POS. II Prot._______________/63.11.2008

OGGETTO: Diritto civile - Tutela dei dati personali - Tesserino per raccolta funghi - Indicazione gruppo ematico.




ASSESSORATO REGIONALE DELL'AGRICOLTURA E DELLE FORESTE --
Dipartimento Foreste

PALERMO








1. Con nota prot. n. 396 del 20 febbraio 2008 codesto Dipartimento, premesso che l'art.2, l.r. 1 febbraio 2006, n.3 subordina la raccolta dei funghi epigei spontanei al possesso del tesserino nominativo regionale e che la direttiva dell'Assessore dell'agricoltura e delle foreste del 14 giugno 2007 ha previsto, tra i dati che il tesserino deve contenere, l'indicazione del gruppo sanguigno, ha chiesto allo Scrivente "se il gruppo sanguigno è un dato sensibile che non può essere richiesto in quanto lesivo del diritto alla privacy dei cittadini".
Codesta Amministrazione ha precisato di essersi determinata a richiedere il gruppo sanguigno "nella malaugurata ipotesi di dovere soccorrere un soggetto intossicato o ferito (es. tagli, morsi di vipera)".


2. Sulla questione suesposta si osserva quanto segue.
La legge regionale 1 febbraio 2006, n. 3, recante "Disciplina della raccolta, commercializzazione e valorizzazione dei funghi epigei spontanei.", subordina la raccolta dei funghi epigei spontanei al possesso del tesserino nominativo regionale, che abilita alla raccolta su tutto il territorio della Regione ed è rilasciato, su istanza degli interessati, dal Comune di residenza dei medesimi, nelle ipotesi previste dalla legge (v. art.2, l.r. cit.).
Il legislatore demanda, poi, all'Assessore regionale per l'agricoltura e le foreste l'emanazione di direttive per la fissazione di modalità e criteri di rilascio del tesserino da parte dei comuni (art.2, comma 2, l.r. cit.).
Con la direttiva assessoriale 14 giugno 2007 sono stati approvati i criteri e le modalità per il rilascio del tesserino per la raccolta dei funghi epigei spontanei e si è prevista, come sottolineato da codesto Dipartimento, l'indicazione del gruppo sanguigno nel tesserino.

La questione sottoposta allo Scrivente richiede anche una preliminare analisi dell'impianto del D.Lgs. 30 giugno 2003, n.196, recante il "Codice in materia di protezione dei dati personali" (in seguito: il Codice) che, adeguandosi al quadro normativo comunitario, ha introdotto nel nostro ordinamento il diritto alla protezione dei dati personali (una prima disciplina era stata dettata con la L. 31.12.1996, n.675).

Il Codice reca una complessa normativa che garantisce che le operazioni di trattamento delle informazioni relative a qualsiasi soggetto dell'ordinamento (persone fisiche o giuridiche) avvengano in conformità alle più ampie esigenze di tutela della dignità umana, dell'identità personale, dei diritti e delle libertà fondamentali, di cui la privacy altro non è se non un aspetto di particolare delicatezza.

Il Codice è diviso in tre parti: la prima (artt. 1-45) è dedicata alle disposizioni generali, riordinate in modo tale da trattare tutti gli adempimenti e le regole del trattamento con riferimento ai settori pubblico e privato, salvo quanto previsto, in relazione ad alcuni trattamenti, dalle disposizioni integrative o modificative contenute nella Parte seconda.

In primo luogo, va ricordato che la Parte prima detta regole generali valide per tutti i trattamenti di dati personali (artt.11-17) e regole "ulteriori", diverse a seconda che il trattamento sia effettuato da soggetti privati (cui sono assimilati gli enti pubblici economici) o da soggetti pubblici (artt. 18-22). Pertanto, quando titolare del trattamento è un soggetto pubblico, ad esso si applicano, oltre alle regole valide per tutti i trattamenti, anche gli specifici principi che attengono alla qualifica soggettiva peculiare del titolare.

In secondo luogo va chiarito che, all'interno di queste due grandi categorie di trattamenti distinte in base al titolare, gli adempimenti di legge sono (parzialmente) diversi a seconda che si tratti di trattamenti aventi ad oggetto dati comuni o trattamenti aventi ad oggetto dati sensibili (cui sono assimilati i dati giudiziari).
Infatti, nel caso di trattamenti aventi ad oggetto dati personali sensibili la tutela si fa più stringente ed il legislatore appresta cautele e adempimenti particolari.

Sono dati sensibili una serie di informazioni, che rivelano gli aspetti più intimi e delicati di una persona, tassativamente indicate all'art.4, comma 1, lett. d), del Codice: i dati idonei a rivelare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l'adesione a partiti, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonchè i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale.

Tutto ciò premesso per linee generali, per quel che in questa sede interessa, è sufficiente richiamare l'attenzione sulla circostanza che qualunque trattamento di dati personali da parte di soggetti pubblici è consentito soltanto per lo svolgimento delle funzioni istituzionali (v. art.18, comma 2, del Codice).
Ciò significa che il trattamento di dati personali comuni da parte di un soggetto pubblico è consentito anche in mancanza di una norma di legge o di regolamento che lo preveda espressamente, purchè il trattamento medesimo sia comunque necessario per il perseguimento di finalità istituzionali.

Questo principio, per i dati sensibili, si specifica ulteriormente nella necessità che il trattamento di tali dati sia espressamente previsto da una norma di legge (riserva di legge: v. art.20 del Codice).
I trattamenti dei dati sensibili svolti dal soggetto pubblico devono pertanto basarsi sulla previa esistenza di una norma di legge che specifichi tipologia di dati sensibili oggetto del trattamento, modalità e tipi di operazioni di trattamento e -infine- le finalità di interesse pubblico perseguite dal soggetto pubblico.


3. Passando all'esame specifico della problematica sottoposta allo Scrivente, va innanzitutto chiarito che il dato relativo al gruppo sanguigno non rientrerebbe strictu sensu fra i dati classificati sensibili ai sensi dell'art.4, lett. d), D.Lgs. n.196/2003 in quanto, come affermato dalla Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi, "esso non è in sè idoneo a rivelare lo stato di salute nè l'origine razziale o etnica" (Commiss., 19.07.2004, n.15). E' pur vero, tuttavia, che il medesimo, attenendo alle caratteristiche genetiche dell'individuo, rientra nella più ampia categoria dei dati genetici e cioè di dati che, nel quadro della più ampia categoria dei "dati sanitari", possono essere trattati solo a determinate condizioni (v. art.90, D.Lgs. n.196/2003 cit.).

Ora, codesto Dipartimento puntualizza che l'indicazione del gruppo sanguigno avrebbe la finalità di agevolare le prime cure del soggetto "intossicato o ferito".
Al riguardo, alla luce di quanto sopra esposto, si può concludere con due ordini di considerazioni.

Innanzitutto, va rilevato che la tutela della salute non rientra -in generale- tra le competenze di codesto Assessorato (v. D.P.Reg. 28 febbraio 1979, n.70), cioè tra quelle "funzioni istituzionali", per l'esercizio delle quali il legislatore consente, come sopra visto, il trattamento di dati personali.

In secondo luogo, va rilevato che la normativa di settore sopra citata, cioè la l.r. n.3/2006 cit., nel fissare le proprie finalità, all'art.1 dispone che "1. La presente legge disciplina la raccolta e la commercializzazione dei funghi epigei spontanei, al fine di salvaguardare l'ambiente, la salute pubblica e di promuovere, nel rispetto della conservazione del patrimonio naturale, l'incremento dei fattori produttivi e dell'economia locale.
2. Con riferimento alla commercializzazione, ai controlli e alla disciplina sanitaria si applicano, in quanto compatibili, le norme della vigente normativa regionale e della legge 23 agosto 1993, n. 352, e del decreto del Presidente della Repubblica 14 luglio 1995, n. 376.".
E la citata normativa statale contempla, tra le sue finalità, la tutela della salute pubblica con riferimento al momento della vendita dei funghi: v. artt.2 e 3, D.P.R. n.376/1995 ( in particolare, l'art.3, D.P.R. cit. dispone che "La vendita dei funghi freschi spontanei destinati al dettaglio è consentita, previa certificazione di avvenuto controllo da parte dell'azienda USL ....") che, comunque, affidano il previsto controllo alle AUSL.

Non può però evincersi dal predetto corpus normativo una finalità di tutela della salute correlata al rilascio del tesserino. Il rilascio del tesserino, nell'impianto della legge, si ricollega piuttosto alla diversa finalità di consentire la raccolta dei funghi con modalità tali da rispettare l'ambiente (il possesso del tesserino abilita alla raccolta di un certo quantitativo di funghi al giorno o alla raccolta a fini scientifici), in modo da contemperare le opposte esigenze, da un lato, di "conservazione del patrimonio naturale" e, dall'altro, dell' "incremento dei fattori produttivi e dell'economia locale" (v. art.1, l.r. n.3/2006 cit.).

Quanto detto esclude la possibilità per codesto Dipartimento di raccogliere l'indicazione relativa al gruppo sanguigno.
Nelle superiori considerazioni è il parere dello Scrivente.

A termini dell'art. 15 del regolamento approvato con D.P.Reg. 16 giugno 1998, n. 12, lo Scrivente acconsente alla diffusione del presente parere in relazione ad eventuali domande di accesso inerenti il medesimo.
Codesta Amministrazione vorrà comunicare, entro novanta giorni dalla ricezione, l'eventuale possibilità che il parere stesso inerisca una lite, ovvero se intende differirne la pubblicazione sino all'adozione di eventuali provvedimenti amministrativi. Decorso tale termine senza alcuna comunicazione in tal senso si consentirà la diffusione sulla banca dati "FoNS", giusta delibera di Giunta regionale n. 229 dell'8 luglio 1998.


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