POS. I Prot._______________/248.11.2007

OGGETTO: Ente autonomo Fiera del Mediterraneo - Inquadramenti e procedure di assunzione del personale.


ASSESSORATO REGIONALE COOPERAZIONE, COMMERCIO, ARTIGIANATO E PESCA
Dipartimento cooperazione, commercio e artigianato
PALERMO


1. Con nota 12 ottobre 2007, n. 2117, l'Assessorato in indirizzo ha trasmesso la richiesta di parere del commissario straordinario dell'Ente autonomo Fiera del Mediterraneo 7 settembre 2007, n. 4432.
Con successive note assessoriali 29 ottobre 2007, n. 2259 e 7 novembre 2007, n. 2349, è stata integrata la suindicata richiesta e trasmessi ulteriori allegati.
La complessa problematica sottoposta trae origine da una serie di delibere dell'Ente in questione, attinenti progressioni di carriera e procedure di assunzione del personale che, come riferisce l'Amministrazione richiedente, sono state più volte ritenute illegittime.
Così, già con le note assessoriali 16.12.2002, n. 2065 e 30.4.2003, n. 731, si rappresentava al commissario straordinario che la delibera n. 519, di cui al verbale n. 107 del 5.2.2002 - relativa alla riorganizzazione degli uffici dell'Ente, attraverso la soppressione di alcuni profili professionali e la creazione di nuove figure professionali - costituendo un nuovo riassetto della pianta organica, era soggetta al procedimento di approvazione di cui all'art. 12, comma 2, del D.P.Reg. 3 settembre 1999, n. 44 (recante "Regolamento concernente la disciplina delle manifestazioni fieristiche in Sicilia, in attuazione della legge regionale 23 maggio 1991, n. 34, art. 38"), nonchè alla successiva sottoposizione alla Giunta regionale che, ai sensi dell'art. 4 della l.r. 29 dicembre 1962, n. 28, esprime parere vincolante sugli adempimenti finali di competenza degli Assessori relativi ad atti di enti, aziende o istituti concernenti regolamenti, statuti o piante organiche degli stessi o comunque modifiche allo stato giuridico o economico del relativo personale.
In conseguenza di ciò, l'Assessorato comunicava che la delibera 519 era priva di esecutività e, conseguenzialmente, lo erano anche le successive delibere di reinquadramento del personale operate per coprire le nuove qualifiche introdotte con atti mai approvati dall'Amministrazione vigilante. Né tantomeno sono mai state approvate le delibere di assunzione di nuovo personale senza la procedura concorsuale - in violazione di quanto disposto dalla l.r. 30 aprile 1991, n. 12, artt. 1, comma bis, e 3, nonché dall'art. 8 del Regolamento del personale dell'Ente. Fattispecie, quest'ultima, per la quale l'Amministrazione in indirizzo ritiene il rapporto di lavoro così instaurato di mero fatto, assoggettabile alla previsione di cui all'art. 2126 del codice civile .
I rilievi sopra evidenziati sono stati ulteriormente ribaditi con le note assessoriali 14 settembre 2006, n. 1858, 29 gennaio 2007, n. 211 e 13 marzo 2007, n. 622.
Le delibere nn. 521-522-523-524, di cui al medesimo verbale n. 107 del 5.2.2002, hanno ad oggetto, rispettivamente:
- la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato di un soggetto assunto come dirigente (delibera n. 521);
- il reinquadramento con la qualifica di dirigente della Segreteria generale dell'Ente di una dipendente originariamente assunta con procedura concorsuale e con qualifica di segretario di direzione (delibera 522). Con tale delibera, riferisce l'Amministrazione, l'Ente ha, tra l'altro, posto in essere una transazione irrituale ed illegittima, tenuto altresì conto che non esiste la qualifica di dirigente nella pianta organica di cui al verbale n. 53 del 10 dicembre 1984 e succ. mod., ad oggi, da considerarsi come unica pianta organica dell'Ente per la mancata approvazione del nuovo riassetto di cui alla delibera 519;
- il reinquadramento di numerosi altri dipendenti dell'Ente (delibera 523) a seguito del riassetto dell'organigramma di cui alla delibera 519, mai approvata dall'Amministrazione vigilante;
- la revoca di un'assunzione (delibera 524) .

In ordine alla complessa vicenda, succintamente riassunta, l'Amministrazione chiede il parere dello scrivente Ufficio, rimettendo, altresì, allo stesso anche i seguenti quesiti direttamente posti all'Amministrazione vigilante dal Commissario straordinario dell'Ente fieristico che, premesso che il rapporto di lavoro del personale aziendale è da ritenersi di tipo privatistico, chiede:
- se i provvedimenti di revoca (rectius annullamento) delle delibere che hanno disposto progressioni di carriera o promozioni dei dipendenti dell'Ente possano restare privi di effetti, in forza del disposto dell'art. 2103 c.c.;
- se i provvedimenti commissariali di assunzione in servizio di nuovo personale, senza il previo esperimento della procedura concorsuale, siano da annullare, ancorchè il rapporto di lavoro sia stato costituito e abbia avuto esecuzione, con il conseguente licenziamento dei dipendenti interessati.

2. Sulle problematiche poste si espone quanto segue.
Si concorda con l'Amministrazione di vigilanza nel ritenere che la delibera n. 519 concretizza una revisione della pianta organica dell'Ente in questione e, in virtù di ciò, è soggetta al procedimento di approvazione assessoriale di cui all'art. 12, comma 2, del D.P.Reg. 44/1997, che così dispone: "Le deliberazioni degli Enti fieristici inerenti..................l'adozione di piante organiche e di regolamenti concernenti il trattamento giuridico ed economico del personale sono sottoposte , entro 30 giorni dalla loro adozione, all'approvazione dell'Assessore regionale per la cooperazione, il commercio, l'artigianato e la pesca che decide, previa acquisizione del parere dell'assessorato del bilancio e delle finanze, entro sessanta giorni dalla loro ricezione."
Al successivo comma 3 del medesimo art. 12 del regolamento è previsto: "Il responsabile del procedimento può sospendere, per l'acquisizione di ogni utile elemento istruttorio, il decorso del termine di cui al precedente comma. In tale ipotesi il termine di 60 giorni per l'esercizio del prescritto controllo ricomincia a decorrere dalla ricezione degli elementi istruttori richiesti.".
Dagli atti allegati dall'Assessorato richiedente (cfr. note assessoriali 16.12.2002, n. 2065, 30.4.2003, n. 731, indirizzate al commissario straordinario dell'Ente fieristico) emerge chiaramente che il procedimento di controllo, finalizzato all'approvazione, si è, invero, arrestato alla fase istruttoria di cui al surriportato comma 3, art. 12, del regolamento.
La delibera in questione non è mai divenuta esecutiva, non essendo mai pervenuta alla fase finale di approvazione di cui all'art. 12, comma 2, del D.P.Reg. 44/1997, possibile, quest'ultima, soltanto dopo la "previa acquisizione del parere della Giunta regionale, ai sensi del D.P.Reg. 28 febbraio 1979, n. 70", come espressamente previsto,peraltro, all'art. 19, "Personale" dello "Statuto tipo degli enti fieristici", riportato all'Allegato A del D.P.Reg. 44/1997.
L'art. 4, comma 4, del D.P.Reg. 28 febbraio 1979, n.70 - (Testo unico sull'ordinamento del governo e dell'Amministrazione della Regione siciliana), che riunisce le previsioni dell'art. 4 della L.r. 28/1962 e dell'art. 3 della L.r. 2/1978 - dispone che " La Giunta regionale esprime parere vincolante sugli adempimenti finali di competenza degli Assessori relativi ad atti di enti, aziende o istituti concernenti regolamenti, statuti o piante organiche degli stessi o comunque modifiche allo stato giuridico o economico del relativo personale".
In virtù di tale norma speciale del sistema normativo regionale risulta obbligatorio sottoporre gli atti degli enti, aziende ed istituti - aventi ad oggetto regolamenti, statuti o piante organiche degli stessi o comunque modifiche dello stato giuridico ed economico del relativo personale - ad un iter differente rispetto a quello ordinariamente previsto per tutte le altre delibere degli enti regionali.
La delibera n. 519 dell'Ente fieristico rientra indubbiamente tra quegli atti che il legislatore ha ritenuto di sottoporre a procedimenti particolarissimi; ciò trova ragione - come questo Ufficio ha già avuto modo di chiarire in passato (cfr. parere n. 279/2003, reso con nota prot. 2003/19903 ad altro ramo dell'Amministrazione regionale) - nell'incidenza che gli stessi hanno sull'assetto degli enti regionali e sull'indirizzo generale che, in ordine alla loro attività, è deliberato dalla stessa Giunta ( punto 2. del medesimo art. 4 del D.P.Reg. 70/1979), organo d'indirizzo politico-amministrativo, che determina in modo assoluto gli atti assessoriali di approvazione (o di reiezione) sottoposti al suo vaglio perchè astrattamente incidenti su attribuzioni e funzioni peculiari dell'Organo collegiale di governo, di guisa che l'approvazione o meno di quegli atti non poteva che essergli riservata.
Concretamente, la funzione svolta dalla Giunta regionale, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 4 del succitato testo unico, seppur definita dalla norma come parere (vincolante) non ha natura di funzione consultiva ( non essendo, peraltro, la Giunta un organo consultivo), bensì ha la valenza di esercizio di veri e propri poteri di amministrazione attiva, effettuando l'Organo di governo regionale la valutazione di una fattispecie in cui diviene soggetto della volontà finale; mentre l'attività posta in essere dagli Assessori (adempimenti finali) è sostanzialmente di carattere ricognitivo-conoscitivo, quella svolta dalla Giunta ha carattere volitivo e decisionale ed è una valutazione di convenienza politico-amministrativa, talchè è da ritenere certamente assoggettabile alle sue determinazioni ogni modifica, generale o parziale della pianta organica, anche se proveniente da fonte pattizia come quella contrattuale, dovendosi ritenere che la peculiarità di tale competenza comprenda sia i profili di merito che di legittimità, che espressamente le sono riservate dalla legge e rientrano specificamente tra le sue attribuzioni; essa inerisce ad una funzione di alta amministrazione, nonchè ad una competenza ordinamentale che le appartiene per tutto il settore pubblico regionale, giacchè la funzione della Giunta di esprimere l'indirizzo generale in ordine all'attività degli enti, istituti ed aziende regionali comporta la necessità di controllare l'attuazione e la conformità a quell'orientamento generale al quale gli atti più importanti degli enti (e cioè quelli indicati all'art. 4, comma 4, del testo unico) debbono essere ispirati, tenendo anche conto del loro consequenziale collegamento con il complessivo indirizzo politico amministrativo del Governo della Regione, sul quale la Giunta delibera .
Consegue da ciò che la delibera n. 519, non essendo mai divenuta esecutiva per mancata approvazione della stessa secondo i procedimenti sopra riportati, non poteva costituire presupposto delle successive delibere commissariali aventi ad oggetto lo stato giuridico ed economico dei dipendenti dell'Ente fieristico, talchè la riorganizzazione riferita nella delibera n. 519 non ha mai conseguito efficacia a causa della mancata approvazione della stessa. Al riguardo - come osservato dalla giurisprudenza contabile (in fattispecie analoga a quella trattata e relativa alla delibera adottata da un ente pubblico regionale e attinente la modifica del proprio statuto che, per legge, andava sottoposta all'approvazione della Giunta regionale) "si osserva che gli atti di approvazione rientrano nella più ampia categoria dei provvedimenti autorizzativi e, diversamente da questi ultimi che precedono l'atto autorizzato, essi seguono l'atto da approvare.
L'approvazione comporta da parte dell'autorità competente un controllo preventivo di merito, basato su una valutazione della convenienza amministrativa con riferimento all'interesse pubblico specifico da tutelare. Con l'approvazione si esprime il consenso sul contenuto del provvedimento e si agisce sull'operatività dell'atto approvato, rendendolo efficace.
I consiglieri" (n.d.r. del consiglio di amministrazione dell'ente regionale) "convenuti in giudizio sono, pertanto responsabili per aver deliberato una modifica statutaria illegittima, e perchè, nonostante la non intervenuta approvazione da parte della Regione, hanno proceduto all'adozione della seconda delibera, anch'essa non approvata". Con riferimento alle conseguenze della mancata approvazione della prima delibera sulle successive, il medesimo giudice contabile evidenzia che "La verifica dell'efficacia della prima deliberazione, ossia la verifica della sua intervenuta approvazione, presupposto necessario per l'adozione del successivo atto deliberativo, non doveva sfuggire ai componenti del Consiglio, i quali erano ben consapevoli della rilevanza della posizione che avrebbe assunto la Regione" (cfr. Corte dei conti, sez. giurisd. per la Regione Liguria, sentenza n. 904/2005 del 21 giugno 2005).
Da quanto sopra riferito emerge chiaramente l'illegittimità delle delibere successive alla n. 519 e che in quella avevano il presupposto. A tal proposito la dottrina ritiene che "il condizionamento non si riduce al fatto che la legittimità dello svolgimento di un procedimento dipenda dalla sussistenza del presupposto, costituito da un diverso provvedimento: l'atto che conclude il procedimento seccessivo deve, infatti, anche adeguarsi ed uniformarsi alle qualificazioni operate dal primo provvedimento" (cfr. Elio Casetta, "Manuale di diritto amministrativo", terza edizione, Giuffrè editore, pagg. 357-358-359). Il vizio di legittimità ravvisabile nelle delibere successive alla n. 519 - che presupponevano la stessa, essendo invero carenti del presupposto - è la violazione di legge . E, laddove (come nella fattispecie) la carenza del presupposto (approvazione della pianta organica) è stabilito in vista dell'esistenza in concreto del potere (reinquadramenti, promozioni, mansioni superiori), la violazione della relativa norma (art. 12 D.P.Reg. 44/1997 e art. 4 D.P.Reg. 70/1979) dà luogo ad un atto illecito.

3. Da quanto sopra esposto scaturisce la necessità di esercitare il doveroso esercizio del potere di autotutela da parte dell'Ente che ha posto in essere i provvedimenti invalidi, revocandoli e attenendosi, per ciò che riguarda qualifiche e inquadramenti, alla pianta organica tutt'ora vigente, senza tener conto delle mai approvate revisioni della stessa.
Con riferimento specifico alla illegittima esecuzione data alla delibera n. 522, di reinquadramento di una dipendente dell'Ente fieristico da segretario di direzione, I livello, a dirigente della segreteria generale, si evidenzia che fattispecie del tutto simile a quella di che si tratta, e relativa ad ente fieristico, è già stata sottoposta da codesto Assessorato all'avviso di questo Ufficio (parere n. 64/2002) che, non avendo motivo di discostarsi da quanto già sostenuto, nuovamente ribadisce che ai sensi dell'art. 3 della l.r. 30 aprile 1991, n. 12, l'accesso in qualifiche e profili professionali per i quali è richiesto il titolo di studio superiore a quello della scuola dell'obbligo, va disposto con pubblico concorso.
Al dipendente va attribuito però il differente trattamento economico per le mansioni superiori svolte dalla data di formale conferimento delle stesse, mentre non è legittima l'attribuzione di qualifica superiore relativa a posto da assegnare con pubblico concorso. Meno che mai è giustificabile l'attribuzione della qualifica di "dirigente" che non esiste in seno al vigente R.O. dell'Ente.
Quanto poi alla transazione oggetto della medesima delibera n. 522, la stessa è da ritenere, secondo la giurisprudenza, nulla, atteso che l'art. 2113 c.c. "Rinuncie e transazioni" "riguarda le ipotesi di rinuncia a un diritto già acquisito, mentre in caso di rinuncia ..............sui diritti, derivanti da norme inderogabili di legge ......., ancora non acquisiti nel patrimonio del rinunciante, la rinuncia viene ad assumere il valore di atto diretto a regolamentare gli effetti del rapporto di lavoro in maniera diversa da quella fissata in maniera inderogabile dalle norme di legge....., e ciò ne determina la nullità a norma dell'art. 1418 cod. civ. o l'invalidità o l'inefficacia a norma dell'art. 2077 cod. civ." (cfr. Cass., se. Lav., 08-11-2001, n. 13838 e giurisprudenza in essa richiamata; più recentemente, Cass., sez. lav., 26-05-2006, n. 12561).
Dalla citata giurisprudenza, con riferimento al caso concreto, è evidente che la transazione oggetto della delibera n. 522 ha avuto ad oggetto un diritto mai acquisito dalla dipendente dell'Ente fieristico, giacchè secondo le norme legislative e regolamentari applicate allo stesso Ente, la qualifica superiore attribuitale di capo dell'ufficio di segreteria generale, di cui alla pianta organica vigente, richiede il pubblico concorso.

4. Tutte le argomentazioni finora svolte sono valide anche per la (mai approvata) delibera n. 523, avente ad oggetto una serie di reinquadramenti che presuppongono la (altrettanto mai) avvenuta approvazione della revisione della pianta organica di cui alla delibera n. 519.

5. In ordine allo specifico quesito contenuto nella nota commissariale 7 settembre 2007, n. 4432, con la quale si sollevano perplessità in ordine alla revoca degli illegittimi provvedimenti di "progressioni di carriera o promozioni" in forza di quanto disposto dall'art. 2103 c.c., si espone quanto segue.
L'art. 2103 c.c. "Mansioni del lavoratore" dispone: "Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione. Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente all'attività svolta, e l'assegnazione stessa diviene definitiva, ove la medesima non abbia avuto luogo per sostituzione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi, e comunque non superiore a tre mesi. Egli non può essere trasferito da una unità produttiva ad una altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.
Ogni patto contrario è nullo." .

L'art. 2103 c.c., come introdotto dall'art. 13 della legge 20 maggio 1970 n. 300, "Statuto dei lavoratori" va esaminato in combinato disposto con gli artt. 37 e 40 del medesimo Statuto dei lavoratori che così, rispettivamente, dispongono:

37. "Applicazione ai dipendenti da enti pubblici.
Le disposizioni della presente legge si applicano anche ai rapporti di lavoro e di impiego dei dipendenti da enti pubblici che svolgano esclusivamente o prevalentemente attività economica. Le disposizioni della presente legge si applicano altresì ai rapporti di impiego dei dipendenti dagli altri enti pubblici, salvo che la materia sia diversamente regolata da norme speciali.".

40. "Abrogazione delle disposizioni contrastanti.
Ogni disposizione in contrasto con le norme contenute nella presente legge è abrogata.
Restano salve le condizioni dei contratti collettivi e degli accordi sindacali più favorevoli ai lavoratori.".

La giurisprudenza si è occupata spesso della questione dell'applicabilità della normativa statutaria agli enti pubblici in presenza di una specifica normativa che prevede il sistema del pubblico concorso. Il dibattito ha però principalmente riguardato la prevalenza o meno delle normative speciali che prevedono il pubblico concorso, qualora le stesse siano contenute in disposizioni anteriori all'entrata in vigore dello statuto dei lavoratori, giacchè l'art. 40 ha abrogato tutte le norme (precedenti) in contrasto con lo stesso Statuto, con salvezza, all'art. 37, delle norme speciali (anteriori) diversamente regolanti la materia se relative ai dipendenti "degli altri enti pubblici", cioè quelli non economici.
Il problema non si pone per le norme successive allo Statuto dei lavoratori diversamente disponenti, (nel senso della necessità della procedura concorsuale), con riguardo agli enti pubblici economici.
Talchè, come ampiamente argomentato dalla Corte di Cassazione, sentenza 3 giugno 2000, n. 7439, "L'ampia valenza applicativa della normativa statutaria viene in tal modo, secondo il noto brocardo lex specialis derogat generali, a restringersi, finendo per riguardare i rapporti concernenti la dipendenza dagli enti pubblici economici per i quali siano emanate leggi speciali contrarie successive all'entrata in vigore della legge n. 300 del 1970 (cfr. in tali sensi Cass. 29 maggio 1998 n. 5349 cit.). E nella stessa direzione di insuperabilità delle procedure concorsuali............si pone la statuizione di questa Corte di Cassazione secondo cui la prescrizione imperativa" (n.d.r. nella concreta fattispecie, successiva allo statuto dei lavoratori, di cui agli artt. 1 e 3 della l.r. 12/1991) " sulla necessità del concorso avendo ad oggetto non lo svolgimento bensì la costituzione del rapporto di lavoro - la cui eventuale preesistenza resta un aspetto giuridicamente irrilevante - è <> e non <> rispetto alla disposizione di cui all'art. 13 della legge 300/1970 e, quindi, non è da quest'ultima derogabile (cfr. in tali sensi da ultimo: Cass. 18 giugno 1999 n. 6146)".
La sentenza della Cassazione n. 7439/2000, va oltre le motivazioni surriportate, specificando che "L'assunto dell'inoperatività..... delle disposizioni dello statuto dei lavoratori, e specificamente dell'art. 13 di detta legge," (n.d.r. art. 2103 c.c.) "si basa però, a parere di questa Corte, su ragioni diverse............ ...................... .
E' ormai da tempo ius receptum che il rapporto tra enti pubblici economici.........ed i propri dipendenti assume natura privata......... .
Tutto quanto esposto non induce a ritenere che l'ente pubblico economico non abbia alcun potere autoritativo, dovendosi considerare non già soggetto attivo ma bensì soggetto passivo di potestà amministrativa. E' stato al riguardo osservato in dottrina che la regola per cui l'attività economica si svolge in regime di diritto privato non esclude mai del tutto che certi atti siano regolati dal diritto amministrativo, come avviene per gli atti con cui gli organi dell'ente esercitano l'autonomia statutaria o regolamentare, oppure per quelli che siano espressione dei poteri di autorganizzazione o dei poteri di supremazia gerarchica. Al riguardo è stato precisato che qualsiasi ente pubblico, e quindi anche quello economico, proprio per la sua natura non può non essere dotato di un minimum di poteri pubblici di autorganizzazione, i quali vengono poi a ripercuotersi, seppure indirettamente, sul personale dipendente.
E che anche in relazione agli enti pubblici economici debba riconoscersi una sfera di provvedimenti assoggettati a regole di diritto pubblico è stato ripetutamente affermato da questa Corte che.........dopo aver premesso che, per quanto attiene allo svolgimento dei rapporti con i propri dipendenti, gli enti pubblici economici si presentano su un piano di parità giuridica con il prestatore d'opera, ha poi precisato che, avendo la struttura e la costituzione dell'ente carattere prevalentemente pubblicistico, è possibile che determinati aspetti o momenti del rapporto di impiego o di lavoro con i propri dipendenti siano condizionati ad esigenze di pubblico interesse, ad una diversa organizzazione e ristrutturazione dell'ente stesso, con la conseguenza che, prevalendo in queste aree il profilo pubblicistico, i diritti soggettivi degradano ad interessi legittimi...... (cfr. in tali esatti termini Cass., Sez. un., 15 luglio 1993 n. 7841; Cass. 5 dicembre 1990 n. 11675 cui adde ex plurimis, sempre per lo stesso indirizzo, Cass. 9 luglio 1997 n. 6225 e, seppure in epoca risalente, Cass., Sez. Un., 23 dicembre 1970 n. 2747; Cass., Sez. Un., 21 giugno 1968 n. 2068; Cass., Sez. un., 31 marzo 1967 n. 713). ........................
Per concludere sul punto, può, dunque, affermarsi per quanto attiene l'applicazione dell'art. 37 stat. lav. agli enti pubblici economici, che il suddetto articolo consente l'applicazione immediata delle norme statutarie (con l'abrogazione di precedenti contrarie norme speciali e la salvaguardia dei contratti collettivi e degli accordi sindacali più favorevoli ai lavoratori ex art. 40 stat. lav.) riguardanti lo svolgimento dei singoli rapporti lavorativi dei dipendenti dei suddetti enti pubblici economici....... . Di contro il disposto dell'art. 13 stat. lav. e di altre norme della stessa legge nessuna efficacia abrogativa possono avere in relazione alle norme speciali destinate a garantire procedure selettive e concorsuali di assunzione del personale ed altri momenti organizzativi dell'ente, operando in questa sfera l'ente stesso con poteri che assumono, per gli obiettivi perseguiti, rilevanza pubblica".
La sentenza surriportata è stata ampiamente condivisa e richiamata dalla medesima Corte di Cassazione con altra, successiva, sentenza del 6 ottobre 2000, n. 13311 (che ha, peraltro, avuto ad oggetto fattispecie analoghe a quelle oggi esaminate e relative ad altro ente pubblico economico della Regione siciliana), che ha richiamato l'art. 2093 c.c., il quale - nell'estensione delle norme del codice civile sul lavoro nell'impresa agli enti pubblici economici - fa salve le diverse disposizioni della legge tra cui vanno a buon diritto ricomprese quelle disponenti le procedure concorsuali presso gli enti, dovendosi privilegiare, a detta della Corte, nel più garantista dei sistemi "sia il reclutamento del settore del personale dell'organizzazione, sia, e contemporaneamente, per gli avanzamenti di carriera volti ad assicurare una oggettivamente corretta dislocazione dell'intero complesso soggettivo a disposizione in ragione delle posizioni lavorative nell'ambito aziendale. E già, a questo punto, va rilevata l'assoluta insufficienza della ........... considerazione circa il conseguimento del medesimo risultato di idonea risposta alle esigenze di funzionamento dell'ente attraverso il sistema della copertura delle dette posizioni con l'attribuzione in concreto delle diverse e superiori mansioni, nonché dell'altra, ........ secondo cui la procedura concorsuale regolava soltanto l'accesso alla carica e non disciplinava l'esercizio di fatto delle relative funzioni".

Dall'ampia motivazione surriportata emerge indiscutibilmente che nessun reinquadramento poteva operare il commissario straordinario in ordine a profili che - oltre ad essere privi di efficacia per non essere mai stati approvati - andavano assoggettati - dopo la loro approvazione alla procedura concorsuale di cui all'art. 3 della l.r. 12/1991, laddove conducenti (come pare nella fattispecie) ad inquadramenti superiori rispetto a quelli precedentemente assegnati. Dovendosi, tra l'altro, precisare che nemmeno può ipotizzarsi lo svolgimento di mansioni superiori per qualifiche e profili non previsti dalla pianta organica esistente.
I provvedimenti di reinquadramento vanno tutti revocati per rimuovere le situazioni di illegittimità degli stessi, considerando, altresì, che laddove per i medesimi siano stati attribuiti livelli superiori a quelli precedentemente assegnati dalla (unica) pianta organica ancor'oggi vigente, ai dipendenti non può essere riconosciuto, ai fini economici e per il relativo periodo, nemmeno lo svolgimento delle mansioni superiori, giacchè "queste ultime non si possono giammai configurare in assenza dell'istituzione, per mancata approvazione regionale della pianta organica, del posto cui esse si riferiscono, in quanto il parametro per la valutazione del livello funzionale di una determinata posizione di lavoro non può che essere rimesso alle determinazioni degli organi competenti..........., perchè le mansioni superiori vanno valutate con riferimento alla situazione concreta, quale risulta dal disegno organizzativo delineato dagli atti a ciò preordinati, al momento in cui le stesse sono materialmente esercitate." (cfr, Consiglio di Stato, sez. V, 9 settembre 2001, n. 588).
Ancor più recentemente, in fattispecie simile a quella trattata, il Consiglio di Stato, sez. V, con sentenza 29 novembre 2005, n. 6731, ha argomentato che "L'ente......può fornirsi di una nuova organizzazione soltanto procedendo ad apposita modifica della pianta organica, atteso che la valutazione circa la nuova organizzazione burocratica non può avvenire implicitamente attraverso una delibera di generale reinquadramento del personale non sottoposta agli specifici controlli per la modifica della pianta organica.".


6. Risposta affermativa va data, infine, al secondo quesito commissariale circa l'annullabilità dei provvedimenti di assunzione in servizio di nuovo personale, senza il previo esperimento della procedura concorsuale.
In ordine alla delibera n. 521 si espone che il relativo contratto di lavoro oggetto della stessa soggiace alla previsione di cui all'art. 2126 del codice civile, "Prestazione di fatto con violazione di legge", che così dispone:
"La nullità o l'annullamento del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, salvo che la nullità derivi dall'illiceità dell'oggetto o della causa.
Se il lavoro è stato prestato con violazione di norme poste a tutela del prestatore di lavoro, questi ha in ogni caso diritto alla retribuzione.".
L'assunzione di cui all'indicata delibera è nulla per inesistenza di un atto idoneo alla costituzione di un rapporto di lavoro subordinato, salva restando l'applicabilità delle disposizioni dell'art. 2126 c.c. con riguardo alle prestazioni di fatto espletate in base all'assunzione non ratificata dai competenti organi di controllo (cfr. Cass. 16-04-1984, n. 2437).
"Il contratto di lavoro a termine instaurato in violazione del divieto di assunzione senza concorso stabilito dalla l. reg. siciliana........, che è applicabile anche al consorzio........, ente pubblico economico sottoposto a tutela e vigilanza dell'assessorato regionale........, è nullo per contrarietà a norma imperativa,...........; pertanto, al relativo rapporto di fatto si applica la norma della prima parte del 1° comma, art. 2126 c.c. (la quale, senza equiparare il contratto di lavoro invalido a quello valido, ne fa salvi gli effetti per il periodo di espletamento della prestazione lavorativa al fine della retribuibilità della medesima" (cfr. Cassazione 12-05-1990, n. 4081).
Non pare dubbio che l'assunzione di che trattasi, operata senza concorso, fuori dalla pianta organica che non prevede la qualifica di "dirigente", con delibera mai ratificata (né avrebbe potuto esserlo), ha dato luogo ad un rapporto invalido sin dall'origine, da rimuovere incontrovertibilmente, salvi i soli diritti riconosciuti dall'art. 2126 c.c. per le prestazioni di fatto (cfr., di recente Cass., sez. lav., 20-07-2001, n. 10376, in riferimento ad assunzioni senza concorso presso enti pubblici della Regione siciliana sottoposti a vigilanza della medesima (nello stesso senso Cass., sez. lav., 12-11-2002, n. 15880).
Nei termini il reso parere.
******
Ai sensi dell'art. 15, co. 2, del D.P. Reg. 16 giugno 1998, n.12, lo Scrivente acconsente sin d'ora all'accesso presso codesta Amministrazione al presente parere da parte di eventuali richiedenti.
Si ricorda poi che in conformità alla circolare presidenziale dell'8 settembre 1998,n.16586/66.98.12, trascorsi 90 giorni dalla data di ricevimento del presente parere senza che codesta Amministrazione ne comunichi la riservatezza, lo stesso potrà essere inserito nella banca dati "FONS".










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