Pos. I Prot. _______ /244.07.11

OGGETTO: Impresa e società - Amministratori e organi sociali - Compensi ai componenti del comitato di sorveglianza di società per azioni in liquidazione coatta amministrativa .


ASSESSORATO REGIONALE
DELL'INDUSTRIA
Dipartimento regionale industria
(rif. nota 12 ottobre 2007, n. 38213)

PALERMO
1. Con la lettera sopra indicata codesto Dipartimento rappresenta che il Presidente del comitato di sorveglianza della società XXXX s.p.a., in liquidazione coatta amministrativa, ha chiesto il pagamento del compenso per la funzione svolta nella procedura di liquidazione; tale richiesta, in particolare, trae origine dalla "incapienza della procedura" e troverebbe fondamento nella sentenza della Corte costituzionale 28 aprile 2006, n. 174, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 146, comma 3, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, "nella parte in cui non include tra le spese anticipate dall'erario -qualora tra i beni compresi nel fallimento non vi sia denaro sufficiente, come nel caso trattato- i compensi spettanti al curatore ed agli altri soggetti che prestano la propria opera in favore del fallimento".
In relazione a quanto sopra esposto vien chiesto se la sentenza della Corte costituzionale n. 174/2006 sia "di per sé foriera di effetti".

2. Nella nota 1 giugno 2007, trasmessa in allegato alla richiesta di parere, il Presidente del comitato di sorveglianza della società XXXX s.p.a. afferma che, in forza della citata sentenza della Corte costituzionale n. 174/2006, "sussiste l'obbligo a carico dell'Erario di retribuire sia il curatore sia i componenti del comitato di sorveglianza"; conseguentemente chiede "di effettuare il pagamento di quanto dovuto".
Ciò detto, al fine di accertare la fondatezza della richiesta avanzata giova anzitutto richiamare il ragionamento della Corte.
Il giudice costituzionale è chiamato a censurare l'art. 146, comma 3, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 ("Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia - Testo A"), in tema di patrocinio a spese dello Stato della procedura fallimentare, nella parte in cui non include tra le spese anticipate dall'Erario -qualora tra i beni compresi nel fallimento non vi sia denaro sufficiente- le spese e gli onorari liquidati al curatore; tale disposizione, invero, contrasterebbe, tra l'altro, con l'art. 3 della Costituzione, perché il curatore fallimentare rimarrebbe l'unico soggetto, in caso di fallimento privo di attivo, a non essere retribuito per l'attività svolta, determinandosi così una disparità di trattamento con tutti gli altri soggetti che prestano la propria opera a favore della massa -stimatori, consulenti contabili e fiscali, notai, avvocati, ecc.- e che vengono retribuiti con compensi posti a carico dell'Erario.
La Corte costituzionale dichiara fondata la questione e supera il precedente indirizzo dì infondatezza della medesima questione argomentato sulla base della esistenza, nell'ordinamento, di uffici gratuiti, della non qualificabilità del curatore come lavoratore ai sensi dell'art. 36 della Costituzione, nonché sulla base della non obbligatorietà dell'accettazione dell'incarico (sentenza n. 302 del 1985).
Ed invero, l'art. 146 del D.P.R. n. 115/2002 stabilisce che, nella procedura fallimentare, che si apre con la sentenza dichiarativa di fallimento e cessa con la chiusura, se tra i beni compresi nel fallimento non vi è denaro per gli atti richiesti dalla legge, alcune spese sono prenotate a debito, altre sono anticipate dall'erario (comma 1); il comma 3 della medesima disposizione precisa poi, in particolare, che "sono spese anticipate dall'erario", fra l'altro, "le spese ed onorari ad ausiliari del magistrato" (comma 3, lettera c), senza contenere alcuna indicazione circa l'anticipazione delle spese e degli onorari al curatore, il quale, sulla base della vigente normativa, ove non sia possibile una interpretazione estensiva, costituzionalmente orientata, della locuzione "ausiliari del magistrato", non ha diritto a tale anticipazione per l'attività svolta.
Evidenzia poi la Corte che il curatore è organo della procedura fallimentare e ad esso va riconosciuta la qualifica di ausiliare della giustizia e non anche quella di ausiliare del giudice; infatti, malgrado il curatore sia nominato dal giudice e con lui collabori, egli è un organo normale e necessario del procedimento fallimentare, mancando al suo incarico quella temporaneità ed occasionalità che sono proprie dell'incarico conferito all'ausiliare del giudice.
Da ciò deriva che, sulla base della normativa vigente, non è possibile alcuna estensione al curatore, al fine della anticipazione delle spese e degli onorari, in caso di fallimento chiuso per mancanza di attivo, delle disposizioni esistenti per gli ausiliari del giudice.
Pur tuttavia la Corte individua ulteriori argomenti per dichiarare l'incostituzionalità della disposizione in esame.
Sottolinea al riguardo il giudice costituzionale che in presenza di un sistema che prevede -per il carattere pubblicistico del procedimento concorsuale- l'anticipazione da parte dell'erario delle spese ed onorari ad ausiliari del magistrato e di una norma (art. 39 legge fall.) che enuncia il diritto del curatore al compenso per l'attività svolta, è manifestamente irragionevole che l'esclusione dell'anticipazione da parte dell'erario delle spese e degli onorari riguardi, ormai, il solo curatore.
La volontarietà e non obbligatorietà dell'incarico e la non assimilabilità della posizione del curatore a quella del lavoratore non escludono per la Corte, il diritto del curatore al compenso, né giustificano la non ricomprensione delle spese e degli onorari al curatore fra quelle che, come le spese e gli onorari agli ausiliari del giudice, sono anticipate dallo Stato, in caso di chiusura del fallimento per mancanza di attivo.
Del resto, considera altresì il giudice costituzionale, l'invocazione della prassi (sentenza n. 302 del 1985) secondo cui i giudici delegati si inducono ad indennizzare i professionisti, cui è affidata la curatela di fallimento che si appalesa privo di attivo suscettibile di ripartizione, con la nomina a curatori di fallimenti nei quali la ripartizione di attivo sembra probabile, non è certamente probante, dal momento che tale "prassi" lascia, pur sempre, senza compenso il curatore per quanto riguarda l'attività svolta per il fallimento senza attivo; e lo stesso deve dirsi del principio secondo cui i fallimenti c.d. negativi sono un mezzo per la crescita professionale del curatore (ordinanza n. 488 del 1993), dal momento che l'affinamento professionale non giustifica la negazione del relativo compenso.
Le conclusioni cui perviene la Corte costituzionale, per ciò che concerne il profilo strettamente giuridico, trovano dunque fondamento su due argomentazioni: in primo luogo, sulla previsione di cui all'art. 146, comma 3, lett. c), del D.P.R. n. 115/2002, che delinea un sistema in cui, nella procedura fallimentare, sono anticipate dall'erario le spese e gli onorari ad ausiliari del magistrato; in secondo luogo poi, sulla disposizione della legge fallimentare che enuncia il diritto del curatore al compenso per l'attività svolta ("il compenso e le spese dovuti al curatore, anche se il fallimento si chiude con concordato, sono liquidati ad istanza del curatore con decreto del tribunale non soggetto a reclamo, su relazione del giudice delegato, secondo le norme stabilite con decreto del Ministro della giustizia" : art. 39, comma 1, R.D. 16 marzo 1942, n. 267).
Ciò detto, si fa presente ora che la sentenza della Corte non ha diretta refluenza nella fattispecie rappresentata poiché nella medesima viene in rilievo la procedura di liquidazione coatta amministrativa e non la procedura fallimentare .
Al riguardo si evidenza invero che l'art. 146 del D.P.R. n. 115/2002, ha riguardo espressamente alla "procedura fallimentare" ed è inserito nella parte IV del predetto D.P.R. n. 115/2002, rubricato "processi particolari"; la procedura di liquidazione coatta invece -sebbene sia finalizzata, come il fallimento, allo scopo, di preminente interesse pubblico, di eliminare dal mercato l'impresa che si trova in stato di insolvenza- ha natura amministrativa e non giudiziaria (cfr. Cass., sez. lav., 12 luglio 1999, n. 7377; C.d.S., sez. VI, 3 luglio 2003, n. 4006).
Si rileva altresì che l' art. 201 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267 ("Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa"), al fine di disciplinare gli effetti del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa, richiama talune disposizioni della procedura fallimentare e, in particolare, quelle del Titolo II, Capo III, Sezioni II (effetti del fallimento per i creditori) e IV (effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti) e dell'art. 66 (azione revocatoria ordinaria) dello stesso R.D. n. 267/1942; tra le disposizioni richiamate dall'art. 201 non figurano quelle del medesimo Titolo II, Capo IV, che contiene l'art. 91 il quale (prima della sua abrogazione intervenuta con il D.P.R. n. 115/2002) disciplinava, per la procedura fallimentare, le anticipazioni delle spese dall'erario: ciò implicitamente evidenzia l'assenza, nella procedura di liquidazione coatta amministrativa, di una specifica disciplina della anticipazione delle spese dall'erario.
L'analisi qui condotta non è tuttavia completa considerato che la sentenza della Corte costituzionale n. 174/2006, merita comunque rilievo ai fini in esame in relazione ad una delle argomentazioni ivi sviluppate; in particolare, la predetta sentenza merita considerazione laddove la Corte -per evidenziare l'irragionevolezza della esclusione delle spese e degli onorari del solo curatore dall'anticipazione da parte dell'erario- sottolinea la sussistenza di una norma (art. 39 legge fall.) che enuncia il diritto del curatore al compenso per l'attività svolta.
Sotto tale profilo, la richiesta avanzata dal Presidente del comitato di sorveglianza della XXXX s.p.a., posta in liquidazione coatta amministrativa, può ritenersi fondata qualora sia possibile rinvenire, anche per gli organi della procedura di liquidazione coatta amministrativa, una norma che enunci il diritto al compenso per l'attività svolta.
Premesso, in via generale, che il provvedimento che ordina la liquidazione dell'impresa è adottato dalla autorità amministrativa che vigila sull'impresa stessa, e tenuto conto altresì che ai sensi dell'art. 198 del citato R.D. n. 267/1942, sono organi della procedura di liquidazione coatta amministrativa il commissario liquidatore e il comitato di sorveglianza composto da tre o cinque membri scelti possibilmente tra i creditori, giova a tal proposito richiamare l'art. 201 dello stesso R.D. n. 267/1942 il quale testualmente statuisce:"si intendono sostituiti nei poteri del tribunale e del giudice delegato l'autorità amministrativa che vigila sulla liquidazione, nei poteri del curatore il commissario liquidatore e in quelli del comitato dei creditori il comitato di sorveglianza".
Ciò detto, al fine di individuare la norma che enunci il diritto al compenso per l'attività svolta occorre distinguere l'ipotesi del commissario liquidatore da quella dei membri del comitato di sorveglianza.
Con riferimento, in particolare al commissario liquidatore, risulta determinante la sentenza della Corte di cassazione, sez. II, 30 luglio 2004, n. 14546, laddove si precisa che "il compenso del commissario liquidatore di una procedura di liquidazione coatta amministrativa va determinato, in mancanza di una specifica norma di legge che ne indichi i criteri, mediante applicazione analogica dell'art. 39 l. fall., giacchè le funzioni del commissario liquidatore sono del tutto simili a quelle del curatore fallimentare"; in forza della affermata applicabilità analogica dell'art. 39 della legge fallimentare, nei confronti del commissario liquidatore può quindi sostenersi l'argomentazione formulata dalla Corte costituzionale, ciò nel senso che può affermarsi la sussistenza di una norma che enuncia il diritto al compenso per l'attività svolta.
Del resto, nella fattispecie in esame, deve altresì evidenziarsi che il decreto assessoriale 27 marzo 1992, nel nominare il commissario liquidatore della società XXXX s.p.a., posta in liquidazione coatta amministrativa, prevede espressamente che allo stesso spetta, a carico della procedura, oltre al rimborso spese, un compenso, determinandone altresì la misura.
Con riferimento poi ai membri del comitato di sorveglianza, tenuto conto della corrispondenza di funzioni delineata dal sopra riportato art. 201, comma 2, del R.D. n. 267/1942, con il comitato dei creditori della procedura fallimentare, la disposizione che qui rileva va rinvenuta nell'art. 41, comma 6, del predetto R.D. n. 267/1942, laddove si dispone che "i componenti del comitato hanno diritto al rimborso delle spese, oltre all'eventuale compenso riconosciuto ai sensi e nelle forme di cui all'articolo 37-bis, terzo comma".
Ed invero, tale disposizione, sebbene non enunci direttamente il diritto al compenso per i membri del comitato dei creditori (leggasi comitato di sorveglianza nella procedura di liquidazione coatta amministrativa), stabilisce comunque il principio della remuneratività dell'incarico di membro del predetto comitato nell'ipotesi in cui un compenso sia stato riconosciuto ai sensi e nelle forme di cui all'articolo 37-bis, terzo comma, e, cioè, in sede di adunanza dei creditori stessi per l'esame dello stato passivo.
Pertanto, nella fattispecie, anche nei confronti dei membri del comitato di sorveglianza rileva l'argomentazione formulata dalla Corte costituzionale, sopra richiamata, in forza del riportato art. 41, comma 6, della legge fallimentare e nella misura in cui un compenso per i medesimi membri sia stato ovvero sia comunque stabilito.
In altri termini, il diritto dei membri del comitato di sorveglianza a percepire un compenso per l'attività svolta può ritenersi sussistente solo se, e nella misura in cui, la stessa pubblica amministrazione abbia discrezionalmente riconosciuto agli stessi un compenso.
Sotto tale profilo dunque la richiesta formulata dal Presidente della società XXXX s.p.a. in liquidazione coatta amministrativa può trovare accoglimento.



Ai sensi dell'art. 15, comma 2, del "Regolamento del diritto di accesso ai documenti dell'Amministrazione regionale", approvato con D.P.Reg. 16 giugno 1998, n. 12, lo scrivente comunica preventivamente di acconsentire all'accesso presso codesta Amministrazione al presente parere da parte di eventuali soggetti richiedenti.
Codesta Amministrazione vorrà a sua volta comunicare, entro novanta giorni dalla ricezione, l'eventuale possibilità che il parere stesso inerisca ad una lite, ovvero se intenda differirne l'accesso fino all'adozione di eventuali provvedimenti amministrativi cui la richiesta consulenza fosse preordinata. Decorso detto termine senza che sia pervenuta alcuna comunicazione in tal senso, si procederà, giusta delibera della Giunta regionale n. 229 dell'8 luglio 1998, all'inserimento del presente parere nella banca-dati "FoNS", ed alla conseguente diffusione.



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