Pos. I Prot. __9641___/131.2008.11

OGGETTO: Contratti ed obbligazioni della P.A.- Appalti di servizi.- Affidamento in house.- Connotazione del controllo analogo.

ASSESSORATO REGIONALE
INDUSTRIA
Dipartimento industria
(Rif. nota n. 17175 del 29 aprile 2008)

e, p.c. ASSESSORATO REGIONALE
BILANCIO E FINANZE
Dipartimento bilancio e tesoro

L O R O S E D I

1.- Con la nota emarginata, richiamata la sottoscrizione di una convenzione con la XXXX S.p.a. con cui si è convenuto e disciplinato l'affidamento in house a detta Società di taluni servizi da espletarsi in favore dell'Amministrazione regionale, ed attesa l'avvenuta costituzione, con decreto assessoriale n. 1301 del 31 luglio 2007, di un Comitato di controllo destinato, in conformità a quanto previsto dall'art. 16 ter dello Statuto sociale, a consentire alla Regione di esercitare nei confronti della Società un "controllo sulla gestione, analogo a quello esercitato sui propri servizi", si chiede in buona sostanza allo scrivente di voler connotare in maniera più dettagliata possibile le forme di tale controllo analogo e, conseguentemente, individuare gli atti sui quali lo stesso possa, e debba, essere, efficacemente e legittimamente, esercitato.
La richiesta consulenza risulta finalizzata a valutare la correttezza, completezza e legittimità dei contenuti degli atti assessoriali assunti a tal proposito e finalizzati, in particolare, a disciplinare i poteri dell'anzidetto Comitato - oggetto invero di rilievi da parte della Società interessata - ed a individuare gli atti e le decisioni su cui esercitare il controllo in questione.

2.- Sulla complessa problematica proposta in ordine all'ambito ed alle modalità di esercizio del c.d. controllo analogo si osserva quanto segue.

La giurisprudenza comunitaria, cui sostanzialmente si deve l'elaborazione del concetto di controllo analogo, inizialmente ha affermato (cfr. sentenza 18 novembre 1999 in causa 107/98, c.d. Teckal) che, per l'affidamento di un appalto pubblico può prescindersi dall'espletamento di una procedura di gara, laddove l'ente pubblico committente eserciti sull'ente concessionario un "controllo analogo a quello da esso esercitato sui propri servizi" e al contempo il beneficiario dell'affidamento diretto realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o con gli enti locali che lo controllano.
Al fine di chiarire il significato dell'espressione utilizzata dalla Corte di giustizia, la Commissione europea (cfr. nota 26 giugno 2002, diretta al Governo italiano, richiamata in Consiglio di Stato, Sezione V, ordinanza 22 aprile 2004, n. 2316) ha affermato che "affinché tale tipo di controllo sussista non è sufficiente il semplice esercizio degli strumenti di cui dispone il socio di maggioranza secondo le regole proprie del diritto societario", puntualizzando che "il controllo contemplato nella sentenza Teckal fa infatti riferimento ad un rapporto che determina, da parte dell'amministrazione controllante, un assoluto potere di direzione, coordinamento e supervisione dell'attività del soggetto partecipato, e che riguarda l'insieme dei più importanti atti di gestione del medesimo."
Alla luce di tale orientamento si è ritenuto che il previsto penetrante potere di vigilanza cui l'affidatario deve essere assoggettato determini l'insorgere di un rapporto equivalente, ai fini degli effetti pratici, ad una relazione di subordinazione gerarchica, quale quella che si verifica laddove sussista da parte dell'ente pubblico un controllo gestionale e finanziario stringente nei confronti dell'ente affidatario.
Le decisioni giurisprudenziali successivamente intervenute sul punto - nel presupposto che l'affidamento diretto costituisca eccezione alle regole generali del diritto comunitario, poste a presidio dei principi di concorrenza, di libera prestazione dei servizi e di non discriminazione - hanno asserito (cfr. sentenza 11 gennaio 2005, in causa 26/2003, c.d. Stadt Halle) che qualsiasi deroga all'applicazione della normativa comunitaria in materia di appalti pubblici va dunque interpretata restrittivamente e che quindi, al fine di configurare la sussistenza del requisito del c.d. controllo analogo, la partecipazione pubblica totalitaria costituisce elemento necessario per integrare il requisito, e il potere esercitato non può limitarsi ad una verifica successiva sulla gestione, attraverso l'approvazione del bilancio, né ridursi al mero esercizio del potere di nomina dei rappresentanti dell'ente pubblico negli organi sociali, ma deve configurare un controllo attuale, puntuale e concomitante all'attività gestionale della società partecipata.
In altri termini, come ha avuto modo di sintetizzare il TAR Puglia (cfr. sentenza 8 novembre 2006, n. 5197), sulla base di quanto puntualmente asserito dalla Corte di giusizia (cfr. sentenza 13 ottobre 2005, in causa 458/2003, c.d. Parking Brixen), al fine di valutare la sussistenza del controllo analogo, occorre esaminare e tenere conto di tutte le disposizioni normative e delle circostanze pertinenti, e "da quest'esame deve risultare che l'ente concessionario ... è soggetto ad un controllo che consente all'autorità pubblica di influenzarne le decisioni." La possibilità di influenza riconosciuta all'ente affidante deve conseguentemente avere un carattere "determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti". Laddove dunque un ente concessionario fruisca "di un margine di autonomia caratterizzato [dalla sussistenza] di ampi poteri di gestione [quali desumibili dalla riconosciuta facoltà di adottare tutti gli atti ritenuti necessari per il conseguimento dell'oggetto sociale senza alcuna possibilità di interferenza da parte dell'affidatario] è escluso che l'autorità pubblica concedente eserciti ... un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi".
I successivi pronunciamenti giurisprudenziali, sia comunitari che nazionali, hanno sostanzialmente ribadito che il requisito del controllo analogo - condizione necessaria e imprescindibile per la configurazione dell'in house providing - comporta un controllo strutturale tale da comprimere l'autonomia decisionale dell'ente partecipato giungendo ad affermare (cfr. T.A.R. Lombardia, sentenza 17 luglio 2006, n. 1837) "che il suddetto modello implica che la società affidataria sia in sostanza nient'altro che una sorta di diramazione organizzativa dell'ente locale, privo di una sua autonomia imprenditoriale e di capacità decisionali distinte da quelle dell'ente stesso".

Tali radicali affermazioni hanno provocato perplessità di una parte della dottrina (cfr. Griffi, "L'in house providing: un de profundis rinviato?",in Quaderni del DAE, Rivista di diritto amministrativo elettronico, 2006) che si è chiesta se i presupposti richiesti per la compatibilità di un affidamento diretto con la normativa comunitaria confliggano sostanzialmente con l'ordinamento societario e contrastino con i poteri puntualmente ascritti agli organi sociali, indebitamente comprimendo l'autonomia imprenditoriale ed il potere decisionale ad essi proprio.
La XXXX S.p.a., condividendo di fatto le anzidette preoccupazioni e richiamando in particolare le disposizioni codicistiche che imputano esclusivamente agli amministratori la gestione dell'impresa e circoscrivono con precisione il (limitato) diritto d'informazione spettante ai soci, esprime i propri dubbi circa la legittimità di un controllo analogo da espletarsi in modo generalizzato sull'intera attività della Società - con valutazioni in ordine alle scelte gestionali operate e con l'esercizio, persino, di un potere sospensivo sugli atti adottati - citando a supporto la sentenza 4 settembre 2007, n. 719, del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, da cui si desumerebbe che la scelta del modulo organizzatorio della società per azioni risponderebbe fondamentalmente ad esigenze di snellezza e flessibilità; esigenze che invero sarebbero inficiate da un controllo tanto spinto ed incisivo.

Pur non disconoscendo il fondamento delle considerazioni esposte dalla Società interessata, si osserva che il C.G.A., ampiamente argomentando in seno alla sentenza appena citata e delineando il carattere dell'impresa assegnataria in house, ha testualmente affermato che "questo imprenditore non può essere un vero imprenditore. Egli non rischia, costituisce solo un braccio operativo della Pubblica amministrazione".
Sempre secondo il citato giudice amministrativo infatti "l'Unione Europea, [a tutela] del principio della concorrenza ed [al fine di] garantire la completa parità di accesso di tutte le imprese europee al monte dei contratti pubblici, ... pretende che un tale imprenditore non abbia margini e discrezionalità".
Citando poi l'ampia e costante giurisprudenza comunitaria in materia il C.G.A. afferma che il "concetto di controllo analogo si risolve in quello di "dipendenza", ... che ciò presuppone ... un'influenza determinante da parte del soggetto affidante sia sugli obiettivi strategici sia sulle decisioni importanti ..., sia sulle attività gestionali direttamente connesse al raggiungimento degli scopi sociali [e che], il controllo analogo, nella visione della Corte europea, [che pure, come lo stesso giudice asserisce, si è astenuta dal dettare un decalogo espresso e puntuale] è costituito da una serie di poteri pregnanti: a) determinazione dell'o.d.g. del Consiglio di amministrazione ...; b) indicazione dei dirigenti; c) elaborazione delle direttive sulla politica aziendale".
Conseguentemente "non è sufficiente un mero controllo a posteriori ..., perchè, per definizione, un tale controllo non consente alle pubbliche autorità di influenzare preventivamente (atteso che un'influenza successiva è una contraddizione logica) le decisioni dell'organismo interessato in materia di appalti pubblici, [ma, per configurare la sussistenza di un controllo analogo è indispensabile che venga esercitato] un controllo attivo sulla gestione della ... società, [che comporti] poteri ispettivi diretti e concreti, [e] la totale dipendenza dell'affidatario diretto in tema di strategie e politiche aziendali".

Come appare dunque emergere con chiarezza dalla articolata pronuncia del Consiglio di giustizia amministrativa, le potestà di ingerenza della pubblica amministrazione affidante devono necessariamente essere pregnanti ed incisive al fine di garantire quel controllo strutturale il cui concreto esercizio si pone quale presupposto imprescindibile per legittimare l'avvenuto affidamento diretto.
Le disposizioni assessoriali all'uopo impartite, come risultano peraltro a seguito dei chiarimenti e delle puntualizzazioni fornite con apposite direttive, non sembra dunque che si pongano in contrasto con quanto in sede giurisprudenziale, nazionale e comunitaria, sancito, essendo viceversa coerenti rispetto alla finalità propria del controllo analogo e finalizzate proprio a consentirne un idoneo espletamento.
Ancora si osserva che le modalità previste negli atti assessoriali in commento per l'esercizio del controllo sembrano conformi con quanto a tal proposito sancito nel recente Atto di indirizzo per le società partecipate dalla Regione - formalizzato con apposita nota presidenziale prot. 25732 del 14 maggio 2008, dell'Assessorato regionale del bilancio e delle finanze, Dipartimento bilancio e tesoro - in cui si ribadisce che il controllo analogo comporta la "sussistenza di un controllo specifico non solo sulle procedure formali di manifestazione di volontà (contratti) ma anche sulle politiche aziendali, per garantire che esse non si evolvano in direzione contraria o comunque diversa dai semplici e stringenti bisogni tecnici dell'azionista" e necessita di "interventi sostanziali che garantiscano il pieno controllo dell'attività posta in essere dalle società pubbliche".
Come ha avuto modo di osservare anche la Corte dei conti, Sezione di controllo per la Regione siciliana, in sede di esame di taluni decreti dirigenziali (cfr. per tutte, deliberazione n. 10/2008 emanata nell'adunanza del 27 febbraio 2008), per prefigurare il controllo analogo è necessario il riconoscimento di "maggiori strumenti di controllo da parte dell'ente rispetto a quelli previsti dal diritto civile", e nel garantire questi ultimi non sembra che le disposizioni e le direttive assessoriali relative a XXXX S.p.a., ed in particolare il prefigurato controllo preventivo (con finanche un effetto sospensivo) abbiano ecceduto i limiti ad esse propri né che possano considerarsi, sotto gli enunciati profili, lesive del soggetto societario.

3.- Il presente parere viene inviato - per conoscenza ed in ragione delle competenze allo stesso ascritte - all'Assessorato regionale del bilancio e delle finanze, Dipartimento bilancio e tesoro, al fine di renderlo partecipe dell'avviso dello scrivente, e di consentirgli altresì di formulare proprie, ulteriori, osservazioni al riguardo, alla cui stregua, eventualmente, questo Ufficio, si riserva ogni utile approfondimento.

4.- Ai sensi dell'art. 15, comma 2, del "Regolamento del diritto di accesso ai documenti dell'Amministrazione regionale", approvato con D.P.Reg. 16 giugno 1998, n. 12, lo scrivente comunica preventivamente di acconsentire all'accesso al presente parere, presso codesto Dipartimento, da parte di eventuali soggetti richiedenti.
Si segnala inoltre che, laddove Codesta Amministrazione entro novanta giorni dalla ricezione, non comunichi l'esistenza di motivi ostativi, si procederà, giusta delibera della Giunta regionale n. 229 dell'8 luglio 1998, all'inserimento del presente parere nella banca-dati "FoNS", ed alla conseguente diffusione.


Regione Siciliana - Ufficio legislativo e legale
Ogni diritto riservato. Qualunque riproduzione, memorizzazione, archiviazione in sistemi di
ricerca ,anche parziale, con qualunque mezzo, è vietata se non autorizzata.
All rights reserved. Part of these acts may be reproduced, stored in a retrieval system or
transmitted in any form or by any means, only with the prior permission.

Ideazione grafica e programmi di trasposizione © 1998-2008 Avv. Michele Arcadipane
Revisione e classificazione curata da Avv. Francesca Spedale