Pos. 2   Prot. N. 156.11.2006  



Oggetto: Ambiente - Cave ricadenti in Zona di Protezione Speciale (ZPS) - Compatibilità ambientale - Normativa applicabile.




Allegati n...........................




ASSESSORATO REGIONALE DEL TERRITORIO E DELL'AMBIENTE
Dipartimento Territorio e Ambiente
PALERMO






1. Con nota prot. n. 38323 del 5 giugno 2006 codesto Dipartimento ha chiesto il parere dello Scrivente in ordine all'atto stragiudiziale con cui una ditta ha chiesto a codesto Assessorato l'annullamento e la riforma del D.A. n.23720 del 31 marzo 2006 con cui si esprimeva giudizio di compatibilità ambientale negativo sulle opere relative ad una cava ricadente in Zona di Protezione Speciale (ZPS).
Con successiva nota n.45559 dell'11 luglio 2006 codesto Dipartimento ha inviato, su richiesta dello Scrivente (nota prot. n. 10800 del 15 giugno 2006), il predetto atto stragiudiziale (citato nella precedente nota come allegato ma erroneamente non trasmesso) ed il provvedimento negativo su citato.
In particolare dagli atti emerge che codesto Assessorato ha negato il giudizio di compatibilità ambientale rilevando che la Zona di Protezione Speciale (ZPS), all'interno della quale ricadrebbero le opere necessarie all'attività di cava, è in atto equiparata alle aree naturali protette giusta deliberazione del 2 dicembre 1996 del Comitato nazionale per le aree naturali protette e, di conseguenza, assoggettata alle misure di salvaguardia e ai divieti previsti dalla L. 6 dicembre 1991, n.394, recante "Legge quadro sulle aree naturali protette".
Dalle premesse al decreto emerge chiaramente che codesto Assessorato ha tenuto conto che la deliberazione del Comitato era stata annullata con D.M. del 25 marzo 2005, ma ha al contempo rilevato che l'ordinanza n.6856 del 24 novembre 2005 del TAR Lazio, confermata dall'ordinanza n. 780 del 14 febbraio 2006 del Consiglio di Stato, ha sospeso l'efficacia del suddetto D.M., "facendo di fatto rivivere la citata deliberazione del Comitato nazionale per le aree naturali protette".

Di contro, la ditta ha chiesto l'annullamento e la riforma del predetto provvedimento negativo, ritenendo che il medesimo doveva essere adottato, per il principio tempus regit actum, "alla stregua delle norme vigenti al tempo dell'istanza".
Questa infatti era stata presentata nel periodo in cui la deliberazione del Comitato per le aree naturali protette non aveva effetto in quanto annullata dal D.M. stesso.
In particolare, si è sostenuto che, poiché l'amministrazione avrebbe dovuto definire il procedimento nel termine di trenta giorni dalla data della domanda, in quel lasso di tempo la disciplina vigente era quella di cui al D.M. e non quella di cui alla deliberazione del Comitato.
Codesto Dipartimento non ha espresso il proprio orientamento sulla problematica.


2. Sulla questione suesposta si osserva quanto segue.
Com'è noto, il Comitato per le aree naturali protette con deliberazione 2 dicembre 1996 ha equiparato le Zone di Protezione Speciale (e le Zone Speciali di Conservazione) alle aree naturali protette, assoggettandole, di conseguenza, alle misure di salvaguardia e ai divieti previsti dalla legge 6 dicembre 1991, n.394, recante "Legge quadro sulle aree protette".
La suddetta deliberazione è stata annullata con D.M. del 25 marzo 2005, che all'art.2 ha dettato una diversa disciplina di tutela delle ZPS (e delle ZSC).
Su ricorso di alcune associazioni ambientaliste, il TAR Lazio, sez.2 bis, con ordinanza n.6856 del 24 novembre 2005, ha sospeso l'efficacia del D.M. 25 marzo 2005.
Contro l'ordinanza di sospensione del TAR Lazio è stato presentato ricorso al Consiglio di Stato, sez. VI che, con ordinanza n.780 del 14 febbraio 2006, ha confermato la sospensione.


3. In ordine alla fattispecie sottoposta allo Scrivente, va innanzitutto chiarito che se ad oggi, da quanto risulta allo Scrivente, non è stato presentato ricorso al T.A.R. o ricorso straordinario al Presidente della Regione, il D.A 31 marzo 2006 è divenuto inoppugnabile per decorrenza dei termini.
Come risulta dagli allegati, infatti, il D.A. cit. è stato notificato alla ditta il 22 aprile 2006; pertanto sono decorsi i termini per l'impugnativa al T.A.R. (60 giorni) e per il ricorso straordinario (120 giorni), per cui le relative posizioni giuridiche si sono consolidate.

Ciò premesso, sulla questione si osserva quanto segue.
Tra i principi posti dalla L. 7 agosto 1990, n.241 vi è certamente il dovere della P.A. di concludere ogni procedimento con un provvedimento espresso ed entro un termine definito dalla stessa legge (fissato originariamente in trenta giorni, di recente modificato dal D.L. 14 marzo 2005, n.35 nel termine di novanta giorni) o entro il diverso termine previsto da apposita norma legislativa o regolamentare o stabilito dalle pubbliche amministrazioni per i singoli procedimenti.
La legge regionale 30 aprile 1991, n.10, cui occorre fare capo nell'ordinamento della Regione siciliana, all'art.2 fissa per la conclusione del procedimento, in mancanza di diversa previsione legislativa, regolamentare o dell'amministrazione competente per ciascun procedimento, il termine di trenta giorni.

Va chiarito però che il termine previsto per la conclusione del procedimento amministrativo ha natura ordinatoria-acceleratoria e non perentoria.
Tale natura è di immediata evidenza, ove si consideri che il decorso del termine di adozione dell'atto conclusivo di un procedimento non determina la perdita del potere di provvedere da parte dell'amministrazione (se si escludono i casi di una specifica indicazione della perentorietà da parte del legislatore come, ad esempio, per i procedimenti che sfociano in provvedimenti sanzionatori).

La valenza del suddetto principio si esplica però esclusivamente sul piano della tutela del privato, e cioè al fine di consentire all'interessato di adire il giudice per la tutela delle proprie ragioni.
La fissazione di un termine per la conclusione del procedimento consente infatti di qualificare, dopo la scadenza del medesimo, come illegittima l'inerzia della P.A., attribuendo al privato la possibilità di reagire sul piano giudiziario per ottenere una sentenza che accerti l'obbligo della P.A. di provvedere sull'istanza.

Il termine fissato per la conclusione del procedimento non ha altri effetti e si sottrae a qualificazioni diverse da quella sopra vista.
Priva di fondamento è, pertanto, la ricostruzione effettuata nell'atto stragiudiziale.
La scadenza del termine (ordinatorio) assegnato all'Amministrazione per l'adozione del provvedimento non può infatti avere l'effetto, in caso di tardiva adozione del provvedimento, di cristallizzare a quel momento l'individuazione della normativa alla stregua della quale l'atto deve essere adottato, prevalendo sempre il principio di legalità e dunque l'esigenza di attuare le disposizioni in vigore al momento dell'emanazione (pur tardiva) dell'atto.

Al riguardo la giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che l'art.2, L. n.241/1990 pone un termine acceleratorio per la definizione dei procedimenti amministrativi e non contiene alcuna prescrizione in ordine alla perentorietà del termine stesso; pertanto, la sua inosservanza non produce la decadenza della potestà amministrativa ovvero l'illegittimità del provvedimento tardivamente adottato (così, tra le tante, Cons. Stato, sez. V, 03.06.1996, n.621).
In particolare, per quel che in questa sede interessa, è stato ripetutamente affermato che "Nell'ipotesi di tardiva emanazione di un provvedimento amministrativo rispetto alla scadenza di un termine ordinatorio fissato dalla legge, legittimamente l'amministrazione tiene conto della normativa medio tempore sopravvenuta anziché di quella vigente al momento in cui avrebbe dovuto provvedere" (così, Cons. giust. Amm. Sic., sez. giurisdiz., 01.07.1999, n.308).
Ancora: "Ancorché l'amministrazione frapponga un non giustificato ritardo nel provvedere in ordine ad istanza del privato, qualora si sia verificata sopravvenienza normativa, il principio di legalità che si esprime nell'esigenza dell'attuazione delle disposizioni in vigore al momento dell'emanazione dell'atto deve considerarsi prevalente, con la conseguenza che l'esame dell'istanza del privato deve essere compiuto alla stregua della nuova normativa meno favorevole al privato medesimo"(v. T.a.r. Lombardia, sez. Brescia, 22.04.1997, n.486).

Non appare peraltro corretto il richiamo al principio tempus regit actum così come formulato nell'atto stragiudiziale.
Infatti, proprio a causa del principio tempus regit actum, la presentazione di un'istanza non determina la cristallizzazione dei criteri di valutazione ad un momento diverso da quello in cui l'Amministrazione adotta su di essa le determinazioni del caso. Del pari, il ritardo nell'emanazione del provvedimento comporta, come sopra visto, l'esigenza che l'autorità esamini la possibilità di accertare modi e forme di soddisfazione dell'interesse privato, compatibilmente con il quadro del sopravvenuto assetto dell'interesse pubblico.

Alla luce delle considerazioni svolte il provvedimento adottato da codesta Amministrazione, sotto il profilo esaminato, è pienamente legittimo, dal momento che codesto Assessorato ha correttamente tenuto conto del quadro normativo vigente al momento dell'adozione del provvedimento.

Vale la pena svolgere, per completezza, un'ultima considerazione.
Premesso che "la P.A. non ha l'obbligo di provvedere in ordine ad istanze con cui il cittadino le chieda -sostanzialmente- di adottare atti di annullamento in autotutela" (così, tra le tante, v. T.A.R. Sicilia, sez. I, 20.10.1992, n.687), è chiaro che l'eventuale atto in risposta all'atto stragiudiziale che codesta Amministrazione vorrà adottare, non comportando un vero e proprio procedimento di riesame -ma soltanto la constatazione che le ragioni poste a base dell'adozione del precedente atto erano già state esaminate e ponderate in quel procedimento- è un atto meramente confermativo, privo di contenuto provvedimentale e come tale non impugnabile (v. , sul punto, C.Stato, sez. V, 14.07.1999, n.844; C.Stato, sez. IV, 28.08.2001, n.4534 e 29.10.2002, n.5947).

Nelle suesposte considerazioni è il parere dello Scrivente.
A' termini dell'art. 15 del regolamento approvato con D.P.Reg. 16 giugno 1998, n. 12, lo Scrivente acconsente alla diffusione del presente parere in relazione ad eventuali domande di accesso inerenti il medesimo.
Codesta Amministrazione vorrà comunicare, entro novanta giorni dalla ricezione, l'eventuale possibilità che il parere stesso inerisca una lite, ovvero se intende differirne la pubblicazione sino all'adozione di eventuali provvedimenti amministrativi. Decorso tale termine senza alcuna comunicazione in tal senso si consentirà la diffusione sulla banca dati "FONS", giusta delibera di Giunta regionale n. 229 dell'8 luglio 1998.


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