Pos. II-IV Prot. _______/45.05.11

OGGETTO: Regione siciliana - Assessorato industria - Attribuzioni di controllo su enti vigilati.

ASSESSORATO REGIONALE
DELL'INDUSTRIA
Dipartimento regionale industria
(Rif. nota 15 febbraio 2005 n. 445)
PALERMO


1. Con la lettera in riferimento, premesso che ai sensi degli artt. 5, comma 3, e 12 del D.P.Reg. 10 novembre 1953, n. 270/A, è attribuito all'Assessorato regionale dell'industria il controllo degli atti adottati dall'Ente autonomo portuale di Messina, vien chiesto se, alla luce dei principi introdotti dalla legge regionale 15 maggio 2000, n. 10, la funzione di controllo degli atti dell'Ente sopra indicato sia di competenza dell'organo politico, e, cioè, dell'Assessore regionale per l'industria, ovvero se la stessa rientri nell'ambito dei compiti di gestione ascrivibili alla competenza di codesto Dipartimento, e dunque, al dirigente generale.
Vien chiesto altresì quale sia il parametro del controllo da effettuare (legittimità o merito dell'atto controllato), nonché l'individuazione della normativa applicabile nella fattispecie.

2. Preliminarmente pare opportuno richiamare le disposizioni normative che qui rilevano.
L'art. 5, comma 3, dello statuto dell'Ente autonomo portuale di Messina, allegato al citato D.P.Reg. n. 270/A del 1953, nel testo modificato dall'art. 1 del D.P.Reg. 8 febbraio 1995, dispone, tra l'altro, che il bilancio preventivo e il rendiconto consuntivo dell'Ente de quo, approvati dal consiglio di amministrazione, "debbono essere trasmessi, entro un mese dall'approvazione, all'Assessorato regionale dell'industria per la ratifica da parte della Giunta regionale"; il successivo art. 12 dello statuto sopra indicato, modificato dall'art. 3 del richiamato D.P.Reg. 8 febbraio 1995, prevede che le deliberazioni del consiglio di amministrazione dell'Ente in questione, elencate nell'art. 10, lett. b, d, g, del medesimo statuto (delibere sui progetti di prestiti o di altre operazioni finanziarie; sulle spese che vincolano il bilancio oltre cinque anni; sulla concessione di aree per nuovi impianti industriali e sulle modifiche alle concessioni stesse), "devono essere comunicate in copia all'Assessorato regionale dell'industria.
L'assessore regionale per l'industria, sentita la Giunta regionale, entro venti giorni dalla data della comunicazione, ha facoltà di annullarle".
Per completezza va riportato anche l'art. 20, comma 2, dello statuto dell'Ente in parola, modificato dall'art. 5 del D.P.Reg. 8 febbraio 1995, il quale, sebbene non richiamato da codesto Dipartimento nella richiesta di parere, ha comunque riguardo al controllo degli atti del medesimo Ente laddove appunto prevede che "i regolamenti devono essere sottoposti alla ratifica dell'Assessore regionale per l'industria, sentito l'Assessore regionale per il bilancio e le finanze".
Così delineato il quadro delle disposizioni normative che qui interessano, si osserva ora che la legge regionale 15 maggio 2000, n. 10, in un disegno organico di riforma dell'organizzazione amministrativa, ha dato attuazione al principio di ripartizione dei poteri all'interno delle pubbliche amministrazioni introducendo la netta separazione tra le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, riservate agli organi di vertice politico, e attività di gestione finanziaria, tecnica e amministrativa, demandata viceversa all'apparato burocratico; conseguentemente le disposizioni normative anteriori alla legge regionale n. 10/2000 che attribuiscono l'esercizio di una funzione o l'adozione di un atto all'Assessore ovvero all'Assessorato non devono considerarsi vincolanti per l'interprete, ciò nel senso che l'imputazione di competenza (politica o dirigenziale) va comunque effettuata in relazione al nuovo assetto di attribuzioni ed, in particolare, valutando la riconducibilità della funzione o dell'atto che viene in rilievo all'attività di indirizzo politico-amministrativo ovvero all'attività di gestione, alla stregua dei criteri introdotti dalla stessa legge regionale n. 10/2000, rispettivamente all'art. 2 ("Indirizzo politico-amministrativo. Funzioni e responsabilità) e all'art. 7 ("Funzioni dei dirigenti di strutture di massima dimensione").
Ciò detto, si rileva dunque che, sebbene le disposizioni sopra richiamate dello statuto dell'Ente autonomo portuale di Messina attribuiscano, ora all'Assessorato regionale dell'industria, ora all'Assessore regionale per l'industria, il controllo degli atti ivi indicati, tuttavia, come sopra osservato, tali attribuzioni di competenza, poiché cronologicamente anteriori alla l.r. n. 10/2000, non devono ritenersi ad oggi vincolanti; conseguentemente l'imputazione della competenza relativamente all'adozione degli atti di controllo in esame va effettuata con riferimento al sistema delineato dalla normativa di riforma. Ora, tenuto conto che la funzione di vigilanza sugli enti esterni all'Amministrazione regionale non può che avere carattere unitario e, come tale, non può che essere imputata ad un solo organo (politico o burocratico) e considerato altresì che gli atti di controllo sulla attività degli enti vigilati dalla Regione non risultano espressamente menzionati né nell'elenco degli atti che costituiscono esercizio della funzione di indirizzo politico-amministrativo (art. 2 l.r. n. 10/2000), né nell'elenco delle funzioni che costituiscono attività di gestione (art. 7 l.r. n. 10/2000), trattasi sostanzialmente di individuare, in via generale, la natura dell'attività di controllo e di vigilanza, al fine di accertare se gli atti in cui si concreta l'esercizio di tali attività abbiano valenza politica ovvero costituiscano esplicazione di competenze gestionali.
Al riguardo viene in rilievo la circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per la funzione pubblica, 15 marzo 1996, n.28109, laddove è esaminata la questione relativa alla competenza di firma degli atti di vigilanza nei confronti degli organismi esterni all'amministrazione. La predetta questione si pone in relazione alla circostanza che, sebbene le attività di controllo e di vigilanza sugli enti esterni all'amministrazione non siano prese direttamente in considerazione dalle norme del D.Lgs. n. 29/1993, in termini di attribuzione di competenza in ordine alle stesse, queste ultime devono tuttavia trovare una collocazione nel nuovo sistema basato sul principio della separazione tra attività di indirizzo politico e attività di gestione.
In particolare, ai fini di tale collocazione, nella richiamata circolare si sottolinea che la vigilanza è quella particolare funzione di controllo generale nei confronti di un ente che ha per oggetto la verifica della corrispondenza dell'attività di tale ente a parametri di legittimità, con la conseguente adozione delle misure giuridiche previste dalla legge; nel nostro sistema, dunque, "la funzione di vigilanza appare sempre ascrivibile ai rapporti di controllo, non risultando sostenibile la tesi che vuole qualificarla quale funzione di amministrazione attiva".
Nella citata circolare n. 28109/1996 è altresì precisato che l'organo di direzione politica, in stretta connessione con il proprio potere di indirizzo, esercita anche penetranti poteri di controllo poiché deve valutare i risultati della concreta gestione amministrativa, verificando la loro rispondenza alle direttive impartite; conseguentemente, l'attività di vigilanza, implicando anch'essa l'esercizio di poteri di controllo, non può che collocarsi tra le attività che hanno valenza politica.
Pertanto, alla stregua delle superiori osservazioni, deve concludersi, in via generale, che l'atto di controllo in cui si concretizza l'attività di vigilanza su un ente esterno all'amministrazione non è un atto di gestione o di amministrazione attiva; tale atto, viceversa, costituisce concreto esercizio delle funzioni di indirizzo politico-amministrativo e, come tale, va ascritto alla competenza dell'organo di vertice politico.
La conclusione accolta trova conferma anche nella giurisprudenza laddove si afferma che "non può dubitarsi della riconducibilità di alcuni atti degli organi regionali (esempio approvazione dei bilanci di enti dipendenti dalla regione) al paradigma dell'atto politico ... poiché le regioni, nell'ordinamento costituzionale, avendo potestà legislativa, sono senz'altro titolari di poteri politici nelle materie di propria competenza: il rapporto di vigilanza su detti enti comporta, senza dubbio un potere di indirizzo che la regione esercita al momento del controllo sul bilancio..." (Tar Puglia, sez. I, 29 dicembre 1994, n. 1268).
Così acclarata, in via generale, la natura della funzione di vigilanza e degli atti di controllo, può ora considerarsi la fattispecie sottoposta all'esame dello scrivente; al riguardo deve affermarsi che, nell'assetto delle attribuzioni delineato dalla legge regionale n. 10/2000, l'attività di vigilanza sull'Ente autonomo portuale di Messina si caratterizza come attività di natura politica, con la conseguenza che gli atti di controllo adottati nell'esercizio di tale attività sono connotati da discrezionalità politica e vanno ascritti alla competenza dell'Assessore regionale per l'industria.
Del resto, a sostegno di quanto sopra affermato va considerato che l'elencazione degli atti che costituiscono esercizio della funzione di indirizzo politico-amministrativo, di cui all'art. 2, comma 1, della l.r. n. 10/2000, non ha carattere tassativo essendo in essa compresi, oltre che gli atti esemplificativamente indicati, anche quelli riconducibili in via interpretativa nel novero dei provvedimenti non meramente gestionali, quali atti che attengono alle scelte di fondo dell'azione amministrativa ascrivibili, dunque, alla competenza dell'organo politico.
Fermo restando quanto sopra detto circa la natura intrinsecamente politica dell'atto di controllo, appare opportuno puntualizzare che il predetto atto potrebbe anche materialmente essere predisposto da codesto Dipartimento per essere poi sottoposto alla firma dell'Assessore; tale predisposizione, va ribadito, non incide sulla imputazione di competenza politica e sulle connesse responsabilità dell'organo politico, poiché l'apparato burocratico opererebbe, in tale ipotesi, come "struttura servente" del medesimo organo politico.

Per quanto poi concerne il parametro dell'attività di controllo da effettuare può affermarsi che -in conformità con l'evoluzione normativa degli anni novanta in materia di controlli, volta essenzialmente a ridurre gli atti da sottoporre a controllo preventivo di legittimità e ad abolire i controlli di merito (cfr. l'art.17, comma 32, della legge 15 maggio 1997, n.127, che ha abolito il controllo di merito sugli atti amministrativi delle regioni e gli artt. 45, comma 1, e 46, comma 2, della legge 8 giugno 1990, n. 142, che ha abolito il controllo di merito sugli atti degli enti locali)- il controllo degli atti dell'Ente in questione ha il carattere di controllo preventivo di legittimità; del resto, il controllo di merito, inteso a verificare la convenienza e l'opportunità della determinazione assunta con l'atto controllato, necessiterebbe di una esplicita previsione.
Si precisa al riguardo che il controllo di legittimità comporta la verifica ex ante della conformità dell'atto alle norme giuridiche e "investe tutte le possibili gamme di invalidità dell'atto controllato, e quindi anche l'incompetenza e i vari possibili sintomi di eccesso di potere, nonché il profilo formale del difetto di motivazione" (cfr. C.d.S., sez. VI, 21 aprile 1999, n. 489); ed infatti la Corte costituzionale, nella sentenza 25 luglio 1994, n. 343, ha a tal proposito precisato, se pur con riguardo al controllo degli atti amministrativi regionali, che nell'ambito del controllo di legittimità è compreso, accanto allo scrutinio dei requisiti di competenza e della mancanza di altre violazioni di legge, anche quello dell'eccesso di potere, che è un vizio che attiene alla funzione tipica dell'atto e costituisce comunque una delle categorie in cui si sostanziano i vizi di legittimità (insieme alla violazione di legge e all'incompetenza).


Circa l'individuazione della normativa applicabile alla fattispecie si osserva che la previsione statutaria di cui al riportato art. 5, comma 3, del D.P.Reg. n. 270/A del 1953, relativa al controllo del bilancio preventivo e del rendiconto consuntivo dell'Ente in parola, fa sistema con l'art. 32, comma 1, della legge regionale 7 marzo 1997, n. 6, nonché con l'art. 53, comma 13, della legge regionale 28 dicembre 2004, n. 17; in particolare, il richiamato art. 32, comma 1, della l.r. n. 6/1997, prevede, tra l'altro, che i bilanci di previsione, le variazioni di bilancio e i bilanci consuntivi di enti, aziende e istituti regionali, devono essere trasmessi dagli organi di tutela e vigilanza, prima dell'approvazione, all'Assessorato regionale del bilancio e delle finanze per l'acquisizione del parere, preventivo e obbligatorio, che deve essere espresso entro quarantacinque giorni dalla data di ricevimento; trascorso tale termine il parere si intende reso favorevolmente. L'art. 53, comma 13, della l.r. n.17/2004, ha poi specificamente individuato i casi in cui i dipartimenti regionali -nell'esercitare l'attività di controllo sui bilanci preventivi, sulle variazioni di bilancio e sui bilanci consuntivi adottati dagli enti vigilati- attivano la procedura prevista dal richiamato art. 32, comma 1, l.r. n. 6/1997; i casi previsti, in particolare, sono i seguenti: a) mancanza del parere favorevole espresso dal collegio dei revisori; b) su richiesta dell'organo di controllo interno sulla base di circostanziate motivazioni; c) su richiesta dell'organo tutorio.
Per quanto concerne il controllo delle deliberazioni del consiglio di amministrazione dell'Ente de quo, indicate nell'art. 12 dello statuto, va evidenziato che le stesse, qualora comportino impegni di spesa e siano prive della relativa copertura finanziaria, violano le norme di contabilità e, dunque, sono illegittime; la sanzione dell'atto, in tale ipotesi, è espressamente comminata dall'art. 27, comma 1 bis, della legge regionale 23 dicembre 2002, n. 23, introdotto dall'art. 50 della l.r. n. 17/2004, laddove si dispone, in via generale, tra l'altro, che i provvedimenti adottati dagli enti pubblici non economici sottoposti a vigilanza comportanti obbligazioni e privi della copertura finanziaria sono nulli.
Per quanto riguarda i regolamenti adottati dall'ente in questione (art. 20, comma 2, dello statuto), si fa presente che l'atto di controllo deve essere preceduto dal parere vincolante della Giunta regionale; ed infatti, in tale ipotesi la previsione statutaria va integrata dal disposto dell'art. 4, comma 4, della legge regionale 29 dicembre 1962, n. 28, il quale, in via generale, prevede che la Giunta regionale esprime parere vincolante sugli adempimenti finali di competenza degli Assessori relativi ad atti di enti, aziende o istituti concernenti regolamenti, statuti o piante organiche degli stessi o comunque modifiche allo stato giuridico o economico del relativo personale.
Infine, per i regolamenti recanti, in particolare, disposizioni sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilità, viene in rilievo, oltre al richiamato art. 4, comma 4, della l.r. n.28/1962, anche l'art. 53, comma 5, della l.r. n. 17/2004, che, nel prescrivere per tale tipo di regolamenti l'applicazione della disposizione di cui all'art. 32, comma 1, della l.r. n. 6/1997 rende, dunque, necessario il parere tecnico preventivo dell'Assessorato regionale del bilancio e delle finanze che deve essere espresso entro 60 giorni dalla ricezione della richiesta.

Ai sensi dell'art. 15, comma 2, del "Regolamento del diritto di accesso ai documenti dell'Amministrazione regionale", approvato con D.P.Reg. 16 giugno 1998, n. 12, lo scrivente comunica preventivamente di acconsentire all'accesso presso codesta Amministrazione al presente parere da parte di eventuali soggetti richiedenti.
Codesta Amministrazione vorrà a sua volta comunicare, entro novanta giorni dalla ricezione, l'eventuale possibilità che il parere stesso inerisca ad una lite, ovvero se intenda differirne l'accesso fino all'adozione di eventuali provvedimenti amministrativi cui la richiesta consulenza fosse preordinata. Decorso detto termine senza che sia pervenuta alcuna comunicazione in tal senso, si procederà, giusta delibera della Giunta regionale n. 229 dell'8 luglio 1998, all'inserimento del presente parere nella banca-dati "FoNS", ed alla conseguente diffusione


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