Pos. 1  Prot. N. /37.02.11 



Oggetto: Legge 109/94 e succ. modif. Principi. Applicabilità in Sicilia. Quesito.




Allegati n...........................


Ufficio di Gabinetto
dell'On.le Presidente

e, p.c. Dipartimento della
programmazione
LORO SEDI






1. Con la nota cui si risponde vien chiesto che lo scrivente "effettui i necessari approfondimenti e proponga le soluzioni da adottare" in ordine all'orientamento giurisprudenziale risultante dalle recenti sentenze della seconda Sezione del TAR di Palermo (381/2000, 534/2001, 18/2002) secondo il quale "l'omessa reitera da parte del legislatore regionale della proroga del termine per recepire i contenuti della l. n. 109 del 1994 è prova, chiara ed evidente, della volontà di intendere tale legge come ormai definitivamente recepita nel limite di quelle disposizioni innovative e di principio che, secondo l'insegnamento della Corte Costituzionale (n. 482/1995), costituiscono l'impianto normativo di grande riforma economico-sociale".
Al riguardo si comunica che con nota n. 298 del 21/2/02 il Dipartimento della Programmazione, nel presupposto che detto orientamento giurisprudenziale "lascia intendere che la normativa applicabile agli appalti di lavori pubblici in Sicilia debba essere rinvenuta nella normativa statale", ha rappresentato all'On.le Presidente l'esigenza di inserire già nella finanziaria all'esame dell'A.R.S. una norma del seguente tenore: "In materia di lavori pubblici, nelle more della definizione della disciplina regionale, trova piena applicazione la vigente normativa statale. Tale regolamentazione si applica ai bandi pubblicati successivamente all'entrata in vigore della presente legge".

2. Nell'allegata sentenza n. 381 del 28 febbraio 2000 della II Sez. del TARS di Palermo, punto 2 del DIRITTO, pagg. 16 - 17, si afferma testualmente che: "Il legislatore siciliano ha previsto espressamente il recepimento nell'ordinamento regionale della L. 109/1994 stabilendo, con l'art. 1, commi 1° e 2, della L. reg. sic. 10/1995, quanto segue:
"1. La Regione provvede ad adeguare la propria legislazione sui lavori pubblici ai principi fondamentali introdotti in materia dalla normativa statale di riforma economico-sociale, entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della medesima.
"2. Fino a quando non entrerà in vigore la legge regionale di adeguamento di cui al comma 1, continuano ad applicarsi integralmente le disposizioni delle leggi regionali in vigore".
Il suddetto termine, di centottanta giorni, è stato più volte prorogato dalla legge regionale e precisamente: al 31 dicembre 1996 dall'art. 1 della legge regionale 8 gennaio 1996, n. 4; al 31 dicembre 1997 dall'art. 8 della legge regionale 9 dicembre 1996, n. 47; al 31 dicembre 1998 dall'art. 11 della legge regionale 23 gennaio 1998, n. 3.
Dopo tale ultima data, il Legislatore regionale ha ritenuto di non doverlo più prorogare.
Il Collegio ritiene che ciò sia prova, chiara ed evidente, della volontà del predetto Legislatore di intendere come ormai definitivamente recepita, in ambito regionale, la legge 109/1994, ovviamente nel limite di quelle disposizioni innovative e di principio che, secondo l'insegnamento della Corte Costituzionale - sent. 482/1995 - rappresentano il discrimine tra l'impianto normativo di grande riforma (immediatamente applicabile) e le altre norme di dettaglio (che non possono ritenersi né immediatamente operative, né incluse nelle linee proprie di una "grande riforma")".

In ordine a quanto affermato nella succitata sentenza va innanzitutto rilevato che il presupposto giuridico che è a fondamento della stessa è errato atteso che, contrariamente a quanto sostenuto in quest'ultima, il termine di cui all'art. 1, co. 1, della l.r. n. 10 del 1995 è stato ulteriormente prorogato dall'art. 35, co. 2, della l.r. n. 10 del 1999 fino al 31 dicembre 1999 e quindi non era ancora scaduto al momento della pubblicazione del bando di gara (20 agosto 1999) la cui conformità o meno alla legislazione regionale vigente costitutiva appunto l'oggetto del contendere.
Non condivisibile sotto il profilo giuridico è altresì l'interpretazione della mancata proroga del termine de quo, nel senso cioè che quest'ultima costituirebbe la "prova, chiara ed evidente" della volontà di intendere la legge Merloni come ormai definitivamente recepita.
La superiore argomentazione del TAR si appalesa invero illegittima per due ordini di considerazioni: innanzitutto perché si è in presenza di un termine chiaramente "sollecitatorio" che lo stesso legislatore ha voluto dare a se stesso (cfr. parere dello scrivente n. 64/99 del 30 marzo 1999), cioè, di un "impegno programmatico" non perentorio (Salamone Vincenzo - Principi generali e fondamentali della nuova normativa sugli appalti pubblici contenuti nella legge Merloni e profili applicativi nella Regione siciliana - in Giur. Europ. 1998, 1, 268), ma soprattutto perché contraria alla lettera e alla ratio dell'art. 1, co. 2, della medesima l.r. 10/95 che espressamente dispone "fino a quando non entrerà in vigore la legge regionale di adeguamento di cui al comma 1, continuano ad applicarsi integralmente le disposizioni delle leggi regionali in vigore".
La superiore norma, invero, subordina (e non potrebbe essere altrimenti) il venir meno delle attuali norme regionali all'entrata in vigore della nuova legislazione e non alla scadenza del termine di cui al comma 1, disposizione, quest'ultima, che se effettivamente emanata dal legislatore, avrebbe potuto dare legittimità alla interpretazione di cui alla sentenza succitata.

3. Al di là dei superiori rilievi cui la sentenza dà indubbiamente adito, va, tuttavia, osservato che, comunque, quest'ultima non giustifica minimamente la conclusione cui perviene il Dipartimento della programmazione nella succitata nota e cioè che "la normativa applicabile agli appalti di lavori pubblici in Sicilia debba essere rinvenuta nella normativa statale".
Invero nella sentenza si afferma che il presunto recepimento non concerne la legge 109/94 ma solo "quelle disposizioni innovative e di principio che, secondo l'insegnamento della Corte Costituzionale rappresentano il discrimine tra l'impianto normativo di grande riforma e le altre norme di dettaglio".
Al riguardo va subito osservato che molti principi contenuti nella legge quadro statale sono presenti nella legislazione regionale che ha, soprattutto con la l.r. n. 10/1993, anticipato alcuni istituti innovativi introdotti dalla prima Merloni: basti pensare alle norme in materia di programmazione, di progettazione, di responsabile del procedimento, di fondo di rotazione per la progettazione, di varianti, di responsabilità civile del progettista, di garanzia dell'appaltatore, di sicurezza dei cantieri.
Senza dire altresì che la l. 109/94 e succ. modif. trova applicazione in Sicilia: a) ove disciplini materie che non sono di competenza del legislatore regionale o che comunque non possono avere che una disciplina unitaria in ambito regionale; b) ove recepisca norme comunitarie; c) quando disciplina istituti che la legislazione regionale non ha normato.
Rientrano nella lettera a) le norme in materia di qualificazione degli esecutori di lavori pubblici (art. 8), le norme relative ai soggetti ammessi alle gare (artt. 10, commi 1 e 1 bis, 11,12, e 13), le disposzioni sulle società di professionisti e sulle società di ingegneria (art. 17 commi 6-7-8 e 9), le disposizioni concernenti i corrispettivi delle attività di progettazione (art. 17, commi 14 bis - 14 ter - 14 quater), le norme acceleratorie in materia di contenzioso (art. 31 bis) e quelle relative all'arbitrato (art. 32), le disposizioni in ordine ai privilegi sui crediti (art. 37 nonies).
Sub lett. b) possono farsi rientrare le disposizioni concernenti l'ambito oggettivo e soggettivo (art. 2, commi 1 e 6, lett. a)), le norme sulla rilevazione delle offerte anomale per gli appalti di importo pari o superiore a 5 milioni di ECU (art. 21, comma 1 bis).
Rientrano nella lett. c) le disposizioni sul sistema di garanzia globale di esecuzione (art. 30, comma 7 bis), le norme sul subappalto (art. 34), quelle sulla società di progetto (artt. 37 quinquies - sexies - septies e octies).
Giova infine ricordare che lo stesso legislatore regionale ha provveduto a recepire espressamente gli artt. 35 e 36 (art. 2, co. 3, l.r. 19/94) 37 bis, 37 ter, 37 quater, 37 quinquies, 37 sexies, 37 septies, 37 octies e 37 nonies (art. 9, co. 1, l.r. 32/2000).
Pertanto, anche ove dovesse ritenersi prevalente - e come vedremo non lo è - l'indirizzo giurisprudenziale di cui alla succitata sentenza, non è chi non veda come "le disposizioni innovative e di principio" della legislazione statale applicabili in Sicilia non apporterebbero sconvolgimento alcuno nell'assetto normativo regionale.
In proposito - e si scioglie la riserva di cui sopra - non può non evidenziarsi che tanto la giurisprudenza delle altre sezioni del TAR Palermo quanto quella della sezione staccata di Catania e della stessa 2° sezione del TAR Palermo è certamente di segno contrario a quella minoritaria sopracitata, come può agevolmente desumersi dalla lettura delle numerose sentenze emesse nel corso di questi ultimi tre anni dal TAR per la Sicilia in materia di appalti, nelle quali la vigenza della legislazione regionale non è mai stata messa in discussione.
Ad ulteriore conforto delle preoccupazioni espresse dal Dipartimento della programmazione nella nota suindicata giova infine ricordare che l'art. 117 della Costituzione, novellato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, non ricomprende la disciplina generale relativa ai lavori pubblici né nell'elencazione delle materie sulle quali lo Stato ha potestà legislativa esclusiva, né nell'elencazione delle materie sulle quali vi è potestà legislativa concorrente tra Stato e regioni.
Ciò significa, che le Regioni, ivi compresa la Regione siciliana (cfr. art. 10, l.cost. 3/01) hanno potestà legislativa esclusiva nella predetta materia con i soli limiti costituiti dal "rispetto della Costituzione nonchè dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali" (art. 117, co.1, Cost.).
Dalla suindicata impostazione, radicalmente innovativa della legge di riforma costituzionale, consegue che la potestà legislativa regionale non è sottoposta a nessun altro limite, a parte quelli espressamente indicati, "in particolare, non potranno più essere fatti valere nei confronti delle regioni limiti come quello delle norme fondamentali delle leggi statali di riforma economico-sociale e quello dei principi generali dell'ordinamento giuridico" (Cavaleri, La nuova autonomia legislativa delle Regioni, in Foro It. 2001, V, 202).


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