Pos. 3   Prot. N. 19525 - 193.09.11 Palermo 09/12/2009 



Oggetto: Modifica dell'art. 120 comma 2 del D.Lgs n. 163/2006. Applicabilità in Sicilia.



ASSESSORATO REGIONALE DEI BENI CULTURALI, AMBIENTALI E DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
Dipartimento per i Beni Culturali, Ambientali Educazione Permanente e dell'Architettura e Arte contemporanea

Palermo

e.p.c. ASSESSORATO REGIONALE DEI LAVORI
PUBBLICI
Dipartimento Lavori Pubblici
Palermo


1. Con la nota n. 91504 del 29 ottobre 2009 codesto Dipartimento ha chiesto il parere dello Scrivente in ordine all'applicabilità in Sicilia dell'art. 120 comma 2 bis del codice dei contratti così come modificato dal D.lgs.n. 152/2008.
  Codesto Dipartimento fa riferimento, in relazione all'applicabilità in Sicilia del codice dei contratti al parere di quest'Ufficio prot. n. 13583.198.11.06 del 4 agosto 2006 nonché alla successiva circolare dell'Assessorato Lavori Pubblici del 18 settembre 2006 pubblicata in GURS n. 45 del 25 settembre 2006 secondo cui " anche dopo l'entrata in vigore del D.Lgs n. 163/2006 , e sino all'emanazione della normativa regionale di adeguamento, trova applicazione in Sicilia la legislazione regionale in materia di lavori pubblici, fermo restando l'obbligo della regione di adeguarsi ai principi fondamentali del Codice dei contratti che costituiscono norma di grande riforma sociale". 
  Tuttavia poichè il D.Lgs. n. 163/2006 (codice contratti) è stato modificato dal D.Lgs. n. 152/2008 che ha aggiunto all'art. 120, il comma 2 bis, introducendo sostanziali modifiche in ordine all'affidamento dell'incarico di collaudo " si chiede di conoscere se il parere suddetto resta confermato anche in vigenza della sopravvenuta modifica dell'articolo 120 del decreto legislativo 163/2006 perdurando la vigenza, nell'ordinamento regionale, del comma 5 dell'articolo 28 "Collaudi" della L. 11 febbraio 1994, n. 109, come introdotta dalla l.r. n 2 agosto 2002, n. 7 recante norme sui lavori pubblici". 


  2. In relazione alla problematica sopra esposta si osserva quanto segue. 
  L'art 120 comma 2 bis del codice dei contratti dispone che "Per i contratti relativi a lavori, servizi e forniture, l'affidamento dell'incarico di collaudo o di verifica di conformità, in quanto attività propria delle stazioni appaltanti, è conferito dalle stesse, a propri dipendenti o a dipendenti di amministrazioni aggiudicatrici, con elevata e specifica qualificazione in riferimento all'oggetto del contratto, alla complessità e all'importo delle prestazioni, sulla base di criteri da fissare preventivamente, nel rispetto dei principi di rotazione e trasparenza; il provvedimento che affida l'incarico a dipendenti della stazione appaltante o di amministrazioni aggiudicatrici motiva la scelta, indicando gli specifici requisiti di competenza ed esperienza, desunti dal curriculum dell'interessato e da ogni altro elemento in possesso dell'amministrazione. Nell'ipotesi di carenza di organico all'interno della stazione appaltante di soggetti in possesso dei necessari requisiti, accertata e certificata dal responsabile del procedimento, ovvero di difficoltà a ricorrere a dipendenti di amministrazioni aggiudicatrici con competenze specifiche in materia, la stazione appaltante affida l'incarico di collaudatore ovvero di presidente o componente della commissione collaudatrice a soggetti esterni scelti secondo le procedure e con le modalità previste per l'affidamento dei servizi; nel caso di collaudo di lavori l'affidamento dell'incarico a soggetti esterni avviene ai sensi dell'articolo 91. Nel caso di interventi finanziati da più amministrazioni aggiudicatrici, la stazione appaltante fa ricorso prioritariamente a dipendenti appartenenti a dette amministrazioni aggiudicatrici sulla base di specifiche intese che disciplinano i rapporti tra le stesse". 
  Dunque la modifica apportata dal decreto legislativo n. 152/2008, che ha aggiunto il comma 2 bis all'art. 120 del codice dei contratti, è diretta a ridurre il ricorso all'esternalizzazione delle attività di collaudo imponendo alla stazione appaltante un rigoroso accertamento preventivo in ordine alla possibilità di reperire all'interno del proprio organico o di diversa amministrazione aggiudicatrice i soggetti idonei allo svolgimento dell'incarico ammettendo il ricorso a professionisti esterni, nel rispetto dei principi e della normativa comunitaria, solo in caso di carenza di personale idoneo alla prestazione, accertata dal responsabile del procedimento. 
  Il legislatore siciliano, dal canto suo, con l'art. 28 della l. 109/94 nel testo coordinato con le l.l.r.r. 7/02 e 7/03, ha introdotto una propria peculiare disciplina prevedendo al comma 5 che "Gli incarichi di collaudo tecnico-amministrativo sono affidati a tecnici liberi professionisti con specifica competenza, purché iscritti da almeno dieci anni negli albi degli ordini professionali per opere di importo superiore ad un milione di euro. Per opere di importo pari o inferiore a un milione di euro la suddetta anzianità è ridotta a cinque anni. Per queste ultime gli incarichi di collaudo tecnico-amministrativo possono essere affidati anche a tecnici pubblici funzionari, con anzianità di servizio non inferiore a 5 anni e muniti di idonea professionalità. Il corrispettivo dei predetti incarichi di collaudo grava sulla somma di cui al comma 1 dell'articolo 18 ed è determinato secondo quanto ivi previsto". 
   
  Ora in relazione al quesito posto deve confermarsi in via generale il contenuto del parere prot. 13583.198.1106 sopra citato, per cui, in buona sostanza, anche dopo l'entrata in vigore del d.lgs 163/2006, e sino all'emanazione della normativa regionale di adeguamento, trova applicazione in Sicilia la legislazione regionale in materia di lavori pubblici, fermo restando l'obbligo della Regione di adeguarsi ai vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario, dagli obblighi internazionali, dai principi delle grandi riforme economico-sociali ed inoltre fermo restando l'applicabilità del codice dei contratti qualora recepisca norme comunitarie immediatamente precettive o si tratti di materie riservate alla competenza esclusiva dello Stato.  
  A tale ultimo proposito, tuttavia, va rilevato che un' ulteriore importante riflessione sull'argomento si impone a seguito delle decisioni della Corte Costituzionale n. 401 e 431 rispettivamente del 23 novembre e del 14 dicembre 2007. 
  L'asse portante del ragionamento espresso dalla Consulta è che le disposizioni contenute nel D.lgs n. 163/2006 non sono riconducibili ad una sola materia atteso che i lavori pubblici, e l'intera attività contrattuale della pubblica amministrazione si qualificano a seconda dell'oggetto a cui afferiscono. 
  Sulla base di tale premessa si è proceduto ad individuare gli ambiti materiali di competenza statale e regionale in relazione sia alla fase procedimentale che precede la stipulazione del contratto di appalto sia alla fase successiva inerente all'attuazione del rapporto contrattuale. 
  Quanto alla identificazione dei predetti "ambiti di legislazione", è stato inoltre precisato che la disciplina delle procedure di gara e, in particolare, la regolamentazione della qualificazione e selezione dei concorrenti, delle procedure di affidamento e dei criteri di aggiudicazione, ivi compresi quelli che devono presiedere all'attività di progettazione, mirano a garantire che le medesime si svolgano nel rispetto delle regole concorrenziali e dei princípi comunitari della libera circolazione delle merci, della libera prestazione dei servizi, della libertà di stabilimento, nonché dei princípi costituzionali di trasparenza e parità di trattamento . Esse, in quanto volte a consentire la piena apertura del mercato nel settore degli appalti, sono riconducibili all'àmbito della tutela della concorrenza, di esclusiva competenza del legislatore statale , che ha titolo pertanto a porre in essere una disciplina integrale e dettagliata delle richiamate procedure (adottata con il citato d.lgs. n. 163 del 2006), la quale, avendo ad oggetto il mercato di riferimento delle attività economiche, può influire anche su materie attribuite alla competenza legislativa delle Regioni. 
  Analogamente, la Corte ha riconosciuto che "la fase negoziale dei contratti della pubblica amministrazione, che ricomprende l'intera disciplina di esecuzione del rapporto contrattuale, incluso l'istituto del collaudo, si connota per la normale mancanza di poteri autoritativi in capo al soggetto pubblico, sostituiti dall'esercizio di autonomie negoziali e deve essere ascritta all'àmbito materiale dell'ordinamento civile" , di competenza esclusiva del legislatore statale, che l'ha esercitata, anche in tal caso, adottando le disposizioni del predetto d.lgs. n. 163 del 2006.  
   
  Con particolare riferimento alle regioni a statuto speciale una menzione speciale merita la decisione n. 411 del 3 dicembre 2008 con cui la Consulta ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di numerose norme della regione Sardegna "colpevole" di avere legiferato - in virtù della propria competenza primaria in materia di "lavori pubblici di esclusivo interesse della Regione", - in ambiti espressamente ricondotti dalla medesima Corte (con le decisioni precedentemente citate nn. 401 e 431/2007) alla competenza esclusiva dello Stato.  
  Nella suddetta pronuncia la Corte, ribadendo che la materia del collaudodeve essere ascritta all' àmbito materiale dell'ordinamento civile" (sentenza n. 401 del 2007), di competenza esclusiva del legislatore statale, che l'ha esercitata, anche in tal caso, adottando le disposizioni del predetto d.lgs. n. 163 del 2006 ha affermato che "Sulla base di tali indicazioni deve leggersi l'art. 4, comma 5, del d.lgs. n. 163 del 2006, il quale, nella parte in cui stabilisce che "le Regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano adeguano la propria legislazione secondo le disposizioni contenute negli statuti e nelle relative norme di attuazione", impone anche alle Regioni ad autonomia speciale (in assenso di norme statutarie attributive di competenze nelle materie cui afferiscono le norme del Codice dei contratti) di conformare la propria legislazione in materia di appalti pubblici a quanto stabilito dal Codice stesso". 
   
  Sulla stessa scia delle decisioni nn. 401 e 431/2007 sopra menzionate si muovono le successive pronunce della Consulta n. 322 dell' 1 agosto 2008 , la n. 160 del 22 maggio 2009, e la recentissima n. 283 del 2 novembre 2009. 
  In particolarenella sentenza n. 322/2008 la Corte dichiarando l'illegittimità costituzionale di numerose disposizioni dellalegge della Regione Venetoha rilevato testualmente "Orbene, la normativa regionale detta una disciplina difforme da quella nazionale in materie riservate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in base all'art. 117, secondo comma, Cost., riducendo, da un lato, l'area alla quale si applicano le regole concorrenziali dirette a consentire la piena esplicazione del mercato nel settore degli appalti pubblici a tutti gli operatori economici ("tutela della concorrenza") e alterando, dall'altro, le regole contrattuali che disciplinano i rapporti privati ("ordinamento civile")".  
  Con la sentenza 22 maggio 2009, n. 160 la Consulta, censurando alcune disposizioni della legge regionale campana che prevedono l'istituto dell' avvalimento soltanto in relazione agli appalti di importo uguale o superiore alla soglia comunitaria precisache tale disposizioni sarebbero in contrasto con quanto previsto dagli art. 49 e 121 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, "i quali legittimano invece il ricorso a tale istituto anche in relazione ai contratti aventi per oggetto lavori, servizi e forniture di importo inferiore alla soglia di rilevanza comunitaria, con conseguente violazione della competenza statale in materia di ordinamento civile. La distinzione tra contratti sotto-soglia e sopra-soglia non può essere, di per sé, invocata quale utile criterio ai fini della individuazione dello stesso ambito materiale della tutela della concorrenza: tale ambito ha, infatti, una portata che trascende ogni rigida e aprioristica applicazione di regole predeterminate dal solo riferimento, come nella specie, al valore economico dell'appalto: anche un appalto che si pone al di sotto della rilevanza comunitaria può dunque giustificare un intervento unitario da parte del legislatore statale".  
  Con la decisione del 2 novembre n. 283 del 2009 la Corte, dichiarando illegittime alcune disposizioni della legge della regione Puglia in quanto ricadenti negli ambiti materiali della tutela della concorrenza e dell'ordinamento civile riconducibili alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, precisa ancora che "L'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. ha conferito allo Stato, in via esclusiva, il compito di regolare la concorrenza al fine di assicurare una disciplina uniforme su tutto il territorio nazionale. L'uniformità rappresenta un valore in sé perché differenti normative regionali sono suscettibili di creare dislivelli di regolazione, produttivi di barriere territoriali. La tutela della concorrenza non può essere fatta per zone: essa, "per sua natura, non può tollerare differenziazioni territoriali, che finirebbero per limitare, o addirittura neutralizzare, gli effetti delle norme di garanzia" (sentenza n. 443 del 2007).Da quanto sin qui rilevato deriva che alle Regioni non è consentito adottare una disciplina relativa alle procedure ad evidenza pubblica, neppure quando essa miri a garantire un livello di concorrenza più elevato rispetto a quello statale". 


  Anche l'Autorità di vigilanza sui contratti si è espressa a proposito degli incarichi di collaudo a seguito dell'entrata in vigore del d. lgs. 11 settembre 2008, n. 152. Con Determinazione del 25 febbraio 2009, n. 2 l'Autorità in primo luogo ha ribadito quanto già espresso con la delibera n. 82 del 2007 ed i pareri n. 65 e 102 del 2008 ovvero che l'affidamento esterno su base fiduciaria è stato eliminato a seguito delle censure mosse dalla Commissione europea, in relazione alla natura di servizio del collaudo, e che dunque tale attività rientra fra i servizi elencati nell'allegato IA della direttiva 92/50, ora allegato IIA della direttiva 2004/18, e che quindi il collaudo di lavori pubblici rientra tra i servizi soggetti alla disciplina del Codice ed, in particolare, nella categoria 12 comprendente i servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria.  
  Viene inoltre rilevato testualmente che "le disposizioni in materia di collaudo non sono derogabili dalle normative regionali, come stabilito dalla Corte costituzionale con le sentenze n. 431/2007 e n. 411/2008. Esse attengono infatti alla fase inerente all'attività contrattuale della pubblica amministrazione, che agisce nell'esercizio della propria autonomia negoziale. Pertanto la disciplina di tale fase, connotata dall'assenza di poteri autoritativi in capo al soggetto pubblico, è da ricondursi all'ambito dell'ordinamento civile, di spettanza esclusiva del legislatore statale". 
  A proposito, poi, dei soggetti cui va conferito l'incarico precisa l'Autorità che "Il comma 2-bis dell'articolo 120 del Codice afferma, per il collaudo, la natura di attività propria della stazione appaltante, dettando la conseguente regola applicativa, ovvero l'affidamento di questa attività a dipendenti della stessa stazione appaltante procedente o a dipendenti di amministrazioni aggiudicatrici, con elevata e specifica qualificazione in riferimento all'oggetto del contratto, alla complessità e all'importo delle prestazioni. Pertanto, si può ritenere che lo svolgimento di tale attività da parte dei dipendenti delle amministrazioni aggiudicatrici costituisca compito d'istituto: l'incarico è infatti espletato "ratione officii" e non "intuitu personae", risolvendosi la relativa prestazione in una "modalità di svolgimento del rapporto di pubblico impiego... 
  L'articolo 120. comma 2 bis, imponendo un rigoroso accertamento preventivo in capo alla stazione appaltante in merito alla possibilità di reperire nell'ambito del proprio personale la professionalità idonea alla prestazione, appare volta, quindi, a limitare il ricorso a professionalità esterne. A tale obbligo e strettamente connesso quello della necessità di stabilire i criteri ed i requisiti per la scelta dell'affidatario, dovendo essere comunque garantito il rispetto dei principi di rotazione e trasparenza, espressamente richiamati al citato comma 2-bis dell'articolo 120 del Codice. L'accertamento con esito negativo, peraltro, non esaurisce gli adempimenti preliminari della stazione appaltante, la quale è tenuta a verificare la possibilità di affidare il collaudo a dipendenti di altre amministrazioni aggiudicatrici. Per quanto riguarda il conferimento dell'incarico ai dipendenti, il legislatore ha attribuito particolare rilievo alla trasparenza, a tutela della quale è previsto espressamente che il provvedimento che affida l'incarico a dipendenti della stazione appaltante o di amministrazioni aggiudicatrici debba riportare la motivazione, evidentemente anche tenendo conto del rispetto dei criteri preventivi fissati per le nomine, con l'indicazione degli specifici requisiti di competenza ed esperienza che hanno determinato la scelta. Questi elementi possono essere desunti dal curriculum dell'interessato e da ogni altro elemento in possesso dell'amministrazione. 
Momento saliente è dunque l'individuazione dei criteri da fissare preventivamente, che devono tener conto della tipologia e della complessità dell'intervento....".   


  Quindi l'art. 120 comma 2 bis, come anche evidenziato in quest'ultima determinazione, introduce una disciplina differente rispetto alla normativa siciliana in ordine ai soggetti cui va conferito l'incarico di collaudo. Tale modifica normativa è da ricondurre al principio di economicità dell'azione amministrativa, diretta promanazione ed articolazione del principio costituzionale di buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.) che impone alla P.A. la realizzazione del massimo risultato in relazione ai mezzi a sua disposizione, ossia il conseguimento degli obiettivi legislativamente statuiti con il minor dispendio di mezzi e di strumenti, ove per mezzi non si intendono solo quelli di natura squisitamente economica, ma anche e soprattutto quelli di carattere procedurale. 
  Non vi è dubbio infatti che un'attività di collaudo svolta in via prioritaria dal personale interno all'amministrazione tramite l'utilizzo di risorse umane e personali senza ricorrere a professionalità esterne, determina una notevole riduzione dei costi per la Pubblica Amministrazione.  
  A ben vedere tuttavia vi sono ulteriori differenze tra la normativa statale che disciplina il collaudo - artt. 120, 141 del codice dei contratti, e art. 188 del D.P.R. n. 554/1999 - e la normativa regionale - art. 28 della l. 109/94 nel testo coordinato con la normativa regionale - differenze che riguardano non soltanto il soggetto deputato al collaudo, ma anche ad esempio, i requisiti per la nomina a collaudatore dato che la disposizione regionale fa esclusivo riferimento ai " tecnici liberi professionisti" mentre la corrispondente norma statale al comma 2 dell'art. 188 del D.P.R. n. 554/1999, dispone che "costituiscono requisito abilitante allo svolgimento dell'incarico di collaudo le lauree in ingegneria, architettura, e, limitatamente a un solo componente della commissione, le lauree in geologia, scienze agrarie e forestali l'abilitazione all'esercizio della professione nonché, ad esclusione dei dipendenti delle amministrazioni aggiudicatrici, l'iscrizione da almeno cinque anni nel rispettivo albo professionale ". 
  Ancora nella disciplina regionale non è prevista la facoltà di derogare al collaudo con la certificazione di regolare esecuzione per i lavori di importo superiore a 500.000 euro, ma inferiore a 1 milione di euro; non è previsto un allungamento dei tempi-1 anno- per il collaudo relativo alle opere di particolare complessità che saranno individuate con il regolamento.  
  Tutto ciò premesso l'odierna vigenza della disciplina regionale in ordine agli incarichi di collaudo impedisce la sua disapplicazione ma non esclude che in ossequio ai principi costituzionali di buon andamento e di economicità sopra enunciati, si debba prendere atto delle recenti modifiche introdotte nella normativa statale nonché delle affermazioni espresse Corte Costituzionale nelle pronunce cui si è fatto riferimento che indicano chiaramente la materia del collaudo tra quelle ascritte alla competenza esclusiva del legislatore statale, e che limitano di fatto l'autonomia delle regioni a statuto speciale imponendo un deciso adeguamento alle disposizioni dettate dal codice dei contratti nelle materie ascritte alla competenza esclusiva dello Stato. 
   
  Il presente parere è inviato, per opportuna conoscenza, anche all'Assessorato Regionale dei Lavori Pubblici competente in relazione alla materia coinvolta, sia al fine di renderlo partecipe delle problematiche in discorso, sia per consentire allo stesso di valutare l'opportunità di una modifica legislativa che adegui l'odierna normativa regionale alla corrispondente disciplina statale alla cui stregua, eventualmente, lo Scrivente si riserva ogni utile approfondimento.  
   
  Nelle superiori considerazioni è il parere dello Scrivente.  




3. Si ricorda che in conformità alla circolare presidenziale 8 settembre 1998, n. 16586/66.98.12, trascorsi 90 giorni dalla data di ricevimento del presente parere senza che codesta Amministrazione ne comunichi la riservatezza, lo stesso potrà essere inserito nella banca dati FONS.


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