Pos. I Prot. _______ /21.07.11


OGGETTO: Commercio - Decreto-legge n. 223/2006 - Applicabilità in ambito regionale - Esame circolare esplicativa.

ASSESSORATO REGIONALE
DELLA COOPERAZIONE, DEL COMMERCIO, DELL'ARTIGIANATO E DELLA PESCA
Dipartimento regionale cooperazione, commercio e artigianato
(rif. nota 1 febbraio 2007, n. 1091)

PALERMO

1. Con la lettera sopra indicata, a firma dell'on. Assessore pro tempore per la cooperazione, il commercio, l'artigianato e la pesca, codesto Dipartimento rappresenta di aver provveduto, in riscontro ad una puntuale richiesta dello scrivente, a fornire -con nota 8 settembre 2006 , n. 6799, indirizzata a questo Ufficio- un dettagliato rapporto in merito alle disposizioni del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, incidenti sulle proprie competenze.
Ciò premesso, considerato che la predetta nota n. 6799/2006, non è stata riscontrata, vien chiesto l'avviso dello scrivente bozza di circolare trasmessa in allegato alla nota in riferimento, predisposta nell'esigenza di "impartire direttive interpretative ed operative alle quali attenersi nelle more di diverse decisioni del Legislatore regionale".

2. Preliminarmente si rassegna che sulla base delle considerazioni formulate da codesto Dipartimento con la lettera citata in epigrafe n. 6799/2006, nonché sulla base delle osservazioni pervenute dagli altri rami di Amministrazione interessati da questo Ufficio, lo scrivente -con nota 22 settembre 2006, n. 15524/781.6, indirizzata all'Ufficio di Gabinetto dell'On.le Presidente della Regione e alla Segreteria di Giunta regionale- ha rappresentato le proprie considerazioni per le valutazioni di competenza circa la proposizione della questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, 5, e 13 del predetto decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, recante "Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonchè interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale", convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 2006, n. 248.
Si rassegna altresì che la Regione siciliana, previa delibera dell'Organo collegiale di governo n. 363 del 28 settembre 2006, ha poi sollevato questione di legittimità costituzione dei predetti articoli 2, 5 e 13 del medesimo decreto-legge n. 223/2006.
Ciò detto, si evidenzia ora che le disposizioni del citato decreto-legge n. 223/2006, oggetto della circolare esplicativa predisposta da codesto Dipartimento -e, cioè, in particolare, l'articolo 3, commi 1, 2 e 3 ("Regole di tutela della concorrenza nel settore della distribuzione commerciale"), l'articolo 4, commi 1 e 2 ("Disposizioni urgenti per la liberalizzazione dell'attività di produzione del pane"), l'articolo 5, comma 1 ("Interventi urgenti nel campo della distribuzione di farmaci") e l'articolo 11, commi 1, 2, 3 e 4 ("Disposizioni urgenti in materia di soppressione di commissioni")- attengono alla materia del commercio, materia che ricade nella competenza legislativa esclusiva della Regione siciliana ex art. 14, lett. d), dello Statuto regionale, approvato con R.D.L. 15 maggio 1946, n. 455; non vi è dubbio, dunque, che le disposizioni statali sopra richiamate pongono questioni interpretative delicatissime in relazione alla loro efficacia nell'ordinamento regionale anche con riguardo ai rapporti con la legislazione regionale preesistente nella materia de qua.
L'art. 1, comma 1-bis, del decreto-legge n. 223/2006, statuisce che le disposizioni di cui al presente decreto si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano "in conformità agli statuti speciali e alle relative norme di attuazione"; in tale contesto normativo la questione dell'applicabilità diretta e immediata nella Regione siciliana delle disposizioni sopra richiamate del decreto-legge n. 223/2006, presuppone che siano individuati, in via generale, i criteri che presiedono alle relazioni tra fonti statali e fonti regionali nel vigente assetto costituzionale.
Secondo l'elaborazione dottrinale più risalente nel tempo, i rapporti tra legislazione statale e potestà legislativa esclusiva siciliana sarebbero caratterizzati dal principio c. d. della "prevenzione". In virtù di tale principio, nelle materie di competenza esclusiva della Regione, le leggi statali, non trovano applicazione in tutte quelle fattispecie che siano già state regolate da una legge regionale.
Si ritiene che tale principio mantenga la sua validità -con specifico riferimento all'ordinamento regionale siciliano e ai rapporti tra legge statale e legge regionale siciliana- anche nel nuovo assetto costituzionale relativo alla ripartizione della potestà legislativa fra lo Stato e le regioni delineato dal novellato art. 117 della Costituzione. Ed infatti il rapporto tra legge statale e legge regionale è ormai disciplinato sulla base del criterio della "competenza ripartita" (cfr. Caravita, "La costituzione dopo la riforma del Titolo V", Giappichelli, 2002, 88). Per la Regione siciliana la competenza legislativa esclusiva in materia di commercio discende direttamente -come, peraltro, già rilevato- dallo Statuto regionale (art. 14, lett. d)), mentre per le regioni ordinarie la competenza legislativa nella predetta materia si configura come competenza legislativa residuale ex art. 117, comma 4, Cost., atteso che, tra le materie tassativamente assegnate dall'art. 117, commi 2 e 3, Cost., rispettivamente alla competenza esclusiva dello Stato ed a quella concorrente, non viene espressamente annoverata quella del commercio. L'intervento legislativo statale nelle materie di potestà esclusiva o residuale regionale è, dunque, limitato -alla stregua del richiamato criterio della "competenza ripartita"- alla sola ipotesi in cui vi sia uno specifico e puntuale collegamento tra la materia considerata e il titolo abilitante l'intervento statale (quale, ad esempio, esercizio delle competenze esclusive statali di tipo trasversali in materia di tutela della concorrenza o in materia di determinazione dei livelli essenziali), viceversa, le scelte legislative operate dal legislatore statale dovranno cedere il passo a quelle effettuate dal legislatore regionale.
Si fa altresì presente che l'elaborazione dottrinale e giurisprudenziale successiva alla formulazione del principio della "prevenzione" ha insistito sulla integrazione, piuttosto che sulla separazione, tra ordinamento statale e ordinamento regionale: l'ordinamento giuridico dello Stato ad autonomie regionali è pur sempre un ordinamento unitario, di modo che i rapporti tra le leggi dei due enti si conformano al criterio dell'integrazione delle competenze piuttosto che a quello della separazione; conseguentemente deve affermarsi che, nelle materie affidate alla competenza esclusiva regionale, in assenza di normativa regionale trova applicazione la legge statale.
I problemi interpretativi più complessi da risolvere si pongono nell'ipotesi in cui la legge statale risulti incompatibile o in contrasto con la norma regionale già vigente: in tale ipotesi, principio della "prevenzione" e principio della "abrogazione" sono i due criteri alternativi alla stregua dei quali è possibile risolvere il rapporto tra legge statale e potestà legislativa esclusiva della Regione; in particolare, secondo il principio della "abrogazione", la nuova legge statale che contiene principi incompatibili con norme regionali determinerebbe la loro immediata abrogazione e, di conseguenza, la medesima legge statale troverebbe diretta applicazione nella Regione. Il principio della "abrogazione" trova fondamento nella sentenza della Corte costituzionale n. 153/1995 laddove, proprio con riferimento alla potestà legislativa esclusiva della Regione siciliana, è affermato che "il sopravvenire nelle leggi statali di norme recanti principi, in grado di costituire un limite all'esercizio di competenze legislative regionali, comporta nei casi di accertata e diretta incompatibilità fra la legge regionale e quella statale, l'effetto della abrogazione".
Tale ricostruzione dei rapporti tra fonti statali e regionali è stata poi ripresa e sviluppata dalla dottrina più avvertita che negli anni novanta si è espressa sulla diretta applicabilità nell'ordinamento regionale delle riforme statali in materia di pubblico impiego e delle leggi statali di decentramento e di semplificazione amministrativa. La richiamata dottrina, partendo dalla considerazione che l'autonomia speciale si salvaguarda esercitando in positivo le competenze che lo Statuto attribuisce alla Regione e rilevando altresì che, in assenza di interventi legislativi regionali di "recepimento" delle leggi statali, la Sicilia era rimasta fuori dal processo di modernizzazione in corso nel resto d'Italia, ha accolto -sia pure con le dovute cautele legate alla necessità di procedere agli approfondimenti richiesti, di volta in volta, dalla norma statale considerata- il principio della diretta abrogazione della normativa regionale incompatibile con norme fondamentali di grande riforma economico-sociale.
Tuttavia, con riferimento, in particolare, agli articoli del decreto-legge n. 223/2006, oggetto della circolare predisposta da codesto Dipartimento, non sembra che possa trovare applicazione il richiamato principio della "abrogazione" e ciò per due ordini di considerazioni: anzitutto si rileva che i predetti articoli non contengono principi di riforma economico-sociale bensì introducono una disciplina di dettaglio in sé compiuta e autoapplicativa; in secondo luogo poi si fa presente che -come si avrà modo di approfondire nel prosieguo- i principi delle riforme economico sociali non costituiscono più limite all'esercizio della competenza legislativa della Regione in materia di commercio.
Non può sottacersi che l'art. 1, comma 1, del citato decreto-legge n. 223/2006, richiama, a garanzia dell'intervento statale, le disposizioni dell'art. 117 della Costituzione con particolare riferimento alle materie di potestà legislativa esclusiva dello Stato della tutela della concorrenza e della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale ("Le norme del presente titolo, adottate ai sensi degli articoli 3, 11, 41 e 117, commi primo e secondo, della Costituzione, con particolare riferimento alle materie di competenza statale della tutela della concorrenza, dell'ordinamento civile e della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, recano misure necessarie ed urgenti per garantire il rispetto degli articoli 43, 49, 81, 82 e 86 del Trattato istitutivo della Comunità europea ed assicurare l'osservanza delle raccomandazioni e dei pareri della Commissione europea, dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e delle Autorità di regolazione e vigilanza di settore, in relazione all'improcrastinabile esigenza di rafforzare la libertà di scelta del cittadino consumatore e la promozione di assetti di mercato maggiormente concorrenziali, anche al fine di favorire il rilancio dell'economia e dell'occupazione, attraverso la liberalizzazione di attività imprenditoriali e la creazione di nuovi posti di lavoro"); anche l'art. 3, comma 1, del decreto-legge in esame richiama le disposizioni dell'ordinamento comunitario e le disposizioni costituzionali ai sensi delle quali vengono poste le regole di tutela della concorrenza nel settore della distribuzione commerciale (" Ai sensi delle disposizioni dell'ordinamento comunitario in materia di tutela della concorrenza e libera circolazione delle merci e dei servizi ed al fine di garantire la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità ed il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonchè di assicurare ai consumatori finali un livello minimo ed uniforme di condizioni di accessibilità all'acquisto di prodotti e servizi sul territorio nazionale, ai sensi dell'articolo 117, comma secondo, lettere e) ed m), della Costituzione, le attività commerciali, come individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e di somministrazione di alimenti e bevande, sono svolte senza i seguenti limiti e prescrizioni: ..."); tuttavia, l'esigenza di valorizzare al massimo la potestà legislativa esclusiva siciliana, anche in relazione alla nuova centralità della potestà legislativa regionale rispetto ai poteri legislativi statali, deve far concludere lo scrivente nel senso che, nell'ipotesi in cui la legge statale sopravvenuta si ponga in contrasto con la legge regionale emanata nell'esercizio di competenza esclusiva, quest'ultima continua a trovare applicazione nell'ordinamento regionale. In altri termini, la necessità di non determinare compressioni dell'autonomia regionale e di non limitare le prerogative statutarie della Regione, nelle more, peraltro, della definizione della questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Regione nei confronti del decreto-legge n. 223/2006, induce a ritenere applicabile il principio della "prevenzione" anche nel caso di contrasto tra legge statale e legge regionale; in tale ipotesi, pertanto, la legge statale non trova immediata e diretta applicazione nell'ordinamento regionale.
Ciò detto, per completezza di esposizione, pare opportuno evidenziare che, nel mutato assetto delle competenze legislative tra Stato e regioni, l'esercizio della competenza legislativa esclusiva della Regione siciliana in materia di commercio non incontra più il limite del rispetto dei principi delle riforme economico-sociali imposto dall'art. 14 dello Statuto regionale.
Al riguardo si evidenzia che ai sensi dell'art. 117, comma 1, Cost., la potestà legislativa è esercitata dalle regioni "nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali"; la potestà legislativa regionale, anche nelle materie di competenza residuale (art. 117, comma 4, Cost.), soggiace, dunque, soltanto ai limiti espressamente enunciati dal richiamato art. 117, comma 1, Cost. e, se del caso -come ha precisato la Corte costituzionale nella sentenza n. 274/2003- ai limiti indirettamente derivanti dall'esercizio da parte dello Stato della potestà legislativa esclusiva in "materie" suscettibili, per la loro configurazione, di interferire su quelle di competenza residuale, onde devono escludersi ulteriori limiti derivanti da leggi statali già qualificabili come norme fondamentali di riforma economico-sociale
Si evidenzia altresì che l'art. 10 della legge costituzionale n. 3/2001 di riforma del Titolo V della Costituzione testualmente statuisce: "sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alla Regioni a statuti speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite". La riportata disposizione costituzionale -caratterizzata da "assoluta specialità" che la rende insuscettibile sia di interpretazione estensiva che di applicazione analogica (cfr. Corte cost. sent. nn. 383/2005 e 370/2006)- ha una finalità essenzialmente transitoria: la funzione svolta dalla norme in esame è quella di evitare che il rafforzamento del sistema delle autonomie delle regioni ordinarie, attuato dalla riforma del titolo V della Costituzione, possa determinare un divario rispetto a quelle regioni che godono di forme e condizioni particolari di autonomia.
Pertanto, in forza del combinato disposto dell'art. 117, comma 1, Cost. e dell'art. 10 della legge costituzionale n. 3/2001, in relazione alle materie di competenza esclusiva della Regione siciliana, che costituiscono altresì materie da comprendere nella competenza generale residuale spettante alle regioni ordinarie (come nell'ipotesi della materia del commercio) è venuto meno il limite del rispetto delle riforme economico-sociali imposto all'esercizio della potestà esclusiva regionale dall'art. 14 dello Statuto; ed infatti, se il vincolo di quel limite permanesse pur nel nuovo assetto costituzionale, la potestà legislativa esclusiva della Regione siciliana sarebbe irragionevolmente ristretta entro confini più angusti di quelli che oggi incontra la potestà legislativa "residuale" delle regioni ordinarie (cfr. Corte cost. sent. n. 274/2003), ciò che si porrebbe in contrasto al disposto dell'art. 10 della legge costituzionale n. 3/2001.

3. Passando ora all'esame della circolare esplicativa regionale, si fa presente anzitutto che non appaiono conducenti le osservazioni formulate da codesto Dipartimento e contenute nella premessa della medesima circolare con riferimento al termine del 1° gennaio 2007, previsto dall'art. 3, comma 4, del decreto-legge n. 223/2006, come termine entro cui"le regioni e gli enti locali adeguano le proprie disposizioni legislative e regolamentari ai principi e alle disposizioni di cui al comma 1" del medesimo art. 3 del decreto-legge n. 223/2206; ed invero, al riguardo si osserva che la disposizione sopra riportata dell'art. 3, comma 4, non sembra riguardare le regioni a statuto speciale, ciò che è confermato dall'art. 1, comma 1-bis, dello stesso decreto-legge n. 223/2006, ai sensi del quale "le disposizioni di cui al presente decreto si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano in conformità agli statuti speciali e alle relative norme di attuazione"; in forza della norma testè richiamata le disposizioni del decreto-legge in esame trovano applicazione nella Regione siciliana nel rispetto delle norme statutarie e di attuazione e, cioè, nel rispetto del sistema delle fonti come sopra delineato. Pertanto, sotto tale profilo, nessun termine sembra assegnato alla Regione siciliana né sembra sussistere un obbligo di adeguamento della legislazione regionale siciliana ai principi e alle disposizioni di cui al comma 1 dell'art. 3 del decreto-legge in esame se non laddove esso identifichi principi che si impongono alla normazione regionale, nei termini sopra indicati.

Art. 3, comma 1:
Con riferimento poi alle considerazioni formulate da codesto Dipartimento in relazione all'art. 3, comma 1, del decreto-legge in esame, riportato al paragrafo n. 2, si osserva che l'espressione "tutte le norme del decreto ... che hanno introdotto modifiche al d.lgs. n. 114/98 su commercio su aree private e su aree pubbliche non si applicano nel territorio della Regione siciliana" non appare chiarire il rapporto tra le disposizioni del decreto-legge n. 223/2006 oggetto della circolare in esame e la preesistente legislazione regionale in materia di commercio; piuttosto, andrebbe evidenziato che la Regione ha esercitato la propria competenza legislativa esclusiva in materia di commercio con varie leggi tra cui vanno menzionate quelle che rivestono carattere organico e compiuto quali la legge regionale 1 marzo 1995, n. 18 (recante "Norme riguardanti il commercio su aree pubbliche"), la legge regionale 25 marzo 1996, n. 9 (recante "Norme in materia di vendite straordinarie e di liquidazioni") e la legge regionale 22 dicembre 1999, n. 28 (recante "Riforma della disciplina del commercio"); per conseguenza, alla stregua del criterio sopra esaminato che regola il rapporto tra leggi statali e leggi regionali emanate nell'esercizio di competenza esclusiva, la legge statale sopravvenuta trova applicazione solo nell'ipotesi in cui una determinata fattispecie non sia stata specificamente regolamentata con legge regionale; per converso, le disposizioni statali non trovano applicazione nell'ordinamento regionale siciliano qualora disciplinino fattispecie già previste dalla legislazione regionale anche se quest'ultima, per ipotesi, risulti incompatibile con le disposizioni statali sopravvenute.
Anche l'espressione, contenuta nella circolare regionale in esame, "superfluo appare sottolineare come facciano parte integrante della l.r. n. 28/99 tutte le norme attuative emanate in applicazione della suddetta legge", suscita perplessità sia sotto il profilo della indeterminatezza -posto che non sono espressamente individuate le disposizioni emanate in applicazione della legge regionale n. 28/1999- sia sotto il profilo della natura delle "norme attuative" richiamate, considerato che non appare chiaro se si tratti di disposizioni di natura legislativa, o di natura regolamentare ovvero ancora di disposizioni contenute in atti amministrativi regionali (ad esempio, decreti assessoriali) nei confronti dei quali deve certamente escludersi che "facciano parte integrante della l.r. n. 28/1999".

Art, 3, comma 1, lett. a):
La disposizione in esame prevede che le attività commerciali, come individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e di somministrazione di alimenti e bevande, sono svolte senza i seguenti limiti e prescrizioni: "a) l'iscrizione a registri abilitanti ovvero possesso di requisiti professionali soggettivi per l'esercizio di attività commerciali, fatti salvi quelli riguardanti il settore alimentare e della somministrazione degli alimenti e delle bevande".
Al riguardo si fa presente che nell'ordinamento regionale i requisiti professionali per l'esercizio di una attività di commercio relativa al settore merceologico alimentare sono espressamente disciplinati dall'art. 3, comma 3, lett. a), b), e c), della legge regionale n. 28/1999; tale disposizione regionale mantiene dunque la sua efficacia, ma sembra opportuno specificare che il requisito professionale previsto dalla lett. c ("essere stato iscritto nell'ultimo quinquennio al registro esercenti il commercio di cui alla legge 11 giugno 1971, n. 426") deve ritenersi venuto meno per effetto della soppressione del registro degli esercenti il commercio, soppressione quest'ultima intervenuta a seguito della abrogazione della legge n. 426/1971 ad opera dell'art. 26 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114.
Per quanto riguarda invece il settore della somministrazione di alimenti e bevande, la legge regionale n. 18/1995, che regolamenta il settore di che trattasi, non contiene alcuna disciplina particolare in merito ai requisiti professionali; pertanto in forza del rinvio alla normativa statale contenuto nella norma di chiusura di cui all'art. 22 della predetta legge regionale n. 18/1995 ("per quanto non previsto dalla presente legge si applica la normativa statale"), nell'ordinamento regionale trova applicazione l'art. 2 della legge 25 agosto 1991, n. 287, che al primo comma subordina l'esercizio delle attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande all'iscrizione nel registro degli esercenti il commercio di cui all'art. 1 della legge n. 426/1971 (c.d. Registro degli esercenti il commercio per l'attività di somministrazione di alimenti e bevande), mentre al secondo comma, lett. c), individua i requisiti professionali.
Il Ministero dello sviluppo economico, con circolare 28 settembre 2006, n. 3603/C (citata da codesto Dipartimento nella premessa della circolare regionale in esame), ha precisato che in forza del disposto dell'art. 3, comma 1, lett. a), del decreto-legge n. 223/2006, il Registro degli esercenti il commercio per l'attività di somministrazione di alimenti e bevande "è da ritenersi soppresso", e per effetto della soppressione del predetto registro "deve ritenersi soppresso anche il requisito del superamento degli esami presso le Camere di commercio previsto dall'art. 2, comma 2, lett. c), ultimo periodo, della citata legge n. 287 del 1991, direttamente finalizzato all'iscrizione".
Tuttavia al riguardo corretta appare la diversa lettura fornita da codesto Dipartimento nella circolare regionale in esame, laddove, nel presupposto che il requisito professionale de quo (superamento degli esami presso le Camere di commercio) non sia esclusivamente finalizzato alla iscrizione nel soppresso registro, si afferma che restano "valide" (rectius:efficaci) le norme che disciplinano i requisiti professionali per l'esercizio della attività di somministrazione di alimenti e bevande; in particolare, si precisa che resta efficace nell'ordinamento regionale l'art. 2, comma 2, lett. c), della legge n. 287/1981.
Pare opportuno altresì specificare che sono da ritenersi soppressi tutti i termini e le locuzioni contenuti nella legge regionale n. 18/1995 che citano il registro degli esercenti il commercio per l'attività di somministrazione di alimenti e bevande, oggi soppresso (trattasi, ad esempio, della locuzione contenuta nell'art. 2, comma 6, della predetta l.r. n. 18/1995).

Art. 3, comma 1, lett. b):
La disposizione in esame prevede che le attività commerciali, come individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e di somministrazione di alimenti e bevande, sono svolte senza i seguenti limiti e prescrizioni: "b) il rispetto di distanze minime obbligatorie tra attività commerciali appartenenti alla medesima tipologia di esercizio".
La riportata disposizione è direttamente e immediatamente applicabile nell'ordinamento regionale considerato che la legislazione regionale non prevede al riguardo alcuna disciplina particolare.
Si condividono le osservazioni formulate da codesto Dipartimento nella circolare in esame, laddove è precisato che resta efficace la norma regionale (art. 1 l. r. 9 luglio 2004, n. 12) che prevede distanze minime obbligatorie tra gli esercizi commerciali relativi all'attività di ottico; ed infatti, l'attività di ottico (come, peraltro, quella della stampa quotidiana e periodica) costituisce attività commerciale disciplinata da leggi di settore, come tale esclusa dalla applicazione dell'art. 3 decreto-legge n. 223/2006, il cui ambito di applicazione riguarda, ai sensi del comma 1 del medesimo art. 3, solo le attività commerciali individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e di somministrazione di alimenti e bevande.

Art. 3, comma 1, lett. c):
La disposizione in esame prevede che le attività commerciali, come individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e di somministrazione di alimenti e bevande, sono svolte senza i seguenti limiti e prescrizioni: "c) le limitazioni quantitative all'assortimento merceologico offerto negli esercizi commerciali, fatta salva la distinzione tra settore alimentare e non alimentare".
La riportata disposizione è direttamente e immediatamente applicabile nell'ordinamento regionale considerato che la legislazione regionale non prevede al riguardo alcuna disciplina particolare.

Art. 3, comma 1, lett. d):
La disposizione in esame prevede che le attività commerciali, come individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e di somministrazione di alimenti e bevande, sono svolte senza i seguenti limiti e prescrizioni: "d) il rispetto di limiti riferiti a quote di mercato predefinite o calcolate sul volume delle vendite a livello territoriale sub regionale".
La riportata disposizione è direttamente e immediatamente applicabile nell'ordinamento regionale considerato che la legislazione regionale non prevede al riguardo alcuna disciplina particolare.
Ed infatti, si fa presente al riguardo che la l.r. n. 28/1999, non individua esplicitamente limiti riferiti a quote di mercato predefinite che devono essere rispettati ai fini dell'autorizzazione di nuove iniziative commerciali; tali limiti sono previsti nell'art. 7, comma 1, lett. h), del D.P.Reg. 11 luglio 2000, n. 165 ("Direttive e indirizzi di programmazione commerciale e criteri di programmazione urbanistica riferiti al settore commerciale"), il quale, se pur emanato ai sensi dell'art. 5 della medesima l.r. n. 28/1999, è formalmente un atto di natura amministrativa, come tale cedevole rispetto alla fonte normativa statale di rango primario.

Art. 3, comma 1, lett e) e lett. f):
La disposizione in esame prevede che le attività commerciali, come individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e di somministrazione di alimenti e bevande, sono svolte senza i seguenti limiti e prescrizioni: "e) la fissazione di divieti ad effettuare vendite promozionali, a meno che non siano prescritti dal diritto comunitario;
f) l'ottenimento di autorizzazioni preventive e le limitazioni di ordine temporale o quantitativo allo svolgimento di vendite promozionali di prodotti, effettuate all'interno degli esercizi commerciali, tranne che nei periodi immediatamente precedenti i saldi di fine stagione per i medesimi prodotti".
La riportata disposizione non è direttamente e immediatamente applicabile nell'ordinamento regionale considerato che la legislazione regionale prevede al riguardo una disciplina particolare contenuta nell'art. 7 della legge regionale 25 marzo 1996, n. 9.

Art. 3, comma 1, lett. f-bis:
La disposizione in esame prevede che le attività commerciali, come individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e di somministrazione di alimenti e bevande, sono svolte senza i seguenti limiti e prescrizioni: "f-bis) il divieto o l'ottenimento di autorizzazioni preventive per il consumo immediato dei prodotti di gastronomia presso l'esercizio di vicinato, utilizzando i locali e gli arredi dell'azienda con l'esclusione del servizio assistito di somministrazione e con l'osservanza delle prescrizioni igienico-sanitari".
La riportata disposizione è direttamente e immediatamente applicabile nell'ordinamento regionale considerato che la legislazione regionale non prevede al riguardo alcuna disciplina particolare.
Superflua appare la considerazione formulata da codesto Dipartimento di "prestare attenzione ad una applicazione subdola della norma in parola, in quanto ci potrebbero essere tentativi di trasformare surrettiziamente l'esercizio di vicinato in locale per la somministrazione di alimenti e bevande"; ed infatti, si osserva in proposito che appare sufficiente l'espressione contenuta nella disposizione in esame laddove si precisa "con l'esclusione del servizio assistito di somministrazione".

Art.3, comma 2:
"Sono fatte salve le disposizioni che disciplinano le vendite sottocosto e i saldi di fine stagione".
Così come espressamente previsto, restano efficaci nell'ordinamento regionale:
- in materia di vendite sottocosto, l'art. 15, comma 5, della l.r. n. 28/1999, ai sensi del quale "nella Regione siciliana trovano applicazione le disposizioni statali in materia di vendita sottocosto";
-in materia di saldi di fine stagione, la legge regionale 25 marzo 1996, n. 9, recante: "Norme in materia di vendite straordinarie e di liquidazioni".

Art. 4, commi 1 e 2:
"1. Al fine di favorire la promozione di un assetto maggiormente concorrenziale nel settore della panificazione ed assicurare una più ampia accessibilità dei consumatori ai relativi prodotti, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono abrogate la legge 31 luglio 1956, n. 1002, e la lettera b), del comma 2 dell'articolo 22 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
2. L'impianto di un nuovo panificio ed il trasferimento o la trasformazione di panifici esistenti sono soggetti a dichiarazione di inizio attività da presentare al comune competente per territorio ai sensi dell'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241. ...".
La riportata disposizione è direttamente e immediatamente applicabile nell'ordinamento regionale considerato che la legislazione regionale non prevede al riguardo alcuna disciplina particolare.
Per completezza si ricorda che nell'ordinamento regionale la comunicazione di inizio attività è disciplinata dall'art. 14, comma 2, della legge regionale 26 marzo 2002, n. 2, come introdotto dall'art. 24 della legge regionale 28 dicembre 2004, n. 17.

Infine, per quanto concerne l'art. 5, comma 1, del decreto-legge n. 223/2006 (che consente l'attività di vendita al pubblico dei farmaci da banco o di automedicazione presso gli esercizi di vicinato, le medie e le grandi strutture di vendita), nonché l'art. 11 del medesimo decreto-legge n. 223/2006 (che detta disposizioni in materia di soppressione di commissioni), si fa presente che, in assenza di specifica disciplina regionale, entrambe tali disposizioni trovano diretta e immediata applicazione nell'ordinamento della Regione.
Ai sensi dell'art. 15, comma 2, del "Regolamento del diritto di accesso ai documenti dell'Amministrazione regionale", approvato con D.P.Reg. 16 giugno 1998, n. 12, lo scrivente comunica preventivamente di acconsentire all'accesso presso codesta Amministrazione al presente parere da parte di eventuali soggetti richiedenti.
Codesta Amministrazione vorrà a sua volta comunicare, entro novanta giorni dalla ricezione, l'eventuale possibilità che il parere stesso inerisca ad una lite, ovvero se intenda differirne l'accesso fino all'adozione di eventuali provvedimenti amministrativi cui la richiesta consulenza fosse preordinata. Decorso detto termine senza che sia pervenuta alcuna comunicazione in tal senso, si procederà, giusta delibera della Giunta regionale n. 229 dell'8 luglio 1998, all'inserimento del presente parere nella banca-dati "FoNS", ed alla conseguente diffusione.


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