POS. I Prot._______________/177.11.2007

OGGETTO: Organi - componenti organi collegiali - requisiti ed incompatibilita'.

Assessorato Regionale Cooperazione Commercio Artigianato e Pesca
Ufficio di Gabinetto

e, p.c. Presidenza della Regione    

Segreteria Generale
PALERMO

1. Con nota 11 luglio 2007, n. 1695/Gab., l'Amministrazione in indirizzo riferisce di avere designato, in propria rappresentanza, uno dei tre componenti effettivi del collegio dei revisori di una Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura della Sicilia.
La designazione è stata sottoposta all'iter relativo all'acquisizione del parere della Commissione legislativa permanente dell'Assemblea regionale, così come disposto dall'art. 1 della l.r. 20 aprile 1976, n. 35, e al positivo riscontro dei requisiti di legge, nonché di insussistenza delle cause di incompatibilità riportate all'art. 3 della l.r. 28 marzo 1995, n. 22 .
A seguito di un esposto, sono sorti dei dubbi circa un presunto conflitto di interessi in capo al soggetto designato in virtù del rapporto di lavoro subordinato, da quest'ultimo intrattenuto, come vice direttore di un'area organizzativa dell'Associazione degli industriali della stessa provincia dove opera l'Ente camerale.
Il presunto conflitto scaturirebbe dal fatto che il Presidente della Camera in questione è anche vice presidente dell'anzidetta Associazione e, in tale ultima veste, eserciterebbe un potere gerarchico nei confronti del soggetto designato come revisore.
Sulla questione si chiede il parere dello scrivente Ufficio, atteso che l'esposto contesta la legittimità della nomina con riferimento alla violazione dei principi relativi all'indipendenza dei revisori di cui alla Raccomandazione della Commissione europea 16 maggio 2002, n. 2002/590/CE, concernente: "L'indipendenza dei revisori legali dei conti nell'UE: un insieme di principi fondamentali".

2. La problematica posta riguarda la sussistenza o meno dell'indipendenza del revisore e della autonomia dello stesso rispetto agli organi di gestione e governo dell'Ente camerale, al fine di evitare il realizzarsi di un conflitto di interessi.
Il conflitto di interessi, quale causa di incompatibilità, è menzionato all'art. 3 della l.r. 22/1995 che, in particolare, ne individua la ricorrenza nel caso di pendenza di contenziosi civili ed amministrativi con l'ente interessato alla nomina.
In generale, il conflitto di interessi è inteso come condizione nella quale versa il soggetto che abbia interessi personali o professionali contrastanti con l'imparzialità richiesta dalla carica rivestita all'interno dell'ente pubblico, giacchè il conflitto si risolve in un abuso dei poteri rappresentativi.
Il fenomeno del conflitto di interessi è riconducibile a numerose previsioni del diritto societario di matrice codicistica.
In particolare, a tutela dell'indipendenza dei sindaci - e negli enti pubblici dei revisori (cui si applica, in quanto compatibile, la medesima disciplina codicistica, come peraltro espressamente indicato, per quanto qui rileva, anche all'art. 17, comma 7, della l.r. 29/1995) - soccorre l'art. 2399 del codice civile, recante le cause di ineleggibilità (recte incompatibilità) e di decadenza alla carica di sindaco.
La norma codicistica elenca una serie di fattispecie incompatibili con l'ufficio di sindaco (o revisore), tra le quali i rapporti di parentela e di affinità con gli amministratori delle società controllate e i rapporti di affari e di lavoro con le stesse.
Con riferimento al rapporto di lavoro (inteso come da lavoro dipendente o autonomo) l'art. 2399 c.c., comma 1, lett. c), dispone che lo stesso è incompatibile con la carica di sindaco se intrattenuto con la società interessata dal controllo contabile o con le società da questa controllate o con le società che la controllano o con quelle sottoposte a comune controllo.
Dall'esposizione codicistica si ricava che il rapporto di lavoro del revisore, per dar luogo ad incompatibilità, deve essere riconducibile direttamente alla società - nel caso di specie, all'Ente camerale - o ad altre entità direttamente controllate o controllanti o che sono assoggettate al comune controllo della società o dell'ente sottoposto a controllo contabile.
Nella fattispecie in oggetto, per aversi incompatibilità con l'incarico di revisore, il rapporto di lavoro dovrebbe intercorrere direttamente tra il designato revisore e la Camera; il rapporto di lavoro intercorrente con l'Associazione degli industriali non è, invece, riconducibile a nessuna delle fattispecie indicate all'art. 2399 c.c. .
Quanto all'eventuale subordinazione gerarchica tra il soggetto designato revisore e il Presidente dell'Ente camerale, nella sua qualità di vice Presidente dell'Associazione degli industriali, la stessa non pare dar luogo ad un conflitto di interessi in capo al revisore, giacchè lo stesso non è investito di poteri rappresentativi dell'Associazione, né ricopre cariche "istituzionali" all'interno della stessa.
Un potenziale conflitto di interessi sarebbe stato, al contrario, ravvisabile nell'ipotesi in cui il soggetto designato come revisore avesse rivestito all'interno dell'associazione una carica con poteri di rappresentanza, quali quella di Presidente o di vice Presidente. In quell'evenienza, infatti, si sarebbe determinata una contrapposizione di interessi tra l'assunzione della carica pubblica di revisore (e quindi il perseguimento dell'interesse pubblico di volta in volta coinvolto) e la cura degli interessi privati di un'associazione di imprenditori, con palese "sovrarappresentazione" di una delle categorie rappresentate all'interno della Camera, in contrasto con il rigido sistema di ripartizione delle rappresentanze, oggetto dell'art. 10 della l.r. 29/1995 (cfr. Consiglio di Stato , sezione II, parere 18 febbraio 2004, n. 5486/03).
Non si rinvengono, dunque elementi per ritenere che il soggetto che intrattiene un rapporto di lavoro con l'Associazione degli industriali possa considerarsi portatore di interessi privati della stessa Associazione sol perche il vice Presidente della stessa è Presidente della Camera, atteso che il rapporto di lavoro considerato non rientra, di per sé, nella fattispecie prevista dell'art. 2399 c.c., il quale postula che il rapporto di lavoro intercorra direttamente tra sindaco (o revisore) e società (o ente).
Nelle prescrizioni oggetto della disciplina legale delle incompatibilità non è dunque collocabile la fattispecie prospettata dall'Amministrazione richiedente, pur essendo possibile, ai sensi dell'art. 2409-quinquies c.c., prevedere, oltre alle incompatibilità imperative, ulteriori cause di incompatibilità nello statuto societario relativamente ai soggetti incaricati del controllo contabile; tuttavia "specifiche" cause di incompatibilità non si rinvengono disciplinate nelle previsioni statutarie dell'Ente camerale.
La fattispecie deve quindi essere considerata alla luce delle cause atipiche, per le quali occorre verificare in concreto l'effettiva idoneità della situazione a menomare l'indipendenza del revisore.
A tal proposito è utile rimarcare che l'indipendenza richiesta al revisore non è un'indipendenza in termini assoluti, dovendosi altrimenti ritenere la libertà del revisore da qualunque relazione economica, finanziaria o di altro genere che possa apparire come implicante una qualche forma di dipendenza o collegamento tra i soggetti.
Gli stessi suggerimenti contenuti nella raccomandazione della Commissione 16 maggio 2002, n. 2002/590/CE, indicano quale criterio per giudicare l'approccio adottato da un revisore per ridurre le minacce e i rischi alla propria indipendenza, quello di un terzo ragionevole ed informato, che conoscendo tutti i fatti e le circostanze rilevanti e attinenti ad uno specifico incarico di revisione, giungerebbe alla conclusione che il revisore esercita o meno in modo obiettivo ed imparziale la sua capacità di giudizio su tutte le questioni sottoposte alla sua attenzione.
Nella concreta fattispecie sottoposta, nel "terzo" dovrebbe ingenerarsi un consistente, obiettivo, dubbio sulle capacità del revisore di svolgere i propri compiti imparzialmente, arrivando a ritenere, "ragionevolmente", che il rapporto di lavoro del soggetto designato come revisore, in virtù dei rapporti interpersonali con il Presidente dell'Ente camerale, possa dar luogo, per le sue caratteristiche, ad un'apprezzabile menomazione dell'indipendenza del controllore.
Non si rinvengono ragionevoli elementi per arrivare al suddetto convincimento, potendosi, tutt'al più, supporre, e sempre potenzialmente, che il soggetto designato possa risentire di timore reverenziale sul piano delle relazioni interpersonali. Ciò, però, esula da un ragionevole e consistente dubbio sull'indipendenza del soggetto, tenuto conto, altresì, che il revisore designato non è un revisore unico, bensì componente di un collegio.
La collegialità delle funzioni diminuisce ulteriormente il pericolo di depotenziamento delle funzioni assegnate e di incidenza dei rapporti di che trattasi sull'imparziale e libero assolvimento dei compiti di controllo attribuiti all'organo di revisione.
Si ritiene, infine, di escludere un conflitto di interessi in capo al soggetto designato anche alla luce della recente direttiva 2006/43/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 maggio 2006 relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati (in G.U.C.E. 9-6-2006, n. L 157, pagg. 87-107), comunque non ancora recepita (dovrà esserlo entro giugno 2008).
Il provvedimento comunitario si applica indistintamente alle società e agli enti di interesse pubblico (secondo la definizione oggetto della stessa direttiva). Per questi ultimi, i provvedimenti sono ancora più stringenti, prevedendo la costituzione obbligatoria di un comitato con l'intento di garantire la necessaria indipendenza del revisore dal management della società revisionata.
Ai fini dell'indipendenza dei revisori, la direttiva considera anche la "rete" in cui essi operano, definendo tale una struttura finalizzata alla condivisione degli utili e dei costi o che fa capo ad una proprietà, un controllo o una direzione comuni e condivide prassi e procedure comuni di controllo con la società o l'ente sottoposti a revisione (considerando 11 e art. 2 della direttiva).
Applicando il concetto di "rete" al caso di specie, l'Associazione degli industriali non rientra nella "rete" dell'Ente camerale, così come intesa dalla direttiva comunitaria, di conseguenza il soggetto designato revisore non agisce in un ambito che compromette la sua indipendenza.
A proposito, poi, della indipendenza e della obiettività del revisore, l'art. 22 della direttiva specifica che gli Stati membri devono assicurare prioritariamente che il revisore legale di un ente sia indipendente da quest'ultimo e non sia in alcun modo coinvolto nel suo processo decisionale. Detta priorità è ampiamente riscontrata dal nostro diritto positivo che non ammette commistioni tra organi esecutivi e di gestione degli enti e organi di controllo contabile.
L'art. 22 della direttiva prosegue assegnando agli Stati membri l'onere di provvedere affinchè non effettui la revisione contabile il soggetto che intrattenga con l'ente sottoposto al suo controllo relazioni finanziarie, d'affari, di lavoro o di altro genere, dirette o indirette. La tipologia dei rapporti considerata è riferita sempre a rapporti direttamente conducenti all'ente in quanto tale e il criterio di valutazione dei rapporti è il medesimo criterio del "terzo informato" precedentemente già esaminato.
Infine, sono gli stessi revisori, secondo le indicazioni della direttiva, che devono adottare misure intese a ridurre i rischi di compromissione dell'indipendenza nei casi di autoriesame, interesse personale, esercizio del patrocinio legale, familiarità, fiducia eccessiva o intimidazione, lasciando agli stessi soggetti l'onere di indicare detti casi e di ridurne i rischi, mentre gli Stati membri provvedono ad impedirne la revisione negli stessi casi, ove ciò sia appropriato per salvaguardare l'indipendenza.
Con tale ultimo criterio, la direttiva non pone delle incompatibilità in termini assoluti e predefiniti, rimettendo la questione dell'indipendenza alla valutazione di opportunità delle Amministrazioni di riferimento.
In conclusione non si rinviene nelle norme esaminate alcuna previsione che consenta di configurare un conflitto di interessi tra il soggetto designato dall'Amministrazione richiedente e il ruolo che lo stesso dovrà esercitare all'interno dell'Ente pubblico, fatte salve comunque le valutazioni di opportunità da parte del soggetto interessato e di codesta Amministrazione.
Nei termini il reso parere.
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Ai sensi dell'art. 15, co. 2, del D.P. Reg. 16 giugno 1998,n.12, lo Scrivente acconsente sin d'ora all'accesso presso codesta Amministrazione al presente parere da parte di eventuali richiedenti.
Si ricorda poi che in conformità alla circolare presidenziale dell'8 settembre 1998,n.16586/66.98.12, trascorsi 90 giorni dalla data di ricevimento del presente parere senza che codesta Amministrazione ne comunichi la riservatezza, lo stesso potrà essere inserito nella banca dati "FONS".


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