POS. IV Prot._______________/273.11.2003

OGGETTO: Imprenditoria femminile - V Bando per l'accesso alle agevolazioni - Quesiti.


ASSESSORATO REGIONALE INDUSTRIA
Dipartimento Industria
Servizio I - Promozione sviluppo
Industriale
Nucleo attuazione legge 215

PALERMO


1. Con nota n. 5084/Serv. I del 30 ottobre 2003, codesto Dipartimento pone dei quesiti sul D.P.R. 28 luglio 2000, n. 314 - regolamento emanato per semplificare gli interventi a favore dell'imprenditoria femminile di cui alla L. 215/1992 - e sulla circolare 22 novembre 2002, n. 1151489 - emanata dal Ministero delle attività produttive in occasione dell'avvio del V bando - che esplicita le modalità e le procedure per la concessione e l'erogazione delle agevolazioni.
Le perplessità sottoposte all'esame di questo Ufficio sono le seguenti:
a) l'art. 13, comma 2, del Regolamento di cui al D.P.R. 314/2000, dispone che "La domanda..........è trasmessa mediante raccomandata postale con avviso di ricevimento.......".. La circolare esplicativa, al punto 9.1 prevede: "La domanda di agevolazione deve essere presentata esclusivamente tramite raccomandata con avviso di ricevimento".
Codesta Amministrazione ha ricevuto delle domande spedite a mezzo corriere privato, debitamente autorizzato dall'autorità postale, che riterrebbe ammissibili - tenuto conto che nella circolare e nel regolamento non è specificato che la raccomandata debba essere spedita a mezzo Poste Italiane S.p.A. e che, ai sensi dell'art. 23 del D.lgs. 261/1999, il servizio postale relativo alle raccomandate A.R. non è più espletato in via esclusiva da Poste Italiane S.p.A. a far data dal 1° gennaio 2001.
Tuttavia, segnala codesto Dipartimento, l'art. 4 del medesimo D.lgs.261/99 pare riservare al servizio universale gli invii raccomandati attinenti alle "procedure amministrative e giudiziarie";

b) al punto 9.1, paragrafo 4, della circolare è specificato che la domanda va formulata "secondo gli schemi previsti dai modelli appositamente predisposti..........da redigere nella forma di dichiarazione sostitutiva di atto notorio" e il modulo di domanda, alla nota 1, precisa che la stessa va sottoscritta con le modalità previste dall'art. 38 del D.P.R. 445/2000, allegando copia fotostatica non autenticata di un valido documento d'identità.
Si pone il problema per codesta Amministrazione di determinare le conseguenze della mancata allegazione della copia del documento d'identità o della produzione della fotocopia di un documento scaduto, e cioè l'inammissibilità della domanda, alla stregua di una vera e propria mancata sottoscrizione ovvero la possibilità di richiedere l'integrazione del documento mancante ai sensi del paragrafo 10, punto 10.2, della circolare;

c) è sorta infine perplessità sull'ammissione di progetti riguardanti attività riservate a liberi professionisti, svolte autonomamente o in forma associata, in difetto del requisito di "imprenditore" o di impresa.
Mentre parrebbe pacifica l'esclusione di liberi professionisti esercenti attività intellettuali ex art. 2229 c.c., meno chiaro risulta la fattispecie di esercizio delle medesime attività in forma associata.
Codesta Amministrazione riterrebbe invece di poter ammettere alle agevolazioni le società commerciali tra professionisti ex art. 7, comma 2, D.P.R. 581/95 e art. 16 D.lgs. 96/2000.

2. In ordine al primo quesito si rassegna quanto segue. Ritiene la giurisprudenza che qualora il bando preveda, a pena di esclusione, l'invio delle domande con raccomandata con avviso di ricevimento e non tramite semplice raccomandata, ciò costituisce un inutile, illogico, aggravio del procedimento a carico degli interessati e nulla muta, dal punto di vista dell'amministrazione, per quanto concerne la sicurezza del mezzo postale prescelto (Cfr. C. Stato, sez. VI, 3-7-2001, n. 3665; T.A.R. Emilia Romagna, sez. Parma, 25-10-2001, n. 882 ).
Inoltre, "qualora il bando prevede come necessaria una determinata forma di invio, ma non richiama più tale necessità nella parte relativa alle prescrizioni concernenti l'invalidità , va seguita la regola ermeneutica contenuta nell'art. 1367 c.c., secondo la quale, nel dubbio, le clausole devono essere interpretate in vista della conservazione dell'atto" (Cfr.T.A.R. Sardegna, 11-05-1983, n. 240). A tal proposito, si rileva che il paragrafo 9, punto 1, determina l'invalidità della domanda solo nell'ipotesi di mancanza del Modulo di richiesta e della Scheda tecnica.
Il mezzo di "recapito" prescelto serve ad offrire ad entrambe le parti una certa garanzia di sicurezza nel ricevimento dell'atto. In conseguenza di ciò, è stato ritenuto che l'invio di una raccomandata a.r. non può costituire un obbligo a pena di esclusione se non è in contestazione, come nella specifica fattispecie, che la domanda sia stata in effetti ricevuta dall'amministrazione; rilevato questo fatto, ne consegue, in via derivativa, l'illegittimità dell'esclusione (Cfr. T.A.R. Emilia Romagna, n. 882/2001, già richiamato).
Chiarito quanto sopra, si ritiene superfluo affrontare la questione sull'uso dei termini "raccomandata postale", senza specificazione circa la necessità di ricorrere esclusivamente a Poste Italiane S.p.A..

3. In ordine al secondo quesito si espone quanto segue. L'art. 38 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa), al comma 3 così dispone: " Le istanze e le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà da produrre agli organi della amministrazione pubblica o ai gestori o esercenti di pubblici servizi sono sottoscritte dall'interessato in presenza del dipendente addetto ovvero sottoscritte e presentate unitamente a copia fotostatica non autenticata di un documento di identità del sottoscrittore. La copia fotostatica del documento di identità è inserita nel fascicolo".
Per effetto delle nuove norme sulla semplificazione è venuto meno l'obbligo della sottoscrizione autenticata che, richiesta un tempo in maniera indifferenziata, viene oggi soddisfatta sostituendo all'autenticazione, o la presenza all'atto della sottoscrizione innanzi al dipendente addetto o, in via residuale - ritenuta equivalente alla prima opzione - la presentazione dell'istanza sottoscritta unitamente a semplice copia fotostatica del documento di identità del sottoscrittore. La validità della sottoscrizione si realizza attraverso l'adempimento di un onere che è unico, seppur materialmente concretizzasi in due atti: firma e fotocopia del documento. Anche l'allegazione della fotocopia del documento, quindi, e non solo la materiale sottoscrizione, è formalità che deve intendersi richiesta ad substantiam, pena l'esclusione, seppur non espressamente comminata(Cfr. T.A.R. Campania, sez. I, 09-08-2000, n. 3262; Calabria, sez, Reggio Calabria, 28-10-1999, n. 1376), poichè la mancata allegazione della copia del documento fa venir meno la certezza e la garanzia circa la provenienza del documento dal suo sottoscrittore.
Ora, pur essendo innegabile che la giurisprudenza degli ultimi anni si è nettamente orientata nel senso di attenuare il rigore formalistico dei procedimenti e dei bandi di gara, rapportandolo ai principi di ragionevolezza e di libera e ampia partecipazione, nonché alla necessità di non aggravare inutilmente il procedimento concorsuale, privilegiando la massima partecipazione dei candidati, invitandoli a rettificare le domande che presentano irregolarità dal punto di vista formale, quantomeno in assenza di specifiche esigenze manifestate dall'amministrazione in funzione dell'interesse pubblico perseguito e sempre nei limiti dati dal rispetto della parità di condizioni e dall'immodificabilità della documentazione presentata (cfr. T.A.R. Lombardia, sez. III, 29 marzo 1996, n. 851/ord.; T.A.R. Piemonte, 7 giugno 2000, n. 653), non si può prescindere da altra giurisprudenza più recente che, proprio con riferimento alla mancata allegazione della fotocopia del documento di identità alla dichiarazione sostitutiva, in applicazione del Testo unico di cui al D.P.R. n. 445/2000, ha ritenuto che tale ipotesi non decade al rango di mera formalità sanabile in virtù dei principi della massima partecipazione, poiché nella prospettata questione di diritto "è evidente che non è contemplata né ammessa alcuna forma equipollente alla previsione di semplificazione amministrativa in questione" (art. 38, comma 3). "La ratio è: asseverare, anche ai fini dell'assunzione di responsabilità, la provenienza delle dichiarazioni rese..........L'amministrazione, che per le varie dichiarazioni sostitutive, si è vincolata al rispetto delle prescrizioni della legge, esplicitamente richiamata nella lex specialis, la quale se da una parte semplifica la procedura, agevolando la posizione del privato/impresa richiedente, dall'altra pretende, nell'ambito della realizzazione di una fattispecie complessa, l'ossequio ad un minimo ineludibile di formalità ( che non è certo un rilevante aggravio), a garanzia della consapevole e responsabile provenienza della documentazione" (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 1 ottobre 2003, n. 5677; conforme T.A.R. Campania-Salerno, Sez. I, 6 novembre 2003, n. 1489).
Discende da quanto sopra detto che la mancata allegazione della fotocopia del documento di identità, formalità minima richiesta unitamente alla sottoscrizione della dichiarazione sostitutiva di atto notorio, non possa essere successivamente regolarizzata.
Nell'altra ipotesi prospettata, relativa all'allegazione, alla domanda sottoscritta, della copia di un documento scaduto, potrebbe soccorrere la previsione contenuta all'art. 45, comma 3, dello stesso D.P.R. 445/2000: "Qualora l'interessato sia in possesso di un documento di identità o di riconoscimento non in corso di validità, gli stati, le qualità personali e i fatti in esso contenuti possono essere comprovati mediante esibizione dello stesso, purchè l'interessato dichiari, in calce alla fotocopia del documento, che i dati contenuti nel documento non hanno subito variazioni dalla data del rilascio" . La mancata, surriportata, dichiarazione non può che precludere l'ammissione della domanda, dovendosi ritenere preclusa anche la regolarizzazione successiva del documento sul rilievo che la legge prevede un'ultima, residuale ipotesi di "sanatoria" del documento scaduto che si realizza con la necessaria firma di convalida del cittadino che attesti come tuttora invariati i dati risultanti dal documento non più in corso di validità ( e quindi non riscontrabile ai fini del riconoscimento). In mancanza anche di tale minimo, imprescindibile, rigore formale è da ritenere che "l'utilizzo di un documento scaduto non costituisce irregolarità semplicemente formale, ma un difetto sostanziale del requisito dell'esistenza del documento stesso" (Cfr. Commiss. Trib. Centrale, 03-06-1997, n. 2862).

3. Per quanto riguarda la terza questione, l'art. 2082 c.c. prevede che è imprenditore chi esercita professionalmente un'attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni e servizi. Dall'enunciato dell'art. 2082 c.c. si ricavano, quindi, gli elementi costitutivi della fattispecie "impresa": essa consiste nell'organizzazione di un'attività, esercitata professionalmente, al fine della produzione e dello scambio di beni o servizi.
Non sempre però la produzione di beni o servizi coincide con l'attività d'impresa. L'art. 2238 c.c., sia pure in modo indiretto, nega la qualifica di imprenditore a chi esercita una professione intellettuale, salvo che essa non costituisca elemento di un'attività organizzata in forma di impresa. L'art. 2195 c.c. definisce invece l'imprenditore commerciale.
Anche i professionisti dunque assumono la qualità di imprenditore commerciale quando esercitano la professione nell'ambito di un'attività organizzata in forma di impresa, in quanto svolgono una distinta ed assorbente attività che si contraddistingue da quella professionale proprio per il diverso ruolo che assume il sostrato organizzativo - il quale cessa di essere meramente strumentale - e per il diverso apporto del professionista, non più circoscritto alle prestazioni d'opera intellettuale, ma involgente una prevalente opera di organizzazione di fattori produttivi che si affiancano all'attività tecnica ai fini della produzione del servizio (ad es. il medico che dirige una casa di cura o il professore che gestisce una scuola).
L'attività libero-professionale, svolta autonomamente (in forma individuale o associata) non rientra nella nozione di imprenditore o di impresa perché priva di una organizzazione di mezzi e produzione (non supera la soglia di autorganizzazione, anche se utilizza dei collaboratori, ad es, studio legale) e per la netta prevalenza dell'attività intellettuale rispetto agli altri fattori di produzione. Di contro anche il professionista diventa imprenditore quando, per le concrete modalità organizzative, l'attività perde il carattere della personalità.
Posto invece che l'esercizio dell'attività professionale in forma societaria implicherebbe - alla luce del codice civile vigente - la piena fungibilità della prestazione e, dunque, una "spersonalizzazione" dell'attività stessa, necessita esaminare come il nostro ordinamento giuridico disciplina l'attività professionale svolta in forma non individuale.
Le modalità di esercizio della professione in forma associativa si riscontrano di solito nella forma di "studio associato" o in quella di "società professionale".
La prima è in realtà una "cointeressenza", caratterizzata dalla ripartizione degli oneri e dei proventi, da una contabilità unificata e da un'unica partita Iva, ma le singole attività restano distinte e separate. Ne consegue l'infungibilità del professionista e della sua prestazione; chiaramente non si è in presenza di una società in termini civilistici.
L'esercizio invece della professione in forma di società professionale implica che l'assunzione e l'esecuzione della prestazione venga fornita in nome e per conto della società. L'istituzione di un organismo avente natura di impresa, ma destinato alla conduzione di una professione intellettuale, comporta la piena fungibilità della prestazione. In questo contesto è possibile parlare di società di professionisti in senso stretto, ma resta da verificare la disciplina positiva dell'esercizio in forma associata della professione intellettuale a tutt'oggi regolata dalla legge 23 novembre 1939, n. 1815, seppur la norma di maggior rilevanza, l'art. 2 - che conteneva il divieto di costituire società aventi ad oggetto la prestazione di consulenza e assistenza nell'ambito dell'attività professionale - è stata abrogata dall'art. 24 della L. 266/1997. Detta norma nell'abrogare l'art. 2 ha contestualmente previsto l'emanazione di un decreto interministeriale cui era demandato il compito di fissare i requisiti per l'esercizio in forma associata delle attività di cui all'art. 1 L. 1815/1939.
La normativa di secondo grado però non è mai stata emanata, lasciando in uno stato di incertezza la legittimità di attività professionali in forma societaria.
A fronte di questo stato di incertezza si è ritenuto che allo stato della normativa vigente, non è ricavabile la nozione di società professionale, posto che all'abrogazione del divieto di cui all'art. 2 della L. 1815/1939 da parte dell'art. 24 della L. 266/1997 non ha ancora fatto seguito l'emanazione del decreto ministeriale al quale la stessa legge ha demandato la fissazione dei requisiti per l'esercizio delle attività professionali di cui all'art. 1 della L. 1815/1939.
Contemporaneamente il Consiglio di Stato, sez. consultiva atti normativi, con parere 11-05-1998, n. 72, emesso su schema di regolamento del Ministero di grazia e giustizia, concernente le professioni da esercitarsi in forma societaria, ha chiarito che il regolamento di cui all'art. 24 della L. 266/1997 può avere ad oggetto solo le c.d. " professioni protette"- avvocati, notai, commercialisti, ecc. - mentre "la disciplina regolamentare da emanare non può riguardare tutte le libere professioni ma solo quelle per le quali era proibita la costituzione delle società; sono estranee dall'ambito della disciplina regolamentare tutte le professioni per le quali la normativa vigente già prevede l'organizzazione societaria, esempio: società d'ingegneria........società di revisione o le S.I.M........"(Cfr. C.Stato, sez. consultiva atti normativi, 11-05-1998, n. 72).
Allo stato, non risulta essere emanato alcun regolamento disciplinante le professioni c.d. "protette", ciononostante si è rinvenuta giurisprudenza, più favorevole, seppur isolata, orientata a ritenere che "anche nelle more dell'emanazione del regolamento sull'indicazione dei requisiti necessari per poter esercitare l'attività professionale in forma societaria, può essere iscritta nel registro delle imprese la società di professionisti costituita in forma di società di persone e particolarmente di società semplice, poiché in tal caso resta garantita la responsabilità illimitata dei soci" (Cfr. T. Milano 5-6-1999).
Si rileva infine che il menzionato D.lgs. 96/2001 è attinente all'esercizio in Italia della professione di avvocato da parte di cittadini di uno Stato membro dell'Unione europea e l'esercizio della professione di avvocato in forma societaria è comunque soggetta alla legge 23 novembre 1939, n. 1815, ai sensi del comma 5 dell'art.16 dello stesso decreto; valgono dunque anche per quell'atto normativo le generali argomentazioni sopra riportate.
Conclusivamente si ritiene che codesta Amministrazione possa ammettere a partecipare alle agevolazioni le società professionali per le quali esista già una normativa che disciplini l'esercizio in forma societaria della relativa professione.
Nei termini il reso parere.

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Ai sensi dell'art. 15,co.2 del D.P. Reg. 16 giugno 1998,n.12, lo Scrivente acconsente sin d'ora all'accesso presso codesta Amministrazione al presente parere da parte di eventuali richiedenti.
Si ricorda poi che in conformità alla circolare presidenziale dell'8 settembre 1998,n.16586/66.98.12, trascorsi 90 giorni dalla data di ricevimento del presente parere senza che codesta Amministrazione ne comunichi la riservatezza, lo stesso potrà essere inserito nella banca dati "FONS".




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