Pos. 1     Prot. N.11711 – 31.2010.11         Palermo, 21/04/2010

 

Oggetto: Amministratori di enti locali. Indennità e gettoni di presenza ex l.r. 22/2008. Emolumenti per presidenti e consiglieri circoscrizionali.

 

 

 

 

 

 

ASSESSORATO REGIONALE DELLE AUTONOMIE        LOCALI E DELLA FUNZIONE PUBBLICA.

 

                                                              Dipartimento regionale delle autonomie locali.

                                                                                                                 PALERMO

 

 

 

 

1. Con la suindicata nota codesto Dipartimento chiede allo Scrivente di esprimersi in merito all’esatta interpretazione della legge regionale 16 dicembre 2008, n. 22,  con particolare riferimento alla determinazione degli emolumenti spettanti ai presidenti e ai consiglieri delle circoscrizioni.
Il Dipartimento richiedente,  rammentando che l’art. 5 della l.r. 22/2008 ha modificato copiosamente la previgente  disciplina delle indennità di funzione e gettoni di presenza dei componenti degli organi degli enti locali  contenuta nell’art. 19 della l.r. 30/2000,  pone uno specifico quesito in merito all’applicazione  del comma 5 dell’art. 19 della l.r. 30/2000,  come sostituito dalla lett. f) del comma 1 del precitato art. 5 della l.r. 22/08, il  quale dispone testualmente che “le indennità e i gettoni di presenza, determinati ai sensi del comma 1, possono essere diminuiti con delibera rispettivamente di giunta e di consiglio.”.

 

Nel rilevare che dalla data del 25 dicembre 2009 – data di entrata in vigore della l.r. 22/2008 – “gli importi delle indennità e dei gettoni di presenza dovrebbero essere ricondotti alla misura determinata con il regolamento adottato con il D.P.Reg. 19/2001” codesto Dipartimento puntualizza che l’art. 5 della più volte citata l.r. 22/2008 ha dato luogo a notevoli perplessità interpretative, sottolineando che la stessa disposizione  “elimina, per l’avvenire, la facoltà delle giunte e dei consigli comunali e provinciali di disporre variazioni incrementali” ma che “nulla dispone circa gli incrementi adottati prima  della sua entrata in vigore …”.
Viene, tuttavia, riferito che a tal proposito la questione concernente gli effetti della norma nei confronti degli incrementi deliberati dagli enti anteriormente alla relativa entrata in vigore è stata risolta a seguito della consultazione dello Scrivente (n. 14623/152.09.11 del 23 settembre 2009) ove si afferma che  “l’art. 5 della l.r. 22 del 2008 costituisce una norma a regime che, in base ai principi  generali che informano il nostro ordinamento, può trovare applicazione solo per le delibere adottate successivamente alla sua entrata in vigore….”.
Con riguardo all’odierna consultazione, che, sotto il profilo fattuale,  sembra avere riguardo alla rideterminazione degli emolumenti dei componenti degli organi, effettuati dal comune di XXX in applicazione dell’art. 5 della l.r. 22/2008, il Dipartimento richiedente  rileva, altresì, che il provvedimento dirigenziale con il quale il predetto ente locale ha ridotto “le indennità di funzione e i compensi a gettone dei consiglieri comunali e circoscrizionali, appare affetto dal vizio di nullità assoluta e insanabile.” ed evidenzia che tale provvedimento “è stato emesso senza alcun potere, atteso che si tratta di una competenza riservata per legge al consiglio comunale (e/o alla giunta).”.
Sulle questioni riportate, allegando ampia documentazione, chiede il parere dello Scrivente.

 

2. Al fine di una completa disamina dei problemi posti va, in via preliminare, succintamente analizzato ed individuato l’ambito entro il quale inquadrare le disposizioni  di cui è questione, avendo riguardo all’oggetto e alle finalità perseguite dal legislatore con la legge regionale 22/2008,  la quale nello stesso titolo fa un puntuale riferimento all’adozione di  “misure di contenimento della spesa pubblica”.
Ed invero, com’è noto (e come,  peraltro,  espresso anche nella precedente consultazione citata dal Dipartimento richiedente) “il coordinamento della finanza pubblica, cui fa riferimento l’art. 117, comma terzo, Cost., più che una materia è una funzione spettante a livello nazionale e, quanto alla finanza pubblica nel suo complesso, allo Stato” (Cfr: C. Cost. sent. n. 414/2004)[1].
 La giurisprudenza della Corte Costituzionale è ormai costante nel ritenere che le norme statali che fissano limiti alla spese sono espressione della finalità di coordinamento finanziario. “Il legislatore statale può, dunque, legittimamente imporre alle Regioni vincoli alla spesa corrente per assicurare l’equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva, in connessione con il perseguimento di obbiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari” (sentenza n. 237 del 2009)[2].
La suprema  Corte ha, inoltre, affermato che le misure statali non devono prevedere in modo esaustivo strumenti o modalità per il perseguimento dei suddetti obbiettivi,  ma che ciò non esclude nondimeno che il coordinamento incidente sulla spesa regionale possa porre i principi ai quali la Regione deve ispirare la sua condotta finanziaria, lasciando, poi, alla stessa Regione la statuizione delle regole di dettaglio della condotta medesima (Cfr: C. Cost. sentt. n.414/2004 e n. 121/2007 cit.)[3].
  Ora, non pare dubbio che il legislatore regionale  nell’esercizio della propria autonomia normativa (e finanziaria) abbia, con la legge 22/2008, provveduto ad adottare le misure necessarie al raggiungimento dell’obiettivo del contenimento della spesa perseguito dalle disposizioni statali recate dalla legge finanziaria 2008 (comma 32 bis dell’art. 2 della legge 27 dicembre 2007, n. 244, come introdotto dal comma 4 bis dell’art. 40 del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248 aggiunto dalla legge di conversione 28 febbraio 2008, n. 31; vedi a tal proposito: direttiva di codesto Dipartimento n. 12582 del 21 maggio 2008 ed il parere dello Scrivente Ufficio n. 5641/61.08.11 del 25 marzo 2008 allegato alla suddetta direttiva).
 Circa la natura delle norme poste per i suddetti fini, e nella specie, circa la natura e gli effetti dei commi 4 e 5 dell’art. 19 della l.r. 30/2000 come  sostituiti dall’art. 5 della l.r. 22/2008 va riferito che il comma 4 costituisce norma di immediata applicazione nei confronti di tutti gli enti locali della Regione mentre il comma 5 si configura come norma di applicazione mediata ed eventuale [4].
In altri termini, il Legislatore regionale  ha adottato le disposizioni che ha ritenuto idonee alla partecipazione degli enti locali al necessario raggiungimento degli obiettivi di risanamento della finanza pubblica regionale, disponendo limiti inderogabili cui gli enti destinatari devono immediatamente fare riferimento (comma 4) e rinviando, tuttavia, alle valutazioni ed alle scelte politiche di gestione finanziaria dei singoli enti locali per le eventuali ulteriori riduzioni (comma 5).
Tale interpretazione sembra trovare conforto anche con riferimento al dato testuale rinvenibile nella formulazione dei commi 2, 4 e 5 dello stesso art. 19 della l.r. 30/2000,  come  sostituiti dall’art. 5 della l.r. 22/2008. In primo luogo, Infatti, l’uso dei verbi “determina….nei limiti fissati dal presente articolo…” (primo periodo del comma 2), “hanno diritto a percepire, nei limiti fissati dal presente capo…” (primo periodo del comma 4),  in contrapposizione con il verbo “…possono essere diminuiti…” (comma 5), induce a desumere che il Legislatore abbia voluto distinguere tra  disposizioni cogenti e inderogabili e disposizioni che facultano gli organi degli enti in discorso.
In secondo luogo, secondo il noto brocardo, il Legislatore “ubi voluit dixit et ubi noluit tacuit”;  dunque, non stabilendo nulla in ordine all’eventuale differimento dei relativi effetti, (come, invece, previsto in altri casi)[5], l’interprete non può che ritenere le modifiche all’art. 19 della l.r. 30/2000 applicabili con la medesima decorrenza prevista per l’intera legge[6], ferma restando, come già espresso nella precedente consultazione (e condiviso dal Dipartimento richiedente), la validità degli incrementi adottati dagli enti locali  con deliberazione anteriore alla l.r. 22/2008, cui devono essere riferite le riduzioni, da applicare sull’ammontare complessivo dei compensi (comprensivo delle maggiorazioni) risultanti alla data di entrata in vigore della medesima l.r. 22/2008[7].
Va, tuttavia, precisato che ove Il Dipartimento richiedente, nell’esercizio della propria azione di vigilanza nei confronti degli enti locali,  verificasse  una applicazione non univoca delle disposizioni di cui è questione (anche al fine di evitare l’instaurarsi di onerosi contenziosi)   potrà chiedere all’Assessore competente di farsi promotore di un’iniziativa legislativa chiarificatrice.
Per completezza espositiva sembra, comunque,  doversi sottolineare, che,  ai sensi dell’art. 23 della l.r. 6/2009,  il precitato comma 4 ha riguardo anche ai consiglieri circoscrizionali di comuni con popolazione non superiore ai 100.000 abitanti.
Con riferimento al generale sistema di determinazione delle indennità degli amministratori degli enti locali,  va precisato che lo stesso è disciplinato su tre livelli normativi interdipendenti:
- art. 19 della l.r. 30/2000 che individua i destinatari e stabilisce i criteri di articolazione delle indennità;
- D.P.Reg 19/2001 che stabilisce le misure base, nei limiti fissati dall’art. 19 della l.r. 30/2000, i meccanismi di maggiorazione su base demografica ed economico-finanziaria le parametrazioni percentuali e i criteri per individuare la popolazione di riferimento;
- la disciplina a livello di singolo ente che specifica in concreto l’equo ammontare delle indennità e dei gettoni di presenza.
  Ora, se è indubbiamente vero che il più volte citato art. 19 della l.r. 30/2000 è stato oggetto di considerevoli modifiche da parte dell’art. 5 della l.r. 22/2008,  è altrettanto vero che le modifiche alla norma primaria (seppure profondamente incidenti) non comportano de plano la tacita abrogazione del relativo regolamento  di esecuzione (come sembra che sia sostenuto nelle note del Collegio dei Presidenti di Municipalità del comune di XXX, allegate alla richiesta).  E’, infatti, principio generale (di diretta interpretazione dell’art. 4 delle Preleggi) quello secondo cui “l’abrogazione tacita di una disposizione regolamentare ad opera di una norma legislativa successiva si verifica  quando tra i due precetti normativi vi sia un contrasto logico tale da renderne inconcepibile la contemporanea vigenza” (Cfr. ex multis: Cons.Stato, sent. 1 settembre 1986, n. 425).  Ed ancora, sempre sul piano dei principi generali si rileva che: “quando una legge seguita da un regolamento di esecuzione viene sostituita da un’altra legge successiva, questa determina la caducazione (per abrogazione indiretta) del regolamento solo quando ha un contenuto incompatibile col regolamento stesso. In caso diverso, il regolamento sopravvive alla legge in riferimento alla quale era stato emanato e deve considerarsi quale disciplina esecutiva in vigore anche con riferimento alla nuova legge” (Cfr. ex multis: Cass. sent. 5 febbraio 1975, n. n. 427).
Invero, nel caso di specie non sembra dubbio che l’attuale disciplina legislativa risulti compatibile con il regolamento già in vigore,  il quale pertanto deve, a parere dello Scrivente,  considerarsi esecutivo anche con riferimento alla disciplina contenuta nell’art. 19 della l.r. 30/2000 modificato.
La norma primaria, infatti, dispone la riduzione  dei compensi dei componenti degli organi locali secondo un criterio di tetto massimo e di percentuale rispetto alle misure previgenti. Tale sistema appare, dunque, facilmente coordinabile con le disposizioni regolamentari e con gli importi risultanti dalle tabelle di riferimento.
E,  d’altra parte,  lo stesso Legislatore avrebbe diversamente disposto ove la rinnovata disciplina legislativa avesse ex se travolto l’impianto regolamentare di determinazione delle misure delle indennità e dei gettoni di presenza. Ne’ può ritenersi, inoltre,   che l’applicazione delle disposizioni primarie debba considerarsi sospesa, oltre che per i motivi appena esposti anche per la natura della norma in questione che, quale correttivo finanziario, mal si concilierebbe con eventuali applicazioni differite (sotto tale profilo sembrano sostanzialmente condivisibili le osservazioni contenute nella nota dell’Avvocatura del comune di XXX, allegata alla nota cui si risponde).
Dunque,  sotto il profilo della compatibilità, non pare che sussistano motivi per non ritenere applicabili (dalla data di entrata in vigore) le disposizioni dell’art. 19 della l.r. 30/2000 come modificato dall’art. 5 della l.r. 22/2008.
Circa le osservazioni del richiedente Dipartimento relative alla “nullità assoluta e insanabile” del  provvedimento dirigenziale con il quale il comune di XXX ha rideterminato le indennità di funzione e il tetto massimo dei compensi dei consiglieri comunali e circoscrizionali si esprimono le seguenti considerazioni.
In via preliminare, si deve rammentare che l’assetto dei poteri all’interno degli enti locali è incentrato su di una rigida ed effettiva separazione dei rispettivi ruoli: da un lato i compiti di indirizzo,  attribuiti al potere politico; dall’altro, i poteri gestionali, appartenenti ai dirigenti.
Ed infatti, ai sensi dell’art. 107 del D.Lgs. 267/2000 e successive modificazioni,  spetta ai dirigenti la direzione degli uffici e dei servizi secondo i criteri e le norme dettati dagli statuti e dai regolamenti, sancendo l’inderogabilità del principio per cui i poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo spettano agli organi di governo mentre la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica è attribuita ai dirigenti mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo. Lo stesso art. 107 D.Lgs 267/2000 nell’includere una elencazione non tassativa, ma meramente esemplificativa delle competenze dirigenziali,  stabilisce che i dirigenti, oltre a provvedere alla direzione degli uffici e dei servizi secondo i criteri e le norme dettate dagli statuti e dai regolamenti, sono titolari esclusivi dell’attività di amministrazione attiva concreta, da esercitarsi mediante l’adozione di atti e provvedimenti amministrativi compresi quelli che impegnano l’amministrazione verso l’esterno e l’esplicito riferimento ai “provvedimenti amministrativi” vuole significare che i dirigenti sono titolari dell’attività di gestione ed amministrazione attiva indipendentemente dalla tipologia e dal regime giuridico degli atti attraverso cui l’attività gestionale si concreta (provvedimenti amministrativi autoritativi ed unilaterali, atti di spesa, contratti, atti di diritto privato e di diritto pubblico etc.).
Orbene, premesse le precedenti brevi considerazioni sulla figura del dirigente e sull’autonomo ruolo decisionale e di responsabilità,  collegato anche al conseguimento dei risultati,  alla traduzione in termini operativi degli obiettivi individuati dagli organi dell’ente e all’efficienza della gestione,  deve mettersi in luce che l’attuale complessivo regime della determinazione dei compensi degli organi degli enti locali, per come sopra riassunto, potrebbe considerarsi, invero, “sterilizzato” dalla legislazione statale e regionale succedutasi negli ultimi anni e posta in essere per esigenze di coordinamento della finanza pubblica e di riduzione della spesa.
Conseguentemente, gli atti di (ri)determinazione dei detti compensi,  esecutivi di disposizioni legislative  quali la  disciplina ex l.r. 22/2008,   che  non comportano scelte d'ordine politico e gestionale-contabile ma al contrario, sostanzialmente,  impongono la mera traduzione in termini operativi di obiettivi già individuati dal legislatore hanno natura gestionale e, dunque, sono di pertinenza dirigenziale.
Resta ferma, tuttavia,  l’esclusiva competenza delle giunte e dei consigli degli enti,  nelle ipotesi di ulteriori riduzioni ex comma 5 dell’art. 19 della l.r. 30/2000 come modificato dall’art. 5 della l.r. 22/2008.
In conclusione, sembra che  l’atto dirigenziale di rideterminazione delle indennità di funzione e del tetto massimo dei gettoni di presenza dei consiglieri, allegato alla richiesta, non abbia riguardo alle precitate ulteriori riduzioni ex comma 5 e che si sia limitato alla mera applicazione di disposizioni ritenute cogenti e inderogabili.
 
                                                         *   *   *
 Ai sensi dell'art. 15, co. 2, del D.P.Reg. 16 giugno 1998, n. 12 lo scrivente acconsente sin d'ora all'accesso presso codesto Assessorato al presente parere da parte di eventuali soggetti richiedenti.
 Si ricorda poi che, in conformità alla circolare presidenziale dell'8 settembre 1998, n. 16586/66.98.12 trascorsi 90 giorni dalla data di ricevimento del presente parere. senza che codesta Amministrazione ne comunichi la riservatezza, lo stesso potrà essere inserito nella banca dati "FONS". 

 

 

 

 
 
 
 

 



[1] Nella medesima sentenza la Corte precisa che “Ciò non esclude, ed in tal senso va letto il richiamo alla competenza concorrente di cui alla citata norma costituzionale, che il coordinamento incidente sulla spesa regionale deve limitarsi a porre i principi ai quali la Regione deve ispirare la sua condotta finanziaria, lasciando, poi, alla Regione la statuizione delle regole di dettaglio della condotta medesima.”

Con la  sent. 121/2007 la Corte ha, altresì, stabilito che  “il carattere “finalistico” dell’azione di coordinamento non solo giustifica la posizione di principi fondamentali ai sensi dell’art. 117 Cost., ma anche la collocazione a livello centrale di poteri puntuali eventualmente necessari perché la finalità di coordinamento – che di per sé eccede inevitabilmente, in parte, le possibilità di intervento dei livelli territoriali sub-statali – possa essere concretamente realizzata.”

 

[2] Stabilisce, ancora, la Corte: “….non può dubitarsi che la finanza delle Regioni, delle Province autonome e degli enti locali sia parte della finanza pubblica allargata; per altro verso, deve essere ricordato che tra i vincoli derivanti all’Italia dall’appartenenza all’Unione europea vi è l’obbligo di rispettare un determinato equilibrio complessivo del bilancio nazionale, «secondo quanto precisato dalla risoluzione del Consiglio europeo del 17 giugno 1997 relativa “al patto di stabilità e di crescita”.

 

[3] Con la sent. n. 289 del 2008, sempre con riferimento al  principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, la Corte ha specificato: “…principio che, come più volte affermato da questa Corte, deve ritenersi applicabile anche alle autonomie speciali, in considerazione dell’obbligo generale di tutte le Regioni, ivi comprese quelle a statuto speciale, di contribuire all’azione di risanamento della finanza pubblica.”

 

[4] 1Cfr.  Circolare n. 1/2009 di codesto Dipartimento ove in premessa si specifica che la l.r. 22/2008 “apporta diverse innovazioni …..mirate, precipuamente, all’obiettivo finanziario nazionale di contenimento della spesa pubblica….”e,  nel paragrafo relativo a “indennità e gettoni di presenza”, si precisa che “le indennità e i gettoni di presenza determinati nei modi di legge possono essere soltanto diminuiti con delibera di giunta e di consiglio”.

 

[5] L’art. 17 della l.r. 15/2004, abrogato dall’art. 7 della l.r. 22/2008, così disponeva:

  “Indennità degli amministratori locali.

1. L'indennità spettante ai presidenti dei consigli di circoscrizione è ridotta del 50 per cento. Ai consiglieri di circoscrizione è corrisposta una indennità pari ai 2/3 dell'indennità percepita dai presidenti.

2. Il Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore regionale per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali, può ridurre le indennità degli amministratori locali, dei consiglieri comunali e provinciali nonché dei consulenti di sindaci e presidenti delle province.

3. Le predette disposizioni si applicano a decorrere dal rinnovo successivo alla data di pubblicazione della presente legge degli organi di cui ai commi precedenti.”

 

[6] L’art. 26 della l.r. 22/08 dispone testualmente:

“ Entrata in vigore

1. La presente legge sarà pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana ed entrerà in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

2. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione.”

 

[7] Cfr. a tal proposito la Circolare n. 5/2006 del Ministero dell’interno, la quale, nel diramare le direttive in ordine  alle decurtazioni da applicare ai sensi della legge 266/2005, precisa che “…laddove la giunta e il consiglio si siano avvalsi, entro la data del 30 settembre 2005, della facoltà prevista dall’art. 82, comma 11, del D.Lgs. 267/2000, di aumentare la misura dei compensi, entro i limiti ivi stabiliti, sui conseguenti importi andrà applicata la decurtazione del 10%.”