Pos. I Prot. 16891/296.2005.11

OGGETTO: Ente pubblico e privato.- Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.- Incarichi dirigenziali.- Conferibilità ad esterni.

ASSESSORATO REGIONALE
COOPERAZIONE, COMMERCIO,
ARTIGIANATO E PESCA
Dipartimento regionale cooperazione, commercio e artigianato
(Rif. nota n. 1919 del 9 novembre 2005)

P A L E R M O

1.- Con la nota emarginata, premesso l'avvenuto affidamento da parte di una Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura della Sicilia, di un incarico dirigenziale ad un soggetto esterno all'Ente, si chiede l'avviso dell'Ufficio circa la legittimità dell'atto, fondato, a giudizio della Camera, sul combinato disposto dell'art. 19, comma 6, del D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, dell'art. 9, comma 9, della l.r. 15 maggio 2000, n. 10 e dell'art. 30 dello Statuto camerale, che consentirebbe il conferimento di incarichi dirigenziali a tempo determinato a soggetti esterni all'Ente.
Richiede, inoltre, il Dipartimento in indirizzo, se una previsione dello schema regolamentare tipo - predisposto dal medesimo ramo di Amministrazione al fine di agevolare la stesura da parte di ciascun Ente camerale del proprio regolamento di organizzazione - che non prevede l'ipotesi di incarichi dirigenziali ad esterni, debba essere pedissequamente recepita nei regolamenti adottati da ciascuna Camera, ovvero se la stessa possa, in assenza di espresso divieto e nell'esercizio della propria autonomia, disciplinare compiutamente in detta sede la previsione statutaria che astrattamente ammette la conferibilità degli incarichi in discorso.

Laddove poi i provvedimenti adottati fossero da ritenere non conformi a norma, si chiede di sapere quale sia la determinazione più corretta da assumersi da parte della stessa Camera, ed infine, laddove si propenda per una revoca in autotutela, se per garantire la funzionalità dell'Ufficio possa affidarsi un incarico di collaborazione professionale ai sensi dell'art. 7, comma 6 del D.Lgs. 165/2001, espressamente recepito dalla l.r. 10/2000.

2.- Già lo scrivente, in occasione di una consulenza resa ad altro ramo di Amministrazione (parere n. 218/2005.11 espresso con nota n. 12811 del 23 settembre 2005 all'Assessorato regionale dell'industria), ha avuto modo di affrontare, la problematica della conferibilità di incarichi dirigenziali a soggetti esterni al singolo ente.
Richiamando quindi integralmente le considerazioni ivi formulate, in via generale, circa la straordinarietà delle norme - palesemente derogatorie della regola generale dell'affidamento degli incarichi agli interni - che consentono di avvalersi, per la direzione delle proprie strutture burocratiche, di soggetti esterni alle singole amministrazioni, si osserva, conseguentemente, che i relativi enunciati risultano di stretta interpretazione.
Ed invero, come già esposto nella richiamata consulenza, il Consiglio di Stato (cfr. Commissione speciale pubblico impiego, parere 27 febbraio 2003, n. 514/2003), ha esplicitato che il previsto accesso di esterni alla dirigenza pubblica, inserendosi in un ambito permeato e retto dai principi costituzionali sanciti, in particolare, dall'art. 97, "se non contenuto entro limiti circoscritti e circondati da adeguate cautele potrebbe costituire un ostacolo al buon funzionamento della pubblica amministrazione e alla sua necessaria imparzialità", e pertanto, la facoltà, di carattere eccezionale, che consente di ricorrere a professionalità esterne deve essere esercitata, in concreto, "nei limiti, in ogni caso, delle percentuali ...[dalla legge puntualmente stabilite], che integrano il principio invocato e non costituiscono elementi ad esso esterni."

Ciò, in via generale, premesso si osserva che, per quanto attiene il conferimento degli incarichi dirigenziali, la l.r. 15 maggio 2000, n. 10, ne consente l'attribuzione a soggetti esterni - oltrechè nelle ipotesi relative agli uffici di diretta collaborazione (cfr. art. 4, comma 6) - esclusivamente per quanto attiene gli incarichi di dirigente generale (cfr. art. 9, comma 8) e, in detta sola ipotesi, nel limite percentuale del 5 per cento (poi elevato al 20 per cento dall'art. 11, comma 7, della l.r. 3 dicembre 2003, n. 20) della dotazione organica; ipotesi che non ricorre nella fattispecie avente invero riguardo ad un incarico di funzioni dirigenziali relative a servizi finanziario-contabili.
Principio generale cui le richiamate disposizioni costituiscono puntuale eccezione è quindi quello - sancito dall'art. 19, commi 4 e 5, del D.Lgs. 165/2001 e, per quanto attiene l'ambito regionale, dall'articolo 9, commi 4, 5 e 6, della stessa l.r. 10/2000 - secondo cui tutti gli incarichi dirigenziali, siano essi finalizzati alla preposizione a strutture operative che di altra natura, sono conferiti a soggetti già incardinati, con qualifica di dirigente, nell'ente di appartenenza.
Il delineato regime costituisce esaustiva disciplina delle modalità di conferimento degli incarichi dirigenziali che non ammette, in assenza di puntuali richiami e rinvii normativi, l'applicazione di norme divergenti. L'applicazione delle disposizioni del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modifiche ed integrazioni, risulta invero, per espressa volontà del legislatore regionale (cfr. art. 1, comma 2, l.r. 10/2000) meramente residuale per le sole ipotesi non previste e regolate dalla l.r. 10/2000.

L'individuazione della disposizione recata dall'art. 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (come sostituito dall'art. 3, comma 1, lett. g), della L. 15 giugno 2002, n. 145 e poi integrato dall'art. 14 sexies del D.L. 30 giugno 2005, n. 115, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, della L. 17 agosto 2005, n. 168) quale fonte immediata per il conferimento di un incarico dirigenziale nell'ambito di una Camera di commercio, industria, artigianato ed agricoltura della Sicilia, non appare poi legittima, non soltanto per le considerazioni succintamente svolte circa l'esaustività della disciplina dettata a tal proposito dalla l.r. 10/2000, ma anche perchè la disposizione che si pretenderebbe in tal modo di attuare, trova viceversa diretta applicazione esclusivamente per il conferimento di incarichi di funzione dirigenziale nelle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, tra cui ovviamente, non è dato ricomprendere gli enti di che trattasi.
L'attuazione della disposizione in discorso negli enti pubblici vigilati dallo Stato è subordinata, in forza di una interpretazione sistematica della stessa e del successivo art. 27 concernente i criteri di adeguamento ai principi recati dall'art. 4, rubricato "Indirizzo politico-amministrativo. Funzioni e responsabilità" e dal capo II "Dirigenza" del Titolo II "Organizzazione" del medesimo decreto legislativo, fatta propria dal Consiglio di Stato (cfr. Commissione speciale pubblico impiego, parere 27 febbraio 2003, n. 514/2003) ed assolutamente da condividere, alla previa adozione di appositi regolamenti di organizzazione che adeguino l'ordinamento dei singoli enti alla normativa sulla dirigenza.

Nella fattispecie, poi va considerato che le Camere della Sicilia - obbligate, ai sensi di quanto previsto dall'art. 1 della l.r. 10/2000, e come tutti gli enti pubblici non economici sottoposti a vigilanza e/o controllo della Regione siciliana, ad adeguare il proprio ordinamento al regime giuridico di cui al Titolo I della medesima legge - sono tenute ad operare nell'osservanza delle disposizioni del regolamento di organizzazione, cui peraltro rinvia, per quanto attiene alle modalità di assegnazione e revoca degli incarichi dirigenziali, lo stesso statuto dell'Ente (cfr. art. 30, comma 6) che - in un precedente comma dello stesso articolo (cfr. art. 30, comma 4) - sancisce, in via di principio, l'attribuibilità della direzione degli uffici "a dirigenti esterni con contratto a tempo determinato in presenza dei presupposti e secondo le modalità previste dalla vigente normativa".
Considerato che il richiamato regolamento di organizzazione non risulta - come emerge dalla documentazione allegata - essere stato adottato, o quantomeno non si sono nei suoi confronti verificati i previsti requisiti di efficacia, ne consegue che non sussiste, allo stato, la fonte che consente il conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti esterni all'ente .
In ossequio dunque al principio di legalità che impone che l'azione amministrativa abbia uno specifico fondamento legislativo e postula un dovere di agire nelle ipotesi ed entro i limiti fissati dalla legge ed in conformità alla disciplina sostanziale posta, che incide dunque sulle modalità di esercizio dell'azione e penetra all'interno dell'esercizio del potere (cfr. Elio Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè editore, 2002, pagg. 36 e seguenti) risulta conseguentemente esclusa la legittimità del conferimento degli incarichi dirigenziali in esame.

3. In relazione al secondo quesito proposto all'attenzione dello scrivente, e cioè se il singolo Ente camerale possa, nell'esercizio della propria autonomia, disciplinare, in sede di regolamento di organizzazione, il conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti esterni, difformemente rispetto alle previsioni recate nell'apposito regolamento-tipo, si osserva che la Giunta regionale, in sede di approvazione delle "linee guida" per la predisposizione dei regolamenti di cui all'art. 1, comma 3, della l.r. 15 maggio 2000, n. 10 (cfr. deliberazione n. 11 del 21 gennaio 2003) ha sancito il principio secondo cui gli enti che perseguono identiche finalità istituzionali in ambiti territoriali diversi "devono adottare lo stesso modello di organizzazione interna e regolare in modo uniforme i rapporti di impiego e di lavoro e nei confronti della dirigenza" e dunque conformemente allo schema allo scopo predisposto dall'Assessorato regionale che esercita la vigilanza e/o il controllo
L'autonomia regolamentare del singolo ente incontra dunque non solo i limiti che discendono dalla legge, e specificamente dal Titolo I della l.r. 10 del 2000 al cui "regime giuridico" devono adeguarsi, ma anche quelli derivanti dall'esercizio del potere di vigilanza e controllo, e che, nella specie, impongono l'unicità delle determinazioni fondamentali.

4. Per quanto concerne l'ultima problematica sottoposta - concernente l'individuazione delle determinazioni da assumersi in considerazione della riscontrata non conformità a norma dei provvedimenti adottati, ed infine, circa la possibilità di affidare un incarico di collaborazione professionale ai sensi dell'art. 7, comma 6 del D.Lgs. 165/2001, espressamente recepito dalla l.r. 10/2000, per garantire la funzionalità dell'Ente - si osserva quanto segue.
Allo scopo va in primo luogo considerato che nella specie non si verserebbe in una ipotesi di revoca - come ritenuto da codesto Dipartimento - bensì di annullamento.
Ed invero l'atto di revoca si inquadrerebbe in un procedimento di revisione volto a verificare se i risultati cui si è pervenuti attraverso il precedente provvedimento meritino di essere conservati. In via generale, invero (cfr. P. Virga, Diritto amministrativo, Atti e ricorsi, Giuffrè, 2001) la revoca - a prescindere dal diverso istituto della revoca-sanzione, o decadenza - viene definita come l'atto di ritiro con efficacia ex nunc di un atto inopportuno per una diversa valutazione delle esigenze di interesse pubblico apprezzate al momento della emanazione dell'atto stesso.
Nell'ipotesi in discorso, viceversa, andrebbe pronunciato l'annullamento, poiché è con detto atto amministrativo, assumibile in autotutela, in forza dello jus poenitendi spettante alla pubblica amministrazione, che si provvede, con efficacia retroattiva, all'eliminazione degli atti inficiati da un vizio di legittimità (nella specie: violazione di legge).
Si osserva tuttavia - allo scopo di contribuire all'eventuale formazione di un provvedimento non suscettibile di censure, e nel rimettere comunque ogni conseguente determinazione alle competenti valutazioni di codesto Organo di vigilanza, e, in ultima analisi, dell'Ente interessato - che per poter procedere nel senso indicato occorre non soltanto, riscontrato il vizio, verificare la sussistenza di quelle ragioni di interesse publico che inducono all'annullamento d'ufficio, e che non possono esaurirsi nel mero ripristino della legalità violata, ma presuppongono il rispetto di quei criteri di economicità, di efficacia, di pubblicità, di trasparenza e di proporzionalità che informano l'azione amministrativa.
Come ha avuto modo poi di rilevare il Consiglio di Stato (cfr. Sezione V, sentenza 12 ottobre 2004, n. 6554), nell'ambito della indispensabile motivazione del provvedimento, da assumersi comunque entro un termine ragionevole, è necessario esplicitare un puntuale apprezzamento degli interessi privati coinvolti, e, in forza della riscontrata prevalenza dell'interesse pubblico, compressi, nonché l'impossibilità di ovviare all'accertato vizio, con altri strumenti giuridici che consentano di evitare la rimozione dell'atto.

Infine, per quanto attiene all'affidamento di un incarico di collaborazione professionale ai sensi dell'art. 7, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, premesso che l'adozione di un siffatto provvedimento potrebbe ritenersi finalizzata ad eludere l'evidenziato divieto di conferire, nella fattispecie rappresentata, incarichi di direzione di strutture operative dell'Ente a soggetti esterni, si rileva che, come evidenziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento funzione pubblica (cfr. nota 3 febbraio 2004 dell'Ufficio per il personale delle pubbliche amministrazioni) è da escludere che possano affidarsi a soggetti esterni, mediante rapporti di collaborazione, i medesimi compiti che andrebbero svolti dai dipendenti dell'amministrazione.
La stessa Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento funzione pubblica (cfr. circolare n. 4, prot. 5657 del 15 luglio 2004) ha osservato poi che dalla lettura delle disposizioni di cui all'art. 7, comma 6, del decreto legislativo165/2001, "si evidenzia la possibilità di ricorrere a rapporti di collaborazione solo per prestazioni di elevata professionalità, contraddistinte da una elevata autonomia nel loro svolgimento tale da caratterizzarle quali prestazioni di lavoro autonomo" Laddove l'elemento dell'autonomia non dovesse risultare prevalente "sarebbero aggirate e violate le norme sull'accesso alla pubblica amministrazione tramite concorso pubblico, in contrasto con i principi costituzionali (artt. 51 e 97 Costituzione) ...nonchè il principio, anch'esso costituzionale, di buon andamento ed imparzialità dell'azione amministrativa (art. 97 Costituzione)".

Conclusivamente, ad ogni buon fine, si osserva che la giurisprudenza della Corte dei conti ha elaborato, in via generale (cfr. per tutte, Sezione giurisdizionale per il Veneto, 3 novembre 2003, n. 1124) i seguenti criteri per valutare, in astratto, la legittimità del conferimento degli incarichi individuali di cui all'art. 7, comma 6, del D.Lgs. 165/2001:
"a) rispondenza dell'incarico agli obiettivi dell'amministrazione;
b) inesistenza, all'interno della propria organizzazione, della figura professionale idonea allo svolgimento dell'incarico, da accertare per mezzo di una reale ricognizione;
c) indicazione specifica dei contenuti e dei criteri per lo svolgimento dell'ibncarico;
d) indicazione della durata dell'incarico;
e) proporzione fra il compenso corrisposto all'inacricato e l'utilità conseguita dall'amministrazione."

4.- Ai sensi dell'art. 15, comma 2, del "Regolamento del diritto di accesso ai documenti dell'Amministrazione regionale", approvato con D.P.Reg. 16 giugno 1998, n. 12, lo scrivente comunica preventivamente di acconsentire all'accesso al presente parere, presso codesto Dipartimento, da parte di eventuali soggetti richiedenti.
Codesta Amministrazione vorrà a sua volta comunicare, entro novanta giorni dalla ricezione, l'eventuale possibilità che il parere stesso inerisca ad una lite, ovvero se intenda differirne l'accesso fino all'adozione di eventuali provvedimenti amministrativi cui la richiesta consulenza fosse preordinata. Decorso detto termine senza che sia pervenuta alcuna comunicazione in tal senso, si procederà, giusta delibera della Giunta regionale n. 229 dell'8 luglio 1998, all'inserimento del presente parere nella banca-dati "FoNS", ed alla conseguente diffusione.


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