Pos. II  Prot. N. / 78.11.08 



Oggetto: Servizi socio-assistenziali -Reddito per l'accesso e per la compartecipazione ai costi.




Allegati n...........................




ASSESSORATO REGIONALE DELLA FAMIGLIA,
DELLE POLITICHE SOCIALI E DELLE
AUTONOMIE LOCALI
Dipartimento della famiglia, delle politiche
sociali e delle autonomie locali
PALERMO




1 - Con nota del servizio 3, prot. 560 del 27 febbraio 2008 pervenuta allo Scrivente il successivo 7 marzo, codesto Dipartimento ha posto a quest'Ufficio il seguente quesito.
Premesso che il D.A. 15 aprile 2003 "Accesso agevolato ai servizi sociali. Criteri unificati di valutazione economica" fa riferimento al reddito familiare quale requisito reddituale per l'accesso ai benefici previsti, viene segnalata una sentenza del TAR Catania ( n. 42 del 2007 ) che, con riferimento al comma 2 ter dell'art. 3 del d. lgs. n. 109 del 1998 come introdotto dall'art. 3 del d. lgs. n. 130 del 2000, ha ritenuto che, nonostante la mancata emanazione del D.P.C.M. previsto nello stesso, da adottarsi "al fine di favorire la permanenza dell'assistito presso il nucleo familiare di appartenenza e di evidenziare la situazione economica del solo assistito..", la situazione economica da considerare ai fini della determinazione delle modalità di contribuzione al costo delle prestazioni sia quella del solo assistito e non del nucleo familiare, ravvisando nella suindicata disposizione normativa "una prescrizione immediatamente precettiva che non necessita di disposizioni attuative di dettaglio".
A tale proposito codesto Dipartimento chiede l'avviso dello Scrivente sulla legittimità del suindicato decreto assessoriale del 15 aprile 2003 "nella parte in cui prende come riferimento il reddito familiare per la definizione delle soglie di accesso e compartecipazione ai servizi socio-assistenziali dei disabili gravi o anziani non autosufficienti".
Altro quesito posto con la stessa nota riguarda l'interpretazione della norma contenuta nell'allegato alla l.r. n. 16 del 1986 come modificato dall'art. 13, c.7, della l.r. n. 33 del 1991 che, nelle "Direttive ai comuni per gli interventi di aiuto domestico, di sostegno economico e di assistenza abitativa alle famiglie", fissa in 20 milioni di lire (aumentato del 20% per ogni unità familiare oltre la terza ) l'ammontare imponibile del reddito per la gratuità del servizio e, per la compartecipazione al costo del servizio, fissa la misura del 20% "quando il reddito complessivo, ivi compresa la maggiorazione del 20 per cento applicabile ad ogni unità familiare oltre la terza, non superi una volta e mezza il reddito medesimo;..".
Codesto Dipartimento, nel rilevare che il testo originario del citato allegato disponeva per la compartecipazione alle spese la misura del 20% "quando il reddito complessivo di cui sopra non superi l'ammontare imponibile di lire 30 milioni" richiama l'art. 8 della stessa legge regionale n. 16 del 1986 che recita: " I limiti di reddito per l'accesso ai servizi ed agli interventi previsti dal piano allegato alla presente legge possono essere adeguati con decreto motivato del Presidente della Regione, su proposta degli Assessori regionali per gli enti locali e per la sanità, avendo riguardo al tasso di inflazione".
Considerato che il previsto adeguamento non ha avuto luogo, codesto Assessorato, su richiesta di diverse amministrazioni comunali, ha comunicato di interpretare l'espressione sopra sottolineata come segue :" quando il reddito complessivo non superi di una volta e mezza il reddito medesimo", valutando in L. 50 milioni anziché in L. 30 milioni il limite di reddito per la partecipazione al 20% della spesa dei servizi erogati.
Su tale questione viene chiesto l'avviso dell'Ufficio.

2 - Relativamente al secondo quesito sopra esplicitato, la sua soluzione non può che ancorarsi ad una attenta lettura della formulazione del testo originario rispetto al testo modificato con la l.r. n. 33 del 1991, anche perchè dall'esame dei lavori preparatori dei testi normativi non è stata ricavata alcuna utile indicazione.
Il testo originario dell'allegato alla l.r. n. 16 del 1986, indicava il reddito complessivo familiare da considerare come limite per l'attribuzione dei benefici a titolo gratuito ( 20 milioni ), senza previsione di alcuna possibile maggiorazione di tale limite.
Come rilevato da codesto Dipartimento, la partecipazione alla spesa per l'erogazione del servizio veniva fissata al 20% se il reddito non superava l'ammontare imponibile di 30 milioni e nella misura del 50% in caso di superamento di tale somma.
Il comma 7 dell'art. 13 della legge regionale n. 33 del 1991 ha apportato le seguenti modifiche alle suddette disposizioni : il limite di 20 milioni fissato per la gratuità delle prestazioni viene aumentato del 20 per cento per ogni unità familiare oltre la terza; la partecipazione al costo del servizio reso viene fissata nella misura del 20 per cento quando il reddito complessivo, ivi compresa la suddetta maggiorazione, non superi una volta e mezza il reddito medesimo e nella misura del 50 per cento in caso di superamento del detto limite.
Considerato che nella primitiva formulazione tale percentuale di partecipazione era prescritta per 30 milioni, ossia per una cifra pari ad una volta e mezza la cifra prevista per la gratuità, con la modifica apportata dalla l.r. n. 33 del 1991 si è reso necessario esplicitare lo stesso criterio abbandonando l'indicazione della cifra fissa ed optando, invece, per l'indicazione di un parametro più confacente alla nuova previsione della eventuale maggiorazione dovuta al numero dei familiari conviventi.
Infatti, atteso che la suddetta maggiorazione rendeva variabile il requisito reddituale per la gratuità, la parametrazione della partecipazione dei beneficiari al costo del servizio necessitava di un criterio adattabile alle possibili variazioni della base di calcolo. Così, per esemplificare il suindicato concetto, ove il nucleo familiare sia costituito da quattro unità il reddito per la gratuità sarà di 24 milioni. La partecipazione del 20%, volendo mantenere la proporzione originariamente prevista tra i limiti di reddito, scatterà con il superamento del reddito di 36 milioni (una volta e mezzo 24 ).
Si ritiene, pertanto, che la modifica apportata dalla l.r. n. 33 del 1991 non sia stata dettata da un'esigenza di adeguamento degli importi all'andamento del costo della vita ( cui, soccorre, peraltro l'art. 8 della l.r. n. 16 del 1986 citato in premessa ), ma dall'esigenza di fissare un meccanismo di calcolo che garantisca la proporzionalità fissata dal legislatore del 1986 tra le fasce di reddito riguardate. Tale meccanismo, peraltro, è funzionale, altresì, all'eventualità dell'adeguamento dei limiti di reddito per l'accesso ai servizi previsto dal suddetto art. 8 con riguardo al tasso di inflazione al quale non deve, così, necessariamente conseguire una modifica della norma relativamente al reddito per la partecipazione al costo del servizio.

In ordine al primo quesito, ossia alla considerazione della legittimità del D.A. del 15 marzo 2003 relativamente ai criteri di valutazione del reddito per l'accesso agevolato ai servizi sociali, alla luce della sentenza del TAR Catania n. 42 del 2007 si esprimono le seguenti considerazioni.
Il decreto legislativo n. 109 del 1998 individua in via generale le modalità con cui si determinano criteri di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate. A tal fine, in via generale, vengono inclusi in detta valutazione anche i redditi prodotti dai familiari del richiedente.
Con il decreto legislativo n. 130 del 2000 il legislatore è intervenuto sulla materia, ponendo, per quanto qua interessa, una eccezione per le "prestazioni sociali agevolate assicurate nell'ambito di percorsi assistenziali integrati di natura sociosanitaria, erogate a domicilio o in ambiente residenziale a ciclo diurno o continuativo, rivolte a persone con handicap permanente grave ...nonché a soggetti ultra sessantacinquenni la cui non autosufficienza..sia accertata dalla aziende unità sanitarie locali". Per tali prestazioni viene disposto che" le disposizioni del presente decreto si applicano nei limiti stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri...adottato..al fine di favorire la permanenza dell'assistito presso il nucleo familiare di appartenenza e di evidenziare la situazione economica del solo assistito, anche in relazione alle modalità di contribuzione al costo della prestazione..".
Il TAR Catania, con la sentenza n. 42 dell'11 gennaio 2007, ha ritenuto immediatamente applicabile il criterio di calcolo sulla base del solo reddito personale dell'assistito, pur in assenza del previsto D.P.C.M., "trattandosi di prescrizione immediatamente precettiva, che non necessita di disposizioni attuative di dettaglio". Così viene ritenuta illegittima la disposizione oggetto di ricorso (norma del regolamento del servizio di assistenza domiciliare anziani e portatori handicap del distretto socio sanitario) nella parte in cui nella determinazione delle fasce di reddito non è stato prescritto che "bisogna tenere conto della situazione economica del solo assistito, e non della situazione reddituale del nucleo familiare dell'utente".
Detta pronuncia suscita, a parere dello Scrivente, talune perplessità.
Vero è che la mancata emanazione del D.P.C.M. non può considerarsi in sé ostativa all'applicazione delle norme contenute nel decreto legislativo che lo richiama, in quanto la precettività di una norma non può essere condizionata indefinitivamente all'emanazione della disposizione attuativa, configurandosi così come norma meramente programmatica. Il carattere precettivo e non meramente programmatico della norma, va, comunque, rilevato quando la fattispecie enunciata presenti un'autosufficienza operativa rispetto alla quale la norma strumentale in itinere può incidere solo sotto profili di migliore funzionalità senza inibire, in sua assenza, gli ordinari effetti già possibili.
Nella fattispecie legislativa in esame, la norma dispone che il D.P.C.M. è adottato "al fine di evidenziare la situazione economica del solo assistito". La sua formulazione induce a consentire, in fase di norma di attuazione, uno spazio di operatività nell'ambito della considerazione privilegiata ( e non esclusiva ) del reddito dell'assistito. Così, nello stabilire i limiti di applicabilità alle ipotesi in discorso delle norme dettate in via generale dal decreto legislativo, il previsto D.P.C.M. potrebbe attribuire pesi diversi al reddito del destinatario del beneficio ed ai redditi dei componenti il nucleo familiare.
Tuttavia, mancando attualmente ogni riferimento a criteri certi di valutazione della situazione reddituale in questione che consentano un'applicazione parziale dell'attuale disciplina, l'applicabilità delle regole dettate dal decreto assessoriale 15 aprile 2003 non potrebbe essere corretta ma occorrerebbe avere esclusivo riguardo al reddito dell'assistito.
Infatti, nonostante le considerazioni manifestate dallo Scrivente, si ha la consapevolezza che la pronuncia giurisprudenziale in parola non può essere ignorata al fine di evitare sicuri contenziosi da essa scaturenti. Si consiglia, però, nella valutazione della sua pedissequa osservanza, di assumere informazioni sulla sua forza di cosa giudicata. In caso, infatti, di elevato appello avverso la detta sentenza, essendo la questione ancora sub iudice, sarebbe giustificato in tale fase applicare la disciplina finora vigente.

3 - A' termini dell'art. 15 del regolamento approvato con D.P.Reg. 16 giugno 1998, n. 12, lo Scrivente acconsente alla diffusione del presente parere in relazione ad eventuali domande di accesso inerenti il medesimo.
Codesta Amministrazione vorrà comunicare, entro novanta giorni dalla ricezione, l'eventuale possibilità che il parere stesso inerisca una lite, ovvero se intende differirne la pubblicazione sino all'adozione di eventuali provvedimenti amministrativi. Decorso tale termine senza alcuna comunicazione in tal senso si consentirà la diffusione sulla banca dati "FONS", giusta delibera di Giunta regionale n. 229 dell'8 luglio 1998.




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