Pos. 4   Prot. N. /122.2007.11 



Oggetto: Rimborso spese legali amministratori e funzionari regionali. Quesiti.




Allegati n...........................

Assessorato regionale
del Turismo, delle Comunicazioni
e dei Trasporti
Dipartimento Turismo, Sport
e Spettacolo
Area IV Direzione


P A L E R M O


1. Con la nota cui si risponde codesto Dipartimento ha chiesto l'avviso dello Scrivente in ordine alle diverse problematiche, legate all'applicazione dell'art. 39 della legge regionale n. 145 del 1980, come interpretato dall'art. 24 della l.r. 23 dicembre 2000, n. 30, in materia di rimborsabilità delle spese legali sostenute in ragione di procedimenti penali, subiti da amministratori o dipendenti, legati alle Universiadi di JJJJJJJ.
In particolare si chiede di conoscere se siano accoglibili le richieste di rimborso avanzate dall'On.le KKKK e dal Dott. XXXX a seguito del procedimento penale R.G.N.R. 4207/95 e R.G.T. 1228/1996, svoltosi secondo il rito immediato e conclusosi con sentenza 30 gennaio 2002 (allegata in copia).
Con riferimento agli imputati KKKKK (all'epoca dei fatti Assessore al Turismo) e XXXXX ( all'epoca dei fatti capo di gabinetto dell'Assessore al Turismo) - la cui assistenza legale è oggetto dell'odierna questione di rimborso - il Tribunale di LLLLL pronunciava assoluzione con formula "perché i fatti non sussistono" in relazione ai reati loro ascritti alle pagg. da 3 a 7 del decreto di giudizio immediato ed ai reati di peculato, truffa e falso, e con formula "per non aver commesso il fatto" in relazione al reato di abuso di ufficio; entrambi gli imputati furono, dunque, assolti in primo grado con formule assolutorie ampiamente liberatorie di cui all'art. 530, comma 1, c.p.p.
Dalle richieste del parere di congruità per la liquidazione delle parcelle, formulate dai difensori e allegate alla odierna richiesta di parere, risulta essersi svolta anche una fase di appello dinanzi alla seconda sezione della Corte di Appello di LLLLLL (a seguito di impugnazione proposta dal P.M e dalle parti civili, tra le quali l'Amministrazione regionale); a termine della suddetta fase la Corte avrebbe reso ordinanze con le quali ha dichiarato l'inammissibilità dell'appello proposto dal P.M. (in data 17.01. 2006) e l'inammissibilità dell'appello proposto dalle parti civili, ordinando l'esecuzione della sentenza del Tribunale (in data 20. 04. 2006); tali ordinanze non sono state, tuttavia, trasmesse allo Scrivente.
A fronte della vicenda giudiziaria rappresentata codesta Amministrazione chiede di conoscere l'avviso di quest'Ufficio sull'ammissibilità del rimborso, pur nell'intervenuta costituzione di parte civile dell'Amministrazione regionale; in ordine al quantum, sulla rimborsabilità delle parcelle anche laddove vengano superati cospicuamente i minimi tariffari e utilizzati criteri di calcolo molto differenti nell'ambito dello stesso processo, dovendosi ritenere sufficiente, a tal fine, il visto di congruità del competente Consiglio dell'Ordine ovvero se vi sia necessità del parere dell'Avvocatura dello Stato, nei termini definiti dalla Cassazione con sent. n. 1418/2007; infine si chiede se possa ammettersi il rimborso nel caso in cui l'imputato si sia avvalso di più di un professionista considerata la complessità della questione.

2. Per una migliore intelligenza della questione non appare superfluo - in via preliminare - ricostruire il quadro normativo che regola la materia.
La norma regionale che disciplina la possibilità di rimborso delle spese legali è prioritariamente l'art. 39 della l.r. 29.12.1980, n. 145, che espressamente dispone: "Ai dipendenti che in conseguenza di fatti ed atti connessi all'espletamento del servizio e dei compiti d'ufficio, siano soggetti a procedimenti di responsabilità civile, penale o amministrativa, è assicurata l'assistenza legale in ogni stato e grado del giudizio, mediante rimborso, secondo le tariffe ufficiali di tutte le spese sostenute, sempre che gli interessati siano stati dichiarati esenti da responsabilità".
La norma suindicata è stata autenticamente interpretata dall'art. 24 della l.r. 23.12.2000, n. 30 che prevede:
"1. L'art. 39 della legge regionale 29 dicembre 1980, n. 145, si interpreta nel senso che la norma si applica a tutti i soggetti, ivi inclusi i pubblici amministratori, che in conseguenza di fatti ed atti connessi all'espletamento del servizio e dei compiti d'ufficio siano stati sottoposti a procedimenti di responsabilità civile, penale ed amministrativa e siano stati dichiarati esenti da responsabilità".
La ratio delle citate disposizioni sembra abbastanza chiara: il pubblico funzionario o pubblico amministratore deve essere tenuto esente dalle spese giudiziarie sostenute per azioni legali ingiuste ed infondate poste in essere nei suoi confronti in conseguenza della pubblica funzione ricoperta.
In altri termini le norme in esame costituiscono espressione di un principio generalissimo e fondamentale in base al quale l'Amministrazione interviene a contribuire alle spese di difesa dei soggetti che operano per realizzare i suoi fini, purché sussista un suo diretto interesse in proposito.
Tale diretto interesse è da ravvisare in tutti i casi in cui l'imputazione riguardi un'attività svolta in diretta connessione con i fini dell'ente e sia in definitiva imputabile all'ente stesso. È necessario, altresì, che venga accertata la totale assenza di responsabilità del dipendente o amministratore. In relazione al primo presupposto va sottolineato che la magistratura amministrativa ha precisato che è consentito all'Amministrazione di intervenire a difesa del proprio dipendente o amministratore quando sussista un suo diretto interesse in proposito, cioè tutte le volte in cui l'imputazione riguardi un'attività svolta in diretta connessione con i fini dell'Ente e sia in definitiva imputabile all'Ente stesso ( C.S. sez V, 22 dicembre 1993, n.1392 in Consiglio di Stato, 1993, I, 1631; C.S.. Comm. spec., 6 maggio 1996, n. 4, id., 1996, II, 960; C.S., sez.V, 14 aprile 2000, n. 2242, id., 2000, I, 968).
Il sopracitato orientamento, confermato dalla magistratura contabile (C.d.C., sez. Reg. Puglia, 17 dicembre 1993, n. 95) ha, altresì, ribadito, per quanto attiene al secondo dei due presupposti - totale assenza di responsabilità - la necessità che "l'imputato sia prosciolto con la formula più liberatoria" e, cioè, con quelle di cui all'art. 530, co. 1° c.p.p.
Per comprendere quanto si dirà in seguito si ritiene opportuno richiamare anche la corrispondente disciplina dettata specificatamente per gli Enti locali, contenuta nella disposizione di cui all'art. 67 del D.P.r. 13 maggio 1987, n. 268, ai sensi del quale l'ente locale, nel caso in cui "si verifichi l'apertura di un procedimento di responsabilta' civile o penale nei confronti di un suo dipendente per fatti o atti direttamente connessi con l'espletamento del servizio e all'adempimento dei compiti d'ufficio, assumera' a proprio carico, a condizione che non sussista conflitto di interessi, ogni onere di difesa sin dall'apertura del procedimento, facendo assistere il dipendente da un legale di comune gradimento".

3. Ai fini della soluzione delle questioni prospettate da codesto Dipartimento si osserva quanto segue.
3.1. In ordine al primo dei quesiti posti, occorre verificare la sussistenza del presupposto del diretto interesse dell'Amministrazione all'esonero di responsabilità degli imputati nel procedimento penale in cui l'Amministrazione si è costituita parte civile.
Per quanto concerne il diretto interesse dell'Amministrazione all'esonero di responsabilità degli imputati e l'eventuale individuazione di una situazione di conflitto di interessi, si ribadisce quanto già affermato da questo Ufficio nel parere 93.11.05 (richiamato da codesta Amministrazione). Si dava conto in detto parere di un recente orientamento giurisprudenziale in base al quale la circostanza che l'Amministrazione si sia costituita parte civile nel procedimento penale costituirebbe un indice rivelatore della situazione di conflitto e, dunque, della non riferibilità alla stessa delle attività poste in essere dagli imputati. Ed invero, secondo la Cassazione (cfr. sentenza 17.9.2002, n.13624) non può essere riconosciuto il diritto al rimborso delle spese legali sostenute allorquando, per fatti non riferibili alla tutela dei diritti e degli interessi dell'Amministrazione, quest'ultima si sia costituita parte civile nei confronti del dipendente, indipendentemente da ogni valutazione attinente l'esito del procedimento penale, essendo del tutto evidente, in tale ipotesi, il conflitto di interesse.
Tale orientamento è stato, peraltro, ancor più recentemente ribadito dalla giurisprudenza amministrativa con la decisione n. 5986 del 12 ottobre scorso della quinta sezione del Consiglio di Stato.
Come detto nel succitato parere va, tuttavia, precisato che il menzionato orientamento giurisprudenziale si riferisce a fattispecie differenti da quella in esame, disciplinate da norme che prevedono l'assunzione degli oneri difensivi da parte dell'Amministrazione di appartenenza mediante il conferimento dell'incarico di difesa del dipendente ad un legale di comune gradimento e, dunque, nella fase dell'apertura del procedimento alla quale occorre, pertanto, riferirsi per la verifica della sussistenza dei previsti presupposti (cfr. art 67 d.p.r. 13.05.1987, n. 268, cit., art. 41 d.p.r. 20.05.1987, n.270).
La normativa regionale applicabile alla fattispecie in esame prevede, invece, la modalità del rimborso che "deve essere consentita qualora, per effetto dell'assoluzione penale, l'esistenza di un conflitto di interessi sia da escludere" (cfr. Corte dei Conti, sez. riunite, 1 giugno 1986, n.501/A) e non vi è dubbio, dal tenore della formula assolutoria adottata e dall'esame delle motivazioni della sentenza di primo grado (cfr. Cass. Pen. sez. V, 31.5.1990, n.7961) che ogni situazione di conflitto sia da escludere. Ai due richiedenti il rimborso, qualificabili come amministratore (l'KKKKK) e dipendente (il XXXXXX), è, dunque, applicabile la norma di cui all'art. 24 della l.r.30/2000 che prevede la possibilità di rimborso per tutti indistintamente i soggetti "in conseguenza di fatti ed atti connessi all'espletamento del servizio" e previa verifica da parte di codesto Dipartimento dell'avvenuto passaggio in giudicato della sentenza d'appello (non conosciuta dallo Scrivente).
3.2. Per quanto attiene al secondo dei quesiti posti, circa l'attestazione di congruità della parcella unicamente da parte del Consiglio dell'Ordine competente ovvero circa la necessità di un parere sul quantum espresso dall'Avvocatura dello Stato, si osserva quanto segue.
LaCorte di Cassazione, Sezione lavoro, nella sentenza 23 gennaio 2007, n. 1418 ha deciso che il rimborso delle spese legali, sostenute nei giudizi intrapresi nei confronti dei dipendenti delle Amministrazioni statali per responsabilità civili, penali ed amministrative, in conseguenza di fatti ed atti connessi con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali e conclusisi con sentenza che escluda la loro responsabilità, deve essere effettuato, ai sensi dell'art. 18 del d.l. n. 67 del 1997, convertito in legge n. 135/97, nei limiti riconosciuti congrui dall'Avvocatura dello Stato.
In pratica, per la Suprema Corte, il dipendente, ingiustamente accusato, ha diritto al rimborso da parte della Amministrazione di appartenenza delle spese sopportate per la sua difesa," ma entro il limite di quanto strettamente necessario (trattandosi di erogazioni che gravano sulla finanza pubblica e devono quindi essere contenute al massimo) secondo il parere di un organo tecnico altamente qualificato per valutare sia le necessità difensive del funzionario, in relazione alle accuse che gli vengono mosse ed ai rischi del giudizio penale, sia la conformità della parcella presentata dal difensore alla tariffa professionale"
La Corte ha ritenuto, pertanto, "fuor di luogo il richiamo al parere di congruità espresso dal Consiglio dell'ordine su richiesta dell'avvocato che intenda agire nei confronti del cliente per il recupero delle sue spettanza, sia perché quel parere non é obbligatorio, come nella specie, ma necessario, sia perché la valutazione dell'Avvocatura riguarda non solo la conformità della parcella alla tariffa forense (oltre la quale il rimborso sarebbe illegittimo), ma il rapporto fra l'importanza e delicatezza della causa e le somme spese per la difesa e delle quali si chiede il rimborso".
Anche con riferimento a tale quesito deve, tuttavia, evidenziarsi che tale orientamento giurisprudenziale è esplicitamente riferito ai dipendenti delle Amministrazioni statali, per i quali la norma di cui all'art. 18 del d.l. n. 67 del 1997, convertito in legge n. 135/97, prevede espressamente che il rimborso delle spese legali possa essere effettuato "nei limiti riconosciuti congrui dall'Avvocatura dello Stato". La previsione legislativa, infatti, è tale da giustificare pienamente la suddetta interpretazione, contrariamente a quanto previsto dalla normativa regionale citata, secondo cui "...è assicurata l'assistenza legale in ogni stato e grado del giudizio, mediante rimborso, secondo le tariffe ufficiali di tutte le spese sostenute..."; una previsione normativa di così ampia portata non consente quell'interpretazione restrittiva che vincola il rimborso alle valutazioni dell'Avvocatura, consentendo, al contrario, di ritenere sufficiente la vidimazione della parcella da parte del Consiglio dell'Ordine competente, il quale si limiterà a controllare soltanto la conformità alla tariffa professionale, tra i minimi e i massimi (oltre i quali ultimi il rimborso sarebbe illegittimo), essendo assolutamente irrilevante l'ammontare complessivo della spesa. Solo un intervento modificativo della norma regionale consentirebbe una diversa interpretazione circa la necessità del parere dell'Avvocatura dello Stato o, comunque, circa la possibilità di prevedere dei limiti in ordine al quantum rimborsabile, al fine di contenere al massimo erogazioni che gravano sulla finanza regionale.
3.3. Infine, circa l'ammissibilità del rimborso laddove l'imputato si sia avvalso di più di un professionista, considerata la complessità della questione, si richiama la pronuncia 27 marzo 2002, n. 1291 del T.A.R. Lombardia - Milano, sez. I, secondo cui "l'ammontare del rimborso delle spese di giudizio sostenute dal dipendente pubblico sottoposto a procedimento penale deve sempre essere limitato alle spese legali ammesse dalla legge; pertanto, consentendo l'art. 96, comma 1, c.p.p. all'imputato di affidare la difesa a non più di due difensori, l'onere relativo non può che essere contenuto entro tale limite ...."; lo stesso limite deve, necessariamente, ritenersi applicabile anche alle ipotesi di rimborso spese legali disciplinate dalla normativa regionale.
Nelle superiori considerazioni è l'avviso dello Scrivente.
* * * *
Si ricorda che, in conformità alla circolare presidenziale 8 settembre 1988, n.16586/66.98.12, trascorsi 90 giorni dalla data di ricevimento del presente parere senza che codesta Amministrazione ne comunichi la riservatezza, lo stesso potrà essere inserito nella banca dati "FONS".


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