Pos. 1   Prot. N. 17315 - 149.09.11 Palermo, 03/11/2009 



Oggetto: Beni culturali. Immobili. Alienabilità ex art. 55 D.Lgs. n. 42/2004. Limiti.










ASSESSORATO REGIONALE DEI BENI CULTURALI AMBIENTALI E DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE.

Dipartimento regionale dei beni culturali e ambientali, dell'educazione permanente e dell'architettura e dell'arte contemporanea.

PALERMO








1. Con la nota suindicata codesto Dipartimento chiede allo Scrivente di esprimersi in merito alla possibilità di alienare un immobile assoggettato alle disposizioni di tutela del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 42/2004).
In particolare, il Dipartimento richiedente riferisce che il sindaco di XXX, ha chiesto allo stesso Dipartimento e alla Soprintendenza di XXX, ai sensi dell'art. 12 del precitato D.Lgs. 42/2004, la verifica dell'interesse culturale dell'immobile denominato "XXX", di proprietà comunale.

Nella medesima istanza del Comune viene, poi, chiesta, ai sensi dell'art. 55 del precitato D.Lgs. 42/2004, l'autorizzazione all'alienazione parziale dell'immobile e, più precisamente, all'alienazione di alcuni vani posti a piano terra dello stesso immobile.
Nell'evidenziare che l'immobile in argomento, acquistato dal medesimo Comune con finanziamento regionale e con destinazione di sede espositiva, è già stato dichiarato di interesse storico - artistico ai sensi della previgente legge 1089/1939, il richiedente Dipartimento segnala che la Soprintendenza di XXX a seguito dell'istanza del Comune verificava la sussistenza dell'interesse storico del bene immobile e, concludendo il procedimento previsto dall'art. 12 del D.Lgs. 42/2004, ne confermava la sottoposizione alle disposizioni in materia di tutela del patrimonio culturale.
Circa la richiesta di autorizzazione alla alienazione di parte dell'immobile, la predetta Soprintendenza, attesa l'appartenenza del bene al demanio culturale indisponibile del comune e considerato il particolare vincolo di destinazione d'uso (derivante dalle modalità di acquisizione) cui l'immobile è sottoposto, riteneva di opporre il proprio motivato rifiuto.
In merito alle motivazioni che hanno portato la Soprintendenza alla predetta decisione il Dipartimento richiedente manifesta talune perplessità.
Con riguardo al primo motivo rileva, infatti, che le affermazioni della Soprintendenza dovrebbero ritenersi superate alla luce della nuova formulazione dell'art. 53, comma 2 del D.Lgs. 42/2004 che prevede espressamente l'inalienabilità relativa dei beni del demanio culturale.
Sempre in ordine al medesimo motivo, codesto Dipartimento riferisce che anche a voler attribuire ai beni in discorso il carattere dell'inalienabilità dovuta alla assimilazione alla categoria dei beni "immobili dichiarati d'interesse particolarmente importante" (art. 54, comma 1, lett. d-bis) D.Lgs. 42/2004) "a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell'arte, della scienza, della tecnica, dell'industria e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell'identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose" (art. 10, comma 3, lett. d) D.lgs. 42/2004), nella decisione della Soprintendenza non si rinvengono gli elementi necessari a tale riconoscimento.
Circa il secondo motivo di rifiuto, relativo al vincolo di destinazione, il Dipartimento richiedente ritiene che "manca qualsivoglia statuizione nella legge istitutiva del beneficio". A tal fine, riportando quanto espresso dal comune interessato, segnala che "i locali oggetto della richiesta non presentano alcun interesse storico artistico e che, in fattispecie analoghe, quali la normativa relativa al POR 2000-2006, il vincolo di destinazione è limitato a dieci anni.".
Sulla questioni esposte si chiede il parere dello Scrivente.

2. Al fine di dare soluzione ai quesiti posti sembra che, in via preliminare, vada precisato brevemente il quadro normativo, recentemente interessato dagli interventi correttivi apportati dal decreto legislativo 26 marzo 2008, n. 62, interventi che, come evidenziato nella relazione illustrativa allo stesso decreto legislativo, sono stati dettati, tra l'altro, dall'esigenza di definire una più stringente disciplina di controllo, da attuarsi anche attraverso il recupero dell'impianto normativo del D.P.R. n. 283 del 2000.
Ed infatti, l'articolo 54 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 42/2004), come riformulato a seguito delle precitate modifiche individua i beni inalienabili prevedendo: al comma 1 le fattispecie di inalienabilità permanente concernenti precise tipologie di beni ascrivibili al demanio culturale e al comma 2 le fattispecie di inalienabilità temporanea (lettera a), con riguardo a tipologie di beni pubblici per i quali il procedimento di verifica ai sensi dell'art. 12 non si è concluso e che soggiacciono a un regime di inalienabilità provvisoria in attesa di essere definitivamente sottoposti o esclusi dall'applicazione della disciplina di tutela; il medesimo comma 2 prevede, inoltre, le fattispecie di inalienabilità permanente concernenti beni pubblici non demaniali (lettera c).
Il successivo articolo 55 detta le modalità e le condizioni per la presentazione della richiesta e per il rilascio di autorizzazione all'alienazione di beni immobili che siano appartenenti al demanio culturale.
L'ambito di applicabilità di tale disposizione riguarda tutti gli immobili del demanio culturale riconosciuti d'interesse storico - artistico o comunque rientranti nella tipologia di immobili di cui all'articolo 822 del codice civile, appartenenti allo Stato, alle regioni ed agli altri enti territoriali con esclusione di quelli che rientrano nelle tipologie considerate dal citato articolo 54, comma 1 (immobili di interesse archeologico, immobili dichiarati monumenti nazionali a termini della normativa all'epoca vigente, immobili di interesse c.d. "storico-relazionale" e "storico-identitario").
La procedura di autorizzazione per i suddetti immobili prevede la produzione, da parte dei richiedenti, di una documentazione atta ad acquisire, quali elementi valutativi, l'indicazione degli obiettivi di valorizzazione che si intendono perseguire con l'alienazione del bene e l'indicazione della destinazione d'uso prevista anche in funzione degli obiettivi di valorizzazione.
Il provvedimento di autorizzazione, rilasciato su parere della Soprintendenza, detta le prescrizioni e condizioni in ordine alle misure di conservazione programmate (lett. a), stabilisce le condizioni di fruizione pubblica del bene, tenuto conto della situazione conseguente alle precedenti destinazioni d'uso (lett. b) e si pronuncia sulla congruità delle modalità e dei tempi previsti per il conseguimento degli obiettivi di valorizzazione indicati nella richiesta (lett. c) ponendosi, peraltro, come norma speciale propria del regime di dismissione o di valorizzazione degli immobili pubblici di interesse culturale, ivi previsti.
Non può rilasciarsi autorizzazione qualora la destinazione d'uso proposta sia suscettibile di arrecare pregiudizio alla conservazione e fruizione pubblica del bene o comunque risulti non compatibile con il carattere storico e artistico del bene medesimo (comma 3-bis art. 55).
Premessa la breve disamina della normativa cui si collega il quesito e tornando al concreto caso posto da codesto Dipartimento si esprimono le seguenti considerazioni.
In primo luogo, dalla documentazione allegata alla richiesta si evince che l'immobile di cui trattasi, già considerato di "interesse storico artistico particolarmente importante ai sensi degli artt. 1 e 4 della legge 1089/1939" e sottoposto, su richiesta del Comune proprietario, alla verifica ex art. 12 del D.Lgs. 42/2004 e successive modificazioni, è stato con d.d.s. del 22 luglio 2009 dichiarato di interesse culturale ai sensi dell'art. 10, comma 1 del predetto Codice dei beni culturali e sottoposto alle disposizioni ivi contenute.
Tale decreto è stato, con nota 23 gennaio 2009, trasmesso alla Soprintendenza, oltre che per gli adempimenti di trascrizione, al fine di emettere il parere in merito all'autorizzazione all'alienazione, ai sensi dell'art. 57 (rectius art. 55) del D.L.gs. 42/2004, di alcuni vani a piano terra.
Con nota del 29 aprile 2009 la Soprintendenza ha ribadito il contenuto della nota del 26 febbraio 2008 (definita nota interlocutoria) e stabilito che "i locali oggetto della proposta alienazione non sono....per i richiamati impedimenti normativi primari (artt. 21 l.r. 80/77; 824 Codoce civile; e 53 Codice dei beni culturali) e secondari (D.A. 1867/79) cedibili né destinabili....a servizi diversi da quelli culturali per i quali sono stati acquisiti...".
Riassunti gli elementi fattuali della questione in esame lo Scrivente non può non rilevare taluni difetti nei presupposti che gli atti sopradescritti presentano.
Invero, il d.d.s. sopracitato, a parte il richiamo alla relazione storico - artistica (art. 2 del d.d.s.), appare poco chiaro in ordine all'accertamento e all'individuazione delle caratteristiche proprie dell'immobile sottoposto alla verifica della sussistenza dell'interesse culturale nonché alle motivazioni della sussistenza del medesimo interesse.
Il riferimento (sia nelle premesse che nell'art. 1 del decreto) in via esclusiva al comma 1 dell'art. 10 del Codice, che, invero, si limita ad indicare le tipologie di beni culturali pubblici, anche ai fini di definire la costituzione del demanio culturale (art. 53, comma 1), e la laconica dichiarazione di applicazione di "tutte le disposizioni di tutela contenute nel decreto legislativo 42/2004" non individuano con chiarezza le motivazioni della rinnovata speciale tutela né fanno riferimento ad eventuali limitazioni a salvaguardia della conservazione.
Non coerenti appaiono, altresì, i richiami alle disposizioni del Codice alla stregua delle quali la Soprintendenza ha fondato il proprio parere non favorevole all'alienazione.
Invero, se le valutazioni espresse nella nota del 26 febbraio 2008 non potevano, ovviamente, tenere conto delle modifiche al Codice apportate, successivamente a quella data, dal D.Lgs. 62/2008, le medesime considerazioni non possono essere espresse con riferimento alla successiva nota del 28 aprile 2008.
Suscita, quindi, perplessità il contenuto della predetta nota della Soprintendenza, nella quale, a parte l'erroneo riferimento all'art. 57 e non al novellato art. 55 del Codice, frutto di un possibile refuso, non sembra che si sia tenuto conto del rinnovato quadro normativo.
In primo luogo, infatti, non sembra che siano esattamente stati individuati "gli impedimenti normativi primari" che osterebbero all'autorizzazione: l'appartenenza dell'immobile al demanio culturale non può di per sé considerarsi un effettivo impedimento all'alienazione.
Come ha precisato lo stesso Dipartimento richiedente l'art. 53 dispone che i beni del demanio culturale non possono essere alienati, né formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non "nei limiti e con le modalità" previsti dal Codice (comma 2), limiti stabiliti, come già sopra evidenziato, dal successivo art. 54.
Non sembra, altresì, esauriente per motivare la non cedibilità e l'indisponibilità del bene in argomento il richiamo al vincolo di destinazione d'uso che deriverebbe dal decreto con il quale la Regione ha contribuito all'acquisto (D.A. 1867/79).
Il novellato art. 55 prescrive, come sopra descritto, tra le condizioni per il rilascio dell'autorizzazione un giudizio preventivo sulla congruità della destinazione d'uso proposta in relazione alle esigenze di conservazione e di fruizione pubblica del bene e sulla compatibilità della destinazione proposta con il suo carattere storico-artistico (comma 3-bis).
Conseguentemente, ove ritenuto l'immobile ex se inalienabile (come, invero, sembra dalla relazione storico - artistica allegata al d.d.s. 22.01.09), le esposte valutazioni della Soprintendenza avrebbero dovuto avere riguardo (ed essere rispetto a ciò esplicitamente motivate) alle tipologie disciplinate dal precitato art. 54, (con presumibile riferimento al comma 1, lett. d-bis) restando quindi assorbite dalla natura stessa del bene in questione la sussistenza di eventuali destinazioni d'uso indicate in precedenti provvedimenti.
Ove invece il diniego di autorizzazione fosse stato basato, ai sensi dell'art. 55, non già sulle caratteristiche intrinseche dell'immobile bensì sull' eventuale pregiudizio che la proposta destinazione d'uso potrebbe arrecare alla conservazione e fruizione del bene ovvero sulla incompatibilità con le caratteristiche storiche artistiche dello stesso immobile, la precedente destinazione d'uso assumerebbe rilievo ma solo nell'ambito della valutazione delle modalità di fruizione del bene che devono essere indicate nella richiesta di autorizzazione (art. 55, comma 2, lett. b).
A tal proposito è appena il caso di segnalare che nel caso di diniego di autorizzazione, il precitato art. 55 prevede la "facoltà" e non l'obbligo di indicare "destinazioni d'uso ritenute compatibili con il carattere del bene e con le esigenze della sua conservazione" (art. 55, comma 3-bis) ovvero la facoltà di "concordare con il soggetto interessato" - ossia l'ente proprietario che richiede l'autorizzazione - "il contenuto del provvedimento richiesto, sulla base di una valutazione comparativa fra le proposte avanzate con la richiesta di autorizzazione ed altre possibili modalità di valorizzazione del bene" (art. 55, comma 3-ter).
Il provvedimento concordato, dunque, può non essere un'autorizzazione ad alienare - come originariamente richiesto dall'ente che intende vendere - bensì un'autorizzazione ad "altre possibili modalità di valorizzazione del bene".
Orbene, alla luce delle superiori osservazioni, nell'evidenziare che non ci si esprime in merito alle riportate valutazioni relative alla destinazione d'uso dell'immobile, espresse dal comune di XXX, ritenendo la questione assorbita dalle superiori osservazioni, lo Scrivente non può esimersi dal ribadire la carenza di motivazione degli atti di cui è questione, riservando alle valutazioni di codesto Dipartimento l'eventuale adozione degli atti previsti dall'art. 21 nonies della legge 241/90 e successive modificazioni.

* * *
Ai sensi dell'art. 15, co. 2, del D.P.Reg. 16 giugno 1998, n. 12 lo scrivente acconsente sin d'ora all'accesso presso codesto Assessorato al presente parere da parte di eventuali soggetti richiedenti.
 Si ricorda poi che, in conformità alla circolare presidenziale dell'8 settembre 1998, n. 16586/66.98.12 trascorsi 90 giorni dalla data di ricevimento del presente parere. senza che codesta Amministrazione ne comunichi la riservatezza, lo stesso potrà essere inserito nella banca dati "FONS".  




Regione Siciliana - Ufficio legislativo e legale
Ogni diritto riservato. Qualunque riproduzione, memorizzazione, archiviazione in sistemi di
ricerca ,anche parziale, con qualunque mezzo, è vietata se non autorizzata.
All rights reserved. Part of these acts may be reproduced, stored in a retrieval system or
transmitted in any form or by any means, only with the prior permission.

Ideazione grafica e programmi di trasposizione © 1998-2008 Avv. Michele Arcadipane
Revisione e classificazione curata da Avv. Francesca Spedale