Pos. 1   Prot. N. 70.03.11 



Oggetto: L. 289/02 - Art. 24 - Appalti di forniture e servizi di importo superiore a 50.000 euro. Applicabilità in Sicilia.





Allegati n...........................


Assessorato Regionale dei Beni culturali
e ambientali e della pubblica istruzione
Dipartimento dei Beni culturali e
ambientali e della educazione permanente
P A L E R M O


1. Con la nota cui si risponde vien chiesto l'avviso dello scrivente in ordine all'applicabilità in Sicilia della norma di legge statale in oggetto indicata.

2. In ordine al suesposto quesito concernente l'applicabilità in Sicilia dell'art. 24 della legge finanziaria 2003 va osservato che ai sensi del combinato disposto degli artt. 24, ultimo comma, e 95, co 2, le disposizioni recate dal citato art. 24 non sembrano applicabili in Sicilia, neanche quelle contenute nei commi 1, 2 e 5 che secondo il disposto del menzionato ultimo comma dell'art. 24 "costituiscono, per le regioni, norme di principio e di coordinamento".
Vale innanzitutto l'argomento letterale laddove testualmente si afferma "Per le regioni" e non anche "per le Regioni e per le province autonome di Trento e Bolzano"o anche più esplicitamente, quando si vuole ricomprendere le regioni a Statuto speciale, "ivi comprese le regioni a Statuto speciale". Peraltro l'art. 95, co. 2 fa salve le norme degli Statuti delle Regioni ad autonomia differenziata.
Vero è che dal tenore letterale dell'incipit del primo comma dell'articolo 24 "per ragioni di trasparenza e concorrenza" potrebbe ritenersi che le disposizioni stesse vertano in materia di concorrenza che, com'è noto, l'art. 117, II c., lett. e) riserva alla potestà legislativa esclusiva dello Stato.
Ma possono le predette disposizioni ritenersi effettivamente ricomprese nella predetta potestà legislativa? La dottrina ritiene che la tutela della concorrenza rimanda al titolo I della Costituzione ed in particolare all'art. 41 dove è appunto definita la disciplina relativa alle posizioni soggettive dei privati nei confronti dei pubblici poteri: "il fatto stesso che la concorrenza esprima la forma paradigmatica del diritto di iniziativa economica riconosciuto e disciplinata a livello costituzionale dall'art. 41 porta ad assegnare un contenuto trasversale alla potestà legislativa esclusiva dello Stato con riferimento alla disciplina di tale diritto, nel senso che anche in relazione a materie, come l'industria ed il commercio, rientranti nella potestà legislativa esclusiva delle Regioni, tale potestà non potrà essere esercitata in modo da alterare il contenuto del diritto spettante ai privati ai sensi del richiamato art. 41. Il problema si presenta con connotazioni peculiari nella materia dei lavori pubblici, dove la pretesa del singolo imprenditore si confronta con quella di pari natura spettante agli altri aspiranti che trovansi nelle medesime posizioni di titolarità. Quando si partecipa ad una gara di appalto il compito dell'Amministrazione è quello di determinare il soggetto più idoneo a realizzare l'opera pubblica tra i soggetti che abbiano determinati requisiti di qualificazione, rispetto ad essi l'Amministrazione non ha un potere discrezionale di ammettere o non ammettere colui che risulti essere titolare, questa è materia che attiene ai requisiti soggettivi che le regioni non possono disciplinare diversamente perché altrimenti creerebbero una barriera all'entrata per determinati soggetti o eliminando barriere all'entrata per altri, dunque incidendo sulla concorrenza intesa come forma paradigmatica per la conformazione del diritto di iniziativa economica in modo uniforme per tutti gli operatori del settore (cfr. Varrone, Tutela della concorrenza e potestà legislativa in materia di opere pubbliche in Archivio giuridico oo.pp. 2001, fasc. n. 61, pag. 1898).
Orbene nessuna delle norme dell'art. 24 disciplina aspetti che in qualche modo possono ricondursi alla tutela della concorrenza nel settore dei lavori pubblici (cfr. al riguardo Oliveri, Problemi di costituzionalità dell'art. 24 della l. 289/2002 in Giustizia amministrativa n. 1-2003). E peraltro di ciò ne è convinto pure il legislatore statale tant'è che ritiene l'esercizio della relativa potestà rientrante non in quella esclusiva dello Stato, ma in quella concorrente, come può desumersi dall'ultimo comma dello stesso articolo in cui qualifica, appunto, le disposizioni di quest'ultimo "norme di principio e di coordinamento".
Osserva in proposito l'Oliveri (op. cit.) che l'art. 24 si qualifica di principio "nei confronti di soggetti giuridici dotati di potestà normativa piena ed esclusiva nella materia delle acquisizioni di beni e servizi, le regioni. Ma se l'intervento normativo dell'articolo 24 è fondato sulla materia della tutela della concorrenza, allora non è un principio, ma una regolamentazione che si applica immediatamente e direttamente alle regioni. Al contrario, se si tratta di un principio, allora non si applica a nessun ente che non sia lo Stato o altro ente pubblico nazionale, se le regioni non abbiano adottato una legge che attui detto principio. Ma, ancora, poiché la materia degli appalti appartiene alla potestà legislativa esclusiva delle regioni, queste potrebbero anche non osservare del tutto l'art. 24 della l. 289/2002 ritenendolo assolutamente non vincolante, anzi lesivo della propria sfera di competenza legislativa, in quanto negli ambiti della potestà normativa regionale esclusiva la Costituzione non permette imposizioni di principio da parte dello Stato".
Nelle superiori considerazioni è il suesposto parere.

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Si ricorda che in conformità alla Circolare presidenziale 8 settembre 1998, n. 16586/66.98.12, trascorsi 90 giorni dalla data di ricevimento del presente parere senza che codesta Amministrazione ne comunichi la riservatezza, lo stesso potrà essere inserito nella banca dati "FONS".

   








/ls


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