Pos. 3   Prot. N. /162/11/06I  



Oggetto: Responsabilità disciplinare del personale con qualifica dirigenziale-ordinamento giuridico applicabile.




Allegati n...........................

                      Presidenza della Regione 
Dipartimento regionale del personale, dei servizi generali, di quiescenza, previdenza ed assistenza del personale       

Palermo

e p.c.
Agenzia per la rappresentanza negoziale della Regione siciliana
A.R.A.N. Sicilia
      Palermo 




  1-Con la suindicata nota codesto Dipartimento ha sottoposto allo Scrivente la problematica in oggetto indicata. 
  La richiesta di consultazione prende le mosse dall'invio da parte di altro dipartimento all'Ufficio Unico per i procedimenti disciplinari del decreto che dispone il giudizio penale a carico di un dirigente tecnico. 
  Per le consequenziali attività da porre in essere codesto Dipartimento ha dovuto innanzitutto rilevare la perdurante assenza per il personale dirigenziale della relativa normativa contrattuale. 
  Conseguentemente, per consentire all'Amministrazione di esercitare il potere disciplinare nei confronti dei dirigenti, ritiene si debbano continuare ad applicare le norme di cui al T.U.imp.civ.St. assicurando l'operatività del sistema previgente anche con riferimento alle funzioni della Commissione di disciplina di cui all'art.32 della l.r. 41 del 1985. 
  Tale soluzione confermerebbe del resto quella già adottata dalla Giunta regionale con deliberazione n.345 del 25 settembre 2001 successiva all'entrata in vigore del D.P. 10 del 2001, che, ai sensi dell'art.20,c.2, della l.r.10 del 2000, ha reso inapplicabili gli art.da 100 a 123 del citato Testo unico. 
  Al riguardo codesto Dipartimento ribadisce come permanga per il personale con qualifica dirigenziale la lacuna normativa alla quale la Giunta intese ovviare "fino a quando non sarà operativo l'Ufficio unico dei procedimenti disciplinari di cui al D.Lgs.3 febbraio 1993,n.29 e succ.modif". 
  Sulla correttezza di tale ricostruzione viene chiesto il parere dello Scrivente. 



  2-Nell'affrontare la presente problematica non si può prescindere ovviamente dal dato normativo. 
  La legge regionale 15 maggio 2000 n.10, che ha riformato l'impiego alle dipendenze dell'Amministrazione regionale e degli enti soggetti a controllo e vigilanza della stessa, ha profondamente innovato anche il potere disciplinare configurabile oggi come potere gestionale del datore di lavoro, di tipo privatistico. 
  La suddetta legge ha infatti richiamato espressamente, tra gli altri, l'art.59 del D.L.vo 29 del 1993 e successive modificazioni, oggi art.55 del D.L.vo 165 del 2001. Tale disposizione dopo avere, nel primo comma, affermato che per le altre responsabilità del dipendente resta in vigore la previgente disciplina pubblicistica prevede una specifica regolamentazione della materia disciplinare che ricalcando le regole proprie del lavoro privato richiama alcune norme civilistiche e rimette alla contrattazione collettiva il profilo centrale dell'istituto disciplinare. 

"2. Ai dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, si applicano l'articolo 2106 del codice civile e l'articolo 7, commi primo, quinto e ottavo, della legge 20 maggio 1970, n. 300.
3. Salvo quanto previsto dagli articoli 21 e 53, comma 1, e ferma restando la definizione dei doveri del dipendente ad opera dei codici di comportamento di cui all'articolo 54, la tipologia delle infrazioni e delle relative sanzioni è definita dai contratti collettivi.
4. Ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento, individua l'ufficio competente per i procedimenti disciplinari. Tale ufficio, su segnalazione del capo della struttura in cui il dipendente lavora, contesta l'addebito al dipendente medesimo, istruisce il procedimento disciplinare e applica la sanzione. Quando le sanzioni da applicare siano rimprovero verbale e censura, il capo della struttura in cui il dipendente lavora provvede direttamente
..........................."
  Conseguentemente l'art.20 della l.r.10 del 2000, nel secondo comma dispone l'inapplicabilità, a far data dalla stipulazione del primo contratto collettivo, delle norme di fonte pubblicistica.Al riguardo è da evidenziare che tale effetto è collegato al mero accadimento, della stipulazione del contratto collettivo, a prescindere dalla circostanza che la fonte pattizia regolamenti effettivamente la materia disciplinare. 
  Dalla lettura delle norme risulta quindi evidente che, per stabilire se al personale dirigenziale possano o meno applicarsi gli articoli da 100 a 123 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n.3 e le disposizioni collegate, debba prima accertarsi se il CCRL Area della dirigenza , recepito dal D.P.10 del 2001, costituisca effettivamente quell'atto di autonomia collettiva al quale la legge ha attribuito la materia disciplinare ricollegando al suo intervento l'effetto sostanzialmente abrogativo della pregressa disciplina. Tale carattere risulta sussistente. 
  Vero è infatti che il CCRL in argomento non è stato posto in essere con la nuova procedura di cui alla l.r.10 ma il vecchio iter è stato seguito in ottemperanza al disposto dell'art.59 della l.r.6 del 2001 che così recita:  

"1. Al fine di consentire una organica attuazione della riforma prevista dalla legge regionale 15 maggio 2000, n. 10, la procedura per la contrattazione collettiva prevista dagli articoli 24 e seguenti della medesima legge, sarà avviata dal 1° gennaio 2002" La norma è stata poi oggetto di interpretazione autentica da parte dell'art.6 della l.r. 20 del 2001 secondo cui
" Il comma 1 dell'articolo 57 della legge regionale 3 maggio 2001, n. 6, si interpreta nel senso che sino al 1° gennaio 2002 continuano ad applicarsi per la contrattazione collettiva le disposizioni di cui alla legge regionale 19 giugno 1991, n. 38"
  Del resto se non dovesse riconoscersi al Contratto collettivo della dirigenza la natura e l'efficacia della fonte pattizia di cui alla l.r.10 se ne dovrebbe evincere la sua incompetenza a regolare,come invece fa, aspetti dell'impiego ulteriori rispetto a quelli già rimessi alla contrattazione collettiva nel sistema previgente. 
  Deve pertanto concludersi che il CCRL Area della dirigenza recepito dal D.P.10 del 2001 è il primo contratto collettivo indicato dall'art.20 c.2 della lr.10 del 2000 e quindi ai suoi destinatari non sono applicabili le norme che in precedenza regolavano il procedimento disciplinare. 
  Altro punto fermo è costituito dalla previsione nel nuovo sistema di un regime di responsabilità disciplinare per i dirigenti (come si evince dall'art.10 della legge 10/2000 che nell'introdurre la nuova forma di responsabilità denominata appunto dirigenziale esordisce "ferma restando la responsabilità penale, civile, amministrativa, contabile e disciplinare"), la cui disciplina è devoluta alla fonte pattizia. 
  Il CCRL Area della dirigenza, allineato in ciò ai contratti dei comparti nazionali delle precedenti tornate, non prevede specifiche ipotesi di responsabilità limitandosi a richiamare le fattispecie generali di recesso dell'Amministrazione peraltro già operanti in base alla legge . 
  A questo punto e dopo aver sottolineato che le considerazioni sin qui svolte sono frutto dell'interpretazione letterale delle norme della l.r.10 più volte citata, si può passare a ragionare sull'orientamento giurisprudenziale, in materia di responsabilità disciplinare del dirigente in generale. 
  Nel settore privato secondo l'orientamento della Corte di Cassazione (cfr.Sez.Un.,29 maggio 1995 n.6041 ) il rapporto dirigenziale, essendo di tipo fiduciario, è per sua natura privo di rapporto disciplinare, poiché al venir meno della fiducia può conseguire soltanto il recesso del datore di lavoro, con esclusione delle sanzioni conservative. 

Inoltre la Suprema Corte, seguita dalla giurisprudenza di merito per quanto riguarda il pubblico impiego privatizzato, si è da tempo espressa circa la superfluità della previsione nel codice di disciplina delle condotte che attengono a violazione di obblighi imposti al prestatore di lavoro dalla legge stessa e punibili con il licenziamento.Si riporta tra le tante la seguente massima: Cass., sez. lav., 06-05-1998, n. 4593."A differenza che per le sanzioni disciplinari conservative, per le quali, a fronte di un potere disciplinare solo genericamente previsto dall'art. 2106 c.c., sussiste, per il suo concreto esercizio, l'esigenza della predisposizione di una normativa secondaria di integrazione e specificazione, con conseguente onere della pubblicità di quest'ultima, per le sanzioni espulsive non sussiste alcun onere in tal senso a carico del datore di lavoro, atteso che, indipendentemente dal richiamo o dalla previsione di determinate analoghe condotte, punibili con il recesso, nella pattuizione collettiva, il potere di licenziamento è attribuito direttamente dalla legge al verificarsi di situazioni che ne integrino la giusta causa o il giustificato motivo".
Tale breve excursus induce a ritenere ragionevole la scelta operata dal vigente contratto della dirigenza regionale che prevedendo nella parte dedicata all'estinzione del rapporto di lavoro il recesso dell'Amministrazione, con o senza preavviso, consente il ricorso solo a detta sanzione disciplinare nei confronti del personale con qualifica dirigenziale e non ha previsto sanzioni di tipo conservativo e relative ipotesi di illecito disciplinare con le stesse sanzionabili.
3-Il presente parere viene esteso all'ARAN Sicilia considerato che l'ipotesi elaborata per il rinnovo del CCRL del personale con qualifica dirigenziale si occupa solo del recesso, disciplinandone la relativa procedura e prevedendo la sanzionabilità con tale misura delle violazioni dell'allegato codice di comportamento.

4- Ai sensi dell'art. 15, c. 2, del D.P.Reg. 16 giugno 1998, n. 12 lo scrivente acconsente sin d'ora all'accesso presso codesto Assessorato al presente parere da parte di eventuali soggetti richiedenti.
         Si ricorda poi che, in conformità alla circolare presidenziale dell' 8 settembre 1998, n. 16586/66.98.12, trascorsi 90 giorni dalla data di ricevimento del presente parere senza che codesta Amministrazione ne comunichi la riservatezza, lo stesso potrà essere inserito nella banca dati "FONS".    



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