Pos. I Prot. _______ /7.07.11


OGGETTO: Commercio - Grande distribuzione - Mancata conformità urbanistica - Normativa applicabile.

ASSESSORATO REGIONALE
DELLA COOPERAZIONE, DEL COMMERCIO, DELL'ARTIGIANATO E DELLA PESCA
Dipartimento regionale cooperazione, commercio e artigianato
(rif. nota 12 gennaio 2007, n. 366)

PALERMO

1. Ai sensi dell'art. 9, comma 1, della legge regionale 22 dicembre 1999, n. 28, "l'apertura, il trasferimento di sede e l'ampliamento della superficie di una grande struttura di vendita sono soggetti ad autorizzazione rilasciata dal Comune competente per territorio nel rispetto della programmazione urbanistico-commerciale di cui all'articolo 5 ed in conformità alle determinazioni adottate dalla conferenza di servizi di cui al comma 3".
L'art. 2, comma 1, dell'allegato n. 1 del D.P.Reg. 11 luglio 2000, n. 165, recante: "Direttive ed indirizzi di programmazione commerciale e criteri di programmazione urbanistica riferiti al settore commerciale", dispone poi, tra l'altro, che "per quanto di competenza dei comuni, ai sensi dell'articolo 5, comma 2, della legge regionale 22 dicembre 1999, n. 28, gli strumenti urbanistici generali ed attuativi devono individuare:
a) le aree da destinare agli insediamenti commerciali ed, in particolare, le aree in cui possono essere consentiti gli insediamenti di medie e grandi strutture di vendita al dettaglio; ...".
Infine il punto 6 dell'allegato al D.A. 12 luglio 2000, recante: "Disposizioni per la correlazione dei procedimenti di rilascio della concessione o autorizzazione edilizia e dell'autorizzazione all'apertura di una media e grande struttura di vendita", prevede che "in sede di esame della domanda dell'autorizzazione commerciale o del progetto edilizio da parte degli uffici comunali interessati, qualora l'iniziativa concerni una media struttura, o da parte della conferenza dei servizi di cui all'articolo 9, commi 3 e 4, della legge regionale, qualora l'iniziativa riguardi una grande struttura di vendita dovrà essere verificata la compatibilità dell'iniziativa medesima sotto l'aspetto dei requisiti urbanistici ed edilizi (con particolare riferimento alle dotazioni degli standard pubblici di verde e parcheggio e di dotazioni minime di parcheggi pertinenziali) e della valutazione dell'impatto sulla viabilità.
Qualora l'esito di tale valutazione dia esito negativo non potrà procedersi alla valutazione di ammissibilità della richiesta di autorizzazione, pur se la stessa assolva agli altri requisiti sotto il profilo della programmazione commerciale".
In relazione alle riportate disposizioni codesto Dipartimento, con la lettera sopra indicata, rileva in via generale che, ai fini dell'insediamento di una grande struttura di vendita, la destinazione ad uso commerciale dell'area oggetto dell'insediamento stesso costituisce "elemento essenziale" per le valutazioni che devono essere compiute dalla conferenza di servizi competente, ex art. 9, comma 3, della l.r. n. 28/1999, ad esaminare la domanda di rilascio dell'autorizzazione; osserva altresì che la medesima conferenza di servizi "in assenza di conformità allo strumento urbanistico vigente dovrà, giustamente, esprimere parere negativo".
Rappresenta poi, in particolare, codesto Dipartimento che la conferenza di servizi ex art. 9 della l.r. n. 28/1999, in sede di esame dell'istanza presentata da una ditta per il rilascio dell'autorizzazione all'apertura di una grande struttura di vendita, ha verificato "la mancanza di conformità urbanistica al P.R.G. vigente, in quanto gli immobili oggetto del previsto insediamento commerciale ricadono in zona omogenea E (agricola)".
Ciò premesso -considerato che il comune territorialmente competente ha espresso parere favorevole all'approvazione del progetto, trattandosi di intervento finanziato con la legge n. 488/1992, per il quale troverebbe applicazione l'art. 89 della l.r. n. 6/2001, relativo agli insediamenti produttivi in verde agricolo- vien chiesto l'avviso dello scrivente sulla questione prospettata.
Al riguardo codesta Amministrazione è dell'avviso che la disposizione di cui all'art. 89 della l.r. n. 6/2001 non trovi applicazione nel caso in esame trattandosi di materia regolata dalla l.r. n. 28/1999 e dalle disposizioni sopra riportate "che affidano all'esclusiva competenza dei consigli comunali la programmazione urbanistico-commerciale e quindi l'individuazione delle aree da destinare ad attività commerciale".

2. La questione prospettata da codesto Dipartimento attiene in buona sostanza alla individuazione dell'ambito di applicazione dell'art. 89, comma 3, della legge regionale 3 maggio 2001, n. 6, che estende agli interventi ivi indicati le disposizioni contenute nell'art. 35 della legge regionale 7 agosto 1997, n. 30, relative agli insediamenti produttivi in verde agricolo; in particolare, trattasi di accertare se la grande struttura di vendita -quale intervento finanziato, nella fattispecie in esame, dallo Stato con la legge n. 488/1992- possa o meno rientrare tra le tipologie di interventi ammissibili come insediamenti produttivi in verde agricolo che beneficiano della deroga prevista dall'art. 89, comma 3, della l.r. n. 6/2001.
Si fa presente sin da subito che la lettura del testo attualmente vigente del predetto 89, comma 3, della l.r. n. 6/2001, in relazione allo scopo di individuarne le finalità e la relativa portata applicativa, risulta facilitata per l'interprete, qualora si considerino i vari interventi normativi regionali che hanno introdotto, anche in deroga alla disciplina desumibile dagli strumenti urbanistici, la possibilità di realizzare impianti produttivi nelle zone destinate a verde agricolo ed hanno successivamente esteso l'ambito di applicazione della deroga; pertanto appare opportuno ricostruire il quadro normativo di riferimento prendendo le mosse dalla norma più risalente nel tempo fino al testo attualmente vigente del predetto art. 89, comma 3, della l.r. n. 6/2001.
Al riguardo viene anzitutto in rilievo l'art. 22, comma 1, della legge regionale 27 dicembre 1978 -come sostituito dall'art. 6, comma 1, della legge regionale 31 maggio 1994, n. 17- il quale prevede che "nelle zone destinate a verde agricolo dai piani regolatori generali sono ammessi impianti o manufatti edilizi destinati alla lavorazione o trasformazione di prodotti agricoli o zootecnici locali ovvero allo sfruttamento a carattere artigianale di "risorse naturali locali" tassativamente individuate nello strumento urbanistico".
La previsione derogatoria sopra riportata ha trovato sviluppo nell'art. 35, comma 1, della legge regionale 7 agosto 1997, n. 30, secondo cui: "al fine di favorire il rapido avvio delle iniziative produttive previste dai patti territoriali e dai contratti d'area approvati dal Cipe sono ammessi insediamenti produttivi in verde agricolo, limitatamente ai singoli interventi previsti dai patti territoriali e dai contratti d'area già approvati dal Cipe alla data di entrata in vigore della presente legge, anche in deroga a quanto previsto dall'articolo 22 della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71 così come sostituito dall'articolo 6 della legge regionale 31 maggio 1994, n. 17, fermo restando il rispetto delle condizioni previste dal comma 2 dello stesso articolo 6".
Un ulteriore ampliamento dell'ambito di applicazione della deroga de qua è stato successivamente disposto con l'art. 89, comma 3, della legge regionale 3 maggio 2001, n. 6, che nella sua originaria formulazione stabiliva: "le disposizioni previste dall'articolo 35 della legge regionale 7 agosto 1997, n. 30, relativa agli insediamenti produttivi in verde agricolo si applicano a tutti gli interventi comunque previsti e finanziati nei patti territoriali, nei contratti d'area e negli altri strumenti di programmazione negoziata, statali e regionali. Le stesse disposizioni si applicano per le iniziative imprenditoriali che abbiano ottenuto il finanziamento pubblico per la realizzazione dei relativi investimenti qualora non siano disponibili aree per insediamenti produttivi previste dagli strumenti urbanistici comunali o nelle aree attrezzate artigianali ed industriali. L'approvazione da parte dei consigli comunali costituisce variante agli strumenti urbanistici".
Infine, il testo originario dell'art. 89, comma 3, della l.r. n. 6/2001, è stato infine sostituito dall'art. 30, comma 1, della legge regionale 26 marzo 2002, n. 2; per cui, per effetto delle modifiche introdotte, il testo attualmente vigente del predetto art. 89, comma 3, così dispone: "le disposizioni previste dall'articolo 35 della legge regionale 7 agosto 197, n. 30, relative agli insediamenti produttivi in verde agricolo, si applicano a tutti gli interventi inseriti oltre che nei contratti d'area ed in altri analoghi strumenti di programmazione negoziata approvati dal CIPE o relativi ad interventi finanziati dallo Stato con la legge 19 dicembre 1992, n. 488, o concernenti interventi finanziati dall'Unione europea, anche a singole iniziative imprenditoriali private da realizzarsi con fondi propri, nell'ipotesi in cui non siano disponibili aree per insediamenti produttivi previste dagli strumenti urbanistici comunali né aree attrezzate dagli strumenti urbanistici comunali né aree attrezzate artigianali e industriali o su porzioni dell'area interessata insistano precedenti insediamenti produttivi".
Dal ricostruito quadro normativo si evince che, in forza dei successivi interventi legislativi, la portata della deroga originariamente prevista dall'art. 22, comma 1, della l.r. n. 71/1978, è stata progressivamente estesa in relazione alle tipologie di interventi ammissibili come insediamenti produttivi in verde agricolo; in altri termini, le disposizioni normative sopra riportate hanno realizzato un notevole ampliamento, sotto il profilo oggettivo, quanto agli insediamenti produttivi che consentono la deroga.
Ed invero, il predetto art. 22, comma 1, della l.r. n. 71/1978 ammette nelle zone destinate a verde agricolo solo ben precise tipologie di insediamenti produttivi esplicitamente indicate: evidenzia in proposito la giurisprudenza che la definizione contenuta nel predetto art. 22, comma 1, riguarda essenzialmente "interventi edilizi a scopi industriali" (cfr. Tar Palermo, sez. II, 25-02-1988, n.176), "impianti produttivi a carattere artigianale od industriale", ovvero "unità produttive a carattere artigianale e industriale di modeste dimensioni nelle quali è privilegiato il ciclo produttivo strettamente collegato alla lavorazione e trasformazione dei prodotti agricoli e zootecnici e allo sfruttamento di risorse naturali" (cfr. Tar Catania, sez. I, 09-01-1987, n. 5); in particolare, l'insediamento di impianti e manufatti industriali nel verde agricolo era stato ritenuto possibile, in forza della primigenia normativa, "solo eccezionalmente ed allorquando ciò trovi giustificazione nell'esigenza , ritenuta prioritaria, di consentire il prevalente utilizzo, nel ciclo produttivo, di risorse naturali e materie prime provenienti dallo sfruttamento del fondo a carattere agricolo zootecnico" (cfr. CGA, sez. giurisdiz., 02-10-1997, n. 370).
La definizione di impianto produttivo in verde agricolo, con riferimento alla formulazione contenuta nell'art. 22 della l.r. n. 71/1978, fa leva, dunque, sulla specifica destinazione dell'impianto stesso; in altri termini, deve trattarsi di impianti destinati a cicli di lavorazione e trasformazione che riguardino prodotti agricoli e zootecnici locali ovvero risorse naturali della zona tassativamente individuate nello strumento urbanistico.
Nel sistema dell'art. 35, comma 1, della l.r. n. 30/1997 la deroga è estesa alle iniziative produttive previste dai patti territoriali e dai contratti d'area già approvati dal CIPE: la definizione di insediamento produttivo in verde agricolo è dunque riferita agli interventi inseriti negli strumenti di programmazione negoziata sopra indicati e non risulta più legata alla natura e alla destinazione dei luoghi e, cioè, alla produzione e trasformazione di prodotti agricoli e zootecnici o allo sfruttamento di risorse naturali.
Con riferimento poi al testo vigente dell'art. 89, comma 3, della l.r. n. 6/2001, la possibilità di insediamento produttivo nelle zone destinate a verde agricolo è ulteriormente estesa agli interventi inseriti nei contratti d'area e in altri strumenti di programmazione negoziata approvati dal CIPE, agli interventi finanziati dallo Stato con la legge n. 488/1992, agli interventi finanziati dall'Unione Europea, nonchè alle iniziative imprenditoriali private da realizzarsi con fondi propri e non a carico della finanza derivata.
Ciò detto, si fa presente ora che la questione attinente alla definizione del concetto di insediamento produttivo ai sensi dell'art. 35 della l.r. n. 30/1997 e dell'art. 89, comma 3, della l. r. n. 6/2001, come sostituito dall'art. 30, comma 1, della l.r. n. 2/2002 -questione che si pone come strumentale alla individuazione dell'ambito di applicazione delle medesime norme- è stata affrontata funditus dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, nel parere n. 649/02 del 19 novembre 2002.
In particolare, nel predetto parere l'Organo consultivo prende le mosse dalla considerazione che nè nell'ordinamento giuridico statale, né in quello regionale, si evince una nozione unitaria ed univoca di "insediamento produttivo" occorrendo pertanto, fare riferimento, di volta in volta, alla specifica ratio sottesa alle singole disposizioni legislative nelle quali si ritrova l'impiego di detta espressione lessicale, al fine di determinarne l'esatto ambito di operatività. Ciò premesso, osserva altresì il medesimo Organo consultivo che "nelle norme in esame e con riferimento agli interventi a carico della finanza derivata la possibilità di deroga è riferita agli insediamenti produttivi in genere, contraddistinti solo per il fatto di essere inseriti in determinati strumenti di programmazione negoziata o di agevolazione produttiva (statale o comunitaria), di tal che non si rinvengono elementi utili a differenziare nell'ambito di tali strumenti insediamenti industriali e artigianali dagli altri insediamenti in senso lato produttivi";in altri termini, la locuzione insediamenti produttivi, secondo le argomentazioni formulate dal CGA, va intesa in senso ampio (comprensiva non solo degli insediamenti industriali e artigianali, ma anche di quelli commerciali, turistici-ricettivi e di servizio in genere), allorquando gli stessi godono di un finanziamento pubblico, stante che le norme richiamate nell'art. 35 della l.r. n. 30/1997 e nell'art. 89, comma 3, della l.r. n. 6/2001 fanno riferimento a tutti gli interventi oggetto di tale tipo di finanziamento.
La nozione di insediamento produttivo in verde agricolo va invece intesa in senso restrittivo, alla stregua di quanto affermato nel citato parere n. 649/02, allorquando gli insediamenti produttivi conseguano ad iniziative di privati che non godono di provvidenze pubbliche, stante la condizione di assoluta assenza di aree libere "artigianali e industriali"; si precisa, invero, al riguardo nel medesimo parere n. 649/02 che, con riferimento "alle iniziative imprenditoriali private non assistite dalla finanza derivata, la differenziazione è invece desumibile in via indiretta dal richiamo, tra le condizioni per accedere alla deroga, alla inesistenza di aree attrezzate artigianali e industriali. Da tale riferimento sembra potersi far discendere che il legislatore regionale ha inteso riferirsi soltanto ai corrispondenti insediamenti produttivi e quindi a quelli in senso stretto artigianali e industriali".
Le argomentazioni sviluppate dal Consiglio di giustizia amministrativa fanno dunque leva sulla differenziazione tra insediamenti produttivi inseriti in strumenti di programmazione negoziata o di agevolazione economica e insediamenti produttivi che conseguono ad iniziative imprenditoriali private che non beneficiano di finanziamenti pubblici: nella prima ipotesi la nozione di insediamento produttivo, ai sensi dell'art. 35 della l.r. n. 30/1997 e dell'art. 89, comma 3, della l. r. n. 6/2001, ha carattere ampio ed ha riguardo non solo agli insediamenti produttivi in senso stretto (artigianali e industriali) ma anche a quelli commerciali e di servizio in genere; nella seconda ipotesi, la nozione di insediamento produttivo ha invece carattere restrittivo considerato che il singolo intervento imprenditoriale privato da realizzare con fondi propri è consentito, tra l'altro, ex art. 89, comma 3, l.r. n. 6/2001, in assenza di aree attrezzate artigianali e industriali. In altri termini, la indisponibilità di aree attrezzate artigianali o industriali, che costituisce condizione di applicabilità della deroga, connota le iniziative imprenditoriali private che non beneficiano di finanziamenti pubblici sotto il profilo della specifica destinazione artigianale o industriale del relativo insediamento produttivo, ciò che invece non rileva per gli insediamenti produttivi inseriti in determinati strumenti di programmazione negoziata o di agevolazione economica poiché, per la realizzazione di tali insediamenti in zone destinate al verde agricolo, non opera la condizione della assenza di aree attrezzate artigianali o industriali.
Si evidenzia ancora che le conclusioni accolte nel citato parere n. 649/02, sembrano poi trovare conferma nell'ordinanza del TAR Catania, sez. I, 30 giugno 2005, n. 1029, laddove -pur senza esaminare direttamente la definizione di insediamento produttivo in verde agricolo ai sensi dell'art. 35 della l.r. n. 30/1997 e dell'art. 89, comma 3, della l.r. n. 6/2001- il predetto organo giurisdizionale ha affermato che la deroga di che trattasi "è stata progressivamente dilatata al punto da consentire, oggi, l'allocazione in verde agricolo della pressocchè totalità di iniziative imprenditoriali private"; ed altresì che, allo stato della vigente normativa, "alla programmazione urbanistica comunale si può sovrapporre la scelta di investitori privati di allocare, nelle zone meno adatte del territorio comunale, ..., le più eterogenee iniziative economiche, tali da stravolgere qualunque assetto e pianificazione del territorio".
Ciò detto, passando ora alla specifica questione sottoposta allo scrivente, si fa presente che nella fattispecie in esame la grande struttura di vendita per cui è questione costituisce intervento finanziato dallo Stato con la legge n. 488/1992; pertanto, in tale situazione, alla luce dell'orientamento del Consiglio di giustizia amministrativa sopra riportato, deve affermarsi che il predetto intervento rientra certamente nella nozione di insediamento produttivo in verde agricolo di cui all'art. 89, comma 3, della l.r. n. 6/2001, e, come tale, beneficia della deroga ivi prevista.

Ai sensi dell'art. 15, comma 2, del "Regolamento del diritto di accesso ai documenti dell'Amministrazione regionale", approvato con D.P.Reg. 16 giugno 1998, n. 12, lo scrivente comunica preventivamente di acconsentire all'accesso presso codesta Amministrazione al presente parere da parte di eventuali soggetti richiedenti.
Codesta Amministrazione vorrà a sua volta comunicare, entro novanta giorni dalla ricezione, l'eventuale possibilità che il parere stesso inerisca ad una lite, ovvero se intenda differirne l'accesso fino all'adozione di eventuali provvedimenti amministrativi cui la richiesta consulenza fosse preordinata. Decorso detto termine senza che sia pervenuta alcuna comunicazione in tal senso, si procederà, giusta delibera della Giunta regionale n. 229 dell'8 luglio 1998, all'inserimento del presente parere nella banca-dati "FoNS", ed alla conseguente diffusione.



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