Pos. 4   Prot. N. /205.2005.11 



Oggetto: Rimborso spese legali On.le YYYYYYY KKKKK. Art. 24 l.r. 30/2000.




Allegati n...........................
Assessorato regionale
della Cooperazione, del Commercio
dell'Artigianato e della Pesca
Dipartimento Cooperazione,
Commercio e Artigianato
Area Affari Generali e Comuni 13 A

P A L E R M O





1. Con la nota cui si risponde codesto Dipartimento ha chiesto l'avviso dello Scrivente in ordine alla risoluzione della questione concernente la possibilità di rimborso delle spese legali sostenute dall'On.le YYYYYYY KKKKKK, già Assessore regionale pro tempore alla Cooperazione, in relazione al procedimento penale n. 7071/94 dinanzi al Tribunale di Catania, conclusosi con la sentenza definitiva n. 2251/02 del 15 novembre 2002, che da un lato ha assolto il KKKKKK dall'imputazione di associazione per delinquere con la formula "perché il fatto non sussiste", dall'altro, per il reato di abuso d'ufficio aggravato e continuato, ha dichiarato il "non doversi procedere perché il reato si è estinto per prescrizione".
Codesto Dipartimento evidenzia che - a fronte di una formula assolutoria per vizi processuali - nel corpo della sentenza sono riscontrabili affermazioni probabilmente non riconducibili ad un inequivoco riconoscimento di responsabilità in capo all'imputato; viene richiamata l'argomentazione secondo la quale "...nei confronti dell'ipotesi accusatoria può essere formulato un giudizio di sostanziale credibilità e che l'intervenuta prescrizione dei reati impone, ai fini dell'individuazione della pena edittale, ..., la scelta di dichiarare la non procedibilità per intervenuta prescrizione dei reati stessi quale formula più favorevole per il KKKKKK". Ciò contrariamente a quanto operato nella medesima decisione per altri soggetti imputati del medesimo reato, assolti per non aver commesso il fatto nonostante l'intervenuta prescrizione.
A fronte di quanto rappresentato codesta Amministrazione chiede di conoscere l'avviso di quest'Ufficio sulla richiesta di rimborso in oggetto, considerata anche l'eventualità di un ricorso dell'istante avverso il provvedimento di diniego.

2. Per una migliore intelligenza della questione non appare superfluo - in via preliminare - ricostruire il quadro normativo che regola la materia.
La norma regionale che disciplina la possibilità di rimborso delle spese legali è prioritariamente l'art. 39 della l.r. 29.12.1980, n. 145, che espressamente dispone: "Ai dipendenti che in conseguenza di fatti ed atti connessi all'espletamento del servizio e dei compiti d'ufficio, siano soggetti a procedimenti di responsabilità civile, penale o amministrativa, è assicurata l'assistenza legale in ogni stato e grado del giudizio, mediante rimborso, secondo le tariffe ufficiali di tutte le spese sostenute, sempre che gli interessati siano stati dichiarati esenti da responsabilità". La norma suindicata è stata autenticamente interpretata dall'art. 24 della l.r. 23.12.2000, n. 30 che prevede:
"1. L'art. 39 della legge regionale 29 dicembre 1980, n. 145, si interpreta nel senso che la norma si applica a tutti i soggetti, ivi inclusi i pubblici amministratori, che in conseguenza di fatti ed atti connessi all'espletamento del servizio e dei compiti d'ufficio siano stati sottoposti a procedimenti di responsabilità civile, penale ed amministrativa e siano stati dichiarati esenti da responsabilità".
La ratio delle citate disposizioni sembra abbastanza chiara: il pubblico funzionario o pubblico amministratore deve essere tenuto esente dalle spese giudiziarie sostenute per azioni legali ingiuste ed infondate poste in essere nei suoi confronti in conseguenza della pubblica funzione ricoperta.
In altri termini le norme in esame costituiscono espressione di un principio generalissimo e fondamentale in base al quale l'Amministrazione interviene a contribuire alle spese di difesa dei soggetti che operano per realizzare i suoi fini, purchè sussista un suo diretto interesse in proposito.
Tale diretto interesse è da ravvisare in tutti i casi in cui l'imputazione riguardi un'attività svolta in diretta connessione con i fini dell'ente e sia in definitiva imputabile all'ente stesso. È necessario, altresì, che venga accertata la totale assenza di responsabilità del dipendente o amministratore. In relazione al primo presupposto va sottolineato che la magistratura amministrativa ha precisato che è consentito all'Amministrazione di intervenire a difesa del proprio dipendente o amministratore quando sussista un suo diretto interesse in proposito, cioè tutte le volte in cui l'imputazione riguardi un'attività svolta in diretta connessione con i fini dell'Ente e sia in definitiva imputabile all'Ente stesso ( C.S. sez V, 22 dicembre 1993, n.1392 in Consiglio di Stato, 1993, I, 1631; C.S.. Comm. spec., 6 maggio 1996, n. 4, id., 1996, II, 960; C.S., sez.V, 14 aprile 2000, n. 2242, id., 2000, I, 968).
Il sopracitato orientamento, confermato dalla magistratura contabile (C.d.C., sez. Reg.Puglia, 17 dicembre 1993, n. 95) ha, altresì, ribadito, per quanto attiene al secondo dei due presupposti - totale assenza di responsabilità - la necessità che "l'imputato sia prosciolto con la formula più liberatoria" e, cioè, con quelle di cui all'art. 530, co. 1° c.p.p.


3. Ai fini della soluzione della questione prospettata da codesto Dipartimento si osserva quanto segue.
Quanto al presupposto della riferibilità all'ente dell'attività in relazione alla quale è stata formulata l'imputazione risulta evidente dagli atti che il richiedente è stato sottoposto al procedimento penale per fatti inerenti all'esercizio delle funzioni attribuitegli (Consiglio di Stato, sez. III, 28 luglio 1998, n. 903/98); in relazione all'altro presupposto della totale assenza di responsabilità occorre operare una distinzione con riferimento alle due diverse formule di assoluzione utilizzate nei confronti del KKKKKK e, precisamente, per quanto concerne il capo d'imputazione A) "associazione per delinquere" ex art. 416 c.p. la formula assolutoria è quella secondo la quale "il fatto non sussiste", mentre per il capo B) "abuso d'ufficio aggravato e continuato" ex artt. 81 cpv. e 323, co. 2° c.p. è intervenuto il proscioglimento per "prescrizione del reato".
Per quanto attiene il capo d' imputazione per il quale il Tribunale ha adottato la formula assolutoria "perchè il fatto non sussiste" si osserva che, dall'esame della motivazione della sentenza(cfr. pag. 16), risulta "non sussista il fatto tipico di cui all'art. 416 c.p., in quanto,..., si sarebbe trattato di un accordo criminoso intervenuto tra (alcuni de)gli imputati non allo scopo di commettere una serie indeterminata di delitti di abuso di ufficio patrimoniale, bensì di commettere determinati reati necessari per conseguire utilità che consentissero di soddisfare specifiche finalità:..un piano di massima...limitato nel tempo e nelle finalità", non ricorrerebbero dunque gli elementi costitutivi del delitto di associazione per delinquere.
La suddetta formula assolutoria comporta il totale esonero da responsabilità oltre che di ordine penale (art. 530, co.1°, c.p.p.) anche di qualsiasi altra natura in quanto consta in maniera evidente che la materialità dell'ipotesi criminosa dell'accusa non è mai venuta in esistenza. Ciò si desume espressamente dalla previsione degli artt. 652-654 c.p.p. per i quali la sentenza penale di assoluzione ha efficacia di giudicato quanto all'accertamento che il fatto non sussiste.
Ne deriva che, relativamente al capo d'imputazione sopra specificato, al suindicato soggetto è applicabile la normativa regionale che prevede il rimborso delle spese legali.
Per quanto concerne, invece, la possibilità di rimborso della parcella per la parte che si riferisce al capo di imputazione per il quale è intervenuto il proscioglimento per prescrizione del reato è opportuno un breve cenno sull'istituto disciplinato dagli artt. 157 e ss. c.p.
La sua ratio è costituita dal normale attenuarsi, con il decorso del tempo, dell'interesse statuale all'accertamento del reato ed all'esecuzione della relativa pena. Tale istituto comporta la definizione del processo al pari di una qualsiasi causa di estinzione del reato tant'è che, ricorrendone i presupposti, il giudice è tenuto a dichiarare che il reato si è prescritto, sulla base di un giudizio ipotetico, senza neppure accertare se il fatto è stato commesso (sulla non spettanza del rimborso delle spese legali a seguito di giudizio penale conclusosi con pronuncia di estinzione del reato per prescrizione v., tra le ultime, Cons. di Stato, sez. IV, 23.12.04-7.03.05, n. 913). Non v'è dubbio, pertanto, che la sentenza di proscioglimento per intervenuta prescrizione, prescindendo da ogni accertamento sulla commissione del reato, non equivale a quella "esenzione da responsabilità" prevista dalla norma (esenzione che non emerge neanche dalle argomentazioni contenute nella sentenza laddove il Collegio ritiene che "...circa il nucleo centrale dell'impianto accusatorio possa comunque essere formulato un giudizio di sostanziale credibilità" e che, in sostanza, l'intervenuta prescrizione dei reati impone, "ai fini dell'individuazione della pena edittale", ..., la scelta di dichiarare la "non procedibilità per intervenuta prescrizione" dei reati stessi quale formula "più favorevole" per il KKKKKK. Ciò contrariamente a quanto operato nella medesima decisione per altri soggetti imputati del medesimo reato, assolti con formula piena "per non aver commesso il fatto", nonostante l'intervenuta prescrizione (cfr., pag. 15 della sentenza).
Alla luce delle superiori considerazioni si condivide l'orientamento di codesto Dipartimento per quanto concerne l'esclusione della possibilità di rimborso della parcella, limitatamente a quella parte che si riferisce al capo d'imputazione per il quale è intervenuto il proscioglimento per prescrizione del reato.
Nei termini suesposti è il parere di questo Ufficio.

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Si ricorda che, in conformità alla circolare presidenziale 8 settembre 1988, n.16586/66.98.12, trascorsi 90 giorni dalla data di ricevimento del presente parere senza che codesta Amministrazione ne comunichi la riservatezza, lo stesso potrà essere inserito nella banca dati "FONS".

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