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Orbene, seppure il Consiglio di Stato abbia costantemente escluso la trasmissibilità della posizione di "concorrente" ad una gara di appalto (cfr. C.S., sez.V, 8-2-2000, n. 754, sez.IV, 11-2-1999, n. 150; sez. V, 26-11-2002, n. 4940) nella fattispecie va verificata la possibilità che il rapporto contrattuale già sorto possa essere oggetto di successione nel caso di trasformazione dell'impresa aggiudicataria con riguardo agli appalti di fornitura di beni e servizi . |
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Sulla questione in generale va osservato che la legge n. 203/1991 ha abrogato gli artt. 334 e 339 della legge fondamentale sui lavori pubblici 20 marzo 1865, n. 2248 che consentivano, previa autorizzazione della stazione appaltante, la possibilità di cessione del contratto di appalto di opera pubblica; l'art. 22 di tale legge n. 203/1991 ha infatti novellato l'art. 18 della legge n. 55/1990 introducendo, fra le misure dirette a combattere il fenomeno mafioso, il divieto assoluto di cessione del contratto di appalto. Tale divieto è stato esteso dalla giurisprudenza anche ai casi in cui, ai sensi dell' art, 2558 cod. civ., la cessione del contratto fosse conseguenza del trasferimento dell'azienda e ciò ancorché i soppressi artt. 334 e 339 della legge n. 2248/1865 si riferissero alla cessione consensuale del contratto (analoga a quella disciplinata dall'art. 1406 cod. civ.) e non alla "successione" nel contratto (disciplinata dall'art. 2558 cod. civ.) conseguente al trasferimento dell'azienda. |
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Il sopravvenuto art. 35 della legge n. 109/1994, in materia di appalto di lavori pubblici, ha limitato tale divieto disponendo che "Le cessioni di azienda e gli atti di trasformazione, fusione e scissione relativi ad imprese che eseguono opere pubbliche non hanno singolarmente effetto nei confronti di ciascuna amministrazione aggiudicatrice fino a che il cessionario, ovvero il soggetto risultante dall'avvenuta trasformazione, fusione o scissione, non abbia documentato il possesso dei requisiti previsti dagli artt. 8 e 9 della presente legge." |
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Il comma successivo prevede che l'amministrazione possa opporsi al subentro laddove, in base alle comunicazioni del nuovo soggetto aziendale, non risultino sussistere i requisiti di cui all'art. 10 sexies della legge 31 maggio 1965, n. 575 e successive modifiche e integrazioni. |
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La questione, ad avviso dello scrivente, andrebbe risolta considerando che lo scopo primario perseguito dal legislatore col divieto di cessione del contratto introdotto dall'art. 18, comma 2 della legge n. 55/1990 è quello di ostacolare il trasferimento ad imprese mafiose di contratti pubblici in deroga a quanto previsto dall'art. 1406 cod. civ. e che l'art. 35 della legge n. 109/1994 ha, invece, dettato, per l'appalto di opere pubbliche, una disciplina "speciale" in tema di trasferimento di azienda in parallelo a quanto previsto dall'art. 2558 cod. civ. |
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D'altro canto viene riconosciuto dalla giurisprudenza che i principi desumibili dalla legislazione in materia di appalto di lavori pubblici costituiscono principi estensibili all'appalto per la fornitura di beni e servizi (cfr. sia pure con riferimento ai principi contenuti nelle disposizioni comunitarie, C.S, sez.IV, 17 gennaio 2002, n. 253) e l'art. 3 del d. lgs. 17 marzo 1995, n. 157 estende al contratto di appalto pubblico di servizi i principi generali previsti dal codice civile in materia di appalti (cfr. TAR Lombardia, sez. III, 16 gennaio 2002, n. 99). |
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In sostanza, ad avviso dello Scrivente, l'art. 35 citato, seppur riferito all'appalto di opere pubbliche, costituisce espressione del principio di inapplicabilità del divieto di cessione dei contratti ai casi di "successione" nel contratto per trasferimento dell' azienda, valido per tutti i contratti pubblici nei cui confronti può trovare applicazione l'art. 2558 cod. civ. |
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D'altro canto la P.A., nel valutare l'opportunità di consentire la prosecuzione del contratto nei confronti dell'impresa succeduta, non è esentata dall'obbligo di verificare nei confronti di questa l'inesistenza di misure di prevenzione mafiosa e la sussistenza dei generali requisiti di affidabilità tecnica e finanziaria richiesti in fase di aggiudicazione al soggetto originario contraente. Ed appare indicativo che la stessa CONSIP (come desumibile dal testo della sentenza del Consiglio di Stato, sez VI, 26-3-2002, n. 4145/2002) nei contratti d'appalto stipulati si riservi la facoltà di risolvere il rapporto in caso di cessione dell'appalto a terzi da parte dell'appaltatore." |