Repubblica Italiana
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Gruppo VI                            /11.2000.11

OGGETTO: Art. 50 D.P.R. n 268/87 - Applicabilità ai dipendenti dell'Istituto dei ciechi Florio e Salamone di Palermo.

   
   
   
                                  Assessorato regionale beni culturali,
                                  ambientali e p.i.
                              Direzione regionale pubblica istruzione
                                     P A L E R M O

                 1. Con la nota suindicata viene chiesto l'avviso dello scrivente in ordine alla problematica prospettata a questo Ufficio, per il tramite di codesto Assessorato, dall'Istituto dei ciechi "Florio e Salamone" di Palermo con nota 14 gennaio 2000, n° 8/Ris.
                 Nella predetta nota viene sollevata la questione relativa all'applicabilità o meno ai dipendenti dell'Istituto che rivestono la qualifica di insegnanti di riabilitazione culturale e di educatori specializzati dell'art. 50 del D.P.R. n° 268/87 concernente l'orario di lavoro per gli insegnanti di scuole.
                 Ciò in quanto l'Istituto non svolgendo più compiti di istruzione pubblica bensì attività di assistenza e di sostegno scolastico e convittuale in favore dei non vedenti non ritiene - secondo l'avviso espresso nella nota che si riscontra - di poter essere qualificato istituto scolastico e, conseguenzialmente, sulla scorta di tali argomentazioni è dell'avviso che nella fattispecie di cui trattasi i dipendenti de quibus avrebbero l'obbligo di prestare 36 ore di lavoro settimanali stabilite dal CCNL dei dipendenti  degli enti locali e non, invece, l'obbligo di prestare ventiquattro ore o 18 ore, rispettivamente stabilito per gli insegnanti di scuole elementari e per gli insegnanti di scuole medie e superiori dall'art. 50 del D.P.R. n° 268/87.
                 Atteso che sussistono, comunque, divergenze in merito viene richiesto il parere di questo Ufficio sull'argomento sopra rappresentato.
   
                 2. In merito alla problematica sopra rappresentata pare opportuno, innanzitutto, soffermarsi preliminarmente sulla natura giuridica dell'Istituto dei ciechi - Opere riunite Ignazio Florio ed F. e A. Salamone di Palermo.
                 A tal riguardo va osservato che già con parere del C.G.A. - Sez. consultiva del 10 marzo 1998, n. 136/98, espresso su apposita richiesta avanzata da codesto Assessorato, l'Istituto di cui trattasi è stato qualificato istituto scolastico.
                 Sulla base, infatti, del R.D. 23 dicembre 1923, n. 2841, che novellando la L. n° 6972/1890 in materia di assistenza e beneficenza ha consentito agli Istituti per ciechi con prevalenti finalità di istruzione di essere dichiarati istituti scolastici e posti alle dipendenze del Ministero della pubblica istruzione, l'Istituto de quo è stato dichiarato istituto di istruzione e di educazione "per effetto del R.D. 27 ottobre 1926, n. 2263" (cfr. parere C.G.A. sopra richiamato).
                 A tal riguardo con il parere n° 136/98 il Consiglio di giustizia amministrativa aveva, peraltro, opportunamente rilevato che laddove, nel tempo, fossero venute meno le finalità di istruzione ovvero queste ultime divenissero non prevalenti rispetto alle finalità di assistenza "nulla impedisce che ... l'Ente possa procedere alla modifica del proprio statuto ed alla trasformazione delle sue finalità. Tale trasformazione comporterà il venir meno della natura di istituto scolastico, di cui l'Amministrazione  competente dovrà dare atto. Inoltre, nell'ipotesi che il nuovo statuto attribuisca all'istituto finalità assistenziali, se approvato dall'Amministrazione competente (per dette attività assistenziali), consentirà all'Ente di acquisire la natura giuridica di IPAB, sempre che, naturalmente, presenti i requisiti richiesti dalla L. 17 luglio 1890, n° 6972 (cfr. parere C.G.A., Sez. consultiva, 10.3.1998, n° 136/98 in Giustizia amministrativa siciliana, 1998, 2 p. 420).
                 D'altronde anche questo Ufficio, nell'affrontare diverse problematiche sollevate dall'Istituto dei ciechi e sottoposte da codesto Assessorato all'esame dello scrivente, tenendo conto della struttura pluralistica della P.A., ha ricompreso l'Istituto de quo nel c.d. "settore pubblico allargato" pervenendo alla applicabilità di svariati istituti normativi statali e/o regionali (cfr. pareri 19.12.1998, n° 23877; 23.12.1998, n° 24139; 13.1.2000, n. 612).
                 Per quanto sopra rilevato, pertanto, non si condivide l'assunto dell'Istituto secondo cui, "non svolgendo più compiti di istruzione pubblica bensì attività di assistenza, sostegno scolastico e convittuale in favore dei non vedenti" lo stesso non "può essere ritenuto un istituto scolastico" atteso che non sembra che l'Istituto in questione abbia proceduto, in correlazione all'avviso espresso dal C.G.A., a porre in essere comportamenti e/o atti diretti al riconoscimento di una natura giuridica differente (e, nell'ipotesi, di IPAB) da quella attualmente rivestita.
                 Premesso quanto sopra non sembra, ad avviso dello scrivente, che possa disconoscersi nella fattispecie l'applicabilità dell'art. 50 del D.P.R. n° 268/87.
                 Sebbene, infatti, secondo un avviso giurisprudenziale adattabile e sovrapponibile al caso in esame "l'estensione del calendario e dell'orario propri del restante personale comunale al dipendente già docente ... e ricollocato a diverse funzioni non viola l'art. 36 Cost. nè l'art. 14 D.P.R.  n° 3/1957 e l'art. 88 D.P.R. 417/1974, nè, infine, le disposizioni contrattuali di cui ai D.P.R. 347/1983 e 268/1987 applicabili al solo personale che svolga effettivamente la funzione docente" (cfr. TAR Toscana, sez. II, 8.8.1995, n° 586/95) ai dipendenti dell'Ente di cui trattasi, che in atto rivestono tuttora la qualifica di "insegnante della riabilitazione culturale" con compiti "di istruzione nei confronti di alunni ciechi non scolarizzati o divenuti ciechi in età adulta o comunque postscolastica" e, quindi, non assegnati a "funzioni diverse", non può legittimamente, in atto, essere applicato l'orario di lavoro previsto dal vigente CCNL degli Enti locali per i dipendenti degli enti locali.
                 E' stato, peraltro, osservato che "la peculiarità dell'istruzione ... dei .... ciechi implica necessariamente che i compiti didattici e quelli educativo-assistenziali che gli istituti prestano vengano svolti attraverso una perfetta simbiosi delle strutture scolastiche e di quelle assistenziali... con la conseguente assoluta equiparazione della professionalità del personale addetto a siffatte strutture, la quale, ai diversi fini che interessano, merita una valutazione assolutamente identica" (cfr. C.S., sez. VI, 18.11.1991, 877/1991).
                 Per quanto concerne, poi, il personale con qualifica di "educatore specializzato" pare opportuno, innanzitutto, effettuare una distinzione fra il concetto di studio sussidiario e quello di libere attività complementari.
                 Mentre lo studio sussidiario ha la funzione da un lato di facilitare l'approfondimento e l'assimilazione da parte degli alunni delle nozioni impartite nelle ore antimeridiane e dall'altro di rendere possibile l'approfondimento di argomenti e di attività verso i quali si sia manifestato l'interesse degli alunni, le libere attività complementari mirano, invece, a completare, sulla base di scelte libere e spontanee, l'azione educativa della scuola su piani diversi da quelli dello studio in senso stretto  ma la cui efficacia educativa è non meno rilevante dell'attività scolastica vera e propria. Nell'ambito di queste ultime vennero ad assumere una loro specifica fisionomia quelle che si concretizzavano nell'assistenza agli alunni durante il trasporto e la refezione (prescuola e interscuola) rispetto a tutte le altre attività dirette ad ampliare il campo degli interessi culturali ed espressivi degli alunni.
                 Mentre, però, il servizio prestato dal personale docente reclutato per lo svolgimento dello studio sussidiario e delle libere attività complementari dirette ad ampliare gli interessi culturali ed espressivi degli alunni venne a porsi sullo stesso piano delle ordinarie attività d'insegnamento curriculare e fu considerato, quindi, quale servizio prestato in qualità di insegnante, le libere attività complementari nell'interscuola e prescuola, consistendo nell'assistenza agli alunni durante il trasporto e la refezione, non sono stati considerati servizi prestati in qualità di insegnante ma in qualità di assistente-educatore (cfr. TAR Toscana, 20.7.1987, n. 616).
                 Nella fattispecie, al di là del fatto che già la lettura delle mansioni svolte dagli educatori specializzati dell'Istituto de quo può far propendere per l'inserimento del servizio prestato da questi ultimi nel concetto di "insegnamento", va osservato che la giurisprudenza in materia ha ritenuto che "il servizio prestato in qualità di assistente educatore nell'istituto serafico per ciechi e sordomuti (di Assisi) .... deve essere comparato a quello prestato dal personale docente, indipendentemente dalla qualificazione del rapporto giuridico cui accede (cfr. C.S., sez. VI, 11.6.1990, n. 594/90), tanto è vero che lo stesso è valutabile ai fini della compilazione delle graduatorie per incarichi e supplenze del personale insegnante nelle scuole elementari (cfr. C.S., sez. VI, 22.5.1992, n. 412/92).
                 Ciò anche in quanto nella fattispecie si è di fronte alla figura di un assistente educatore specializzato che rappresenta colui che reclutato secondo le disposizioni del D.P.R. 31 ottobre 1975, n. 970 concernente "Norme in materia di scuole aventi particolare finalità" realizza nei confronti della persona dell'alunno funzioni educative integrative o temporaneamente sostitutive dei ruoli familiari in quanto il suo ruolo fondamentale, per lo svolgimento del quale necessita di competenze di tipo pedagocico-sociale, è quello di tramite per la promozione della comunicazione nei vari processi di relazione interpersonale, di gruppo e sociale.
                 In considerazione di quanto sopra sembra, pertanto, ad avviso di questo Ufficio che anche per tali dipendenti debba trovare applicazione l'art. 50 D.P.R. n° 268/87.
   
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                 Si ricorda che in conformità alla circolare presidenziale 8 settembre 1998, n° 16586/66.98.12, trascorsi 90 giorni dalla data di ricevimento del presente parere senza che codesta Amministrazione ne comunichi la riservatezza, lo stesso potrà essere inserito nella banca dati "FONS".

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