POS. II Prot._______________/124.11.2007

OGGETTO: Professioni ed arti - Professioni turistiche - Disciplina delle attività di guida e di accompagnatore - D.L. n.7/2007 (c.d. Decreto Bersani) - Applicabilità.





ASSESSORATO REGIONALE DEL TURISMO, DELLE COMUNICAZIONI E DEI TRASPORTI
Dipartimento Turismo

PALERMO






1. Con nota prot. n.710 del 31 maggio 2007 codesto Dipartimento ha chiesto allo Scrivente se la disposizione di cui all'art.10, comma 4, del D.L. 31 gennaio 2007, n.7,convertito nella L. 2 aprile 2007, n.40, che contiene misure per la liberalizzazione delle attività di guida turistica e di accompagnatore turistico, "quale riforma economico-sociale, trovi immediata e diretta applicazione o debba essere recepita da questa Regione siciliana con una propria legge", ricordando peraltro la necessità, a breve, di recepire le direttive 2005/36/CE e 2006/123/CE.
Codesto Dipartimento rappresenta che, sulla scorta di quanto affermato da questo Ufficio nel parere prot. n.3270/21.07.11 del 22 febbraio 2007 con riferimento alla materia del commercio, di competenza esclusiva della Regione siciliana al pari del turismo, la predetta disposizione non dovrebbe trovare immediata e diretta applicazione in ambito regionale, considerato che le due professioni riguardate dalla norma sono state disciplinate con la L.r. 3 maggio 2004, n.8.
Tuttavia, ritenendo che la Regione debba comunque adeguare la propria normativa a quella statale, codesto Dipartimento ha proceduto ad un attento esame della L.r. n.8/2004 cit. rilevando le seguenti discrasie rispetto alla nuova disciplina statale:
- l'art. 2, l.r. n.8/2004 cit. prevede come modalità di accesso alla professione di guida turistica il superamento di un esame riservato a coloro i quali sono in possesso di un diploma di laurea in discipline afferenti alle materie turistiche, umanistiche e storico-artistiche; l'art.10, comma 4, D.L. n.7/2007 dispone che ai soggetti titolari di laurea in lettere con indirizzo in storia dell'arte o in archeologia o titolo equipollente, l'esercizio dell'attività di guida turistica non può essere negato, nè subordinato allo svolgimento dell'esame abilitante o di altre prove selettive, salva la previa verifica delle conoscenze linguistiche e del territorio di riferimento, mentre, sottolinea codesto Dipartimento, "nulla dice per i laureati in altre discipline nè di altre modalità per conseguire l'abilitazione in questione";
- l'art.3, l.r. cit., per l'accesso all'attività di accompagnatore turistico, prevede la frequenza di appositi corsi riservati a coloro che siano in possesso del diploma di scuola media superiore; la nuova norma statale, evidenzia codesta Amministrazione, disporrebbe che "l'accesso a tale professione si può ottenere con il solo possesso di laurea o diploma universitario in materie turistiche e la verifica delle conoscenze specifiche del settore qualora non siano state oggetto del corso di studi effettuato, mentre nulla dice, anche qui, di altre modalità di accesso a tale professione";
-la legge regionale prevede l'obbligo di residenza o di elezione di domicilio nel territorio della Regione ai fini dell'iscrizione agli albi (art.13, l.r. ult. cit.), mentre la norma statale in esame dispone che "Le attività di guida turistica e accompagnatore turistico, come disciplinate dall'articolo 7 della legge 29 marzo 2001, n. 135, e successive modificazioni, non possono essere subordinate all'obbligo di autorizzazioni preventive, al rispetto di parametri numerici e a requisiti di residenza";
- che la legge regionale dispone, in ossequio agli articoli 49 e 50 del Trattato istitutivo della Comunità europea, che le disposizioni della stessa non si applicano, fermo restando quanto previsto all'articolo 1, commi 2 e 3, ai cittadini di Stati membri dell'Unione europea, diversi dall'Italia, che esercitano, in regime di libera prestazione di servizi, le professioni turistiche disciplinate dalla presente legge (art.8, l.r. cit.).
Quest'ultima previsione, comunque, a parere di codesta Amministrazione, pur contrastante con l'art.10, comma 4, ultimo periodo del D.L. n.7/2004 -per il quale "I soggetti abilitati allo svolgimento dell'attività di guida turistica nell'ambito dell'ordinamento giuridico del Paese comunitario di appartenenza operano in regime di libera prestazione dei servizi senza necessità di alcuna autorizzazione, nè abilitazione, sia essa generale o specifica"- si allineerebbe all'art.5, della direttiva n.2005/36/CE.
Codesto Dipartimento ha chiesto, infine, chiarimenti in ordine alla "verifica" delle conoscenze prevista dall'art.10, comma 4, D.L. n.7/2006 e, in particolare, "se debba consistere in un esame"o, come codesta Amministrazione ritiene,"in un semplice controllo amministrativo e, pertanto, solo documentale".


2. Sulla questione suesposta si osserva quanto segue.
L'art.10, D.L. 31 gennaio 2007, n.7, -recante "Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche, la nascita di nuove imprese, la valorizzazione dell'istruzione tecnico-professionale e la rottamazione di autoveicoli." (in seguito: decreto Bersani) e convertito con modificazioni nella L. 2 aprile 2007, n.40- dispone una serie di "Misure urgenti per la liberalizzazione di alcune attività economiche" e, al quarto comma, prevede che:
"Le attività di guida turistica e accompagnatore turistico, come disciplinate dall'articolo 7 della legge 29 marzo 2001, n. 135, e successive modificazioni, non possono essere subordinate all'obbligo di autorizzazioni preventive, al rispetto di parametri numerici e a requisiti di residenza, fermo restando il possesso dei requisiti di qualificazione professionale previsti dalle normative regionali. Ai soggetti titolari di laurea in lettere con indirizzo in storia dell'arte o in archeologia o titolo equipollente, l'esercizio dell'attività di guida turistica non può essere negato, nè subordinato allo svolgimento dell'esame abilitante o di altre prove selettive, salva la previa verifica delle conoscenze linguistiche e del territorio di riferimento. Al fine di migliorare la qualità dell'offerta del servizio in relazione a specifici territori o contesti tematici, le regioni promuovono sistemi di accreditamento, non vincolanti, per le guide turistiche specializzate in particolari siti, località e settori. Ai soggetti titolari di laurea o diploma universitario in materia turistica o titolo equipollente non può essere negato l'esercizio dell'attività di accompagnatore turistico, fatta salva la previa verifica delle conoscenze specifiche quando non siano state oggetto del corso di studi. I soggetti abilitati allo svolgimento dell'attività di guida turistica nell'ambito dell'ordinamento giuridico del Paese comunitario di appartenenza operano in regime di libera prestazione dei servizi senza necessità di alcuna autorizzazione, nè abilitazione, sia essa generale o specifica.".
Ai commi 6 e 7, la norma dispone, rispettivamente che:
"6. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le disposizioni legislative e regolamentari statali incompatibili con le disposizioni di cui ai commi da 2 a 5."
e che:
"7. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto le regioni, le province ed i comuni adeguano le disposizioni normative e regolamentari ai principi di cui ai commi da 2 a 5.".

Infine, il quadro normativo va completato ricordando che l'art.13, comma 8 vicies, D.L. cit. dispone che:
"8-vicies. Le disposizioni del presente decreto sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alle disposizioni del titolo V della parte seconda della Costituzione per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite".


3. L'analisi della problematica suesposta non può prescindere da una serie di considerazioni di carattere generale in ordine alla portata della citata disposizione del decreto Bersani.
Infatti, per inquadrare correttamente la norma, è necessario partire dall'esame del nuovo Titolo V della Costituzione e, segnatamente, dell'art.117, terzo comma, Cost. che ne è, come verrà di seguito chiarito, il parametro costituzionale.

Il legislatore costituzionale del 2001 ha, infatti, inserito nell'elenco delle materie di competenza concorrente delle Regioni, di cui all'art.117, comma 3, Cost., l'ambito relativo alle "professioni".
Si tratta di una "nuova" materia che non era annoverata nel "vecchio" riparto delle funzioni normative fra Stato e Regioni (dunque, nell'elenco delle materie rimesse alla potestà concorrente delle Regioni) e nemmeno negli statuti speciali, tendenzialmente speculari all'impostazione costituzionale nell'individuare le materie alle quali estendere la potestà legislativa regionale.

La Corte costituzionale, nell'ultimo triennio, ha avuto modo di occuparsi della materia "professioni" in diverse occasioni e dalle pronunce della stessa è possibile ricavare alcuni punti fermi in ordine alla delineazione dei confini della materia: a) verso l'esterno, in quanto la Corte ha contribuito a distinguerla da altre materie ad essa contigue e b) al suo interno, dato che i giudici costituzionali hanno delimitato i diversi ambiti di disciplina riservati alla rispettiva competenza statale e regionale.

a) Sotto il primo profilo, la Corte ha cercato di eludere il rischio che la materia delle "professioni" rimanesse un guscio vuoto privo di qualsivoglia contenuto.
E' di tutta evidenza, infatti, che tutte le attività professionali presentano un collegamento più o meno stretto con altri valori e interessi costituzionalmente rilevanti che, prima facie, ne potrebbero determinare la riconducibilità all'interno di altre materie e sotto altri parametri costituzionali, di volta in volta ritenuti pertinenti.
Basti pensare, al riguardo, in via meramente esemplificativa, alla professioni sanitarie che potrebbero essere ascritte all'ambito materiale della "tutela della salute".
La Corte costituzionale, al riguardo, è stata invece ferma nel ritenere che nella materia delle "professioni" confluisca ogni possibile figura professionale, risultando così ininfluente la caratterizzazione della professione rispetto ad altre materie (cfr. Corte cost., sentenza n.40/2006, p. 2.2, del considerato in diritto; v., anche, sentenze nn.424 e 355 del 2005).

Peraltro, nell'iter argomentativo seguito dalla Corte manca un qualsiasi accenno alla distinzione, che pur si deve ritenere di assoluto rilievo nel nostro ordinamento, tra professioni c.d. protette o regolamentate, fra le quali sono ricomprese anche le "professioni intellettuali" (che, essendo direttamente connesse ad un interesse costituzionalmente rilevante, sono peraltro soggette alla riserva di legge statale di cui all'art.33, comma 5, Cost.) e professioni c.d. riconosciute da disposizioni di legge (per le quali, pur essendo esplicitamente delineato uno status professionale, difetta sotto il profilo dell'organizzazione l'esercizio autarchico di una funzione statale, ossia la costituzione di ordini e/o collegi professionali).

Pertanto, ad oggi, qualunque sia il tipo e la natura dell'attività che lo svolgimento di una determinata professione comporta, la relativa disciplina appartiene all'ambito delle "professioni".

La ricognizione effettuata consente già di fissare un primo punto: in presenza della materia concorrente delle professioni, ed in base alla configurazione che ne è stata data dalla Corte costituzionale, il settore disciplinare delle professioni turistiche si stacca dalla materia turismo e rimane attratto nella "nuova" materia delle professioni, di competenza concorrente Stato-Regioni ex art.117, terzo comma, Cost.

Quanto detto va affermato anche con specifico riferimento alla Regione siciliana, dal momento che la materia "professioni" non è ricompresa nell'elenco di cui all'art.14 dello statuto.
Invero, com'è noto, alle Regioni a statuto speciale non si applica il novellato art.117, Cost. e le sfere di competenza delle stesse restano regolate dai rispettivi statuti speciali, nonchè dalle relative norme di attuazione (v., da ultimo, Corte cost., sentenza n.51/2006: "il riparto delle competenze legislative individuato nell'art. 117 della Costituzione deve essere riferito ai soli rapporti tra lo Stato e le Regioni ad autonomia ordinaria, salva l'applicazione dell'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, peraltro possibile solo per le parti in cui le Regioni ad autonomia ordinaria disponessero, sulla base del nuovo Titolo V, di maggiori poteri rispetto alle Regioni ad autonomia speciale.").
Tuttavia, nel silenzio degli statuti speciali, e tenendo conto che l'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 impone di riconoscere alle Regioni speciali ogni forma di maggiore autonomia che il nuovo Titolo V attribuisca alle Regioni ordinarie, deve ritenersi che l'art.117, comma 3, Cost., nella parte in cui estende la potestà legislativa concorrente Stato-Regioni anche alla materia delle professioni, si applica anche alle Regioni a statuto speciale (il principio è affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n.238/2004, seppure con riferimento ad un ambito normativo diverso).

Pertanto, la problematica che ci occupa deve essere risolta alla stregua dei principi affermati dalla Corte in materia di professioni, che verranno qui di seguito esaminati.

b) La Corte costituzionale, infatti, utilizzando quale parametro di giudizio proprio l'art.117, comma 3, Cost. nella parte relativa alle professioni, ha altresì contribuito a delineare i principi fondamentali della relativa disciplina, come tali riservati alla determinazione della legge statale e preclusivi di qualsivoglia intervento regionale.
La Corte, -ribadendo il proprio (risalente) orientamento in virtù del quale, in attesa dell'emanazione delle leggi-cornice, i principi fondamentali nelle materie di competenza concorrente debbono desumersi dalla legislazione statale vigente-, ha affermato che "la potestà legislativa regionale nella materia concorrente delle professioni deve rispettare il principio secondo cui l'individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e i titoli abilitanti, è riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato, rientrando nella competenza delle Regioni la disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale" e sancito che "Tale principio, al di là della particolare attuazione ad opera di singoli precetti normativi, si configura ... quale limite di ordine generale, invalicabile dalla legge regionale" (v., Corte cost. n.353/2003, che è la prima pronuncia con la quale la Corte è intervenuta in materia; i predetti principi hanno poi ricevuto conferma nelle successive sentenze n.355/2005, n.424/2005 e n.40/2006, con le quali la Corte si è avviata sulla strada della formazione di un orientamento consolidato; cfr., in particolare, sentenza n.153/2006, p. 2.2, del considerato in diritto, da cui sono tratte le citazioni).
Il predetto quadro giurisprudenziale è stato, per così dire, avallato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n.30, recante "Ricognizione dei principi fondamentali in materia di professioni, ai sensi dell'articolo 1 della L. 5 giugno 2003, n.131", il cui campo di applicazione è quello delle professioni (anche qui) genericamente intese.
Dalla lettura del predetto testo normativo, integrato dalla configurazione della materia fin qui operata dalla Corte costituzionale nelle pronunce che l'hanno preceduto e seguito, si possono, in estrema sintesi, ricavare i seguenti assunti:
- l'individuazione e la definizione delle professioni sono principi fondamentali della materia "professioni", senza distinzione interna tra tipi di professioni e sono principi fondamentali trasversali a tutte le materie, fondandosi sull'esigenza di una necessaria unitarietà della disciplina;
- rimane pertanto preclusa alle Regioni l'individuazione di una professione non prevista a livello statale e la disciplina del profilo e dell'ordinamento didattico di una professione non prevista a livello statale;
- la configurazione degli Ordini e dei Collegi (enti pubblici nazionali) come custodi della professione e l'istituzione degli Albi, con funzione di certezza legale o con funzione di tutela del pubblico affidamento, sono riservati allo Stato;
- "esula, pertanto, dai limiti della competenza legislativa concorrente delle regioni in materia di professioni l'istituzione di nuovi e diversi albi (rispetto a quelli istituiti dalle leggi statali) per l'esercizio di attività professionali, avendo tali albi una funzione individuatrice delle professioni preclusa in quanto tale alla competenza regionale." (così, Corte cost. n.355/2005), nonchè l'istituzione di Ordini e Collegi (v., sul punto, A.M.Poggi, in Le Regioni, n.2/2006).

Alla luce di quanto esposto, sul primo e più generale quesito posto da codesto Dipartimento, si può concludere come segue.
Con l'art.10, comma 4, del decreto Bersani, invero, il legislatore statale è intervenuto a modificare i principi fondamentali, di competenza statale ex art.117, comma 3, Cost., che devono regolare le attività di guida turistica e di accompagnatore turistico e che si pongono come un limite alla potestà normativa (anche) della Regione siciliana con la conseguenza che il legislatore regionale dovrà conformarsi a quest'ultima e modificare la disciplina regionale limitatamente alle parti in contrasto con la medesima.
Va premesso, in via generale, che la norma statale fissa il principio per cui le attività in oggetto non possono essere sottoposte "all'obbligo di autorizzazioni preventive, al rispetto di parametri numerici e a requisiti di residenza, fermo restando il possesso dei requisiti di qualificazione professionale previsti dalle normative regionali".
Non è, pertanto, ammesso alcun contingentamento dei professionisti poiché essi devono essere iscritti ad albi ed elenchi a numero aperto e l'esame di abilitazione non è più un concorso, ovvero una prova selettiva per dare una posto di lavoro ai migliori candidati, bensì un accertamento delle conoscenze possedute e delle capacità professionali.


4. Occorre, a questo punto, esaminare i contrasti tra la disciplina regionale e la norma statale che codesto Dipartimento ha specificamente già individuato nella nota cui si risponde.

La legge regionale 3 maggio 2004, n.8 ha provveduto a definire e disciplinare quattro distinte figure professionali turistiche: due sono di taglio più tradizionale, la guida turistica e l'accompagnatore turistico, altre due, la guida ambientale-escursionistica e la guida subacquea, sono state introdotte dalla legge regionale.

Certamente la legge regionale che, emanata successivamente alla riforma del titolo V della Costituzione, originariamente rispettava i principi fondamentali che potevano desumersi dalla normativa statale già esistente in materia, avendo un impianto non dissimile nel suo insieme, presenta adesso le seguenti discrasie con il nuovo intervento statale:

I) Gli artt. 1 ("Definizione della professione di guida turistica") e 2 ("Albo professionale delle guide turistiche della regione siciliana")si occupano della figura della guida turistica.
Il legislatore, dopo avere dato la definizione, appunto, della professione di guida turistica (v. primo comma), centra la sua attenzione sulla professionalità della guida, intesa sia come particolare e approfondita conoscenza della materia, sia come esercizio di attività specialistica.
E', innanzitutto, richiesto il possesso di specifica preparazione professionale, accertata nei modi previsti dalla legge.
La normativa subordina, infatti, il conseguimento dell'abilitazione al superamento di un esame riservato a coloro i quali siano in possesso di un diploma di laurea in discipline afferenti alle materie turistiche, umanistiche e storico-artistiche (v. art.2, secondo comma).
La legge prescrive, ancora, che l'esame di abilitazione dovrà verificare la conoscenza di almeno una lingua straniera (art.2, comma 4).
Il conseguimento dell'abilitazione autorizza l'espletamento delle ulteriori formalità che consentono l'esercizio dell'attività e che consistono nell'iscrizione all'albo professionale delle guide turistiche della Regione siciliana e nel rilascio del tesserino di riconoscimento (art.9).
L'abilitazione, infatti, costituisce il requisito per l'iscrizione all'albo professionale, e ciò proprio in relazione a quanto è detto nell'ultimo comma dell'art.1 della legge stessa e cioè che "La professione di guida turistica può essere esercitata stabilmente nel territorio della Regione unicamente da coloro i quali siano iscritti in una delle sezioni dell'albo regionale di cui all'art.2".

Se questo è l'impianto regionale, va osservato che la norma statale viene ad incidere nella misura in cui dà diritto ad una specifica categoria di soggetti, quella dei laureati in lettere con indirizzo in storia dell'arte o in archeologia o titolo equipollente di accedere ipso iure all'attività di guida senza che sia necessario il superamento di un esame abilitante.
La norma non intende restringere l'accesso soltanto alla categoria indicata.
La sua ratio è diversa: il legislatore statale ha valutato il possesso di certi specifici titoli di studio come di per sé sufficiente a dimostrare il possesso delle conoscenze specialistiche richieste dalla professione, per cui ha ritenuto ultroneo l'esame abilitante.
Tant'è vero che, per la predetta categoria di soggetti, il legislatore statale prescrive soltanto la previa verifica delle conoscenze linguistiche (che nel piano di studi universitari potrebbero non essere ricomprese) e del territorio di riferimento che, per la sua specificità, necessita di accertamento.
Ne deriva che, pur potendo la disciplina regionale continuare a prevedere un sistema accertativo del possesso delle conoscenze, essendo l'esame di abilitazione tuttora vigente per chi non sia in possesso delle lauree sopra citate, non deve più sottoporre all'esame abilitante i soggetti individuati dalla norma statale per i quali il possesso di quei titoli di studio è, come detto, ritenuto sufficiente a dimostrare il possesso delle conoscenze specialistiche necessarie all'esercizio dell'attività.

Si ritiene in proposito che la norma statale, con il termine "verifica", abbia inteso indicare la necessità di un previo accertamento, le cui modalità dovranno essere stabilite in via generale, ben potendosi, in presenza di adeguate certificazioni (es. avere sostenuto l'esame universitario nella lingua richiesta ecc.), ritenerle sufficienti e riservare la verifica attraverso un esame soltanto ai soggetti che ne siano privi.
Vertendo il quesito in esame sulla interpretazione di una norma statale che richiede uniforme applicazione sull'intero territorio nazionale, valuterà codesta Amministrazione l'opportunità di acquisire, sulla questione sottoposta e qualora ciò sia ritenuto necessario, l'avviso dei competenti organi centrali statali.

II) Stesse considerazioni valgono per l'attività di accompagnatore turistico.
Nella legge regionale, l'impianto normativo, le caratteristiche e le forme di espletamento dell'attività seguono la ratio e l'impostazione della precedente figura: il conseguimento della necessaria abilitazione e l'iscrizione nell'apposito albo regionale (v. art.4, comma 2), il rilascio del tesserino (art.9).
In particolare, l'abilitazione si consegue con la frequenza di appositi corsi della durata non inferiore alle 300 ore, riservati a coloro i quali siano in possesso di diploma di scuola media superiore, e con il superamento del relativo esame.
Dalla norma statale non deriva che l'accesso debba essere riservato soltanto ai soggetti in possesso della laurea o del diploma universitario in materia turistica o titolo equipollente ma, piuttosto, che questi soggetti non devono essere sottoposti ad esame di abilitazione perchè le conoscenze che si dovrebbero verificare con quell'esame sono già sufficientemente dimostrate dal possesso di quei titoli di studio, ove ricomprese nel corso di studi.
Anche qui, in relazione alla ratio della norma, il legislatore richiede soltanto la verifica delle conoscenze specifiche "quando non siano state oggetto del corso di studi".
In ordine alle modalità della verifica, vale quanto sopra detto e cioè che la normativa regionale potrà prevedere le modalità di accertamento che riterrà più idonee, potendo essere sufficiente che le conoscenze richieste siano dimostrate dall'eventuale possesso di altri e diversi titoli di studio, ritenuti idonei ad attestarle.

III) La legge regionale richiede, quale requisito di iscrizione agli albi, l'obbligo di risiedere o eleggere domicilio nel territorio della Regione (art.13). Anche in questo caso, occorre conformare la disciplina regionale al nuovo principio fissato dal Decreto Bersani sulla non sottoponibilità delle attività in oggetto "all'obbligo di autorizzazioni preventive, al rispetto di parametri numerici e a requisiti di residenza, fermo restando il possesso dei requisiti di qualificazione professionale previsti dalle normative regionali".
Non è, come detto, ammesso alcun contingentamento dei professionisti poiché essi devono essere iscritti ad albi ed elenchi a numero aperto e l'esame di abilitazione non è più un concorso, ovvero una prova selettiva per dare una posto di lavoro ai migliori candidati, bensì un accertamento delle conoscenze possedute e delle capacità professionali; nè può essere ammesso un obbligo di residenza o di elezione di domicilio.


5. L'ultimo quesito che rimane da esaminare è quello relativo ai rapporti ed agli eventuali contrasti tra l'art.8, primo comma, l.r. cit. e l'art.10, comma 4, ultimo capoverso, D.L. cit., anche alla luce della normativa comunitaria in materia.

Partendo proprio da quest'ultima, occorre premettere alcune considerazioni di ordine generale.
La materia del turismo non venne inserita tra quelle richiamate dal Trattato istitutivo come settore su cui instaurare una politica comune (solo con il Trattato di Maastricht viene previsto all'art.3, lett. t che la Comunità possa adottare "misure in materia di energia, protezione civile e turismo").
Non è, pertanto, intervenuta una regolamentazione generale di settore a livello comunitario. Alcuni interventi hanno tuttavia interessato specifici aspetti della materia.
In particolare, la regolamentazione comunitaria si è concentrata sulla disciplina delle professioni turistiche, essenziale nella prospettiva di affermare i principi di libera circolazione delle persone e dei servizi e di realizzare una garanzia del consumatore-utente di servizi turistici.
Il Trattato, accanto alla libera circolazione dei lavoratori subordinati, garantisce due libertà strettamente affini tra di loro: il diritto di stabilimento e la libera prestazione dei servizi.
Il diritto di stabilimento riguarda la possibilità di esercitare stabilmente in un altro Stato un'attività non salariata (ad esempio il commercialista inglese che intende esercitare la sua professione in Italia in via continuativa); la libera prestazione di servizi concerne, invece, la possibilità di prestare la propria attività in uno Stato diverso da quello di appartenenza, alle stesse condizioni dei professionisti residenti, ma senza un insediamento permanente.

Al riguardo, si sono succedute più direttive della Comunità che hanno avuto lo scopo di rendere effettiva la libera circolazione dei lavoratori, eliminando gli ostacoli al mercato interno dei servizi.
Già nella direttiva 75/368/CEE del 16 giugno 1975 venivano stabilite misure destinate a favorire l'esercizio effettivo della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi per quanto riguarda varie attività, tra cui quella di "guida accompagnatrice" e di "interprete turistico".

La direttiva venne abrogata dalla direttiva 7 giugno 1999, n.1999/42/CE che è stata recepita nel nostro ordinamento con il D.Lgs. 20 settembre 2002, n.229 (recante "Attuazione alla direttiva 1999/42/CE che ha istituito un meccanismo di riconoscimento delle qualifiche per le attività professionali disciplinate dalle direttive di liberalizzazione e dalle direttive recanti misure transitorie e che completa il sistema generale di riconoscimento delle qualifiche"), che detta disposizioni per l'esercizio effettivo del diritto di stabilimento o di libera prestazione di servizi di categorie professionali già oggetto di disciplina comunitaria, elencate all'allegato A. Tra i servizi alla persona vengono incluse le professioni di "guide accompagnatrici ed interpreti turistici".

Va altresì ricordato, in materia, che con il D.P.R. 13 dicembre 1995, a seguito della sentenza della Corte di Giustizia, C-180/89 del 26 febbraio 1991, è stato introdotto il principio per cui la prestazione di servizi di guida turistica che accompagna in Italia un gruppo di turisti provenienti da altro Stato "non può essere subordinata al possesso di una licenza rilasciata dopo l'acquisizione di una determinata qualifica comprovata mediante il superamento di un esame".

Negli anni risultò evidente, a livello comunitario, che la concreta attuazione del diritto di stabilimento e della libera circolazione dei servizi incontrava diversi ostacoli legati, soprattutto, alla necessità di procedere attraverso un meccanismo di mutuo riconoscimento, tra gli Stati membri, delle qualifiche professionali eventualmente richieste per l'esercizio di una determinata attività.

Conscia di questa grossa barriera, la Comunità ha di recente varato due nuove direttive: la direttiva 7 settembre 2005, n.2005/36/CE (che ha abrogato la direttiva n.1999/42/CE cit. con la decorrenza di cui all'art.62 (e cioè a decorrere dal 20 ottobre 2007) e la direttiva 12 dicembre 2006, n.2006/123/CE (termine di recepimento: 28 dicembre 2009).

Ciò detto, pare allo Scrivente che la problematica debba essere oggi affrontata in relazione al quadro normativo vigente. Si rimane, tuttavia, a disposizione di codesta Amministrazione per eventuali specifici quesiti che si vorranno sottoporre allo Scrivente in ordine alla direttiva n.2005/36/CE, il cui obbligo di recepimento è prossimo alla scadenza.
Basti qui rilevare che dalla normativa sopra individuata deriva che:
1) le guide turistiche esercitanti in altri Stati membri, che desiderino lavorare stabilmente in Italia, nel rispetto delle Direttive europee già applicate e, non appena recepita entro pochi mesi, della nuova Direttiva 2005/36/CE, dovranno continuare a farsi riconoscere il titolo conseguito nello Stato estero ed integrare la propria formazione con le conoscenze relative al nuovo territorio di esercizio tramite le misure compensative previste dalle Direttive europee;
2) come chiaramente affermato nella Direttiva 2005/36/CE 'la libera prestazione di servizi', è consentita esclusivamente in modo temporaneo e occasionale, solo se chi presta il servizio è stabilito in uno Stato membro della Unione Europea per esercitarvi la stessa professione; ossia, se è effettivamente guida turistica nello Stato membro nel quale il soggetto è stabilito e, nel caso in cui in tale Stato la professione non sia regolamentata, lo stesso possa provare di aver esercitato questa professione per il numero di anni previsti dalla normativa di riferimento.

Ciò detto in generale, non pare allo Scrivente che tra l'art.8, primo comma, l.r. cit. e l'art.10, comma 4, ultimo capoverso, D.L. cit., vi sia il contrasto segnalato da codesto Dipartimento, dal momento che entrambe le norme dettano misure per l'attuazione della libera prestazione di servizi, termine del diritto europeo dal preciso significato e contenuto, disponendo, rispettivamente, che: "1. In ossequio agli articoli 49 e 50 del Trattato istitutivo della Comunità europea, le disposizioni di cui alla presente legge non si applicano, fermo restando quanto previsto all'articolo 1, commi 2 e 3, ai cittadini di Stati membri dell'Unione europea, diversi dall'Italia, che esercitano, in regime di libera prestazione di servizi, le professioni turistiche disciplinate dalla presente legge." (art.8, primo comma, l.r. cit.) e che: "I soggetti abilitati allo svolgimento dell'attività di guida turistica nell'ambito dell'ordinamento giuridico del Paese comunitario di appartenenza operano in regime di libera prestazione dei servizi senza necessità di alcuna autorizzazione, nè abilitazione, sia essa generale o specifica." (art.10. comma 4, ultimo capoverso, D.L. cit.).

Le disposizioni hanno inteso ribadire la libera prestazione dei servizi, in attesa del recepimento della direttiva del 7 settembre 2005, n. 2005/36/CE.
Tuttavia, mentre la norma statale, indicando genericamente i soggetti abilitati allo svolgimento dell'attività di guida turistica nell'ambito del Paese comunitario di appartenenza, può e deve essere applicata anche ai cittadini italiani che si spostano in altra Regione, la norma regionale sembra escludere questa possibilità, con effetti chiaramente discriminatori ("cittadini di Stati membri dell'Unione europea, diversi dall'Italia").
Pertanto, in tal senso dovrebbe essere adeguata al principio statale, in modo che la libera prestazione dei servizi, assicurata ai cittadini di altri Stati membri nel caso in cui accompagnino gruppi nel corso di un viaggio con durata limitata, sia garantita anche all'interno dello Stato: attuazione che, peraltro, viene da sè considerando anche quanto detto a proposito dell'obbligo di residenza, che deve essere eliminato dalla normativa regionale.

Vi sono da segnalare, infine, due circostanze specifiche.
La norma regionale fa salva l'applicazione dell'art.1, comma 2 e 3, l.r. cit.
L'art.1, comma 2, l.r. cit., che concerne i siti di alta specializzazione individuati dalla Regione, che possono essere visitati solo con guide turistiche regolarmente iscritte nella relativa sezione dell'albo regionale, è in linea con l'unica eccezione ammessa a livello comunitario (v. Corte di Giustizia, C-180/89 del 26 febbraio 1991, nonchè parere motivato della Commissione IP/04/1303).
Il richiamo all'art.1, terzo comma, invece, riguarda solo il cittadino straniero che intenda esercitare stabilmente la professione in Sicilia.

Nelle superiori considerazioni è il parere dello Scrivente.

A termini dell'art. 15 del regolamento approvato con D.P.Reg. 16 giugno 1998, n. 12, lo Scrivente acconsente alla diffusione del presente parere in relazione ad eventuali domande di accesso inerenti il medesimo.
Codesta Amministrazione vorrà comunicare, entro novanta giorni dalla ricezione, l'eventuale possibilità che il parere stesso inerisca una lite, ovvero se intende differirne la pubblicazione sino all'adozione di eventuali provvedimenti amministrativi. Decorso tale termine senza alcuna comunicazione in tal senso si consentirà la diffusione sulla banca dati "FoNS", giusta delibera di Giunta regionale n. 229 dell'8 luglio 1998.






Regione Siciliana - Ufficio legislativo e legale
Ogni diritto riservato. Qualunque riproduzione, memorizzazione, archiviazione in sistemi di
ricerca ,anche parziale, con qualunque mezzo, è vietata se non autorizzata.
All rights reserved. Part of these acts may be reproduced, stored in a retrieval system or
transmitted in any form or by any means, only with the prior permission.

Ideazione grafica e programmi di trasposizione © 1998-2002 Avv. Michele Arcadipane
Revisione e classificazione curata da Avv. Francesca Spedale

19