POS. I Prot._______________/245.2006.11

OGGETTO: AGRICOLTURA E FORESTE - RIFORMA AGRARIA - ASSEGNAZIONE TERRENI - REQUISITI - PROPOSTA DI MODIFICA.


ASSESSORATO REGIONALE AGRICOLTURA E
FORESTE
DIPARTIMENTO INTERVENTI
INFRASTRUTTURALI        

PALERMO


1. Con nota 4 ottobre 2006, n. 82070, il Dipartimento in indirizzo chiede l'avviso dello scrivente sulla seguente problematica posta dall'Ente di sviluppo agricolo.
La legislazione ancora oggi vigente nella Regione siciliana in materia di riforma agraria è contenuta nella l.r. 27 dicembre 1950, n. 104, che, all'art. 39, individua i soggetti beneficiari delle assegnazioni in proprietà dei lotti di terreni provenienti dallo "scorporo" dei latifondi nei "lavoratori agricoli capi-famiglia manuali coltivatori".
Il Consiglio di amministrazione dell'Ente di sviluppo agricolo, al fine di contribuire alla modernizzazione del settore agricolo, nel rispetto della normativa comunitaria in materia agricola e in adeguamento con le previsioni del D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228 - concernente "Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell'art. 7 della L. 5 marzo 2001, n. 57" - ha espresso l'intendimento di pervenire ad una modifica dei requisiti previsti per l'assegnazione, la riassegnazione, il riscatto e, ove ne ricorrano i presupposti, per l'esercizio del diritto di prelazione, con particolare riferimento alla figura dell'imprenditore agricolo a titolo principale.
L'Amministrazione in indirizzo è favorevole ad un adeguamento dei requisiti nei termini sopra esposti, considerando i notevoli cambiamenti intervenuti nella realtà agricola e sociale siciliana dal tempo dell'emanazione della legge del 1950 e le mutate esigenze dell'agricoltura moderna.

2. Sulla problematica posta si espone quanto segue.
La norma regionale del 1950 si colloca nel solco della legislazione statale in materia di riforma agraria che in quegli anni era volta a promuovere la formazione della proprietà diretto-coltivatrice con la finalità di far coincidere, in capo allo stesso soggetto, la titolarità dell'impresa agricola e la titolarità del fondo su cui tale attività viene esercitata. Con il D.L. 24 febbraio 1948, n.114, "Provvidenze a favore della piccola proprietà contadina" si disposero una serie di agevolazioni finanziarie e creditizie a favore dei contadini che intendevano acquistare terreni.
A quei principi e requisiti si richiama la l.r. 104/1950, prevedendo obblighi di trasformazione agraria e fondiaria e di buona coltivazione per i proprietari, contestualmente alle disposizioni sul conferimento delle terre da parte dei latifondisti e l'assegnazione delle stesse ai coltivatori.
Con la legge regionale del 1950 nasceva anche l'ERAS -Ente per la riforma agraria in Sicilia - (che succedeva all'Ente di colonizzazione del latifondo siciliano), a cui era assegnato il compito di "assistere gli assegnatari di terreni nella progettazione ed esecuzione delle opere di miglioramento fondiario" e di promuovere ed organizzare "l'attuazione delle provvidenze, anche di natura sociale, intese a migliorare le condizioni di vita degli assegnatari e ad incrementare la produzione, curando in special modo lo sviluppo della meccanizzazione, della industrializzazione e della cooperazione negli acquisti, vendita e trasformazione dei prodotti...." (art. 45 l.r. 104/1950). La normativa in oggetto, oltre ad avere una indubbia finalità sociale, contiene anche profili orientati alla modernizzazione del settore agricolo ed è compatibile con la legislazione comunitaria in materia di agricoltura, giacchè - seppur è innegabile che la l.r. 104/1950 tratta ormai fattispecie "ad esaurimento" e di carattere residuo all'interno dell'ampia evoluzione normativa in materia di agricoltura - è pur vero che lo stesso Trattato comunitario dispone che, nell'elaborazione della politica agricola comune e dei metodi che questa può implicare, si dovrà considerare il carattere particolare dell'attività agricola che deriva dalla struttura sociale dell'agricoltura e delle disparità strutturali e naturali fra le diverse regioni agricole.
Tale concetto viene puntualmente richiamato dalla direttiva 17-4-1972, n. 72/161/CEE (cfr. terzo "considerando"), che nella prospettiva di una riforma delle strutture agrarie finalizzata al potenziamento e ammodernamento dell'agricoltura, asserisce che "la diversità nelle cause, nella natura e nella gravità dei problemi strutturali in agricoltura può richiedere soluzioni distinte a seconda delle zone, adattabili nel tempo; ... che si possono ottenere migliori risultati se ... gli stati membri attuano essi stessi l'azione comune mediante i propri strumenti legislativi, regolamentari e amministrativi e se, d'altro canto, determinano essi stessi, alle condizioni fissate dalla Comunità, in che misura tale azione deve essere intensificata o concentrata in alcune zone".
Il legislatore siciliano, in effetti, avvia con la l.r. 80/1980 il processo di ammodernamento e potenziamento dell'agricoltura siciliana, continuando però, secondo le peculiarità e le ragioni storico-sociali della stessa, nella prosecuzione e nel compimento anche del processo di riforma agraria avviato con la l.r. 104/1950.
Chiarita la legittima convivenza degli intenti di modernizzazione e adeguamento alle esigenze del mercato comunitario con i fini della riforma agraria e fondiaria, pur innegabilmente vincolata ad esaurirsi in congrui tempi di adattamento al panorama comunitario, si evidenzia l'impossibilità di estendere a soggetti diversi dagli originari destinatari l'assegnazione dei terreni; ciò perchè, secondo un principio ormai consolidatosi nel tempo, "i terreni oggetto del rapporto di assegnazione appartengono ad enti pubblici (tali sono gli enti di riforma, ora di sviluppo) e hanno uno statuto analogo a quello dei beni indisponibili, essendo destinati ai fini di interesse pubblico della riforma agraria e fondiaria (valorizzazione delle terre attraverso il miglioramento colturale, razionale ripartizione della proprietà, ecc.) e potendo essere sottratti a tale destinazione solo nei modi tassativamente previsti dalle leggi in materia. Ai sensi del comma 2 dell'art. 830 c.c, i beni degli enti pubblici non territoriali, se destinati ad un pubblico servizio, sono assoggettati alla stessa disciplina di quelli appartenenti allo Stato e agli enti territoriali......; e poiché la destinazione a pubblico servizio va intesa in senso ampio, sussistendo tutte le volte che il bene sia adibito ad una funzione direttamente attinente al fine perseguito dall'ente, non è contestabile che siffatta destinazione si riscontra per i terreni in questione, i quali sono stati espropriati e vengono assegnati a privati coltivatori, che abbiano la qualità di diretti lavoratori manuali del terreno, per essere utilizzati dagli stessi e dai loro predeterminati aventi causa......... per il raggiungimento delle finalità pubbliche suddette (e agli stessi obiettivi sono correlati gli obblighi gravanti sul concessionario dopo l'assegnazione e i corrispettivi poteri pubblicistici degli enti concedenti)" (cfr. Corte di Cassazione, Sezioni unite, 7 febbraio 1989, n. 734 e 28 aprile 1989, n. 2024; conforme anche Cass., sez. I, 4 settembre 1999, n. 9379, che richiama le indicate sentenze delle sezioni unite del 1989).
Consegue da quanto sopra detto che beneficiari della normativa contenuta nella l.r. 104/1950, e successive modifiche e integrazioni, sono i soggetti assegnatari in essa indicati; laddove il legislatore regionale ha voluto estendere, a diverso titolo, talune delle disposizioni contenute in quel testo normativo lo ha previsto espressamente (vedi, ad esempio, art. 13 della l.r. 12 maggio 1959, n. 21; l.r. 4 aprile 1960, n. 8; artt. 1 e 2 della l.r. 25 luglio 1960, n. 29; 'art. 1 del D.P.Reg. 9 febbraio 1963, n. 3; art. 1 della l.r. 18 luglio 1974, n. 24, ecc.), così come ha previsto espressamente che i terreni acquisiti dagli organismi fondiari, ai sensi e per gli scopi di cui alla l.r. 80/1980, possono - qualora non sia possibile utilizzare le superfici acquisite per uno degli scopi previsti - essere destinati alla formazione o arrotandamento di proprietà diretto-coltivatrici ai sensi della legge 26 maggio 1950, n. 590 (art.22, ultimo comma della l.r. 80/1980).
Solo il legislatore regionale, peraltro competente in via esclusiva nella materia dell'agricoltura, può stabilire una diversa destinazione dei terreni provenienti dalla riforma agraria, considerati i vincoli di destinazione imposti dalla stessa legge del 1950 e la natura di patrimonio indisponibile degli stessi beni. L'estensione in via amministrativa, poi, delle previsioni della l.r. 104/1950 a soggetti distinti, come l'imprenditore agricolo a titolo principale non pare compatibile con gli scopi, ancorchè ormai ad esaurimento della normativa de qua, pur considerando l'evoluzione in materia di agricoltura della normativa regionale, statale e comunitaria, né può sottacersi che la nuova qualifica di IAP - imprenditore agricolo professionale, che ha sostituito la precedente figura dell'imprenditore agricolo a titolo principale, come previsto dal comma 4 dell'art. 1 del D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 99, come sostituito dal decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 101 - vale "ai fini dell'applicazione della normativa statale", pertanto, al pari di quanto previsto dall'abrogato art. 12 della legge 9 maggio 1975, n. 153 per la figura di IATP, la qualifica di IAP disciplinata dal nuovo testo normativo si riferisce e vale per tutti i casi in cui per la normativa statale essa è rilevante a determinati fini. Ne discende che l'estensione di benefici previsti da normative speciali, come quella oggetto della l.r. 104/1950, può essere concessa solo dal legislatore regionale, così come con normativa statale si è proceduto ad estendere alla figura di (IATP prima e oggi) IAP specifici benefici, in materia di agevolazioni tributarie e creditizie, stabilite dalla normativa vigente a favore del coltivatore diretto, come pure l'estensione di taluni diritti a favore della proprietà coltivatrice, come il diritto di prelazione o riscatto di cui all'art. 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590 ed all'art. 7 della legge 14 agosto 1971, n. 817, spettanti anche alle società agricole in virtù dell'art, 2 del D.Lgs. 99/2004 e agli imprenditori agricoli ai sensi dell'art. 7 del D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228.
Si evince da quanto sopra detto che le figure di coltivatore diretto (o di manuale coltivatore della terra) e di imprenditore agricolo professionale non sono sovrapponibili se non entro gli esatti ambiti in cui sono disposte le estensioni di agevolazioni.
Ugualmente è da ritenere che l'eventuale esaurimento dei fini sottesi alla l.r. 104/1950, con la necessità di diversa destinazione del patrimonio indisponibile proveniente dalla riforma agraria, necessita dell'intervento del legislatore, il solo che, riconsiderando la materia oggetto della norma de qua, può disporre di "stornare" ad altre finalità i terreni e le opere della riforma agraria, nella prosecuzione del processo di ammodernamento e adeguamento dell'agricoltura siciliana ai dettami comunitari.
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Ai sensi dell'art. 15,co.2 del D.P. Reg. 16 giugno 1998,n.12, lo Scrivente acconsente sin d'ora all'accesso presso codesta Amministrazione al presente parere da parte di eventuali richiedenti.
Si ricorda poi che in conformità alla circolare presidenziale dell'8 settembre 1998,n.16586/66.98.12, trascorsi 90 giorni dalla data di ricevimento del presente parere senza che codesta Amministrazione ne comunichi la riservatezza, lo stesso potrà essere inserito nella banca dati "FONS".


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