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Gruppo    II                            /7.11.00

OGGETTO: Art. 19, co. 1, L. 3 agosto 1999, n. 265. Applicabilità in Sicilia.

   
   
   
                                          Assessorato regionale
                                           degli enti locali
                                           P A L E R M O

   
                 1. Con nota n. 37 del 17 gennaio c.a., codesto Assessorato chiede il parere dello Scrivente sull'applicabilità nell'ambito della Regione siciliana della "singolare disposizione di divieto di attività professionale, contenuta nel secondo periodo del comma 1 dell'art. 19 della legge 3 agosto 1999, n. 265", esprimendo il proprio orientamento positivo al riguardo motivato "sia per carenza di disciplina regionale della materia" (con riferimento in particolare alla l.r. 20 giugno 1997, n. 19) "che per carenza di legittimazione legislativa della Regione nella medesima materia".
                 Nella richiesta di parere si rileva peraltro che la disposizione in discorso "appare eludibile mediante diversa assegnazione di delega agli assessori e rende superata, in sostanza, la necessaria configurazione pregressa di conflitto di interesse ...... estremamente residuale con la diversa attribuzione (non organica), nelle materie indicate nella medesima disposizione, degli atti di gestione relativi, secondo gli introdotti commi 3 e 3 bis dell'art. 51 della legge n. 142/90".
   
   
                 2. L'art. 19, comma 2, della legge 3 agosto 1999, n. 265, recante "Disposizioni in materia di autonomia e ordinamento degli enti locali, nonchè modifiche alla legge 8 giugno 1990, n. 142" - testualmente recita:
                 1. Gli amministratori di cui all'articolo 18, comma 2, devono astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado. L'obbligo di astensione non si applica ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell'amministratore o di parenti o affini fino al quarto grado. I componenti la giunta comunale competenti in materia di urbanistica, di edilizia e di lavori pubblici devono astenersi dall'esercitare attività professionale in materia di edilizia privata e pubblica nel territorio da essi amministrato.
                 Il primo periodo riproduce con diversa formulazione l'art. 279 del T.U. 3 marzo 1934, n. 383, a cui corrisponde l'art. 176 O.R.E.L., come interpretato dall'art. 1 della l.r. 10 agosto 1995, n. 57 e quindi, come esattamente osservato nell'ultima parte della richiesta di parere, esula dall'indagine sull'applicabilità in Sicilia, che concerne soltanto il divieto introdotto con la seconda parte dello stesso comma.
                 Al riguardo lo Scrivente ritiene non utilizzabile nè l'argomento della "carenza di disciplina regionale" nè quello della incompetenza legislativa della Regione nella materia considerata.
                 Cominciando, per ordine logico, l'esame dal secondo profilo, non sembra a questo Ufficio che la materia a cui si riferisce la disposizione sopra riportata sia quella dell'ordinamento professionale degli ingegneri, degli architetti e dei geometri, dal momento che l'inosservanza del divieto de quo non viene sanzionata con misure incidenti sull'esercizio di quelle  professioni (in ipotesi, sospensione o cancellazione dall'albo) da adottarsi da parte dei competenti organi collegiali dei corrispondenti Ordini. In altri termini l'inosservanza del divieto non sembra atteggiarsi come un abuso nell'esercizio della professione, ma piuttosto come un impedimento all'investitura della carica di amministratore. La fattispecie quindi sembra ricadere nella materia del "regime degli enti locali" rientrante nella competenza legislativa esclusiva della Regione siciliana ex art. 14, lett. o, dello Statuto, materia nella quale, per quanto attiene al caso di specie, - costituente una specificazione del conflitto d'interessi - la Regione, contrariamente a quanto si rileva nella richiesta di parere, ha legiferato: la norma ad hoc non va ricercata infatti nella l.r. n. 19 del 1997 - peraltro inapplicabile agli organi degli enti locali (v. artt. 1 e 3 l.r. 22/1995 sub art. 5 l.r. 19/1997) -, bensì proprio nel sopra citato art. 176 O.R.E.L., integrato dall'art. 1 l.r. 10 agosto 1995, n. 57, anche se esso non contiene un divieto analogo a quello introdotto dall'art. 19, co. 1, l. 265/1999, ma solo l'obbligo di astenersi dal prendere parte alle deliberazioni rispetto alle quali gli amministratori versino in una situazione di conflitto d'interessi, conflitto che è presunto solo nel caso di esercizio da parte degli amministratori stessi di "servizi, forniture od appalti" (art. 176, co. 2).
                 L'analoga presunzione anche per l'esercizio di alcune libere professioni "tout court" e non soltanto per quello a favore dell'ente locale di appartenenza del professionista-amministratore rientra invero in una (discutibile, per quanto rilevato infra) scelta discrezionale del legislatore statale; ma ciò non toglie che, laddove si verifichi in concreto una ipotesi di conflitto d'interesse tra le due posizioni di amministratore e di libero professionista tecnico, sia adeguato a dirimerlo il citato art. 176 O.R.E.L.
                 Ad avviso dello Scrivente, quindi, con riguardo alla fattispecie, non sussiste una lacuna legislativa regionale colmabile con l'applicazione in Sicilia della legge statale in virtù dell'unitarietà dell'ordinamento giuridico, ma una diversa regolamentazione della stessa materia ad opera di una disposizione regionale che, per antica tradizione giurisprudenziale, prevale su quella statale (cfr. Corte cost., sent. n. 21 del 1959); a meno che quest'ultima non possegga le caratteristiche delle norme fondamentali delle riforme economiche sociali della Repubblica, costituenti un limite anche all'esercizio delle competenze legislative regionali di tipo esclusivo. Ma, a parte la considerazione che l'art. 28, co. 7, l. 265/1999 ne prevede l'applicazione alle regioni a statuto speciale "nei limiti e nel rispetto degli statuti e delle norme di attuazione", tali caratteri non sembrano sussistere nella disposizione in esame, che non attiene ad un problema di primaria importanza nazionale e di grande rilevanza per la vita economica e sociale della comunità intera - per citare alcune delle caratteristiche delle predette norme delineate dalla giurisprudenza costituzionale (ex plurimis, sent. n. 153 del 1995) -, ma anzi, come notato anche da codesto Assessorato, appare in controtendenza rispetto alla riforma "Bassanini", che ha sottratto agli amministratori comunali, tra l'altro, il potere di rilasciare "le autorizzazioni e le concessioni edilizie" (art. 6 l. 127/1997 e succ. modif. richiamato con art. 2, co. 3, l.r. 7 settembre 1998, n. 23): onde suscita perplessità sul piano della ragionevolezza una così drastica limitazione all'esercizio dell'attività libero-professionale "privata e pubblica" dei predetti soggetti nel territorio del comune di appartenenza (non "eludibile" sostanzialmente con il ripiego della delega di funzioni in materia non edilizia) disgiunta dall'accertamento, caso per caso, dell'effettiva sussistenza di un conflitto di interessi connesso con tale attività.
                 Le considerazioni sopra svolte inducono quest'Ufficio a non ritenere automaticamente applicabile in Sicilia l'art. 19, co. 1, prima parte, della legge 3 agosto 1999, n. 265. Comunque, un ripensamento dell'intera tematica del conflitto d'interessi in subiecta materia potrebbe scaturire da una iniziativa legislativa di raccordo con la nuova disciplina statale in tema di status degli amministratori locali di beni al capo III della l. 265/1999 che ha condotto all'abrogazione pressochè integrale della l. 27 dicembre 1985, n. 816, recepita con modifiche dalla l.r. n. 31 del 1986.
   
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                 A' termini dell'art. 15, co. 2 del D.P.Reg. 16 giugno 1998, n. 12 lo scrivente acconsente sin d'ora all'accesso presso codesto Assessorato al presente parere da parte di eventuali soggetti richiedenti.
                 Si ricorda poi che, in conformità alla circolare presidenziale dell'8 settembre 1998, n. 16586/66.98.12 trascorsi 90 giorni dalla data di ricevimento del presente parere senza che codesta Amministrazione ne comunichi la riservatezza, lo stesso potrà essere inserito nella banca dati "FONS".

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