Pos. IV 79.2003.11

OGGETTO: Organi e Uffici.- Rappresentanza permanente presso l'Unione Europea.- Designazione funzionari regionali.- Criteri.

UFFICIO DI GABINETTO
DELL'ON.LE PRESIDENTE
Segreteria tecnica
(Rif. nota n. 4392 del 24.3.2003)
S E D E

1.- Con la nota in riferimento, premesso che del contingente di esperti in servizio presso la Rappresentanza permanente d'Italia presso l'Unione europea, ai sensi dell'art. 58 della legge 6 febbraio 1996, n. 52, fanno parte, complessivamente, cinque funzionari da designarsi da parte della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome, e rilevato che il Presidente della Regione siciliana, nella qualità di coordinatore politico dell'Area affari internazionali e politiche comunitarie della Conferenza, ha il compito di formalizzare la relativa proposta, si chiede in buona sostanza l'avviso dello scrivente sui criteri posti a presidio delle scelte da operare in relazione alle candidature pervenute.
In particolare - rappresentando l'urgenza dell'acquisizione della consulenza adita - si chiede se, in ragione di una prassi, mai formalizzata, secondo cui si è proceduto alla riconferma, per un secondo mandato, del candidato indicato da una singola Regione, o comunque, anche a prescindere dall'identità soggettiva del funzionario designato, ci si è rimessi, per due mandati consecutivi, alle indicazioni di una stessa Regione, possa vantarsi "una legittima aspettativa" in tal senso, ovvero se le scelte operative vadano altrimenti supportate.
Inoltre, tenuto conto che, di fatto, di tale prassi ha già fruito la Regione Sardegna a partire dal 1998, e cioè appunto per due mandati, "in ciò ingenerando un nocumento organizzativo atteso che il funzionario designato" per il primo mandato non ha svolto l'incarico conferito, si chiede se comunque tale circostanza sia di ostacolo ad "ulteriori reiterazioni, non ritenendosi rilevante il mancato insediamento di certo non correlato ad inazione dell'organismo (e cioè della Conferenza dei Presidenti) o ad interferenza di altra Regione."

2.- In ordine alla problematica proposta, premesso che eventuali accordi politici intercorsi non vincolano, se non sotto l'aspetto appunto eminentemente politico, l'agire della Regione siciliana, nella ricoperta funzione di coordinamento della relativa Area, od anche dell'Organo collegiale cui è ascritta la competenza a porre in essere la designazione in discorso, si osserva, sotto un profilo tecnico-giuridico quanto segue.

Preliminarmente si osserva che per designazione amministrativa si intende l'atto con il quale un organo, nell'ambito di un procedimento amministrativo plurisoggettivo, concorre alla scelta di un soggetto da preporre ad un pubblico ufficio; tale atto appare rivestire carattere strumentale, e risulta privo di autonomia funzionale, interno al procedimento amministrativo destinato a concludersi con l'atto finale di nomina, e, nella fattispecie, è qualificabile quale atto collegiale, in quanto il richiamato art. 58 della L. 6 febbraio 1996, n. 52, attribuisce la competenza alla designazione ad un collegio, quale è appunto la Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome.
Per quanto attiene alla rilevanza della prassi amministrativa nell'ambito procedimentale di che trattasi, si rileva, in via generale, che la dottrina ha costantemente ritenuto (cfr. Franco Piga, voce "Prassi amministrativa" in Enciclopedia del diritto) che essa, come costante ripetizione di procedimenti e di comportamenti, abbia una rilevanza marginale come istituto giuridico in senso tecnico.
La medesima non appare invero riconducibile a regole giuridiche di diritto positivo e non costituisce dunque fonte del diritto, e cioè regola di azione giuridica, al pari degli usi che, viceversa, consistono in regole di condotta osservate uniformemente e costantemente dai membri di una società con la convinzione di obbedire a un imperativo giuridico (cfr. Alberto Trabucchi. Istituzioni di diritto civile, Cedam).
La cosiddetta prassi, invece, non riveste il carattere della generalità e non vanta il requisito dell'opinio iuris, e corrisponde non già ad esigenze giuridiche, bensì a motivi di opportunità e di convenienza, con la conseguente mancanza di alcun carattere di obbligatorietà.
L'inosservanza della prassi, dunque, non da luogo a violazione di legge, ma può soltanto essere sintomo, se non sorretta da una adeguata motivazione, di eccesso di potere (cfr. Elio Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè).
Ancora si osserva, comunque, che la prassi rileva esclusivamente sotto un profilo procedurale, e non contenutistico; essa può dunque tutt'al più condizionare l'esercizio di un potere sotto il profilo del giusto provvedimento - che deve tenere conto di tutti gli interessi coinvolti, da valutarsi obbligatoriamente da parte della amministrazione procedente, che pur è tenuta a privilegiare il pubblico interesse - e non in ordine al contenuto dispositivo del provvedimento, che consiste invece nella possibilità di produrre una determinato effetto giuridico.
In altri termini, è la modifica radicale delle caratteristiche del procedimento, ad esempio mediante la soppressione di fasi aventi rilievo istruttorio, che può configurare, se posta in essere in assenza di qualsiasi motivazione sul punto, la sussistenza di un eccesso di potere (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 24 maggio 1996, n. 585).

Qualora dunque, anche data per sussistente la prassi di rinnovo dell'incarico cui è fatto cenno, si proceda diversamente, assolutamente legittimo si appaleserebbe la relativa determinazione che renda tuttavia esplicito l'iter logico-giuridico seguito ai fini della scelta operata.
Ed invero l'atto di designazione, o di nomina, ad un incarico fiduciario comporta una scelta, caratterizzata da una piena discrezionalità, nell'ambito di una categoria di soggetti, ed è vincolato da criteri di ragionevolezza e parità di trattamento; la natura selettiva del procedimento medesimo, e quindi la necessità di motivare la scelta effettuata, sussiste peraltro anche qualora un procedimento di nomina rivesta un carattere non concorsuale, restando in tale ipotesi inconfigurabile soltanto una graduatoria tra candidati (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 20 maggio 1996, n. 633).
Ancora si osserva che canoni di imparzialità e buon andamento impongono di svolgere comunque, anche il presenza di una prassi che privilegi, in forza di un supposto principio di continuità, l'opzione di conferire l'incarico al medesimo soggetto che lo ha già ricoperto, una adeguata istruttoria preliminare atta a far emergere i dati utili per la scelta da operarsi.

Conclusivamente dunque si osserva che la eventuale prassi cui più volte si è fatto cenno non esime l'Organo competente alla designazione dal porre in essere una scelta discrezionale che terrà conto anche, ma non esclusivamente, dell'esperienza precorsa vantata dal funzionario che ha già svolto l'incarico in discorso. Esperienza che costituisce elemento curriculare da tenere indubbiamente in considerazione, ma non tale da precludere ogni altra scelta che, adeguatamente motivata, può essere posta in essere qualora suffragata da idonei presupposti.

Nei termini l'avviso dello scrivente.

3.- A termini dell'art. 15, comma 2, del "Regolamento del diritto di accesso ai documenti dell'Amministrazione regionale", approvato con D.P.Reg. 16 giugno 1998, n. 12, lo scrivente comunica preventivamente di acconsentire all'accesso presso codesta Amministrazione al presente parere da parte di eventuali soggetti richiedenti.
Codesta Amministrazione vorrà a sua volta comunicare, entro novanta giorni dalla ricezione, l'eventuale possibilità che il parere stesso inerisca ad una lite, ovvero se intenda differirne l'accesso fino all'adozione di eventuali provvedimenti amministrativi cui la richiesta consulenza fosse preordinata. Decorso detto termine senza che sia pervenuta alcuna comunicazione in tal senso, si procederà, giusta delibera della Giunta regionale n. 229 dell'8 luglio 1998, all'inserimento del presente parere nella banca-dati "FoNS", ed alla conseguente diffusione.


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