobre 1955, n. 6 sono esercitati per mezzo di un apposito ufficio ispettivo dell'Assessorato regionale degli enti locali, composto di 100 unità di personale appartenenti alle carriere direttive e di concetto ed aventi un'anzianità di servizio non inferiore a 5 anni.
L'ufficio può avvalersi, altresì, per i compiti ispettivi del personale dei ruoli periferici delle Commissioni di controllo appartenente alle carriere anzidette ed avente l'anzianità sopra specificata.
Art. 732
Art. 2, legge regionale n. 25/1962

L'ufficio ispettivo comunica i risultati delle ispezioni eseguite alla Presidenza della Regione, salvo il disposto dell'art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica 19 luglio 1956, n. 977.
Art. 733
Art. 3, legge regionale n. 25/1962

I Presidenti delle commissioni provinciali di controllo segnalano senza ritardo all'Assessore regionale per gli enti locali le eventuali violazioni di norme legislative e regolamentari, nonché le altre irregolarità o disfunzioni rilevate nell'attività degli enti soggetti al controllo.
Essi comunicano inoltre, mensilmente, al predetto Assessorato l'elenco delle deliberazioni degli enti locali, concernenti assunzioni di personale, miglioramenti economici di carattere generale ed attribuzioni di emolumenti integrativi di qualsiasi genere ed a qualsiasi titolo e delle eventuali delibere divenute esecutive per decorso del termine ai sensi dell'art. 80 del decreto legislativo 29 ottobre 1955, n. 6.
Le comunicazioni di cui ai commi precedenti sono trasmesse altresì alla Presidenza della Regione.
Art. 734
Art. 4, legge regionale n. 25/1962

Dell'adempimento delle attribuzioni e dei compiti demandati dall'ordinamento degli enti locali e dalla presente legge ai presidenti delle Commissioni di controllo, questi sono responsabili di fronte al Presidente della Regione, il quale, su proposta dell'Assessore per gli enti locali o di propria iniziativa, può rimuoverli dalla carica, previa deliberazione della Giunta regionale, e sentito il parere vincolante del Consiglio di Giustizia amministrativa, per gravi o ripetute inadempienze, decorsi dieci giorni dalla contestazione.
Art. 735
Art. 5, legge regionale n. 25/1962

Qualora la Commissione provinciale di controllo, nell'esercizio delle funzioni ad esse attribuite, reiteratamente adotti provvedimenti o incorra in omissioni che comportino violazioni di norme legislative o gravi inosservanze di norme regolamentari, il Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore per gli enti locali, può ordinarne lo scioglimento, previa deliberazione della Giunta regionale, sentito il parere vincolante del Consiglio di Giustizia amministrativa.
Lo scioglimento è pronunciato quando la Commissione, sebbene diffidata, sia incorsa ulteriormente nelle irregolarità di cui al precedente comma e sempreché siano trascorsi dieci giorni dalla contestazione delle nuove irregolarità.
Art. 736
Attribuzioni del Presidente Art. 2, legge regionale 29 dicembre 1962, n. 28

(omissis)
Il Presidente della Regione:
(omissis)
o) scioglie, quando non sia diversamente disposto dalla legge, nei casi e con le modalità previste dalle norme vigenti, i consigli comunali, quelli delle Provincie regionali e gli organi di amministrazione di enti, istituti, aziende e fondi regionali o comunque sottoposti al controllo della Regione;
p) può disporre, ove motivi di eccezionale gravità lo rendano necessario, ispezioni straordinarie in aggiunta ai normali controlli demandati agli Assessori sull'attività e sul funzionamento degli organi previsti dalla precedente lettera;
(omissis)
Art. 737
Controlli ispettivi ed interventi sostitutivi dell'Amministrazione regionale Art. 13, legge regionale n. 17/1994

1. Il responsabile dell'unità organizzativa di cui al comma 1 dell'articolo 1, fermo restando quanto previsto dal comma 7 dell'articolo 7 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modifiche ed integrazioni, redige e trasmette ogni quindici giorni all'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente l'elenco delle ordinanze di sospensione dei lavori, delle ingiunzioni alla demolizione, degli accertamenti dell'inottemperanza alla ingiunzione a demolire, delle immissioni nel possesso, nonché delle ordinanze di demolizione, disposti nei quindici giorni.
2. L'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente, sulla scorta degli elenchi trasmessi, dispone gli interventi sostitutivi di propria competenza.
3. L'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente dispone controlli ispettivi regolari e casuali presso i comuni della Regione, al fine di verificare lo stato di attuazione delle norme della presente legge e delle altre norme in materia di prevenzione e repressione dell'abusivismo edilizio, e di dar corso ai provvedimenti conseguenziali quando vengano constatate violazioni di legge.
4. L'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente dispone l'azione di vigilanza e di controllo sul rispetto da parte dei comuni delle disposizioni in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, avvalendosi di un apposito gruppo ispettivo alla cui istituzione, nell'ambito della Direzione regionale dell'urbanistica, si provvede in forza della presente legge e secondo le disposizioni vigenti.
5. Sull'attività di vigilanza e di controllo espletata, l'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente riferisce annualmente alla competente Commissione legislativa dell'Assemblea regionale siciliana.
Art. 738
Interventi sostitutivi Art. 27, legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71 (art. 2, legge regionale n. 66/1984)

Quando gli organi dell'amministrazione dei comuni omettano, sebbene previamente diffidati, o non siano in grado di compiere atti obbligatori in virtù della presente legge e di altre leggi attinenti alla materia urbanistica, vi provvede l'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente a mezzo di un commissario ad acta la cui durata in carica non può eccedere il termine di tre mesi, salvo proroga fino a dodici mesi per giustificati motivi in rapporto alla complessità degli atti da compiere.
Non si fa luogo alla diffida di cui al primo comma qualora si tratti di scadenza di termini previsti espressamente dalla presente legge o da altre leggi attinenti alla materia urbanistica.
Alle spese per il commissario provvede il comune per il quale è stato nominato, salvo rivalsa a carico degli amministratori eventualmente responsabili.
I commissari nominati ai sensi del primo comma decadono dall'incarico nel caso di rinnovazione del consiglio comunale e comunque possono essere sempre revocati, con provvedimenti motivati, dall'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente.
Art. 739
Annullamento di provvedimenti comunali Art. 53, legge regionale n. 71/1978

Nel territorio della Regione siciliana, l'art. 27 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni, è sostituito dalle seguenti disposizioni.
Entro dieci anni dalla loro adozione le deliberazioni ed i provvedimenti comunali che consentono esecuzione di opere in violazione delle leggi vigenti, delle prescrizioni degli strumenti urbanistici o delle norme dei regolamenti edilizi, possono essere annullati dall'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente, su parere del consiglio regionale dell'urbanistica.
Il provvedimento di annullamento è preceduto dalla contestazione delle violazioni stesse al titolare della licenza o della concessione, al proprietario della costruzione, al progettista, nonché al sindaco, con l'invito a presentare controdeduzioni entro un termine all'uopo stabilito.
Il provvedimento di annullamento è emesso entro 18 mesi dalla data delle contestazioni.
In pendenza delle procedure di annullamento l'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente ordina la sospensione cautelativa dei lavori, con provvedimento da notificare nelle forme e con le modalità previste dal codice di procedura civile, ai soggetti di cui al precedente comma e da comunicare all'amministrazione comunale.
L'ordine di sospensione cessa di avere efficacia se non sia emesso il decreto di annullamento entro i termini di cui al quarto comma del presente articolo.
Intervenuto il decreto di annullamento si applicano le disposizioni contenute nel precedente art. 49.
I provvedimenti di sospensione dei lavori ed il decreto di annullamento vengono resi noti al pubblico mediante l'affissione nell'albo pretorio del comune.
Sezione II ANNULLAMENTO D'UFFICIO DEGLI STRUMENTI URBANISTICI GENERALI ED ATTUATIVI ILLEGITTIMI
Art. 740
Art. 1, legge regionale 15 maggio 1991, n. 28

1. Entro cinque anni dalla loro adozione gli strumenti urbanistici generali ed attuativi, divenuti definitivamente efficaci ai sensi dell'articolo 19, comma primo, della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71, se illegittimi, possono essere annullati dall'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente, sentito il parere del Consiglio regionale dell'urbanistica.
2. Il provvedimento di annullamento è preceduto dalla comunicazione del rilievo sui vizi di legittimità al comune con l'invito a presentare deduzioni con deliberazione consiliare nel termine non prorogabile di trenta giorni.
3. Il provvedimento di annullamento è emesso entro otto mesi dalla data della contestazione ed è subordinato soltanto all'accertamento dei vizi di legittimità.
4. Per gli strumenti urbanistici anteriori alla data di entrata in vigore della presente legge, il termine di cinque anni decorre da tale data.
5. In pendenza della procedura di annullamento, l'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente può ordinare la sospensione dell'efficacia dello strumento urbanistico con provvedimento da comunicare all' amministrazione comunale.
6. L'ordine di sospensione cessa di essere efficace se il decreto di annullamento non viene emesso entro il termine di cui al comma 3.
Art. 741
Art. 2, legge regionale n. 28/1991

1. L'articolo 53 della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71, si applica anche agli strumenti urbanistici attuativi non soggetti all'approvazione dell'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente, se illegittimi.
Art. 742
Art. 3, legge regionale n. 28/1991

1. Le deliberazioni con le quali sono stati adottati gli strumenti urbanistici generali e quelli attuativi soggetti all'approvazione regionale, se illegittime, possono essere annullate in qualsiasi tempo dal comune, sentita soltanto la commissione edilizia comunale. Si prescinde dal parere della commissione edilizia se questa, debitamente convocata, non si pronuncia nel termine di trenta giorni.
2. La deliberazione di annullamento è pubblicata in copia all'albo del comune per quindici giorni e durante il periodo di pubblicazione deve essere depositata nella segreteria comunale, a disposizione del pubblico. Essa è quindi trasmessa agli organi di controllo competenti nei successivi quindici giorni.
3. Alla deliberazione di cui al comma 2 si applica l'articolo 26 della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71.
4. Dopo il riscontro di legittimità, la deliberazione di annullamento con le eventuali opposizioni ed osservazioni è trasmessa per l'approvazione all'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente, il quale provvede, sentito il parere del Consiglio regionale dell'urbanistica. La stessa diventa efficace a tutti gli effetti ove l'Assessore non provveda nel termine di sei mesi dalla sua ricezione.
5. Con la deliberazione di annullamento, il consiglio comunale può ordinare la sospensione dell'efficacia dello strumento illegittimo. In tal caso, la deliberazione si intende decaduta ove non sia trasmessa agli organi di controllo competenti entro il termine previsto dal comma 2.
Art. 743
Art. 4, legge regionale n. 28/1991

1. Gli strumenti urbanistici attuativi non soggetti all'approvazione regionale, se illegittimi, possono essere annullati in qualsiasi tempo dal comune, sentita soltanto la commissione edilizia comunale. Si prescinde dal parere della commissione edilizia se questa, debitamente convocata, non si pronuncia nel termine di trenta giorni.
2. Alla deliberazione di annullamento si applica il comma 2 dell'articolo 3.
Art. 744
Art. 5, legge regionale n. 28/1991

1. Le deliberazioni comunali di annullamento e le determinazioni dell'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente previste dagli articoli precedenti sono motivate soltanto con riferimento ai vizi di legittimità.
Sezione III INTERVENTI DI COMPETENZA REGIONALE
Art. 745
Rimozione e sospensione di amministratori di enti locali Art. 40, legge n. 142/90 recepito con modifiche dall'art. 1, comma 1, lett. g), della legge regionale n. 48/1991

1. Con decreto del Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali, il sindaco, il presidente della provincia, i presidenti dei consorzi, i componenti dei consigli e delle giunte, i presidenti dei consigli circoscrizionali possono essere rimossi quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge.
2. In attesa del decreto l'Assessore regionale per gli enti locali può sospendere gli amministratori di cui al comma primo qualora sussistano motivi di grave e urgente necessità.
Art. 746
Scioglimento del Consiglio Art. 54, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963 (art. 8, legge regionale n. 1/1976 e art. 3, legge regionale n. 57/1984)

Il Consiglio è sciolto:
a) quando violi obblighi imposti dalla legge ovvero compia gravi o ripetute violazioni di legge, debitamente accertate e contestate, le quali dimostrino la irregolarità del funzionamento;
[b) quando non corrisponda all'invito dell'autorità di revocare la Giunta o il sindaco che abbiano compiuto analoghe violazioni.]
Il decreto del Presidente della Regione che pronuncia lo scioglimento è emesso su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali, previo parere del Consiglio di giustizia amministrativa. Ove il parere non sia reso entro sessanta giorni dalla richiesta, se ne prescinde.
Si applica il disposto di cui all'ultimo comma dell'articolo precedente.
Art. 747
Scioglimento del Consiglio Art. 144, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963 (art. 3, legge regionale n. 57/1984)

Il Consiglio è sciolto quando violi obblighi imposti dalla legge ovvero compia gravi e ripetute violazioni di legge, debitamente accertate e contestate le quali dimostrino la irregolarità del funzionamento.
Il decreto del Presidente della Regione che pronuncia lo scioglimento è emesso su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali, previo parere del Consiglio di giustizia amministrativa. Ove il parere non sia reso entro sessanta giorni dalla richiesta, se ne prescinde.
Si applica il disposto di cui all'ultimo comma dell'articolo precedente.
Art. 748
Controllo sostitutivo per l'approvazione del bilancio Art. 109 bis, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963 (art. 54, legge regionale n. 9/1986)

In caso di mancata approvazione del bilancio nei termini di legge, l'Assessore regionale per gli enti locali nomina, anche senza previa diffida, un commissario per la predisposizione d'ufficio dello schema di bilancio e la convocazione del consiglio per la necessaria approvazione che deve avvenire entro il termine massimo di 30 giorni dalla convocazione stessa.
Il commissario provvede, altresì, all'approvazione del bilancio in sostituzione del consiglio qualora questo non vi abbia provveduto entro il termine di cui al precedente comma.
Il consiglio inadempiente viene sciolto, senza contestazione di addebiti, secondo le procedure previste dall'art. 54 dell'Ordinamento amministrativo degli enti locali e rimane sospeso nelle more della definizione della procedura di applicazione della sanzione dello scioglimento.
La sospensione del consiglio di cui al precedente comma è decretata dall'Assessore regionale per gli enti locali, il quale, con lo stesso decreto, nomina un commissario per la provvisoria gestione del comune.
Art. 749
Norme particolari sui controlli straordinari Art. 58, legge regionale n. 26/1993

1. Le disposizioni dell'articolo 109 bis dell'ordinamento amministrativo degli enti locali, approvato con legge regionale 15 marzo 1963, n. 16 e successive modifiche ed integrazioni, sono estese a situazioni di inadempienze equiparate alla mancata deliberazione del bilancio di previsione e alla dichiarazione di dissesto degli enti locali secondo la disciplina nazionale nel settore.
2. Nella ricorrenza di elezione separata degli organi elettivi dei comuni e delle province regionali, le misure della sospensione, dello scioglimento e della sostituzione commissariale sono riferite ai consigli.
Art. 750
Proroga del termine di adozione dei piani regolatori generali Art. 2, legge regionale n. 4/1994

(omissis)
3. La mancata richiesta di convocazione del consiglio comunale da parte del sindaco almeno 45 giorni prima della scadenza del termine di cui al comma 2, per l'adozione del piano regolatore generale o la revisione di quello esistente comporta la rimozione del medesimo secondo l'articolo 40 della legge 8 giugno 1990, n. 142, come introdotto con l'articolo 1, comma 1, lettera g), della legge regionale 11 dicembre 1991, n. 48.
4. Qualora il consiglio comunale convocato non provveda all'adozione del piano regolatore generale o alla revisione di quello esistente entro il termine di cui al comma 3, lo stesso viene sciolto con la procedura di cui al comma 3 dell'articolo 6 della legge regionale 12 gennaio 1993, n. 9. Con il decreto di rimozione del sindaco o di scioglimento del consiglio comunale, [oltre alla nomina dei commissari, secondo le modalità dell'articolo 16 della legge regionale 26 agosto 1992, n. 7, come modificato dall'articolo 42, comma 1, della legge regionale 1 settembre 1993, n. 26], su proposta dell'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente, si procede altresì alla nomina di un Commissario provveditore con i compiti di cui al comma 4 dell'articolo 6 della legge regionale 12 gennaio 1993, n. 9.
Art. 751
Commissario straordinario Art. 55, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963 (art. 1, legge regionale n. 50/1977, art. 1, legge regionale n. 111/1984, art. 14, legge regionale n. 30/2000 e art. 28, legge regionale n. 20/2003)

Con il decreto presidenziale che dichiara la decadenza del consiglio o ne pronuncia lo scioglimento è nominato un commissario straordinario scelto, su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali, fra i componenti dell'Ufficio ispettivo previsto dall'articolo 1 della legge regionale 23 dicembre 1962, n. 25, con almeno cinque anni di anzianità di servizio nell'ufficio o tra i dirigenti, aventi professionalità amministrative, dell'amministrazione della Regione o dello Stato, in servizio o in quiescenza o fra i segretari comunali e provinciali aventi qualifica dirigenziale in servizio o in quiescenza.
Nelle ipotesi di cessazione anticipata e di elezione congiunta del sindaco e del consiglio, si procede con le modalità del primo comma.
Il commissario straordinario esercita le attribuzioni del consiglio nelle ipotesi di cui al primo comma e anche del sindaco e della Giunta nelle ipotesi di cui al secondo comma.
Ai commissari straordinari, compresi i dirigenti nominati dall'Amministrazione regionale e considerati in attività di servizio, è attribuito un compenso mensile stabilito con decreto del Presidente della Regione su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali e previa delibera della Giunta regionale.
Nelle ipotesi di cui al secondo comma, con i criteri di nomina e di compenso stabiliti nel presente articolo, può, con specifica motivazione essere nominato un vice commissario straordinario anche per l'esercizio di funzioni delegate dal commissario straordinario.
Art. 752
Commissario straordinario Art. 145, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963 (art. 1, legge regionale n. 50/1977, art. 1, legge regionale n. 111/1984, art. 14, legge regionale n. 30/2000 e art. 28, legge regionale n. 20/2003)

Con il decreto presidenziale che dichiara la decadenza del consiglio o ne pronuncia lo scioglimento è nominato un commissario straordinario scelto, su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali, fra i componenti dell'Ufficio ispettivo previsto dall'articolo 1 della legge regionale 23 dicembre 1962, n. 25, con almeno cinque anni di anzianità di servizio nell'ufficio o tra i dirigenti, aventi professionalità amministrative, dell'amministrazione della Regione o dello Stato, in servizio o in quiescenza o fra i segretari comunali e provinciali aventi qualifica dirigenziale in servizio o in quiescenza.
Nelle ipotesi di cessazione anticipata e di elezione congiunta del presidente e del consiglio, si procede con le modalità del primo comma.
Il commissario straordinario esercita le attribuzioni del consiglio nelle ipotesi di cui al primo comma e anche del presidente e della Giunta nelle ipotesi di cui al secondo comma.
Ai commissari straordinari, compresi i dirigenti nominati dall'Amministrazione regionale e considerati in attività di servizio, è attribuito un compenso mensile stabilito con decreto del Presidente della Regione su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali e previa delibera della Giunta regionale.
Nelle ipotesi di cui al secondo comma, con i criteri di nomina e di compenso stabiliti nel presente articolo, può, con specifica motivazione essere nominato un vice commissario straordinario anche per l'esercizio di funzioni delegate dal commissario straordinario.
Art. 753
Deliberazioni Art. 194, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963

Le norme della presente legge concernenti l'assistenza del segretario, la redazione, la firma e la pubblicazione dei relativi verbali, si applicano anche alle deliberazioni adottate dagli amministratori straordinari dei comuni e dei liberi consorzi.
Art. 754
Sostituzione di cariche Art. 195, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963

Gli amministratori straordinari dei comuni e dei liberi consorzi provvedono, con nomine da farsi fra gli eleggibili a consigliere, alla sostituzione di coloro che, in conseguenza dello scioglimento dei Consigli, siano decaduti dall'esercizio di speciali funzioni, per le quali la legge espressamente richiede la qualità di consigliere.
Le persone così nominate durano in carica finché non vengano sostituite dai nuovi Consigli.
Sezione IV INTERVENTI DI COMPETENZA STATALE
Art. 755
Sospensione e decadenza di diritto Art. 59, decreto legislativo n. 267/2000 (art. 7, decreto legge n. 80/2004, convertito dalla legge n. 140/2004)

1. Sono sospesi di diritto dalle cariche indicate al comma 1 dell'articolo 58:
a) coloro che hanno riportato una condanna non definitiva per uno dei delitti indicati all'articolo 58, comma 1, lettera a), o per uno dei delitti previsti dagli articoli 314, primo comma, 316, 316-bis, 317, 318, 319, 319-ter e 320 del codice penale;
b) coloro che, con sentenza di primo grado, confermata in appello per la stessa imputazione, hanno riportato, dopo l'elezione o la nomina, una condanna ad una pena non inferiore a due anni di reclusione per un delitto non colposo;
c) coloro nei cui confronti l'autorità giudiziaria ha applicato, con provvedimento non definitivo, una misura di prevenzione in quanto indiziati di appartenere ad una delle associazioni di cui all'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'articolo 13 della legge 12 settembre 1982, n. 646. La sospensione di diritto consegue, altresì, quando è disposta l'applicazione di una delle misure coercitive di cui agli articoli 284, 285 e 286 del codice di procedura penale.
2. Nel periodo di sospensione i soggetti sospesi, ove non sia possibile la sostituzione ovvero fino a quando non sia convalidata la supplenza, non sono computati al fine della verifica del numero legale, nè per la determinazione di qualsivoglia quorum o maggioranza qualificata.
3. La sospensione cessa di diritto di produrre effetti decorsi diciotto mesi. Nel caso in cui l'appello proposto dall'interessato avverso la sentenza di condanna sia rigettato anche con sentenza non definitiva, decorre un ulteriore periodo di sospensione che cessa di produrre effetti trascorso il termine di dodici mesi dalla sentenza di rigetto.
4. A cura della cancelleria del tribunale o della segreteria del pubblico ministero i provvedimenti giudiziari che comportano la sospensione sono comunicati al prefetto, il quale, accertata la sussistenza di una causa di sospensione, provvede a notificare il relativo provvedimento agli organi che hanno convalidato l'elezione o deliberato la nomina.
5. La sospensione cessa nel caso in cui nei confronti dell'interessato venga meno l'efficacia della misura coercitiva di cui al comma 1, ovvero venga emessa sentenza, anche se non passata in giudicato, di non luogo a procedere, di proscioglimento o di assoluzione o provvedimento di revoca della misura di prevenzione o sentenza di annullamento ancorchè con rinvio. In tal caso la sentenza o il provvedimento di revoca devono essere pubblicati nell'albo pretorio e comunicati alla prima adunanza dell'organo che ha proceduto all'elezione, alla convalida dell'elezione o alla nomina.
6. Chi ricopre una delle cariche indicate al comma 1 dell'articolo 58 decade da essa di diritto dalla data del passaggio in giudicato della sentenza di condanna o dalla data in cui diviene definitivo il provvedimento che applica la misura di prevenzione.
7. Quando, in relazione a fatti o attività comunque riguardanti gli enti di cui all'articolo 58. l'autorità giudiziaria ha emesso provvedimenti che comportano la sospensione o la decadenza dei pubblici ufficiali degli enti medesimi e vi è la necessità di verificare che non ricorrano pericoli di infiltrazione di tipo mafioso nei servizi degli stessi enti, il prefetto può accedere presso gli enti interessati per acquisire dati e documenti ed accertare notizie concernenti i servizi stessi.
8. Copie dei provvedimenti di cui al comma 7 sono trasmesse al Ministro dell'interno, ai sensi dell'articolo 2, comma 2-quater, del decreto-legge 29 ottobre 1991. n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410, e successive modifiche ed integrazioni.
Art. 756
Comunicazione deliberazioni al prefetto Art. 135, decreto legislativo n. 267/2000

1. Il Prefetto, nell'esercizio dei poteri conferitigli dalla legge o a lui delegati dal Ministro dell'interno, ai sensi dell'articolo 2, comma, 2-quater, del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410, e successive modificazioni ed integrazioni, qualora ritenga, sulla base di fondati elementi comunque acquisiti, che esistano tentativi di infiltrazioni di tipo mafioso nelle attività riguardanti appalti, concessioni, subappalti, cottimi, noli a caldo o contratti similari per la realizzazione di opere e di lavori pubblici, ovvero quando sia necessario assicurare il regolare svolgimento delle attività delle pubbliche amministrazioni, richiede ai competenti organi statali e regionali gli interventi di controllo e sostitutivi previsti dalla legge.
(omissis)
Art. 757
Poteri sostitutivi del Governo Art. 137, decreto legislativo n. 267/2000

1. Con riferimento alle funzioni e ai compiti spettanti agli enti locali, in caso di accertata inattività che comporti inadempimento agli obblighi derivanti dall'appartenenza alla Unione europea o pericolo di grave pregiudizio agli interessi nazionali, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente per materia, assegna all'ente inadempiente un congruo termine per provvedere.
2. Decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei Ministri, sentito il soggetto inadempiente, nomina un commissario che provvede in via sostitutiva.
3. In casi di assoluta urgenza, non si applica la procedura di cui al comma 1 e il Consiglio dei Ministri può adottare il provvedimento di cui al comma 2, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro competente. Il provvedimento in tal modo adottato ha immediata esecuzione ed è immediatamente comunicato alla Conferenza Stato-città e autonomie locali allargata ai rappresentanti delle comunità montane, che ne può chiedere il riesame, nei termini e con gli effetti previsti dall'articolo 8, comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59.
4. Restano ferme le disposizioni in materia di poteri sostitutivi previste dalla legislazione vigente.
Art. 758
Annullamento straordinario Art. 138, decreto legislativo n. 267/2000

1. In applicazione dell'articolo 2, comma 3, lettera p), della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo, a tutela dell'unità dell'ordinamento, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'interno, ha facoltà, in qualunque tempo, di annullare, d'ufficio o su denunzia, sentito il Consiglio di Stato, gli atti degli enti locali viziati da illegittimità.
Art. 759
Norma finale Art. 140, decreto legislativo n. 267/2000

1. Le disposizioni del presente capo si applicano anche agli altri enti di cui all'articolo 2, compresi i consorzi cui partecipano enti locali, con esclusione di quelli che gestiscono attività aventi rilevanza economica ed imprenditoriale e, ove previsto dallo statuto, dei consorzi per la gestione dei servizi sociali, intendendosi sostituiti alla giunta e al consiglio del comune o della provincia i corrispondenti organi di governo.
Art. 760
Rimozione e sospensione di amministratori locali Art. 142, decreto legislativo n. 267/2000

1. Con decreto del Ministro dell'interno il sindaco, il presidente della provincia, i presidenti dei consorzi e delle comunità montane, i componenti dei consigli e delle giunte, i presidenti dei consigli circoscrizionali possono essere rimossi quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge o per gravi motivi di ordine pubblico.
2. In attesa del decreto, il prefetto può sospendere gli amministratori di cui al comma 1 qualora sussistano motivi di grave e urgente necessità.
3. Sono fatte salve le disposizioni dettate dagli articoli 58 e 59.
Art. 761
Dati sul personale degli enti locali Art. 95, decreto legislativo n. 267/2000

1. Il Ministero dell'interno aggiorna periodicamente, sentiti l'Associazione nazionale comuni italiani (Anci), l'Unione delle province d'Italia (Upi) e l'Unione nazionale comuni, (omissis), i dati del censimento generale del personale in servizio presso gli enti locali.
2. Resta ferma la disciplina sulla banca dati sulle dotazioni organiche degli enti locali prevista dall'articolo 16-ter del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 marzo 1993, n. 68.
Capo III DISPOSIZIONI CONTRO LA MAFIA
Sezione I DISPOSIZIONI RELATIVE A FENOMENI DI INFILTRAZIONE E DI CONDIZIONAMENTO DI TIPO MAFIOSO
Art. 762
Scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso Art. 143, decreto legislativo n. 267/2000

1. Fuori dei casi previsti dall'articolo 141, i consigli comunali e provinciali sono sciolti quando, anche a seguito di accertamenti effettuati a norma dell'articolo 59, comma 7, emergono elementi su collegamenti diretti o indiretti degli amministratori con la criminalità organizzata o su forme di condizionamento degli amministratori stessi, che compromettono la libera determinazione degli organi elettivi e il buon andamento delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi alle stesse affidati ovvero che risultano tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica. Lo scioglimento del consiglio comunale o provinciale comporta la cessazione dalla carica di consigliere, di sindaco, di presidente della provincia e di componente delle rispettive giunte, anche se diversamente disposto dalle leggi vigenti in materia di ordinamento e funzionamento degli organi predetti, nonché di ogni altro incarico comunque connesso alle cariche ricoperte.
2. Lo scioglimento è disposto con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. Il provvedimento di scioglimento deliberato dal Consiglio dei Ministri è trasmesso al Presidente della Repubblica per l'emanazione del decreto ed è contestualmente trasmesso alle Camere. Il procedimento è avviato dal prefetto della provincia con una relazione che tiene anche conto di elementi eventualmente acquisiti con i poteri delegati dal Ministro dell'interno ai sensi dell'articolo 2, comma 2-quater, del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410, e successive modificazioni ed integrazioni. Nei casi in cui per i fatti oggetto degli accertamenti di cui al comma 1 o per eventi connessi sia pendente procedimento penale, il prefetto può richiedere preventivamente informazioni al procuratore della Repubblica competente, il quale, in deroga all'articolo 329 del codice di procedura penale, comunica tutte le informazioni che non ritiene debbano rimanere segrete per le esigenze del procedimento.
3. Il decreto di scioglimento conserva i suoi effetti per un periodo da dodici a diciotto mesi prorogabili fino ad un massimo di ventiquattro mesi in casi eccezionali, dandone comunicazione alle commissioni parlamentari competenti, al fine di assicurare il buon andamento delle amministrazioni e il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati. Il decreto di scioglimento, con allegata la relazione del Ministro, è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
4. Il provvedimento con il quale si dispone l'eventuale proroga della durata dello scioglimento a norma del comma 3 è adottato non oltre il cinquantesimo giorno antecedente la data fissata per lo svolgimento delle elezioni relative al rinnovo degli organi. Si osservano le procedure e le modalità stabilite dal comma 2 del presente articolo.
5. Quando ricorrono motivi di urgente necessità, il prefetto, in attesa del decreto di scioglimento, sospende gli organi dalla carica ricoperta, nonché da ogni altro incarico ad essa connesso, assicurando la provvisoria amministrazione dell'ente mediante invio di commissari. La sospensione non può eccedere la durata di 60 giorni e il termine del decreto di cui al comma 3 decorre dalla data del provvedimento di sospensione.
6. Si fa luogo comunque allo scioglimento degli organi a norma del presente articolo quando sussistono le condizioni indicate nel comma 1, ancorché ricorrano le situazioni previste dall'articolo 141.
Art. 763
Commissione straordinaria e Comitato di sostegno e monitoraggio Art. 144, decreto legislativo n. 267/2000

1. Con il decreto di scioglimento di cui all'articolo 143 è nominata una commissione straordinaria per la gestione dell'ente, la quale esercita le attribuzioni che le sono conferite con il decreto stesso. La commissione è composta di tre membri scelti tra funzionari dello Stato, in servizio o in quiescenza, e tra magistrati della giurisdizione ordinaria o amministrativa in quiescenza. La commissione rimane in carica fino allo svolgimento del primo turno elettorale utile.
2. Presso il Ministero dell'interno è istituito, con personale della amministrazione, un comitato di sostegno e di monitoraggio dell'azione delle commissioni straordinarie di cui al comma 1 e dei comuni riportati a gestione ordinaria.
3. Con decreto del Ministro dell'interno, adottato a norma dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono determinate le modalità di organizzazione e funzionamento della commissione straordinaria per l'esercizio delle attribuzioni ad essa conferite, le modalità di pubblicizzazione degli atti adottati dalla commissione stessa, nonché le modalità di organizzazione e funzionamento, del comitato di cui al comma 2.
Art. 764
Gestione straordinaria Art. 145, decreto legislativo n. 267/2000

1. Quando in relazione alle situazioni indicate nel comma 1 dell'articolo 143 sussiste la necessità di assicurare il regolare funzionamento dei servizi degli enti nei cui confronti è stato disposto lo scioglimento, il prefetto, su richiesta della commissione straordinaria di cui al comma 1 dell'articolo 144, può disporre, anche in deroga alle norme vigenti, l'assegnazione in via temporanea, in posizione di comando o distacco, di personale amministrativo e tecnico di amministrazioni ed enti pubblici, previa intesa con gli stessi, ove occorra anche in posizione di sovraordinazione. Al personale assegnato spetta un compenso mensile lordo proporzionato alle prestazioni da rendere, stabilito dal prefetto in misura non superiore al 50 per cento del compenso spettante a ciascuno dei componenti della commissione straordinaria, nonché, ove dovuto, il trattamento economico di missione stabilito dalla legge per i dipendenti dello Stato in relazione alla qualifica funzionale posseduta nell'amministrazione di appartenenza. Tali competenze sono a carico dello Stato e sono corrisposte dalla prefettura, sulla base di idonea documentazione giustificativa, sugli accreditamenti emessi, in deroga alle vigenti disposizioni di legge, dal Ministero dell'interno. La prefettura, in caso di ritardo nell'emissione degli accreditamenti è autorizzata a prelevare le somme occorrenti sui fondi in genere della contabilità speciale. Per il personale non dipendente dalle amministrazioni centrali o periferiche dello Stato, la prefettura provvede al rimborso al datore di lavoro dello stipendio lordo, per la parte proporzionalmente corrispondente alla durata delle prestazioni rese. Agli oneri derivanti dalla presente disposizione si provvede con una quota parte del 10 per cento delle somme di denaro confiscate ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, nonché del ricavato delle vendite disposte a norma dell'articolo 4, commi 4 e 6, del decreto-legge 14 giugno 1989, n. 230, convertito, con modificazioni dalla legge 4 agosto 1989, n. 282, relative ai beni mobili o immobili ed ai beni costituiti in azienda confiscati ai sensi della medesima legge n. 575 del 1965. Alla scadenza del periodo di assegnazione, la commissione straordinaria potrà rilasciare, sulla base della valutazione dell'attività prestata dal personale assegnato, apposita certificazione di lodevole servizio che costituisce titolo valutabile ai fini della progressione di carriera e nei concorsi interni e pubblici nelle amministrazioni dello Stato, delle regioni e degli enti locali.
2. Per far fronte a situazioni di gravi disservizi e per avviare la sollecita realizzazione di opere pubbliche indifferibili, la commissione straordinaria di cui al comma 1 dell'articolo 144, entro il termine di sessanta giorni dall'insediamento, adotta un piano di priorità degli interventi, anche con riferimento a progetti già approvati e non eseguiti. Gli atti relativi devono essere nuovamente approvati dalla commissione straordinaria. La relativa deliberazione, esecutiva a norma di legge, è inviata entro dieci giorni al prefetto il quale, sentito il comitato provinciale della pubblica amministrazione opportunamente integrato con i rappresentanti di uffici tecnici delle amministrazioni statali, regionali o locali, trasmette gli atti all'amministrazione regionale territorialmente competente per il tramite del commissario del Governo, o alla Cassa depositi e prestiti, che provvedono alla dichiarazione di priorità di accesso ai contributi e finanziamenti a carico degli stanziamenti comunque destinati agli investimenti degli enti locali. Le disposizioni del presente comma si applicano ai predetti enti anche in deroga alla disciplina sugli enti locali dissestati, limitatamente agli importi totalmente ammortizzabili con contributi statali o regionali ad essi effettivamente assegnati.
3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano, a far tempo dalla data di insediamento degli organi e fino alla scadenza del mandato elettivo, anche alle amministrazioni comunali e provinciali, i cui organi siano rinnovati al termine del periodo di scioglimento disposto ai sensi del comma 1 dell'articolo 143.
4. Nei casi in cui lo scioglimento è disposto anche con riferimento a situazioni di infiltrazione o di condizionamento di tipo mafioso, connesse all'aggiudicazione di appalti di opere o di lavori pubblici o di pubbliche forniture, ovvero l'affidamento in concessione di servizi pubblici locali, la commissione straordinaria di cui al comma 1 dell'articolo 144 procede alle necessarie verifiche con i poteri del collegio degli ispettori di cui all'articolo 14 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203. A conclusione degli accertamenti, la commissione straordinaria adotta tutti i provvedimenti ritenuti necessari e può disporre d'autorità la revoca delle deliberazioni già adottate, in qualunque momento e fase della procedura contrattuale, o la rescissione del contratto già concluso.
5. Ferme restando le forme di partecipazione popolare previste dagli statuti in attuazione dell'articolo 8, comma 3, la commissione straordinaria di cui al comma 1 dell'articolo 144, allo scopo di acquisire ogni utile elemento di conoscenza e valutazione in ordine a rilevanti questioni di interesse generale si avvale, anche mediante forme di consultazione diretta, dell'apporto di rappresentanti delle forze politiche in ambito locale, dell'Anci, dell'Upi, delle organizzazioni di volontariato e di altri organismi locali particolarmente interessati alle questioni da trattare.
Art. 765
Gestione finanziaria Art. 145 bis, decreto legislativo n. 267/2000 (art. 6, decreto legge n. 80/2004, convertito dalla legge n. 140/2004)

1. Per i comuni con popolazione inferiore a 20.000 abitanti i cui organi consiliari sono stati sciolti ai sensi dell'articolo 143, su richiesta della Commissione straordinaria di cui al comma 1 dell'articolo 144, il Ministero dell'interno provvede all'anticipazione di un importo calcolato secondo i criteri di cui al comma 2 del presente articolo. L'anticipazione è subordinata all'approvazione di un piano di risanamento della situazione finanziaria, predisposto con le stesse modalità previste per gli enti in stato di dissesto finanziario dalle norme vigenti. Il piano è predisposto dalla Commissione straordinaria ed è approvato con decreto del Ministro dell'interno, su parere della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, di cui all' articolo 155.
2. L'importo dell'anticipazione di cui al comma 1 è pari all'importo dei residui attivi derivanti dai titolo primo e dai titolo terzo dell'entrata, come risultanti dall'ultimo rendiconto approvato, sino ad un limite massimo determinato in misura pari a cinque annualità dei trasferimenti erariali correnti e della quota di compartecipazione al gettito dell'IRPEF, e calcolato in base agli importi spettanti al singolo comune per l'anno nel quale perviene la richiesta. Dall'anticipazione spettante sono detratti gli importi già corrisposti a titolo di trasferimenti o di compartecipazione al gettito dell'IRPEF per l'esercizio in corso. A decorrere dall'esercizio successivo il Ministero dell'interno provvederà, in relazione al confronto tra l'anticipazione attribuita e gli importi annualmente spettanti a titolo di trasferimenti correnti e di compartecipazione al gettito dell'IRPEF, ad effettuare le compensazioni e determinare gli eventuali conguagli sino al completo recupero dell'anticipazione medesima.
3. L'organo di revisione dell'ente locale è tenuto a vigilare sull'attuazione del piano di risanamento, segnalando alla Commissione straordinaria o d'amministrazione successivamente subentrata le difficoltà riscontrate e gli eventuali scostamenti dagli obiettivi. Il mancato svolgimento di tali compiti da parte dell'organo di revisione è considerato grave inadempimento.
4. Il finanziamento dell'anticipazione di cui al comma 1 avviene con contestuale decurtazione dei trasferimenti erariali agli enti locali e le somme versate dall'ente sciolto ai sensi dell'articolo 143 affluiscono ai trasferimenti erariali dell'anno successivo e sono assegnate nella stessa misura della detrazione. Le modalità di versamento dell'annualità sono indicate dal Ministero dell'interno all'ente locale secondo le norme vigenti.
Art. 766
Norma finale Art. 146, decreto legislativo n. 267/2000 (art. 1-bis, decreto legge n. 50/2003, convertito dalla legge n. 116/2003)

1. Le disposizioni di cui agli articoli 143, 144, 145 si applicano anche agli altri enti locali di cui all'articolo 2, comma 1, nonché ai consorzi di comuni e province, agli organi comunque denominati delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere, alle aziende speciali dei comuni e delle province e ai consigli circoscrizionali, in quanto compatibili con i relativi ordinamenti.
2. Il Ministro dell'interno presenta al Parlamento una relazione annuale sull'attività svolta dalla gestione straordinaria dei singoli comuni.
Sezione II ALTRE DISPOSIZIONI
Art. 767
Art. 10, legge 31 maggio 1965, n. 575 (art. 19, legge n. 646/1982, art. 3, legge n. 55/1990, art. 20, decreto legge n. 152/1991, convertito dalla legge n. 203/1991 e art. 22 bis, decreto legge n. 306/1992, convertito dalla legge n. 356/1992)

1. Le persone alle quali sia stata applicata con provvedimento definitivo una misura di prevenzione non possono ottenere:
a) licenze o autorizzazioni di polizia e di commercio;
b) concessioni di acque pubbliche e diritti ad esse inerenti nonché concessioni di beni demaniali allorché siano richieste per l'esercizio di attività imprenditoriali;
c) concessioni di costruzione, nonché di costruzione e gestione di opere riguardanti la pubblica amministrazione e concessioni di servizi pubblici;
d) iscrizioni negli albi appaltatori o di fornitori di opere, beni e servizi riguardanti la pubblica amministrazione e nell'albo nazionale dei costruttori, nei registri della camera di commercio per l'esercizio del commercio all'ingrosso e nei registri dei commissionari astatori presso i mercati annonari all'ingrosso;
e) altre iscrizioni o provvedimenti a contenuto autorizzatorio, concessorio o abilitativo per lo svolgimento di attività imprenditoriali, comunque denominati;
f) contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali.
2. Il provvedimento definitivo di applicazione della misura di prevenzione determina la decadenza di diritto dalle licenze, autorizzazioni, concessioni, iscrizioni, abilitazioni ed erogazioni di cui al comma 1, nonché il divieto di concludere contratti di appalto, di cottimo fiduciario, di fornitura di opere, beni o servizi riguardanti la pubblica amministrazione e relativi subcontratti, compresi i cottimi di qualsiasi tipo, i noli a caldo e le forniture con posa in opera. Le licenze, le autorizzazioni e le concessioni sono ritirate e le iscrizioni sono cancellate a cura degli organi competenti.
3. Nel corso del procedimento di prevenzione, il tribunale, se sussistono motivi di particolare gravità, può disporre in via provvisoria i divieti di cui ai commi 1 e 2 e sospendere l'efficacia delle iscrizioni, delle erogazioni e degli altri provvedimenti ed atti di cui ai medesimi commi. Il provvedimento del tribunale può essere in qualunque momento revocato dal giudice procedente e perde efficacia se non è confermato con il decreto che applica la misura di prevenzione.
4. Il tribunale dispone che i divieti e le decadenze previsti dai commi 1 e 2 operino anche nei confronti di chiunque conviva con la persona sottoposta alla misura di prevenzione nonché nei confronti di imprese, associazioni, società e consorzi di cui la persona sottoposta a misura di prevenzione sia amministratore o determini in qualsiasi modo scelte e indirizzi. In tal caso i divieti sono efficaci per un periodo di cinque anni.
5. Per le licenze ed autorizzazioni di polizia, ad eccezione di quelle relative alle armi, munizioni ed esplosivi, e per gli altri provvedimenti di cui al comma 1 le decadenze e i divieti previsti dal presente articolo possono essere esclusi dal giudice nel caso in cui per effetto degli stessi verrebbero a mancare i mezzi di sostentamento all'interessato e alla famiglia.
5-bis. Salvo che si tratti di provvedimenti di rinnovo, attuativi o comunque conseguiti a provvedimenti già disposti, ovvero di contratti derivati da altri già stipulati dalla pubblica amministrazione, le licenze, le autorizzazioni, le concessioni, le erogazioni, le abilitazioni e le iscrizioni indicate nel comma 1 non possono essere rilasciate o consentite e la conclusione dei contratti o subcontratti indicati nel comma 2 non può essere consentita a favore di persone nei cui confronti è in corso il procedimento di prevenzione senza che sia data preventiva comunicazione al giudice competente, il quale può disporre, ricorrendone i presupposti, i divieti e le sospensioni previsti a norma del comma 3. A tal fine, i relativi procedimenti amministrativi restano sospesi fino a quando il giudice non provvede e, comunque, per un periodo non superiore a venti giorni dalla data in cui la pubblica amministrazione ha proceduto alla comunicazione.
5-ter. Le disposizioni dei commi 1, 2 e 4 si applicano anche nei confronti delle persone condannate con sentenza definitiva o, ancorchè non definitiva, confermata in grado di appello, per uno dei delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale.
Art. 768
Informazioni del prefetto - lettera d) dell'art. 1, comma 1, della legge 17 gennaio 1994, n. 47 Art. 4, decreto legislativo 8 agosto 1994, n. 490 (art. 2, decreto legge n. 26/1995, convertito dalla legge n. 95/1995, art. 15, decreto legge n. 67/1997, convertito dalla legge n. 135/1997)

1. Le pubbliche amministrazioni, gli enti pubblici e gli altri soggetti di cui all'art. 1, devono acquisire le informazioni di cui al comma 4 prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti, ovvero prima di rilasciare o consentire le concessioni o erogazioni indicati nell'allegato 3, il cui valore sia:
a) pari o superiore a quello determinato dalla legge in attuazione delle direttive comunitarie in materia di opere e lavori pubblici, servizi pubblici e pubbliche forniture, indipendentemente dai casi di esclusione ivi indicati;
b) superiore a 300 milioni di lire per le concessioni di acque pubbliche o di beni demaniali per lo svolgimento di attività imprenditoriali, ovvero per la concessione di contributi, finanziamenti e agevolazioni su mutuo o altre erogazioni dello stesso tipo per lo svolgimento di attività imprenditoriali;
c) superiore a 200 milioni di lire per l'autorizzazione di subcontratti, cessioni o cottimi, concernenti la realizzazione di opere o lavori pubblici o la prestazione di servizi o forniture pubbliche.
2. E' vietato, a pena di nullità, il frazionamento dei contratti, delle concessioni o delle erogazioni compiuto allo scopo di eludere l'applicazione del presente articolo.
3. Ai fini di cui al comma 1, la richiesta di informazioni è inoltrata al prefetto della provincia nella quale hanno residenza o sede le persone fisiche, le imprese, le associazioni, le società o i consorzi interessati ai contratti e subcontratti di cui al comma 1, lettere a) e c), o che siano destinatari degli atti di concessione o erogazione di cui alla lettera b) dello stesso comma 1. Tale richiesta deve contenere gli elementi di cui all'allegato 4.
4. Il prefetto trasmette alle amministrazioni richiedenti, nel termine massimo di quindici giorni dalla ricezione della richiesta, le informazioni concernenti la sussistenza o meno, a carico di uno dei soggetti indicati nelle lettere d) ed e) dell'allegato 4, delle cause di divieto o di sospensione dei procedimenti indicate nell'allegato 1, nonché le informazioni relative ad eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate. A tal fine il prefetto, anche avvalendosi dei poteri di accesso e di accertamento delegati dal Ministro dell'interno, dispone le necessarie verifiche nell'ambito della provincia e, ove occorra, richiede ai prefetti competenti che le stesse siano effettuate nelle rispettive province.
5. Quando le verifiche disposte a norma del comma 4 siano di particolare complessità, il prefetto ne dà comunicazione senza riguardo all'amministrazione interessata e fornisce le informazioni acquisite entro i successivi trenta giorni. Nel caso di lavori o forniture di somma urgenza, fatto salvo quanto previsto dal comma 6, le amministrazioni possono procedere dopo aver inoltrato al prefetto la richiesta di informazioni di cui al comma 3. Anche fuori del caso di lavori o forniture di somma urgenza, le amministrazioni possono procedere qualora le informazioni non pervengano nei termini previsti. In tale caso, i contributi, i finanziamenti, le agevolazioni e le altre erogazioni di cui al comma 1 sono corrisposti sotto condizione risolutiva.
6. Quando, a seguito delle verifiche disposte a norma del comma 4, emergono elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa nelle società o imprese interessate, le amministrazioni cui sono fornite le relative informazioni dal prefetto, non possono stipulare, approvare o autorizzare i contratti o subcontratti, nè autorizzare, rilasciare o comunque consentire le concessioni e le erogazioni. Nel caso di lavori o forniture di somma urgenza di cui al comma 5, qualora la sussistenza di una causa di divieto indicata nell'allegato 1 o gli elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa siano accertati successivamente alla stipula del contratto, alla concessione dei lavori o all'autorizzazione del subcontratto, l'amministrazione interessata può revocare le autorizzazioni e le concessioni o recedere dai contratti, fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l'esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite.
Art. 769
Art. 1 septies, decreto-legge 6 settembre 1982, n. 629, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 settembre 1982, n. 726 (art. 2, legge n. 486/1988)

1. L'Alto commissario può comunicare alle autorità competenti al rilascio di licenze, autorizzazioni, concessioni in materia di armi ed esplosivi e per lo svolgimento di attività economiche, nonché di titoli abilitativi alla conduzione di mezzi ed al trasporto di persone o cose, elementi di fatto ed altre indicazioni utili alla valutazione, nell'ambito della discrezionalità ammessa dalla legge, dei requisiti soggettivi richiesti per il rilascio, il rinnovo, la sospensione o la revoca delle licenze, autorizzazioni, concessioni e degli altri titoli menzionati.
Sezione III CONFISCA
Art. 770
Art. 2 nonies, legge n. 575/1965 (art. 3, legge n. 109/1996)

1. I beni confiscati sono devoluti allo Stato. Il provvedimento definitivo di confisca è comunicato, dalla cancelleria dell'ufficio giudiziario che ha emesso il provvedimento, all'ufficio del territorio del Ministero delle finanze che ha sede nella provincia ove si trovano i beni o ha sede l'azienda confiscata, nonché al prefetto e al Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno.
(omissis)
Art. 771
Art. 2 decies, legge n. 575/1965 (art. 3, legge n. 109/1996)

1. La destinazione dei beni immobili e dei beni aziendali confiscati è effettuata con provvedimento del direttore centrale del demanio del Ministero delle finanze, su proposta non vincolante del dirigente del competente ufficio del territorio, sulla base della stima del valore dei beni effettuata dal medesimo ufficio, acquisiti i pareri del prefetto e del sindaco del comune interessato e sentito l'amministratore di cui all'articolo 2-sexies.
(omissis)
Art. 772
Art. 2 undecies, legge n. 575/1965 (art. 3, legge n. 109/1996, art. 2, legge n. 512/1999 e art. 1, legge n. 296/2006)

1. L'amministratore di cui all'articolo 2-sexies versa all'ufficio del registro:
a) le somme di denaro confiscate che non debbano essere utilizzate per la gestione di altri beni confiscati o che non debbano essere utilizzate per il risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso;
b) le somme ricavate dalla vendita, anche mediante trattativa privata, dei beni mobili non costituiti in azienda, ivi compresi quelli registrati, e dei titoli, al netto del ricavato della vendita dei beni finalizzata al risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso. Se la procedura di vendita è antieconomica, con provvedimento del dirigente del competente ufficio dal territorio del Ministero delle finanze è disposta la cessione gratuita o la distruzione del bene da parte dell'amministratore;
c) le somme derivanti dal recupero dei crediti personali. Se la procedura di recupero è antieconomica, ovvero, dopo accertamenti sulla solvibilità del debitore svolti dal competente ufficio del territorio del Ministero delle finanze, avvalendosi anche degli organi di polizia, il debitore risulti insolvibile, il credito è annullato con provvedimento del dirigente dell'ufficio del territorio del Ministero delle finanze.
2. I beni immobili sono:
a) mantenuti al patrimonio dello Stato per finalità di giustizia, di ordine pubblico e di protezione civile e, ove idonei, anche per altri usi governativi o pubblici connessi allo svolgimento delle attività istituzionali di amministrazioni statali, agenzie fiscali, università statali, enti pubblici e istituzioni culturali di rilevante interesse, salvo che si debba procedere alla vendita degli stessi finalizzata al risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso;
b) trasferiti per finalità istituzionali o sociali, in via prioritaria, al patrimonio del comune ove l'immobile è sito, ovvero al patrimonio della provincia o della regione. Gli enti territoriali possono amministrare direttamente il bene o assegnarlo in concessione a titolo gratuito a comunità, ad enti, ad associazioni maggiormente rappresentative degli enti locali, ad organizzazioni di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, e successive modificazioni, a cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, e successive modificazioni, o a comunità terapeutiche e centri di recupero e cura di tossicodipendenti di cui al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti o sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, nonché alle associazioni ambientaliste riconosciute ai sensi dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, e successive modificazioni. Se entro un anno dal trasferimento l'ente territoriale non ha provveduto alla destinazione del bene, il prefetto nomina un commissario con poteri sostitutivi;
c) trasferiti al patrimonio del comune ove l'immobile è sito, se confiscati per il reato di cui all'articolo 74 del citato testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. Il comune può amministrare direttamente il bene oppure, preferibilmente, assegnarlo in concessione, anche a titolo gratuito, secondo i criteri di cui all'articolo 129 del medesimo testo unico, ad associazioni, comunità o enti per il recupero di tossicodipendenti operanti nel territorio ove è sito l.
3. I beni aziendali sono mantenuti al patrimonio dello Stato e destinati:
a) all'affitto, quando vi siano fondate prospettive di continuazione o di ripresa dell'attività produttiva, a titolo oneroso, previa valutazione del competente ufficio del territorio del Ministero delle finanze, a società e ad imprese pubbliche o private, ovvero a titolo gratuito, senza oneri a carico dello Stato, a cooperative di lavoratori dipendenti dell'impresa confiscata. Nella scelta dell'affittuario sono privilegiate le soluzioni che garantiscono il mantenimento dei livelli occupazionali. I beni non possono essere destinati all'affitto alle cooperative di lavoratori dipendenti dell'impresa confiscata se taluno dei relativi soci è parente, coniuge, affine o convivente con il destinatario della confisca, ovvero nel caso in cui nei suoi confronti sia stato adottato taluno dei provvedimenti indicati nell'articolo 15, commi 1 e 2, della legge 19 marzo 1990, n. 55;
b) alla vendita, per un corrispettivo non inferiore a quello determinato dalla stima del competente ufficio del territorio del Ministero delle finanze, a soggetti che ne abbiano fatto richiesta, qualora vi sia una maggiore utilità per l'interesse pubblico o qualora la vendita medesima sia finalizzata al risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso. Nel caso di vendita disposta alla scadenza del contratto di affitto dei beni, l'affittuario può esercitare il diritto di prelazione entro trenta giorni dalla comunicazione della vendita del bene da parte del Ministero delle finanze;
c) alla liquidazione, qualora vi sia una maggiore utilità per l'interesse pubblico o qualora la liquidazione medesima sia finalizzata al risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso, con le medesime modalità di cui alla lettera b).
4. Alle operazioni di cui al comma 3 provvede il dirigente del competente ufficio del territorio del Ministero delle finanze, che può affidarle all'amministratore di cui all'articolo 2-sexies, con l'osservanza delle disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 2-nonies, entro sei mesi dalla data di emanazione del provvedimento del direttore centrale del demanio del Ministero delle finanze di cui al comma 1 dell'articolo 2-decies.
5. Le somme ricavate ai sensi del comma 1, lettere b) e c), nonché i proventi derivanti dall'affitto, dalla vendita o dalla liquidazione dei beni, di cui al comma 3, sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati in egual misura al finanziamento degli interventi per l'edilizia scolastica e per l'informatizzazione del processo.
6. Nella scelta del cessionario o dell'affittuario dei beni aziendali l'Amministrazione delle finanze procede mediante licitazione privata omero, qualora ragioni di necessità o di convenienza, specificatamente indicate e motivate, lo richiedano, mediante trattativa privata. Sui relativi contratti è richiesto il parere di organi consultivi solo per importi eccedenti due miliardi di lire nel caso di licitazione privata e un miliardo di lire nel caso di trattativa privata. I contratti per i quali non è richiesto il parere del Consiglio di Stato sono approvati, dal dirigente del competente ufficio del territorio del Ministero delle finanze, sentito il direttore centrale del demanio del medesimo Ministero.
7. I provvedimenti emanati ai sensi del comma 1 dell'articolo 2-decies e dei commi 2 e 3 del presente articolo sono immediatamente esecutivi.
8. I trasferimenti e le cessioni di cui al presente articolo, disposti a titolo gratuito, sono esenti da qualsiasi imposta.
Art. 773
Cessione gratuita alle organizzazioni di volontariato di beni confiscati ai sensi della normativa antimafia Art. 17, legge regionale n. 22/1994

1. Gli enti locali possono concedere in uso gratuito alle organizzazioni di volontariato i beni loro assegnati confiscati in applicazione della normativa antimafia.
Art. 774
Art. 2 duodecies, legge n. 575/1965 (art. 3, legge n. 109/1996)

1. In deroga all'articolo 3 della legge 27 ottobre 1993, n. 432, e per un periodo di tre anni a decorrere dall'esercizio finanziano 1995, le somme versate all'ufficio del registro ai sensi dei commi 1 e 5 dell'articolo 2-undecies affluiscono in un fondo, istituito presso la prefettura competente, per l'erogazione, nei limiti delle disponibilità, di contributi destinati al finanziamento, anche parziale, di progetti relativi alla gestione a fini istituzionali, sociali o di interesse pubblico degli immobili confiscati, nonché relativi a specifiche attività di:
a) risanamento di quartieri urbani degradati;
b) prevenzione e recupero di condizioni di disagio e di emarginazione;
c) intervento nelle scuole per corsi di educazione alla legalità;
d) promozione di cultura imprenditoriale e di attività imprenditoriale per giovani disoccupati.
2. Possono presentare i progetti e relative richieste di contributo di cui al comma 1:
a) i comuni ove sono siti gli immobili;
b) le comunità, gli enti, le organizzazioni di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, e successive modificazioni, le cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, le comunità terapeutiche e i centri di recupero e cura di tossicodipendenti di cui al citato testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e le associazioni sociali che dimostrino di aver svolto attività propria nei due anni precedenti la richiesta.
3. Il prefetto, sentiti i sindaci dei comuni interessati e l'assessore regionale competente, previo parere di apposito comitato tecnico-finanziario, dispone sulle richieste di contributi di cui ai commi 1 e 2 con provvedimento motivato, da emanare entro sessanta giorni dalla data di presentazione della richiesta. Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri del tesoro e delle finanze, sono adottate, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, norme regolamentari sulle modalità di gestione del fondo di cui al comma 1 del presente articolo.
4. Con decreto del Ministro di grazia e giustizia, di concerto con i Ministri delle finanze, del tesoro, dell'interno e della difesa, sono adottate, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, norme regolamentari per disciplinare la raccolta dei dati relativi ai beni sequestrati o confiscati, dei dati concernenti lo stato del procedimento per il sequestro o la confisca e dei dati concernenti la consistenza, la destinazione e la utilizzazione dei beni sequestrati o confiscati. Il Governo trasmette ogni sei mesi al Parlamento una relazione concernente i dati suddetti.
5. Il Consiglio di Stato esprime il proprio parere sugli schemi di regolamento di cui ai commi 3 e 4 del presente articolo entro trenta giorni dalla richiesta, decorsi i quali il regolamento può comunque essere adottato.
6. Le disposizioni di cui agli articoli 2-nonies, 2-decies, 2-undecies e al presente articolo si applicano anche ai beni per i quali non siano state esaurite le procedure di liquidazione o non sia stato emanato il provvedimento di cui al comma 1 del citato articolo 2-decies.
Capo IV SEGRETARIO COMUNALE E PROVINCIALE, DIFENSORE CIVICO E DISPOSIZIONI VARIE
Sezione I SEGRETARIO COMUNALE E PROVINCIALE
Art. 775
Ruolo e funzioni Art. 97, decreto legislativo n. 267/2000

1.  Il comune e la provincia hanno un segretario titolare dipendente dall'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, di cui all'articolo 102 e iscritto all'albo di cui all'articolo 98.
2.  Il segretario comunale e provinciale svolge compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell'ente in ordine alla conformità dell'azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti.
3.  Il sindaco e il presidente della provincia, ove si avvalgano della facoltà prevista dal comma 1 dell'articolo 108, contestualmente al provvedimento di nomina del direttore generale disciplinano, secondo l'ordinamento dell'ente e nel rispetto del loro distinti ed autonomi ruoli, i rapporti tra il segretario ed il direttore generale.
4. Il segretario sovrintende allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti e ne coordina l'attività, salvo quando ai sensi e per gli effetti del comma 1 dell'articolo 108 il sindaco e il presidente della provincia abbiano nominato il direttore generale. Il segretario inoltre:
a) partecipa con funzioni consultive, referenti e di assistenza alle riunioni del consiglio e della giunta e ne cura la verbalizzazione;
b) esprime il parere di cui all'articolo 49, in relazione alle sue competenze, nel caso in cui l'ente non abbia responsabili dei servizi;
c) può rogare tutti i contratti nei quali l'ente è parte ed autenticare scritture private ed atti unilaterali nell'interesse dell'ente;
d) esercita ogni altra funzione attribuitagli dallo statuto o dai regolamenti, o conferitagli dal sindaco o dal presidente della provincia;
e) esercita le funzioni di direttore generale nell'ipotesi prevista dall'articolo 108, comma 4.
5.  Il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, può prevedere un vicesegretario per coadiuvare il segretario e sostituirlo nei casi di vacanza, assenza o impedimento.
6.  Il rapporto di lavoro dei segretari comunali e provinciali è disciplinato dai contratti collettivi ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni.
Art. 776
Requisiti per la nomina a vice-segretario Art. 217, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963 (art. 1, legge regionale n. 52/1972)

Per la nomina a vice-segretario di libero consorzio e comunale è richiesta la laurea in giurisprudenza o altra riconosciuta equipollente agli effetti dell'ammissione ai concorsi per le carriere amministrative dello Stato.
(omissis)
Sezione II DIFENSORE CIVICO
Art. 777
Difensore civico Art. 8, legge 142/90, recepito dall'art. 1, comma 1, lett. bb), della legge regionale n. 48/1991

1. Lo statuto provinciale e quello comunale possono prevedere l'istituto del difensore civico, il quale svolge un ruolo di garante dell'imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione comunale o provinciale, segnalando, anche di propria iniziativa, gli abusi, le disfunzioni, le carenze ed i ritardi dell'amministrazione nei confronti dei cittadini.
2. Lo statuto disciplina l'elezione, le prerogative ed i mezzi del difensore civico nonché i suoi rapporti con il consiglio comunale o provinciale.
Sezione III DISPOSIZIONI VARIE
Art. 778
Tipologia dei controlli interni Art. 147, decreto legislativo n. 267/2000

1. Gli enti locali, nell'ambito della loro autonomia normativa ed organizzativa, individuano strumenti e metodologie adeguati a:
a) garantire attraverso il controllo di regolarità amministrativa e contabile, la legittimità, regolarità e correttezza dell'azione amministrativa;
b) verificare, attraverso il controllo di gestione, l'efficacia, efficienza ed economicità dell'azione amministrativa, al fine di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi di correzione, il rapporto tra costi e risultati;
c) valutare le prestazioni del personale con qualifica dirigenziale;
d) valutare l'adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani, programmi ed altri strumenti di determinazione dell'indirizzo politico, in termini di congruenza tra risultati conseguiti e obiettivi predefiniti.
2. I controlli interni sono ordinati secondo il principio della distinzione tra funzioni di indirizzo e compiti di gestione, quale risulta dagli articoli 3, comma 1, lettere b) e c), e 14 del decreto legislativo, 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni.
3. L'organizzazione dei controlli interni è effettuata dagli enti locali anche in deroga agli altri principi di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286.
4. Per l'effettuazione dei controlli di cui al comma 1, più enti locali possono istituire uffici unici, mediante convenzione che ne regoli le modalità di costituzione e di funzionamento.
5. Nell'ambito dei comitati provinciali per la pubblica amministrazione. d'intesa con le province, sono istituite apposite strutture di consulenza e supporto, delle quali possono avvalersi gli enti locali per l'esercizio dei controlli previsti dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286. A tal fine, i predetti comitati possono essere integrati con esperti nelle materie di pertinenza.
Art. 779
Doveri e condizione giuridica Art. 78, decreto legislativo n. 267/2000

(omissis)
3. I componenti la giunta comunale competenti in materia di urbanistica, di edilizia e di lavori pubblici devono astenersi dall'esercitare attività professionale in materia di edilizia privata e pubblica nel territorio da essi amministrato.
4. Nel caso di piani urbanistici, ove la correlazione immediata e diretta di cui al comma 2 sia stata accertata con sentenza passata in giudicato, le parti di strumento urbanistico che costituivano oggetto della correlazione sono annullate e sostituite mediante nuova variante urbanistica parziale. Nelle more dell'accertamento di tale stato di correlazione immediata e diretta tra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell'amministratore o di parenti o affini è sospesa la validità delle relative disposizioni del piano urbanistico.
(omissis)
Art. 780
Indirizzo politico-amministrativo. Funzioni e responsabilità Art. 2, legge regionale n. 10/2000 (art. 45, legge regionale n. 4/2003)

(omissis)
3 bis. Le commissioni dell'Assemblea regionale siciliana, per l'adempimento dei compiti loro assegnati, hanno diritto, previa richiesta scritta, di ottenere dagli uffici della Regione, dagli enti e dalle aziende da essa dipendenti e/o controllati, informazioni, notizie e documenti. Hanno inoltre il diritto di chiamare nel loro seno i dirigenti generali dei predetti organi, per avere chiarimenti sugli affari di loro competenza. Hanno, altresì, diritto di ottenere dagli stessi dirigenti generali, anche per iscritto, delucidazioni in merito all'esecuzione di leggi e all'adozione di atti e provvedimenti amministrativi.
3 ter. Nei casi previsti dal comma 3 bis, il Presidente della Regione, su proposta motivata del dirigente generale, può opporre il segreto di ufficio a tutela dell'amministrazione interessata o delle persone, secondo le vigenti disposizioni legislative in materia. Ove la commissione ritenga fondata l'opposizione del segreto di ufficio, può deliberare, dandone tempestiva comunicazione al Presidente dell'Assemblea, di riunirsi in seduta segreta informandone, altresì, il Presidente della Regione o l'Assessore da questi delegato.
3 quater. Per le esigenze conoscitive di cui al presente articolo, ai deputati regionali, oltre agli atti e alle delibere, devono essere forniti su richiesta i relativi documenti preparatori.
(omissis)
Art. 781
Istituzione del registro dei pareri Art. 46, legge regionale 16 aprile 2003, n. 4

1. Al fine di garantire il rispetto dei principi di trasparenza, imparzialità, pubblicità, nonché per assicurare omogeneità nell'attività degli uffici degli Assessorati regionali e dell'Ufficio legislativo e legale in ordine ai pareri resi e richiesti dagli enti sottoposti a vigilanza e controllo della Regione siciliana, sono istituiti, presso gli stessi il "registro dei pareri resi" ed il "registro dei pareri richiesti".
2.  Nel "registro dei pareri resi" e nel "registro dei pareri richiesti" sono specificati i dati identificativi dell'ente richiedente e/o emittente, la data e l'oggetto della richiesta di parere, nonché la data del rilascio dello stesso da parte degli uffici di cui al comma 1.
3.  I pareri indicati nei registri di cui al comma 2, sono raccolti per esteso in un apposito "bollettino dei pareri" curato dalla Presidenza della Regione siciliana.
Art. 782
Costituzione parte civile Art. 18, legge regionale n. 1/2008

1. Fermo restando il diritto della Regione e degli enti di cui all'articolo 1 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 10, di costituirsi parte civile nei confronti di qualunque cittadino imputato di reati connessi all'associazione mafiosa, è fatto obbligo alle amministrazioni di cui sopra di promuovere azioni civili di risarcimento di danni quando sia intervenuta sentenza penale di condanna passata in giudicato riguardante pubblici amministratori o dipendenti delle amministrazioni medesime.
Titolo X DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE
Capo I RAPPORTI TRA PROVINCIA ED ENTI OPERANTI NELL'AMBITO PROVINCIALE
Art. 783
Comunità montane Art. 45, legge regionale n. 9/1986 (art. 18, legge regionale n. 31/1986)

Entro 180 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, le comunità montane della Sicilia sono soppresse e le relative funzioni nonché il personale, i beni ed ogni altro mezzo finanziario sono assegnati alle province regionali nei cui territori ricadono le relative aree.
La funzione di valorizzazione delle zone montane, secondo le finalità di cui alla legge 3 dicembre 1971, n. 1102 e successive modifiche, è esercitata dalla provincia regionale previo parere dell'assemblea consultiva dei comuni montani, avente sede presso ciascuna provincia ed eletta dai consigli dei comuni interessati con le modalità di cui agli articoli 8 e 9 della legge regionale 30 novembre 1974, n. 38.
L'assemblea consultiva, per il cui funzionamento si applica, in quanto compatibile, l'art. 10 della legge regionale 30 novembre 1974, n. 38, deve rendere il parere di cui al precedente comma entro 30 giorni dalla richiesta da parte delle province regionali. Decorso infruttuosamente detto termine si prescinde dal parere.
Le risultanze della programmazione provinciale sono comunicate annualmente, per le relative valutazioni, all'assemblea consultiva dei comuni montani che, a tal fine, deve essere convocata dal presidente della provincia.
I fondi assegnati alle comunità montane affluiscono nei bilanci delle province regionali nei cui territori sono comprese le relative aree, rimanendo vincolati alla promozione dello sviluppo delle popolazioni residenti nei comuni montani, alla difesa del suolo ed alla protezione della natura delle rispettive zone secondo le finalità di cui alla legge 3 dicembre 1971, n. 1102 ed all'art. 2 della legge regionale 30 novembre 1974, n. 38 e successive modifiche.
Art. 784
Camere di commercio, industria, agricoltura e artigianato Art. 46, legge regionale n. 9/1986

Le camere di commercio, industria, agricoltura e artigianato della Regione coordinano, per i fini di cui all'art. 2 del decreto legislativo luogotenenziale 21 settembre 1944, n. 315, la propria attività con gli interventi delle province regionali.
I settori economici rappresentati nella giunta camerale sono determinati con decreto del Presidente della Regione, sentita la Commissione legislativa permanente "Questioni istituzionali, organizzazione amministrativa, enti locali territoriali ed istituzionali" dell'Assemblea regionale siciliana.
La giunta camerale è integrata, ai fini del coordinamento di cui al primo comma, da due rappresentanti della provincia eletti dal consiglio, con voto limitato.
Art. 785
Attività promozionali in materia turistica Art. 47, legge regionale n. 9/1986

Nelle more del riordino del settore le province regionali, fermi restando i poteri di programmazione, indirizzo e coordinamento regionali delle attività in materia turistica, esercitano le funzioni attualmente attribuite agli enti provinciali per il turismo e coordinano l'attività degli enti, istituzioni ed organizzazioni operanti nel settore a livello sub-regionale.
A tal fine, le province si avvalgono delle strutture organizzative e delle relative procedure amministrative degli enti provinciali per il turismo, che vengono trasformati in aziende autonome provinciali, secondo le modalità che saranno fissate con decreto del Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore regionale per il turismo, le comunicazioni e i trasporti, da emanarsi entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Alle stesse aziende affluiscono le entrate già di competenza dei trasformati enti provinciali per il turismo.
Ferma restando la composizione dei relativi organi amministrativi a termini della normativa relativa ai trasformati enti provinciali per il turismo, la cui nomina è effettuata dal consiglio provinciale, le funzioni di presidente di ciascuna azienda autonoma per l'incremento turistico sono svolte dal presidente della relativa provincia regionale o dall'assessore da questi delegato.
Al personale trasferito, che conserva la posizione giuridica ed economica conseguita all'atto del trasferimento, si applica la normativa relativa ai dipendenti dell'amministrazione regionale.
Art. 786
Soppressione delle aziende autonome provinciali per l'incremento turistico Art. 5, legge regionale 15 settembre 2005, n. 10 (art. 21, legge regionale n. 16/2006)

1. Alla data dell'insediamento del Consiglio regionale del turismo e comunque non prima del 31 dicembre 2005 e non oltre il 30 giugno 2006 sono soppresse le aziende autonome provinciali per l'incremento turistico (AAPIT) istituite con l'articolo 47 della legge regionale 6 marzo 1986, n. 9 e regolamentate dal decreto del Presidente della Regione siciliana del 19 settembre 1986. I beni e le attività delle predette aziende sono trasferiti alle province regionali competenti per territorio. Il personale conserva la posizione giuridica ed economica conseguita al 31 luglio 2005. (Inciso omesso in quanto impugnato dal Commissario dello Stato ai sensi dell'art. 28 dello Statuto).
2. Sono, altresì, assegnate alle province regionali le competenze già proprie delle AAPIT nonché la vigilanza sulle imprese turistiche operanti nel territorio.
3. Presso ogni provincia regionale è istituita, con funzioni consultive, la Conferenza provinciale del turismo. La Conferenza, nominata con decreto dell'Assessore regionale per il turismo, le comunicazioni ed i trasporti, è composta da:
a) il presidente della provincia regionale o suo delegato, che la presiede;
b) il sindaco del comune capoluogo;
c) due sindaci dei comuni della provincia;
d) il presidente della camera di commercio, industria, artigianato ed agricoltura o suo delegato;
e) tre rappresentanti delle confederazioni degli imprenditori di settore maggiormente rappresentative;
f) due esperti del settore turistico nominati dall'Assessore regionale per il turismo, le comunicazioni ed i trasporti;
g) tre rappresentanti indicati dalle organizzazioni sindacali;
h) tre rappresentanti delle associazioni ambientaliste.
4. La Conferenza esprime indicazioni utili alla redazione del programma di sviluppo e promozione turistica della provincia regionale ed è convocata almeno una volta per ogni trimestre ed ogniqualvolta il presidente della provincia regionale ne ravvisi la necessità.
Art. 787
Ambito normativo Art. 1, legge regionale 4 gennaio 1984, n. 1

Nel quadro degli indirizzi della programmazione e del decentramento amministrativo, la Regione siciliana svolge la propria attività di intervento nell'ambito delle aree destinate ad insediamenti industriali attraverso i consorzi per le aree di sviluppo industriale e per i nuclei di industrializzazione, istituiti in Sicilia ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218, e della legge regionale 27 febbraio 1965, n. 4, i quali sono tutti regolati dalle norme della presente legge.
Su proposta dell'Assessore regionale per l'industria, di concerto con gli Assessori regionali per il territorio e l'ambiente e per i lavori pubblici, sentita la competente commissione legislativa dell'Assemblea regionale siciliana, con decreto del Presidente della Regione, possono essere istituiti nuovi agglomerati industriali che saranno regolati dalle disposizioni della presente legge.
Art. 788
Comitato direttivo Art. 9, legge regionale n. 1/1984 (art. 49, legge regionale n. 9/1986)

Il comitato direttivo è costituito dal presidente del consorzio, da tre rappresentanti del consiglio generale eletti dallo stesso nel suo seno con voto limitato a due e dai tre rappresentanti delle associazioni degli industriali di cui al quarto comma dell'art. 6.
Uno dei rappresentanti della Regione siciliana ed uno della provincia designati a far parte del consiglio generale sono membri di diritto del comitato direttivo.
Quest'ultimo elegge nel suo seno un vice presidente nella prima seduta, con le stesse modalità di cui al quinto, sesto e ottavo comma dell'art. 6.
Qualora dovesse essere eletto alla carica di presidente uno dei tre rappresentanti delle associazioni degli industriali o dei due rappresentanti della Regione siciliana, il comitato direttivo risulterà composto, diversamente da quanto disposto dal primo e dal secondo comma del presente articolo, da 7 componenti più il presidente.
Art. 789
Efficacia dei piani regolatori Art. 18, legge regionale n. 1/1984 (art. 49, legge regionale n. 9/1986)

In applicazione dell'art. 25 della legge 3 gennaio 1978, n. 1, nell'ambito della Regione siciliana, agli effetti dell'art. 52 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218, i vincoli di destinazione previsti dai piani regolatori delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale hanno efficacia per la durata di 10 anni a decorrere dalla data del decreto di approvazione. Decorso tale termine, il piano diventa inefficace per la parte in cui non abbia avuto attuazione.
Le disposizioni di cui al comma precedente si applicano anche ai piani regolatori delle aree di sviluppo industriale già previsti dall'art. 12 della legge regionale 27 febbraio 1965, n. 4.
I piani la cui data di approvazione risalga ad oltre un decennio hanno efficacia fino ad un triennio dalla data di entrata in vigore della presente legge; quelli approvati da meno di un decennio conservano efficacia fino al compimento del decennio e comunque per un periodo non inferiore al triennio dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Eventuali proposte di variante sono subordinate alla preventiva autorizzazione dell'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente, che la concede, sentito il Consiglio regionale dell'urbanistica, in caso di sopravvenute motivate ragioni tecniche e/o economiche che richiedano la modifica del piano.
I piani e le eventuali proposte di variante sono sottoposti al parere del consiglio della provincia regionale competente per territorio.
Art. 790
Consorzi di bonifica Art. 50, legge regionale n. 9/1986

In attesa di una generale riforma della materia, i consorzi di bonifica nel cui comprensorio non esistano opere o impianti irrigui dagli stessi gestiti, realizzati, in corso di realizzazione o inclusi in programmi di finanziamento alla data di entrata in vigore della presente legge, sono soppressi.
Il patrimonio, gli uffici ed i mezzi dei consorzi soppressi sono devoluti alle amministrazioni provinciali nei cui territori sono compresi, all'Amministrazione regionale o all'ente di sviluppo agricolo, secondo le modalità che saranno fissate con decreto del Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore regionale per l'agricoltura e le foreste, da emanarsi entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
L'Amministrazione regionale assume tutti i diritti e gli obblighi dei consorzi estinti.
Il personale, dipendente dai soppressi consorzi alla data di entrata in vigore della presente legge, è inquadrato in apposito ruolo ad esaurimento dell'Amministrazione regionale, strutturato in qualifiche e posizioni economiche corrispondenti a quello possedute dal personale, ed è destinato a prestare servizio presso l'Assessorato regionale dell'agricoltura e delle foreste o presso enti sottoposti al controllo o alla vigilanza dello stesso Assessorato.
Capo II DISPOSIZIONI TRANSITORIE
Art. 791
Revisione della normativa concernente le funzioni attribuite alle province regionali Art. 62, legge regionale n. 9/1986

Entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge, è istituita, con decreto del Presidente della Regione, una commissione di studio composta di funzionari delle amministrazioni regionali e provinciali, di docenti universitari in materie giuridico-amministrative e di esperti, per la revisione della legislazione vigente nelle materie attribuite alla competenza delle province regionali ai sensi della presente legge.
Art. 792
Commissione di studi per la revisione della legislazione elettorale e dell'ordinamento degli enti locali Art. 63, legge regionale n. 9/1986

Entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge è istituita con decreto del Presidente della Regione, una Commissione di studio, composta di quindici membri scelti tra docenti universitari ed esperti, con il compito di elaborare un documento di proposta riguardante:
1)  la revisione della legislazione elettorale e l'individuazione, sotto il profilo della stabilità e dell'efficienza; di forme diverse e dirette di elezione di organi istituzionali;
2)  le modifiche all'ordinamento degli enti locali anche con riguardo ad una diversa articolazione delle competenze degli organi;
3)  il riordino dei sistemi di rappresentanza degli interessi delle categorie produttive e professionali e loro rapporto con la programmazione provinciale;
4)  la previsione di nuove forme di partecipazione della società civile alla vita delle istituzioni attraverso la ricerca di meccanismi che assicurino il concorso e la valorizzazione delle forze culturali, professionali, produttive e sociali.
La Commissione presenterà gli elaborati entro sei mesi dall'insediamento.
Il Presidente della Regione provvederà con proprio decreto a determinare i compensi spettanti ai componenti la Commissione.
Art. 793
Testo coordinato in materia di ordinamento degli enti locali Art. 26, legge regionale n. 30/2000

1. Il Presidente della Regione è autorizzato a pubblicare nella Gazzetta Ufficiale della Regione, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un testo coordinato delle leggi regionali relative all'ordinamento degli enti locali.
Capo III ABROGAZIONI SISTEMATICHE
Art. 794
Modifiche ed abrogazioni di norme Art. 61, legge regionale n. 9/1986

Sono abrogati gli articoli 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 49, 130, 131, 132, 133, 139, 141, 141 bis, 143 primo comma, 147, 148, 149, 150, 151, 152, 154, 155, 157, 158, 181, 266, 268, dell'Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale 15 marzo 1963, n. 16, nonché ogni altra disposizione incompatibile con la presente legge.
All'art. 95, ultimo comma, del predetto Ordinamento amministrativo degli enti locali è soppressa l'espressione "col voto favorevole della maggioranza assoluta dei consiglieri in carica".
Art. 795
Art. 31, legge regionale n. 44/1991

1. Sono abrogati:
a) gli articoli 30, 31, secondo comma, da 32 a 40, da 78 a 91, 160, 197, 208 dell'Ordinamento regionale degli enti locali approvato con legge regionale 15 marzo 1963, n. 16, e successive modifiche;
b) gli articoli da 9 a 17 del regolamento approvato con decreto del Presidente della Regione 29 ottobre 1957, n. 3, e successive modifiche;
c) la legge regionale 18 luglio 1961, n. 14, e successive modifiche con esclusione dell'articolo 13;
d) l'articolo 6 della legge regionale 23 dicembre 1962, n. 25;
e) gli articoli 3, 18 e da 21 a 27 della legge regionale 21 febbraio 1976, n. 1, e successive modifiche;
f) il regolamento approvato con decreto del Presidente della Regione 22 maggio 1985, n. 38;
g) l'articolo 4 della legge regionale 23 dicembre 1985, n. 52, e successive modifiche;
h) l'articolo 6 della legge regionale 24 giugno 1986, n. 31, e successive modifiche;
i) ogni altra disposizione legislativa o regolamentare comunque incompatibile con le disposizioni della presente legge.
NOTE

Parte I
Nota all'art. 20 della legge regionale n. 10/1991
Confronta anche l'art. 46 della legge regionale n. 17/2004 che si riporta:
-  "Art. 46 - Autorizzazioni opere a zone soggette a vincoli. - 1. Le autorizzazioni ad eseguire opere in zone soggette a vincolo paesistico o su immobili di interesse storico-artistico sono rilasciate o negate, ove non regolamentate da norme specifiche dalle competenti Soprintendenze entro il termine perentorio di 120 giorni.
2. Le competenti Soprintendenze possono interrompere i termini dei 120 giorni solamente una volta per la richiesta di chiarimenti o integrazioni. Alla presentazione della documentazione richiesta gli uffici avranno l'obbligo entro i successivi 60 giorni di esprimere un proprio parere. Trascorso il termine perentorio di cui sopra si intende reso in senso favorevole.".
Nota all'art. 22 della legge regionale n. 10/1991
Inciso riportato in parentesi quadre in quanto le materie disciplinate dalla disposizione originaria risultano disciplinate in modo specifico in sede regionale.
Nota all'art. 23 della legge regionale n. 10/1991
Inciso riportato in parentesi in quanto le materie disciplinate dalla disposizione originaria risultano disciplinate in modo specifico in sede regionale.
Nota all'art. 22 della legge n. 241/1990
Si riporta il decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 2006, n. 184 (Regolamento recante disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi):
-  "Art. 1 - Oggetto. - 1. Il presente regolamento disciplina le modalità di esercizio del diritto di accesso ai documenti amministrativi in conformità a quanto stabilito nel capo V della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni di seguito denominata: "legge".
2. I provvedimenti generali organizzatori occorrenti per l'esercizio del diritto di accesso sono adottati dalle amministrazioni interessate, entro il termine di cui all'articolo 14, comma 1, decorrente dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, dandone comunicazione alla Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi istituita ai sensi dell'articolo 27 della legge.
-  Art. 2 - Ambito di applicazione. - 1. Il diritto di accesso ai documenti amministrativi è esercitabile nei confronti di tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario, da chiunque abbia un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è richiesto l'accesso.
2. Il diritto di accesso si esercita con riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti al momento della richiesta e detenuti alla stessa data da una pubblica amministrazione, di cui all'articolo 22, comma 1, lettera e), della legge, nei confronti dell'autorità competente a formare l'atto conclusivo o a detenerlo stabilmente. La pubblica amministrazione non è tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso.
-  Art. 3 - Notifica ai controinteressati. - 1. Fermo quanto previsto dall'articolo 5, la pubblica amministrazione cui è indirizzata la richiesta di accesso, se individua soggetti controinteressati, di cui all'articolo 22, comma 1, lettera c), della legge, è tenuta a dare comunicazione agli stessi, mediante invio di copia con raccomandata con avviso di ricevimento, o per via telematica per coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione. I soggetti controinteressati sono individuati tenuto anche conto del contenuto degli atti connessi, di cui all'articolo 7, comma 2.
2. Entro dieci giorni dalla ricezione della comunicazione di cui al comma 1, i controinteressati possono presentare una motivata opposizione, anche per via telematica, alla richiesta di accesso. Decorso tale termine, la pubblica amministrazione provvede sulla richiesta, accertata la ricezione della comunicazione di cui al comma 1.
-  Art. 4 - Richiesta di accesso di portatori di interessi pubblici o diffusi. - 1. Le disposizioni sulle modalità del diritto di accesso di cui al presente regolamento si applicano anche ai soggetti portatori di interessi diffusi o collettivi.
-  Art. 5 - Accesso informale.  - 1. Qualora in base alla natura del documento richiesto non risulti l'esistenza di controinteressati il diritto di accesso può essere esercitato in via informale mediante richiesta, anche verbale, all'ufficio dell'amministrazione competente a formare lconclusivo del procedimento o a detenerlo stabilmente.
2. Il richiedente deve indicare gli estremi del documento oggetto della richiesta ovvero gli elementi che ne consentano l'individuazione, specificare e, ove occorra, comprovare l'interesse connesso all'oggetto della richiesta, dimostrare la propria identità e, ove occorra, i propri poteri di rappresentanza del soggetto interessato.
3. La richiesta, esaminata immediatamente e senza formalità, è accolta mediante indicazione della pubblicazione contenente le notizie, esibizione del documento, estrazione di copie, ovvero altra modalità idonea.
4. La richiesta, ove provenga da una pubblica amministrazione, è presentata dal titolare dell'ufficio interessato o dal responsabile del procedimento amministrativo ed è trattata ai sensi dell'articolo 22, comma 5, della legge.
5. La richiesta di accesso può essere presentata anche per il tramite degli Uffici relazioni con il pubblico.
6. La pubblica amministrazione, qualora in base al contenuto del documento richiesto riscontri l'esistenza di controinteressati, invita l'interessato a presentare richiesta formale di accesso.
-  Art. 6 - Procedimento di accesso formale. - 1. Qualora non sia possibile l'accoglimento immediato della richiesta in via informale, ovvero sorgano dubbi sulla legittimazione del richiedente, sulla sua identità, sui suoi poteri rappresentativi, sulla sussistenza dell'interesse alla stregua delle informazioni e delle documentazioni fornite, sull'accessibilità del documento o sull'esistenza di controinteressati, l'amministrazione invita l'interessato a presentare richiesta d'accesso formale, di cui l'ufficio rilascia ricevuta.
2. La richiesta formale presentata ad amministrazione diversa da quella nei cui confronti va esercitato il diritto di accesso è dalla stessa immediatamente trasmessa a quella competente. Di tale trasmissione è data comunicazione all'interessato.
3. Al procedimento di accesso formale si applicano le disposizioni contenute nei commi 2, 4 e 5 dell'articolo 5.
4. Il procedimento di accesso deve concludersi nel termine di trenta giorni, ai sensi dell'articolo 25, comma 4, della legge, decorrenti dalla presentazione della richiesta all'ufficio competente o dalla ricezione della medesima nell'ipotesi disciplinata dal comma 2.
5. Ove la richiesta sia irregolare o incompleta, l'amministrazione, entro dieci giorni, ne dà comunicazione al richiedente con raccomandata con avviso di ricevimento ovvero con altro mezzo idoneo a comprovarne la ricezione. In tale caso, il termine del procedimento ricomincia a decorrere dalla presentazione della richiesta corretta.
6. Responsabile del procedimento di accesso è il dirigente, il funzionario preposto all'unità organizzativa o altro dipendente addetto all'unità competente a formare il documento o a detenerlo stabilmente.
-  Art. 7 - Accoglimento della richiesta e modalità di accesso. - 1. L'atto di accoglimento della richiesta di accesso contiene l'indicazione dell'ufficio, completa della sede, presso cui rivolgersi, nonché di un congruo periodo di tempo, comunque non inferiore a quindici giorni, per prendere visione dei documenti o per ottenerne copia.
2. L'accoglimento della richiesta di accesso a un documento comporta anche la facoltà di accesso agli altri documenti nello stesso richiamati e appartenenti al medesimo procedimento, fatte salve le eccezioni di legge o di regolamento.
3. L'esame dei documenti avviene presso l'ufficio indicato nell'atto di accoglimento della richiesta, nelle ore di ufficio, alla presenza, ove necessaria, di personale addetto.
4. I documenti sui quali è consentito l'accesso non possono essere asportati dal luogo presso cui sono dati in visione, o comunque alterati in qualsiasi modo.
5. L'esame dei documenti è effettuato dal richiedente o da persona da lui incaricata, con l'eventuale accompagnamento di altra persona di cui vanno specificate le generalità, che devono essere poi registrate in calce alla richiesta. L'interessato può prendere appunti e trascrivere in tutto o in parte i documenti presi in visione.
6. In ogni caso, la copia dei documenti è rilasciata subordinatamente al pagamento degli importi dovuti ai sensi dell'articolo 25 della legge secondo le modalità determinate dalle singole amministrazioni. Su richiesta dell'interessato, le copie possono essere autenticate.
-  Art. 8 - Contenuto minimo degli atti delle singole amministrazioni. - 1. I provvedimenti generali organizzatori di cui all'articolo 1, comma 2, riguardano in particolare:
a) le modalità di compilazione delle richieste di accesso, preferibilmente mediante la predisposizione di apposita modulistica;
b) le categorie di documenti di interesse generale da pubblicare in luoghi accessibili a tutti e i servizi volti ad assicurare adeguate e semplificate tecniche di ricerca dei documenti, anche con la predisposizione di indici e la indicazione dei luoghi di consultazione;
c) l'ammontare dei diritti e delle spese da corrispondere per il rilascio di copie dei documenti di cui sia stata fatta richiesta, fatte salve le competenze del Ministero dell'economia e delle finanze;
d) l'accesso alle informazioni contenute in strumenti informatici, adottando le misure atte a salvaguardare la distruzione, la perdita accidentale, nonché la divulgazione non autorizzata. In tali casi, le copie dei dati informatizzati possono essere rilasciate sugli appositi supporti, ove forniti dal richiedente, ovvero mediante collegamento in rete, ove esistente.
-  Art. 9 - Non accoglimento della richiesta. - 1. Il rifiuto, la limitazione o il differimento dell'accesso richiesto in via formale sono motivati, a cura del responsabile del procedimento di accesso, con riferimento specifico alla normativa vigente, alla individuazione delle categorie di cui all'articolo 24 della legge, ed alle circostanze di fatto per cui la richiesta non può essere accolta così come proposta.
2. Il differimento dell'accesso è disposto ove sia sufficiente per assicurare una temporanea tutela agli interessi di cui all'articolo 24, comma 6, della legge, o per salvaguardare specifiche esigenze dell'amministrazione, specie nella fase preparatoria dei provvedimenti, in relazione a documenti la cui conoscenza possa compromettere il buon andamento dell'azione amministrativa.
3. L'atto che dispone il differimento dell'accesso ne indica la durata.
-  Art. 10 - Disciplina dei casi di esclusione. - 1. I casi di esclusione dell'accesso sono stabiliti con il regolamento di cui al comma 6 dell'articolo 24 della legge, nonché con gli atti adottati dalle singole amministrazioni ai sensi del comma 2 del medesimo articolo 24.
2. Il potere di differimento di cui all'articolo 24, comma 4, della legge è esercitato secondo le modalità di cui all'articolo 9, comma 2.
-  Art. 11 - Commissione per l'accesso. - 1. Nell'esercizio della vigilanza sull'attuazione del principio di piena conoscibilità dell'azione amministrativa, la Commissione per l'accesso, di cui all'articolo 27 della legge:
a) esprime pareri per finalità di coordinamento dell'attività organizzativa delle amministrazioni in materia di accesso e per garantire l'uniforme applicazione dei principi, sugli atti che le singole amministrazioni adottano ai sensi dell'articolo 24, comma 2, della legge, nonché, ove ne sia richiesta, su quelli attinenti all'esercizio e all'organizzazione del diritto di accesso;
b) decide i ricorsi di cui all'articolo 12.
2. Il Governo può acquisire il parere della Commissione per l'accesso ai fini dell'emanazione del regolamento di cui all'articolo 24, comma 6, della legge, delle sue modificazioni e della predisposizione di normative comunque attinenti al diritto di accesso.
3. Presso la Commissione per l'accesso opera l'archivio degli atti concernenti la disciplina del diritto di accesso previsti dall'articolo 24, comma 2, della legge. A tale fine, i soggetti di cui all'articolo 23 della legge trasmettono per via telematica alla Commissione per l'accesso i suddetti atti e ogni loro successiva modificazione.
-  Art. 12 - Tutela amministrativa dinanzi la Commissione per l'accesso. - 1. Il ricorso alla Commissione per l'accesso da parte dell'interessato avverso il diniego espresso o tacito dell'accesso ovvero avverso il provvedimento di differimento dell'accesso, ed il ricorso del controinteressato avverso le determinazioni che consentono l'accesso, sono trasmessi mediante raccomandata con avviso di ricevimento indirizzata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi. Il ricorso può essere trasmesso anche a mezzo fax o per via telematica, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, vigente.
2. Il ricorso, notificato agli eventuali controinteressati con le modalità di cui all'articolo 3, è presentato nel termine di trenta giorni dalla piena conoscenza del provvedimento impugnato o dalla formazione del silenzio rigetto sulla richiesta d'accesso. Nel termine di quindici giorni dall'avvenuta comunicazione i controinteressati possono presentare alla Commissione le loro controdeduzioni.
3. Il ricorso contiene:
a) le generalità del ricorrente;
b) la sommaria esposizione dell'interesse al ricorso;
c) la sommaria esposizione dei fatti;
d) l'indicazione dell'indirizzo al quale dovranno pervenire, anche a mezzo fax o per via telematica, le decisioni della Commissione.
4. Al ricorso sono allegati:
a) il provvedimento impugnato, salvo il caso di impugnazione di silenzio rigetto;
b) le ricevute dell'avvenuta spedizione, con raccomandata con avviso di ricevimento, di copia del ricorso ai controinteressati, ove individuati già in sede di presentazione della richiesta di accesso.
5. Ove la Commissione ravvisi l'esistenza di controinteressati, non già individuati nel corso del procedimento, notifica ad essi il ricorso.
6. Le sedute della Commissione sono valide con la presenza di almeno sette componenti. Le deliberazioni sono adottate a maggioranza dei presenti. La Commissione si pronuncia entro trenta giorni dalla presentazione del ricorso o dal decorso del termine di cui al comma 2. Scaduto tale termine, il ricorso si intende respinto. Nel caso in cui venga richiesto il parere del Garante per la protezione dei dati personali il termine è prorogato di venti giorni. Decorsi inutilmente tali termini, il ricorso si intende respinto.
7. Le sedute della Commissione non sono pubbliche. La Commissione:
a) dichiara irricevibile il ricorso proposto tardivamente;
b) dichiara inammissibile il ricorso proposto da soggetto non legittimato o comunque privo dell'interesse previsto dall'articolo 22, comma 1, lettera b), della legge;
c) dichiara inammissibile il ricorso privo dei requisiti di cui al comma 3 o degli eventuali allegati indicati al comma 4;
d) esamina e decide il ricorso in ogni altro caso.
8. La decisione di irricevibilità o di inammissibilità del ricorso non preclude la facoltà di riproporre la richiesta d'accesso e quella di proporre il ricorso alla Commissione avverso le nuove determinazioni o il nuovo comportamento del soggetto che detiene il documento.
9. La decisione della Commissione è comunicata alle parti e al soggetto che ha adottato il provvedimento impugnato entro lo stesso termine di cui al comma 6. Nel termine di trenta giorni, il soggetto che ha adottato il provvedimento impugnato può emanare l'eventuale provvedimento confermativo motivato previsto dall'articolo 25, comma 4, della legge.
10. La disciplina di cui al presente articolo si applica, in quanto compatibile, al ricorso al difensore civico previsto dall'articolo 25, comma 4, della legge.
-  Art. 13 - Accesso per via telematica. - 1. Le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 22, comma 1, lettera e), della legge, assicurano che il diritto d'accesso possa essere esercitato anche in via telematica. Le modalità di invio delle domande e le relative sottoscrizioni sono disciplinate dall'articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e successive modificazioni, dagli articoli 4 e 5 del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, e dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni.
-  Art. 14 - Disposizioni transitorie e finali. - 1. Salvo quanto disposto per le regioni e gli enti locali dal comma 2, le disposizioni del presente regolamento si applicano ai soggetti indicati nell'articolo 23 della legge. Gli atti adottati da tali soggetti vigenti alla data di entrata in vigore del presente regolamento sono adeguati alle relative disposizioni entro un anno da tale data. Il diritto di accesso non può essere negato o differito, se non nei casi previsti dalla legge, nonché in via transitoria in quelli di cui all'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 27 giugno 1992, n. 352, e agli altri atti emanati in base ad esso.
2.  Alle regioni e agli enti locali non si applicano l'articolo 1, comma 2, l'articolo 7, commi 3, 4, 5 e 6, e l'articolo 8, in quanto non attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti il diritto all'accesso che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione e secondo quanto previsto dall'articolo 22, comma 2, della legge. Le regioni e gli enti locali adeguano alle restanti disposizioni del presente regolamento i rispettivi regolamenti in materia di accesso vigenti alla data della sua entrata in vigore, ferma restando la potestà di adottare, nell'ambito delle rispettive competenze, le specifiche disposizioni e misure organizzative necessarie per garantire nei rispettivi territori i livelli essenziali delle prestazioni e per assicurare ulteriori livelli di tutela.
3.  I regolamenti che disciplinano l'esercizio del diritto d'accesso sono pubblicati su siti pubblici accessibili per via telematica.
-  Art. 15 - Abrogazioni. - 1. Dalla data di entrata in vigore del presente regolamento sono abrogati gli articoli da 1 a 7 e 9 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 27 giugno 1992, n. 352. E', altresì, abrogato l'articolo 8 di detto decreto dalla data entrata in vigore del regolamento di cui all'articolo 24, comma 6, della legge.
2. Dall'attuazione del presente regolamento non derivano nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.".
Parte II
Nota all'art. 21
L'originaria indicazione di 5.000 abitanti è stata elevata a 10.000 abitanti con le disposizioni della legge regionale n. 35/1997, limite di popolazione unico per l'elezione contestuale a sistema proporzionale.
Nota all'art. 37
La previsione normativa del Consiglio regionale dell'economia e del lavoro è stata abrogata con la legge regionale 3 maggio 2001, n. 6
Nota all'art. 41
La previsione normativa del Consiglio regionale dell'economia e del lavoro è stata abrogata con la legge regionale n. 6/2001.
Nota all'art. 50
La disposizione si riferisce ai comuni con popolazione sino a 10 mila abitanti.
Nota all'art. 51
La disposizione si riferisce ai comuni con popolazione superiore a 10 mila abitanti
Nota all'art. 59
Non si riporta il secondo comma in quanto lo stesso si riferiva a ipotesi disciplinate dall'art. 16 della legge regionale n. 7/1992 abrogato dall'art. 15, comma 4, lett. d) della legge regionale n. 35/1997.
Nota all'art. 63
L'originaria indicazione di 15.000 abitanti è stata ridotta a 10.000 abitanti con le disposizioni della legge regionale n. 35/1997, limite di popolazione unico per l'elezione contestuale a sistema proporzionale.
Nota all'art. 65
L'originaria indicazione di 15.000 abitanti è stata ridotta a 10.000 abitanti con le disposizioni della legge regionale n. 35/1997, limite di popolazione unico per l'elezione contestuale a sistema proporzionale.
Nota all'art. 69
L'originaria indicazione di 15.000 abitanti è stata ridotta a 10.000 abitanti con le disposizioni della legge regionale n. 35/1997, limite di popolazione unico per l'elezione contestuale a sistema proporzionale.
Nota all'art. 76
I commi 3 e 4 riportano disposizioni incompatibili con la vigente normativa, rispettivamente per intervenuta abrogazione dell'art. 8 della legge regionale n. 26/1993 e per diversa disciplina in ordine alla prestazione del giuramento.
Nota all'art. 80, comma 1, lett. b)
La Corte costituzionale, con sentenza 9-23 maggio 2007, n. 171, ha dichiarato l'illegittimità della modifica operata dall'art. 7, comma 1, lettera a), D.L. 29 marzo 2004, n. 80, come modificato dalla relativa legge di conversione.
Nota all'art. 81, comma 1, numero 7)
La Corte costituzionale, con sentenza n. 111 del 31 marzo 1994, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'analoga disposizione dell'art. 2, terzo comma, della legge 23 aprile 1981, n. 154, nella parte in cui non prevede che la causa di ineleggibilità a consigliere provinciale del dipendente provinciale cessi anche con il collocamento in aspettativa ai sensi del secondo comma dello stesso art. 2. Inoltre, in relazione all'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, terzo comma, della legge 23 aprile 1981, n. 154 nella parte in cui non prevede che la causa di ineleggibilità a consigliere comunale del dipendente comunale cessi anche con il collocamento in aspettativa ai sensi del secondo comma dello stessa art. 2.
Nota all'art. 81, comma 1, numero 8)
Confronta la disciplina normativa successiva pertinente.
Nota all'art. 81, comma 1, numero 9)
La Corte costituzionale, con sentenza n. 162 del 16 maggio 1995, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma 1, n. 9), del presente articolo nella parte in cui non prevede che le strutture convenzionate ivi richiamate sono quelle indicate dagli artt. 43 e 44 della legge 23 dicembre 1978, n. 833.
Nota all'art. 81, comma 4
La Corte costituzionale, con sentenza n. 162 del 16 maggio 1995, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma 4 del presente articolo.
Nota all'art. 89
Si riporta la disposizione originaria per recepimento recettizio operato dall'art. 1 della legge regionale n. 30/1993.
Nota all'art. 90
Si riporta la disposizione originaria per recepimento recettizio operato dall'art. 1 della legge regionale n. 30/1993.
Nota all'art. 92, comma 3
L'art. 16 della legge regionale n. 7/1992 è stato successivamente abrogato dall'art. 15 della legge regionale n. 35/1997.
Nota all'art. 94, comma 1, numero 4)
L'ipotesi di ineleggibilità è stata interpretata dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 450 del 23-31 ottobre 2000, quale causa di incompatibilità.
Nota all'art. 96, comma 1, numero 4)
L'ipotesi è stata ritenuta dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 450 del 23-31 ottobre 2000, causa di incompatibilità.
Nota all'art. 98
La Corte costituzionale, con sentenza 11-28 luglio 1993, n. 344, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della lettera a) del primo comma.
Nota all'art. 100
Si riporta il decreto del Presidente della Regione 24 marzo 2003, n. 8 (Regolamento della consultazione referendaria prevista dall'articolo 8, comma 8, della legge regionale 23 dicembre 2000, n. 30, per le ipotesi di variazioni territoriali e di denominazione dei comuni):
-  "Art. 1 - Autorizzazione della consultazione referendaria. - 1. La consultazione referendaria delle popolazioni interessate nei casi di richiesta di cambiamento di denominazione e di variazione territoriale dei comuni, è autorizzata con decreto dell'Assessore regionale per gli enti locali, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana.
2. Il decreto di cui al comma 1 deve indicare le popolazioni interessate individuate secondo l'articolo 8 della legge regionale 23 dicembre 2000, n. 30, come modificato dall'articolo 102, comma 2, della legge regionale 26 marzo 2002, n. 2, ed il sindaco del comune incaricato dell'indizione della consultazione referendaria. Nell'ipotesi di popolazioni interessate appartenenti a più comuni il sindaco competente all'indizione è quello del comune avente il maggior numero di elettori residenti da consultare.
-  Art. 2 - Procedimento istruttorio. - 1. Il dirigente generale del dipartimento degli enti locali cura il procedimento istruttorio finalizzato all'emanazione del decreto di autorizzazione della consultazione referendaria e, in particolare:
a)  riscontra, per la costituzione di nuovo comune, le condizioni disciplinate dall'articolo 8, commi 6 e 6 bis, della legge regionale 23 dicembre 2000, n. 30, come modificato dall'articolo 102, comma 1, della legge regionale 26 marzo 2002, n. 2;
b)  controlla le iniziative dei procedimenti di variazione territoriale e di denominazione secondo le prescrizioni dell'articolo 9 della legge regionale 23 dicembre 2000, n. 30. Le istanze a firma degli elettori devono contenere le firme autenticate con le modalità previste per la presentazione delle liste e delle candidature nelle elezioni amministrative;
c)  esamina, se del caso ricorrendo all'ausilio di altri uffici dell'Amministrazione regionale, il progetto di variazione territoriale corredato degli atti prescritti dall'articolo 10 della legge regionale 23 dicembre 2000, n. 30, nonché la relazione, a corredo della progettazione, relativa all'assetto dei servizi comunali ed alla disponibilità delle risorse;
d)  verifica le forme di pubblicità dei progetti di variazione e gli adempimenti indicati nell'articolo 10 della legge regionale 23 dicembre 2000, n. 30.
-  Art. 3 - Quesiti da sottoporre a consultazione referendaria e scheda di votazione. - 1. I quesiti da sottoporre a consultazione devono essere espressi con la seguente formula:
a) "Volete che l'attuale denominazione del comune di ........................................................................................................ venga modificata con la denominazione di ..................................................................................................................?";
b) "Volete che il comune di .......................................................................... o i comuni di ............................................................................................... si incorporino nel comune di ....................................................................................................?";
c) "Volete che i comuni di .......................................................................... si fondano nel nuovo comune di .......................................................................... con la denominazione di ..........................................................................?";
d) "Volete che la frazione di .......................................................................... o le frazioni di ..................................................................................................., la borgata di ................................................................................................................................. o le borgate di .......................................................... del comune di ................................................................ o dei comuni di .........................................................................., sia o siano elette in comune autonomo con la denominazione di ....................................................?";
e) "Volete che la frazione di ........................................................................... o le frazioni di .................................................................................................., la borgata di ..................................................................... o le borgate di ................................................... si distacchi o si distacchino, si aggreghi o si aggreghino secondo le indicazioni del progetto di nuova delimitazione territoriale?";
f) "Volete che il territorio del comune di ............................................ o dei comuni di .......................................................................... sia variato e rettificato nei confini secondo le indicazioni del progetto di nuova delimitazione territoriale?".
2. La scheda di votazione per la consultazione, di tipo unico e identico colore, ha le caratteristiche dei modelli allegati al presente regolamento (tabelle A e B).
-  Art. 4 - Operazioni antecedenti alla consultazione referendaria. - 1. In una domenica compresa tra il sessantesimo ed il centoventesimo giorno successivo alla pubblicazione del decreto dell'Assessore regionale per gli enti locali che autorizza la consultazione, il sindaco individuato nel precedente articolo 1, comma 2, con proprio decreto indice la consultazione referendaria. Detto decreto viene trasmesso agli altri sindaci, i quali ne danno avviso alle popolazioni con manifesto da pubblicare 30 giorni prima della data della consultazione.
2. Per la revisione delle liste elettorali si applicano le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223, e successive modifiche.
3. Per la votazione trova applicazione il ricorso alla tessera elettorale secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 2000, n. 299, e successive modifiche.
4. Gli uffici di sezione per la votazione del referendum sono costituiti con le modalità previste per gli uffici elettorali di sezione per l'elezione congiunta degli organi comunali. Il numero degli scrutatori è ridotto a quattro.
5. L'uso dei sigilli delle sezioni elettorali è consentito dal decreto assessoriale che autorizza la consultazione referendaria.
6. L'elettore vota tracciando sulla scheda, con la matita copiativa fornita dal presidente dell'ufficio di sezione, un segno sulla risposta da lui prescelta e comunque nel rettangolo che la contiene.
7. Entro 20 giorni dalla data di indizione della consultazione referendaria viene costituito, secondo le disposizioni vigenti per l'elezione congiunta del sindaco e del consiglio dei comuni a sistema proporzionale, l'ufficio centrale di detta consultazione, avendo riferimento, per l'individuazione del tribunale o della sezione staccata del tribunale, alla circoscrizione nella quale è ricompresa la maggior parte degli uffici di sezione interessati alla consultazione. I membri dell'ufficio centrale sono i componenti della prima sezione del comune che ha indetto la consultazione.
8. La votazione ha luogo dalle 7,00 alle ore 22,00 del giorno stabilito per la consultazione.
-  Art. 5 - Operazioni successive alla consultazione referendaria. - 1. Decorso l'orario di votazione, il presidente dell'ufficio di sezione sigilla l'urna contenente le schede votate e procede all'accertamento del numero dei votanti ed all'invio al tribunale o alla sezione staccata del tribunale competente, in appositi plichi, delle liste di votazione e delle schede non utilizzate, nonché dei registri delle tessere elettorali.
2. Successivamente procede alle operazioni di scrutinio ed alla redazione del verbale delle operazioni in duplice esemplare.
3. Un esemplare del verbale viene trasmesso all'ufficio centrale, l'altro esemplare viene depositato presso il comune cui appartiene la sezione. Unitamente al plico contenente il verbale, vengono inviate all'ufficio centrale il plico con le schede valide, quello con le schede non valide e quello con le schede bianche.
4. L'ufficio centrale, in pubblica adunanza, sulla base dei verbali di scrutinio delle sezioni interessate alla consultazione, verifica se il numero dei votanti sia superiore alla metà più uno degli elettori iscritti e proclama l'esito positivo o negativo del referendum indetto. Successivamente, nell'ipotesi di referendum valido, viene calcolata e verbalizzata la scelta favorevole o contraria dei votanti.
5. Il verbale dell'ufficio centrale è redatto in triplice copia. Una copia con i verbali delle sezioni e gli altri atti viene depositata presso la cancelleria del tribunale o della sezione staccata del tribunale, la seconda copia del verbale viene depositata presso la segreteria del comune che ha indetto il referendum e la terza copia del verbale viene trasmessa all'Assessorato regionale degli enti locali per la prosecuzione del procedimento di variazione.
6. Del risultato proclamato l'ufficio centrale invia attestazione ai sindaci dei comuni interessati, che ne danno pubblica informazione a mezzo di manifesto.
7. Le spese relative all'indizione e all'organizzazione della consultazione referendaria gravano sul comune che ha indetto la consultazione. Nelle ipotesi di più comuni interessati alla consultazione, le spese, anticipate dal comune che ha indetto la consultazione, sono ripartite proporzionalmente al numero degli elettori dei comuni interessati.
8. Per quanto non previsto trova applicazione, in quanto compatibile, la disciplina prevista per l'elezione congiunta del sindaco e del consiglio dei comuni con sistema proporzionale.
-  Art. 6 - 1. Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Allegati
(omissis)".
Nota all'art. 106, comma 2
Costituite le province regionali, il termine è stato prorogato dal legislatore regionale più volte (confronta art. 4 legge regionale n. 48/1991 e art 13 legge regionale n. 7/1996). Invero la libera associazione dei comuni per costituire provincia regionale non trova limite temporale, ma soltanto disciplina procedurale.
Nota all'art. 110
La disposizione fondamentale, come anche modificata, non distingue le disposizioni comuni agli enti locali di riferimento e non chiarisce le procedure di modifica statutarie dei comuni.
Nota all'art. 113
Assume rilievo, in ordine alla revisione degli statuti, l'adeguamento alle disposizioni fondamentali contenute nella legge regionale n. 30/2000.
Nota all'art. 123
L'applicazione della disposizione deve osservare la disciplina della legge regionale n. 10/1991.
Nota all'art. 124
L'applicazione della disposizione deve osservare la disciplina della legge regionale n. 10/1991.
Nota all'art. 125
Disciplina riportata al comma 1 parzialmente incompatibile con la successiva normativa. Comma 2 non compatibile con la successiva normativa. Commi 4 e 5 non recepiti.
Nota all'art. 133, comma 3
Disposizione, riferita originariamente all'elezione secondaria degli esecutivi locali, non compatibile con successiva specifica disciplina legislativa.
Nota all'art. 136
L'applicazione delle disposizioni attributive della competenza vanno applicate tenendo conto della configurazione dei provvedimenti quali atti di gestione o di indirizzo e programmazione.
Nota all'art. 140
Articolo riportato in quanto disposizione di principio; inciso in parentesi quadre incompatibile con successiva normativa.
Nota all'art. 141
Le disposizioni disciplinate dalle lettere c) ed m) del comma 2 dell'articolo sono incompatibili con la legislazione successivamente intervenuta.
La competenza di cui alla lettera n) del comma 2 è stata attribuita al sindaco ed al presidente della provincia.
Nota all'art. 146, comma 2
L'ampiezza del termine di sessanta giorni ha indotto il legislatore regionale a diversi interventi normativi di adozione separata dal bilancio del piano di che trattasi.
Nota all'art. 149
Inciso in parentesi non compatibile con sopravvenuta legislazione.
Nota all'art. 150
Si riportano le competenze ritenute compatibili con la successiva normativa.
Nota all'art. 151
Il riferimento all'art. 51 della legge n. 142/1990 è da intendersi, per rinvio formale, all'art. 109 del decreto legislativo n. 267/2000 (confronta art. 278 del testo coordinato).
Nota all'art. 156, comma 1
L'originario periodo di carica della giunta di quattro anni è indicato in cinque anni nel rispetto delle disposizioni dell'art. 1 della legge regionale n. 25/2000.
Nota all'art. 156, commi 7 e 8
Le disposizioni dei commi 7 e 8 rendono superate le pregresse disposizioni dell'art. 72 dell'ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963.
Nota all'art. 162
Il riferimento all'art. 51 della legge n. 142/1990 è da intendersi, per rinvio formale, all'art. 109 del decreto legislativo n. 267/2000 (confronta art. 278 del testo coordinato).
Nota all'art. 165
Inciso in parentesi non compatibile con sopravvenuta normativa.
Nota all'art. 186, commi 8 e 9
Le disposizioni della legge 25 dicembre 1985 n. 816 come recepite dalla legge regionale n. 31/1986 rimangono in vigore in quanto compatibili col nuovo sistema introdotto; il riferimento è in particolare al divieto di cumulo disciplinato dall'art. 14 della normativa statale.
Nota all'art. 186, commi 1 e 2
Si riporta il decreto del Presidente della Regione 18 ottobre 2001, n. 19 (Regolamento esecutivo dell'art. 19 della legge regionale 23 dicembre 2000, n. 30, concernente la determinazione delle misure minime delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza degli amministratori):
-  "Art. 1 - 1. Le indennità di funzione dei sindaci e dei presidenti delle province regionali e i gettoni di presenza dei consiglieri comunali e provinciali per la partecipazione alle adunanze dei consigli e delle commissioni consiliari sono stabiliti avendo riguardo alle categorie degli amministratori e alle dimensioni demografiche degli enti locali, nonché al trattamento economico fondamentale dei segretari, nelle misure minime riportate nella tabella A allegata.
2. In ogni caso l'importo dell'indennità di funzione del presidente della provincia regionale e del sindaco del comune capoluogo di provincia devono essere equivalenti, prendendo come riferimento l'importo determinato nell'allegata tabella A che risulti maggiore.
-  Art. 2 - 1. Gli importi risultanti dalla tabella A sono maggiorati:
a) del 5% per i comuni caratterizzati da fluttuazioni stagionali della popolazione tali da alterare, incrementandolo del 30%, il parametro della popolazione dimorante. L'incremento, verificabile anche attraverso i consumi idrici e altri dati univoci obiettivamente rilevabili, dovrà essere attestato dall'ente interessato;
b) del 3% per i comuni e le province regionali la cui percentuale di entrate proprie rispetto al totale delle entrate, risultante dall'ultimo conto del bilancio approvato, sia superiore alla media regionale, per fasce demografiche di cui alle tabelle B e B1 allegate;
c) del 2% per i comuni e le province regionali la cui spesa corrente, risultante dall'ultimo conto del bilancio approvato, sia superiore alla media regionale per fasce demografiche di cui alle tabelle B e B1 allegate.
2. Le maggiorazioni del precedente comma sono cumulabili e riferibili all'anno di variazione di pertinenza.
-  Art. 3 - 1. Ai sindaci dei comuni capoluogo di provincia, con popolazione da 40.001 a 100.000 abitanti, è corrisposta l'indennità di funzione prevista per i sindaci dei comuni con popolazione da 100.001 a 250.000 abitanti. Eguale trattamento è riconosciuto al sindaco del comune capoluogo di provincia di Enna.
2. Ai sindaci dei comuni capoluogo di provincia, con popolazione da 100.001 a 250.000 abitanti, è corrisposta l'indennità di funzione prevista per i sindaci dei comuni con popolazione da 250.001 a 500.000 abitanti.
3. Ai consiglieri del comune capoluogo di provincia di Enna è riconosciuta la misura del gettone di presenza prevista per i comuni da 40.001 a 250.000 abitanti.
-  Art. 4 - 1. Al vice sindaco è corrisposta l'indennità di funzione nelle seguenti misure:
-  comuni sino a 40.000 abitanti 55% indennità sindaco;
-  comuni sopra 40.000 abitanti 75% indennità sindaco.
2. Per gli assessori ed i presidenti dei consigli dei comuni, nelle due fasce di popolazione indicate nel precedente comma, sono corrisposte indennità di funzione nelle seguenti misure percentuali rispetto a quella prevista per i sindaci: 45% e 65%.
-  Art. 5 - 1. Ai vice presidenti delle province regionali è corrisposta l'indennità di funzione nella misura del 75% di quella prevista per i presidenti.
2. Agli assessori e ai presidenti dei consigli delle province regionali è corrisposta indennità di funzione nella misura del 65% di quella prevista per i presidenti delle province regionali.
-  Art. 6 - Ai vice presidenti dei consigli dei comuni e delle province regionali è corrisposta indennità di funzione nella misura del 75% di quella prevista per i presidenti dei consigli comunali e provinciali.
-  Art. 7 - 1. Ai presidenti dei consigli circoscrizionali è corrisposta indennità di funzione nella misura dell'80% di quella riconosciuta all'assessore del comune di appartenenza. Ai consiglieri circoscrizionali è corrisposto gettone di presenza, per la partecipazione alle sedute dei consigli e delle commissioni previste dalla normativa locale relativa, nella misura dell'80% di quella prevista per il consigliere del comune di appartenenza.
-  Art. 8 - 1. Le indennità di funzione ed i gettoni di presenza previsti per gli amministratori delle province regionali, le quali ricomprendono aree metropolitane in attuazione degli artt. 19, 20 e 21 della legge regionale 6 marzo 1986, n. 9, sono incrementati del 15%.
-  Art. 9 - 1. Al presidente e agli assessori delle unioni dei comuni e dei consorzi tra enti locali sono attribuite le indennità di funzione nella misura prevista per un comune avente popolazione pari alla popolazione delle unioni dei comuni nonché a quella del consorzio tra enti locali.
2. Ai componenti dei consigli delle unioni e dei comuni e di assemblee di consorzi tra enti locali sono riconosciuti i gettoni di presenza per l'effettiva partecipazione alle riunioni dei collegi, nella misura prevista per un comune avente popolazione pari alla popolazione dell'unione dei comuni o del consorzio tra enti locali.
-  Art. 10 - 1. Fermi restando i soggetti aventi diritto all'indennità di funzione ed al gettone di presenza, gli importi relativi nelle misure minime stabilite dal presente regolamento, possono essere aumentati o diminuiti secondo le modalità previste dall'art. 19, comma 5, della legge regionale 23 dicembre 2000, n. 30.
2. Gli aumenti e le diminuzioni degli importi delle indennità e dei gettoni di presenza potranno anche determinare una differenziazione nei rapporti percentuali previsti per categorie di amministratori dal presente regolamento, salva l'equiparazione del trattamento all'interno di ciascuna categoria di amministratori.
3. L'incremento della spesa complessiva risultante, in applicazione del precedente comma, non deve superare la quota predeterminata, per classi di enti stabilita nella tabella C allegata, dello stanziamento di bilancio per le spese correnti. Sono esclusi dalla possibilità di incremento gli enti locali in condizione di dissesto finanziario.
-  Art. 11 - 1. In sede di applicazione dei precedenti articoli 7, 8 e 9, le parametrazioni percentuali stabilite nel presente regolamento si riferiscono in ogni caso agli importi delle indennità di funzione dei sindaci e dei presidenti delle province regionali nonché agli importi dei gettoni di presenza dei consiglieri comunali e provinciali, come determinati nell'allegata tabella A, senza tenere conto della misura eventualmente variata in aumento o in diminuzione.
-  Art. 12 - 1. L'indennità di fine mandato spettante ai sindaci ed ai presidenti delle province regionali, pari ad una indennità mensile per ogni anno di mandato, va commisurata all'indennità media percepita negli anni del periodo del mandato, proporzionalmente ridotta per eventuali periodi inferiori all'anno.
-  Art. 13 - 1. La popolazione di riferimento per le misure di indennità disciplinate dal presente regolamento è quella risultante dall'ultimo censimento della popolazione. Con decorrenza dalla pubblicazione dei dati ufficiali del nuovo censimento della popolazione, le misure delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza sono automaticamente adeguate.
-  Art. 14 - 1. Ai sensi del decreto legislativo 18 giugno 1999, n. 200, il presente decreto sarà trasmesso alla Corte dei conti per il controllo di legittimità.
2. Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Allegati
Tabella A
INDENNITA' DI FUNZIONE MENSILE DEI SINDACI

-  Comuni sino a 3.000 abitanti      L. 3.000.000 
-  Comuni da 3.001 a 5.000 abitanti      L. 4.300.000 
-  Comuni da 5.001 a 10.000 abitanti      L. 5.500.000 
-  Comuni da 10.001 a 40.000 abitanti      L. 7.000.000 
-  Comuni da 40.001 a 100.000 abitanti      L. 8.700.000 
-  Comuni da 100.001 a 250.000 abitanti      L. 10.000.000 
-  Comuni da 250.001 a 500.000 abitanti      L. 11.200.000 
-  Comuni oltre 500.000 abitanti      L. 15.100.000 

INDENNITA' DI FUNZIONE MENSILE DEI PRESIDENTI DELLE PROVINCE REGIONALI

-  Province sino a 250.000 abitanti      L. 10.000.000 
-  Province da 250.001 a 500.000 abitanti      L. 11.200.000 
-  Province da 500.001 a 1.000.000 abitanti      L. 13.500.000 
-  Province oltre 1.000.000 abitanti      L. 15.100.000 

GETTONI DI PRESENZA PER I CONSIGLIERI COMUNALI

-  Comuni sino a 3.000 abitanti      L. 40.000 
-  Comuni da 3.001 a 10.000 abitanti      L. 50.000 
-  Comuni da 10.001 a 40.000 abitanti      L. 60.000 
-  Comuni da 40.001 a 250.000 abitanti      L. 100.000 
-  Comuni da 250.001 a 500.000 abitanti      L. 150.000 
-  Comuni oltre 500.000 abitanti      L. 250.000 

GETTONI DI PRESENZA PER I CONSIGLIERI DELLE PROVINCE REGIONALI

-  Province sino a 250.000 abitanti      L. 100.000 
-  Province da 250.001 a 500.000 abitanti      L. 150.000 
-  Province da 500.001 a 1.000.000 abitanti      L. 200.000 
-  Province oltre 1.000.000 abitanti      L. 250.000

Nota all'art. 193, comma 2
Si riporta il decreto interassessoriale 10 dicembre 2003 (Determinazione delle quote forfettarie degli oneri previdenziali, assistenziali ed assicurativi da pagare da parte degli enti locali a favore dei regimi pensionistici cui erano iscritti o continuano ad essere iscritti i lavoratori non dipendenti che rivestono le cariche di amministratore locale individuate nell'art. 22, comma 1, della legge regionale 23 dicembre 2000, n. 30. Criteri di definizione delle quote forfettarie secondo l'art. 22, comma 2, della legge regionale n. 30/2000):
"L'ASSESSORE PER LA FAMIGLIA, LE POLITICHE SOCIALI E LE AUTONOMIE LOCALI
L'ASSESSORE PER IL LAVORO, LA PREVIDENZA SOCIALE, LA FORMAZIONE PROFESSIONALE E L'EMIGRAZIONE
L'ASSESSORE PER IL BILANCIO E LE FINANZE

Visto lo Statuto della Regione;
Visto il capo II della legge regionale 23 dicembre 2000, n. 30, che disciplina lo status degli amministratori locali;
Visto l'art. 22, comma 1, della legge regionale n. 30/2000, il quale individua gli amministratori locali, dipendenti collocati in aspettativa non retribuita per i quali l'amministrazione locale provvede a proprio carico, dandone comunicazione tempestiva ai datori di lavoro, al versamento degli oneri assistenziali, previdenziali ed assicurativi ai rispettivi istituti;
Visto, in particolare, il comma 2 dell'art. 22 della legge regionale n. 30/2000, relativo agli stessi amministratori locali individuati nel primo comma dell'articolo, non lavoratori dipendenti, ai quali le amministrazioni locali sono obbligati a pagare una cifra forfettaria annuale, da versare per quote mensili, ai rispettivi istituti previdenziali;
Rilevato che il medesimo comma 2 dell'art. 22 della legge regionale n. 30/2000 demanda al decreto dell'Assessore per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali, dell'Assessore per il lavoro, la formazione professionale e l'emigrazione e dellper il bilancio e per le finanze stabilire i criteri per la determinazione delle quote forfettarie in coerenza per quanto previsto per i lavoratori dipendenti, da conferire alla forma pensionistica presso la quale il soggetto era iscritto o continua a essere iscritto alla data dell'incarico;
Preso atto che per le varie categorie di lavoratori non dipendenti il sistema previdenziale, assistenziale ed assicurativo è gestito da enti pubblici e da enti privatizzati così individuati:
-  Istituto nazionale della previdenza sociale, per gli artigiani, commercianti ed i coltivatori diretti, mezzadri e coloni;
-  Cassa nazionale di previdenza e di assistenza forense;
-  Ente nazionale di previdenza e di assistenza biologi;
-  Ente nazionale di previdenza ed assistenza per i consulenti del lavoro;
-  Cassa italiana di previdenza ed assistenza dei geometri liberi professionisti;
-  Ente nazionale di previdenza e di assistenza farmacisti;
-  Cassa nazionale di previdenza ed assistenza per gli ingegneri ed architetti liberi professionisti;
-  Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani;
-  Cassa nazionale di previdenza ed assistenza in favore degli infermieri professionali, assistenti sanitari, vigilatrici d'infanzia;
-  Cassa nazionale del notariato;
-  Ente nazionale di previdenza dei periti industriali;
-  Ente nazionale di previdenza ed assistenza per gli psicologi;
-  Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e periti commercialisti;
-  Ente nazionale di previdenza ed assistenza dei veterinari;
-  Ente nazionale di previdenza ed assistenza medici ed odontoiatri;
-  Cassa nazionale di previdenza ed assistenza dei dottori commercialisti;
-  Ente nazionale di previdenza per gli addetti e gli impiegati in agricoltura;
-  Ente di previdenza ed assistenza pluricategoriale;
-  Ente nazionale di assistenza per gli agenti e i rappresentanti di commercio;
-  Gestione separata di cui all'art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335;
Rilevato che ogni ente di previdenza ed assistenza adotta differenti regole per la determinazione dei contributi da versare;
Ritenuto di dover garantire ai lavoratori non dipendenti che rivestono le cariche di amministratori locali di cui all'art. 22, comma 1, della legge regionale n. 30/2000 la contribuzione minima così come prevista dagli istituti di previdenza ed assistenza di appartenenza;
Ritenuto di individuare per ogni categoria di lavoratori non dipendenti le quote forfettarie da conferire da parte degli enti locali alla forma pensionistica presso la quale i predetti lavoratori che rivestono la carica di amministratori locali erano iscritti e continuano ad essere iscritti alla data dell'incarico pubblico;
Sentita l'ANCI Sicilia;
Sentita l'Unione regionale delle province siciliane;
Decretano:
Art. 1

Per i lavoratori non dipendenti che rivestono la carica di sindaco, di presidente di provincia regionale, di presidente di unione di comuni e di consorzio di enti locali, di assessore di provincia regionale e di assessore di comune con popolazione superiore a 10 mila abitanti, di presidente di consiglio di provincia regionale, di presidente di consiglio di comune con popolazione superiore a 50 mila abitanti, di presidente di consiglio circoscrizionale nel caso in cui il comune abbia attuato nei suoi confronti un effettivo decentramento di funzioni e di presidente di azienda anche consortile fino all'applicazione di riforma in materia di servizi pubblici locali, gli enti locali versano quote forfettarie annuali, da pagare mensilmente, a favore delle forme pensionistiche presso le quali i predetti soggetti erano iscritti o continuano ad essere iscritti alla data di conferimento del mandato, da determinare, in riferimento a ciascun istituto di previdenza ed assistenza, secondo i criteri al successivo articolo.
Art. 2

Le quote forfettarie annuali da versare ai sensi dell'art. 1 sono determinate secondo i seguenti criteri in relazione alle singole categorie di lavoratori non dipendenti:
a) per gli artigiani la quota forfettaria annuale è determinata in base al reddito minimo imponibile ed all'aliquota contributiva considerati dall'Istituto nazionale della previdenza sociale ai fini dei versamenti previdenziali assicurativi ed assistenziali;
b) per i commercianti, la quota forfettaria annuale è determinata in base al reddito minimo imponibile ed all'aliquota contributiva considerati dall'Istituto nazionale della previdenza sociale ai fini dei versamenti previdenziali, assicurativi ed assistenziali;
c) per i coltivatori diretti, i mezzadri ed i coloni, la quota forfettaria annuale è determinata in base al reddito minimo ed all'aliquota contributiva considerati dall'Istituto nazionale della previdenza sociale ai fini dei versamenti previdenziali, assicurativi ed assistenziali;
d) per coloro che svolgono attività forense, la quota forfettaria annuale è determinata in base al reddito minimo imponibile ed all'aliquota contributiva considerati dalla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense ai fini dei versamenti previdenziali, assicurativi ed assistenziali;
e) per i biologi, la quota forfettaria annuale è determinata in base al reddito minimo imponibile ed all'aliquota contributiva considerati dall'Ente nazionale di previdenza e di assistenza biologi ai fini dei versamenti previdenziali, assicurativi ed assistenziali;
f) per i consulenti del lavoro, la quota forfettaria annuale è determinata in base alla contribuzione soggettiva obbligatoria stabilita in misura fissa dall'Ente nazionale di previdenza ed assistenza per i predetti lavoratori ai fini dei versamenti previdenziali, assicurativi ed assistenziali;
g) per i geometri, la quota forfettaria annuale è determinata in base all'importo minimo di contribuzione fissato dalla Cassa italiana di previdenza ed assistenza dei geometri liberi professionisti ai fini dei versamenti previdenziali, assicurativi ed assistenziali;
h) per i farmacisti, la quota forfettaria annuale è determinata in base agli importi stabiliti in misura fissa dall'Ente nazionale di previdenza e di assistenza farmacisti ai fini dei versamenti previdenziali, assicurativi ed assistenziali;
i) per gli ingegneri e gli architetti, la quota forfettaria annuale è determinata in base al reddito minimo imponibile ed all'aliquota contributiva considerati dalla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza per gli ingegneri ed architetti liberi professionisti ai fini dei versamenti previdenziali, assicurativi ed assistenziali;
l) per i giornalisti, la quota forfettaria annuale è determinata in base al reddito minimo imponibile ed all'aliquota contributiva considerati dall'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani ai fini dei versamenti previdenziali, assicurativi ed assistenziali;
m) per gli infermieri professionali, assistenti sanitari e vigilatrici d'infanzia, la quota forfettaria annuale è determinata in base al reddito minimo imponibile ed all'aliquota contributiva considerati dalla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza in favore degli infermieri professionali, assistenti sanitari, vigilatrici d'infanzia ai fini dei versamenti previdenziali, assicurativi ed assistenziali;
n) per i notai, la quota forfettaria annuale è determinata valutando il reddito imponibile in misura pari ad 1/12 di quello prodotto nell'anno precedente a quello in considerazione ai fini dei versamenti da parte degli enti locali e considerando l'aliquota contributiva applicata dalla Cassa nazionale del notariato per i versamenti previdenziali, assicurativi ed assistenziali;
o) per i periti industriali, la quota forfettaria annuale è determinata in base al reddito minimo imponibile ed all'aliquota contributiva considerati dall'Ente nazionale di previdenza dei periti industriali ai fini dei versamenti previdenziali, assicurativi ed assistenziali;
p) per gli psicologi, la quota forfettaria annuale è determinata in misura pari al contributo soggettivo minimo fissato dall'Ente nazionale di previdenza ed assistenza per gli psicologi ai fini dei versamenti previdenziali, assicurativi ed assistenziali;
q) per i ragionieri ed i periti commercialisti la quota forfettaria annuale è determinata in base al reddito minimo imponibile ed all'aliquota contributiva considerati dalla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e periti commercialisti ai fini dei versamenti previdenziali, assicurativi ed assistenziali;
r) per i veterinari la quota forfettaria è determinata in misura pari al contributo soggettivo minimo fissato dall'Ente nazionale di previdenza ed assistenza dei veterinari ai fini dei versamenti previdenziali, assicurativi ed assistenziali;
s) per i medici ed odontoiatri, la quota forfettaria annuale è determinata in base al reddito minimo imponibile ed all'aliquota contributiva considerati dall'Ente nazionale di previdenza ed assistenza medici ed odontoiatri ai fini dei versamenti al fondo di previdenza generale;
t) per i commercialisti, la quota forfettaria annuale è determinata in base al reddito minimo imponibile ed all'aliquota contributiva considerati dalla Cassa nazionale di previdenza e assistenza dei dottori commercialisti ai fini dei versamenti previdenziali, assicurativi ed assistenziali;
u) per i periti agrari e gli agrotecnici la quota forfettaria annuale è determinata in misura pari al contributo soggettivo minimo fissato dall'Ente nazionale di previdenza per gli addetti e gli impiegati in agricoltura ai fini dei versamenti previdenziali, assicurativi ed assistenziali;
v) per gli iscritti all'Ente di previdenza ed assistenza pluricategoriale la quota forfettaria annuale è determinata in base al reddito minimo imponibile ed all'aliquota contributiva considerati dal predetto ente ai fini dei versamenti previdenziali, assicurativi ed assistenziali;
z) per gli agenti rappresentanti di commercio, la quota forfettaria annuale è determinata in relazione ai minimi contributivi previsti dall'Ente nazionale di assistenza per gli agenti e i rappresentanti di commercio, rispettivamente per gli agenti monomandatari e plurimandatari, ai fini dei versamenti previdenziali, assicurativi ed assistenziali;
aa) per gli iscritti alla gestione separata di cui all'art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, la quota forfettaria annuale è determinata sulla base del reddito minimo stabilito per gli iscritti alla gestione speciale degli esercenti attività commerciali ai fini dei versamenti previdenziali, assicurativi ed assistenziali.
Art. 3

Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana.
Palermo, 10 dicembre 2003.".
Nota all'art. 197
Con l'introduzione dell'elezione a sufragio diretto del sindaco (legge regionale n. 7/1992) e del presidente della provincia regionale (legge regionale n. 26/1993) nelle ipotesi di contenzioso attivato innanzi al giudice ordinario per ipotesi di incandidabilità e di ineleggibilità di detti soggetti, ne consegue: a) in mancanza di apposita disposizione, l'estensione di applicazione dell'art. 56 D.P.Reg. 3/1960; b) la mancata conclusione del procedimento dell'elezione congiunta del consiglio e dell'organo monocratico pertinente.
Nota all'art. 197, comma 4
L'originario periodo di carica del consiglio comunale di quattro anni è indicato in cinque anni nel rispetto delle disposizioni dell'art. 1 della legge regionale n. 25/2000.
Nota all'art. 197, comma 6
L'art. 45 è stato abrogato dall'art. 15 della legge regionale n. 35/1997.
Nota all'art. 199
L'ipotesi gestionale dell'ultimo periodo del comma 9 non è applicabile in quanto si riferiva all'abrogata elezione separata del sindaco e del consiglio; trova estensione di applicazione l'art. 56 del D.P.Reg. n. 3/1960.
Nota all'art. 200, comma 11
L'ipotesi gestionale non è applicabile in quanto si riferiva all'abrogata elezione separata del presidente e del consiglio; è invero applicabile l'estensione di applicazione dell'art. 56 del D.P.Reg. n. 3/1960 (cfr. anche abrogazione dell'art. 8 della legge regionale n. 26/1993 disposta dall'art. 15 comma 5, lett. c), della legge regionale n. 35/1997).
Nota all'art. 202
Confronta avviso di rettifica pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana 23 febbraio 2001, parte I, n. 8
Nota all'art. 205
La disposizione fa riferimento ai consigli comunali.
Nota all'art. 206
La disposizione fa riferimento ai consigli provinciali.
Nota all'art. 207, comma 4, lett. b)
Disposizione superata con l'introduzione dell'elezione diretta dell'organo monocratico elettivo.
Nota all'art. 207, comma 6
Il commissario è nominato ai sensi dell'art. 55 dell'ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963.
Per le altre ipotesi di anticipata cessazione confronta anche il titolo IX.
Nota all'art. 215, comma 1
Con l'adozione del regolamento, nel rispetto dei principi stabiliti dallo statuto, le disposizioni della sezione II possono essere confermate o variate, sempre nell'osservanza di principi e criteri generali nella materia.
Nota all'art. 215, comma 7
Disposizione non compatibile con sopravvenuta normativa.
Nota all'art. 215
Si riportano altresì gli artt. 171 e 172 dell'ordinamento amministrativo degli enti locali, parzialmente compatibili con la sopravvenuta normativa:
-  "Art. 171 - Ordine di anzianità. - L'ordine di anzianità è determinato:
a) fra i componenti dei collegi eletti contemporaneamente dalla priorità dello scrutinio in cui ha avuto luogo l'elezione;
b) fra gli eletti nello stesso scrutinio, dal numero dei voti conseguiti;
c) fra gli eletti nello stesso scrutinio con pari numero di voti, dall'età.
Fra gli investiti di cariche non elettive, l'anzianità è stabilita dalla data di nomina e, in caso di nomina contemporanea, dall'età.
-  Art. 172 - Scadenza degli eletti in surrogazione. - Coloro che, nel corso del quadriennio, siano eletti in surrogazione di altri, rimangono in carica solo fino a quando vi sarebbero rimasti i loro predecessori.
Essi non acquistano l'anzianità di questi ultimi nei confronti dei membri rimasti in carica.".
Nota all'art. 224, comma 3
Disposizione in parentesi non compatibile con sopravvenuta normativa.
Nota all'art. 230, comma 1
Si riporta indicazione del presidente, in quanto superata precedente indicazione del sindaco, che non fa più parte di tale collegio.
Nota all'art. 234, comma 1
L'organo collegiale è oggi convocato dal suo presidente.
Nota all'art. 246
Il riferimento è oggi al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) e successive modifiche e integrazioni che enuncia i principi fondamentali nel settore.
Si riportano le disposizioni di interesse:
Titolo I PRINCIPI GENERALI
Art. 1
Finalità ed ambito di applicazione (Art. 1 del decreto legislativo n. 29 del 1993, come modificato dall'art. 1 del decreto legislativo n. 80 del 1998)

1. Le disposizioni del presente decreto disciplinano l'organizzazione degli uffici e i rapporti di lavoro e di impiego alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, tenuto conto delle autonomie locali e di quelle delle regioni e delle province autonome, nel rispetto dell'articolo 97, comma primo, della Costituzione, al fine di:
a) accrescere l'efficienza delle amministrazioni in relazione a quella dei corrispondenti uffici e servizi dei Paesi dell'Unione europea, anche mediante il coordinato sviluppo di sistemi informativi pubblici;
b) razionalizzare il costo del lavoro pubblico, contenendo la spesa complessiva per il personale, diretta e indiretta, entro i vincoli di finanza pubblica;
c) realizzare la migliore utilizzazione delle risorse umane nelle pubbliche amministrazioni, curando la formazione e lo sviluppo professionale dei dipendenti, garantendo pari opportunità alle lavoratrici ed ai lavoratori e applicando condizioni uniformi rispetto a quelle del lavoro privato.
2. Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i comuni, le comunità montane e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.
3. Le disposizioni del presente decreto costituiscono principi fondamentali ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione. Le Regioni a statuto ordinario si attengono ad esse tenendo conto delle peculiarità dei rispettivi ordinamenti. I principi desumibili dall'articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, e successive modificazioni, e dall'articolo 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni ed integrazioni, costituiscono, altresì, per le Regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano, norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica.
Art. 2
Fonti (Art. 2, commi da 1 a 3, del decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituiti prima dall'art. 2 del decreto legislativo n. 546 del 1993 e poi dall'art. 2 del decreto legislativo n. 80 del 1998)

1. Le amministrazioni pubbliche definiscono, secondo principi generali fissati da disposizioni di legge e, sulla base dei medesimi, mediante atti organizzativi secondo i rispettivi ordinamenti, le linee fondamentali di organizzazione degli uffici; individuano gli uffici di maggiore rilevanza e i modi di conferimento della titolarità dei medesimi; determinano le dotazioni organiche complessive. Esse ispirano la loro organizzazione ai seguenti criteri:
a)  funzionalità rispetto ai compiti e ai programmi di attività, nel perseguimento degli obiettivi di efficienza, efficacia ed economicità. A tal fine, periodicamente e comunque all'atto della definizione dei programmi operativi e dell'assegnazione delle risorse, si procede a specifica verifica e ad eventuale revisione;
b)  ampia flessibilità, garantendo adeguati margini alle determinazioni operative e gestionali da assumersi ai sensi dell'articolo 5, comma 2;
c)  collegamento delle attività degli uffici, adeguandosi al dovere di comunicazione interna ed esterna, ed interconnessione mediante sistemi informatici e statistici pubblici;
d) garanzia dell'imparzialità e della trasparenza dell'azione amministrativa, anche attraverso l'istituzione di apposite strutture per l'informazione ai cittadini e attribuzione ad un unico ufficio, per ciascun procedimento, della responsabilità complessiva dello stesso;
e) armonizzazione degli orari di servizio e di apertura degli uffici con le esigenze dell'utenza e con gli orari delle amministrazioni pubbliche dei Paesi dell'Unione europea.
1-bis. I criteri di organizzazione di cui al presente articolo sono attuati nel rispetto della disciplina in materia di trattamento dei dati personali.
2. I rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, fatte salve le diverse disposizioni contenute nel presente decreto. Eventuali disposizioni di legge, regolamento o statuto, che introducano discipline dei rapporti di lavoro la cui applicabilità sia limitata ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, o a categorie di essi, possono essere derogate da successivi contratti o accordi collettivi e, per la parte derogata non sono ulteriormente applicabili, salvo che la legge disponga espressamente in senso contrario.
3. I rapporti individuali di lavoro di cui al comma 2 sono regolati contrattualmente. I contratti collettivi sono stipulati secondo i criteri e le modalità previste nel titolo III del presente decreto; i contratti individuali devono conformarsi ai principi di cui all'articolo 45, comma 2. L'attribuzione di trattamenti economici può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi o, alle condizioni previste, mediante contratti individuali. Le disposizioni di legge, regolamenti o atti amministrativi che attribuiscono incrementi retributivi non previsti da contratti cessano di avere efficacia a far data dall'entrata in vigore dal relativo rinnovo contrattuale. I trattamenti economici più favorevoli in godimento sono riassorbiti con le modalità e nelle misure previste dai contratti collettivi e i risparmi di spesa che ne conseguono incrementano le risorse disponibili per la contrattazione collettiva.
Art. 4
Indirizzo politico-amministrativo. Funzioni e responsabilità (Art. 3 del decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 2 del decreto legislativo n. 470 del 1993 poi dall'art. 3 del decreto legislativo n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall'art. 1 del decreto legislativo n. 387 del 1998)

1. Gli organi di governo esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, definendo gli obiettivi ed i programmi da attuare ed adottando gli altri atti rientranti nello svolgimento ditali funzioni, e verificano la rispondenza dei risultati dell'attività amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti. Ad essi spettano, in particolare:
a) le decisioni in materia di atti normativi e l'adozione dei relativi atti di indirizzo interpretativo ed applicativo;
b) la definizione di obiettivi, priorità, piani, programmi e direttive generali per l'azione amministrativa e per la gestione;
c) la individuazione delle risorse umane, materiali ed economico-finanziarie da destinare alle diverse finalità e la loro ripartizione tra gli uffici di livello dirigenziale generale;
d) la definizione dei criteri generali in materia di ausili finanziari a terzi e di determinazione di tariffe, canoni e analoghi oneri a carico di terzi;
e) le nomine, designazioni ed atti analoghi ad essi attribuiti da specifiche disposizioni;
f) le richieste di pareri alle autorità amministrative indipendenti ed al Consiglio di Stato;
g) gli altri atti indicati dal presente decreto.
2. Ai dirigenti spetta l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di spesa di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo. Essi sono responsabili in via esclusiva dell'attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati.
3. Le attribuzioni dei dirigenti indicate dal comma 2 possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative.
4. Le amministrazioni pubbliche i cui organi di vertice non siano direttamente o indirettamente espressione di rappresentanza politica, adeguano i propri ordinamenti al principio della distinzione tra indirizzo e controllo, da un lato, e attuazione e gestione dall'altro. A tali amministrazioni è fatto divieto di istituire uffici di diretta collaborazione, posti alle di rette dipendenze dell'organo di vertice dell'ente.
Art. 5
Potere di organizzazione (Art. 4 del decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 3 del decreto legislativo n. 546 del 1993, successivamente modificato dall'art. 9 del decreto legislativo n. 396 del 1997, e nuovamente sostituito dall'art. 4 del decreto legislativo n. 80 del 1998)

1. Le amministrazioni pubbliche assumono ogni determinazione organizzativa al fine di assicurare l'attuazione dei principi di cui all'articolo 2, comma 1, e la rispondenza al pubblico interesse dell'azione amministrativa.
2. Nell'ambito delle leggi e degli atti organizzativi di cui all'articolo 2, comma 1, le determinazioni per l'organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono assunte dagli organi preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro.
3. Gli organismi di controllo interno verificano periodicamente la rispondenza delle determinazioni organizzative ai principi indicati all'articolo 2, comma 1, anche al fine di propone l'adozione di eventuali interventi correttivi e di fornire elementi per l'adozione delle misure previste nei confronti dei responsabili della gestione.
Art. 6
Organizzazione e disciplina degli uffici e dotazioni organiche (Art. 6 del decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 4 del decreto legislativo n. 546 del 1993 e poi dall'art. 5 del decreto legislativo n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall'art. 2 del decreto legislativo n. 387 del 1998)

1. Nelle amministrazioni pubbliche l'organizzazione e la disciplina degli uffici, nonché la consistenza e la variazione delle dotazioni organiche sono determinate in funzione delle finalità indicate all'articolo 1, comma 1, previa verifica degli effettivi fabbisogni e previa consultazione delle organizzazioni sindacali rappresentative ai sensi dell'articolo 9. Nell'individuazione delle dotazioni organiche, le amministrazioni non possono determinare, in presenza di vacanze di organico, situazioni di soprannumerarietà di personale, anche temporanea, nell'ambito dei contingenti relativi alle singole posizioni economiche delle aree funzionali e di livello dirigenziale. Ai fini della mobilità collettiva le amministrazioni effettuano annualmente rilevazioni delle eccedenze di personale su base territoriale per categoria o area, qualifica e profilo professionale. Le amministrazioni pubbliche curano l'ottimale distribuzione delle risorse umane attraverso la coordinata attuazione dei processi di mobilità e di reclutamento del personale.
(omissis)
3. Per la ridefinizione degli uffici e delle dotazioni organiche si procede periodicamente e comunque a scadenza triennale, nonché ove risulti necessario a seguito di riordino, fusione, trasformazione o trasferimento di funzioni. Ogni amministrazione procede adottando gli atti previsti dal proprio ordinamento.
4. Le variazioni delle dotazioni organiche già determinate sono approvate dall'organo di vertice delle amministrazioni in coerenza con la programmazione triennale del fabbisogno di personale di cui all'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni ed integrazioni, e con gli strumenti di programmazione economico-finanziaria pluriennale (omissis).
(omissis)
6. Le amministrazioni pubbliche che non provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo non possono assumere nuovo personale, compreso quello appartenente alle categorie protette.
Art. 7
Gestione delle risorse umane (Art. 7 del decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 5 del decreto legislativo n. 546 del 1993 e poi modificato dall'art. 3 del decreto legislativo n. 387 del 1998)

1. Le amministrazioni pubbliche garantiscono parità e pari opportunità tra uomini e donne per l'accesso al lavoro ed il trattamento sul lavoro.
2. Le amministrazioni pubbliche garantiscono la libertà di insegnamento e l'autonomia professionale nello svolgimento dell'attività didattica, scientifica e di ricerca.
3. Le amministrazioni pubbliche individuano criteri certi dì priorità nell'impiego flessibile del personale, purché compatibile con l'organizzazione degli uffici e del lavoro, a favore dei dipendenti in situazioni di svantaggio personale, sociale e familiare e dei dipendenti impegnati in attività di volontariato ai sensi della legge 11 agosto 1991, n. 266.
4. Le amministrazioni pubbliche curano la formazione e l'aggiornamento del personale, ivi compreso quello con qualifiche dirigenziali, garantendo, altresì, l'adeguamento dei programmi formativi, al fine di contribuire allo sviluppo della cultura di genere della pubblica amministrazione.
5. Le amministrazioni pubbliche non possono erogare trattamenti economici accessori che non corrispondano alle prestazioni effettivamente rese.
6. Per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione universitaria, in presenza dei seguenti presupposti:
a) l'oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall'ordinamento all'amministrazione conferente e ad obiettivi e progetti specifici e determinati;
b) l'amministrazione deve avere preliminarmente accertato l'impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno;
c) la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata;
d) devono essere preventivamente determinati durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione.
6-bis. Le amministrazioni pubbliche disciplinano e rendono pubbliche, secondo i propri ordinamenti, procedure comparative per il conferimento degli incarichi di collaborazione.
6-ter. I regolamenti di cui all'articolo 110, comma 6, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, si adeguano ai principi di cui al comma 6.
6-quater. Le disposizioni di cui ai commi 6, 6-bis e 6-ter non si applicano ai componenti degli organismi di controllo interno e dei nuclei di valutazione, nonché degli organismi operanti per le finalità di cui all'articolo 1, comma 5, della legge 17 maggio 1999, n. 144.
Art. 7 bis
Formazione del personale

1. Le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, con esclusione delle università e degli enti di ricerca, nell'ambito delle attività di gestione delle risorse umane e finanziarie, predispongono annualmente un piano di formazione del personale, compreso quello in posizione di comando o fuori ruolo, tenendo conto dei fabbisogni rilevati, delle competenze necessarie in relazione agli obiettivi, nonché della programmazione delle assunzioni e delle innovazioni normative e tecnologiche. Il piano di formazione indica gli obiettivi e le risorse finanziarie necessarie, nei limiti di quelle, a tale scopo, disponibili, prevedendo l'impiego delle risorse interne, di quelle statali e comunitarie, nonché le metodologie formative da adottare in riferimento ai diversi destinatari.
(omissis)
Art. 8
Costo del lavoro, risorse finanziarie e controlli (Art. 9 del decreto legislativo n. 29 del 1993)

1. Le amministrazioni pubbliche adottano tutte le misure affinché la spesa per il proprio personale sia evidente, certa e prevedibile nella evoluzione. Le risorse finanziarie destinate a tale spesa sono determinate in base alle compatibilità economico-finanziarie definite nei documenti di programmazione e di bilancio.
2. L'incremento del costo del lavoro negli enti pubblici economici e nelle aziende pubbliche che producono servizi di pubblica utilità, nonché negli enti di cui all'articolo 70, comma 4, è soggetto a limiti compatibili con gli obiettivi e i vincoli di finanza pubblica.
Art. 9
Partecipazione sindacale (Art. 10 del decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 6 del decreto legislativo n. 80 del 1998)

1. I contratti collettivi nazionali disciplinano i rapporti sindacali e gli istituti della partecipazione anche con riferimento agli atti interni di organizzazione aventi riflessi sul rapporto di lavoro.
Titolo II ORGANIZZAZIONE
Capo I Relazioni con il pubblico
Art. 10
Trasparenza delle amministrazioni pubbliche (Art. 11 del decreto legislativo n. 29 del 1993, come modificato dall'art. 43, comma 9, del decreto legislativo n. 80 del 1998)

1. L'organismo di cui all'articolo 2, comma 1, lettera mm), della legge 23 ottobre 1992, n. 421, ai fini della trasparenza e rapidità del procedimento, definisce, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera c), i modelli e sistemi informativi utili alla interconnessione tra le amministrazioni pubbliche.
2. La Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica ed i comitati metropolitani di cui all'articolo 18 del decreto-legge 24 novembre 1990, n. 344, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 gennaio 1991, n. 21, promuovono, utilizzando il personale degli uffici di cui all'articolo 11, la costituzione di servizi di accesso polifunzionale alle amministrazioni pubbliche nell'ambito dei progetti finalizzati di cui all'articolo 26 della legge 11 marzo 1988, n. 67, e successive modificazioni ed integrazioni.
Art. 11
Ufficio relazioni con il pubblico (Art. 12, commi da 1 a 5-ter, del decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituiti dall'art. 7 del decreto legislativo n. 546 del 1993 e successivamente modificati dall'art. 3 del decreto legge n. 163 del 1995, convertito con modificazioni dalla legge n. 273 del 1995)

1. Le amministrazioni pubbliche, al fine di garantire la piena attuazione della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni ed integrazioni, individuano, nell'ambito della propria struttura uffici per le relazioni con il pubblico.
2. Gli uffici per le relazioni con il pubblico provvedono, anche mediante l'utilizzo di tecnologie informatiche:
a) al servizio all'utenza per i diritti di partecipazione di cui al capo III della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni ed integrazioni;
b) all'informazione all'utenza relativa agli atti e allo stato dei procedimenti;
c) alla ricerca ed analisi finalizzate alla formulazione di proposte alla propria amministrazione sugli aspetti organizzativi e logistici del rapporto con l'utenza.
3. Agli uffici per le relazioni con il pubblico viene assegnato, nell'ambito delle attuali dotazioni organiche delle singole amministrazioni, personale con idonea qualificazione e con elevata capacità di avere contatti con il pubblico, eventualmente assicurato da apposita formazione.
4. Al fine di assicurare la conoscenza di normative, servizi e strutture, le amministrazioni pubbliche programmano ed attuano iniziative di comunicazione di pubblica utilità; in particolare, le amministrazioni dello Stato, per l'attuazione delle iniziative individuate nell'ambito delle proprie competenze, si avvalgono del Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri quale struttura centrale di servizio, secondo un piano annuale di coordinamento del fabbisogno di prodotti e servizi, da sottoporre all'approvazione del Presidente del Consiglio dei Ministri.
5. Per le comunicazioni previste dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni ed integrazioni, non si applicano le norme vigenti che dispongono la tassa a carico del destinatario.
6. Il responsabile dell'ufficio per le relazioni con il pubblico e il personale da lui indicato possono promuovere iniziative volte, anche con il supporto delle procedure informatiche, al miglioramento dei servizi per il pubblico, alla semplificazione e all'accelerazione delle procedure e all'incremento delle modalità di accesso informale alle informazioni in possesso dell'amministrazione e ai documenti amministrativi.
7. L'organo di vertice della gestione dell'amministrazione o dell'ente verifica l'efficacia dell'applicazione delle iniziative di cui al comma 6, ai fini dell'inserimento della verifica positiva nel fascicolo personale del dipendente. Tale riconoscimento costituisce titolo autonomamente valutabile in concorsi pubblici e nella progressione dì carriera del dipendente. Gli organi di vertice trasmettono le iniziative riconosciute ai sensi del presente comma al Dipartimento della funzione pubblica, ai fini di un'adeguata pubblicizzazione delle stesse. Il Dipartimento annualmente individua le forme di pubblicazione.
Art. 12
Uffici per la gestione del contenzioso del lavoro (Art. 12-bis del decreto legislativo n. 29 del 1999, aggiunto dall'art. 7 del decreto legislativo n. 80 del 1998)

1. Le amministrazioni pubbliche provvedono, nell'ambito dei rispettivi ordinamenti, ad organizzare la gestione del contenzioso del lavoro, anche creando appositi uffici, in modo da assicurare l'efficace svolgimento di tutte le attività stragiudiziali e giudiziali inerenti alle controversie. Più amministrazioni omogenee o affini possono istituire, mediante convenzione che ne regoli le modalità di costituzione e di funzionamento, un unico ufficio per la gestione di tutto o parte del contenzioso comune.
Capo II Dirigenza

(omissis)
Sezione I Qualifiche, uffici dirigenziali ed attribuzioni
Art. 27
Criteri di adeguamento per le pubbliche amministrazioni non statali (Art. 27-bis del decreto legislativo n. 29 del 1993, aggiunto dall'art. 17 del decreto legislativo n. 80 del 1998)

1. Le regioni a statuto ordinario, nell'esercizio della propria potestà statutaria, legislativa e regolamentare, e le altre pubbliche amministrazioni, nell'esercizio della propria potestà statutaria e regolamentare, adeguano ai principi dell'articolo 4 e del presente capo i propri ordinamenti, tenendo conto delle relative peculiarità. Gli enti pubblici non economici nazionali si adeguano, anche in deroga alle speciali disposizioni di legge che li disciplinano, adottando appositi regolamenti di organizzazione.
2. Le pubbliche amministrazioni di cui al comma 1 trasmettono, entro due mesi dalla adozione, le deliberazioni, le disposizioni ed i provvedimenti adottati in attuazione del medesimo comma alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ne cura la raccolta e la pubblicazione.
Sezione II Accesso alla dirigenza e riordino della Scuola superiore della pubblica amministrazione
Art. 28
Accesso alla qualifica di dirigente (Art. 28 del decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 8 del decreto legislativo n. 470 del 1993, poi dall'art. 15 del decreto legislativo n. 546 del 1993, successivamente modificato dall'art. 5-bis del decreto legge n. 163 del 1995, convertito con modificazioni della legge n. 273 del 1995, e poi nuovamente sostituito dall'art. 10 del decreto legislativo n. 387 del 1998)

1. L'accesso alla qualifica di dirigente nelle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, e negli enti pubblici non economici avviene per concorso per esami indetto dalle singole amministrazioni ovvero per corso-concorso selettivo di formazione bandito dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione.
2. Al concorso per esami possono essere ammessi i dipendenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni, muniti di laurea, che abbiano compiuto almeno cinque anni di servizio, o, se in possesso del diploma di specializzazione conseguito presso le scuole di specializzazione individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, almeno tre anni di servizio svolti in posizioni funzionali per l'accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea. Per i dipendenti delle amministrazioni statali reclutati a seguito di corso-concorso, il periodo di servizio è ridotto a quattro anni. Sono, altresì, ammessi soggetti in possesso della qualifica di dirigente in enti e strutture pubbliche non ricomprese nel campo di applicazione dell'articolo 1, comma 2, muniti del diploma di laurea, che hanno svolto per almeno due anni le funzioni dirigenziali. Sono, inoltre, ammessi coloro che hanno ricoperto incarichi dirigenziali o equiparati in amministrazioni pubbliche per un periodo non inferiore a cinque anni, purché muniti di diploma di laurea. Sono, altresì, ammessi i cittadini italiani, forniti di idoneo titolo di studio universitario, che hanno maturato, con servizio continuativo per almeno quattro anni presso enti od organismi internazionali, esperienze lavorative in posizioni funzionali apicali per l'accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea.
3. Al corso-concorso selettivo di formazione possono essere ammessi, con le modalità stabilite nel regolamento di cui al comma 5, soggetti muniti di laurea nonché di uno dei seguenti titoli: laurea specialistica, diploma di specializzazione, dottorato di ricerca, o altro titolo post-universitario rilasciato da istituti universitari italiani o stranieri, ovvero da primarie istituzioni formative pubbliche o private, secondo modalità di riconoscimento disciplinate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e la Scuola superiore della pubblica amministrazione. Al corso-concorso possono essere ammessi dipendenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni, muniti di laurea, che abbiano compiuto almeno cinque anni di servizio, svolti in posizioni funzionali per l'accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea. Possono essere ammessi, altresì, dipendenti di strutture private, collocati in posizioni professionali equivalenti a quelle indicate nel comma 2 per i dipendenti pubblici, secondo modalità individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. Tali dipendenti devono essere muniti del diploma di laurea e avere maturato almeno cinque anni di esperienza lavorativa in tali posizioni professionali all'interno delle strutture stesse.
4. Il corso di cui al comma 3 ha la durata di dodici mesi ed è seguito, previo superamento di esame, da un semestre di applicazione presso amministrazioni pubbliche o private. Al termine, i candidati sono sottoposti ad un esame-concorso finale. Ai partecipanti al corso e al periodo di applicazione è corrisposta una borsa di studio a carico della Scuola superiore della pubblica amministrazione.
5. Con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro per la funzione pubblica sentita, per la parte relativa al corso-concorso, la Scuola superiore della pubblica amministrazione, sono definiti:
a) le percentuali, sul complesso dei posti di dirigente disponibili, riservate al concorso per esami e, in misura non inferiore al 30 per cento, al corso-concorso;
b) la percentuale di posti che possono essere riservati al personale di ciascuna amministrazione che indice i concorsi pubblici per esami;
c) i criteri per la composizione e la nomina delle commissioni esaminatrici;
d) le modalità di svolgimento delle selezioni, prevedendo anche la valutazione delle esperienze di servizio professionali maturate nonché, nella fase di prima applicazione del concorso di cui al comma 2, una riserva di posti non superiore al 30 per cento per il personale appartenente da almeno quindici anni alla qualifica apicale, comunque denominata, della carriera direttiva;
e) l'ammontare delle borse di studio per i partecipanti al corso-concorso.
6. I vincitori dei concorsi di cui al comma 2, anteriormente al conferimento del primo incarico dirigenziale, frequentano un ciclo di attività formative organizzato dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione e disciplinato ai sensi del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 287. Tale ciclo può comprendere anche l'applicazione presso amministrazioni italiane e straniere, enti o organismi internazionali, istituti o aziende pubbliche o private. Il medesimo ciclo formativo, di durata non superiore a dodici mesi, può svolgersi anche in collaborazione con istituti universitari italiani o stranieri, ovvero primarie istituzioni formative pubbliche o private.
7. In coerenza con la programmazione del fabbisogno di personale delle amministrazioni pubbliche ai sensi dell'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, le amministrazioni di cui al comma 1 comunicano, entro il 30 giugno di ciascun anno, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, il numero dei posti che si renderanno vacanti nei propri ruoli dei dirigenti. Il Dipartimento della funzione pubblica, entro il 31 luglio di ciascun anno, comunica alla Scuola superiore della pubblica amministrazione i posti da coprire mediante corso-concorso di cui al comma 3. Il corso-concorso è bandito dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione entro il 31 dicembre di ciascun anno.
7-bis. Le amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, e gli enti pubblici non economici comunicano, altresì, entro il 30 giugno di ciascun anno alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento della funzione pubblica i dati complessivi e riepilogativi relativi ai ruoli, alla dotazione organica, agli incarichi dirigenziali conferiti, anche ai sensi dell'articolo 19, commi 5-bis e 6, nonché alle posizioni di comando, fuori ruolo, aspettativa e mobilità, con indicazione della decorrenza e del termine di scadenza. Le informazioni sono comunicate e tempestivamente aggiornate per via telematica a cura delle amministrazioni interessate, con inserimento nella banca dati prevista dall'articolo 23, comma 2, secondo le modalità individuate con circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica.
8. Restano ferme le vigenti disposizioni in materia di accesso alle qualifiche dirigenziali delle carriere diplomatica e prefettizia, delle Forze di polizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
9. Per le finalità di cui al presente articolo, è attribuito alla Scuola superiore della pubblica amministrazione un ulteriore contributo di 1.500 migliaia di euro a decorrere dall'anno 2002.
10. All'onere derivante dall'attuazione del comma 9, pari a 1.500 migliaia di euro a decorrere dall'anno 2002, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2002, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
(omissis)
Capo III Uffici, piante organiche, mobilità e accessi
Art. 30
Passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse (Art. 33 del decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 13 del decreto legislativo n. 470 del 1993 e poi dall'art. 18 del decreto legislativo n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall'art. 20, comma 2, della legge n. 488 del 1999)

1. Le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante cessione del contratto di lavoro di dipendenti appartenenti alla stessa qualifica in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento. Il trasferimento è disposto previo consenso dell'amministrazione di appartenenza.
2. I contratti collettivi nazionali possono definire le procedure e i criteri generali per l'attuazione di quanto previsto dal comma 1. In ogni caso sono nulli gli accordi, gli atti o le clausole dei contratti collettivi volti ad eludere l'applicazione del principio del previo esperimento di mobilità rispetto al reclutamento di nuovo personale.
2-bis. Le amministrazioni, prima di procedere all'espletamento di procedure concorsuali, finalizzate alla copertura di posti vacanti in organico, devono attivare le procedure di mobilità di cui al comma 1, provvedendo, in via prioritaria, all'immissione in ruolo dei dipendenti, provenienti da altre amministrazioni, in posizione di comando o di fuori ruolo, appartenenti alla stessa area funzionale, che facciano domanda di trasferimento nei ruoli delle amministrazioni in cui prestano servizio. Il trasferimento è disposto, nei limiti dei posti vacanti, con inquadramento nell'area funzionale e posizione economica corrispondente a quella posseduta presso le amministrazioni di provenienza.
2-ter. L'immissione in ruolo di cui al comma 2-bis, limitatamente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Ministero degli affari esteri, in ragione della specifica professionalità richiesta ai propri dipendenti, avviene previa valutazione comparativa dei titoli di servizio e di studio, posseduti dai dipendenti comandati o fuori ruolo al momento della presentazione della domanda di trasferimento, nei limiti dei posti effettivamente disponibili.
2-quater. La Presidenza del Consiglio dei Ministri, per fronteggiare le situazioni di emergenza in atto, in ragione della specifica professionalità richiesta ai propri dipendenti può procedere alla riserva di posti da destinare al personale assunto con ordinanza per le esigenze della Protezione civile e del servizio civile, nell'ambito delle procedure concorsuali di cui all' articolo 3, comma 59, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e all' articolo 1, comma 95, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.
2-quinquies. Salvo diversa previsione, a seguito dell'iscrizione nel ruolo dell'amministrazione di destinazione, al dipendente trasferito per mobilità si applica esclusivamente il trattamento giuridico ed economico, compreso quello accessorio, previsto nei contratti collettivi vigenti nel comparto della stessa amministrazione.
Art. 31
Passaggio di dipendenti per effetto di trasferimento di attività (Art. 34 del decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 19 del decreto legislativo n. 80 del 1998)

1. Fatte salve le disposizioni speciali, nel caso di trasferimento o conferimento di attività, svolte da pubbliche amministrazioni, enti pubblici o loro aziende o strutture, ad altri soggetti, pubblici o privati, al personale che passa alle dipendenze ditali soggetti si applicano l'articolo 2112 del codice civile e si osservano le procedure di informazione e di consultazione di cui all'articolo 47, commi da 1 a 4, della legge 29 dicembre 1990, n. 428.
Art. 32
Scambio di funzionari appartenenti a Paesi diversi e temporaneo servizio all'estero (Art. 33-bis del decreto legislativo n. 29 del 1993, aggiunto dall'art. 11 del decreto legislativo n. 387 del 1998)

1. Anche al fine di favorire lo scambio internazionale di esperienze amministrative, i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, a seguito di appositi accordi di reciprocità stipulati tra le amministrazioni interessate, d'intesa con il Ministero degli affari esteri ed il Dipartimento della funzione pubblica, possono essere destinati a prestare temporaneamente servizio presso amministrazioni pubbliche degli Stati membri dell'Unione europea, degli Stati candidati all'adesione e di altri Stati con cui l'Italia intrattiene rapporti di collaborazione, nonché presso gli organismi dell'Unione europea e le organizzazioni ed enti internazionali cui l'Italia aderisce.
2. Il trattamento economico potrà essere a carico delle amministrazioni di provenienza, di quelle di destinazione o essere suddiviso tra esse, ovvero essere rimborsato in tutto o in parte allo Stato italiano dall'unione europea o da una organizzazione o ente internazionale.
3. Il personale che presta temporaneo servizio all'estero resta a tutti gli effetti dipendente dell'amministrazione di appartenenza. L'esperienza maturata all'estero è valutata ai fini dello sviluppo professionale degli interessati.
Art. 33
Eccedenze di personale e mobilità collettiva (Art. 35 del decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 14 del decreto legislativo n. 470 del 1993 e dall'art. 16 del decreto legislativo n. 546 del 1993 e poi dall'art. 20 del decreto legislativo n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall'art. 12 del decreto legislativo n. 387 del 1998)

1. Le pubbliche amministrazioni che rilevino eccedenze di personale sono tenute ad informare preventivamente le organizzazioni sindacali di cui al comma 3 e ad osservare le procedure previste dal presente articolo. Si applicano, salvo quanto previsto dal presente articolo, le disposizioni di cui alla legge 23 luglio 1991, n. 223, ed in particolare l'articolo 4, comma 11 e l'articolo 5, commi 1 e 2, e successive modificazioni ed integrazioni.
2. Il presente articolo trova applicazione quando l'eccedenza rilevata riguardi almeno dieci dipendenti. Il numero di dieci unità si intende raggiunto anche in caso di dichiarazioni di eccedenza distinte nell'arco di un anno. In caso di eccedenze per un numero inferiore a 10 unità agli interessati si applicano le disposizioni previste dai commi 7 e 8.
3. La comunicazione preventiva di cui all'articolo 4, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, viene fatta alle rappresentanze unitarie del personale e alle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale del comparto o area. La comunicazione deve contenere l'indicazione dei motivi che determinano la situazione di eccedenza; dei motivi tecnici e organizzativi per i quali si ritiene di non poter adottare misure idonee a riassorbire le eccedenze all'interno della medesima amministrazione; del numero, della collocazione, delle qualifiche de personale eccedente, nonché del personale abitualmente impiegato, delle eventuali proposte per risolvere la situazione di eccedenza e dei relativi tempi di attuazione, delle eventuali misure programmate per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale dell'attuazione delle proposte medesime.
4. Entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1, a richiesta delle organizzazioni sindacali di cui al comma 3, si procede all'esame delle cause che hanno contribuito a determinare l'eccedenza del personale e delle possibilità di diversa utilizzazione del personale eccedente, o di una sua parte. L'esame è diretto a verificare le possibilità di pervenire ad un accordo sulla ricollocazione totale o parziale del personale eccedente, o nell'ambito della stessa amministrazione, anche mediante il ricorso a forme flessibili di gestione del tempo di lavoro o a contratti di solidarietà, ovvero presso altre amministrazioni comprese nell'ambito della Provincia è in quello diverso determinato ai sensi del comma 6. Le organizzazioni sindacali che partecipano all'esame hanno diritto di ricevere, in relazione a quanto comunicato dall'amministrazione, le informazioni necessarie ad un utile confronto.
5. La procedura si conclude decorsi quarantacinque giorni dalla data del ricevimento della comunicazione di cui al comma 3, o con l'accordo o con apposito verbale nel quale sono riportate le diverse posizioni delle parti. In caso di disaccordo, le organizzazioni sindacali possono richiedere che il confronto prosegua, per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e gli enti pubblici nazionali, presso il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con l'assistenza dell'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni - ARAN, e per le altre amministrazioni, ai sensi degli articoli 3 e 4 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, e successive modificazioni ed integrazioni. La procedura si conclude in ogni caso entro sessanta giorni dalla comunicazione di cui al comma 1.
6. I contratti collettivi nazionali possono stabilire criteri generali e procedure per consentire, tenuto conto delle caratteristiche del comparto, la gestione delle eccedenze di personale attraverso il passaggio diretto ad altre amministrazioni nell'ambito della provincia o in quello diverso che, in relazione alla distribuzione territoriale delle amministrazioni o alla situazione del mercato del lavoro, sia stabilito dai contratti collettivi nazionali. Si applicano le disposizioni dell'articolo 30.
7. Conclusa la procedura di cui ai commi 3, 4 e 5, l'amministrazione colloca in disponibilità il personale che non sia possibile impiegare diversamente nell'ambito della medesima amministrazione e che non possa essere ricollocato presso altre amministrazioni, ovvero che non abbia preso servizio presso la diversa amministrazione che, secondo gli accordi intervenuti ai sensi dei commi precedenti, ne avrebbe consentito la ricollocazione.
8. Dalla data di collocamento in disponibilità restano sospese tutte le obbligazioni inerenti al rapporto di lavoro e il lavoratore ha diritto ad un'indennità pari all'80 per cento dello stipendio e dell'indennità integrativa speciale, con esclusione di qualsiasi altro emolumento retributivo comunque denominato, per la durata massima di ventiquattro mesi. I periodi di godimento dell'indennità sono riconosciuti ai fini della determinazione dei requisiti di accesso alla pensione e della misura della stessa. E' riconosciuto, altresì, il diritto all'assegno per il nucleo familiare di cui all'articolo 2 del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153, e successive modificazioni ed integrazioni.
Art. 34
Gestione del personale in disponibilità (Art. 35-bis del decreto legislativo n. 29 del 1993, aggiunto dall'art. 21 del decreto legislativo n. 80 del 1998)

1. Il personale in disponibilità è iscritto in appositi elenchi secondo l'ordine cronologico di sospensione del relativo rapporto di lavoro.
2. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo e per gli enti pubblici non economici nazionali, il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri forma e gestisce l'elenco, avvalendosi anche, ai fini della riqualificazione professionale del personale e della sua ricollocazione in altre amministrazioni, della collaborazione delle strutture regionali e provinciali di cui al decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, e realizzando opportune forme di coordinamento con l'elenco di cui al comma 3.
3. Per le altre amministrazioni, l'elenco è tenuto dalle strutture regionali e provinciali di cui al decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, e successive modificazioni ed integrazioni, alle quali sono affidati i compiti di riqualificazione professionale e ricollocazione presso altre amministrazioni del personale. Le leggi regionali previste dal decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, nel provvedere all'organizzazione del sistema regionale per l'impiego, si adeguano ai principi di cui al comma 2.
4. Il personale in disponibilità iscritto negli appositi elenchi ha diritto all'indennità di cui all'articolo 33, comma 8, per la durata massima ivi prevista. La spesa relativa grava sul bilancio dell'amministrazione di appartenenza sino al trasferimento ad altra amministrazione, ovvero al raggiungimento del periodo massimo di fruizione dell'indennità di cui al medesimo comma 8. Il rapporto di lavoro si intende definitivamente risolto a tale data, fermo restando quanto previsto nell'articolo 33. Gli oneri sociali relativi alla retribuzione goduta al momento del collocamento in disponibilità sono corrisposti dall'amministrazione di appartenenza all'ente previdenziale di riferimento per tutto il periodo della disponibilità.
5. I contratti collettivi nazionali possono riservare appositi fondi per la riqualificazione professionale del personale trasferito ai sensi dell'articolo 33 o collocato in disponibilità e per favorire forme di incentivazione alla ricollocazione del personale in particolare mediante mobilità volontaria.
6. Nell'ambito della programmazione triennale del personale di cui all'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni ed integrazioni, le nuove assunzioni sono subordinate alla verificata impossibilità di ricollocare il personale in disponibilità iscritto nell'apposito elenco.
7. Per gli enti pubblici territoriali le economie derivanti dalla minore spesa per effetto del collocamento in disponibilità restano a disposizione del loro bilancio e possono essere utilizzate per la formazione e la riqualificazione del personale nell'esercizio successivo.
8. Sono fatte salve le procedure di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, relative al collocamento in disponibilità presso gli enti locali che hanno dichiarato il dissesto.
Art. 34 bis
Disposizioni in materia di mobilità del personale

1. Le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, con esclusione delle amministrazioni previste dall'articolo 3, comma 1, ivi compreso il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, prima di avviare le procedure di assunzione di personale, sono tenute a comunicare ai soggetti di cui all'articolo 34, commi 2 e 3, l'area, il livello e la sede di destinazione per i quali si intende bandire il concorso nonché, se necessario, le funzioni e le eventuali specifiche idoneità richieste.
2. La Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e le strutture regionali e provinciali di cui all'articolo 34, comma 3, provvedono, entro quindici giorni dalla comunicazione, ad assegnare secondo l'anzianità di iscrizione nel relativo elenco il personale collocato in disponibilità ai sensi degli articoli 33 e 34. Le predette strutture regionali e provinciali, accertata l'assenza negli appositi elenchi di personale da assegnare alle amministrazioni che intendono bandire il concorso, comunicano tempestivamente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica le informazioni inviate dalle stesse amministrazioni. Entro quindici giorni dal ricevimento della predetta comunicazione, la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, provvede ad assegnare alle amministrazioni che intendono bandire il concorso il personale inserito nell'elenco previsto dall'articolo 34, comma 2. A seguito dell'assegnazione, l'amministrazione destinataria iscrive il dipendente in disponibilità nel proprio ruolo e il rapporto di lavoro prosegue con l'amministrazione che ha comunicato l'intenzione di bandire il concorso.
3. Le amministrazioni possono provvedere a organizzare percorsi di qualificazione del personale assegnato ai sensi del comma 2.
4. Le amministrazioni, decorsi due mesi dalla ricezione della comunicazione di cui al comma 1 da parte del Dipartimento della funzione pubblica direttamente per le amministrazioni dello Stato e per gli enti pubblici non economici nazionali, comprese le università, e per conoscenza per le altre amministrazioni, possono procedere all'avvio della procedura concorsuale per le posizioni per le quali non sia intervenuta l'assegnazione di personale ai sensi del comma 2.
5. Le assunzioni effettuate in violazione del presente articolo sono nulle di diritto. Restano ferme le disposizioni previste dall'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni.
5-bis. Ove se ne ravvisi l'esigenza per una più tempestiva ricollocazione del personale in disponibilità iscritto nell'elenco di cui all'articolo 34, comma 2, il Dipartimento della funzione pubblica effettua ricognizioni presso le amministrazioni pubbliche per verificare l'interesse all'acquisizione in mobilità dei medesimi dipendenti. Si applica l'articolo 4, comma 2, del decreto-legge 12 maggio 1995, n. 163, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 luglio 1995, n. 273.
Art. 35
Reclutamento del personale (Art. 36, commi da 1 a 6, del decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituiti prima dall'art. 17 del decreto legislativo n. 546 del 1993 e poi dall'art. 22 del decreto legislativo n. 80 del 1998, successivamente modificati dall'art. 2, comma 2-ter, del decreto legge 17 giugno 1999, n. 180 convertito con modificazioni dalla legge n. 269 del 1999; Art. 36-bis del decreto legislativo n. 29 del 1993, aggiunto dall'art. 23 del decreto legislativo n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall'art. 274, comma 1, lett. aa), del decreto legislativo n. 267 del 2000)

1. L'assunzione nelle amministrazioni pubbliche avviene con contratto individuale di lavoro:
a) tramite procedure selettive, conformi ai principi del comma 3, volte all'accertamento della professionalità richiesta, che garantiscano in misura adeguata l'accesso dall'esterno;
b) mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento ai sensi della legislazione vigente per le qualifiche e profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell'obbligo, facendo salvi gli eventuali ulteriori requisiti per specifiche professionalità.
2. Le assunzioni obbligatorie da parte delle amministrazioni pubbliche, aziende ed enti pubblici dei soggetti di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68, avvengono per chiamata numerica degli iscritti nelle liste di collocamento ai sensi della vigente normativa, previa verifica della compatibilità della invalidità con le mansioni da svolgere. Per il coniuge superstite e per i figli del personale delle Forze armate, delle Forze dell'ordine, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e del personale della Polizia municipale deceduto nell'espletamento del servizio, nonché delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata di cui alla legge 13 agosto 1980, n. 466, e successive modificazioni ed integrazioni, tali assunzioni avvengono per chiamata diretta nominativa.
3. Le procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni si conformano ai seguenti principi:
a) adeguata pubblicità della selezione e modalità di svolgimento che garantiscano l'imparzialità e assicurino economicità e celerità di espletamento, ricorrendo, ove è opportuno, all'ausilio di sistemi automatizzati, diretti anche a realizzare forme di preselezione;
b)  adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti, idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire;
c) rispetto delle pari opportunità tra lavoratrici e lavoratori;
d)  decentramento delle procedure di reclutamento;
e)  composizione delle commissioni esclusivamente con esperti di provata competenza nelle materie di concorso, scelti tra funzionari delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime, che non siano componenti dell'organo di direzione politica dell'amministrazione, che non ricoprano cariche politiche e che non siano rappresentanti sindacali o designati dalle confederazioni ed organizzazioni sindacali o dalle associazioni professionali.
4. Le determinazioni relative all'avvio di procedure di reclutamento sono adottate da ciascuna amministrazione o ente sulla base della programmazione triennale del fabbisogno di personale deliberata ai sensi dell'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni ed integrazioni. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, ivi compresa l'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca, con organico superiore alle 200 unità, l'avvio delle procedure concorsuali è subordinato all'emanazione di apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare su proposta del Ministro per la funzione pubblica di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
4-bis. L'avvio delle procedure concorsuali mediante l'emanazione di apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, di cui al comma 4 si applica anche alle procedure di reclutamento a tempo determinato per contingenti superiori alle cinque unità, inclusi i contratti di formazione e lavoro, e tiene conto degli aspetti finanziari, nonché dei criteri previsti dall'articolo 36.
5. I concorsi pubblici per le assunzioni nelle amministrazioni dello Stato e nelle aziende autonome si espletano di norma a livello regionale. Eventuali deroghe, per ragioni tecnico-amministrative o di economicità, sono autorizzate dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Per gli uffici aventi sede regionale, compartimentale o provinciale possono essere banditi concorsi unici circoscrizionali per l'accesso alle varie professionalità.
5-bis. I vincitori dei concorsi devono permanere nella sede di prima destinazione per un periodo non inferiore a cinque anni. La presente disposizione costituisce norma non derogabile dai contratti collettivi.
5-ter. Le graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale presso le amministrazioni pubbliche rimangono vigenti per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione. Sono fatti salvi i periodi di vigenza inferiori previsti da leggi regionali.
6. Ai fini delle assunzioni di personale presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e le amministrazioni che esercitano competenze istituzionali in materia di difesa e sicurezza dello Stato, di polizia, di giustizia ordinaria, amministrativa, contabile e di difesa in giudizio dello Stato, si applica il disposto di cui all'articolo 26 della legge 1 febbraio 1989, n. 53, e successive modificazioni ed integrazioni.
7. Il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi degli enti locali disciplina le dotazioni organiche, le modalità di assunzione agli impieghi, i requisiti di accesso e le procedure concorsuali, nel rispetto dei principi fissati dai commi precedenti.
Art. 36
Utilizzo di contratti di lavoro flessibile

1. Le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato e non possono avvalersi delle forme contrattuali di lavoro flessibile previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa se non per esigenze stagionali o per periodi non superiori a tre mesi, fatte salve le sostituzioni per maternità relativamente alle autonomie territoriali. Il provvedimento di assunzione deve contenere l'indicazione del nominativo della persona da sostituire.
2. In nessun caso è ammesso il rinnovo del contratto o l'utilizzo del medesimo lavoratore con altra tipologia contrattuale.
3. Le amministrazioni fanno fronte ad esigenze temporanee ed eccezionali attraverso l'assegnazione temporanea di personale di altre amministrazioni per un periodo non superiore a sei mesi, non rinnovabile.
4. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 non possono essere derogate dalla contrattazione collettiva.
5. Le amministrazioni pubbliche trasmettono alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell'economia e delle finanze Dipartimento della ragioneria generale dello Stato le convenzioni concernenti l'utilizzo dei lavoratori socialmente utili.
6. In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative. Le amministrazioni hanno l'obbligo di recuperare le somme pagate a tale titolo nei confronti dei dirigenti responsabili, qualora la violazione sia dovuta a dolo o colpa grave. Le amministrazioni pubbliche che operano in violazione delle disposizioni di cui al presente articolo non possono effettuare assunzioni ad alcun titolo per il triennio successivo alla suddetta violazione.
7. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano agli uffici di cui all'articolo 14, comma 2, del presente decreto, nonché agli uffici di cui all'articolo 90 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Sono altresì esclusi i contratti relativi agli incarichi dirigenziali ed alla preposizione ad organi di direzione, consultivi e di controllo delle amministrazioni pubbliche, ivi inclusi gli organismi operanti per le finalità di cui all'articolo 1 della legge 17 maggio 1999, n. 144.
8. Per l'attuazione di programmi e progetti di tutela e valorizzazione delle aree marine protette di cui alle leggi 31 dicembre 1982, n. 979, e 6 dicembre 1991, n. 394, il parco nazionale dell'arcipelago della Maddalena, di cui alla legge 4 gennaio 1994, n. 10, e gli enti cui è delegata la gestione ai sensi dell'articolo 2, comma 37, della legge 9 dicembre 1998, n. 426, e successive modificazioni, sono autorizzati, in deroga ad ogni diversa disposizione, ad assumere personale con contratto di lavoro a tempo determinato, della durata massima di due anni eventualmente rinnovabili, nel contingente complessivo stabilito con disposizione legislativa e ripartito tra gli enti interessati con decreto del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. In prima applicazione, il predetto contingente è fissato in centocinquanta unità di personale non dirigenziale alla cui copertura si provvede prioritariamente con trasformazione del rapporto di lavoro degli operatori attualmente utilizzati con contratti di lavoro flessibile.
9. Gli enti locali non sottoposti al patto di stabilità interno e che comunque abbiano una dotazione organica non superiore alle quindici unità possono avvalersi di forme contrattuali di lavoro flessibile, oltre che per le finalità di cui al comma 1, per la sostituzione di lavoratori assenti e per i quali sussiste il diritto alla conservazione del posto, sempreché nel contratto di lavoro a termine sia indicato il nome del lavoratore sostituito e la causa della sua sostituzione.
10. Gli enti del Servizio sanitario nazionale, in relazione al personale medico, con esclusivo riferimento alle figure infungibili, al personale infermieristico ed al personale di supporto alle attività infermieristiche, possono avvalersi di forme contrattuali di lavoro flessibile, oltre che per le finalità di cui al comma 1, per la sostituzione di lavoratori assenti o cessati dal servizio limitatamente ai casi in cui ricorrano urgenti e indifferibili esigenze correlate alla erogazione dei livelli essenziali di assistenza, compatibilmente con i vincoli previsti in materia di contenimento della spesa di personale dall'articolo 1, comma 565, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
11. Le pubbliche amministrazioni possono avvalersi di contratti di lavoro flessibile per lo svolgimento di programmi o attività i cui oneri sono finanziati con fondi dell'Unione europea e del Fondo per le aree sottoutilizzate. Le università e gli enti di ricerca possono avvalersi di contratti di lavoro flessibile per lo svolgimento di progetti di ricerca e di innovazione tecnologica i cui oneri non risultino a carico dei bilanci di funzionamento degli enti o del Fondo di finanziamento degli enti o del Fondo di finanziamento ordinario delle università. Gli enti del Servizio sanitario nazionale possono avvalersi di contratti di lavoro flessibile per lo svolgimento di progetti di ricerca finanziati con le modalità indicate nell'articolo 1, comma 565, lettera b), secondo periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. L'utilizzazione dei lavoratori, con i quali si sono stipulati i contratti di cui al presente comma, per fini diversi determina responsabilità amministrativa del dirigente e del responsabile del progetto. La violazione delle presenti disposizioni è causa di nullità del provvedimento.
Art. 37
Accertamento delle conoscenze informatiche e di lingue straniere nei concorsi pubblici (Art. 36-ter del decreto legislativo n. 29 del 1993, aggiunto dall'art. 13 del decreto legislativo n. 387 del 1998)

1. A decorrere dall'1 gennaio 2000 i bandi di concorso per l'accesso alle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, prevedono l'accertamento della conoscenza dell'uso delle apparecchiature e delle applicazioni informatiche più diffuse e di almeno una lingua straniera.
2. Per i dirigenti il regolamento di cui all'articolo 28 definisce il livello di conoscenza richiesto e le modalità per il relativo accertamento.
3. Per gli altri dipendenti delle amministrazioni dello Stato, con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni ed integrazioni. su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, sono stabiliti i livelli di conoscenza, anche in relazione alla professionalità cui si riferisce il bando, e le modalità per l'accertamento della conoscenza medesima. Il regolamento stabilisce altresì i casi nei quali il comma 1 non si applica.
Art. 38
Accesso dei cittadini degli Stati membri della Unione europea (Art. 37 del decreto legislativo n. 29 del 1993, come modificato dall'art. 24 del decreto legislativo n. 80 del 1998)

1. I cittadini degli Stati membri dell'Unione europea possono accedere ai posti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche che non implicano esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri, ovvero non attengono alla tutela dell'interesse nazionale.
2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni ed integrazioni, sono individuati i posti e le funzioni per i quali non può prescindersi dal possesso della cittadinanza italiana, nonché i requisiti indispensabili all'accesso dei cittadini di cui al comma 1.
3. Nei casi in cui non sia intervenuta una disciplina di livello comunitario, all'equiparazione dei titoli di studio e professionali si provvede con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato su proposta dei Ministri competenti. Con eguale procedura si stabilisce l'equivalenza tra i titoli accademici e di servizio rilevanti ai fini dell'ammissione al concorso e della nomina.
Art. 39
Assunzioni obbligatorie delle categorie protette e tirocinio per portatori di handicap (Art. 42 del decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 19 del decreto legislativo n. 546 del 1993 e modificato prima dall'art. 43, comma 1, del decreto legislativo n. 80 del 1998 e poi dall'art. 22, comma 1, del decreto legislativo n. 387 del 1998)

1. Le amministrazioni pubbliche promuovono o propongono programmi di assunzioni per portatori di handicap ai sensi dell'articolo 11 della legge 12 marzo 1999, n. 68, sulla base delle direttive impartite dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica e dai Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, cui confluisce il Dipartimento degli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei Ministri ai sensi dell'articolo 45, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 con le decorrenze previste dall'articolo 10, commi 3 e 4, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303.
Titolo III CONTRATTAZIONE COLLETTIVA E RAPPRESENTATIVITA' SINDACALE
Art. 40
Contratti collettivi nazionali e integrativi (Art. 45 del decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 15 del decreto legislativo n. 470 del 1993 e dall'art. 1 del decreto legislativo n. 396 del 1997 e successivamente modificato dall'art. 43, comma 1, del decreto legislativo n. 80 del 1998)

1. La contrattazione collettiva si svolge su tutte le materie relative al rapporto di lavoro ed alle relazioni sindacali.
2. Mediante appositi accordi tra l'ARAN e le confederazioni rappresentative ai sensi dell'articolo 43, comma 4, sono stabiliti i comparti della contrattazione collettiva nazionale riguardanti settori omogenei o affini. I dirigenti costituiscono un'area contrattuale autonoma relativamente a uno o più comparti. I professionisti degli enti pubblici, già appartenenti alla X qualifica funzionale costituiscono, senza alcun onere aggiuntivo di spesa a carico delle amministrazioni interessate, unitamente alla dirigenza, in separata sezione, un'area contrattuale autonoma, nel rispetto della distinzione di ruolo e funzioni. Resta fermo per l'area contrattuale della dirigenza del ruolo sanitario quanto previsto dall'articolo 15 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modifiche ed integrazioni. Agli accordi che definiscono i comparti o le aree contrattuali si applicano le procedure di cui all'articolo 41, comma 6. Per le figure professionali che, in posizione di elevata responsabilità, svolgono compiti di direzione o che comportano iscrizione ad albi e per gli archeologi e gli storici dell'arte aventi il requisito di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 7 luglio 1988, n. 254, nonché per gli archivisti di Stato, i bibliotecari e gli esperti di cui all'articolo 2, comma 1, della medesima legge, che, in posizione di elevata responsabilità, svolgono compiti tecnico scientifici e di ricerca, sono stabilite discipline distinte nell'ambito dei contratti collettivi di comparto.
3. La contrattazione collettiva disciplina, in coerenza con il settore privato, la durata dei contratti collettivi nazionali e integrativi, la struttura contrattuale e i rapporti tra i diversi livelli, le pubbliche amministrazioni attivano autonomi livelli di contrattazione collettiva integrativa, nel rispetto dei vincoli di bilancio risultanti dagli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. La contrattazione collettiva integrativa si svolge sulle materie e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono; essa può avere ambito territoriale e riguardare più amministrazioni. Le pubbliche amministrazioni non possono sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi integrativi in contrasto con vincoli risultanti dai contratti collettivi nazionali o che comportino oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. Le clausole difformi sono nulle e non possono essere applicate.
4. Le pubbliche amministrazioni adempiono agli obblighi assunti con i contratti collettivi nazionali o integrativi dalla data della sottoscrizione definitiva e ne assicurano l'osservanza nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti.
Art. 40 bis
Compatibilità della spesa in materia di contrattazione integrativa

1. Per le amministrazioni pubbliche indicate all'articolo 1, comma 2, i comitati di settore ed il Governo procedono a verifiche congiunte in merito alle implicazioni finanziarie complessive della contrattazione integrativa di comparto definendo metodologie e criteri di riscontro anche a campione sui contratti integrativi delle singole amministrazioni. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 39, comma 3-ter, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni.
2. Gli organi di controllo interno indicati all'articolo 48, comma 6, inviano annualmente specifiche informazioni sui costi della contrattazione integrativa al Ministero dell'economia e delle finanze, che predispone, allo scopo, uno specifico modello di rilevazione, d'intesa con la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica.
3. In relazione a quanto previsto dai commi 1 e 2, qualora dai contratti integrativi derivino costi non compatibili con i rispettivi vincoli di bilancio delle amministrazioni, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 40, comma 3.
4. Tra gli enti pubblici non economici di cui all'articolo 39, comma 3-ter, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, si intendono ricompresi anche quelli di cui all'articolo 70, comma 4, del presente decreto legislativo.
Art. 41
Poteri di indirizzo nei confronti dell'ARAN (Art. 46 del decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 3 del decreto legislativo n. 396 del 1997 e successivamente modificato prima dall'art. 44, comma 3 del decreto legislativo n. 80 del 1998 e poi dall'art. 55 del decreto legislativo n. 300 del 1999; Art. 44, comma 8, del decreto legislativo n. 80 del 1998)

1. Le pubbliche amministrazioni esercitano il potere di indirizzo nei confronti dell'ARAN e le altre competenze relative alle procedure di contrattazione collettiva nazionale attraverso le loro istanze associative o rappresentative, le quali danno vita a tal fine a comitati di settore. Ciascun comitato di settore regola autonomamente le proprie modalità di funzionamento e di deliberazione. In ogni caso, le deliberazioni assunte in materia di indirizzo all'ARAN o di parere sull'ipotesi di accordo nell'ambito della procedura di contrattazione collettiva di cui all'articolo 47, si considerano definitive e non richiedono ratifica da parte delle istanze associative o rappresentative delle pubbliche amministrazioni del comparto.
2. Per le amministrazioni, le agenzie e le aziende autonome dello Stato, opera come comitato di settore il Presidente del Consiglio dei Ministri tramite il Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica nonché, per il sistema scolastico, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e, per il comparto delle Agenzie fiscali, sentiti i direttori delle medesime.
3. Per le altre pubbliche amministrazioni, un comitato di settore per ciascun comparto di contrattazione collettiva viene costituito:
a) nell'ambito della Conferenza dei Presidenti delle regioni, per le amministrazioni regionali e per le amministrazioni del Servizio sanitario nazionale, e dell'Associazione nazionale dei comuni d'Italia - ANCI e dell'Unione delle province d'Italia - UPI e dell'Unioncamere, per gli enti locali rispettivamente rappresentati;
b) nell'ambito della Conferenza dei rettori, per le università;
c) nell'ambito delle istanze rappresentative promosse, ai fini del presente articolo, dai presidenti degli enti, d'intesa con il Presidente del Consiglio dei Ministri tramite il Ministro per la funzione pubblica, rispettivamente per gli enti pubblici non economici e per gli enti di ricerca.
4. Un rappresentante del Governo, designato dal Ministro della sanità, partecipa al comitato di settore per il compatto di contrattazione collettiva delle amministrazioni del Servizio sanitario nazionale.
5. L'ARAN regola i rapporti con i comitati di settore sulla base di appositi protocolli.
6. Per la stipulazione degli accordi che definiscono o modificano i comparti o le aree di cui all'articolo 40, comma 2, o che regolano istituti comuni a più comparti o a tutte le pubbliche amministrazioni, le funzioni di indirizzo e le altre competenze inerenti alla contrattazione collettiva sono esercitate in forma collegiale, tramite un apposito organismo di coordinamento dei comitati di settore costituito presso l'ARAN, al quale partecipa il Governo, tramite il Ministro per la funzione pubblica, che lo presiede.
7. L'ARAN assume, nell'ambito degli indirizzi deliberati dai comitati di settore, iniziative per il coordinamento delle parti datoriali, anche da essa non rappresentate, al fine di favorire, ove possibile, anche con la contestualità delle procedure del rinnovo dei contratti, soluzioni omogenee in settori operativi simili o contigui nel campo dell'erogazione dei servizi.
Art. 42
Diritti e prerogative sindacali nei luoghi di lavoro (Art. 47 del decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 6 del decreto legislativo n. 396 del 1997)

1. Nelle pubbliche amministrazioni la libertà e l'attività sindacale sono tutelate nelle forme previste dalle disposizioni della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni ed integrazioni. Fino a quando non vengano emanate norme di carattere generale sulla rappresentatività sindacale che sostituiscano o modifichino tali disposizioni, le pubbliche amministrazioni, in attuazione dei criteri di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b) della legge 23 ottobre 1992, n. 421, osservano le disposizioni seguenti in materia di rappresentatività delle organizzazioni sindacali ai fini dell'attribuzione dei diritti e delle prerogative sindacali nei luoghi di lavoro e dell'esercizio della contrattazione collettiva.
2. In ciascuna amministrazione, ente o struttura amministrativa di cui al comma 8, le organizzazioni sindacali che, in base ai criteri dell'articolo 43, siano ammesse alle trattative per la sottoscrizione dei contratti collettivi, possono costituire rappresentanze sindacali aziendali ai sensi dell'articolo 19 e seguenti della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni ed integrazioni. Ad esse spettano, in proporzione alla rappresentatività, le garanzie previste dagli articoli 23, 24 e 30 della medesima legge n. 300 del 1970, e le migliori condizioni derivanti dal contratti collettivi.
3. In ciascuna amministrazione, ente o struttura amministrativa di cui al comma 8, ad iniziativa anche disgiunta delle organizzazioni sindacali di cui al comma 2, viene altresì costituito, con le modalità di cui ai commi seguenti, un organismo di rappresentanza unitaria del personale mediante elezioni alle quali è garantita la partecipazione di tutti i lavoratori.
4. Con appositi accordi o contratti collettivi nazionali, tra l'ARAN e le confederazioni o organizzazioni sindacali rappresentative ai sensi dell'articolo 43, sono definite la composizione dell'organismo di rappresentanza unitaria del personale e le specifiche modalità delle elezioni, prevedendo in ogni caso il voto segreto, il metodo proporzionale e il periodico rinnovo, con esclusione della prorogabilità. Deve essere garantita la facoltà di presentare liste, oltre alle organizzazioni che, in base ai criteri dell'articolo 43, siano ammesse alle trattative per la sottoscrizione dei contratti collettivi, anche ad altre organizzazioni sindacali, purché siano costituite in associazione con un proprio statuto e purché abbiano aderito agli accordi o contratti collettivi che disciplinano l'elezione e il funzionamento dell'organismo. Per la presentazione delle liste, può essere richiesto a tutte le organizzazioni sindacali promotrici un numero di firme di dipendenti con diritto al voto non superiore al 3 per cento del totale dei dipendenti nelle amministrazioni, enti o strutture amministrative fino a duemila dipendenti, e del 2 per cento in quelle di dimensioni superiori.
5. I medesimi accordi o contratti collettivi possono prevedere che, alle condizioni di cui al comma 8, siano costituite rappresentanze unitarie del personale comuni a più amministrazioni di enti di modeste dimensioni ubicati nel medesimo territorio. Essi possono altresì prevedere che siano costituiti organismi di coordinamento tra le rappresentanze unitarie del personale nelle amministrazioni e enti con pluralità di sedi o strutture di cui al comma 8.
6. I componenti della rappresentanza unitaria del personale sono equiparati ai dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali ai fini della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni ed integrazioni, e del presente decreto. Gli accordi o contratti collettivi che regolano l'elezione e il funzionamento dell'organismo, stabiliscono i criteri e le modalità con cui sono trasferite ai componenti eletti della rappresentanza unitaria del personale le garanzie spettanti alle rappresentanze sindacali aziendali delle organizzazioni sindacali di cui al comma 2 che li abbiano sottoscritti o vi aderiscano.
7. I medesimi accordi possono disciplinare le modalità con le quali la rappresentanza unitaria del personale esercita in via esclusiva i diritti di informazione e di partecipazione riconosciuti alle rappresentanze sindacali aziendali dall'articolo 9 o da altre disposizioni della legge e della contrattazione collettiva. Essi possono altresì prevedere che, ai fini dell'esercizio della contrattazione collettiva integrativa, la rappresentanza unitaria del personale sia integrata da rappresentanti delle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale del comparto.
8. Salvo che i contratti collettivi non prevedano, in relazione alle caratteristiche del comparto, diversi criteri dimensionali, gli organismi di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo possono essere costituiti, alle condizioni previste dai commi precedenti, in ciascuna amministrazione o ente che occupi oltre quindici dipendenti. Nel caso di amministrazioni o enti con pluralità di sedi o strutture periferiche, possono essere costituiti anche presso le sedi o struttura periferiche che siano considerate livelli decentrati di contrattazione collettiva dai contratti collettivi nazionali.
9. Fermo restando quanto previsto dal comma 2, per la costituzione di rappresentanze sindacali aziendali ai sensi dell'articolo 19 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni ed integrazioni, la rappresentanza dei dirigenti nelle amministrazioni, enti o strutture amministrative è disciplinata, in coerenza con la natura delle loro funzioni, agli accordi o contratti collettivi riguardanti la relativa area contrattuale.
10. Alle figure professionali per le quali nel contratto collettivo del comparto sia prevista una disciplina distinta ai sensi dell'articolo 40, comma 2, deve essere garantita una adeguata presenza negli organismi di rappresentanza unitaria del personale, anche mediante l'istituzione, tenuto conto della loro incidenza quantitativa e del numero dei componenti dell'organismo, di specifici collegi elettorali.
11. Per quanto riguarda i diritti e le prerogative sindacali delle organizzazioni sindacali delle minoranze linguistiche, nell'ambito della provincia di Bolzano e della regione Valle d'Aosta, si applica quanto previsto dall'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 6 gennaio 1978, n. 58, e dal decreto legislativo 28 dicembre 1989 n. 430.
Art. 43
Rappresentatività sindacale ai fini della contrattazione collettiva (Art. 47-bis del decreto legislativo n. 29 del 1993, aggiunto dall'art. 7 del decreto legislativo n. 396 del 1997, modificato dall'art. 44, comma 4, del decreto legislativo n. 80 del 1998; Art. 44, comma 7, del decreto legislativo n. 80 del 1998, come modificato dall'art. 22, comma 4, del decreto legislativo n. 387 del 1998)

1. L'ARAN ammette alla contrattazione collettiva nazionale le organizzazioni sindacali che abbiano nel comparto o nell'area una rappresentatività non inferiore al 5 per cento, considerando a tal fine la media tra il dato associativo e il dato elettorale. Il dato associativo è espresso dalla percentuale delle deleghe per il versamento dei contributi sindacali rispetto al totale delle deleghe rilasciate nell'ambito considerato. Il dato elettorale è espresso dalla percentuale dei voti ottenuti nelle elezioni delle rappresentanze unitarie del personale, rispetto al totale dei voti espressi nell'ambito considerato.
2. Alla contrattazione collettiva nazionale per il relativo comparto o area partecipano altresì le confederazioni alle quali le organizzazioni sindacali ammesse alla contrattazione collettiva ai sensi del comma 1 siano affiliate.
3. L'ARAN sottoscrive i contratti collettivi verificando previamente, sulla base della rappresentatività accertata per l'ammissione alle trattative ai sensi del comma 1, che le organizzazioni sindacali che aderiscono all'ipotesi di accordo rappresentino nel loro complesso almeno il 51 per cento come media tra dato associativo e dato elettorale nel comparto o nell'area contrattuale, o almeno il 60 per cento del dato elettorale nel medesimo ambito.
4. L'ARAN ammette alla contrattazione collettiva per la stipulazione degli accordi o contratti collettivi che definiscono o modificano i compatti o le aree o che regolano istituti comuni a tutte le pubbliche amministrazioni o riguardanti più comparti, le confederazioni sindacali alle quali, in almeno due comparti o due aree contrattuali; siano affiliate organizzazioni sindacali rappresentative ai sensi del comma 1.
5. I soggetti e le procedure della contrattazione collettiva integrativa sono disciplinati, in conformità all'articolo 40, comma 3, dai contratti collettivi nazionali, fermo restando quanto previsto dall'articolo 42, comma 7, per gli organismi di rappresentanza unitaria del personale.
6. Agli effetti dell'accordo tra l'ARAN e le confederazioni sindacali rappresentative, previsto dall'articolo 50, comma 1, e dei contratti collettivi che regolano la materia, le confederazioni e le organizzazioni sindacali ammesse alla contrattazione collettiva nazionale ai sensi dei commi precedenti, hanno titolo ai permessi, aspettative e distacchi sindacali, in quota proporzionale alla loro rappresentatività ai sensi del comma 1, tenendo conto anche della diffusione territoriale e della consistenza delle strutture organizzative nel comparto o nell'area.
7. La raccolta dei dati sui voti e sulle deleghe è assicurata dall'ARAN. I dati relativi alle deleghe rilasciate a ciascuna amministrazione nell'anno considerato sono rilevati e trasmessi all'ARAN non oltre il 31 marzo dell'anno successivo dalle pubbliche amministrazioni, controfirmati da un rappresentante dell'organizzazione sindacale interessata, con modalità che garantiscano la riservatezza delle informazioni. Le pubbliche amministrazioni hanno l'obbligo di indicare il funzionario responsabile della rilevazione e della trasmissione dei dati. Per il controllo sulle procedure elettorali e per la raccolta dei dati relativi alle deleghe l'ARAN si avvale, sulla base di apposite convenzioni, della collaborazione del Dipartimento della funzione pubblica, del Ministero del lavoro, delle istanze rappresentative o associative delle pubbliche amministrazioni.
8. Per garantire modalità di rilevazione certe ed obiettive, per la certificazione dei dati e per la risoluzione delle eventuali controversie è istituito presso l'ARAN un comitato paritetico, che può essere articolato per comparti, al quale partecipano le organizzazioni sindacali ammesse alla contrattazione collettiva nazionale.
9. Il comitato procede alla verifica dei dati relativi ai voti ed alle deleghe. Può deliberare che non siano prese in considerazione, ai fini della misurazione del dato associativo, le deleghe a favore di organizzazioni sindacali che richiedano ai lavoratori un contributo economico inferiore di più della metà rispetto a quello mediamente richiesto dalle organizzazioni sindacali del comparto o dell'area.
10. Il comitato delibera sulle contestazioni relative alla rilevazione dei voti e delle deleghe. Qualora vi sia dissenso, e in ogni caso quando la contestazione sia avanzata da un soggetto sindacale non rappresentato nel comitato, la deliberazione è adottata su conforme parere del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro - CNEL, che lo emana entro quindici giorni dalla richiesta. La richiesta di parere è trasmessa dal comitato al Ministro per la funzione pubblica, che provvede a presentarla al CNEL entro cinque giorni dalla ricezione.
11. Ai fini delle deliberazioni, l'ARAN e le organizzazioni sindacali rappresentate nel comitato votano separatamente e il voto delle seconde è espresso dalla maggioranza dei rappresentanti presenti.
12. A tutte le organizzazioni sindacali vengono garantite adeguate forme di informazione e di accesso ai dati, nel rispetto della legislazione sulla riservatezza delle informazioni di cui alla legge 31 dicembre 1996, n. 675, e successive disposizioni correttive ed integrative.
13. Ai sindacati delle minoranze linguistiche della Provincia di Bolzano e delle regioni Valle D'Aosta e Friuli Venezia-Giulia, riconosciuti rappresentativi agli effetti di speciali disposizioni di legge regionale e provinciale o di attuazione degli Statuti, spettano, eventualmente anche con forme di rappresentanza in comune, i medesimi diritti, poteri e prerogative, previsti per le organizzazioni sindacali considerate rappresentative in base al presente decreto. Per le organizzazioni sindacali che organizzano anche lavoratori delle minoranze linguistiche della provincia di Bolzano e della regione della Val d'Aosta, i criteri per la determinazione della rappresentatività si riferiscono esclusivamente ai rispettivi ambiti territoriali e ai dipendenti ivi impiegati.
Art. 44
Nuove forme di partecipazione alla organizzazione del lavoro (Art. 48 del decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 16 del decreto legislativo n. 470 del 1993)

1. In attuazione dell'articolo 2, comma 1, lettera a), della legge 23 ottobre 1992, n. 421, la contrattazione collettiva nazionale definisce nuove forme di partecipazione delle rappresentanze del personale ai fini dell'organizzazione del lavoro nelle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2. Sono abrogate le norme che prevedono ogni forma di rappresentanza, anche elettiva, del personale nei consigli di amministrazione delle predette amministrazioni pubbliche, nonché nelle commissioni di concorso. La contrattazione collettiva nazionale indicherà forme e procedure di partecipazione che sostituiranno commissioni del personale e organismi di gestione, comunque denominati.
Art. 45
Trattamento economico (Art. 49 del decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 23 del decreto legislativo n. 546 del 1993)

1. Il trattamento economico fondamentale ed accessorio è definito dai contratti collettivi.
2. Le amministrazioni pubbliche garantiscono ai propri dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, parità di trattamento contrattuale e comunque trattamenti non inferiori a quelli previsti dai rispettivi contratti collettivi.
3. I contratti collettivi definiscono, secondo criteri obiettivi di misurazione, trattamenti economici accessori collegati:
a) alla produttività individuale;
b) alla produttività collettiva tenendo conto dell'apporto di ciascun dipendente;
c) all'effettivo svolgimento di attività particolarmente disagiate obiettivamente ovvero pericolose o dannose per la salute. Compete ai dirigenti la valutazione dell'apporto partecipativo di ciascun dipendente, nell'ambito di criteri obiettivi definiti dalla contrattazione collettiva.
4. I dirigenti sono responsabili dell'attribuzione dei trattamenti economici accessori.
5. Le funzioni ed i relativi trattamenti economici accessori del personale non diplomatico del Ministero degli affari esteri, per i servizi che si prestano all'estero presso le rappresentanze diplomatiche, gli uffici consolari e le istituzioni culturali e scolastiche, sono disciplinati, limitatamente al periodo di servizio ivi prestato, dalle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché dalle altre pertinenti normative di settore del Ministero degli affari esteri.
Art. 46
Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (Art. 50, commi da 1 a 12 e 16, del decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituiti prima dall'art. 17 del decreto legislativo n. 470 del 1993 e poi dall'art. 2 del decreto legislativo n. 396 del 1997)

1. Le pubbliche amministrazioni sono legalmente rappresentate dall'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni - ARAN, agli effetti della contrattazione collettiva nazionale. L'ARAN esercita a livello nazionale, in base agli indirizzi ricevuti ai sensi degli articoli 41 e 47, ogni attività relativa alle relazioni sindacali, alla negoziazione dei contratti collettivi e alla assistenza delle pubbliche amministrazioni ai fini dell'uniforme applicazione dei contratti collettivi. Sottopone alla valutazione della commissione di garanzia dell'attuazione della legge 12 giugno 1990, n. 146, e successive modificazioni e integrazioni, gli accordi nazionali sulle prestazioni indispensabili ai sensi dell'articolo 2 della legge citata.
2. Le pubbliche amministrazioni possono avvalersi dell'assistenza dell'ARAN ai fini della contrattazione integrativa. Sulla base di apposite intese, l'assistenza può essere assicurata anche collettivamente ad amministrazioni dello stesso tipo o ubicate nello stesso ambito territoriale. Su richiesta dei comitati di settore, in relazione all'articolazione della contrattazione collettiva integrativa nel comparto ed alle specifiche esigenze delle pubbliche amministrazioni interessate, possono essere costituite, anche per periodi determinati, delegazioni dell'ARAN su base regionale o pluriregionale.
3. L'ARAN cura le attività di studio, monitoraggio e documentazione necessario all'esercizio della contrattazione collettiva. Predispone a cadenza trimestrale, ed invia al Governo, ai comitati di settore e alle commissioni parlamentari competenti, un rapporto sull'evoluzione delle retribuzioni di fatto dei pubblici dipendenti. A tal fine l'ARAN si avvale della collaborazione dell'ISTAT per l'acquisizione di informazioni statistiche e per la formulazione di modelli statistici di rilevazione, ed ha accesso ai dati raccolti dal Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica in sede di predisposizione del bilancio dello Stato, del conto annuale del personale e del monitoraggio dei flussi di cassa e relativi agli aspetti riguardanti il costo del lavoro pubblico.
4. Per il monitoraggio sull'applicazione dei contratti collettivi nazionali e sulla contrattazione collettiva integrativa, viene istituito presso l'ARAN un apposito osservatorio a composizione paritetica. I suoi componenti sono designati dall'ARAN, dai comitati di settore e dalle organizzazioni sindacali firmatarie dei contratti collettivi nazionali.
5. Le pubbliche amministrazioni sono tenute a trasmettere all'ARAN, entro cinque giorni dalla sottoscrizione, il testo contrattuale e la indicazione delle modalità di copertura dei relativi oneri con riferimento agli strumenti annuali e pluriennali di bilancio.
6. Il comitato direttivo dell'ARAN è costituito da cinque componenti ed è nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, designa tre dei componenti, tra i quali, sentita la Conferenza unificata Stato-regioni e Stato-città, il presidente. Degli altri componenti, uno è designato dalla Conferenza dei Presidenti delle regioni e l'altro dall'ANCI e dall'UPI.
7. I componenti sono scelti tra esperti di riconosciuta competenza in materia di relazioni sindacali e di gestione del personale, anche estranei alla pubblica amministrazione, ai sensi dell'articolo 31 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni ed integrazioni, e del decreto legislativo 29 luglio 1999, n. 303. Il comitato dura in carica quattro anni e i suoi componenti possono essere riconfermati. Il comitato delibera a maggioranza dei componenti. Non possono far parte del comitato persone che rivestano incarichi pubblici elettivi o cariche in partiti politici o in organizzazioni sindacali ovvero che ricoprano rapporti continuativi di collaborazione o di consulenza con le predette organizzazioni.
8. Per la sua attività, l'ARAN si avvale:
a) delle risorse derivanti da contributi posti a carico delle singole amministrazioni dei vari comparti, corrisposti in misura fissa per dipendente in servizio. La misura annua del contributo individuale è concordata tra l'ARAN e l'organismo di coordinamento di cui all'articolo 41, comma 6. ed è riferita a ciascun biennio contrattuale;
b) di quote per l'assistenza alla contrattazione integrativa e per le altre prestazioni eventualmente richieste, poste a carico dei soggetti che se ne avvalgano.
9. La riscossione dei contributi di cui al comma 8 è effettuata:
a) per le amministrazioni dello Stato direttamente attraverso la previsione dì spesa complessiva da iscrivere nell'apposito capitolo dello stato di previsione di spesa della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
b) per le amministrazioni diverse dallo Stato, mediante un sistema di trasferimenti da definirsi tramite decreti del Ministro per la funzione pubblica di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e, a seconda del comparto, dei Ministri competenti, nonché, per gli aspetti di interesse regionale e locale, previa intesa espressa dalla Conferenza unificata Stato-regioni e Stato-città.
10. L'ARAN ha personalità giuridica di diritto pubblico. Ha autonomia organizzativa e contabile nei limiti del proprio bilancio. Affluiscono direttamente al bilancio dell'ARAN i contributi di cui al comma 8. L'ARAN definisce con propri regolamenti le norme concernenti l'organizzazione interna, il funzionamento e la gestione finanziaria. I regolamenti sono soggetti al controllo del Dipartimento della funzione pubblica da esercitarsi entro quindici giorni dal ricevimento degli stessi. La gestione finanziaria è soggetta al controllo consuntivo della Corte dei conti.
11. Il ruolo del personale dipendente dell'ARAN è costituito da cinquanta unità, ripartite tra il personale dei livelli e delle qualifiche dirigenziali in base ai regolamenti di cui al comma 10. Alla copertura dei relativi posti si provvede nell'ambito delle disponibilità di bilancio tramite concorsi pubblici, ovvero mediante assunzioni con contratto di lavoro a tempo determinato, regolati dalle norme di diritto privato.
12. L'ARAN può altresì avvalersi di un contingente di venticinque unità di personale anche di qualifica dirigenziale proveniente dalle pubbliche amministrazioni rappresentate, in posizione di comando o collocati fuori ruolo. I dipendenti comandati o collocati fuori ruolo conservano lo stato giuridico ed il trattamento economico delle amministrazioni di provenienza. Ad essi sono attribuite dall'ARAN, secondo le disposizioni contrattuali vigenti, le voci retributive accessorie, ivi compresa la produttività per il personale non dirigente e per i dirigenti la retribuzione di posizione e di risultato. Il collocamento in posizione di comando o di fuori ruolo è disposto secondo le disposizioni vigenti nonché ai sensi dell'articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127. L'ARAN può utilizzare, sulla base di apposite intese, anche personale direttamente messo a disposizione dalle amministrazioni e dagli enti rappresentati, con oneri a carico di questi. Nei limiti di bilancio, l'ARAN può avvalersi di esperti e collaboratori esterni con modalità di rapporto stabilite con i regolamenti adottati ai sensi del comma 10.
13. Le regioni a statuto speciale e le province autonome possono avvalersi, per la contrattazione collettiva di loro competenza, di agenzie tecniche istituite con legge regionale o provinciale ovvero dell'assistenza dell'ARAN ai sensi del comma 2.
Art. 47
Procedimento di contrattazione collettiva (Art. 51 del decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 18 del decreto legislativo n. 470 del 1993 e poi dall'art. 4 del decreto legislativo n. 396 del 1997 e successivamente modificato dall'art. 14, comma 1, del decreto legislativo n. 387 del 1998; Art. 44, comma 6, del decreto legislativo n. 80 del 1998)

1. Gli indirizzi per la contrattazione collettiva nazionale sono deliberati dai comitati di settore prima di ogni rinnovo contrattuale e negli altri casi in cui è richiesta una attività negoziale dell'ARAN. Gli atti di indirizzo delle amministrazioni diverse dallo Stato sono sottoposti al Governo che, non oltre dieci giorni, può esprimere le sue valutazioni per quanto attiene agli aspetti riguardanti la compatibilità con le linee di politica economica e finanziaria nazionale.
2. L'ARAN informa costantemente i comitati di settore e il Governo sullo svolgimento delle trattative.
3. Raggiunta l'ipotesi di accordo, l'ARAN acquisisce il parere favorevole del comitato di settore sul testo contrattuale e sugli oneri finanziari diretti e indiretti che ne conseguono a carico dei bilanci delle amministrazioni interessate. Il comitato di settore esprime, con gli effetti di cui all'articolo 41, comma 1, il proprio parere entro cinque giorni dalla comunicazione dell'ARAN. Per le amministrazioni di cui all'articolo 41, comma 2, il parere è espresso dal Presidente del Consiglio dei Ministri, tramite il Ministro per la funzione pubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. Per le amministrazioni di cui all'articolo 41, comma 3, l'esame delle ipotesi di accordo è effettuato dal competente comitato di settore e dal Presidente del Consiglio dei Ministri, che si esprime attraverso il Ministro per la funzione pubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. In caso di divergenza nella valutazione degli oneri e ove il comitato di settore disponga comunque per l'ulteriore corso dell'accordo, resta in ogni caso escluso qualsiasi concorso dello Stato alla copertura delle spese derivanti dalle disposizioni sulle quali il Governo ha formulato osservazioni.
4. Acquisito il parere favorevole sull'ipotesi di accordo, il giorno successivo l'ARAN trasmette la quantificazione dei costi contrattuali alla Corte dei conti ai fini della certificazione di compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio di cui all'articolo 1-bis della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni. La Corte dei conti certifica l'attendibilità dei costi quantificati e la loro compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio, e può acquisire a tal fine elementi istruttori e valutazioni da tre esperti designati dal Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. La designazione degli esperti, per la certificazione dei contratti collettivi delle amministrazioni delle regioni e degli enti locali, avviene previa intesa con la Conferenza Stato-regioni e con la Conferenza Stato-città. Gli esperti sono nominati prima che l'ipotesi di accordo sia trasmessa alla Corte dei conti.
5. La Corte dei conti delibera entro quindici giorni dalla trasmissione della quantificazione dei costi contrattuali, decorsi i quali la certificazione si intende effettuata positivamente. L'esito della certificazione viene comunicato dalla Corte all'ARAN. al comitato di settore e al Governo. Se la certificazione è positiva, il Presidente dell'ARAN sottoscrive definitivamente il contratto collettivo.
6. Se la certificazione della Corte dei conti non è positiva, l'ARAN, sentito il comitato di settore o il Presidente del Consiglio dei Ministri, assume le iniziative necessarie per adeguare la quantificazione dei costi contrattuali ai fini della certificazione, ovvero, qualora non lo ritenga possibile, convoca le organizzazioni sindacali ai fini della riapertura delle trattative. Le iniziative assunte dall'ARAN in seguito alla valutazione espressa dalla Corte dei conti sono comunicate, in ogni caso, al Governo ed alla Corte dei conti, la quale riferisce al Parlamento sulla definitiva quantificazione dei costi contrattuali, sulla loro copertura finanziaria e sulla loro compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio.
7. La procedura di certificazione dei contratti collettivi deve concludersi entro quaranta giorni dalla sottoscrizione dell'ipotesi di accordo, decorsi i quali i contratti sono efficaci, fermo restando che, ai fini dell'esame dell'ipotesi di accordo da parte del Consiglio dei Ministri, il predetto termine può essere sospeso una sola volta e per non più di quindici giorni, per motivate esigenze istruttorie dei comitati di settore o del Presidente del Consiglio dei Ministri. L'ARAN provvede a fornire i chiarimenti richiesti entro i successivi sette giorni. La deliberazione del Consiglio dei Ministri deve comunque essere adottata entro otto giorni dalla ricezione dei chiarimenti richiesti, o dalla scadenza del termine assegnato all'ARAN, fatta salva l'autonomia negoziale delle parti in ordine ad un'eventuale modifica delle clausole contrattuali. In ogni caso i contratti divengono efficaci trascorso il cinquantacinquesimo giorno dalla sottoscrizione dell'ipotesi di accordo, che è trasmesso dall'ARAN, corredato della prescritta relazione tecnica, al comitato di settore entro tre giorni dalla predetta sottoscrizione. Resta escluso comunque dall'applicazione del presente articolo ogni onere aggiuntivo a carico del bilancio dello Stato anche nell'ipotesi in cui i comitati di settore delle amministrazioni di cui all'articolo 41, comma 3, non si esprimano entro il termine di cui al comma 3 del presente articolo.
8. I contratti e accordi collettivi nazionali di cui all'articolo 40, commi 2 e 3, sono pubblicati nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana.
Art. 48
Disponibilità destinate alla contrattazione collettiva nelle amministrazioni pubbliche e verifica (Art. 52 del decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituto prima dall'art. 19 del decreto legislativo n. 470 del 1993 e poi dall'art. 5 del decreto legislativo n. 396 del 1997 e successivamente modificato dall'art. 14, commi da 2 a 4, del decreto legislativo n. 387 del 1998)

1. Il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, quantifica, in coerenza con i parametri previsti dagli strumenti di programmazione e di bilancio di cui all'articolo 1-bis della legge 5 agosto 1978, n. 468 e successive modificazioni e integrazioni. l'onere derivante dalla contrattazione collettiva nazionale a carico del bilancio dello Stato con apposita norma da inserire nella legge finanziaria ai sensi dell'articolo 11 della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni. Allo stesso modo sono determinati gli eventuali oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato per la contrattazione integrativa delle amministrazioni dello Stato di cui all'articolo 40, comma 3.
2. Per le altre pubbliche amministrazioni gli oneri derivanti dalla contrattazione collettiva nazionale sono determinati a carico dei rispettivi bilanci in coerenza con i medesimi parametri di cui al comma 1.
3. I contratti collettivi sono corredati da prospetti contenenti la quantificazione degli oneri nonché l'indicazione della copertura complessiva per l'intero periodo di validità contrattuale, prevedendo con apposite clausole la possibilità di prorogare l'efficacia temporale del contratto ovvero di sospenderne l'esecuzione parziale o totale in caso dì accertata esorbitanza dai limiti di spesa.
4. La spesa posta a carico del bilancio dello Stato è iscritta in apposito fondo dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica in ragione dell'ammontare complessivo. In esito alla sottoscrizione dei singoli contratti di comparto, il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato a ripartire, con propri decreti, le somme destinate a ciascun compatto mediante assegnazione diretta a favore dei competenti capitoli di bilancio, anche di nuova istituzione, per il personale dell'amministrazione statale, ovvero mediante trasferimento ai bilanci delle amministrazioni autonome e degli enti in favore dei quali sia previsto l'apporto finanziario dello Stato a copertura dei relativi oneri. Per le amministrazioni diverse dalle amministrazioni dello Stato e per gli altri enti cui si applica il presente decreto, l'autorizzazione di spesa relativa al rinnovo dei contratti collettivi è disposta nelle stesse forme con cui vengono approvati i bilanci, con distinta indicazione dei mezzi di copertura.
5. Le somme provenienti dai trasferimenti di cui al comma 4 devono trovare specifica allocazione nelle entrate dei bilanci delle amministrazioni ed enti beneficiari, per essere assegnate ai pertinenti capitoli di spesa dei medesimi bilanci. I relativi stanziamenti sia in entrata che in uscita non possono essere incrementati se non con apposita autorizzazione legislativa.
6. Il controllo sulla compatibilità dei costi della contrattazione collettiva integrativa con i vincoli di bilancio ai sensi dell'articolo 40, comma 3, è effettuato dal collegio dei revisori dei conti ovvero, laddove tale organo non sia previsto, dai nuclei di valutazione o dai servizi di controllo interno ai sensi del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286.
7. Ferme restando le disposizioni di cui al titolo V del presente decreto, la Corte dei conti, anche nelle sue articolazioni regionali di controllo, verifica periodicamente gli andamenti della spesa per il personale delle pubbliche amministrazioni, utilizzando, per ciascun comparto, insiemi significativi di amministrazioni. A tal fine, la Corte dei conti può avvalersi, oltre che dei servizi di controllo interno o nuclei di valutazione, di esperti designati a sua richiesta da amministrazioni ed enti pubblici.
Art. 49
Interpretazione autentica dei contratti collettivi (Art. 53 del decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 24 del decreto legislativo n. 546 del 1993 e successivamente modificato dall'art. 43, comma 1, del decreto legislativo n. 80 del 1998)

1. Quando insorgano controversie sull'interpretazione dei contratti collettivi, le parti che li hanno sottoscritti si incontrano per definire consensualmente il significato della clausola controversa. L'eventuale accordo, stipulato con le procedure di cui all'articolo 47, sostituisce la clausola in questione sin dall'inizio della vigenza del contratto.
Art. 50
Aspettative e permessi sindacali (Art. 54, commi da 1 a 3 e 5, del decreto legislativo n. 29 del 1993, come modificati prima dall'art. 20 del decreto legislativo n. 470 del 1993 poi dall'art. 2 del decreto legge n. 254 del 1996, convertito con modificazioni dalla legge n. 365 del 1996, e, infine, dall'art. 44, comma 5, del decreto legislativo n. 80 del 1998)

1. Al fine del contenimento, della trasparenza e della razionalizzazione delle aspettative e dei permessi sindacali nel settore pubblico, la contrattazione collettiva ne determina i limiti massimi in un apposito accordo, tra l'ARAN e le confederazioni sindacali rappresentative ai sensi dell'articolo 43.
2. La gestione dell'accordo di cui al comma 1, ivi comprese le modalità di utilizzo e distribuzione delle aspettative e dei permessi sindacali tra le confederazioni e le organizzazioni sindacali aventi titolo sulla base della loro rappresentatività e con riferimento a ciascun comparto e area separata di contrattazione, è demandata alla contrattazione collettiva, garantendo a decorrere dal 1 agosto 1996 in ogni caso l'applicazione della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni ed integrazioni. Per la provincia autonoma di Bolzano si terrà conto di quanto previsto dall'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 6 gennaio 1978, n. 58.
3. Le amministrazioni pubbliche sono tenute a fornire alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica - il numero complessivo ed i nominativi dei beneficiari dei permessi sindacali.
4. Oltre ai dati relativi ai permessi sindacali, le pubbliche amministrazioni sono tenute a fornire alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica gli elenchi nominativi, suddivisi per qualifica, del personale dipendente collocato in aspettativa, in quanto chiamato a ricoprire una funzione pubblica elettiva, ovvero per motivi sindacali. I dati riepilogativi dei predetti elenchi sono pubblicati in allegato alla relazione annuale da presentare al Parlamento ai sensi dell'articolo 16 della legge 29 marzo 1983, n. 93.
Titolo IV RAPPORTO Dl LAVORO
Art. 51
Disciplina del rapporto di lavoro (Art. 55 del decreto legislativo n. 29 del 1993)

1. Il rapporto di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche è disciplinato secondo le disposizioni degli articoli 2, commi 2 e 3, e 3, comma 1.
2. La legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni ed integrazioni, si applica alle pubbliche amministrazioni a prescindere dal numero dei dipendenti.
Art. 52
Disciplina delle mansioni (Art. 56 del decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 25 del decreto legislativo n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall'art. 15 del decreto legislativo n. 387 del 1998)

1. Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell'ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi, ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive. L'esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell'inquadramento del lavoratore o dell'assegnazione di incarichi di direzione.
2. Per obiettive esigenze di servizio il prestatore di lavoro può essere adibito a mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore:
a) nel caso di vacanza di posto in organico. per non più di sei mesi, prorogabili fino a dodici qualora siano state avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti come previsto al comma 4;
b) nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, con esclusione dell'assenza per ferie, per la durata dell'assenza.
3. Si considera svolgimento di mansioni superiori, ai fini del presente articolo, soltanto l'attribuzione in modo prevalente, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di dette mansioni.
4. Nei casi di cui al comma 2, per il periodo di effettiva prestazione, il lavoratore ha diritto al trattamento previsto per la qualifica superiore. Qualora l'utilizzazione del dipendente sia disposta per sopperire a vacanze dei posti in organico, immediatamente, e comunque nel termine massimo di novanta giorni dalla data in cui il dipendente è assegnato alle predette mansioni, devono essere avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti.
5. Al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, è nulla l'assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore, ma al lavoratore è corrisposta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore. Il dirigente che ha disposto l'assegnazione risponde personalmente del maggior onere conseguente, se ha agito con dolo o colpa grave.
6. Le disposizioni del presente articolo si applicano in sede di attuazione della nuova disciplina degli ordinamenti professionali prevista dai contratti collettivi e con la decorrenza da questi stabilita. I medesimi contratti collettivi possono regolare diversamente gli effetti di cui ai commi 2, 3 e 4. Fino a tale data, in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza, può comportare il diritto ad avanzamenti automatici nell'inquadramento professionale del lavoratore.
Art. 53
Incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi (Art. 58 del decreto legislativo n. 29 del 1993, come modificato prima dall'art. 2 del decreto legge n. 358 del 1993, convertito dalla legge n. 448 del 1993, poi dall'art. 1 del decreto legge n. 361 del 1995, convertito con modificazioni dalla legge n. 437 del 1995, e, infine, dall'art. 26 del decreto legislativo n. 80 del 1998 nonché dall'art. 16 del decreto legislativo n. 387 del 1998)

1. Resta ferma per tutti i dipendenti pubblici la disciplina delle incompatibilità dettata dagli articoli 60 e seguenti del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, salva la deroga prevista dall'articolo 23-bis del presente decreto, nonché, per i rapporti di lavoro a tempo parziale, dall'articolo 6, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 17 marzo 1989, n. 117 e dall'articolo 1, commi 57 e seguenti della legge 23 dicembre 1996, n. 662. Restano ferme altresì le disposizioni di cui agli articoli 267, comma 1, 273, 274, 508 nonché 676 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, all'articolo 9, commi 1 e 2, della legge 23 dicembre 1992, n. 498, all'articolo 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, ed ogni altra successiva modificazione ed integrazione della relativa disciplina.
2. Le pubbliche amministrazioni non possono conferire ai dipendenti incarichi, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, che non siano espressamente previsti o disciplinati da legge o altre fonti normative, o che non siano espressamente autorizzati.
3. Ai fini previsti dal comma 2, con appositi regolamenti, da emanarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono individuati gli incarichi consentiti e quelli vietati ai magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, nonché agli avvocati e procuratori dello Stato, sentiti, per le diverse magistrature, i rispettivi istituti.
4. Nel caso in cui i regolamenti di cui al comma 3 non siano emanati, l'attribuzione degli incarichi è consentita nei soli casi espressamente previsti dalla legge o da altre fonti normative.
5. In ogni caso, il conferimento operato direttamente dall'amministrazione, nonché l'autorizzazione all'esercizio di incarichi che provengano da amministrazione pubblica diversa da quella di appartenenza, ovvero da società o persone fisiche, che svolgano attività d'impresa o commerciale, sono disposti dai rispettivi organi competenti secondo criteri oggettivi e predeterminati, che tengano conto della specifica professionalità, tali da escludere casi di incompatibilità, sia di diritto che di fatto, nell'interesse del buon andamento della pubblica amministrazione.
6. I commi da 7 a 13 del presente articolo si applicano ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, compresi quelli di cui all'articolo 3, con esclusione dei dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa non superiore al cinquanta per cento di quella a tempo pieno, dei docenti universitari a tempo definito e delle altre categorie di dipendenti pubblici ai quali è consentito da disposizioni speciali lo svolgimento di attività libero-professionali. Gli incarichi retribuiti, di cui ai commi seguenti, sono tutti gli incarichi, anche occasionali, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, per i quali è previsto, sotto qualsiasi forma, un compenso. Sono esclusi i compensi derivanti:
a) dalla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili;
b) dalla utilizzazione economica da parte dell'autore o inventore di opere dell'ingegno e di invenzioni industriali;
c) dalla partecipazione a convegni e seminari;
d) da incarichi per i quali è corrisposto solo il rimborso delle spese documentate;
e) da incarichi per lo svolgimento dei quali il dipendente è posto in posizione di aspettativa, di comando o di fuori ruolo;
f) da incarichi conferiti dalle organizzazioni sindacali a dipendenti presso le stesse distaccati o in aspettativa non retribuita.
f-bis) da attività di formazione diretta ai dipendenti della pubblica amministrazione
7. I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall'amministrazione di appartenenza. Con riferimento ai professori universitari a tempo pieno, gli statuti o i regolamenti degli atenei disciplinano i criteri e le procedure per il rilascio dell'autorizzazione nei casi previsti dal presente decreto. In caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell'erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell'entrata del bilancio dell'amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti.
8. Le pubbliche amministrazioni non possono conferire incarichi retribuiti a dipendenti di altre amministrazioni pubbliche senza la previa autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi. Salve le più gravi sanzioni, il conferimento dei predetti incarichi, senza la previa autorizzazione, costituisce in ogni caso infrazione disciplinare per il funzionario responsabile del procedimento; il relativo provvedimento è nullo di diritto. In tal caso l'importo previsto come corrispettivo dell'incarico, ove gravi su fondi in disponibilità dell'amministrazione conferente, è trasferito all'amministrazione di appartenenza del dipendente ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti.
9. Gli enti pubblici economici e i soggetti privati non possono conferire incarichi retribuiti a dipendenti pubblici senza la previa autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi. In caso di inosservanza si applica la disposizione dell'articolo 6, comma 1, del decreto legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, e successive modificazioni ed integrazioni. All'accertamento delle violazioni e all'irrogazione delle sanzioni provvede il Ministero delle finanze, avvalendosi della Guardia di finanza, secondo le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni ed integrazioni. Le somme riscosse sono acquisite alle entrate del Ministero delle finanze.
10. L'autorizzazione, di cui ai commi precedenti, deve essere richiesta all'amministrazione di appartenenza del dipendente dai soggetti pubblici o privati, che intendono conferire l'incarico; può, altresì, essere richiesta dal dipendente interessato. L'amministrazione di appartenenza deve pronunciarsi sulla richiesta di autorizzazione entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta stessa. Per il personale che presta comunque servizio presso amministrazioni pubbliche diverse da quelle di appartenenza, l'autorizzazione è subordinata all'intesa tra le due amministrazioni. In tal caso il termine per provvedere è per l'amministrazione di appartenenza di 45 giorni e sì prescinde dall'intesa se l'amministrazione presso la quale il dipendente presta servizio non si pronunzia entro 10 giorni dalla ricezione della richiesta di intesa da parte dell'amministrazione di appartenenza. Decorso il termine per provvedere, l'autorizzazione, se richiesta per incarichi da conferirsi da amministrazioni pubbliche, si intende accordata; in ogni altro caso, si intende definitivamente negata.
11.  Entro il 30 aprile di ciascun anno, i soggetti pubblici o privati che erogano compensi a dipendenti pubblici per gli incarichi di cui al comma 6 sono tenuti a dare comunicazione all'amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi dei compensi erogati nell'anno precedente.
12.  Entro il 30 giugno di ciascun anno, le amministrazioni pubbliche che conferiscono o autorizzano incarichi retribuiti ai propri dipendenti sono tenute a comunicare, in via telematica o su apposito supporto magnetico, al Dipartimento della funzione pubblica l'elenco degli incarichi conferiti o autorizzati ai dipendenti stessi nell'anno precedente, con l'indicazione dell'oggetto dell'incarico e del compenso lordo previsto o presunto. L'elenco è accompagnato da una relazione nella quale sono indicate le norme in applicazione delle quali gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati, le ragioni del conferimento o dell'autorizzazione, i criteri di scelta dei dipendenti cui gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati e la rispondenza dei medesimi ai principi di buon andamento dell'amministrazione, nonché le misure che si intendono adottare per il contenimento della spesa. Nello stesso termine e con le stesse modalità le amministrazioni che, nell'anno precedente, non hanno conferito o autorizzato incarichi ai propri dipendenti, anche se comandati o fuori ruolo, dichiarano di non aver conferito o autorizzato incarichi.
13.  Entro lo stesso termine di cui al comma 12 le amministrazioni di appartenenza sono tenute a comunicare al Dipartimento della funzione pubblica, in via telematica o su apposito supporto magnetico, per ciascuno dei propri dipendenti e distintamente per ogni incarico conferito o autorizzato, i compensi, relativi all'anno precedente, da esse erogati o della cui erogazione abbiano avuto comunicazione dai soggetti di cui al comma 11.
14.  Al fine della verifica dell'applicazione delle norme di cui all'articolo 1, commi 123 e 127, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni e integrazioni, le amministrazioni pubbliche sono tenute a comunicare al Dipartimento della funzione pubblica, in via telematica o su supporto magnetico, entro il 30 giugno di ciascun anno, i compensi percepiti dai propri dipendenti anche per incarichi relativi a compiti e doveri d'ufficio; sono, altresì, tenute a comunicare semestralmente l'elenco dei collaboratori esterni e dei soggetti cui sono stati affidati incarichi di consulenza, con l'indicazione della ragione dell'incarico e dell'ammontare dei compensi corrisposti. Le amministrazioni rendono noti, mediante inserimento nelle proprie banche dati accessibili al pubblico per via telematica, gli elenchi dei propri consulenti indicando l'oggetto, la durata e il compenso dell'incarico.
15.  Le amministrazioni che omettono gli adempimenti di cui ai commi da 11 a 14 non possono conferire nuovi incarichi fino a quando non adempiono. I soggetti di cui al comma 9 che omettono le comunicazioni di cui al comma 11 incorrono nella sanzione di cui allo stesso comma 9.
16.  Il Dipartimento della funzione pubblica, entro il 31 dicembre di ciascun anno, riferisce al Parlamento sui dati raccolti, adotta le relative misure di pubblicità e trasparenza e formula proposte per il contenimento della spesa per gli incarichi e per la razionalizzazione dei criteri di attribuzione degli incarichi stessi.
Art. 54
Codice di comportamento (Art. 58-bis del decreto legislativo n. 29 del 1993, aggiunto dall'art. 26 del decreto legislativo n. 546 del 1993 e successivamente sostituito dall'art. 27 del decreto legislativo n. 80 del 1998)

1. Il Dipartimento della funzione pubblica, sentite le confederazioni sindacali rappresentative ai sensi dell'articolo 43, definisce un codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, anche in relazione alle necessarie misure organizzative da adottare al fine di assicurare la qualità dei servizi che le stesse amministrazioni rendono ai cittadini.
2. Il codice è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale e consegnato al dipendente all'atto dell'assunzione.
3. Le pubbliche amministrazioni formulano all'ARAN indirizzi, ai sensi dell'articolo 41, comma 1 e dell'articolo 70, comma 4, affinché il codice venga recepito nei contratti, in allegato, e perché i suoi principi vengano coordinati con le previsioni contrattuali in materia di responsabilità disciplinare.
4. Per ciascuna magistratura e per l'Avvocatura dello Stato, gli organi delle associazioni di categoria adottano un codice etico che viene sottoposto all'adesione degli appartenenti alla magistratura interessata. In caso di inerzia il codice è adottato dall'organo di autogoverno.
5. L'organo di vertice di ciascuna pubblica amministrazione verifica, sentite le organizzazioni sindacali rappresentative ai sensi dell'articolo 43 e le associazioni di utenti e consumatori, l'applicabilità del codice di cui al comma 1, anche per apportare eventuali integrazioni e specificazioni al fine della pubblicazione e dell'adozione di uno specifico codice di comportamento per ogni singola amministrazione.
6. Sull'applicazione dei codici di cui al presente articolo vigilano i dirigenti responsabili di ciascuna struttura.
7. Le pubbliche amministrazioni organizzano attività di formazione del personale per la conoscenza e la corretta applicazione dei codici di cui al presente articolo.
Art. 55
Sanzioni disciplinari e responsabilità (Art. 59 del decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 27 del decreto legislativo n. 546 del 1993 e successivamente modificato dall'art. 2 del decreto legge n. 361 del 1995, convertito con modificazioni dalla legge n. 437 del 1995, nonché dall'art. 27, comma 2, e dall'art. 45, comma 16 del decreto legislativo n. 80 del 1998)

1. Per i dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, resta ferma la disciplina attualmente vigente in materia di responsabilità civile, amministrativa, penale e contabile per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche.
2.  Ai dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, si applicano l'articolo 2106 del codice civile e l'articolo 7, commi primo, quinto e ottavo, della legge 20 maggio 1970, n. 300.
3. Salvo quanto previsto dagli articoli 21 e 53, comma 1, e ferma restando la definizione dei doveri del dipendente ad opera dei codici di comportamento di cui all'articolo 54, la tipologia delle infrazioni e delle relative sanzioni è definita dai contratti collettivi.
4. Ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento, individua l'ufficio competente per i procedimenti disciplinari. Tale ufficio, su segnalazione del capo della struttura in cui il dipendente lavora, contesta l'addebito al dipendente medesimo, istruisce il procedimento disciplinare e applica la sanzione. Quando le sanzioni da applicare siano rimprovero verbale e censura, il capo della struttura in cui il dipendente lavora provvede direttamente.
5. Ogni provvedimento disciplinare, ad eccezione del rimprovero verbale, deve essere adottato previa tempestiva contestazione scritta dell'addebito al dipendente, che viene sentito a sua difesa con l'eventuale assistenza di un procuratore ovvero di un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato. Trascorsi inutilmente quindici giorni dalla convocazione per la difesa del dipendente, la sanzione viene applicata nei successivi quindici giorni.
6. Con il consenso del dipendente la sanzione applicabile può essere ridotta, ma in tal caso non è più suscettibile di impugnazione.
7. Ove i contratti collettivi non prevedano procedure di conciliazione, entro venti giorni dall'applicazione della sanzione, il dipendente, anche per mezzo di un procuratore o dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato, può impugnarla dinanzi al collegio arbitrale di disciplina dell'amministrazione in cui lavora. Il collegio emette la sua decisione entro novanta giorni dall'impugnazione e l'amministrazione vi si conforma. Durante tale periodo la sanzione resta sospesa.
8. Il collegio arbitrale si compone dì due rappresentanti dell'amministrazione e di due rappresentanti dei dipendenti ed è presieduto da un esterno all'amministrazione, di provata esperienza e indipendenza. Ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento, stabilisce, sentite le organizzazioni sindacali, le modalità per la periodica designazione di dieci rappresentanti dell'amministrazione e dieci rappresentanti dei dipendenti, che, di comune accordo, indicano cinque presidenti. In mancanza di accordo, l'amministrazione richiede la nomina dei presidenti al presidente del tribunale del luogo in cui siede il collegio. Il collegio opera con criteri oggettivi di rotazione dei membri e di assegnazione dei procedimenti disciplinari che ne garantiscono l'imparzialità.
9. Più amministrazioni omogenee o affini possono istituire un unico collegio arbitrale mediante convenzione che ne regoli le modalità di costituzione e di funzionamento nel rispetto dei principi di cui ai precedenti commi.
10. Fino al riordinamento degli organi collegiali della scuola nei confronti del personale ispettivo tecnico, direttivo, docente ed educativo delle scuole di ogni ordine e grado e delle istituzioni educative statali si applicano le norme di cui agli articoli da 502 a 507 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297.
Art. 56
Impugnazione delle sanzioni disciplinari (Art. 59-bis del decreto legislativo n. 29 del 1993, aggiunto dall'art. 28 del decreto legislativo n. 80 del 1998)

1. Se i contratti collettivi nazionali non hanno istituito apposite procedure di conciliazione e arbitrato, le sanzioni disciplinari possono essere impugnate dal lavoratore davanti al collegio di conciliazione dì cui all'articolo 66, con le modalità e con gli effetti di cui all'articolo 7, commi sesto e settimo, della legge 20 maggio 1970, n. 300.
Art. 57
Pari opportunità (Art. 61 del decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 29 del decreto legislativo n. 546 del 1993, successivamente modificato prima dall'art. 43, comma 8, del decreto legislativo n. 80 del 1998 e poi dall'art. 17 del decreto legislativo n. 387 del 1998)

1. Le pubbliche amministrazioni, al fine di garantire pari opportunità tra uomini e donne per l'accesso al lavoro ed il trattamento sul lavoro:
a) riservano alle donne, salva motivata impossibilità, almeno un terzo dei posti di componente delle commissioni di concorso, fermo restando il principio di cui all'articolo 35, comma 3, lettera e);
b) adottano propri atti regolamentari per assicurare pari opportunità fra uomini e donne sul lavoro, conformemente alle direttive impartite dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica;
c) garantiscono la partecipazione delle proprie dipendenti ai corsi di formazione e di aggiornamento professionale in rapporto proporzionale alla loro presenza nelle amministrazioni interessate ai corsi medesimi, adottando modalità organizzative atte a favorirne la partecipazione, consentendo la conciliazione fra vita professionale e vita familiare;
d)  possono finanziare programmi di azioni positive e l'attività dei Comitati pari opportunità nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio.
2. Le pubbliche amministrazioni, secondo le modalità di cui all'articolo 9, adottano tutte le misure per attuare le direttive della Unione europea in materia di pari opportunità, sulla base di quanto disposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica.
Titolo V CONTROLLO DELLA SPESA
Art. 58
Finalità (Art. 63 del decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 30 del decreto legislativo n. 546 del 1993)

1. Al fine di realizzare il più efficace controllo dei bilanci, anche articolati per funzioni e per programmi, e la rilevazione dei costi, con particolare riferimento al costo del lavoro, il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, d'intesa con la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, provvede alla acquisizione delle informazioni sui flussi finanziari relativi a tutte le amministrazioni pubbliche.
2. Per le finalità di cui al comma 1, tutte le amministrazioni pubbliche impiegano strumenti di rilevazione e sistemi informatici e statistici definiti o valutati dall'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione di cui al decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, e successive modificazioni ed integrazioni, sulla base delle indicazioni definite dal Ministero del tesoro, d'intesa con la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica.
3. Per l'immediata attivazione del sistema di controllo della spesa del personale di cui al comma 1, il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica d'intesa con la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, avvia un processo di integrazione dei sistemi informativi delle amministrazioni pubbliche che rilevano i trattamenti economici e le spese del personale, facilitando la razionalizzazione delle modalità di pagamento delle retribuzioni. Le informazioni acquisite dal sistema informativo del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato sono disponibili per tutte le amministrazioni e gli enti interessati.
Art. 59
Rilevazione dei costi (Art. 64 del decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 31 del decreto legislativo n. 546 del 1993)

1. Le amministrazioni pubbliche individuano i singoli programmi di attività e trasmettono alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica tutti gli elementi necessari alla rilevazione ed al controllo dei costi.
2. Ferme restando le attuali procedure di evidenziazione della spesa ed i relativi sistemi di controllo, il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica al fine di rappresentare i profili economici della spesa, previe intese con la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, definisce procedure interne e tecniche di rilevazione e provvede, in coerenza con le funzioni di spesa riconducibili alle unità amministrative cui compete la gestione dei programmi, ad un'articolazione dei bilanci pubblici a carattere sperimentale.
3. Per la omogeneizzazione delle procedure presso i soggetti pubblici diversi dalle amministrazioni sottoposte alla vigilanza ministeriale, la Presidenza del Consiglio dei Ministri adotta apposito atto di indirizzo e coordinamento.
Art. 60
Controllo del costo del lavoro (Art. 65 del decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 32 del decreto legislativo n. 546 del 1993)

1. Il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, d'intesa con la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, definisce un modello di rilevazione della consistenza del personale, in servizio e in quiescenza, e delle relative spese, ivi compresi gli oneri previdenziali e le entrate derivanti dalle contribuzioni, anche per la loro evidenziazione a preventivo e a consuntivo, mediante allegati ai bilanci. Il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica elabora, altresì, un conto annuale che evidenzi anche il rapporto tra contribuzioni e prestazioni previdenziali relative al personale delle amministrazioni statali.
2. Le amministrazioni pubbliche presentano, entro il mese di maggio di ogni anno, alla Corte dei conti, per il tramite del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato ed inviandone copia alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della finzione pubblica, il conto annuale delle spese sostenute per il personale, rilevate secondo il modello di cui al comma 1. Il conto è accompagnato da una relazione, con cui le amministrazioni pubbliche espongono i risultati della gestione del personale, con riferimento agli obiettivi che, per ciascuna amministrazione, sono stabiliti dalle leggi, dai regolamenti e dagli atti di programmazione. La mancata presentazione del conto e della relativa relazione determina, per l'anno successivo a quello cui il conto si riferisce, l'applicazione delle misure di cui all'articolo 30, comma 11, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni. Le comunicazioni previste dal presente comma sono trasmesse, a cura del Ministero dell'economia e delle finanze, anche all'Unione delle province d'Italia (UPI), all'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e all'Unione nazionale comuni, comunità, enti montani (UNCEM), per via telematica.
3. Gli enti pubblici economici e le aziende che producono servizi di pubblica utilità nonché gli enti e le aziende di cui all'articolo 70, comma 4, sono tenuti a comunicare alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, il costo annuo del personale comunque utilizzato, in conformità alle procedure definite dal Ministero del tesoro, d'intesa con il predetto Dipartimento della funzione pubblica.
4. La Corte dei conti riferisce annualmente al Parlamento sulla gestione delle risorse finanziarie destinate al personale del settore pubblico, avvalendosi di tutti i dati e delle informazioni disponibili presso le amministrazioni pubbliche. Con apposite relazioni in corso d'anno, anche a richiesta del Parlamento, la Corte riferisce, altresì, in ordine a specifiche materie, settori ed interventi.
5. Il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, anche su espressa richiesta del Ministro per la funzione pubblica, dispone visite ispettive, a cura dei servizi ispettivi di finanza del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato, coordinate anche con altri analoghi servizi, per la valutazione e la verifica delle spese, con particolare riferimento agli oneri dei contratti collettivi nazionali e decentrati, denunciando alla Corte dei conti le irregolarità riscontrate. Tali verifiche vengono eseguite presso le amministrazioni pubbliche, nonché presso gli enti e le aziende di cui al comma 3. Ai fini dello svolgimento integrato delle verifiche ispettive, i servizi ispettivi di finanza del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato esercitano presso le predette amministrazioni, enti e aziende sia le funzioni di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, n. 38 e all'articolo 2, comma 1, lettera b) del decreto del Presidente della Repubblica 28 aprile 1998, n. 154, sia i compiti di cui all'articolo 27, comma quarto, della legge 29 marzo 1983, n. 93.
6. Allo svolgimento delle verifiche ispettive integrate di cui al comma 5 può partecipare l'ispettorato per la funzione pubblica, che opera alle dirette dipendenze del Ministro per la funzione pubblica. L'ispettorato stesso si avvale di un numero complessivo di dieci funzionari scelti tra ispettori di finanza, in posizione di comando o fuori ruolo, del Ministero dell'economia e delle finanze, funzionari particolarmente esperti in materia, in posizione di comando o fuori ruolo, del Ministero dell'interno, e nell'ambito di personale di altre amministrazioni pubbliche, in posizione di comando o fuori ruolo, per il quale si applicano l'articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e l'articolo 56, settimo comma, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, e successive modificazioni. L'ispettorato svolge compiti ispettivi vigilando sulla razionale organizzazione delle pubbliche amministrazioni, l'ottimale utilizzazione delle risorse umane, la conformità dell'azione amministrativa ai principi di imparzialità e buon andamento, l'efficacia dell'attività amministrativa, con particolare riferimento alle riforme volte alla semplificazione delle procedure, e l'osservanza delle disposizioni vigenti sul controllo dei costi, dei rendimenti e dei risultati e sulla verifica dei carichi di lavoro. Per l'esercizio delle funzioni ispettive connesse, in particolare, al corretto conferimento degli incarichi e ai rapporti di collaborazione, svolte anche d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze, l'ispettorato si avvale dei dati comunicati dalle amministrazioni al Dipartimento della funzione pubblica ai sensi dell'articolo 53. L'ispettorato, inoltre, al fine di corrispondere a segnalazioni da parte di cittadini o pubblici dipendenti circa presunte irregolarità, ritardi o inadempienze delle amministrazioni, di cui all'articolo 1, comma 2, può richiedere chiarimenti e riscontri in relazione ai quali l'amministrazione interessata ha l'obbligo di rispondere, anche per via telematica, entro quindici giorni. A conclusione degli accertamenti, gli esiti delle verifiche svolte dall'ispettorato costituiscono obbligo di valutazione, ai fini dell'individuazione delle responsabilità e delle eventuali sanzioni disciplinari di cui all'articolo 55, per l'amministrazione medesima. Gli ispettori, nell'esercizio delle loro funzioni, hanno piena autonomia funzionale ed hanno l'obbligo, ove ne ricorrano le condizioni, di denunciare alla procura generale della Corte dei conti le irregolarità riscontrate.
Art. 61
Interventi correttivi del costo del personale (Art. 66 del decreto legislativo n. 29 del 1993)

1. Fermo restando il disposto dell'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni, e salvi i casi di cui ai commi successivi, qualora si verifichino o siano prevedibili, per qualunque causa, scostamenti rispetto agli stanziamenti previsti per le spese destinate al personale, il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, informato dall'amministrazione competente, ne riferisce al Parlamento, proponendo l'adozione di misure correttive idonee a ripristinare l'equilibrio del bilancio. La relazione è trasmessa altresì al nucleo di valutazione della spesa relativa al pubblico impiego istituito presso il CNEL.
1-bis. Le pubbliche amministrazioni comunicano alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell'economia e delle finanze l'esistenza di controversie relative ai rapporti di lavoro dalla cui soccombenza potrebbero derivare oneri aggiuntivi significativamente rilevanti per il numero dei soggetti direttamente o indirettamente interessati o comunque per gli effetti sulla finanza pubblica. La Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze, può intervenire nel processo ai sensi dell'articolo 105 del codice di procedura civile.
2. Le pubbliche amministrazioni che vengono, in qualunque modo, a conoscenza di decisioni giurisdizionali che comportino oneri a carico del bilancio, ne danno immediata comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. Ove tali decisioni producano nuovi o maggiori oneri rispetto alle spese autorizzate, il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica presenta, entro trenta giorni dalla data di pubblicazione delle sentenze della Corte costituzionale o dalla conoscenza delle decisioni esecutive di altre autorità giurisdizionali, una relazione al Parlamento, impegnando Governo e Parlamento a definire con procedura d'urgenza una nuova disciplina legislativa idonea a ripristinare i limiti della spesa globale.
3. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica provvede, con la stessa procedura di cui al comma 2, a seguito di richieste pervenute alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica per la estensione generalizzata di decisioni giurisdizionali divenute esecutive, atte a produrre gli effetti indicati nel medesimo comma 2 sulla entità della spesa autorizzata.
Art. 62
Commissario del Governo (Art. 67 del decreto legislativo n. 29 del 1993)

1. Il Commissario del Governo, fino all'entrata in vigore del regolamento di cui all'articolo 11, comma 4, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, rappresenta lo Stato nel territorio regionale. Egli è responsabile, nei confronti del Governo, del flusso di informazioni degli enti pubblici operanti nel territorio, in particolare di quelli attivati attraverso gli allegati ai bilanci e il conto annuale di cui all'articolo 60, comma 1. Ogni comunicazione del Governo alla regione avviene tramite il Commissario del Governo.
Titolo VI GIURISDIZIONE
Art. 63
Controversie relative ai rapporti di lavoro (Art. 68 del decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 33 del decreto legislativo n. 546 del 1993 e poi dall'art. 29 del decreto legislativo n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall'art. 18 del decreto legislativo n. 387 del 1998)

1. Sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, ad eccezione di quelle relative ai rapporti di lavoro di cui al comma 4, incluse le controversie concernenti l'assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la responsabilità dirigenziale, nonché quelle concernenti le indennità di fine rapporto, comunque denominate e corrisposte, ancorché vengano in questione atti amministrativi presupposti. Quando questi ultimi siano rilevanti ai fini della decisione, il giudice li disapplica, se illegittimi. L'impugnazione davanti al giudice amministrativo dell'atto amministrativo rilevante nella controversia non è causa di sospensione del processo.
2. Il giudice adotta, nei confronti delle pubbliche amministrazioni, tutti i provvedimenti, di accertamento, costitutivi o di condanna, richiesti dalla natura dei diritti tutelati. Le sentenze con le quali riconosce il diritto all'assunzione, ovvero accerta che l'assunzione è avvenuta in violazione di norme sostanziali o procedurali, hanno anche effetto rispettivamente costitutivo o estintivo del rapporto di lavoro.
3. Sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie relative a comportamenti antisindacali delle pubbliche amministrazioni ai sensi dell'articolo 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni ed integrazioni, e le controversie, promosse da organizzazioni sindacali, dall'ARAN o dalle pubbliche amministrazioni, relative alle procedure di contrattazione collettiva di cui all'articolo 40 e seguenti del presente decreto.
4. Restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, nonché, in sede di giurisdizione esclusiva, le controversie relative ai rapporti di lavoro di cui all'articolo 3, ivi comprese quelle attinenti ai diritti patrimoniali connessi.
5. Nelle controversie di cui ai commi 1 e 3 e nel caso di cui all'articolo 64, comma 3, il ricorso per cassazione può essere proposto anche per violazione o falsa applicazione dei contratti e accordi collettivi nazionali di cui all'articolo 40.
Art. 63 bis
Intervento dell'ARAN nelle controversie relative ai rapporti di lavoro

1. L'ARAN può intervenire nei giudizi innanzi al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, aventi ad oggetto le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui agli articoli 1, comma 2, e 70, comma 4, al fine di garantire la corretta interpretazione e l'uniforme applicazione dei contratti collettivi. Per le controversie relative al personale di cui all'articolo 3, derivanti dalle specifiche discipline ordinamentali e retributive, l'intervento in giudizio può essere assicurato attraverso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze.
Art. 64
Accertamento pregiudiziale sull'efficacia, validità ed interpretazione dei contratti collettivi (Art. 68-bis del decreto legislativo n. 29 del 1993, aggiunto dall'art. 30 del decreto legislativo n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall'art. 19, commi 1 e del decreto legislativo n. 387 del 1998)

1.  Quando per la definizione di una controversia individuale di cui all'articolo 63 è necessario risolvere in via pregiudiziale una questione concernente l'efficacia, la validità o l'interpretazione delle clausole di un contratto o accordo collettivo nazionale, sottoscritto dall'ARAN ai sensi dell'articolo 40 e seguenti, il giudice, con ordinanza non impugnabile, nella quale indica la questione da risolvere, fissa una nuova udienza di discussione non prima di centoventi giorni e dispone la comunicazione, a cura della cancelleria, dell'ordinanza, del ricorso introduttivo e della memoria difensiva all'ARAN.
2.  Entro trenta giorni dalla comunicazione di cui al comma 1, l'ARAN convoca le organizzazioni sindacali firmatarie per verificare la possibilità di un accordo sull'interpretazione autentica del contratto o accordo collettivo, ovvero sulla modifica della clausola controversa. All'accordo sull'interpretazione autentica o sulla modifica della clausola si applicano le disposizioni dell'articolo 49. Il testo dell'accordo è trasmesso, a cura dell'ARAN, alla cancelleria del giudice procedente, la quale provvede a darne avviso alle parti almeno dieci giorni prima dell'udienza. Decorsi novanta giorni dalla comunicazione di cui al comma 1, in mancanza di accordo, la procedura si intende conclusa.
3.  Se non interviene l'accordo sull'interpretazione autentica o sulla modifica della clausola controversa, il giudice decide con sentenza sulla sola questione di cui al comma 1, impartendo distinti provvedimenti per l'ulteriore istruzione o, comunque, per la prosecuzione della causa. La sentenza è impugnabile soltanto con ricorso immediato per Cassazione, proposto nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione dell'avviso di deposito della sentenza. Il deposito nella cancelleria del giudice davanti a cui pende la causa di una copia del ricorso per cassazione, dopo la notificazione alle altre parti, determina la sospensione del processo.
4.  La Corte di cassazione, quando accoglie il ricorso a norma dell'articolo 383 del codice di procedura civile, rinvia la causa allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza cassata. La riassunzione della causa può essere fatta da ciascuna delle parti entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione della sentenza di cassazione. In caso di estinzione del processo, per qualsiasi causa, la sentenza della Corte di cassazione conserva i suoi effetti.
5.  L'ARAN e le organizzazioni sindacali firmatarie possono intervenire nel processo anche oltre il termine previsto dall'articolo 419 del codice di procedura civile e sono legittimate, a seguito dell'intervento, alla proposizione dei mezzi dì impugnazione delle sentenze che decidono una questione di cui al comma 1. Possono, anche se non intervenute, presentare memorie nel giudizio di merito ed in quello per cassazione. Della presentazione di memorie è dato avviso alle parti, a cura della cancelleria.
6. In pendenza del giudizio davanti alla Corte di cassazione, possono essere sospesi i processi la cui definizione dipende dalla risoluzione della medesima questione sulla quale la Corte è chiamata a pronunciarsi. Intervenuta la decisione della Corte di cassazione, il giudice fissa, anche d'ufficio, l'udienza per la prosecuzione del processo.
7. Quando per la definizione di altri processi è necessario risolvere una questione di cui al comma 1 sulla quale è già intervenuta una pronuncia della Corte di cassazione e il giudice non ritiene di uniformarsi alla pronuncia della Corte, si applica il disposto del comma 3.
8. La Corte di cassazione, nelle controversie di cui è investita ai sensi del comma 3, può condannare la parte soccombente, a norma dell'articolo 96 del codice di procedura civile, anche in assenza di istanza di parte.
Art. 65
Tentativo obbligatorio di conciliazione nelle controversie individuali (Art. 69 del decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 34 del decreto legislativo n. 546 del 1993 e poi dall'art. 31 del decreto legislativo n. 80 del 1998 e successivamente modificato prima dall'art. 19, commi da 3 a 6, del decreto legislativo n. 387 del 1998 e poi dall'art. 45, comma 22, della legge n. 448 del 1998)

1. Per le controversie individuali di cui all'articolo 63, il tentativo obbligatorio di conciliazione di cui all'articolo 410 del codice di procedura civile si svolge con le procedure previste dai contratti collettivi, ovvero davanti al collegio di conciliazione di cui all'articolo 66, secondo le disposizioni dettate dal presente decreto.
2. La domanda giudiziale diventa procedibile trascorsi novanta giorni dalla promozione del tentativo di conciliazione.
3. Il giudice che rileva che non è stato promosso il tentativo di conciliazione secondo le disposizioni di cui all'articolo 66, commi 2 e 3, o che la domanda giudiziale è stata proposta prima della scadenza del termine di novanta giorni dalla promozione del tentativo, sospende il giudizio e fissa alle parti il termine perentorio di sessanta giorni per promuovere il tentativo di conciliazione. Si applica l'articolo 412-bis, commi secondo e quinto, del codice di procedura civile. Espletato il tentativo di conciliazione o decorso il termine di novanta giorni, il processo può essere riassunto entro il termine perentorio di centottanta giorni. La parte contro la quale è stata proposta la domanda in violazione dell'articolo 410 del codice di procedura civile, con l'atto di riassunzione o con memoria depositata in cancelleria almeno dieci giorni prima dell'udienza fissata, può modificare o integrare le proprie difese e proporre nuove eccezioni processuali e di merito, che non siano rilevabili d'ufficio. Ove il processo non sia stato tempestivamente riassunto, il giudice dichiara d'ufficio l'estinzione del processo con decreto cui si applica la disposizione di cui all'articolo 308 del codice di procedura civile.
4.  Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, di intesa con la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica ed il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, provvede, mediante mobilità volontaria interministeriale, a dotare le Commissioni di conciliazione territoriali degli organici indispensabili per la tempestiva realizzazione del tentativo obbligatorio di conciliazione delle controversie individuali di lavoro nel settore pubblico e privato.
Art. 66
Collegio di conciliazione (Art. 69-bis del decreto legislativo n. 29 del 1993, aggiunto dall'art. 32 del decreto legislativo n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall'art. 19, comma 7, del decreto legislativo n. 387 del 1998)

1.  Ferma restando la facoltà del lavoratore di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti collettivi, il tentativo obbligatorio di conciliazione di cui all'articolo 65 si svolge, con le procedure di cui ai commi seguenti, dinanzi ad un collegio di conciliazione istituito presso la Direzione provinciale del lavoro nella cui circoscrizione si trova l'ufficio cui il lavoratore è addetto, ovvero era addetto al momento della cessazione del rapporto. Le medesime procedure si applicano, in quanto compatibili, se il tentativo di conciliazione è promosso dalla pubblica amministrazione. Il collegio di conciliazione è composto dal direttore della Direzione o da un suo delegato, che lo presiede, da un rappresentante del lavoratore e da un rappresentante dell'amministrazione.
2. La richiesta del tentativo di conciliazione, sottoscritta dal lavoratore, è consegnata alla Direzione presso la quale è istituito il collegio di conciliazione competente o spedita mediante raccomandata con avviso di ricevimento. Copia della richiesta deve essere consegnata o spedita a cura dello stesso lavoratore all'amministrazione di appartenenza.
3. La richiesta deve precisare:
a) l'amministrazione di appartenenza e la sede alla quale il lavoratore è addetto;
b) il luogo dove gli devono essere fatte le comunicazioni inerenti alla procedura;
c) l'esposizione sommaria dei fatti e delle ragioni poste a fondamento della pretesa;
d) la nomina del proprio rappresentante nel collegio di conciliazione o la delega per la nomina medesima ad un'organizzazione sindacale.
4. Entro trenta giorni dal ricevimento della copia della richiesta, l'amministrazione, qualora non accolga la pretesa del lavoratore, deposita presso la Direzione osservazioni scritte. Nello stesso atto nomina il proprio rappresentante in seno al collegio di conciliazione. Entro i dieci giorni successivi al deposito, il Presidente fissa la comparizione delle parti per il tentativo di conciliazione. Dinanzi al collegio di conciliazione, il lavoratore può farsi rappresentare o assistere anche da un'organizzazione cui aderisce o conferisce mandato. Per l'amministrazione deve comparire un soggetto munito del potere di conciliare.
5. Se la conciliazione riesce, anche limitatamente ad una parte della pretesa avanzata dal lavoratore, viene redatto separato processo verbale sottoscritto dalle parti e dai componenti del collegio di conciliazione. Il verbale costituisce titolo esecutivo. Alla conciliazione non si applicano le disposizioni dell'articolo 2113, commi primo, secondo e terzo del codice civile.
6. Se non si raggiunge l'accordo tra le parti, il collegio di conciliazione deve formulare una proposta per la bonaria definizione della controversia. Se la proposta non è accettata, i termini di essa sono riassunti nel verbale con indicazione delle valutazioni espresse dalle parti.
7. Nel successivo giudizio sono acquisiti, anche di ufficio, i verbali concernenti il tentativo di conciliazione non riuscito. Il giudice valuta il comportamento tenuto dalle parti nella fase conciliativa ai fini del regolamento delle spese.
8. La conciliazione della lite da parte di chi rappresenta la pubblica amministrazione, in adesione alla proposta formulata dal collegio di cui al comma 1, ovvero in sede giudiziale ai sensi dell'articolo 420, commi primo, secondo e terzo, del codice di procedura civile, non può dar luogo a responsabilità amministrativa.
Titolo VII DISPOSIZIONI DIVERSE E NORME TRANSITORIE FINALI
Capo I Disposizioni diverse
Art. 67
Integrazione funzionale del Dipartimento della funzione pubblica con la Ragioneria generale dello Stato (Art. 70 del decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 35 del decreto legislativo n. 546 del 1993)

1. Il più efficace perseguimento degli obiettivi di cui all'articolo 48, commi da 1 a 3, ed agli articoli da 58 a 60 è realizzato attraverso l'integrazione funzionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica con il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, da conseguirsi mediante apposite conferenze di servizi presiedute dal Ministro per la funzione pubblica o da un suo delegato.
2. L'applicazione dei contratti collettivi di lavoro, nazionali e decentrati, per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, è oggetto di verifica del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, con riguardo, rispettivamente, al rispetto dei costi prestabiliti ed agli effetti degli istituti contrattuali sull'efficiente organizzazione delle amministrazioni pubbliche e sulla efficacia della loro azione.
3. Gli schemi di provvedimenti legislativi e i progetti dì legge, comunque sottoposti alla valutazione del Governo, contenenti disposizioni relative alle amministrazioni pubbliche richiedono il necessario concerto del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e del Dipartimento della funzione pubblica. I provvedimenti delle singole amministrazioni dello Stato incidenti nella medesima materia sono adottati d'intesa con il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e con la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica in apposite conferenze di servizi da indire ai sensi e con le modalità di cui all'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni ed integrazioni.
Art. 68
Aspettativa per mandato parlamentare (Art. 71, commi da 1 a 3 e 5, del decreto legislativo n. 29 del 1993)

1. I dipendenti delle pubbliche amministrazioni eletti al Parlamento nazionale, al Parlamento europeo e nei Consigli regionali sono collocati in aspettativa senza assegni per la durata del mandato. Essi possono optare per la conservazione, in luogo dell'indennità parlamentare e dell'analoga indennità corrisposta ai consiglieri regionali, del trattamento economico in godimento presso l'amministrazione di appartenenza, che resta a carico della medesima.
2. Il periodo di aspettativa è utile ai fini dell'anzianità di servizio e del trattamento di quiescenza e di previdenza.
3. Il collocamento in aspettativa ha luogo all'atto della proclamazione degli eletti; di questa le Camere ed i Consigli regionali danno comunicazione alle amministrazioni di appartenenza degli eletti per i conseguenti provvedimenti.
4. Le regioni adeguano i propri ordinamenti ai principi di cui ai commi 1, 2 e 3.
Capo II Norme transitorie e finali
Art. 69
Norme transitorie (Art. 25, comma 4, del decreto legislativo n. 29 del 1993; art. 50, comma 14, del decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 17 del decreto legislativo n. 470 del 1993 e poi dall'art. 2 del decreto legislativo n. 396 del 1997; art. 72, commi 1 e 4, del decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituiti dall'art. 36 del decreto legislativo n. 546 del 1993; art. 73, comma 2, del decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 37 del decreto legislativo n. 546 del 1993; art. 28, comma 2, del decreto legislativo n. 80 del 1998; art. 45, commi 5, 9, 17 e 25, del decreto legislativo n. 80 del 1998, come modificati dall'art. 22, comma 6 del decreto legislativo n. 387 del 1998; art. 24, comma 3, del decreto legislativo n. 387 del 1998)

1. Salvo che per le materie di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 23 ottobre 1992, n. 421, gli accordi sindacali recepiti in decreti del Presidente della Repubblica in base alla legge 29 marzo 1983, n. 93, e le norme generali e speciali del pubblico impiego, vigenti alla data del 13 gennaio 1994 e non abrogate, costituiscono, limitatamente agli istituti del rapporto di lavoro, la disciplina di cui all'articolo 2, comma 2. Tali disposizioni sono inapplicabili a seguito della stipulazione dei contratti collettivi del quadriennio 1994-1997, in relazione ai soggetti e alle materie dagli stessi contemplati. Tali disposizioni cessano in ogni caso di produrre effetti dal momento della sottoscrizione, per ciascun ambito di riferimento, dei contratti collettivi del quadriennio 1998-2001.
2. In attesa di una nuova regolamentazione contrattuale della materia, resta ferma per i dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, la disciplina vigente in materia di trattamento di fine rapporto.
3. Il personale delle qualifiche ad esaurimento di cui agli articoli 60 e 61 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748, e successive modificazioni ed integrazioni, e quello di cui all'articolo 15 della legge 9 marzo 1989, n. 88, i cui ruoli sono contestualmente soppressi dalla data del 21 febbraio 1993, conserva le qualifiche ad personam. A tale personale sono attribuite funzioni vicarie del dirigente e funzioni di direzione di uffici di particolare rilevanza non riservati al dirigente, nonché compiti di studio, ricerca, ispezione e vigilanza ad esse delegati dal dirigente. Il trattamento economico è definito tramite il relativo contratto collettivo.
4. La disposizione di cui all'articolo 56, comma 1, si applica, per ciascun ambito di riferimento, a far data dalla entrata in vigore dei contratti collettivi del quadriennio contrattuale 1998-2001.
5. Le disposizioni di cui all'articolo 22, commi 17 e 18, della legge 29 dicembre 1994, n. 724, continuano ad applicarsi alle amministrazioni che non hanno ancora provveduto alla determinazione delle dotazioni organiche previa rilevazione dei carichi di lavoro.
6. Con riferimento ai rapporti di lavoro di cui all'articolo 2, comma 3, del presente decreto, non si applica l'articolo 199 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3.
7. Sono attribuite al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie di cui all'articolo 63 del presente decreto, relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998. Le controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore a tale data restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo solo qualora siano state proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000.
8. Fino all'entrata in vigore della nuova disciplina derivante dal contratto collettivo per il comparto scuola, relativo al quadriennio 1998-2001, continuano ad applicarsi al personale della scuola le procedure di cui all'articolo 484 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297.
9. Per i primi due bandi successivi alla data del 22 novembre 1998, relativi alla copertura di posti riservati ai concorsi di cui all'articolo 28, comma 2, lettera b, del presente decreto, con il regolamento governativo di cui al comma 3, del medesimo articolo è determinata la quota di posti per i quali sono ammessi soggetti anche se non in possesso del previsto titolo di specializzazione.
10. Sino all'applicazione dell'articolo 46, comma 12, l'ARAN utilizza personale in posizione di comando e fuori ruolo nei limiti massimi delle tabelle previste dal decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio 1994, n. 144, come modificato dall'articolo 8, comma 4, della legge 15 maggio 1997, n. 127.
11. In attesa di una organica normativa nella materia, restano ferme le norme che disciplinano, per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, l'esercizio delle professioni per le quali sono richieste l'abilitazione o l'iscrizione ad ordini o albi professionali. Il personale di cui all'articolo 6, comma 5, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni ed integrazioni, può iscriversi, se in possesso dei prescritti requisiti, al relativo ordine professionale.
Art. 70
Norme finali
(Art. 73, commi 1, 3, 4, 5 e 6-bis, del decreto legislativo n. 29 del 1993, come modificati dall'art. 21 del decreto legislativo n. 470 del 1993, successivamente sostituiti dall'art. 37 del decreto legislativo n. 546 del 1993 e modificati dall'art. 9, comma 2, del decreto legislativo n. 396 del 1997, dall'art. 45, comma 4, del decreto legislativo n. 80 del 1998 e dall'art. 20 del decreto legislativo n. 387 del 1998; art. 45, commi 1, 2, 7, 10, 11, 21, 22 e 23, del decreto legislativo n. 80 del 1998, come modificati dall'art. 22, comma 6, del decreto legislativo n. 387 del 1998, dall'art. 89 della legge n. 342 del 2000 e dall'art. 51, comma 13, della legge n. 388 del 2000)

1. Restano salve per la regione Valle d'Aosta le competenze in materia, le norme di attuazione e la disciplina sul bilinguismo. Restano comunque salve, per la provincia autonoma di Bolzano, le competenze in materia, le norme di attuazione, la disciplina vigente sul bilinguismo e la riserva proporzionale di posti nel pubblico impiego.
2. Restano ferme le disposizioni di cui al titolo IV, capo II del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, riguardanti i segretari comunali e provinciali, e alla legge 7 marzo 1986, n. 65 - esclusi gli articoli 10 e 13 - sull'ordinamento della Polizia municipale. Per il personale disciplinato dalla stessa legge 7 marzo 1986, n. 65 il trattamento economico e normativo è definito nei contratti collettivi previsti dal presente decreto, nonché, per i segretari comunali e provinciali, dall'art. 11, comma 8 del Decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465.
3. Il rapporto di lavoro dei dipendenti degli enti locali è disciplinato dai contratti collettivi previsti dal presente decreto nonché dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
4. Le aziende e gli enti di cui alle leggi 26 dicembre 1936, n. 2174, e successive modificazioni ed integrazioni, 13 luglio 1984. n. 312, 30 maggio 1988, n. l86, 11 luglio 1988, n. 266, 31 gennaio 1992, n. 138, legge 30 dicembre 1986, n. 936, decreto legislativo 25 luglio 1997, n. 250, decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, adeguano i propri ordinamenti ai principi di cui al titolo I. I rapporti di lavoro dei dipendenti dei predetti enti ed aziende nonché della Cassa depositi e prestiti sono regolati da contratti collettivi ed individuali in base alle disposizioni di cui agli articoli 2, comma 2, all'articolo 8, comma 2, ed all'articolo 60, comma 3. Le predette aziende o enti e la Cassa depositi e prestiti sono rappresentati dall'ARAN ai fini della stipulazione dei contratti collettivi che li riguardano. Il potere di indirizzo e le altre competenze inerenti alla contrattazione collettiva sono esercitati dalle aziende ed enti predetti e dalla Cassa depositi e prestiti di intesa con il Presidente del Consiglio dei Ministri, che la esprime tramite il Ministro per la funzione pubblica, ai sensi dell'articolo 41, comma 2. La certificazione dei costi contrattuali al fine della verifica della compatibilità con gli strumenti di programmazione e bilancio avviene con le procedure dell'articolo 47.
5. Le disposizioni di cui all'articolo 7 del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438, vanno interpretate nel senso che le medesime, salvo quelle di cui al comma 7, non si riferiscono al personale di cui al decreto legislativo 26 agosto 1998, n. 319.
6. A decorrere dal 23 aprile 1998, le disposizioni che conferiscono agli organi di governo l'adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi di cui all'articolo 4, comma 2, del presente decreto, si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti.
7. A decorrere dal 23 aprile 1998, le disposizioni vigenti a tale data, contenute in leggi, regolamenti, contratti collettivi o provvedimenti amministrativi riferite ai dirigenti generali si intendono riferite ai dirigenti di uffici dirigenziali generali.
8. Le disposizioni del presente decreto si applicano al personale della scuola. Restano ferme le disposizioni di cui all'articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59 e del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 35. Sono fatte salve le procedure di reclutamento del personale della scuola di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 e successive modificazioni ed integrazioni.
9. Per il personale della carriera prefettizia di cui all'articolo 3, comma 1, del presente decreto, gli istituti della partecipazione sindacale di cui all'articolo 9 del medesimo decreto sono disciplinati attraverso apposito regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni ed integrazioni.
10. I limiti di cui all'articolo 19, comma 6, del presente decreto non si applicano per la nomina dei direttori degli enti parco nazionale.
11. Le disposizioni in materia di mobilità di cui agli articoli 30 e seguenti del presente decreto non si applicano al personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
12. In tutti i casi, anche se previsti da normative speciali, nei quali enti pubblici territoriali, enti pubblici non economici o altre amministrazioni pubbliche, dotate di autonomia finanziaria sono tenute ad autorizzare la utilizzazione da parte di altre pubbliche amministrazioni di proprio personale, in posizione di comando, di fuori ruolo, o in altra analoga posizione, l'amministrazione che utilizza il personale rimborsa all'amministrazione di appartenenza l'onere relativo al trattamento fondamentale. La disposizione di cui al presente comma sì applica al personale comandato, fuori ruolo o in analoga posizione presso l'ARAN a decorrere dalla completa attuazione del sistema di finanziamento previsto dall'articolo 46, commi 8 e 9, del presente decreto, accertata dall'organismo di coordinamento di cui all'articolo 41, comma 6 del medesimo decreto. Il trattamento economico complessivo del personale inserito nel ruolo provvisorio ad esaurimento del Ministero delle finanze istituito dall'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 9 luglio 1998, n. 283, in posizione di comando, dì fuori ruolo o in altra analoga posizione, presso enti pubblici territoriali, enti pubblici non economici o altre amministrazioni pubbliche dotate di autonomia finanziaria, rimane a carico dell'amministrazione di appartenenza.
13. In materia di reclutamento, le pubbliche amministrazioni applicano la disciplina prevista dal decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, e successive modificazioni ed integrazioni, per le parti non incompatibili con quanto previsto dagli articoli 35 e 36, salvo che la materia venga regolata, in coerenza con i principi ivi previsti, nell'ambito dei rispettivi ordinamenti.
Art. 71
Disposizioni inapplicabili a seguito della sottoscrizione di contratti collettivi

1. Ai sensi dell'art. 69, comma 1, secondo periodo, a seguito della stipulazione dei contratti collettivi per il quadriennio 1994-1997, cessano di produrre effetti per ciascun ambito di riferimento le norme di cui agli allegati A) e B) al presente decreto, con le decorrenze ivi previste, in quanto contenenti le disposizioni espressamente disapplicate dagli stessi contratti collettivi. Rimangono salvi gli effetti di quanto previsto dallo stesso comma 1 dell'articolo 69, con riferimento all'inapplicabilità delle norme incompatibili con quanto disposto dalla contrattazione collettiva nazionale.
2. Per il personale delle Regioni ed autonomie locali, cessano di produrre effetti, a seguito della stipulazione dei contratti collettivi della tornata 1998-2001, le norme contenute nell'allegato C), con le decorrenze ivi previste.
3. Alla fine della tornata contrattuale 1998-2001 per tutti i comparti ed aree di contrattazione verranno aggiornati gli allegati del presente decreto, ai sensi dell'articolo 69, comma 1, ultimo periodo. La contrattazione relativa alla tornata contrattuale 1998-2001, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, provvederà alla disapplicazione espressa delle disposizioni generali o speciali del pubblico impiego, legislative o recepite in decreto del Presidente della Repubblica, che risulteranno incompatibili con la stipula dei contratti collettivi nazionali o dei contratti quadro.
Art. 72
Abrogazioni di norme
(Art. 74 del decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 38 del decreto legislativo n. 546 del 1993 e modificato prima dall'art. 43, comma 2, del decreto legislativo n. 80 del 1998 e poi dall'art. 21 del decreto legislativo n. 387 del 1998; art. 43, commi 1, 3, 4, 5, 6 e 7, del decreto legislativo n. 80 del 1998, come modificati dall'art. 22, commi da 1 a 3, del decreto legislativo n. 387 del 1998; art. 28, comma 2, del decreto legislativo n. 80 del 1998)

1. Sono abrogate o rimangono abrogate le seguenti norme:
a) articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;
b) capo I, titolo I, del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748, e successive modificazioni ed integrazioni, ad eccezione delle disposizioni di cui agli articoli da 4 a 12, nonché 15, 19, 21, 24 e 25, che, nei limiti di rispettiva applicazione, continuano ad applicarsi al personale dirigenziale delle carriere previste dall'articolo 15, comma 1, secondo periodo del presente decreto, nonché le altre disposizioni del medesimo decreto n. 748 del 1972 incompatibili con quelle del presente decreto;
c) articolo 5, commi secondo e terzo, della legge 11 agosto 1973, n. 533;
d) articoli 4, commi decimo, undicesimo, dodicesimo e tredicesimo, e 6 della legge 11 luglio 1980, n. 3l2;
e) articolo 2 del decreto legge 6 giugno 1981, n. 283, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 1981, n. 432;
f) articoli da 2 a 15, da 17 a 21, 22, a far data dalla stipulazione dei contratti collettivi per il quadriennio 1994-1997; 23, 26, comma quarto, 27, comma primo, n. 5, 28 e 30, comma terzo della legge 29 marzo 1983, n. 93;
g) legge 10 luglio 1984, n. 301, ad esclusione delle disposizioni che riguardano l'accesso alla qualifica di primo dirigente del Corpo forestale dello Stato;
h) articolo 2 della legge 8 marzo 1985, n. 72;
i) articoli 27 e 28 del decreto del Presidente della Repubblica 8 maggio 1987, n. 266, come integrato dall'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 17 settembre 1987, n. 494;
j) decreto del Presidente della Repubblica 5 dicembre 1987, n. 551;
k) articoli 4, commi 3 e 4, e articolo 5 della legge 8 luglio 1988, n. 254;
l) articolo 17, comma 1, lettera e), della legge 23 agosto 1988, n. 400;
m) articolo 9 della legge 9 maggio 1989, n. 168;
n) articoli 4, comma 9, limitatamente alla disciplina sui contratti di lavoro riguardanti i dipendenti delle amministrazioni, aziende ed enti del Servizio sanitario nazionale; e 10, comma 2 della legge 30 dicembre 1991, n. 412;
o) articolo 2, comma 8, del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, limitatamente al personale disciplinato dalla legge 4 giugno 1985, n. 281;
p) articolo 7, comma 1, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438, limitatamente al personale disciplinato dalle leggi 4 giugno 1985, n. 281 e 10 ottobre 1990, n. 287;
q) articolo 10, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 533;
r) articolo 10 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 534;
s) articolo 6-bis del decreto legge 18 gennaio 1993, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 marzo 1993, n. 67;
t) decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29;
u) articolo 3, commi 5, 6, 23, 27, 31 ultimo periodo e da 47 a 52 della legge 24 dicembre 1993, n. 537;
v) articolo 3, comma 1, lettera e), della legge 14 gennaio 1994, n. 20;
w) decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 16 settembre 1994, n. 7l6;
x) articolo 2, lettere b), d) ed e) del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 18 ottobre 1994, n. 692, a decorrere dalla data di attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 19 del presente decreto;
y) articolo 22, comma 15, della legge 23 dicembre 1994, n. 724;
z) decreto del Ministro per la funzione pubblica 27 febbraio 1995, n. 112;
aa) decreto legislativo 4 novembre 1997, n. 396;
bb)decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80 ad eccezione degli articoli da 33 a 42 e 45, comma 18;
cc) decreto legislativo 29 ottobre 1998, n. 387 ad eccezione degli articoli 19, commi da 8 a 18 e 23.
2. Agli adempimenti e alle procedure già previsti dall'articolo 31 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni e integrazioni, continuano ad essere tenute le amministrazioni che non vi hanno ancora provveduto alla data di entrata in vigore del presente decreto.
3. A far data dalla stipulazione dei contratti collettivi per il quadriennio 1994-1997, per ciascun ambito di riferimento, sono abrogate tutte le disposizioni in materia di sanzioni disciplinari per i pubblici impiegati incompatibili con le disposizioni del presente decreto.
4. A far data dalla stipulazione dei contratti collettivi per il quadriennio 1994-1997, per ciascun ambito di riferimento, ai dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, non si applicano gli articoli da 100 a 123 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, e le disposizioni ad essi collegate.
5. A far data dalla entrata in vigore dei contratti collettivi del quadriennio 1998-2001, per ciascun ambito dì riferimento, cessano di produrre effetti i commi 7, 8 e 9 dell'articolo 55 del presente decreto.
6. Contestualmente alla definizione della normativa contenente la disciplina di cui all'articolo 50, sono abrogate le disposizioni che regolano la gestione e la fruizione delle aspettative e dei permessi sindacali nelle amministrazioni pubbliche.
Art. 73
Norma di rinvio

1. Quando leggi, regolamenti, decreti, contratti collettivi od altre norme o provvedimenti, fanno riferimento a norme del decreto legislativo n. 29 del 1993 ovvero del decreto legislativo n. 396 del 1997, del decreto legislativo n. 80 del 1998 e 387 del 1998, e fuori dai casi di abrogazione per incompatibilità, il riferimento si intende effettuato alle corrispondenti disposizioni del presente decreto, come riportate da ciascun articolo.
(omissis)
Nota all'art. 247, comma 3
Per quanto concerne le procedure ed i criteri di reclutamento, il rinvio è alla normativa regionale emanata e, in difetto, come in precedenza disposto, a quella statale, fermi restano i principi del decreto legislativo n. 165/2001.
Nota all'art. 247, comma 5
Per quanto concerne la disposizione di principio del comma 5, la stessa inserita nell'art. 13, comma 1, della legge n. 265/99 risulta in modo specifico recepita con l'art. 7 della legge regionale n. 30/2000 (confronta art. 4).
Nota all'art. 251
Il ricorso al pubblico concorso, nonché il riferimento alla disponibilità organica, è ribadito nelle disposizioni regionali riportate nella sezione II del presente capo, nell'ottica anche di attuazione di specifiche riserve previste dal legislatore regionale.
Nota all'art. 254
Si riporta l'articolo annotato in quanto specificatamente richiamato dal comma 2 del precedente articolo.
Nota all'art. 256
Innovazione anticipata con l'art. 6 della legge regionale n. 3/1998.
Nota all'art. 258
In particolare confronta le disposizioni della legge 12 marzo 1999, n. 68 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili) e successive modifiche ed integrazioni; confronta anche il regolamento di attuazione approvato con D.P.R. n. 333/2000.
Nota all'art. 260
In tema di applicazione della specifica riserva confronta anche successivo art. 327.
Nota all'art. 266
L'esegesi della norma va correlata alla tipologia di selezione introdotta dall'art. 253.
Nota all'art. 274
A seguito del rinvio operato con l'art. 2 della legge regionale n. 23/1998 e con l'art. 34 della legge regionale n. 10/2000 si ritiene non più consentito tale tipo di selezione per l'accesso alle qualifiche dirigenziali.
Nota all'art. 275, comma 2
Confronta gli artt. 775 e 277.
Nota all'art. 278
Confronta gli artt. 151 e 162.
Nota all'art. 282
Confronta anche la legge 27 marzo 2001, n. 97 (Norme sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche) che si riporta:
-  "Art. 1 - Efficacia della sentenza penale nel giudizio disciplinare. - 1. All'articolo 653 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) nella rubrica, le parole: "di assoluzione" sono soppresse;
b) nel comma 1, le parole: "pronunciata in seguito a dibattimento" sono soppresse e, dopo le parole: "il fatto non sussiste o", sono inserite le seguenti: "non costituisce illecito penale ovvero";
c) dopo il comma 1, è aggiunto il seguente:
"1-bis. La sentenza penale irrevocabile di condanna ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso".
-  Art. 2 - Modifica all'articolo 445 del codice di procedura penale. - 1. All'articolo 445, comma 1, secondo periodo, del codice di procedura penale la parola: "Anche" è sostituita dalle seguenti: "Salvo quanto previsto dall'articolo 653, anche".
-  Art. 3 - Trasferimento a seguito di rinvio a giudizio. - 1. Salva l'applicazione della sospensione dal servizio in conformità a quanto previsto dai rispettivi ordinamenti, quando nei confronti di un dipendente di amministrazioni o di enti pubblici ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica è disposto il giudizio per alcuni dei delitti previsti dagli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-ter e 320 del codice penale e dall'articolo 3 della legge 9 dicembre 1941, n. 1383, l'amministrazione di appartenenza lo trasferisce ad un ufficio diverso da quello in cui prestava servizio al momento del fatto, con attribuzione di funzioni corrispondenti, per inquadramento, mansioni e prospettive di carriera, a quelle svolte in precedenza. L'amministrazione di appartenenza, in relazione alla propria organizzazione, può procedere al trasferimento di sede, o alla attribuzione di un incarico differente da quello già svolto dal dipendente, in presenza di evidenti motivi di opportunità circa la permanenza del dipendente nell'ufficio in considerazione del discredito che l'amministrazione stessa può ricevere da tale permanenza.
2.  Qualora, in ragione della qualifica rivestita, ovvero per obiettivi motivi organizzativi, non sia possibile attuare il trasferimento di ufficio, il dipendente è posto in posizione di aspettativa o di disponibilità, con diritto al trattamento economico in godimento salvo che per gli emolumenti strettamente connessi alle presenze in servizio, in base alle disposizioni dell'ordinamento dell'amministrazione di appartenenza.
3.  Salvo che il dipendente chieda di rimanere presso il nuovo ufficio o di continuare ad esercitare le nuove funzioni, i provvedimenti di cui ai commi 1 e 2 perdono efficacia se per il fatto è pronunciata sentenza di proscioglimento o di assoluzione anche non definitiva e, in ogni caso, decorsi cinque anni dalla loro adozione, sempre che non sia intervenuta sentenza di condanna definitiva. In caso di proscioglimento o di assoluzione anche non definitiva, l'amministrazione, sentito l'interessato, adotta i provvedimenti consequenziali nei dieci giorni successivi alla comunicazione della sentenza, anche a cura dell'interessato.
4.  Nei casi previsti nel comma 3, in presenza di obiettive e motivate ragioni per le quali la riassegnazione all'ufficio originariamente coperto sia di pregiudizio alla funzionalità di quest'ultimo, l'amministrazione di appartenenza può non dare corso al rientro.
5.  Dopo il comma 1 dell'articolo 133 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, è aggiunto il seguente:
-  "1-bis. Il decreto è altresì comunicato alle amministrazioni o enti di appartenenza quando è emesso nei confronti di dipendenti di amministrazioni pubbliche o di enti pubblici ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica, per alcuno dei delitti previsti dagli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-ter e 320 del codice penale e dall'articolo 3 della legge 9 dicembre 1941, n. 1383";
-  Art. 4 - Sospensione a seguito di condanna non definitiva. - 1. Nel caso di condanna anche non definitiva, ancorché sia concessa la sospensione condizionale della pena, per alcuno dei delitti previsti dall'articolo 3, comma 1, i dipendenti indicati nello stesso articolo sono sospesi dal servizio.
2. La sospensione perde efficacia se per il fatto è successivamente pronunciata sentenza di proscioglimento o di assoluzione anche non definitiva e, in ogni caso, decorso un periodo di tempo pari a quello di prescrizione del reato (1).
(1)  La Corte costituzionale, con sentenza 3 maggio 2002, n. 145, ha dichiarato l'illegittimità del presente comma, nella parte in cui dispone che la sospensione perde efficacia decorso un periodo di tempo pari a quello di prescrizione del reato.
-  Art. 5 - Pena accessoria dell'estinzione del rapporto di impiego o di lavoro. Procedimento disciplinare a seguito di condanna definitiva. - 1. All'articolo 19, primo comma, del codice penale, dopo il numero 5) è inserito il seguente:
-  "5-bis)  l'estinzione del rapporto di impiego o di lavoro;".
2. Dopo l'articolo 32-quater del codice penale è inserito il seguente:
-  "Art. 32-quinquies. - (Casi nei quali alla condanna consegue l'estinzione del rapporto di lavoro o di impiego). - Salvo quanto previsto dagli articoli 29 e 31, la condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a tre anni per i delitti di cui agli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-ter e 320 importa altresì l'estinzione del rapporto di lavoro o di impiego nei confronti del dipendente di amministrazioni od enti pubblici ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica".
3. All'articolo 3 della legge 9 dicembre 1941, n. 1383, è aggiunto il seguente comma:
"Nel caso di condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a tre anni si applica il disposto dell'articolo 32-quinquies del codice penale".
4. Salvo quanto disposto dall'articolo 32-quinquies del codice penale, nel caso sia pronunciata sentenza penale irrevocabile di condanna nei confronti dei dipendenti indicati nel comma 1 dell'articolo 3, ancorché a pena condizionalmente sospesa, l'estinzione del rapporto di lavoro o di impiego può essere pronunciata a seguito di procedimento disciplinare. Il procedimento disciplinare deve avere inizio o, in caso di intervenuta sospensione, proseguire entro il termine di novanta giorni dalla comunicazione della sentenza all'amministrazione o all'ente competente per il procedimento disciplinare. Il procedimento disciplinare deve concludersi, salvi termini diversi previsti dai contratti collettivi nazionali di lavoro, entro centottanta giorni decorrenti dal termine di inizio o di proseguimento, fermo quanto disposto dall'articolo 653 del codice di procedura penale.
-  Art. 6 - Disposizioni patrimoniali. - 1. Dopo l'articolo 335 del codice penale, è inserito il seguente:
- "Art. 335-bis. - (Disposizioni patrimoniali). - Salvo quanto previsto dall'articolo 322-ter, nel caso di condanna per delitti previsti dal presente capo è comunque ordinata la confisca anche nelle ipotesi previste dall'articolo 240, primo comma".
2. Nel caso di condanna per delitti di cui al capo I del titolo II del libro secondo del codice penale commessi a fini patrimoniali, la sentenza è trasmessa al procuratore generale presso la Corte dei conti, che procede ad accertamenti patrimoniali a carico del condannato.
3. All'articolo 321 del codice di procedura penale, dopo il comma 2 è inserito il seguente:
-  "2-bis. Nel corso del procedimento penale relativo a delitti previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale il giudice dispone il sequestro dei beni di cui è consentita la confisca".
4. I beni immobili confiscati ai sensi degli articoli 322-ter e 335-bis del codice penale sono acquisiti di diritto e gratuitamente al patrimonio disponibile del comune nel cui territorio si trovano. La sentenza che dispone la confisca costituisce titolo per la trascrizione nei registri immobiliari.
-  Art. 7 - Responsabilità per danno erariale. - 1. La sentenza irrevocabile di condanna pronunciata nei confronti dei dipendenti indicati nell'articolo 3 per i delitti contro la pubblica amministrazione previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice penale è comunicata al competente procuratore regionale della Corte dei conti affinché promuova entro trenta giorni l'eventuale procedimento di responsabilità per danno erariale nei confronti del condannato. Resta salvo quanto disposto dall'articolo 129 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271.
-  Art. 8 - Prevalenza della legge sulle disposizioni contrattuali. - 1. Le disposizioni della presente legge prevalgono sulle disposizioni di natura contrattuale regolanti la materia.
2. I contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dopo la data di entrata in vigore della presente legge non possono, in alcun caso, derogare alle disposizioni della presente legge.
-  Art. 9 - Estensione dell'articolo 652 del codice di procedura penale al giudizio promosso nell'interesse del danneggiato. - 1. Al comma 1 dell'articolo 652 del codice di procedura penale, le parole da: "promosso dal danneggiato" fino alla fine, sono sostituite dalle seguenti: "promosso dal danneggiato o nell'interesse dello stesso, sempre che il danneggiato si sia costituito o sia stato posto in condizione di costituirsi parte civile, salvo che il danneggiato dal reato abbia esercitato l'azione in sede civile a norma dell'articolo 75, comma 2".
-  Art. 10 - Disposizioni transitorie. - 1. Le disposizioni della presente legge si applicano ai procedimenti penali, ai giudizi civili e amministrativi e ai procedimenti disciplinari in corso alla data di entrata in vigore della legge stessa.
2. Ai procedimenti di cui al comma 1 non si applicano le pene accessorie e le sanzioni patrimoniali previste dalla presente legge, ferma restando l'applicazione delle sanzioni previgenti.
3. I procedimenti disciplinari per fatti commessi anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge devono essere instaurati entro centoventi giorni dalla conclusione del procedimento penale con sentenza irrevocabile (2).
(2) La Corte costituzionale, con sentenza 25 luglio 2002, n. 394, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma 1 nella parte in cui prevede che gli articoli 1 e 2 di questa legge si riferiscono anche alle sentenze di applicazione della pena su richiesta pronunciate anteriormente alla sua entrata in vigore.
La Corte costituzionale, con sentenza 22 giugno 2004, n. 186, ha dichiarato l'illegittimità del comma 3, nella parte in cui prevede, per i fatti commessi anteriormente alla data di entrata in vigore di detta legge, l'instaurazione dei procedimenti disciplinari entro centoventi giorni dalla conclusione del procedimento penale con sentenza irrevocabile di condanna, anziché entro il termine di novanta giorni dalla comunicazione della sentenza all'amministrazione o all'ente competente per il procedimento disciplinare.
-  Art. 11 - Entrata in vigore. - 1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.".
Nota agli artt. 286, 287 e 288
Confronta le disposizioni generali contenute nell'art. 663.
Nota all'art. 293
Si riportano i seguenti articoli dell'ordinamento amministrativo degli enti locali, parzialmente compatibili con la successiva normativa intervenuta nel settore:
-  "Art. 221 - Periodo di esperimento. - La nomina dei dipendenti del comune e del libero consorzio, acquista carattere di stabilità dopo il periodo di esperimento.
La dimissione per fine del periodo di esperimento deve essere disposta con deliberazione adottata non più di sei mesi e non meno di tre mesi dalla scadenza del biennio.
In tale deliberazione deve essere enunciata la causa generica della dimissione.
Contro tale deliberazione è ammesso ricorso per legittimità al Consiglio di giustizia amministrativa ovvero ricorso straordinario al Presidente della Regione.
-  Art. 224 - Incompatibilità. - Salvo che la legge non disponga altrimenti l'ufficio di dipendente comunale e consortile è incompatibile con ogni altro ufficio retribuito a carico dello Stato e di altro ente.
Qualora ricorrano speciali motivi, il dipendente comunale o consortile può essere autorizzato dall'amministrazione dalla quale dipende anche a prestare opera retribuita presso istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza ed altri enti pubblici locali.
Con la qualità di dipendente comunale e consortile è, altresì, incompatibile qualunque impiego privato, l'esercizio di qualunque professione, commercio o industria, la carica di amministratore, consigliere di amministrazione, sindaco o altra consimile, sia o non sia retribuita, in tutte le società costituite a fine di lucro.
Possono, peraltro, i dipendenti comunali e dei liberi consorzi previa autorizzazione, far parte dell'amministrazione di società cooperative costituite tra impiegati, ed essere prescelti come periti o arbitri. Per le perizie e gli arbitrati l'autorizzazione è prescritta caso per caso.
-  Art. 233 - Dimissioni volontarie. - Le dimissioni volontarie dei dipendenti dei comuni e dei liberi consorzi dall'ufficio devono essere presentate per iscritto all'Amministrazione; esse non hanno effetto se non sono accettate.
Il dimissionario non può abbandonare l'ufficio e non è svincolato dai doveri ad esso inerenti finché non gli sia partecipata l'accettazione delle dimissioni. L'accettazione può, tuttavia, essere negata quando il dipendente sia sottoposto a procedimento disciplinare. Salvo gravi motivi di servizio, essa deve avere corso nel termine di trenta giorni.".
Nota all'art. 313, comma 3
Si riporta il decreto dell'Assessorato regionale degli enti locali 4 settembre 1993 (Approvazione dello schema di regolamento della polizia municipale):
"L'ASSESSORE PER GLI ENTI LOCALI

Visto lo Statuto della Regione;
Vista la legge 1 agosto 1990, n. 17, recante disposizioni in materia di polizia municipale;
Rilevato che l'art. 9.3 della suddetta legge impone ai comuni di adottare il regolamento di polizia municipale secondo lo schema predisposto dall'Assessorato regionale degli enti locali;
Considerato che occorre, in applicazione della citata norma, predisporre lo schema di tale regolamento;
Sentito, sull'argomento, il comitato tecnico per la polizia municipale;
Decreta:
Articolo Unico

Lo schema di regolamento della polizia municipale, previsto dall'art. 9.3 della legge regionale 1 agosto 1990, n. 17, è approvato nel testo allegato.
I comuni hanno l'obbligo di conformare a tale schema i relativi regolamenti di polizia municipale.
Il presente decreto sarà trasmesso alla Gazzetta Ufficiale della Regione per la pubblicazione.
Palermo, 4 settembre 1993.
ORDILE
Allegato
Comune di .............................................................................
REGOLAMENTO DI POLIZIA MUNICIPALE
Titolo I ISTITUZIONE E ORDINAMENTO DEL CORPO
Art. 1
Corpo di polizia municipale

I servizi di polizia municipale sono disciplinati dal presente regolamento in conformità alla legge nazionale 7 marzo 1986, n. 65 e in applicazione della legge regionale 1 agosto 1190, n. 17.
E' costituito il Corpo di polizia municipale del comune di ..........................................................................................
Le norme del regolamento si applicano a tutti gli appartenenti al Corpo di polizia municipale senza distinzione di qualifica.
Art. 2
Funzioni del sindaco

Il sindaco, o l'assessore delegato, sovrintende al Corpo, esercita l'alta vigilanza e impartisce le opportune direttive generali al comandante ai sensi dell'art. 2 della legge 7 marzo 1986, n. 65.
Non possono essere previste altre forme di dipendenza del Corpo o dei singoli agenti di p.m. al di fuori di quelle previste per legge.
Art. 3
Funzioni degli appartenenti al Corpo

Nell'ambito del territorio comunale al Corpo di polizia municipale sono demandati i seguenti compiti:
a) vigilare sull'osservanza delle leggi, dei regolamenti, delle ordinanze e di ogni altra disposizione emanata dallo Stato, dalla Regione o dall'Amministrazione comunale, con particolare riguardo alle norme concernenti la polizia stradale e la polizia amministrativa in materia di edilizia, del commercio, della tutela dell'ambiente, dell'igiene, dei pubblici esercizi;
b) assolvere a funzioni di polizia amministrativa attribuite al comune dalle leggi vigenti;
c) prestare soccorso e svolgere funzione di protezione civile in occasione di pubbliche calamità o disastri, d'intesa con gli organi competenti, nonché in caso di privati infortuni;
d) adempiere compiti di polizia giudiziaria e/o funzioni ausiliarie di pubblica sicurezza ai sensi degli articoli 3 e 5 della legge 7 marzo 1986, n. 65, nonché delle disposizioni vigenti del codice di procedura penale;
e) raccogliere notizie o effettuare accertamenti e rilevazioni, anche su richiesta degli organi comunali competenti, nei limiti dei propri compiti istituzionali;
f) concorrere al mantenimento dell'ordine pubblico ai sensi e con le procedure dell'art. 3 della legge 7 marzo 1986, n. 65;
g) prestare servizio d'onore e di rappresentanza in occasione di pubbliche funzioni, manifestazioni o cerimonie e fornire - su disposizione del sindaco - la scorta d'onore al gonfalone del comune e, sempre nell'ambito comunale, a quello della Regione;
h) vigilare perché siano osservate le prescrizioni della pubblica amministrazione a tutela del patrimonio comunale;
i) segnalare le deficienze rilevate o fatte rilevare nei pubblici servizi o le cause di pericolo per la pubblica incolumità;
l) provvedere all'espletamento dei servizi di polizia stradale ai sensi delle norme del codice della strada;
m) collaborare con le forze di polizia dello Stato nell'ambito del territorio comunale e nei limiti delle proprie attribuzioni, previa disposizione del sindaco, quando ne venga fatta, per specifiche operazioni, richiesta motivata dalle competenti autorità.
Nei casi d'urgenza la relativa disposizione può essere impartita dal comandante del Corpo che ne dà comunicazione al sindaco non appena possibile.
Art. 4
Organico del Corpo di p.m.

1 - L'organico e la struttura gerarchico - funzionale del Corpo di p.m. sono determinati come da annessa tabella A (1).
(1) Avvertenza all'art. 4.
Per la determinazione dell'organico del Corpo di p.m. gli enti si atterranno ai seguenti criteri ferme restando le disposizioni della contrattazione nazionale del lavoro e le compatibilità finanziarie:
1) determinazione del numero degli agenti di p.m. (qualifica iniziale):
-  un collaboratore di vigilanza di p.m. ogni 800 abitanti;
-  2 collaboratori di vigilanza di p.m. ogni frazione geografica e/o quartiere amministrativo;
-  un collaboratore di vigilanza di p.m. ogni 1.000 ettari di terreno;
-  un collaboratore di vigilanza di p.m. ogni plesso scolastico con almeno 5 aule.
I superiori dati sono cumulabili.
Le frazioni si arrotondano all'unità superiore.
I comuni di Palermo, Catania e Messina possono, per dimostrate esigenze, aumentare l'organico come sopra ricavato di una percentuale non superiore . del 15q%.
Per gli altri comuni capoluogo di provincia e quelli con alta intensità di traffico veicolare, turistica, industriale o commerciale l'aumento di cui sopra non può superare il 10%;
2) determinazione delle altre qualifiche:
a) ogni 3 collaboratori di vigilanza di p.m. (livello iniziale V) un istruttore di vigilanza (livello VI: comandante nei comuni di pari livello apicale);
b) ogni 5 istruttori di vigilanza:
-  un istruttore direttivo di vigilanza (livello VII: comandante nei comuni di pari livello apicale);
c) ogni 5 istruttori direttivi di vigilanza:
-  un funzionario di vigilanza (livello VIII: comandante nei comuni di pari, livello apicale;
d) ogni 3 funzionari:
-  un dirigente di p.m. (livello 1° dirig.: comandante nei comuni di pari livello apicale);
e) ogni 2 dirigenti di p.m. livello 1° dirig.:
-  un dirigente superiore (livello 2° dirig.: comandante nei comuni di pari livello apicale) (2).
(2) Avvertenza all'art. 4.
La corrispondenza tra qualifiche funzionali e profili professionali è così stabilita:
Livello Qualifica funzionale  Profilo professionale 
V Collaboratore di vigilanza  Agente di polizia municipale 
VI Istruttore di vigilanza  Ispettore di polizia municipale 
VII Istruttore dir. di vigilanza  Ispettore sup. di pol. municip. 
VIII Funzionario di vigilanza  Funzionario di pol. municip. 
1° D Dirigente di vigilanza  Dirigente di polizia municipale 
2° D Dirigente di vigilanza  Dirigente sup. di pol. municip. 

Art. 5
Organizzazione tecnico-operativa del Corpo di p.m. (a)

Circoscrizione di polizia municipale
1 - Il Corpo di p.m. si articola nelle seguenti circoscrizioni:
-  Circoscrizione di p.m. di ............................................................... (indicare la denominazione). Essa comprende le zone territoriali di ....................... ............................. (Nota: indicare quali zone, quartieri o frazioni geografiche si vogliono comprendere nella circoscrizione).
-  Circoscrizione di p.m. ............................................................
-  ............................................................ ecc. ...........................................................................
2 - Ciascuna circoscrizione si articola in quartieri di p.m. come segue (b):
-  La circoscrizione di p.m. di ....................................................... è suddivisa nei seguenti quartieri di p.m.:
-  Quartiere di p.m. di ............................................................................................ (Nota: indicare la zona territoriale in cui si vuole costituire il quartiere di p.m. Esso non deve necessariamente coincidere con il quartiere amm.vo).
-  Quartiere di p.m. di ............................................................................................ (Nota: proseguire sulla superiore falsariga).
(a) La disposizione riguarda soltanto i comuni che rientrano nelle previsioni dell'art. 7 della legge regionale n. 17/90.
La circoscrizione è strumento di decentramento diverso dal decentramento amministrativo e quindi può non coincidere con quest'ultimo.
(b) Non tengono conto della disposizione i comuni che non intendono avvalersi della facoltà di istituire i quartieri di p.m.
3 - Nell'ambito della circoscrizione (e del quartiere di p.m.) gli operatori espletano tutti i compiti di p.m. secondo le mansioni assegnate e gli ordini ricevuti nel rispetto della qualifica funzionale posseduta.
4 - L'operatore preposto al quartiere di p.m. è responsabile dell'andamento del servizio nel quartiere nei confronti del preposto alla circoscrizione di appartenenza e del comandante (Nota: non tener conto della disposizione se non sono stati costituiti quartieri di p.m.).
5 - L'operatore preposto alla circoscrizione è responsabile dell'andamento del servizio di p.m. nei confronti del comandante (Nota: non tener conto della disposizione se non sono state costituite le circoscrizioni di p.m.).
6 - Il responsabile della circoscrizione almeno trisettimanalmente convoca la conferenza di servizio dei responsabili di quartiere (Nota: non tener conto se non ci sono quartieri).
7 - Il comandante del corpo di p.m. convoca almeno settimanalmente la conferenza di servizio dei responsabili di circoscrizione.
La conferenza individua i problemi del servizio di p.m., elabora ipotesi di soluzione e propone al comandante direttive d'intervento, dà pareri.
Il comandante sentita la conferenza di cui al precedente comma, assegna a ciascuna circoscrizione e ai quartieri, ove istituiti, personale, attrezzature, automezzi e quant'altro occorra per il buon andamento del servizio secondo le esigenze e le disponibilità.
8 - L'attività delle circoscrizioni e/o dei quartieri deve sempre uniformarsi alle direttive di carattere generale impartite dal comandante.
Note all'art. 5
I criteri parametrali per l'istituzione delle circoscrizioni e dei quartieri di p.m. da tenere presenti sono:
1) insediamento urbano e flusso veicolare;
2) frazioni geografiche e/o quartieri amministrativi;
3) morfologia del territorio;
4) caratteristiche socio-economiche, culturali e ambientali della comunità.
Art. 6
Vigilanza di quartiere (1)

E' istituita la vigilanza di quartiere. Essa opera nei quartieri di .................................................................................. (Nota: può essere indicato uno o più quartieri o tutto il territorio comunale secondo le esigenze e le possibilità).
Al servizio di vigilanza di quartiere è addetto un agente o un istruttore di p.m. secondo le disponibilità di organico.
Il comandante del Corpo di p.m., sentita la conferenza dei responsabili di circoscrizione, determina il numero degli addetti alla vigilanza di quartiere.
Gli addetti alla vigilanza di quartiere svolgono, nell'ambito territoriale assegnato, i compiti di cui all'art. 8 della legge regionale n. 17/90.
Essi, alla fine di ciascun turno di servizio, redigono breve rapporto su quanto operato, osservato, e sulle eventuali segnalazioni ricevute.
(1) Solo per i comuni che intendono e possono istituire i servizio di vigilanza di quartiere.
Art. 7
Dipendenza gerarchica

Gli appartenenti al Corpo di polizia municipale sono tenuti ad eseguire le direttive impartite dai superiori per i singoli settori operativi nei limiti del loro stato giuridico e delle leggi.
L'operatore di qualifica superiore dirige, anche con istruzioni specifiche l'operato del personale dipendente, e assicura il costante coordinamento in funzione del buon andamento del servizio. Ha altresì l'obbligo di vigilare sul rispetto delle norme di servizio e di comportamento del personale di cui è responsabile.
Art. 8
Attribuzioni del comandante

Il comandante del Corpo di polizia municipale è responsabile verso il sindaco o l'assessore delegato, della disciplina e dell'impiego tecnico-operativo degli appartenenti al Corpo.
Per l'organizzazione generale dei servizi in conformità alle funzioni di istituto il comandante:
a) emana le disposizioni e vigila sull'espletamento dei servizi conformemente alle direttive dell'amministrazione di cui all'art. 2 del presente regolamento;
b) dispone l'assegnazione e la destinazione del personale secondo le specifiche necessità dei servizi;
c) assicura i servizi del Corpo in funzione del coordinamento con le altre forze di polizia e della protezione civile, secondo le direttive stabilite dal sindaco ai sensi del comma 3 dell'art. 3 della legge n. 17/90;
d) mantiene i rapporti con la magistratura, le autorità di pubblica sicurezza e gli organismi del comune o di altri enti secondo le necessità operative;
e) rappresenta il Corpo di polizia municipale nei rapporti interni ed esterni e in occasione di funzioni e manifestazioni pubbliche;
f) inoltra all'amministrazione proposte e richieste finalizzate al miglioramento strutturale del Corpo e dei servizi relativi.
In caso di assenza temporanea il comandante è sostituito dall'addetto di qualifica più elevata presente in servizio e, a parità di qualifica, dal più anziano.
Art. 9
Attribuzioni dei dirigenti di p.m.

I dirigenti di p.m. coadiuvano il comandante nella direzione tecnica disciplinare e amministrativa del Corpo.
Svolgono attività di studio, ricerca e programmazione del lavoro verificandone i risultati.
Assicurano l'esatta osservanza delle direttive e delle disposizioni dell'amministrazione e del comandante.
Sono responsabili della struttura cui sono assegnati nonché dell'impiego tecnico operativo e della disciplina del personale che vi è addetto.
In particolare:
-  coordinano e controllano i servizi loro affidati;
-  emanano ordini di servizio e stabiliscono le modalità d esecuzione;
-  elaborano relazioni, pareri e schemi di provvedimenti amministrativi e regolamentari.
Art. 10
Attribuzioni dei funzionari di p.m.

Coordinano e controllano i servizi loro affidati e rispondono del loro buon andamento nonché dell'impiego e della disciplina del personale addetto.
Nell'ambito delle strutture o servizi loro assegnati:
-  emanano ordini di servizio e le relative modalità di esecuzione, forniscono istruzioni normative e operative al personale subordinato e ne curano l'assegnazione e il coordinamento;
-  avanzano proposte per il miglioramento dei servizi.
Art. 11
Attribuzioni degli istruttori direttivi di p.m.

L'istruttore direttivo coadiuva il superiore diretto nelle sue attribuzioni.
Svolge funzioni di coordinamento e controllo dei settori o uffici che gli sono affidati e del cui buon andamento è responsabile.
Fornisce l'assistenza necessaria al personale dipendente sull'espletamento del servizio partecipandovi direttamente.
Vigila sulla disciplina e il comportamento del personale dipendente e ne cura l'istruzione e l'aggiornamento.
Assicura l'esatta interpretazione ed esecuzione delle disposizioni superiori.
Disimpegnano servizi di particolare rilievo ed eseguono interventi a livello specializzato, anche mediante l'uso di strumenti tecnici.
Istruiscono pratiche di particolare rilievo connesse all'attività di p.m. e redigono relazioni e rapporti giudiziari e amministrativi.
Art. 12
Attribuzioni dell'istruttore di p.m.

L'istruttore di p.m. svolge tutti i compiti di cui all'art. 71 del D.P.R. n. 268/87.
Ha la responsabilità della sorveglianza dei servizi che gli sono affidati.
Ha compiti di coordinamento e controllo delle attività svolte dal personale di qualifica inferiore.
Art. 13
Attribuzioni degli agenti di p.m.

Gli agenti di p.m. espletano tutte le mansioni inerenti alle funzioni d'istituto.
In particolare hanno il compito di:
-  vigilare sul buon andamento di tutti i pubblici servizi nelle vie e piazze del comune segnalando eventuali disservizi;
-  esercitare una vigilanza attenta e continua affinchè siano rigorosamente osservate le disposizioni di legge, dei regolamenti, delle ordinanze in genere e di quelle municipali in particolare;
-  accertare e contestare le violazioni nei modi prescritti dalle leggi e dai regolamenti evitando inutili e spiacevoli discussioni;
-  prestare soccorso ed assistenza ai cittadini, accorrendo prontamente ovunque si renda necessario;
-  usare la maggiore cortesia possibile con coloro che chiedono notizie indicazioni o assistenza;
-  acquisire, ricevere e dare informazioni, effettuare ricerche ed accertamenti relativi ai servizi comunali;
-  vigilare sul patrimonio comunale per garantirne la buona conservazione e reprimere ogni illecito uso;
-  esercitare il controllo sull'osservanza delle norme in materia di viabilità, di polizia urbana, di annona, di commercio, di polizia amministrativa, di edilizia, di igiene, di protezione ambientale, ecc. In caso di risse o litigi intervenire prontamente per sedarli;
-  prestare assistenza nel trasporto e nell'accompagnamento di persone ferite, informandone il comando e le autorità competenti;
-  evitare che siano rimosse, senza l'autorizzazione della autorità competente, le salme di persone decedute in luogo pubblico;
-  intervenire nei confronti delle persone in evidenti condizioni di menomazione psichica o in stato di agitazione psico motoria per malattia o assunzione di sostanze stupefacenti o alcoliche che rechino molestia sulle pubbliche vie, adottando gli accorgimenti di legge e quelli necessari per evitare che possano nuocere a se stessi o agli altri;
-  scortare i mezzi di soccorso o di trasporto degli ammalati di mente fino al presidio sanitario nel caso di ricovero disposto con ordinanza del sindaco in T.S.O..
-  accompagnare possibilmente alle loro abitazioni, oppure presso gli uffici del comando, i fanciulli abbandonati o smarritisi;
-  intervenire contro chiunque eserciti la mendicità o l'esercizio abusivo di mestieri girovaghi;
-  depositare immediatamente all'ufficio competente, e con le modalità stabilite, oggetti smarriti o ricevuti in consegna;
-  evitare ed impedire danneggiamenti oltre che alla proprietà del comune e a quella degli altri enti pubblici, anche, nei limiti del possibile, alla proprietà privata;
-  sorvegliare, in modo particolare, che non si verifichino costruzioni o depositi abusivi, accertando inoltre che i cantieri delle costruzioni edilizie rechino le indicazioni e le tabelle prescritte dai vigenti regolamenti edilizi comunali e la segnaletica imposta dal codice della strada;
-  controllare che gli orari di apertura e chiusura dei negozi e degli esercizi pubblici siano rispettati e vigilare sull'esatta osservanza delle norme vigenti in materia di prevenzione incendi, delle disposizioni legislative e regolamentari sui servizi metrici e, in particolare, sulla verificazione periodica biennale dei pesi e delle misure;
-  in occasione di fiere e mercati vigilare in modo particolare affinché:
a) le occupazioni di suolo pubblico avvengano secondo le modalità e le norme dettate dall'amministrazione comunale e le altre autorizzazioni siano regolari;
b) siano prevenute risse, furti, borseggi e schiamazzi;
c) non vi si esercitino giochi d'azzardo, intervenendo nei modi di legge contro i trasgressori;
d) mediatori e imbonitori esercitino con regolarità la loro attività e sia evitato ogni atteggiamento petulante che disturbi i visitatori e gli avventori;
e) sia assicurato il libero svolgimento fieristico e dei mercati;
-  impedire l'abusiva affissione murale o la distribuzione pubblica non autorizzata di manifesti nonché la lacerazione o la deturpazione di quelli la cui affissione sia stata regolarmente autorizzata;
-  non ricorrere alla forza se non sia assolutamente indispensabile per fare osservare le leggi, per tradurre persone in stato di fermo o di arresto, per mantenere l'ordine pubblico o per difendere se stessi o gli altri da violenze o da sopraffazioni. L'uso delle armi è consentito solo nelle ipotesi previste dalla legge penale;
In relazione ai compiti connessi alla funzione di agenti di polizia giudiziaria si rinvia alle leggi e ai regolamenti dello Stato.
Gli agenti prestano la loro opera appiedati o a bordo di veicoli, utilizzando i mezzi, gli strumenti e le apparecchiature tecniche di cui vengono dotati per la esecuzione dei loro interventi.
Art. 14
Norme di accesso al Corpo

L'accesso al Corpo di p.m. è disciplinato dalle norme di legge e della contrattazione nazionale di lavoro.
A tal fine, oltre ai generali requisiti per l'accesso al pubblico impiego, si richiede:
a) possesso della patente di guida di categoria B o superiore;
b) idoneità psicofisica all'espletamento di tutti i servizi d'istituto;
c) statura come stabilita per gli agenti della polizia di Stato;
d) possesso dei requisiti per il conferimento della qualifica di agente di p.s. da parte del prefetto, ai sensi dell'art. 5, comma 2 e 3 della legge n. 65/86;
e) titolo di studio conforme a quello stabilito dalla contrattazione nazionale di lavoro per le corrispondenti qualifiche.
Avvertenza
Il regolamento dell'ente può prevedere per taluni profili professionali del Corpo forme di accesso interno ai sensi del l'art. 24 del D.P.R. n. 347/83 e nel rispetto della normativa vigente.
Art. 15
Aggiornamento professionale

La formazione, la qualificazione, l'addestramento e l'aggiornamento degli addetti alla polizia municipale vengono effettuati in conformità all'art. 11 della legge regionale n. 17/90, presso il centro regionale per la polizia municipale.
I vincitori di concorsi pubblici per posti del Corpo di polizia municipale sono tenuti a frequentare, nel periodo di prova, specifici corsi di qualificazione professionale.
Titolo IV UNIFORME, ARMA E DOTAZIONE
Art. 16
Uniforme di servizio

L'amministrazione fornisce l'uniforme di servizio e quanto necessita per gli appartenenti al Corpo di polizia municipale.
La foggia, la qualità, il tipo e i capi delle uniformi, nonché le dotazioni accessorie sono determinati in attuazione dell'art. 10 della legge regionale n. 17/90.
Le uniformi sono descritte, per ogni foggia e nei diversi capi, nella "Tabella vestiario" che viene approvata con delibera della giunta comunale.
La tabella determina le quantità e i periodi delle forniture nonché le modalità con cui i capi delle uniformi e gli accessori devono essere indossati.
E' fatto divieto agli appartenenti al Corpo di apportare modifiche o visibili aggiunte all'uniforme assegnata.
Art. 17
Distintivi di qualifica

I distintivi di qualifica e anzianità degli appartenenti al Corpo sono stabiliti, conformemente alle determinazioni adottate con decreto dell'Assessore regionale EE.LL. n. 3/1149 del 15 marzo 1993, ai sensi dell'art 10 della legge regionale n. 17/90.
I distintivi suddetti e la placca di servizio sono descritti nella "Tabella vestiario" che ne stabilisce anche le modalità per l'applicazione sull'uniforme e per l'uso.
Sull'uniforme possono essere portate dai singoli appartenenti le decorazioni al valore civile e militare, applicate secondo le consuete modalità d'uso e le onorificenze riconosciute dallo Stato italiano.
Art. 18
Arma d'ordinanza

Gli appartenenti al Corpo di polizia municipale sono dotati dell'arma d'ordinanza, secondo quanto disposto dal regolamento speciale in attuazione del D.M.I. del 4 marzo 1987, n. 145, del tipo descritto nella "Tabella vestiario".
L'arma deve essere portata indosso, come stabilito dal regolamento speciale. Essa può essere impiegata soltanto nei casi in cui l'uso è consentito dalla legge.
Gli agenti vengono addestrati all'uso dell'arma durante il corso iniziale di formazione professionale.
Art. 19
Strumenti e mezzi in dotazione

Le attività della polizia municipale possono essere disimpegnate con l'ausilio di autovetture, motocicli, ciclomotori e automezzi per impieghi speciali, dotati di sistema di allarme e collegamento radio-ricetrasmittente con la centrale operativa del comando e di ogni altra attrezzatura idonea ad assicurare una efficiente operatività in relazione alla destinazione di impiego di ogni singolo mezzo.
Il personale in servizio di vigilanza è dotato di apparecchio ricetrasmittente portatile.
Art. 20
Servizio in uniforme ed eccezioni

Gli appartenenti al Corpo di polizia municipale prestano i servizi di istituto in uniforme.
L'attività di servizio può essere svolta in abito civile solo nei casi espressamente autorizzati dal comandante.
Art. 21
Tessera di servizio

Gli appartenenti al Corpo di polizia municipale sono muniti di una tessera di servizio fornita dall'amministrazione che certifica l'identità, la qualifica e il numero di matricola della persona nonché gli estremi del provvedimento di conferimento della qualifica di agente di p.s.
Il modello della tessera è riportato nella "Tabella vestiario" allegata al regolamento.
Tutti gli appartenenti al Corpo in servizio devono portare con se la tessera di servizio.
La tessera deve essere sempre mostrata a richiesta e, prima di qualificarsi, nei casi in cui il servizio viene prestato in abito civile.
Titolo V SERVIZIO DI POLIZIA MUNICIPALE
Art. 22
Finalità generali dei servizi

L'organizzazione dei servizi di cui al presente titolo V e l'impiego del personale di cui al titolo VI successivo, devono rispondere alla finalità di consentire il regolare e ordinato svolgimento della vita collettiva e vengono svolti secondo le direttive impartite dal sindaco per il perseguimento del pubblico interesse.
Art. 23
Modalità

La permanenza del personale di p.m. in uno stesso servizio o settore non può avere durata superiore a 3 anni.
I criteri di mobilità orizzontale conseguenti all'applicazione del precedente comma sono concordati con le organizzazioni sindacali rappresentate nel Corpo.
Art. 24
Servizi esterni

Per il perseguimento delle finalità di cui al precedente art. 3 sono istituiti servizi appiedati o a bordo dei veicoli posti a disposizione dell'amministrazione nell'ambito delle attribuzioni proprie degli addetti.
Tutti gli addetti ai servizi possono essere adibiti alla guida dei veicoli disponibili per l'espletamento di compiti d'istituto.
A tal fine l'amministrazione provvederà per il conseguimento da parte degli addetti alla conduzione, della patente speciale di servizio di cui all'art. 139 del DL. 30 aprile 1992, n. 285.
Art. 25
Servizi interni

I servizi interni del Corpo sono finalizzati alla organizzazione, predisposizione e funzionamento dei compiti d'istituto del Corpo stesso.
Ai servizi di supporto tecnico (informatizzazione, dattilografia, archivio, centralino telefonico e mansioni esecutive e ausiliarie in genere) sarà addetto in via prioritaria personale del Corpo e quindi altro personale comunale.
Il personale amministrativo comunale addetto ai servizi di cui al precedente comma conserva lo stato giuridico ed economico della qualifica posseduta.
I criteri di assegnazione del personale di p.m. ai servizi interni del Corpo sono nell'ordine: l'inidoneità temporanea del personale a tutti i servizi esterni, l'anzianità di servizio e l'anzianità anagrafica.
Avvertenza all'art. 25
Ai servizi interni non può essere destinato personale della vigilanza in misura superiore al 15% degli addetti al Corpo.
Ulteriori esigenze di personale per tali servizi saranno fronteggiati col personale amministrativo comunale fino a un massimo di un ulteriore 15%.
Art. 26
Obbligo d'intervento e di rapporto

Restando fermo l'espletamento dei doveri derivanti dalla qualifica di agente o ufficiale di polizia giudiziaria gli appartenenti al Corpo hanno l'obbligo di intervenire per tutti i compiti derivanti dalle funzioni d'istituto.
L'intervento può essere prioritario o esclusivo sulla base di un ordine anche verbale del superiore gerarchico, ovvero sulla base dell'ordine di servizio o del programma di lavoro assegnato.
Oltre ai casi in cui è prevista la stesura di verbali o di rapporti specifici, il dipendente deve redigere sempre un rapporto di servizio per gli interventi relativi ai fatti dai quali derivano particolari conseguenze o per i quali è prevista la necessità o l'opportunità di una futura memoria.
Art. 27
Ordine di servizio

Il turno, l'orario, il posto di lavoro e le modalità di espletamento del servizio, di norma sono predisposti con ordini di servizio anche individuali.
Gli ordini di servizio devono essere pubblicati almeno entro le ore 14 di ciascun giorno e gli appartenenti al Corpo hanno l'obbligo di prenderne visione.
I destinatari dell'ordine di servizio devono attenersi alle modalità indicate ed alle istruzioni impartite sia in linea generale, sia per il servizio specifico.
I servizi dovranno essere di massima predisposti sulla base di turni almeno settimanali predeterminati.
Tali turni potranno subire variazioni, per casi eccezionali, che dovranno essere comunicati tempestivamente agli interessati, fermo restando il ricorso prioritario all'istituto della reperibilità.
Art. 28
Divieto di distacco o comandi

Non sono consentiti distacchi o comandi del personale di p.m. presso altri settori dell'amministrazione.
Il comandante, su motivata richiesta del sindaco, può disporre l'impiego del personale solo per servizi di p.m. presso altri settori dell'amministrazione, ferme restando la disciplina e la dipendenza dal Corpo di p.m.
Art. 29
Servizi esterni presso altre amministrazioni

Ai sensi dell'art. 4, comma IV, della legge quadro 7 marzo 1986, n. 65 e dell'art. 3, comma III, della legge regionale n. 17/90, gli appartenenti al Corpo possono essere impiegati singolarmente o in gruppi operativi per effettuare servizi di natura temporanea presso altre amministrazioni locali, previa comunicazione al prefetto ove richiesta dalle disposizioni richiamate.
Tali servizi vengono prestati sulla base di intese tra le amministrazioni interessate.
In casi di urgenza per motivi di soccorso o a seguito di calamità e disastri, l'impiego può essere deciso con determinazione del sindaco o, in mancanza, del comandante. Al personale impiegato si applicano le disposizioni previste dal regolamento del personale per le missioni e le trasferte dei dipendenti.
Il comando di polizia municipale è autorizzato a gestire direttamente servizi stradali d'intesa con quelli dei comuni confinanti per necessità derivanti da situazioni della circolazione e per manifestazioni o altre evenienze straordinarie.
Titolo VI SVOLGIMENTO DEI SERVIZI DEL CORPO
Art. 30
Prolungamento del servizio

Il prolungamento del servizio è obbligatorio per il tempo necessario:
a) al fine di portare a compimento un'operazione di servizio già iniziata e non procrastinabile;
b) in situazioni di emergenza anche in assenza di ordine superiore;
c) in attesa dell'arrivo in servizio dell'appartenente al Corpo del turno successivo, quando è previsto dall'ordine di servizio.
Art. 31
Mobilitazione dei servizi

Quando si verificano situazioni di straordinaria emergenza, tutti gli appartenenti al Corpo possono essere mobilitati in continuità, a disposizione dei servizi, fornendo la reperibilità nelle ore libere.
Il comandante può sospendere le licenze e i permessi ordinari per tutti gli appartenenti al Corpo, al fine di poter disporre dell'intera forza necessaria.
Art. 32
Reperibilità degli appartenenti al Corpo

Oltre ai casi di straordinaria emergenza di cui all'articolo precedente, il comandante dispone turni di reperibilità degli appartenenti al Corpo in relazione a determinati servizi di istituto, in conformità alle disposizioni di cui all'art. 4 del D.P.R. n. 268/86 e successive modificazioni.
Titolo VII NORME DI COMPORTAMENTO
Art. 33
Norme generali: doveri

Gli appartenenti al Corpo osservano le disposizioni del presente regolamento, nonché le disposizioni contenute nel regolamento organico del personale, svolgendo i propri compiti nello spirito delle finalità dei servizi indicato nell'art. 21.
Fermi restando gli obblighi derivanti dalle disposizioni di legge, gli appartenenti al Corpo devono considerarsi sempre disponibili per il servizio, per le situazioni di emergenza.
Art. 34
Rapporti interni al Corpo

I rapporti gerarchici e funzionali fra gli appartenenti al Corpo sono improntati a reciproco rispetto e cortesia, al fine di conseguire la massima collaborazione ai diversi gradi di responsabilità.
Gli appartenenti al Corpo sono tenuti alla massima lealtà di comportamento nei confronti dei superiori, colleghi e subalterni, evitando di diminuirne o menomarne in qualunque modo autorità e prestigio.
Art. 35
Comportamento in pubblico

Durante i servizi svolti in luogo pubblico, l'appartenente al Corpo deve mantenere un contegno corretto e un comportamento irreprensibile, operando con senso di responsabilità, in modo da riscuotere sempre la stima, il rispetto e la fiducia della collettività.
Egli deve rispondere alle richieste dei cittadini, intervenendo o indirizzandoli secondo criteri di opportunità ed equità.
Deve sempre salutare la persona che lo interpella o a cui si rivolge.
L'appartenente al Corpo nell'esercizio delle proprie funzioni, ove richiesto deve fornire il proprio nome, cognome e qualifica e, quando opera in abito civile, deve prima qualificarsi esibendo la tessera di servizio.
Durante il servizio deve assumere un contegno consono alla sua funzione.
Art. 36
Saluto

Il saluto verso i colleghi, i superiori, i cittadini, le istituzioni e le autorità che le rappresentano, è un dovere per gli appartenenti al Corpo.
Il saluto si effettua militarmente.
Sono dispensati dal saluto:
-  coloro che stanno effettuando la regolazione manuale del traffico;
-  i motociclisti in marcia e coloro che sono a bordo di autoveicoli;
-  il personale inquadrato in drappello di scorta al gonfalone civico o alla bandiera nazionale.
Titolo VIII DISCIPLINA, RICONOSCIMENTI E PROVVIDENZE
Art. 37

La responsabilità civile e disciplinare degli appartenenti al Corpo di polizia municipale è regolata dalle norme di legge o di regolamento vigenti.
Art. 38
Accertamenti sanitari

Gli appartenenti al Corpo di p.m. sono sottoposti ai controlli periodici di legge per la verifica delle condizioni di salute in relazione alla specifica natura del servizio e alla eziologia delle malattie professionali.
Art. 39
Segnalazioni particolari per gli appartenenti al Corpo

Il comandante segnala al sindaco i dipendenti che si sono distinti per aver dimostrato una spiccata qualità professionale spirito di iniziativa e notevoli capacità professionali con risultati di eccezionale rilevanza.
Art. 40
Minute spese di funzionamento

Con previsione di bilancio, viene stanziata annualmente una congrua somma da destinare alle minute spese di funzionamento, di gestione e di manutenzione degli impianti e delle attrezzature del Corpo.
Alla gestione delle somme è preposto, dal comandante, un dipendente di livello non inferiore al VI (economo).
L'economo provvede ad amministrare le somme accreditategli nel rispetto del regolamento di economato del Corpo.
Art. 41
Attività sportive istituzionalizzate

Raccomandazione
Senza nocumento del servizio gli enti possono disciplinare attività sportive e culturali.
Art. 42
Rinvio al regolamento generale per il personale del comune

Per quanto non è previsto nel presente regolamento, si applicano agli appartenenti al Corpo le norme contenute nel regolamento per il personale del comune, nelle leggi e nei contratti regionali di lavoro.".
Nota all'art. 351, comma 1, lett. b)
Si riporta 18 agosto 2000 e non 18 giugno 2000.
Nota all'art. 367
Per quanto concerne la disciplina dell'appropriazione del verbale di gara dell'ufficio regionale degli appalti, l'articolo non contiene necessarie disposizioni afferenti, le quali, di contro, sono contenute nel regolamento di esecuzione previsto nell'originario e limitato comma 11 della medesima disposizione.
Nota all'art. 367, comma 17
Si riporta il decreto presidenziale 14 gennaio 2005, n. 1 (Regolamento per il funzionamento dell'Ufficio regionale per l'espletamento di gare per l'appalto di lavori pubblici):
"IL PRESIDENTE DELLA REGIONE

Visto lo Statuto della Regione;
Visto il T.U. delle leggi sull'ordinamento del Governo e dell'Amministrazione della Regione siciliana, approvato con D.Lgs. P.Reg. 28 febbraio 1979, n. 70 ed, in particolare, l'art. 2;
Visto l'art. 7/ter della legge 11 febbraio 1994, n. 109, introdotto dall'art. 5 della legge regionale 2 agosto 2002, n. 7;
Vista la deliberazione della Giunta regionale n. 337 del 18 ottobre 2004;
Visto il proprio decreto 3 novembre 2004 di emanazione del predetto regolamento;
Viste le osservazioni formulate dalla Corte dei conti, sezione di controllo per la Regione siciliana, con foglio 29 novembre 2004, n. 21, in ordine agli articoli 3 e 9 del predetto schema di regolamento;
Vista la nota dell'Ufficio legislativo e legale n. 1806 - 226/A del 17 dicembre 2004, con la quale si propone l'adesione alle predette osservazioni;
Vista la nota n. 174 dell'11 gennaio 2005, con la quale l'Assessore regionale per i lavori pubblici ha riformulato i predetti articoli 3 e 9 dello schema di regolamento secondo le osservazioni della Corte dei conti;
Vista la deliberazione della Giunta regionale n. 8 del 12 gennaio 2005;
Visto l'art. 17, comma 27, della legge 15 maggio 1997, n. 127;
Su proposta dell'Assessore regionale per i lavori pubblici;
Emana il seguente regolamento:
Art. 1
Ambito di applicazione - Definizioni

1. Il presente regolamento disciplina l'espletamento delle gare relative a lavori pubblici da realizzarsi mediante contratti di appalto aventi per oggetto la sola esecuzione dei lavori o l'appalto integrato, da affidarsi mediante pubblico incanto, e da aggiudicarsi con il criterio del prezzo più basso.
2. Ai fini del presente regolamento si intende:
a) per "Legge" la legge 11 febbraio 1994, n. 109 con le sostituzioni, modifiche ed integrazioni di cui alla legge regionale 2 agosto 2002, n. 7 ;
b) per "Autorità" l'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici;
c) per "Osservatorio" l'Osservatorio regionale dei lavori pubblici;
d) per "Ufficio" l'Ufficio regionale per l'espletamento di gare per l'appalto di lavori pubblici.
Art. 2
Commissioni provinciali e commissione centrale Nomina, funzioni e trattamento economico

1. Nel decreto presidenziale di nomina dei componenti le commissioni delle sezioni è indicato il presidente ed il vice presidente.
2. L'indennità annua lorda di funzione per il presidente della sezione provinciale è fissata in € 51.000; l'indennità annua lorda di funzione per i componenti di ciascuna sezione provinciale è fissata in E 30.000.
Art. 3 Ufficio di segreteria tecnico-amministrativa - Nomina e trattamento economico
1. Il dirigente generale del dipartimento regionale dei lavori pubblici nomina con apposito provvedimento i membri di ciascun ufficio di segreteria tecnico-amministrativa, i quali sono scelti tra soggetti di riconosciute competenza e professionalità in materia di lavori pubblici.
2. Essi, all'atto dell'accettazione dell'incarico, sono tenuti a presentare una dichiarazione di non trovarsi in alcuna delle condizioni ostative di cui alla legge 27 marzo 2001, n. 97 .
3. L'ufficio di segreteria tecnico-amministrativa:
a) cura la predisposizione di quanto necessario per le riunioni della commissione e ne custodisce gli atti;
b) cura l'istruttoria e formula proposte per l'espletamento dei sub-procedimenti di verifica delle offerte anomale e degli altri provvedimenti di competenza della commissione.
4. Il trattamento economico accessorio da corrispondere ai componenti gli uffici di cui al presente articolo è, per il personale dell'Amministrazione regionale, in fase di prima applicazione, quello previsto dalle norme contrattuali.
5. Per il personale regionale con qualifica dirigenziale si applica quanto previsto dall'art. 13 della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10 .
6. Per il personale dipendente da altre pubbliche amministrazioni il trattamento economico complessivo non può, comunque, essere inferiore a quello in godimento presso l'amministrazione di appartenenza.
Art. 4
Adempimenti relativi alla celebrazione della gara

1. Il dirigente preposto all'ufficio di segreteria tecnico-amministrativa nomina per ciascun procedimento di selezione un responsabile degli adempimenti relativi alla celebrazione della gara il cui nominativo deve essere indicato nel bando.
2. Ove la gara sia relativa ad un appalto di importo superiore alla soglia comunitaria, immediatamente dopo la scadenza del termine di partecipazione, il dirigente preposto nomina una sub commissione di verifica delle eventuali offerte anomale mediante il sorteggio di tre tra i soggetti appartenenti all'ufficio di segreteria tecnico-amministrativa.
Art. 5
Responsabile degli adempimenti relativi alla celebrazione della gara

1. Il responsabile degli adempimenti relativi alla celebrazione della gara svolge le funzioni che la legge assegna al responsabile del procedimento nelle fasi di gara, ove non diversamente disposto con il presente regolamento.
2. Egli riceve il bando predisposto dal responsabile del procedimento dell'Amministrazione appaltante e ne cura la pubblicazione. Può, ove ravvisi irregolarità o illegittimità del bando, segnalarle al responsabile del procedimento dell'Amministrazione appaltante ma, in caso di conferma, ha l'obbligo di proseguire il procedimento, dandone segnalazione all'Osservatorio, per la promozione delle opportune iniziative, ivi compreso l'intervento ispettivo; ha il compito, fra l'altro, di registrare data ed ora di arrivo dei plichi e di provvedere alla loro custodia riponendoli negli appositi armadi di sicurezza dei quali l'Ufficio è dotato.
3. Egli, inoltre, è responsabile degli eventuali sub-procedimenti da espletarsi fino alla definizione delle operazioni di gara.
Art. 6
Sedute della commissione provinciale

1. Le sedute della commissione provinciale sono valide se sono presenti tutti i componenti. Essa adotta le proprie determinazioni a maggioranza.
2. All'inizio di ogni semestre, il presidente della commissione determina con apposito provvedimento il calendario delle sedute ordinarie. La cadenza di esse è, di regola, settimanale, salva diversa necessità correlata al carico di lavoro sorto. Il calendario è pubblicato nel sito internet dell'Assessorato regionale dei lavori pubblici.
3. La commissione, ove non si riunisca nelle date prefissate ai sensi del comma 2, è convocata in via straordinaria dal presidente con un preavviso scritto di 5 giorni liberi. Il provvedimento di convocazione straordinaria è pubblicato nel sito internet dell'Assessorato regionale dei lavori pubblici.
4. Alla seduta partecipa un membro dell'ufficio di segreteria tecnico-amministrativa con funzioni di verbalizzatore.
5. Le sedute della commissione provinciale sono pubbliche.
Art. 7
Sedute della commissione centrale

1. Le sedute della commissione centrale sono presiedute dal presidente della commissione provinciale di turno. Svolge le funzioni di vice presidente il soggetto che alla successiva turnazione sarà chiamato a svolgere le funzioni di presidente. La rotazione opera a cadenza bimestrale, secondo l'ordine fissato con il decreto assessoriale di nomina delle commissioni provinciali.
2. Le sedute della commissione centrale sono valide se sono presenti tutti i componenti. Essa adotta le proprie determinazioni a maggioranza dei componenti.
3. All'inizio di ogni semestre, il presidente di turno determina con apposito provvedimento il calendario delle sedute ordinarie. La cadenza di esse è, di regola, quindicinale, salva diversa necessità correlata al carico di lavoro sorto. Il calendario è pubblicato nel sito internet dell'Assessorato regionale dei lavori pubblici.
4. La commissione, ove non si riunisca nelle date prefissate ai sensi del comma 3, è convocata in via straordinaria dal presidente con un preavviso scritto di 10 giorni liberi. Il provvedimento di convocazione straordinaria è pubblicato nel sito internet dell'Assessorato dei lavori pubblici.
5. Alla seduta partecipa un membro dell'ufficio di segreteria tecnico-amministrativa con funzioni di verbalizzatore.
6. Le sedute della commissione centrale sono pubbliche.
Art. 8
Procedimento

1. Il procedimento di gara si svolge senza soluzione di continuità, salve le interruzioni stabilite dal presente regolamento.
2. La gara è espletata nella seduta ordinaria successiva al termine di dieci giorni a partire dalla scadenza del termine fissato nel bando per la presentazione delle domande di partecipazione. Il motivato provvedimento di differimento è reso noto ai partecipanti mediante comunicazione da rendersi in occasione della seduta ordinaria fissata a termini del presente regolamento. Esso è, inoltre, pubblicato nel sito internet dell'Assessorato regionale dei lavori pubblici.
3. La commissione, aperti i plichi ricevuti e verificata la documentazione presentata, procede all'ammissione dei concorrenti.
4. Prima di procedere all'apertura delle buste delle offerte economiche presentate, procede al sorteggio degli offerenti chiamati a comprovare il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, richiesti nel bando di gara. Quindi rinvia alla prima seduta ordinaria utile per la prosecuzione delle operazioni di gara, trasmettendo i nominativi sorteggiati al responsabile degli adempimenti relativi alla celebrazione della gara unitamente ai plichi affinché nelle more della verifica provveda alla loro custodia riponendoli negli appositi armadi di sicurezza dei quali l'Ufficio è dotato.
5. Il responsabile di cui al precedente comma comunica ai partecipanti l'avvenuto sorteggio e la richiesta di comprovare, entro dieci giorni dalla data della richiesta medesima, il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, richiesti nel bando di gara. Quando tale prova non sia fornita, ovvero non confermi le dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione o nell'offerta, la commissione, informata dal responsabile degli adempimenti relativi alla celebrazione della gara, procede all'esclusione del concorrente dalla gara, alla escussione della relativa cauzione provvisoria e alla segnalazione del fatto all'Autorità e per essa all'Osservatorio, per i provvedimenti di cui all'articolo 4, comma 7, della Legge, nonché per l'applicazione delle misure sanzionatorie di cui all'articolo 8, comma 7, della medesima Legge. La suddetta richiesta è, altresì, inoltrata, entro dieci giorni dalla conclusione delle operazioni di gara, anche ai concorrenti che si collocano al primo ed al secondo posto in graduatoria, qualora gli stessi non siano compresi fra i concorrenti sorteggiati, e, nel caso in cui essi non forniscano la prova o non confermino le loro dichiarazioni, si applicano le suddette sanzioni e si procede alla determinazione della nuova soglia di anomalia dell'offerta ed alla conseguente eventuale nuova graduatoria. La prova dei requisiti giunta tardivamente non determina la riammissione del concorrente ma è comunicata all'Autorità e per essa all'Osservatorio.
6. Dopo la verifica della documentazione, la commissione, riunitasi nuovamente, procede all'apertura ed alla lettura delle offerte, anche di quelle escluse, prendendo in considerazione solo le offerte ammesse. Quindi predispone la graduatoria individuando il concorrente che ha presentato il massimo ribasso percentuale, salvo il disposto di cui al successivo art. 9.
Art. 9
Individuazione e verifica dell'anomalia delle offerte

1. Nel caso di lavori di importo pari o superiore al controvalore in euro di 5.000.000 di DSP, ove la commissione individui offerte che presentano un ribasso percentuale superiore a quello considerato soglia di anomalia in base alle disposizioni di legge, sospende la seduta e comunica i nominativi dei relativi concorrenti alla sub-commissione appositamente nominata, la quale vaglia le giustificazioni presentate dai concorrenti ai sensi dell'articolo 21, comma 1 bis, della Legge ed istruisce la valutazione di congruità delle offerte. Non sono richieste giustificazioni per quegli elementi i cui valori minimi sono rilevabili da dati ufficiali.
2. La commissione, alla riapertura della seduta pubblica, pronuncia l'esclusione delle offerte ritenute non congrue sulla base dell'attività istruttoria svolta ai sensi del comma precedente e predispone la graduatoria.
3. A seguito dell'esclusione dell'offerta giudicata non congrua, la commissione comunica l'avvenuta esclusione e le relative motivazioni all'Osservatorio, che provvede a darne informativa alla Commissione della Unione europea.
4. Nel caso di lavori di importo inferiore al controvalore in euro di 5.000.000 di DSP la commissione procede all'esclusione automatica dalla gara delle offerte che presentano una percentuale di ribasso pari o superiore a quanto stabilito dall'art. 21, comma 1/bis, prima alinea. Qualora il numero delle offerte valide risulti inferiore a cinque non è esercitabile la procedura di esclusione automatica. La valutazione delle offerte anomale è affidata ad una sub-commissione di verifica nominata ai sensi dell'art. 4, comma 2, del presente regolamento, la quale chiede ai relativi offerenti di presentare, nel termine di quindici giorni dalla ricezione della richiesta, gli elementi giustificativi dell'offerta presentata. Se la risposta non perviene in termine utile o comunque non è ritenuta adeguata, la commissione esclude la relativa offerta e procede alla predisposizione della graduatoria.
Art. 10
Verbale

1. La commissione redige un verbale delle operazioni di gara che viene trasmesso entro dieci giorni all'amministrazione appaltante nonché ai concorrenti collocatisi al primo ed al secondo posto in graduatoria.
2. Nel termine di quindici giorni dalla data di ricezione del verbale, l'organo competente dell'amministrazione appaltante deve adottare il provvedimento finale. In difetto il provvedimento di aggiudicazione si intende a tutti gli effetti adottato conformemente alla proposta. E' comunque fatto obbligo all'organo competente dell'amministrazione appaltante di adottare un provvedimento espresso - da pubblicarsi secondo quanto disposto al successivo comma 5 - con il quale regolarizzare l'aggiudicazione sotto il profilo contabile e finanziario.
3. Ove si individuino vizi nella proposta di provvedimento per il cui rimedio non è necessaria la rinnovazione di atti della procedura, l'organo competente dell'amministrazione appaltante, con provvedimento congruamente motivato, procede direttamente alla correzione, previo avviso ai concorrenti collocatisi al primo ed al secondo posto in graduatoria. In ogni altro caso, rimette gli atti all'Ufficio.
4. L'organo competente dell'amministrazione appaltante, inoltre, potrà revocare gli atti di gara con provvedimento congruamente motivato e solo in caso di sopravvenienza di interessi pubblici prevalenti.
5. Al provvedimento di aggiudicazione adottato dall'organo competente dell'amministrazione appaltante sulla base del verbale della commissione si applica il disposto dell'art. 21 bis della legge.
Art. 11

1. Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana.
E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.".
Nota all'art. 376
Si riportano i decreti presidenziali di individuazione delle aree metropolitane di Catania, Messina e Palermo del 10 agosto 1995.
"DECRETO PRESIDENZIALE 10 agosto 1995
Individuazione dell'area metropolitana di Catania.
IL PRESIDENTE DELLA REGIONE

Visto lo Statuto della Regione;
Vista la legge regionale 6 marzo 1986, n. 9, istitutiva della provincia regionale e, in particolare, la normativa degli artt. 19, 20 e 21 di detta legge riguardante i caratteri, l'individuazione e la delimitazione e le funzioni delle aree metropolitane;
Vista la legge regionale 12 agosto 1989, n. 17, con la quale vengono costituite le province regionali;
Vista la legge regionale 11 dicembre 1991, n. 48, contenente provvedimenti in tema di autonomie locali, e le sue successive modifiche ed integrazioni;
Vista la legge regionale 1 settembre 1993, n. 26;
Considerato che, con D.P.Reg. n. 889/93 del 28 ottobre 1993, è stata costituita una commissione di esperti con il compito di approfondito studio, di supporti della prescritta proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali, per l'individuazione e la delimitazione delle aree metropolitane dell'Isola configurabili di Catania, Messina e Palermo;
Rilevato che il documento di sintesi di detta commissione, datato 31 marzo 1994, il quale riprende le proposte di delimitazione delle aree metropolitane inoltrate dalle amministrazioni provinciali interessate e la conseguente istruttoria espletata, ma nel contempo apporta innovazioni rilevanti, è stato fatto proprio dall'Assessore regionale per gli enti locali con il provvedimento n. 2100/Gab del 14 luglio 1994;
Considerato che, conseguentemente, con nota assessoriale n. 788 del 17 settembre 1994, secondo l'art. 20, comma 1, della legge regionale n. 9/86, sono stati invitati ad esprimere parere, per quanto concerne l'individuazione e delimitazione dell'area metropolitana di Catania, i comuni di Aci Bonaccorsi, Aci Castello, Aci Catena, Aci Sant'Antonio, Acireale, Belpasso, Camporotondo Etneo, Catania, Gravina di Catania, Mascalucia, Misterbianco, Motta Sant'Anastasia, Nicolosi, Paternò, Pedara, Ragalna, San Giovanni La Punta, San Gregorio di Catania, San Pietro Clarenza, Santa Maria di Licodia, Sant'Agata Li Battiati, Santa Venerina, Trecastagni, Tremestieri Etneo, Valverde, Viagrande e Zafferana Etnea, oltre la provincia regionale di Catania;
Rilevato che, in ordine all'interpello effettuato, non hanno fornito dati i comuni di Aci Castello, Aci Sant'Antonio, Misterbianco, Paternò, Santa Venerina e Zafferana Etnea, hanno espresso parere favorevole condizionato al rispetto della vocazione turistica del territorio i comuni di Trecastagni e Viagrande, mentre risultano avere espresso parere favorevole senza riserve gli altri comuni interessati e la Provincia regionale di Catania, ad eccezione del comune di Nicolosi;
Considerato che l'inclusione nell'area metropolitana di Catania dei comuni di Trecastagni e Viagrande non potrà certamente in alcun modo pregiudicare la vocazione turistica del loro territorio, che, al contrario, potrà essere valorizzata dai servizi e dalle funzioni attribuite alla competente provincia regionale dall'articolo 21 della legge regionale 6 marzo 1986, n. 9;
Ritenuta, pertanto, priva di fondamento ogni argomentazione addotta dai predetti comuni al riguardo;
Visto il parere contrario espresso dal comune di Nicolosi;
Ritenuto di non condividere le motivazioni addotte dal consiglio comunale di Nicolosi, atteso che l'inclusione del territorio comunale nell'ambito dell'area metropolitana non è suscettibile di contrastare gli orientamenti tenuti finora dal comune in materia urbanistica, poichè, anzi, prevedendo una disciplina coordinata del territorio, andrà a favorire un migliore utilizzo del territorio stesso per le localizzazioni aventi un interesse sovracomunale secondo le previsioni dell'art. 21, n. 1), della legge regionale n. 9/1986, e valorizzerà il ruolo turistico e l'identità economico - produttiva del comune di Nicolosi, consentendo lo sviluppo di ulteriori capacità e di nuove iniziative confortate da decisioni e scelte di ampia portata territoriale, con effetti favorevoli sul tessuto economico locale;
Visto l'art. 20, ultimo comma, della legge regionale n. 9/1986 che stabilisce che si prescinda dal prescritto parere dei comuni che non l'abbiano reso entro sessanta giorni dalla richiesta;
Vista la proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali, di cui alla nota n. 650/Gab del 22 febbraio 1995;
Vista la deliberazione della Giunta regionale n. 130 del 2 marzo 1995, avente per oggetto "Legge regionale 6 marzo 1986, n. 9 - art. 20 - Individuazione e delimitazione delle aree metropolitane di Catania, Messina e Palermo", adottata su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali;
Considerato che la predetta deliberazione della Giunta regionale n. 130 del 2 marzo 1995 è stata adottata in coerenza con la proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali e nella medesima è data "contezza di tutti gli atti e i procedimenti posti in essere per pervenire alla formulazione della proposta ed in particolare gli apporti dati da una apposita commissione nominata per garantire il necessario conforto scientifico - tecnico a scelte amministrative di così rilevante portata";
Dato atto che le argomentazioni sopra espresse in relazione alle osservazioni del comune di Nicolosi si trovano già contenute nel parere di controdeduzione formulato dalla predetta commissione costituente atto a corredo della proposta assessoriale di cui sopra;
Visto il richiamato art. 20, comma 1, della legge regionale n. 9/86;
Decreta:
Art. 1

E' individuata l'area metropolitana di Catania, giusta deliberazione n. 130 del 2 marzo 1995, adottata dalla Giunta regionale, su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali.
Art. 2

L'area metropolitana di Catania comprende i territori dei seguenti 27 comuni e, in tal modo, viene delimitata: Aci Bonaccorsi, Aci Castello, Aci Catena, Aci Sant'Antonio, Acireale, Belpasso, Camporotondo Etneo, Catania, Gravina di Catania, Mascalucia, Misterbianco, Motta Sant'Anastasia, Nicolosi, Paterno, Pedara, Ragalna, San Giovanni La Punta, San Gregorio di Catania, San Pietro Clarenza, Santa Maria di Licodia, Sant'Agata Li Battiati, Santa Venerina, Trecastagni, Tremestieri Etneo, Valverde, Viagrande e Zafferana Etnea.
Art. 3

E' fissato al 31 dicembre 1995 il termine per il completo svolgimento di tutti gli adempimenti, anche di natura finanziaria, necessari all'attuazione del disposto dell'art. 21 della legge regionale 6 marzo 1986, n. 9.
Art. 4

Il presente decreto sarà trasmesso all'organo di controllo e successivamente pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana.
DECRETO PRESIDENZIALE 10 agosto 1995
Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana 21 ottobre 1995, n. 54
Individuazione dell'area metropolitana di Messina.
IL PRESIDENTE DELLA REGIONE

Visto lo Statuto della Regione;
Vista la legge regionale 6 marzo 1986, n. 9, istitutiva della provincia regionale e, in particolare, la normativa degli artt. 19, 20 e 21 di detta legge riguardante i caratteri, l'individuazione e la delimitazione e le funzioni delle aree metropolitane;
Vista la legge regionale 12 agosto 1989, n. 17, con la quale vengono costituite le province regionali;
Vista la legge regionale 11 dicembre 1991 n. 48, contenente provvedimenti in tema di autonomie locali, e le sue successive modifiche ed integrazioni;
Vista la legge regionale 1 settembre 1993, n. 26;
Considerato che, con D.P.Reg. n. 889/93 del 28 ottobre 1993, è stata costituita una commissione di esperti con il compito di approfondito studio, di supporto della prescritta proposta dell'assessore regionale per gli enti locali, per l'individuazione e la delimitazione delle aree metropolitane dell'Isola configurabili di Catania, Messina e Palermo;
Rilevato che il documento di sintesi di detta commissione, datato 31 marzo 1994, il quale riprende le proposte di delimitazione delle aree metropolitane inoltrate dalle amministrazioni provinciali interessate e la conseguente istruttoria espletata, ma nel contempo apporta innovazioni rilevanti, è stato fatto proprio dall'Assessore regionale per gli enti locali con il provvedimento n. 2100/Gab del 14 luglio 1994;
Considerato che, conseguentemente, con nota assessoriale n. 789 del 17 settembre e n. 845 dell'8 ottobre 1994, secondo l'art. 20, comma 1, della legge regionale n. 9/86, sono stati invitati ad esprimere parere, per quanto concerne l'individuazione e delimitazione dell'area metropolitana di Messina, i comuni di Alì, Alì Terme, Barcellona Pozzo di Gotto, Casalvecchio Siculo, Castelmola, Castroreale, Condrò, Fiumedinisi, Forza d'Agrò, Furci Siculo, Gaggi, Gallodoro, Giardini Naxos, Gualtieri Sicaminò, Itala, Leni, Letojanni, Limina, Lipari, Malfa, Mandanici, Merì, Messina, Milazzo, Monforte San Giorgio, Mongiuffi Melia, Nizza di Sicilia, Pace del Mela, Pagliara, Roccafiorita, Roccalumera, Roccavaldina, Rometta, San Filippo del Mela, San Pier Niceto, Sant'Alessio Siculo, Santa Lucia del Mela, Santa Marina Salina, Santa Teresa di Riva, Saponara, Savoca, Scaletta Zanclea, Spadafora, Taormina, Torregrotta, Valdina, Venetico e Villafranca Tirrena, oltre la Provincia regionale di Messina;
Rilevato che, in ordine all'interpello effettuato, non hanno fornito dati i comuni di Alì, Alì Terme, Casalvecchio Siculo, Furci Siculo, Giardini Naxos, Gualtieri Sicaminò, Letojanni, Limina, Lipari, Merì, Nizza di Sicilia, Pace del Mela, Pagliara, Roccafiorita, Roccavaldina, Rometta, San Filippo del Mela, Savoca, Spadafora e Venetico; hanno espresso parere contrario i comuni di Milazzo, Santa Lucia del Mela, Saponara e Taormina, ha espresso parere favorevole, condizionato all'esclusione dei comuni di Giardini Naxos, Taormina e Barcellona Pozzo di Gotto, il comune di Roccalumera, mentre gli altri comuni interessati e la Provincia regionale di Messina hanno espresso parere favorevole;
Visto il parere negativo espresso dal comune di Milazzo;
Ritenuto di non condividere le motivazioni addotte dal consiglio comunale di Milazzo, poichè l'inclusione del territorio comunale nell'ambito dell'area metropolitana di Messina non è in contrasto con gli interessi comunali alla gestione del territorio, in quanto volendosi dar vita ad una disciplina coordinata del territorio, potrà favorire localizzazioni che possano avere un interesse sovracomunale secondo le previsioni dell'art. 21, n. 1), della legge regionale n. 9/1986, e valorizzerà la vocazione specifica del territorio di Milazzo all'esercizio dell'agricoltura, della pesca e del turismo, consentendo lo sviluppo di ulteriori capacità e di nuove iniziative confortate da decisioni e scelte di ampia portata territoriale, con sicuro vantaggio per il ruolo del suo porto, quale principale polo di collegamento con le Isole Eolie, anche in ragione della sua felice collocazione geografica;
Visto il parere contrario formulato dal comune di Santa Lucia del Mela;
Ritenuto di non condividere le generiche preoccupazioni di perdita dell'identità comunale rappresentate dal consiglio comunale di Santa Lucia del Mela, nella considerazione che proprio l'istituzione dell'area metropolitana di Messina, nel voler garantire la programmazione e la gestione di servizi ed infrastrutture di carattere intercomunale, tende ad esaltare le specificità dei singoli comuni, pur volendo realizzare il coordinamento tra più comuni limitrofi per quelle localizzazioni e quelle attività di interesse sovracomunale;
Visto il parere sfavorevole del comune di Saponara;
Ritenuto di non condividere le motivazioni del consiglio comunale di Saponara, atteso che da un lato l'affermazione circa la presunta mancanza delle caratteristiche volute dalla legge regionale n. 9/86 è contraddetta dallo stesso ente locale nella parte in cui dichiara l'esistenza di comuni interessi che coinvolgono, nell'estensione della città di Messina, i comuni di Villafranca Tirrena, Saponara e Rometta; mentre, per altro verso, la presenza di un consistente numero di comuni dell'ambito dell'area metropolitana di Messina, lungi dall'impedire un'adeguata programmazione e pianificazione delle competenze, potrà realizzare un sistema di scambi e di relazioni tali da potere dar vita ad attività programmatorie tra un numero significativo di comuni, per un migliore esercizio dei servizi essenziali e dei trasporti e per lo sviluppo economico;
Visto il parere contrario del comune di Taormina;
Ritenuto di dover disattendere le argomentazioni formulate dal consiglio comunale di Taormina, atteso che la sua collocazione al confine sud della Provincia regionale di Messina non preclude la sua inclusione nella relativa area metropolitana, dato che la distanza dal capoluogo non supera i 40 Km. e dato che sussiste, contrariamente a quanto affermato, un elevato grado di integrazione territoriale, sia in ordine ai già esistenti servizi di scala sovracomunale, sia riguardo alle capacità e potenzialità di sviluppo economico sociale del settore turistico in rapporto al potenziamento dei servizi alle attività turistiche di Taormina e delle Isole Eolie, le quali non potranno che trovare giovamento dal coordinato esercizio delle competenze previste dall'art. 2 e della legge regionale n. 9/1986 nell'intero territorio dell'area metropolitana;
Visto il parere del comune di Roccalumera;
Ritenuto che non possono essere condivise le argomentazioni esposte dal comune di Roccalumera nella parte in cui condiziona la ricomprensione nell'area metropolitana all'esclusione dei comuni di Giardini Naxos, Taormina e Barcellona Pozzo di Gotto e ciò in quanto l'apposizione di tale condizione risulta illegittima;
Visto l'art. 20, ultimo comma, della legge regionale n. 9/86, il quale, stabilisce che si prescinda dal parere dei comuni che non l'abbiano reso entro sessanta giorni dalla richiesta;
Vista la proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali, di cui alla nota n. 650/Gab del 22 febbraio 1995;
Vista la deliberazione della Giunta regionale n. 130 del 2 marzo 1995, avente per oggetto "Legge regionale 6 marzo 1986, n. 9 - Art. 20 - Individuazione e delimitazione delle aree metropolitane di Catania, Messina e Palermo", adottata su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali;
Considerato che la predetta deliberazione della Giunta regionale n. 130 del 2 marzo 1995 è stata adottata in coerenza con la proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali e nella medesima è data "contezza di tutti gli atti e i procedimenti posti in essere per pervenire alla formulazione della proposta ed in particolare gli apporti dati da una apposita commissione nominata per garantire il necessario conforto scientifico-tecnico a scelte amministrative di così rilevante portata";
Dato atto che le argomentazioni sopra espresse in relazione alle osservazioni dei comuni di Milazzo, Santa Lucia del Mela, Saponara e Taormina si trovano già contenute nel parere di controdeduzione formulato dalla predetta commissione costituente, atto a corredo della proposta assessoriale di cui sopra;
Visto il richiamato art. 20, comma 1, della legge regionale n. 9/86;
Decreta:
Art. 1

E' individuata l'area metropolitana di Messina, giusta deliberazione n. 130 del 2 marzo 1995, adottata dalla Giunta regionale, su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali.
Art. 2

L'area metropolitana di Messina comprende i territori dei seguenti 51 comuni e, in tal modo, viene delimitata: Alì, Alì Terme, Antillo, Barcellona Pozzo di Gotto, Casalvecchio Siculo, Castelmola, Castroreale, Condrò, Fiumedinisi, Forza d'Agrò, Furci Siculo, Furnari, Gaggi, Gallodoro, Giardini Naxos, Gualtieri Sicaminò, Itala, Leni, Letojanni, Limina, Lipari, Malfa, Mandanici, Merì, Messina, Milazzo, Monforte, San Giorgio, Mongiuffi Melia, Nizza di Sicilia, Pace del Mela, Pagliara, Roccafiorita, Roccalumera, Roccavaldina, Rometta, San Filippo del Mela, San Pier Niceto, Sant'Alessio Siculo, Santa Lucia del Mela, Santa Marina Salina, Santa Teresa di Riva, Saponara, Savoca, Scaletta Zanclea, Spadafora, Taormina, Terme Vigliatore, Torregrotta, Valdina, Venetico e Villafranca Tirrena.
Art. 3

E' fissato al 31 dicembre 1995 il termine per il completo svolgimento di tutti gli adempimenti, anche di natura finanziaria, necessari all'attuazione del disposto dell'art. 21 della legge regionale 6 marzo 1986, n. 9.
Art. 4

Il presente decreto sarà trasmesso all'organo di controllo e successivamente pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana.
DECRETO PRESIDENZIALE 10 agosto 1995
Individuazione dell'area metropolitana di Palermo.
IL PRESIDENTE DELLA REGIONE

Visto lo Statuto della Regione;
Vista la legge regionale 6 marzo 1986, n. 9, istitutiva della provincia regionale e, in particolare, la normativa degli artt. 19, 20 e 21 di detta legge riguardante i caratteri, l'individuazione e la delimitazione e le funzioni delle aree metropolitane;
Vista la legge regionale 12 agosto 1989, n. 17, con la quale vengono costituite le province regionali;
Vista la legge regionale 11 dicembre 1991, n. 48, contenente provvedimenti in tema di autonomie locali, e le sue successive modifiche ed integrazioni;
Vista la legge regionale 1 settembre 1993, n. 26;
Considerato che con D.P.Reg. n. 889/93 del 28 ottobre 1993, è stata costituita una commissione di esperti con il compito di approfondito studio, di supporto della prescritta proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali, per l'individuazione e la delimitazione delle aree metropolitane dell'Isola configurabili di Catania, Messina e Palermo;
Rilevato che il documento di sintesi di detta commissione, datato 31 marzo 1994, il quale riprende le proposte di delimitazione delle aree metropolitane inoltrate dalle amministrazioni provinciali interessate e la conseguente istruttoria espletata, ma nel contempo apporta innovazioni rilevanti, è stato fatto proprio dall'Assessore regionale per gli enti locali, con il provvedimento n. 2100/Gab del 14 luglio 1994;
Considerato che, conseguentemente, con nota assessoriale n. 790 del 17 settembre 1994, secondo l'art. 20, comma 1, della legge regionale n. 9/86, sono stati invitati ad esprimere parere, per quanto concerne l'individuazione e delimitazione dell'area metropolitana di Palermo, i comuni di Altavilla Milicia, Altofonte, Bagheria, Balestrate, Belmonte Mezzagno, Bolognetta, Borgetto, Capaci, Carini, Casteldaccia, Cinisi, Ficarazzi, Giardinello, Isola delle Femmine, Misilmeri, Monreale, Montelepre, Palermo, Partinico, Santa Flavia, Termini Imerese, Terrasini, Torretta, Trabia, Trappeto e Villabate, oltre la Provincia regionale di Palermo;
Rilevato che, in ordine all'interpello effettuato, non hanno fornito dati i comuni di Altavilla Milicia, Bagheria, Capaci, Casteldaccia, Montelepre, Torretta, Trabia e Villabate, hanno espresso parere contrario i comuni di Misilmeri, Termini Imerese e Terrasini, ha espresso parere condizionato all'inclusione di nuclei abitativi del proprio territorio il comune di Monreale, ha espresso parere interlocutorio il comune di Palermo, mentre gli altri comuni interessati e la Provincia regionale di Palermo hanno espresso parere favorevole;
Visto il parere negativo espresso dal comune di Misilmeri;
Ritenuto di non condividere le preoccupazioni manifestate dal consiglio comunale di Misilmeri, poichè la paventata localizzazione di discariche per R.S.U. in quel territorio non potrà derivare dalla inclusione del territorio di Misilmeri nell'area metropolitana di Palermo, e ciò in quanto la materia continuerà ad essere disciplinata dalle leggi in atto vigenti che attribuiscono all'Amministrazione regionale la competenza per uno specifico piano che interessa l'intero territorio isolano;
Visto il parere negativo formulato dal comune di Termini Imerese che, peraltro, oltre a motivazioni di ordine sostanziale, contiene riserve in ordine ai contenuti normativi del titolo IV della legge regionale 9 marzo 1986, n. 9, che non possono essere certamente prese in considerazione in sede amministrativa;
Ritenuto di non condividere le motivazioni di origine sostanziale addotte dalla commissione straordinaria del comune di Termini Imerese, atteso che le competenze pianificatorie che la Provincia regionale verrebbe ad assolvere con l'istituzione dell'area metropolitana, essendo riferite ad esigenze di carattere sovracomunale, lungi dal sottrarre agli organi comunali rilevanti competenze in materia urbanistica, contribuiranno a realizzare un migliore utilizzo del territorio con una più razionale localizzazione di quelle realizzazioni che si riferiscono ad esigenze comuni di territori limitrofi. Peraltro, proprio l'inclusione del territorio del comune di Termini Imerese nell'area metropolitana "de qua", in ragione del suo duplice ruolo di area industriale, dotata di un porto e di un considerevole sviluppo del settore terziario, nonché di polo di scambio tra l'interno della Sicilia e l'area costiera, sarà fonte di ulteriore sviluppo economico e di una esaltazione delle attuali prerogative comunali;
Visto il parere contrario espresso dal comune di Terrasini;
Ritenuto di dover disattendere le osservazioni formulate dal consiglio comunale di Terrasini, nella considerazione che le prerogative di governo del territorio di competenza comunale verranno solo parzialmente meno con l'inclusione del territorio comunale nell'area metropolitana sopraindividuata per i motivi esposti in relazione alle perplessità manifestate dal comune di Termini Imerese, cui si fa rinvio, con la differenza che a ricevere i vantaggi di un coordinato esercizio delle funzioni di cui all'art. 21 della legge regionale n. 9/1986 sarà la vocazione turistica di Terrasini, così come a Termini Imerese se ne avvantaggerà lo sviluppo industriale e del settore terziario;
Visto il parere formulato dal comune di Monreale;
Ritenuto, altresì, di accogliere le osservazioni fatte dal comune di Monreale, affinchè la frazione di Pioppo sia ricompresa nell'area metropolitana di Palermo, per la particolare integrazione che caratterizza tale frazione con l'insediamento urbano di Monreale;
Visto il parere interlocutorio reso dal comune di Palermo;
Visto l'art. 20, ultimo comma, della legge regionale n. 9/1986, che stabilisce che si prescinde dal parere dei comuni che non l'abbiano reso entro sessanta giorni dalla richiesta;
Ritenuto che il suddetto termine abbia natura perentoria e che, pertanto, il parere del comune di Palermo debba considerarsi comunque reso, a nulla rilevando la richiesta all'Assessorato regionale degli enti locali di conoscere l'esito della richiesta di parere sull'area metropolitana di Palermo, presso gli altri comuni a cui è pervenuta la nota, prot. n. 790 del 17 settembre 1994, nonché i dati economici e demografici dei comuni che hanno espresso parere favorevole sull'individuazione e sulla delimitazione dell'area metropolitana "de qua", considerato che: a) il comune di Palermo aveva già ricevuto, con la sopramenzionata nota, da parte del competente Assessorato, i dati relativi all'area metropolitana di Palermo; b) la richiesta di accesso agli atti configura un autonomo procedimento, che non può determinare l'interruzione del termine sancito "ex lege". Peraltro, nella valutazione richiesta, a nulla avrebbe rilevato la conoscenza dell'esito del parere reso dagli altri enti locali, che, in ogni caso, il comune di Palermo avrebbe potuto assumere "aliunde", utilizzando le ordinarie forme di collaborazione tra comuni;
Vista la proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali, di cui alla nota n. 650/Gab del 22 febbraio 1995;
Vista la deliberazione della Giunta regionale n. 130 del 2 marzo 1995, avente per oggetto "Legge regionale 6 marzo 1986, n. 9 - art. 20 - Individuazione e delimitazione delle aree metropolitane di Catania, Messina e Palermo", adottata su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali;
Considerato che la predetta deliberazione della Giunta regionale n. 130 del 2 marzo 1995 è stata adottata in coerenza con la proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali e nella medesima è data "contezza di tutti gli atti e i procedimenti posti in essere per pervenire alla formulazione della proposta ed in particolare gli apporti dati da una apposita commissione nominata per garantire il necessario conforto scientifico - tecnico a scelte amministrative di così rilevante portata";
Visto il richiamato art. 20, comma 1, della legge regionale n. 9/86;
Dato atto che le argomentazioni sopra espresse in relazione alle osservazioni dei comuni di Misilmeri, Termini Imerese e Terrasini si trovano già contenute nel parere di controdeduzione formulato dalla predetta commissione costituente, atto a corredo della proposta assessoriale di cui sopra, così come la valutazione di accoglibilità della richiesta integrativa del comune di Monreale;
Decreta:
Art. 1

E' individuata l'area metropolitana di Palermo, giusta deliberazione n. 130 del 2 marzo 1995, adottata dalla Giunta regionale, su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali.
Art. 2

L'area metropolitana di Palermo comprende i territori dei seguenti 27 comuni e, in tal modo, viene delimitata: Altavilla Milicia, Altofonte, Bagheria, Balestrate, Belmonte Mezzagno, Bolognetta, Borgetto, Capaci, Cinisi, Carini, Casteldaccia, Ficarazzi, Giardinello, Isola delle Femmine, Misilmeri, Monreale, Montelepre, Palermo, Partinico, Santa Flavia, Termini Imerese, Terrasini, Torretta, Trabia, Trappeto, Ustica e Villabate. Il territorio del comune di Monreale è quello parzialmente indicato nella planimetria allegata al presente decreto.
Art. 3

E' fissato al 31 dicembre 1995 il termine per il completo svolgimento di tutti gli adempimenti, anche di natura finanziaria, necessari all'attuazione del disposto dell'art. 21 della legge regionale 6 marzo 1986, n. 9.
Art. 4

Il presente decreto sarà trasmesso all'organo di controllo e successivamente pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana.".
Nota all'art. 378
Il recepimento della disposizione statale è stato effettuato con riferimento alle province regionali per i servizi individuati dall'art. 21 della legge regionale n. 9/1986.
Nota all'art. 391
Con l'art. 18 della legge regionale n. 9/1986 risulta introdotta per la prima volta la forma gestionale della società per azioni a prevalente capitale pubblico, di seguito confermata dall'art. 1 della legge regionale n. 48/1991 (recepimento art. 22, comma 1, lett. e) legge n. 142/1990) e successivamente innovata con l'art. 11, comma 11, della legge regionale n. 5/1998.
Nota all'art. 391, comma 1
L'art. 113-bis richiamato dal primo comma è stato dichiarato incostituzionale con sentenza n. 272 del 13-27 luglio 2004.
Nota all'art. 400
Confronta ora il decreto legislativo n. 152/2006 (Norme in materia ambientale) che sostituisce la richiamata legge n. 36/1994.
Nota all'art. 406
Si richiamano, altresì, per l'attuazione del P.O.R. 2000/2006, gli artt. 6 (Progetti integrati regionali) e 7 (Progetti integrati territoriali) della legge regionale 23 dicembre 2000, n. 32.
Nota all'art. 497, comma 1, numero 3
Confronta art. 33 della legge regionale n. 17/2004 che si riporta:
-  Art. 33 - Superamento barriere architettoniche di edifici privati. - 1. A valere sulle assegnazioni in favore dei comuni di cui all'articolo 23, comma 1, della legge regionale 29 dicembre 2003, n. 21 al fine di assicurare il rimborso dei costi sostenuti per l'eliminazione e il superamento delle barriere architettoniche degli edifici privati, l'Assessore regionale per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali è autorizzato ad erogare i relativi fondi in favore dei comuni per consentire la liquidazione delle istanze presentate dai soggetti portatori di handicap riconosciuti invalidi secondo l'ordine di inserimento nella graduatoria regionale formata ai sensi della legge 9 gennaio 1989, n. 13.".
Nota all'art. 510
Le disposizioni della legge regionale n. 68/1981 e successive modifiche ed integrazioni della legge regionale n. 16/1986 non risultano rivisitate sul piano normativo sistematico dopo l'emanazione da parte dello stato della legge quadro 6 febbraio 1992, n. 104.
Nota all'art. 512
Si riporta la legge 11 agosto 1991, n. 266 (Legge quadro sul volontariato)
"Legge-quadro sul volontariato.
-  Art. 1 - Finalità e oggetto della legge. - 1. La Repubblica italiana riconosce il valore sociale e la funzione dell'attività di volontariato come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo, ne promuove lo sviluppo salvaguardandone l'autonomia e ne favorisce l'apporto originale per il conseguimento delle finalità di carattere sociale, civile e culturale individuate dallo Stato, dalle regioni, dalle province autonome di Trento e di Bolzano e dagli enti locali.
2. La presente legge stabilisce i princìpi cui le regioni e le province autonome devono attenersi nel disciplinare i rapporti fra le istituzioni pubbliche e le organizzazioni di volontariato nonché i criteri cui debbono uniformarsi le amministrazioni statali e gli enti locali nei medesimi rapporti.
-  Art. 2 - Attività di volontariato. - 1. Ai fini della presente legge per attività di volontariato deve intendersi quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l'organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà.
2. L'attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario. Al volontario possono essere soltanto rimborsate dall'organizzazione di appartenenza le spese effettivamente sostenute per l'attività prestata, entro limiti preventivamente stabiliti dalle organizzazioni stesse.
3. La qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di contenuto patrimoniale con l'organizzazione di cui fa parte.
-  Art. 3 - Organizzazioni di volontariato. - 1. E' considerato organizzazione di volontariato ogni organismo liberamente costituito al fine di svolgere l'attività di cui all'articolo 2, che si avvalga in modo determinante e prevalente delle prestazioni personali, volontarie e gratuite dei propri aderenti.
2. Le organizzazioni di volontariato possono assumere la forma giuridica che ritengono più adeguata al perseguimento dei loro fini, salvo il limite di compatibilità con lo scopo solidaristico.
3. Negli accordi degli aderenti, nell'atto costitutivo o nello statuto, oltre a quanto disposto dal codice civile per le diverse forme giuridiche che l'organizzazione assume, devono essere espressamente previsti l'assenza di fini di lucro, la democraticità della struttura, l'elettività e la gratuità delle cariche associative nonché la gratuità delle prestazioni fornite dagli aderenti, i criteri di ammissione e di esclusione di questi ultimi, i loro obblighi e diritti. Devono essere altresì stabiliti l'obbligo di formazione del bilancio, dal quale devono risultare i beni, i contributi o i lasciti ricevuti, nonché le modalità di approvazione dello stesso da parte dell'assemblea degli aderenti.
4. Le organizzazioni di volontariato possono assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo esclusivamente nei limiti necessari al loro regolare funzionamento oppure occorrenti a qualificare o specializzare l'attività da esse svolta.
5. Le organizzazioni svolgono le attività di volontariato mediante strutture proprie o, nelle forme e nei modi previsti dalla legge, nell'ambito di strutture pubbliche o con queste convenzionate.
-  Art. 4 - Assicurazione degli aderenti ad organizzazioni di volontariato. - 1. Le organizzazioni di volontariato debbono assicurare i propri aderenti, che prestano attività di volontariato, contro gli infortuni e le malattie connessi allo svolgimento dell'attività stessa, nonché per la responsabilità civile verso i terzi.
2. Con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuati meccanismi assicurativi semplificati, con polizze anche numeriche o collettive, e sono disciplinati i relativi controlli.
-  Art. 5 - Risorse economiche. - 1. Le organizzazioni di volontariato traggono le risorse economiche per il loro funzionamento e per lo svolgimento della propria attività da:
a) contributi degli aderenti;
b) contributi di privati;
c) contributi dello Stato, di enti o di istituzioni pubbliche, finalizzati esclusivamente al sostegno di specifiche e documentate attività o progetti;
d) contributi di organismi internazionali;
e) donazioni e lasciti testamentari;
f) rimborsi derivanti da convenzioni;
g) entrate derivanti da attività commerciali e produttive marginali.
2. Le organizzazioni di volontariato, prive di personalità giuridica, iscritte nei registri di cui all'articolo 6, possono acquistare beni mobili registrati e beni immobili occorrenti per lo svolgimento della propria attività. Possono inoltre, in deroga agli articoli 600 e 786 del codice civile, accettare donazioni e, con beneficio d'inventario, lasciti testamentari, destinando i beni ricevuti e le loro rendite esclusivamente al conseguimento delle finalità previste dagli accordi, dall'atto costitutivo e dallo statuto.
3. I beni di cui al comma 2 sono intestati alle organizzazioni. Ai fini della trascrizione dei relativi acquisti si applicano gli articoli 2659 e 2660 del codice civile.
4. In caso di scioglimento, cessazione ovvero estinzione delle organizzazioni di volontariato, ed indipendentemente dalla loro forma giuridica, i beni che residuano dopo l'esaurimento della liquidazione sono devoluti ad altre organizzazioni di volontariato operanti in identico o analogo settore, secondo le indicazioni contenute nello statuto o negli accordi degli aderenti, o, in mancanza, secondo le disposizioni del codice civile.
-  Art. 6 - Registri delle organizzazioni di volontariato istituiti dalle regioni e dalle province autonome. - 1. Le regioni e le province autonome disciplinano l'istituzione e la tenuta dei registri generali delle organizzazioni di volontariato.
2. L'iscrizione ai registri è condizione necessaria per accedere ai contributi pubblici nonché per stipulare le convenzioni e per beneficiare delle agevolazioni fiscali, secondo le disposizioni di cui, rispettivamente, agli articoli 7 e 8.
3. Hanno diritto ad essere iscritte nei registri le organizzazioni di volontariato che abbiano i requisiti di cui all'articolo 3 e che alleghino alla richiesta copia dell'atto costitutivo e dello statuto o degli accordi degli aderenti.
4. Le regioni e le province autonome determinano i criteri per la revisione periodica dei registri, al fine di verificare il permanere dei requisiti e l'effettivo svolgimento dell'attività di volontariato da parte delle organizzazioni iscritte. Le regioni e le province autonome dispongono la cancellazione dal registro con provvedimento motivato.
5. Contro il provvedimento di diniego dell'iscrizione o contro il provvedimento di cancellazione è ammesso ricorso, nel termine di trenta giorni dalla comunicazione, al tribunale amministrativo regionale, il quale decide in camera di consiglio, entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso, uditi i difensori delle parti che ne abbiano fatto richiesta. La decisione del tribunale è appellabile, entro trenta giorni dalla notifica della stessa, al Consiglio di Stato, il quale decide con le medesime modalità e negli stessi termini.
6. Le regioni e le province autonome inviano ogni anno copia aggiornata dei registri all'Osservatorio nazionale per il volontariato, previsto dall'articolo 12.
7. Le organizzazioni iscritte nei registri sono tenute alla conservazione della documentazione relativa alle entrate di cui all'articolo 5, comma 1, con l'indicazione nominativa dei soggetti eroganti.
-  Art. 7 - Convenzioni. - 1. Lo Stato, le regioni, le province autonome, gli enti locali e gli altri enti pubblici possono stipulare convenzioni con le organizzazioni di volontariato iscritte da almeno sei mesi nei registri di cui all'articolo 6 e che dimostrino attitudine e capacità operativa.
2. Le convenzioni devono contenere disposizioni dirette a garantire l'esistenza delle condizioni necessarie a svolgere con continuità le attività oggetto della convenzione, nonché il rispetto dei diritti e della dignità degli utenti. Devono inoltre prevedere forme di verifica delle prestazioni e di controllo della loro qualità nonché le modalità di rimborso delle spese.
3. La copertura assicurativa di cui all'articolo 4 è elemento essenziale della convenzione e gli oneri relativi sono a carico dell'ente con il quale viene stipulata la convenzione medesima.
-  Art. 8 - Agevolazioni fiscali. - 1. Gli atti costitutivi delle organizzazioni di volontariato di cui all'articolo 3, costituite esclusivamente per fini di solidarietà, e quelli connessi allo svolgimento delle loro attività sono esenti dall'imposta di bollo e dall'imposta di registro.
2. Le operazioni effettuate dalle organizzazioni di volontariato di cui all'articolo 3, costituite esclusivamente per fini di solidarietà, non si considerano cessioni di beni nè prestazioni di servizi ai fini dell'imposta sul valore aggiunto; le donazioni e le attribuzioni di eredità o di legato sono esenti da ogni imposta a carico delle organizzazioni che perseguono esclusivamente i fini suindicati.
3. All'articolo 17 della legge 29 dicembre 1990, n. 408, come modificato dall'articolo 1 della legge 25 marzo 1991, n. 102, dopo il comma 1-bis è aggiunto il seguente:
"1-ter. Con i decreti legislativi di cui al comma 1, e secondo i medesimi princìpi e criteri direttivi, saranno introdotte misure volte a favorire le erogazioni liberali in denaro a favore delle organizzazioni di volontariato costituite esclusivamente ai fini di solidarietà, purché le attività siano destinate a finalità di volontariato, riconosciute idonee in base alla normativa vigente in materia e che risultano iscritte senza interruzione da almeno due anni negli appositi registri. A tal fine, in deroga alla disposizione di cui alla lettera a) del comma 1, dovrà essere prevista la deducibilità delle predette erogazioni, ai sensi degli articoli 10, 65 e 110 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni e integrazioni, per un ammontare non superiore a lire 2 milioni ovvero, ai fini del reddito di impresa, nella misura del 50 per cento della somma erogata entro il limite del 2 per cento degli utili dichiarati e fino ad un massimo di lire 100 milioni".
4. I proventi derivanti da attività commerciali e produttive marginali non costituiscono redditi imponibili ai fini dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG) e dell'imposta locale sui redditi (ILOR), qualora sia documentato il loro totale impiego per i fini istituzionali dell'organizzazione di volontariato. I criteri relativi al concetto di marginalità di cui al periodo precedente, sono fissati dal Ministro delle finanze con proprio decreto, di concerto con il Ministro per gli affari sociali.
-  Art. 9 - Valutazione dell'imponibile. - 1. Alle organizzazioni di volontariato iscritte nei registri di cui all'articolo 6 si applicano le disposizioni di cui all'articolo 20, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 598, come sostituito dall'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 1982, n. 954.
-  Art. 10 - Norme regionali e delle province autonome. - 1. Le leggi regionali e provinciali devono salvaguardare l'autonomia di organizzazione e di iniziativa del volontariato e favorirne lo sviluppo.
2. In particolare, disciplinano:
a) le modalità cui dovranno attenersi le organizzazioni per lo svolgimento delle prestazioni che formano oggetto dell'attività di volontariato, all'interno delle strutture pubbliche e di strutture convenzionate con le regioni e le province autonome;
b) le forme di partecipazione consultiva delle organizzazioni iscritte nei registri di cui all'articolo 6 alla programmazione degli interventi nei settori in cui esse operano;
c) i requisiti ed i criteri che danno titolo di priorità nella scelta delle organizzazioni per la stipulazione delle convenzioni, anche in relazione ai diversi settori di intervento;
d) gli organi e le forme di controllo, secondo quanto previsto dall'articolo 6;
e) le condizioni e le forme di finanziamento e di sostegno delle attività di volontariato;
f) la partecipazione dei volontari aderenti alle organizzazioni iscritte nei registri di cui all'articolo 6 ai corsi di formazione, qualificazione e aggiornamento professionale svolti o promossi dalle regioni, dalle province autonome e dagli enti locali nei settori di diretto intervento delle organizzazioni stesse.
-  Art. 11 - Diritto all'informazione ed accesso ai documenti amministrativi. - 1. Alle organizzazioni di volontariato, iscritte nei registri di cui all'articolo 6, si applicano le disposizioni di cui al capo V della legge 7 agosto 1990, n. 241.
2. Ai fini di cui al comma 1 sono considerate situazioni giuridicamente rilevanti quelle attinenti al perseguimento degli scopi statutari delle organizzazioni.
-  Art. 12 - Osservatorio nazionale per il volontariato. - 1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per gli affari sociali, è istituito l'Osservatorio nazionale per il volontariato, presieduto dal Ministro per gli affari sociali o da un suo delegato e composto da dieci rappresentanti delle organizzazioni e delle federazioni di volontariato operanti in almeno sei regioni, da due esperti e da tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. L'Osservatorio, che si avvale del personale, dei mezzi e dei servizi messi a disposizione dal Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha i seguenti compiti:
a) provvedere al censimento delle organizzazioni di volontariato ed alla diffusione della conoscenza delle attività da esse svolte;
b) promuovere ricerche e studi in Italia e all'estero;
c) fornire ogni utile elemento per la promozione e lo sviluppo del volontariato;
d) approvare progetti sperimentali elaborati, anche in collaborazione con gli enti locali, da organizzazioni di volontariato iscritte nei registri di cui all'articolo 6 per far fronte ad emergenze sociali e per favorire l'applicazione di metodologie di intervento particolarmente avanzate;
e) offrire sostegno e consulenza per progetti di informatizzazione e di banche-dati nei settori di competenza della presente legge;
f) pubblicare un rapporto biennale sull'andamento del fenomeno e sullo stato di attuazione delle normative nazionali e regionali;
g) sostenere, anche con la collaborazione delle regioni, iniziative di formazione ed aggiornamento per la prestazione dei servizi;
h) pubblicare un bollettino periodico di informazione e promuovere altre iniziative finalizzate alla circolazione delle notizie attinenti l'attività di volontariato;
i) promuovere, con cadenza triennale, una Conferenza nazionale del volontariato, alla quale partecipano tutti i soggetti istituzionali, i gruppi e gli operatori interessati.
2. E' istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari sociali, il Fondo per il volontariato, finalizzato a sostenere finanziariamente i progetti di cui alla lettera d) del comma 1.
-  Art. 13 - Limiti di applicabilità. - 1. E' fatta salva la normativa vigente per le attività di volontariato non contemplate nella presente legge, con particolare riferimento alle attività di cooperazione internazionale allo sviluppo, di protezione civile e a quelle connesse con il servizio civile sostitutivo di cui alla legge 15 dicembre 1972, n. 772.
-  Art. 14 - Autorizzazione di spesa e copertura finanziaria. - 1. Per il funzionamento dell'Osservatorio nazionale per il volontariato, per la dotazione del Fondo di cui al comma 2 dell'articolo 12 e per l'organizzazione della Conferenza nazionale del volontariato di cui al comma 1, lettera i), dello stesso articolo 12, è autorizzata una spesa di due miliardi di lire per ciascuno degli anni 1991, 1992 e 1993.
2. All'onere di cui al comma 1 si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno finanziario 1991, all'uopo utilizzando parzialmente l'accantonamento: "Legge-quadro sulle organizzazioni di volontariato".
3. Le minori entrate derivanti dall'applicazione dei commi 1 e 2 dell'articolo 8, sono valutate complessivamente in lire 1 miliardo per ciascuno degli anni 1991, 1992 e 1993. Al relativo onere si fa fronte mediante utilizzazione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno finanziario 1991, all'uopo utilizzando parzialmente l'accantonamento: "Legge-quadro sulle organizzazioni di volontariato".
-  Art. 15 - Fondi speciali presso le regioni. - 1. Gli enti di cui all'articolo 12, comma 1, del decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356, devono prevedere nei propri statuti che una quota non inferiore ad un quindicesimo dei propri proventi, al netto delle spese di funzionamento e dell'accantonamento di cui alla lettera d) del comma 1 dello stesso articolo 12, venga destinata alla costituzione di fondi speciali presso le regioni al fine di istituire, per il tramite degli enti locali, centri di servizio a disposizione delle organizzazioni di volontariato, e da queste gestiti, con la funzione di sostenerne e qualificarne l'attività.
2. Le casse di risparmio, fino a quando non abbiano proceduto alle operazioni di ristrutturazione di cui all'articolo 1 del citato decreto legislativo n. 356 del 1990, devono destinare alle medesime finalità di cui al comma 1 del presente articolo una quota pari ad un decimo delle somme destinate ad opere di beneficienza e di pubblica utilità ai sensi dell'articolo 35, terzo comma, del regio decreto 25 aprile 1929, n. 967, e successive modificazioni.
3. Le modalità di attuazione delle norme di cui ai commi 1 e 2 saranno stabilite con decreto del Ministro del tesoro, di concerto con il Ministro per gli affari sociali, entro tre mesi dalla data di pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale.
-  Art. 16 - Norme transitorie e finali. - 1. Fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, le regioni provvedono ad emanare o adeguare le norme per l'attuazione dei princìpi contenuti nella presente legge entro un anno dalla data della sua entrata in vigore.
-  Art. 17 - Flessibilità nell'orario di lavoro. - 1. I lavoratori che facciano parte di organizzazioni iscritte nei registri di cui all'articolo 6, per poter espletare attività di volontariato, hanno diritto di usufruire delle forme di flessibilità di orario di lavoro o delle turnazioni previste dai contratti o dagli accordi collettivi, compatibilmente con l'organizzazione aziendale.
2. All'articolo 3 della legge 29 marzo 1983, n. 93, è aggiunto, infine, il seguente comma:
"Gli accordi sindacali disciplinano i criteri per consentire ai lavoratori, che prestino nell'ambito del comune di abituale dimora la loro opera volontaria e gratuita in favore di organizzazioni di volontariato riconosciute idonee dalla normativa in materia, di usufruire di particolari forme di flessibilità degli orari di lavoro o di turnazioni, compatibilmente con l'organizzazione dell'amministrazione di appartenenza.".
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato."
Nota all'art. 530
Dopo l'emanazione della legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali 8 novembre 2000, n. 328, non risulta adeguata la legge regionale n. 22/1986 alle innovazioni introdotte.
Nota all'art. 549
L'articolo aggiorna il recepito art. 54 della legge n. 142/1990.
Si richiamano altresì le disposizioni dell'art. 52 del decreto legislativo n. 446/1997 che si riporta:
"Art. 52 - Potestà regolamentare generale delle province e dei comuni. - 1. Le province ed i comuni possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti. Per quanto non regolamentato si applicano le disposizioni di legge vigenti.
2. I regolamenti sono approvati con deliberazione del comune e della provincia non oltre il termine di approvazione del bilancio di previsione e non hanno effetto prima dell'1 gennaio dell'anno successivo. I regolamenti sulle entrate tributarie sono comunicati, unitamente alla relativa delibera comunale o provinciale al Ministero delle finanze, entro trenta giorni dalla data in cui sono divenuti esecutivi e sono resi pubblici mediante avviso nella Gazzetta Ufficiale. Con decreto dei Ministeri delle finanze e della giustizia è definito il modello al quale i comuni devono attenersi per la trasmissione, anche in via telematica, dei dati occorrenti alla pubblicazione, per estratto, nella Gazzetta Ufficiale dei regolamenti sulle entrate tributarie, nonché di ogni altra deliberazione concernente le variazioni delle aliquote e delle tariffe di tributi.
3. Nelle province autonome di Trento e Bolzano, i regolamenti sono adottati in conformità alle disposizioni dello statuto e delle relative norme di attuazione.
4. Il Ministero delle finanze può impugnare i regolamenti sulle entrate tributarie per vizi di legittimità avanti gli organi di giustizia amministrativa.
5. I regolamenti, per quanto attiene all'accertamento e alla riscossione dei tributi e delle altre entrate, sono informati ai seguenti criteri:
a)  l'accertamento dei tributi può essere effettuato dall'ente locale anche nelle forme associate previste negli articoli 24, 25, 26 e 28 della legge 8 giugno 1990, n. 142;
b)  qualora sia deliberato di affidare a terzi, anche disgiuntamente, l'accertamento e la riscossione dei tributi e di tutte le entrate, le relative attività sono affidate, nel rispetto della normativa dell'Unione europea e delle procedure vigenti in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali, a:
1) i soggetti iscritti nell'albo di cui all'articolo 53, comma 1;
2) gli operatori degli Stati membri stabiliti in un Paese dell'Unione europea che esercitano le menzionate attività, i quali devono presentare una certificazione rilasciata dalla competente autorità del loro Stato di stabilimento dalla quale deve risultare la sussistenza di requisiti equivalenti a quelli previsti dalla normativa italiana di settore;
3) la società a capitale interamente pubblico, di cui all'articolo 113, comma 5, lettera c), del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, mediante convenzione, a condizione: che l'ente titolare del capitale sociale eserciti sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi; che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente che la controlla; che svolga la propria attività solo nell'ambito territoriale di pertinenza dell'ente che la controlla;
4) le società di cui all'articolo 113, comma 5, lettera b), del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, iscritte nell'albo di cui all'articolo 53, comma 1, del presente decreto, i cui soci privati siano scelti, nel rispetto della disciplina e dei principi comunitari, tra i soggetti di cui ai numeri 1) e 2) della presente lettera, a condizione che l'affidamento dei servizi di accertamento e di riscossione dei tributi e delle entrate avvenga sulla base di procedure ad evidenza pubblica;
c) l'affidamento di cui alla precedente lettera b) non deve comportare oneri aggiuntivi per il contribuente;
d) il visto di esecutività sui ruoli per la riscossione dei tributi e delle altre entrate è apposto, in ogni caso, dal funzionario designato quale responsabile della relativa gestione.
6. (comma abrogato)
7. (comma abrogato)".
Nota all'art. 555
In Sicilia le funzioni sono demandate alle sezioni del CO.RE.CO., la cui attività è in atto sospesa.
Nota all'art. 559, commi 2, 3 e 4
La Corte costituzionale, con sentenza n. 211 del 4-18 giugno 2003, ha dichiarato la illegittimità costituzionale dei commi annotati, nella parte in cui non prevedono che la impignorabilità delle somme destinate ai fini indicati alle lettere a), b) e c) del comma 2 non operi qualora, dopo l'adozione da parte dell'organo esecutivo della deliberazione semestrale di preventiva quantificazione degli importi delle somme destinate alle suddette finalità e la notificazione di essa al soggetto tesoriere dell'ente locale, siano emessi mandati a titoli diversi da quelli vincolati, senza seguire l'ordine cronologico delle fatture così come pervenute per il pagamento o, se non è prescritta fattura delle deliberazioni di impegno da parte dell'ente stesso.
Nota all'art. 566
Organi a competenza generale nell'ordinamento locale siciliano sono il sindaco e il presidente della provincia regionale. Ne deriva che, in difetto di specifica attribuzione di legge o statutaria, la competenza si ascrive a detti soggetti eletti a suffragio diretto.
Nota all'art. 572
Programma triennale dei lavori pubblici: il riferimento è all'adempimento, come disciplinato dalla vigente normativa regionale.
Nota all'art. 577
Le variazioni al bilancio relative a storni dalla stessa rubrica di bilancio, secondo l'art. 45 della legge regionale n. 26/1993, sono demandate agli organi monocratici elettivi locali.
Nota all'art. 596
In tema di alienazione e di riconversione dei beni demaniali e patrimoniali, oltre il regolamento previsto dall'art. 2 dell'ordinamento amministrativo degli enti locali, si richiamano l'art. 12 della legge n. 127/1997, recepito con l'art. 2 della legge regionale n. 23/1998, l'art. 11 della legge regionale n. 6/1997, l'art. 25 della legge regionale n. 10/1999, l'art. 10 della legge regionale n. 17/2004, nonché, in tema di beni demaniali marittimi, le disposizioni delle leggi regionali nn. 17/1998, 15/2005, 10/2007 e 13/2007.
Nota all'art. 682
La Regione siciliana non ha emanato norme nel settore, pertanto trova applicazione la disciplina statale.
Nota all'art. 693
Sostituisce l'abrogata disposizione dell'art. 58 della legge n. 142/1990 e successive integrazioni dell'art. 10 della legge n. 127/1997 (oggetto peraltro di recepimento legislativo regionale).
Nota all'art. 694
Per quanto concerne le competenze e la strutturazione delle sezioni della Corte dei conti nella regione siciliana, si rinvia alle disposizioni del decreto legislativo 6 maggio 1948, n. 655 (Istituzione di Sezioni della Corte dei conti per la Regione siciliana, ratificato con legge 17 aprile 1956, n. 561) che si riporta:
"Art. 1

1. Sono istituite per la Regione siciliana, con sede in Palermo, una sezione di controllo, una sezione giurisdizionale e una sezione giurisdizionale regionale d'appello della Corte dei conti.
2. La composizione e la competenza delle sezioni sono determinate dalle disposizioni della legge statale in materia.
Art. 2

1. La sezione di controllo, ferme restando le leggi dello Stato che disciplinano le funzioni della Corte dei conti e per quanto non diversamente disposto dal presente articolo:
a) esercita il controllo di legittimità:
1) sui regolamenti, emanati dal Governo regionale, di cui agli articoli 12, terzo comma, e 13 dello Statuto;
2) su tutti gli atti amministrativi, a carattere generale e particolare, adottati dal Governo regionale e dall'Amministrazione regionale in adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea;
b) verifica, altresì, il rendiconto generale della Regione.
2. La sezione predetta è delegata ad esercitare il controllo di legittimità sugli atti che vengono emanati da organi dello Stato aventi sede nella regione, e che sono soggetti, secondo le norme vigenti, al controllo della Corte dei conti.
3. La sezione di controllo svolge, anche in corso di esercizio, il controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio della regione e, nei casi previsti dalle leggi dello Stato, delle amministrazioni pubbliche statali e locali, nonché sulle gestioni fuori bilancio e sui fondi di provenienza comunitaria, verificando la legittimità e la regolarità delle gestioni, nonché il funzionamento dei controlli interni a ciascuna amministrazione. Accerta, anche in base all'esito di altri controlli, la rispondenza dei risultati dell'attività amministrativa agli obiettivi stabiliti in conformità alle leggi regionali ed alle leggi statali applicabili in Sicilia, valutando comparativamente costi, modo e tempi dello svolgimento dell'azione amministrativa. La Corte definisce annualmente i programmi ed i criteri di riferimento del controllo.
Art. 3

Sono attribuiti alla competenza della sezione giurisdizionale, osservate, in quanto applicabili, le norme del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214:
1) i giudizi sui conti dei tesorieri e degli altri agenti contabili della Regione;
2) i giudizi di responsabilità a carico degli amministratori, funzionari ed agenti della Regione, e gli altri giudizi in materia contabile interessanti la Regione stessa;
3) i giudizi sui ricorsi e sulle istanze di cui all'art. 62 del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, concernenti il trattamento di quiescenza degli impiegati della Regione, qualora la Regione stessa stabilisca per i propri dipendenti un trattamento di quiescenza nella forma di pensione;
4) i giudizi in grado d'appello contro le decisioni dei Consigli di prefettura, previste dall'art. 66 del testo unico delle leggi sulla Corte del conti, e riguardanti i comuni, le provincie, i consorzi e le istituzioni pubbliche di assistenza e di beneficenza compresi nella Regione.
Art. 4

Sono, altresì, attribuiti alla competenza della sezione giurisdizionale:
1) i giudizi sui conti dei tesorieri e degli altri agenti contabili incaricati nel territorio della Regione della gestione di danaro, valori e materie di proprietà dello Stato;
2) i giudizi di responsabilità a carico di funzionari, impiegati ed agenti delle Amministrazioni statali, quando l'evento produttivo del danno allo Stato siasi verificato nel territorio della Regione.
Art. 4 bis

1. Contro le decisioni della sezione giurisdizionale è ammesso appello alla sezione giurisdizionale regionale d'appello istituita dall'articolo 1.
Art. 5

Fino a quando la Regione non avrà disciplinato con proprie norme il rendimento dei conti dei propri tesorieri ed agenti contabili, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni vigenti in tema di contabilità generale dello Stato.
Art. 6

[I poteri attribuiti alle sezioni riunite della Corte dall'art. 25 del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, sono devoluti alle sezioni regionali riunite, le quali, ove non riconoscano cessata la causa del rifiuto, ordinano la registrazione degli atti o decreti presentati e vi appongono il visto con riserva.
Il rifiuto di registrazione è assoluto e annulla il provvedimento nei casi previsti dal terzo comma dell'art. 25 del testo unico predetto.] (1).
L'elenco delle registrazioni eseguite con riserva, accompagnato dalle deliberazioni relative, viene comunicato ogni quindici giorni direttamente all'ufficio di presidenza dell'Assemblea regionale.
Le sezioni regionali riunite deliberano sul rendiconto generale della Regione, in conformità degli articoli 40 e 41 del citato testo unico. La deliberazione e la relazione sul rendiconto sono trasmesse al Presidente della Regione, che ne cura la presentazione all'Assemblea regionale.
Per gli atti indicati nell'ultimo comma dell'art. 2, resta ferma la competenza delle sezioni riunite della Corte dei conti, a norma dell'art. 25 del testo unico predetto.
(1) La Corte costituzionale, con sentenza n. 121 del 19 dicembre 1966, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 6, primo comma, primo periodo, e comma secondo, limitatamente alla parte in cui consentono, rispettivamente, al Governo regionale siciliano di richiedere, e alle sezioni regionali riunite della Corte dei conti di disporre, la registrazione degli atti ritenuti illegittimi in sede di controllo e l'apposizione del visto con riserva.
Art. 7

Il numero dei votanti non può essere minore di tre per ciascuna sezione regionale e di cinque per le sezioni regionali riunite, dei quali non più di un primo referendario o referendario per ciascuna sezione semplice e di due primi referendari o referendari per le sezioni riunite.
Art. 8

Il presidente della Corte coordina l'attività della sezione regionale di controllo con quella della sezione di controllo centrale.
Art. 9

(articolo abrogato)
Art. 10

I provvedimenti di destinazione dei magistrati alle sezioni regionali sono adottati previa intesa con il Governo regionale.
L'assegnazione dei magistrati ha luogo con il loro consenso.
Per esigenze di servizio può disporsi l'applicazione dei magistrati alle sezioni regionali per durata non superiore ad un anno. L'applicazione non può essere rinnovata nei riguardi dello stesso magistrato se non decorso un anno dal termine della precedente.
I magistrati assegnati alle sezioni ed agli uffici di procura sono collocati fuori ruolo, ai sensi delle vigenti disposizioni ed in eccedenza ai posti di fuori ruolo previsti per i magistrati della Corte dei conti, e sino a concorrenza del cinquanta per cento dell'organico previsto per dette sezioni.
Art. 11

Le spese per il funzionamento delle sezioni regionali sono a carico dello Stato, salvo tutte quelle relative ai locali e alla loro manutenzione, che sono a carico della Regione.
Alle sezioni ed agli uffici di procura della Corte dei conti per la Regione siciliana è anche assegnato, in posizione di comando, un contingente di personale regionale, determinato con decreto del Presidente della Regione d'intesa con il Presidente della Corte dei conti. I singoli provvedimenti di concessione e revoca del comando sono disposti dall'Amministrazione regionale d'intesa con il Segretario generale della Corte dei conti.
Art. 12

Le sezioni regionali inizieranno il loro funzionamento il trentesimo giorno successivo a quello dell'entrata in vigore del presente decreto.
I giudizi nelle materie attribuite alla competenza della sezione giurisdizionale a norma degli articoli 3, n. 4, e 4, che alla data di entrata in vigore del presente decreto siano in corso presso le sezioni centrali del contenzioso contabile, sono devoluti nello stato in cui si trovano alla sezione regionale, salvo che non sia stata emessa pronunzia interlocutoria.
Fino a quando la sezione di controllo non comincerà a funzionare, le attribuzioni di controllo saranno esercitate dalla delegazione attualmente esistente in Sicilia."
Nota all'art. 700
Successivo intervento legislativo nei riguardi della legge regionale n. 44/1991 concerne soltanto l'art. 11 in tema di pubblicazione delle deliberazioni ed l'art. 33 in tema di eleggibilità a deputati regionali. Le competenze riconosciute alle sezioni provinciali del CORECO dalle disposizioni incluse nel capo sono sospese con decorrenza 1 gennaio 2000.
Nota all'art. 731
L'originario numero di 12 unità è stato da ultimo elevato a 100 unità con l'art. 33 della legge regionale n. 7/1992. Il richiamo degli artt. 90 e 91 è oggi da intendersi agli artt. 724 e 725.
Nota all'art. 746
La disposizione fa riferimento ai consigli comunali. La disposizione del comma 1, lett. b) riportata in parentesi non è compatibile con sopravvenuta normativa.
Nota all'art. 747
La disposizione fa riferimento ai consigli provinciali.
Nota all'art. 750
L'inciso posto in parentesi non è applicabile in quanto richiama l'art. 16 della legge regionale n. 7/1992 abrogato.
Nota all'art. 751
Disposizione applicabile ai comuni.
Nota all'art. 752
Disposizione applicabile alle province regionali.
Nota all'art. 762
Si riporta specifica disposizione integrativa contenuta nell'art. 1, comma 715, della legge 27 dicembre 2006, n. 296:
"Art. 1

715. Nei casi di scioglimento dei consigli comunali e provinciali ai sensi dell'articolo 143 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, gli incarichi di cui all'articolo 110 del medesimo testo unico nonché l'incarico di revisore dei conti e i rapporti di consulenza e di collaborazione coordinata e continuativa sono risolti di diritto se non rinnovati entro quarantacinque giorni dall'insediamento della commissione straordinaria per la gestione dell'ente."
Nota all'art. 768
Si riporta il decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n. 252 (Regolamento recante norme per la semplificazione dei procedimenti relativi al rilascio delle comunicazioni e delle informazioni antimafia):
"Capo I DISPOSIZIONI DI CARATTERE GENERALE
Art. 1
Oggetto e ambito di applicazione

1. Le disposizioni del presente regolamento disciplinano le modalità con le quali le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici, gli enti e le aziende vigilati dallo Stato o da altro ente pubblico e le società o imprese comunque controllate dallo Stato o da altro ente pubblico, nonché i concessionari di opere pubbliche possono acquisire la prescritta documentazione circa la sussistenza di una delle cause di decadenza, di divieto o di sospensione di cui all'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e dei tentativi di infiltrazione mafiosa di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 8 agosto 1994, n. 490.
2. La documentazione di cui al comma 1 non è comunque richiesta:
a) per i rapporti fra i soggetti pubblici di cui al comma 1;
b) per i rapporti fra i soggetti pubblici di cui alla lettera a) ed altri soggetti, anche privati, i cui organi rappresentativi e quelli aventi funzioni di amministrazione e di controllo sono sottoposti, per disposizione di legge o di regolamento, alla verifica di particolari requisiti di onorabilità tali da escludere la sussistenza di una delle cause di sospensione, di decadenza o di divieto previste dall'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575;
c) per il rilascio o rinnovo delle autorizzazioni o licenze di polizia di competenza delle autorità nazionali e provinciali di pubblica sicurezza;
d) per la stipulazione o approvazione di contratti e per la concessione di erogazioni a favore di chi esercita attività agricole o professionali, non organizzate in forma di impresa, nonché a favore di chi esercita attività artigiana in forma di impresa individuale;
e) per i provvedimenti, gli atti, i contratti e le erogazioni il cui valore complessivo non supera i 300 milioni lire.
Art. 2
Validità e ambiti soggettivi della documentazione antimafia

1. La documentazione prevista dal presente regolamento è utilizzabile per un periodo di sei mesi dalla data del rilascio, anche per altri procedimenti riguardanti i medesimi soggetti. E' consentito all'interessato di utilizzare la comunicazione di cui all3, in corso di validità conseguita per altro procedimento, anche in copia autentica.
2. I soggetti di cui all'articolo 1, comma 1, d'ora in avanti indicati come "amministrazioni", che acquisiscono la documentazione prevista dal presente regolamento di data non anteriore a sei mesi, adottano il provvedimento richiesto e gli atti conseguenti o esecutivi, compresi i pagamenti, anche se il provvedimento o gli atti sono perfezionati o eseguiti in data successiva alla scadenza di validità della predetta documentazione.
3. Quando si tratta di associazioni, imprese, società e consorzi, la documentazione prevista dal presente regolamento deve riferirsi, oltre che all'interessato:
a) alle società;
b) per le società di capitali anche consortili ai sensi dell'articolo 2615-ter del codice civile, per le società cooperative, di consorzi cooperativi, per i consorzi di cui al libro V, titolo X, capo II, sezione II, del codice civile, al legale rappresentante e agli eventuali altri componenti l'organo di amministrazione, nonché a ciascuno dei consorziati che nei consorzi e nelle società consortili detenga una partecipazione superiore al 10 per cento, ed ai soci o consorziati per conto dei quali le società consortili o i consorzi operino in modo esclusivo nei confronti della pubblica amministrazione;
c) per i consorzi di cui all'articolo 2602 del codice civile, a chi ne ha la rappresentanza e agli imprenditori o società consorziate;
d) per le società in nome collettivo, a tutti i soci;
e) per le società in accomandita semplice, ai soci accomandatari;
f) per le società di cui all'articolo 2506 del codice civile, a coloro che le rappresentano stabilmente nel territorio dello Stato.
Capo II CERTIFICAZIONI E COMUNICAZIONI
Sezione I COMUNICAZIONI DELLA PREFETTURA
Art. 3
Comunicazioni per iscritto

1. Salvo quanto previsto dall'articolo 1, la documentazione circa la sussistenza di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575, su richiesta nominativa della stessa amministrazione, anche per elenchi, è effettuata mediante comunicazione scritta della prefettura della provincia in cui l'amministrazione ha sede, ovvero, se richiesta dai soggetti privati interessati, dalla prefettura della provincia in cui gli stessi risiedono o hanno sede, soltanto quando:
a) i collegamenti informatici o telematici di cui all'articolo 4 non sono attivati o non sono comunque operanti, ovvero l'attestazione risultante richiede la conferma scritta della prefettura;
b) il certificato rilasciato dalla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura è privo della dicitura antimafia di cui all'articolo 9.
2. La richiesta da parte dei soggetti privati interessati, corredata della documentazione di cui all'articolo 10, comma 3, ancorché priva della dicitura di cui all'articolo 9, ovvero della documentazione di cui all'articolo 10, comma 4, è ammessa previa informativa all'amministrazione procedente e può essere effettuata da persona delegata. La delega può indicare anche la persona incaricata del ritiro ed è sempre effettuata con atto recante sottoscrizione autenticata. La delega deve essere esibita, unitamente ad un documento di identificazione, sia all'atto della richiesta, che all'atto del ritiro. Nel caso di ritiro a mezzo di persona delegata, la comunicazione è rilasciata in busta chiusa a nome del richiedente.
3. La comunicazione è rilasciata entro quindici giorni dal ricevimento della richiesta.
Art. 4
Comunicazioni in via telematica

1. La documentazione circa la sussistenza delle cause di sospensione, di divieto o di decadenza previste dall'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575, può essere conseguita mediante l'utilizzazione di collegamenti informatici o telematici tra le amministrazioni interessate ed una o più prefetture dotate di specifico archivio automatizzato, attivati sulla base di convenzioni approvate dal Ministero dell'interno, in modo da:
a) attestare con strumenti automatizzati l'inesistenza delle predette cause interdittive, allo scopo di conseguire risultati equivalenti alle comunicazioni di cui all'articolo 3;
b) rendere accessibili alle prefetture competenti le segnalazioni relative alle attestazioni prodotte.
2. Nessun provvedimento di diniego o altrimenti sfavorevole all'interessato può essere adottato o eseguito sulla base delle segnalazioni trasmesse a norma del comma 1 senza specifica comunicazione di conferma da effettuarsi, a cura della prefettura competente, anche mediante elenchi cumulativi, entro quindici giorni dalla richiesta nominativa.
Art. 5
Autocertificazione

1. Fuori dei casi previsti dall'articolo 10, i contratti e subcontratti relativi a lavori o forniture dichiarati urgenti ed i provvedimenti di rinnovo conseguenti a provvedimenti già disposti, sono stipulati, autorizzati o adottati previa acquisizione di apposita dichiarazione con la quale l'interessato attesti che nei propri confronti non sussistono le cause di divieto, di decadenza o di sospensione di cui all'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575. La sottoscrizione della dichiarazione deve essere autenticata con le modalità dell'articolo 20 della legge 4 gennaio 1968, n. 15.
2. La predetta dichiarazione è resa dall'interessato anche quando gli atti e i provvedimenti della pubblica amministrazione riguardano:
a) attività private, sottoposte a regime autorizzatorio, che possono essere intraprese su denuncia di inizio da parte del privato alla pubblica amministrazione competente;
b) attività private sottoposte alla disciplina del silenzio-assenso, indicate nella tabella C annessa al regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1992, n. 300, e successive modificazioni e integrazioni.
Sezione II CERTIFICATI CAMERALI
Art. 6
Certificazioni o attestazioni delle camere di commercio, industria e artigianato

1. Le certificazioni o attestazioni delle camere di commercio, industria e artigianato, d'ora in avanti indicate come camere di commercio, recanti la dicitura di cui all'articolo 9, sono equiparate, a tutti gli effetti, alle comunicazioni delle prefetture che attestano l'insussistenza delle cause di decadenza, divieto o sospensione di cui all'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575.
2. L'acquisizione agli atti dell'amministrazione interessata e degli altri soggetti di cui all'articolo 1 del presente regolamento, ovvero del concessionario di opere o servizi pubblici, delle certificazioni o attestazioni di cui al comma 1, munite della dicitura ivi prevista, rilasciate in data non anteriore a sei mesi, esonera dalla richiesta della comunicazione prevista dall'articolo 3 e dall'acquisizione dell'autocertificazione di cui all'articolo 5.
3. Le richieste delle certificazioni o attestazioni di cui al comma 1 devono essere presentate alle camere di commercio dalla persona interessata o da persona dalla stessa delegata a norma dell'articolo 3, comma 2.
4. Le attestazioni o certificazioni delle camere di commercio prive della dicitura di cui all'articolo 9 non implicano di per sé la sussistenza di una delle cause di decadenza, di divieto o di sospensione di cui all'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575, ma in tal caso deve essere richiesta la comunicazione di cui all'articolo 3.
5. Le camere di commercio, nell'esercizio della loro attività amministrativa, utilizzano il collegamento telematico disciplinato dal presente regolamento per acquisire, nei casi previsti dalla legge, le comunicazioni di cui all'articolo 3.
Art. 7
Collegamento telematico

1. E' attivato un collegamento telematico tra il sistema informativo delle camere di commercio e il sistema informativo del Ministero dell'interno messo a disposizione della prefettura di Roma.
2. Il sistema informativo delle camere di commercio è quello di cui agli articoli 21, comma 4, e 23, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 1995, n. 581, operante, tra l'altro, per il trattamento automatizzato degli elenchi, ruoli, albi e registri delle camere di commercio.
3. Per le finalità di cui al comma 1, il centro elaborazione dati di cui all'articolo 8 della legge 1 aprile 1981, n. 121, d'ora in avanti indicato come C.E.D., costituisce un apposito archivio informatico contenente l'elenco delle persone alle quali sono stati comminati i provvedimenti di cui all'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575.
4. Per ciascuna persona sono inseriti nell'archivio informatico i seguenti dati:
a) cognome e nome;
b) sesso;
c) data e provincia di nascita;
d) cittadinanza;
e) comune di residenza.
5. Il C.E.D. garantisce la completezza e l'aggiornamento costante dell'archivio.
6. Il C.E.D. rende accessibile, con modalità telematica, l'archivio di cui al comma 3 al sistema informativo messo a disposizione della prefettura di Roma e, per il tramite di questo, a quello delle camere di commercio per l'effettuazione di interrogazioni nominative o per l'acquisizione delle comunicazioni previste dagli articoli 3 e 4.
Art. 8
Procedure per l'interrogazione dell'archivio

1. L'interrogazione nominativa di cui all'articolo 7, comma 6, è effettuata da dipendenti delle camere di commercio addetti alle certificazioni e attestazioni previste dal presente regolamento, appositamente abilitati dal responsabile del procedimento individuato in base alle norme organizzative delle singole camere di commercio.
2. Il sistema di collegamento deve garantire la individuazione del dipendente che effettua ciascuna interrogazione.
3. Il sistema informativo delle camere di commercio garantisce che qualora l'interrogazione nominativa di cui all'articolo 7, comma 6, corrisponda ad una iscrizione presente nell'archivio informatico di cui all'articolo 7, comma 3:
a) sia sospeso il rilascio del certificato relativo alle iscrizioni di cui all'articolo 10, comma 1, lettere d) ed e), della legge 31 maggio 1965, n. 575;
b) sia consentito il rilascio del certificato relativo all'iscrizione nel registro delle imprese o ad altre iscrizioni diverse da quelle indicate nella lettera a), privo della dicitura di cui all'articolo 9.
4. Il sistema informativo delle camere di commercio garantisce, altresì, qualora l'interrogazione nominativa di cui all'articolo 7, comma 6, risulti negativa, che venga automaticamente inserita nel testo della certificazione o attestazione richiesta l'apposita dicitura di cui all'articolo 9. In ogni caso, le camere di commercio possono rilasciare le certificazioni e le attestazioni di cui al presente decreto prive della predetta dicitura quando l'interessato ne faccia espressa richiesta.
5. Nei casi previsti dal comma 3, il dipendente della camera di commercio informa l'interessato che occorre acquisire presso la competente prefettura la comunicazione di cui all'articolo 3, anche per i provvedimenti di competenza delle camere di commercio, quando deve disporsi la sospensione o cancellazione dell'iscrizione.
6. Gli elementi essenziali di ogni certificato rilasciato sono conservati in un apposito archivio informatico del sistema informativo delle camere di commercio accessibile telematicamente da parte delle prefetture interessate.
7. Il sistema informativo delle camere di commercio collabora con il C.E.D. per consentire l'abbinamento a ciascun nominativo, presente nell'archivio costituito a norma dell'articolo 7, del relativo codice fiscale.
Art. 9
Dicitura antimafia

1. Le certificazioni delle camere di commercio sono equiparate alle comunicazioni qualora riportino in calce la seguente dicitura: "Nulla osta ai fini dell'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni. La presente certificazione è emessa dalla C.C.I.A.A. utilizzando il collegamento telematico con il sistema informativo utilizzato dalla prefettura di Roma".
2. Con apposito decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, emanato a norma dell'articolo 24, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 1995, n. 581, sono definiti i certificati di iscrizione nel registro delle imprese, recanti la dicitura di cui al comma 1, relativi ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 3.
3. Con lo stesso decreto sono altresì stabiliti i modelli di certificazione previsti dal presente regolamento e relativi agli altri registri, albi, ruoli ed elenchi tenuti dalle camere di commercio.
Capo III INFORMAZIONI DEL PREFETTO
Art. 10
Informazioni del prefetto

1. Salvo quanto previsto dall'articolo 1, ed in deroga alle disposizioni dell'articolo 4 del decreto legislativo 8 agosto 1994, n. 490, fatto salvo il divieto di frazionamento di cui al comma 2 del predetto articolo, le pubbliche amministrazioni, gli enti pubblici e gli altri soggetti di cui all'articolo 1, devono acquisire le informazioni di cui al comma 2 del presente articolo, prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti, ovvero prima di rilasciare o consentire le concessioni o erogazioni indicati nell'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575, il cui valore sia:
a) pari o superiore a quello determinato dalla legge in attuazione delle direttive comunitarie in materia di opere e lavori pubblici, servizi pubblici e pubbliche forniture, indipendentemente dai casi di esclusione ivi indicati;
b) superiore a 300 milioni di lire per le concessioni di acque pubbliche o di beni demaniali per lo svolgimento di attività imprenditoriali, ovvero per la concessione di contributi, finanziamenti e agevolazioni su mutuo o altre erogazioni dello stesso tipo per lo svolgimento di attività imprenditoriali;
c) superiore a 300 milioni di lire per l'autorizzazione di subcontratti, cessioni o cottimi, concernenti la realizzazione di opere o lavori pubblici o la prestazione di servizi o forniture pubbliche.
2. Quando, a seguito delle verifiche disposte dal prefetto, emergono elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa nelle società o imprese interessate, le amministrazioni cui sono fornite le relative informazioni non possono stipulare, approvare o autorizzare i contratti o subcontratti, né autorizzare, rilasciare o comunque consentire le concessioni e le erogazioni.
3. Le informazioni del prefetto sono richieste dall'amministrazione interessata, indicando l'oggetto e il valore del contratto, subcontratto, concessione o erogazione ed allegando, esclusivamente, copia del certificato di iscrizione dell'impresa presso la camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura corredato della apposita dicitura antimafia. Nel caso di società consortili o di consorzi, il certificato è integrato con la indicazione dei consorziati che detengono una quota superiore al 10% del capitale o del fondo consortile, nonché dei consorziati per conto dei quali la società consortile o il consorzio opera in modo esclusivo nei confronti della pubblica amministrazione. Per le imprese di costruzioni il certificato è integrato con l'indicazione del direttore tecnico.
4. In luogo o ad integrazione del certificato di cui al comma 3 può essere allegata una dichiarazione del legale rappresentante recante le medesime indicazioni.
5. Ai fini di cui ai commi 1 e 2, la richiesta di informazioni è inoltrata al prefetto della provincia nella quale hanno residenza o sede le persone fisiche, le imprese, le associazioni, le società o i consorzi interessati ai contratti e subcontratti di cui al comma 1, lettere a) e c), o che siano destinatari degli atti di concessione o erogazione di cui alla lettera b) dello stesso comma 1.
6. La richiesta può essere effettuata anche dal soggetto privato interessato o da persona da questi specificamente delegata, previa comunicazione all'amministrazione destinataria di voler procedere direttamente a tale adempimento. La delega deve risultare da atto recante sottoscrizione autenticata e deve essere esibita unitamente ad un documento di identificazione personale. In ogni caso la prefettura fa pervenire le informazioni direttamente all'amministrazione indicata dal richiedente.
7. Ai fini di cui al comma 2 le situazioni relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa sono desunte:
a) dai provvedimenti che dispongono una misura cautelare o il giudizio, ovvero che recano una condanna anche non definitiva per taluno dei delitti di cui agli articoli 629, 644, 648-bis, e 648-ter del codice penale, o dall'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale;
b) dalla proposta o dal provvedimento di applicazione di taluna delle misure di cui agli articoli 2-bis, 2-ter, 3-bis e 3-quater della legge 31 maggio 1965, n. 575;
c) dagli accertamenti disposti dal prefetto anche avvalendosi dei poteri di accesso e di accertamento delegati dal Ministro dell'interno, ovvero richiesti ai prefetti competenti per quelli da effettuarsi in altra provincia.
8. La prefettura competente estende gli accertamenti pure ai soggetti, residenti nel territorio dello Stato, che risultano poter determinare in qualsiasi modo le scelte o gli indirizzi dell'impresa e, anche sulla documentata richiesta dell'interessato, aggiorna l'esito delle informazioni al venir meno delle circostanze rilevanti ai fini dell'accertamento dei tentativi di infiltrazione mafiosa.
9. Le disposizioni dell'articolo 1-septies del decreto-legge 6 settembre 1982, n. 629, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 ottobre 1982, n. 726, come successivamente integrato dalla legge 15 novembre 1988, n. 486, non si applicano alle informazioni previste dal presente articolo, salvo che gli elementi o le altre indicazioni fornite siano rilevanti ai fini delle valutazioni discrezionali ammesse dalla legge. Sono fatte salve le procedure di selezione previste dalle disposizioni in vigore in materia di appalti, comprese quelle di recepimento di direttive europee.
Art. 11
Termini per il rilascio delle informazioni

1. Quando le verifiche disposte siano di particolare complessità, il prefetto ne dà comunicazione senza ritardo all'amministrazione interessata e fornisce le informazioni acquisite entro i successivi trenta giorni.
2. Decorso il termine di quarantacinque giorni dalla ricezione della richiesta, ovvero, nei casi d'urgenza, anche immediatamente dopo la richiesta, le amministrazioni procedono anche in assenza delle informazioni del prefetto. In tale caso, i contributi, i finanziamenti, le agevolazioni e le altre erogazioni di cui al comma 1 sono corrisposti sotto condizione risolutiva e l'amministrazione interessata può revocare le autorizzazioni e le concessioni o recedere dai contratti, fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l'esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite.
3. Le facoltà di revoca e di recesso di cui al comma 2 si applicano anche quando gli elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa siano accertati successivamente alla stipula del contratto, alla concessione dei lavori o all'autorizzazione del subcontratto.
4. Il versamento delle erogazioni di cui alla lettera f) dell'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575, può essere in ogni caso sospeso fino a quando pervengono le informazioni che non sussistono le cause di divieto o di sospensione di cui all'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575, né il divieto di cui all'articolo 4, comma 6, del decreto legislativo n. 490.
Art. 12
Disposizioni relative ai lavori pubblici

1. Se taluna delle situazioni indicate nell'articolo 10, comma 7, interessa un'impresa diversa da quella mandataria che partecipa ad un'associazione o raggruppamento temporaneo di imprese, le cause di divieto o di sospensione di cui all'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e quelle di divieto di cui all'articolo 4, comma 6, del decreto legislativo n. 490 del 1994, non operano nei confronti delle altre imprese partecipanti quando la predetta impresa sia estromessa o sostituita anteriormente alla stipulazione del contratto o alla concessione dei lavori. La sostituzione può essere effettuata entro trenta giorni dalla comunicazione delle informazioni del prefetto qualora esse pervengano successivamente alla stipulazione del contratto o alla concessione dei lavori.
2. Le disposizioni del comma 1 si applicano anche nel caso di consorzi non obbligatori.
3. Con decreto del Ministro dell'interno, adottato di concerto con il Ministro di grazia e giustizia e con il Ministro dei lavori pubblici, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, sono individuate le modalità per l'interscambio dei dati di cui all'articolo 10, comma 7, allo scopo di raccordare le procedure di rilascio delle informazioni del prefetto e quelle relative alla tenuta dell'albo nazionale dei costruttori, nel rispetto delle disposizioni di legge sul trattamento dei dati personali.
4. Il prefetto della provincia interessata all'esecuzione delle opere e dei lavori pubblici di cui all'articolo 4, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 490 del 1994, è tempestivamente informato dalla stazione appaltante della pubblicazione del bando di gara e svolge gli accertamenti preliminari sulle imprese locali per le quali il rischio di tentativi di infiltrazione mafiosa, nel caso di partecipazione ai lavori, è ritenuto maggiore. L'accertamento di una delle situazioni indicate dall'articolo 10, comma 7, comporta il divieto dell'appalto o della concessione dell'opera pubblica, nonché del subappalto, degli altri subcontratti, delle cessioni o dei cottimi, comunque denominati, indipendentemente dal valore delle opere o dei lavori.".
Nota all'art. 774
Confronta l'art. 34 ter del decreto - legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31.
Nota all'art. 775
Per ragioni anche sistematiche, di organizzazione di uffici e del personale, in tema di competenze dei segretari comunali e provinciali trova applicazione la disciplina più compiuta oggetto del riporto.
Nota all'art. 795
Si riportano le principali disposizioni ritenute non compatibili con la sopravvenuta normativa delle seguenti leggi regionali:
-  Ordinamento amministrativo degli enti locali:
-  Titolo I, con eccezione degli artt. 1, 2, 4, 5 e 11;
-  Titolo II;
-  Titolo III;
-  Titolo IV, capo I con eccezione artt. 41, 43, 45, 48, 50, 53, 54, 55, 62, 65, 67, 68 e 70; capo III con eccezione dell'art. 109 bis;
-  Titolo V, con eccezione degli artt. 138, 140, 143, 144, 145, 156 e 159;
-  Titolo VI, con eccezione degli artt. 165, 166, 169, 171, 172, 173, 174, 176, 179, 182, 183, 184, 185, 186, 187, 188, 191, 192, 193, 194, 195, 196, 198, 198bis, 199 e 200;
-  Titolo VII;
-  Titolo VIII, con eccezione degli artt. 217, 220, 221, 222, 223, 224, 233, 235 e 242;
-  Titolo IX, con eccezione degli artt. 246, 247, 249, 251 e 254;
-  Titolo X;
-  D.P. n. 3/1957 con eccezione degli artt. 21, 29, 30, 85, 86, 87 e 89;
-  legge regionale n. 9/1986: artt. 18, 29, 31, 36, 37 e 42;
-  legge regionale n. 7/1992: artt. 21 e 32;
-  legge regionale n. 26/1993: art. 62.
Nota all'art. 795, comma 1, lett. b)
Si riportano le disposizioni, ritenute parzialmente compatibili con la vigente normativa, del regolamento approvato con decreto presidenziale 29 ottobre 1957, n. 3, e successive modifiche:
Art. 21
Commissario straordinario

In caso di decadenza o scioglimento di consigli comunali la spesa del commissario è a carico del comune.
Il commissario deve presentare all'amministrazione comunale e alla commissione provinciale di controllo una relazione sui provvedimenti adottati durante la sua gestione.
Appena divenuta esecutiva la deliberazione di elezione del sindaco, il commissario deve fargli la consegna dell'ufficio.
Art. 29
Responsabilità per la tenuta degli atti

Della regolarità e della conservazione di tutti i titoli, degli atti, delle carte e scritture di spettanza del comune, sono responsabili il segretario e il sindaco.
Non si possono estrarre carte dall'archivio, nè asportarle dall'ufficio comunale, senza l'ordine scritto del sindaco o della Giunta al segretario, il quale restituisce l'ordine quando le carte gli vengono riconsegnate.
Le stesse disposizioni si applicano per il rilascio delle copie degli atti, ad eccezione di quelle previste dall'art. 199 della legge.
Tutte le copie degli atti devono portare il visto del sindaco.
Il segretario è responsabile della custodia e dell'uso del bollo comunale.
Art. 30
Raccolta leggi e decreti. Registri

In ogni comune il segretario deve tenere al corrente la raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti dello Stato e della Regione, nonché i registri, gli elenchi e gli atti indicati nell'allegato n. 1, obbligatori per i comuni, oltre a quelli speciali prescritti da leggi e da regolamenti.
I messi comunali debbono tenere un registro per la notificazione degli atti con l'indicazione della natura di questi, delle persone cui vennero consegnati, del giorno e dell'ora della consegna.
Le guardie municipali e campestri annotano le contravvenzioni da esse elevate in appositi registri, da conservarsi nei rispettivi uffici.
Art. 85
Votazioni

Il verbale delle adunanze deve contenere i nomi dei consiglieri presenti alla votazione per ogni singolo oggetto, con l'indicazione di quelli che si siano astenuti.
Per le deliberazioni concernenti persone o elezioni a cariche deve farsi constare dal verbale che si è proceduto alla votazione a scrutinio segreto.
Se le deliberazioni concernono questioni che implichino apprezzamenti o giudizi sulle qualità o sul comportamento di persone, dal verbale deve constare che si è anche deliberato in seduta segreta.
Dette deliberazioni debbono essere comunicate agli interessati.
Art. 86
Mancanza del numero legale

Quando, in seguito alla convocazione del consiglio, la seduta non possa aver luogo per mancanza del numero legale, ne è steso verbale, nel quale saranno indicati i nomi degli intervenuti.
Art. 87
Schede contestate o annullate

Quando hanno luogo votazioni a scrutinio segreto, le schede, per qualsiasi motivo contestate o annullate, devono essere vidimate dal presidente, da uno almeno degli scrutatori e dal segretario e devono essere conservate in archivio.
Art. 89
Certificazione di eseguita pubblicazione

Il certificato della eseguita pubblicazione delle deliberazioni del consiglio comunale e del libero consorzio, della giunta municipale e della giunta del libero consorzio, deve far menzione se siano state prodotte opposizioni contro di esse.
Tale certificato deve essere riportato in tutte le copie delle deliberazioni rilasciate per qualsiasi scopo dalla segreteria del comune o del libero consorzio.

(2008.14.1096)072


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MICHELE ARCADIPANE, direttore responsabile
FRANCESCO CATALANO, condirettoreMELANIA LA COGNATA, redattore

Ufficio legislativo e legale della Regione Siciliana
Gazzetta Ufficiale della Regione
Stampa: Officine Grafiche Riunite s.p.a.-Palermo
Ideazione grafica e programmi di
Michele Arcadipane
Trasposizione grafica curata da
Alessandro De Luca
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