POS. II Prot._______________/197.07.11

OGGETTO: Istituto regionale XXX. Contratto preliminare per la vendita di immobile. Legittimazione alla stipula. Quesiti vari.





ASSESSORATO REGIONALE DEI BENI CULTURALI ED AMBIENTALI E DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
DIPARTIMENTO PUBBLICA ISTRUZIONE
PALERMO



1. Con nota n. 1784 del 3 agosto 2007 codesto Dipartimento ha trasmesso allo Scrivente una richiesta di consultazione avanzata, con nota 5 luglio 2007, prot. 1395, dall'Istituto in oggetto relativa a convenzione stipulata il 4 novembre 2005 per la vendita di un terreno di proprietà dell'Istituto stesso.

Con tale nota l'Istituto rappresenta che il Consiglio di amministrazione dell'Istituto, con delibera n. 20 del 7 marzo 2005, avente ad oggetto il conferimento incaricoad un consigliere di amministrazione, vice-presidente,"per la trattativa" di vendita dei terreni di fondo YYY,ha approvato una "proposta di deliberazione" che non risulta allegata alla delibera stessa né risulta trascritta nel verbale della seduta in cui la stessa è stata adottata.

Sulla scorta di tale deliberazione, è stato assunto l'obbligo di vendere tali terreni ad una società immobiliare, a trattativa privata nell'ambito di una articolata unitaria convenzione, nella quali sono parti anche altri due enti pubblici, diversamente interessati, stante che contro la cessione dei terreni di loro proprietà la società si obbliga a costruire e trasferire immobili strumentali all'attività di tali enti, nell'ambito di un unitario progetto cui la società in questione è interessata.

Sulla suesposta fattispecie l'Istituto XXX chiede se, stante il contenuto e la portata della delibera del Consiglio di amministrazione n. 20 del 7 marzo 2005, la convenzione sia da ritenere valida e produttiva di effetti per l'Istituto stesso, sia con riguardo al potere di rappresentanza del consigliere intervenuto all'atto che al ricorso alla trattativa privata.

Per il caso che la convenzione sia nulla o inefficace, chiede l'Istituto se la società immobiliare possa esperire azione risarcitoria nei confronti dell'Istituto e se questo, in caso di soccombenza, abbia azione di regresso nei confronti del consigliere intervenuto all'atto e nei confronti dei componenti del consiglio di amministrazione che approvarono tale delibera; ovvero se l'Istituto possa ratificare la convenzione stessa e a quali condizioni.

Sulle questioni poste dall'Istituto, codesto Dipartimento non ha espresso alcun orientamento nè ha formulato proprie considerazioni.



2. Preliminarmente si rappresenta che quest'Ufficio, a termini dell'art. 7 del testo unico delle leggi sull'ordinamento del Governo e dell'Amministrazione della Regione siciliana, approvato con D.P.Reg. 28 febbraio 1979, n. 70, rende pareri sull'interpretazione dello Statuto e di norme legislative e regolamentari.

Ancorché l'art. 32, comma 5, della l.r. 7 marzo 1997, n. 6, abbia previsto che "Gli enti, istituti ed aziende regionali per le richieste di pareri si avvalgono, per il tramite delle amministrazioni di tutela e vigilanza, degli uffici regionali", la fattispecie sottoposta non riguarda l'interpretazione di norme giuridiche, ma la liceità e legittimità di atti e comportamenti anche in relazione a possibili contenziosi non riguardanti l'Amministrazione della Regione e per i quali, in ogni caso, lo Scrivente non potrebbe assumere l'assistenza e il patrocinio, ostandovi anche l'art. 3, quarto comma, lett. b), del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578.

Ciò nondimeno, in uno spirito di fattiva collaborazione, non ci si esime di affrontare, in termini generali, la problematica.


In ordine alla possibilità di utilizzare la trattativa privata per la cessione dei terreni de quo, lo Scrivente si è già interessato della questione con i pareri n. 138 del 2005 e n. 233 del 2005 (resi rispettivamente al Dipartimento della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali con nota prot. 8138 del 6/6/2005 e al Dipartimento della pubblica istruzione con nota prot. 11725 del 2 settembre 2005), in realtà riguardanti la posizione di altri due enti pubblici cointeressati alla complessiva fattispecie di cessione contro la realizzazione di immobili strumentali alle attività proprie degli enti, mentre, nella fattispecie contrattuale in discorso, l'Istituto richiedente promette di cedere puramente e semplicemente il terreno verso il pagamento di un prezzo prefissato a misura.

In tali pareri lo Scrivente ha rilevato che :
"Invero, la problematica centrale è data dal ricorso alla trattativa privata, senza neppure il ricorso a forme di negoziazione concorsuale, a fronte della necessità per gli enti pubblici di ricorrere, in via di principio, alle gare pubbliche per i contratti da cui derivi un'entrata o una spesa.

Infatti, a termini dell'art. 3 del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, e dell'art 37 del relativo Regolamento (R.D. 23 maggio 1924, n. 827), i contratti di vendita di beni di amministrazioni pubbliche vanno preceduti da pubblici incanti.

Analogamente, per le norme che regolano gli acquisti -e quelle che concernono l'affidamento di lavori- è normalmente richiesta la gara pubblica, particolarmente laddove gli importi in gioco superano le soglie cosiddette "comunitarie".

Tuttavia il ricorso alla trattativa privata, anche per tali contratti, è ammissibile in presenza di "speciali ed eccezionali circostanze" per le quali non possano essere utilmente seguite le forme ordinarie di negoziazione concorsuale (v. art. 6 R.D. 2440/1923 e art. 41 R.D. 827/1924; art. 9, comma 6, D. l.vo 24 luglio 1992, n. 358).

Deve ovviamente trattarsi di circostanze oggettive (v. Corte dei Conti, sez. controllo, det. n. 1 del 9/1/1996) che rendono impossibile, infruttuoso e antieconomico il ricorso alle ordinarie procedure, e che impongono un'ampia e dettagliata motivazione nella deliberazione a contrarre (Cons. di Stato, sez. V, 30 giugno 1997, n.760) anche con riguardo ai costi-benefici e alla avvenuta valutazione di altre possibili alternative utili al raggiungimento del risultato."

Nella fattispecie sottoposta, pertanto, deve ritenersi che sia stata operata, da parte degli enti coinvolti, una ponderata considerazione degli interessi in gioco e, di conseguenza, dei presupposti che hanno determinato il ricorso allo schema della trattativa privata.

Si deve supporre, pertanto, che già la deliberazione di affidamento ad un consigliere di amministrazione dell'incarico per le trattative di vendita del terreno in questione, abbia apprezzato tali circostanze e motivato sulle stesse. Il fatto, poi, che la valutazione dei costi-benefici e di altre possibili alternative alla trattativa privata nonché della sua convenienza economica, e cioè, in sintesi, della motivazione del ricorso a tale forma contrattuale non siano evidenziate testualmente nella deliberazione potrebbe non denotare l'assenza di tali elementi, ove risultino effettivamente dalla proposta di deliberazione e dai pareri citati nella deliberazione stessa e che, pertanto, ne formano parte integrante ed inscindibile. Se, poi, materialmente non si rinvengono negli archivi dell'Istituto richiedente tali atti, ciò non comporta di per sé ritenere che tali atti non siano mai esistiti (circostanza che, quantomeno, configurerebbe il reato di falsità in atto pubblico) potendo gli stessi, se smarriti, venir ricostruiti nella loro materialità, anche facendo ricorso a copie esistenti presso l'Istituto o alla copia completa della deliberazione che risulta allegata alla convenzione in questione, anche ricorrendo alla documentazione in possesso degli altri enti firmatari della convenzione stessa.

In ordine alla legittimazione ad agire in nome e per conto di un ente pubblico, va osservato che lo stesso è capace di agire soltanto tramite i suoi organi esterni, e cioè quelli che, per legge o per statuto, hanno la competenza ad esternare la volontà dell'ente con atti che hanno effetto nei confronti dei terzi. Tra tali organi cosiddetti esterni ve ne sono, poi, alcuni dotati di poteri di legale rappresentanza, cioè dotati del potere di esprimere la volontà dell'ente nei rapporti contrattuali con i terzi.

Dal momento che il principio cardine del diritto amministrativo è quello dell'inderogabilità della competenza, la rappresentanza legale non può che spettare all'organo cui tale potere è istituzionalmente ricollegato, fatte salve le ipotesi di sostituzione necessaria, in caso di assenza o impedimento, e di altra delega interorganica ove prevista dalla legge o dallo statuto.

Ancorchè allo Scrivente non sia stata fornita alcuna copia dello Statuto dell'Istituto (non reperibile, peraltro, nelle ordinarie banche dati giuridiche), si deve supporre che, con ogni probabilità, la rappresentanza legale sia attribuita al Presidente e che sia previsto, com'è d'uso, che lo stesso è temporaneamente sostituito, in caso di assenza o impedimento, dal vicario.

In verità, in caso di sostituzione vicaria, l'atto assunto dal vice presidente, deve indicare, oltre che la relativa carica, anche la sussistenza delle circostanze che giustificano l'assunzione dei poteri da parte del vicario stesso.

Escluso, pertanto, che il consigliere in questione possa aver stipulato tale atto nell'esercizio di funzioni vicarie (dal momento che di tale circostanza non v'è traccia nella incompleta copia del preliminare trasmessa allo Scrivente), tuttavia, nella fattispecie, è possibile che la cosiddetta proposta di deliberazione, citata come allegata nella deliberazione del consiglio di amministrazione n. 20 del 7 marzo 2005 (adottata in conformità di tale proposta), contenga in realtà anche le proposte di approvazione del contratto stesso e della delega -da parte del Presidente, in consonanza con una previsione statutaria- al consigliere incaricato alla stipula del preliminare in questione.

Solo nell'ipotesi in cui il consigliere che ha sottoscritto il preliminare in questione effettivamente non avesse avuto conferita la delega alla stipula ovvero il consiglio di amministrazione non abbia preventivamente approvato il contratto, lo stesso deve ritenersi inefficace nei confronti dell'Istituto, sino ad eventuale ratifica, alla stregua delle norme disciplinanti il negozio posto in essere dal rappresentante senza poteri o falsus procurator.

A termini dell'art. 1398 cod. civ., infatti "Colui che ha contrattato come rappresentante senza averne i poteri o eccedendo i limiti delle facoltà conferitegli è responsabile del danno che il terzo contraente ha sofferto per avere confidato, senza sua colpa, nella validità del contratto".

La disciplina codicistica, invero, pur ricomprendendo in tale fattispecie sia il caso di un soggetto che agisce privo dei relativi poteri sia il caso di chi abbia travalicato i limiti delle facoltà a lui legittimamente spettanti, attribuisce analoga rilevanza sia al difetto che all'eccesso di rappresentanza e fa derivare dalle due diverse situazioni medesime conseguenze giuridiche.

Da un lato viene infatti prevista la responsabilità del falsus procurator che - ai sensi dell'art. 1398 c.c. - risponde del danno sofferto dal terzo per aver questi confidato senza sua colpa nella validità del contratto; dall'altro il successivo art. 1399 c.c. espressamente dispone che:
"Nell'ipotesi prevista dall'articolo precedente, il contratto può essere ratificato dall'interessato, con l'osservanza delle forme prescritte per la conclusione di esso.
La ratifica ha effetto retroattivo, ma sono salvi i diritti dei terzi.
Il terzo e colui che ha contrattato come rappresentante possono d'accordo sciogliere il contratto prima della ratifica......"

Dalla specifica previsione della retroattività della ratifica discende l'effetto sanante connesso a tale atto e la qualificazione giuridica operata dalla giurisprudenza con riferimento al negozio rappresentativo compiuto dal falsus procurator, considerato negozio inefficace nei confronti del "rappresentato" fino a quando non intervenga la ratifica, piuttosto che negozio nullo o annullabile.

Il negozio rappresentativo compiuto dal falsus procurator è pertanto riconducibile a un negozio in itinere a formazione progressiva in cui la ratifica costituisce condizione di efficacia del negozio medesimo (Cass., 5.5.1989, n. 2127; Cass. 29.1.1980, n. 688; Cass., 13.5.1991, n. 5331).

Nelle superiori considerazioni è il parere dello Scrivente.

A termini dell'art. 15 del regolamento approvato con D.P.Reg. 16 giugno 1998, n. 12, lo Scrivente acconsente alla diffusione del presente parere in relazione ad eventuali domande di accesso inerenti il medesimo.
Codesta Amministrazione vorrà comunicare, anche alla Segreteria generale che legge per conoscenza giusta richiesta formulata con nota 10 luglio 2007, prot. 4366, entro novanta giorni dalla ricezione, l'eventuale possibilità che il parere stesso inerisca una lite, ovvero se intende differirne la pubblicazione sino all'adozione di eventuali provvedimenti amministrativi. Decorso tale termine senza alcuna comunicazione in tal senso si consentirà la diffusione sulla banca dati dell'Ufficio, giusta delibera di Giunta regionale n. 229 dell'8 luglio 1998.

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