POS. II Prot._______________/314.2003.11

OGGETTO: C.I.E.M. art. 67 L.r. 21/2002 e art. 48 L.r. 23/2003 - Affidamento servizi - Disciplina applicabile.

ASSESSORATO REGIONALE
COOPERAZIONE COMMERCIO
ARTIGIANATO E PESCA
Dipartimento Cooperazione Commercio
Artigianato
Servizio Promozione
PALERMO

1. Con nota 15 dicembre 2003, n. 9492/65 codesto Dipartimento - premesso che l'art. 67 della legge regionale 10 dicembre 2001, n. 21, ha previsto un contributo straordinario a favore del CIEM (Centro per l'internazionalizzazione dell'impresa e la promozione della piccola e media impresa nello spazio euro-mediterraneo), e che l'art. 48 della legge regionale 23 dicembre 2002, n. 23, al 1° comma, ha destinato il contributo alle spese di gestione connesse allo svolgimento di attività in favore dell'Amministrazione regionale ovvero di enti da questa dipendenti o vigilati, mentre al 2° comma ha disposto che "per le attività da svolgersi" le somme saranno erogate sulla base di apposita convenzione da stipulare, previo parere della competente Commissione legislativa dell'Assemblea regionale siciliana, tra l'Assessorato in indirizzo e il CIEM - pone a questo Ufficio i seguenti quesiti:
a) se la convenzione prevista al 2° comma del succitato art. 48 debba essere stipulata anche per l'erogazione del contributo straordinario previsto dall'art. 67 della l.r. 21/01, ovvero solo per le "attività da svolgersi" e, quindi, se sussista o meno un collegamento tra il 1° e il 2° comma dell'art. 48 della l.r. 23/02;
b) se il ricorso all'affidamento diretto di servizi al C.I.E.M. (eventualmente disciplinato dalla convenzione prevista dal 2° comma dell'art. 48 della legge regionale 23 dicembre 2002, n. 23), possa configurare una violazione della normativa comunitaria in materia di appalti pubblici (in particolare di servizi).
Con riferimento a quest'ultima problematica, codesta Amministrazione segnala i principi - affermati dalla Corte di Giustizia delle Comunità europee, sezione V, con la sentenza 18 novembre 1999, in causa C-107/98, c.d. sentenza Teckal - ripresi dalla circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento delle politiche comunitarie, 19 ottobre 2001, n. 12727, che al punto 4 chiarisce: "quando un contratto sia stipulato tra un ente locale ed una persona giuridica distinta, l'applicazione delle direttive comunitarie può essere esclusa nel caso in cui l'ente locale eserciti sulla persona di cui trattasi un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e questa persona (giuridica) realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti locali che la controllano. Segnatamente, ad avviso delle istituzioni comunitarie, per controllo analogo si intende un rapporto equivalente, ai fini degli effetti pratici, ad una relazione di subordinazione gerarchica; tale situazione si verifica in particolare quando sussiste un controllo gestionale e finanziario stringente dell'ente pubblico sull'ente societario: In detta evenienza, pertanto, l'affidamento diretto della gestione del servizio è consentito senza ricorrere alle procedure di evidenza pubblica prescritte dalle disposizioni comunitarie......".

2. In ordine al primo quesito, questo Ufficio, già con nota 19 febbraio 2003, n. 2937, indirizzata a codesta Amministrazione, ha rilevato la diretta relazione tra il 1° e il 2° comma dell'art. 48, affermando che con la convenzione andavano individuate le (predette) attività (cioè quelle dette al 1° comma) e le spese di gestione (quelle, quindi, oggetto del contributo straordinario di cui all'art. 67 della l.r. 21/01) connesse a tali attività.
Detto chiarimento - riferito ad un unica convenzione, in cui le somme per le attività da svolgere sono quelle di cui al contributo straordinario - risulta superato dalla soppressione del 2° comma dell'art. 48 della l.r. 23/2002, avvenuta ad opera dell'art. 76, comma 34, della legge regionale 3 dicembre 2003, n. 20, e, conseguenzialmente, pare superfluo esprimere le richieste valutazioni di questo Ufficio in ordine all'allegata bozza di convenzione.
Non può, invece, non rilevarsi che la mancata definizione del rapporto intercorrente tra l'Amministrazione e il CIEM - attraverso un atto di natura contrattuale, quale la convenzione originariamente richiesta - riapre la questione sulla natura dell'intervento agevolativo in esame e sulla eventuale presenza di caratteristiche tali da falsare o minacciare di falsare la concorrenza e di incidere sugli scambi intracomunitari, ai sensi dell'art. 87, paragrafo 1, del Trattato CE.

3. In ordine al secondo quesito posto, si deve preliminarmente rilevare che la soppressione del 2° comma dell'art. 48 della l.r. 23/02, fa venir meno in concreto la possibilità di riferire l'esame della problematica ad un atto cui attingere elementi di valutazione chiarificatori circa l'esatta natura dei rapporti instaurati o da instaurare tra l'ente pubblico (Regione) e il CIEM, la sostanziale natura di tale organismo, i compiti allo stesso attribuiti e le attività richiestegli. Ciononostante non ci si esime dal trattare la complessa problematica sottoposta, alla luce delle disposizioni regionali vigenti, della normativa comunitaria e nazionale e delle elaborazioni interpretative della giurisprudenza comunitaria e nazionale.
L'aspetto fondamentale da trattare attiene alla nozione di organismo di diritto pubblico, rilevante non solo per l'individuazione dei soggetti in concreto tenuti ad applicare le direttive comunitarie in tema di appalti pubblici, ma altresì, limitatamente agli appalti pubblici di servizi, per chiarire l'estensione soggettiva della clausola di non applicazione della direttiva n. 92/50/CEE (che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi), contemplata all'art. 6 della stessa - cui corrisponde l'art. 5, comma 2, lett. g) del D.Lgs. 157/1995 (che ha dato attuazione alla citata direttiva) - e ribadita anche dall'art. 11 della direttiva n. 93/38/CEE.
L'art. 6 della direttiva 92/50/CEE dispone che essa "non si applica agli appalti pubblici di servizi aggiudicati ad un ente che sia esso stesso un'amministrazione ai sensi dell'art. 1, lett. b), in base ad un diritto esclusivo di cui beneficia in virtù delle disposizioni legislative, regolamentari od amministrative pubblicate, purchè tali disposizioni siano compatibili con il trattato".
Ai sensi dell'art. 1 della direttiva 92/50 s'intendono per " <> lo Stato, gli enti locali, gli organismi di diritto pubblico le associazioni costituite da detti enti od organismi di diritto pubblico " e "Per <> si intende qualsiasi organismo:
- istituito per soddisfare specificatamente bisogni di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale, e
- avente personalità giuridica, e
- la cui attività è finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti locali o da organismi di diritto pubblico, oppure la cui gestione è soggetta al controllo di questi ultimi, oppure il cui organo d'amministrazione, di direzione o di vigilanza è costituito da membri più della metà dei quali è designata dallo Stato, dagli enti locali o da altri organismi di diritto pubblico".
Le tre condizioni enunciate hanno carattere cumulativo, in assenza di una sola di tali condizioni, un organismo non può essere considerato organismo di diritto pubblico e, conseguenzialmente, non può nemmeno essere considerata amministrazione aggiudicatrice ai sensi della direttiva 92/50, tenuta alle procedure ad evidenza pubblica in materia di appalti ( Cfr. sentenza Corte CE su c. d. causa Teckal e sentenza 22 maggio 2003, causa C-18/01 Taitotalo).
In ordine alla prima condizione è necessario valutare se il CIEM sia stato istituito per soddisfare specificatamente bisogni di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale.
Dallo statuto emerge un vasto oggetto sociale, complessivamente e genericamente definito all'art. 4 che riassuntivamente assegna alla società il compito di operare come struttura di riferimento per la crescita e l'affermazione del partenariato euromediterraneo tra le PMI, promovendo un sistema di crescita imprenditoriale in un mercato concorrenziale, stimolando i vantaggi della competitività. Tutto ciò in collegamento con le iniziative internazionali e le azioni di cooperazione tra l'Europa ed i paesi extraeuropei con particolare riferimento al partenariato euromediterraneo.
Ora, non si può escludere che l'attività che il Ciem intende condurre sia astrattamente idonea a soddisfare bisogni di carattere generale grazie all'impulso che dovrebbe dare agli scambi e allo sviluppo di attività imprenditoriali nel bacino di utenza che si è assegnato. E, certamente, tali bisogni possono farsi rientrare tra i compiti in materia di "incremento della produzione agricola e industriale: valorizzazione, distribuzione, difesa dei prodotti agricoli ed industriali e delle attività commerciali" di competenza esclusiva della Regione siciliana, ai sensi dell'art. 14, lett. e) dello Statuto, mentre è verosimile che l'autorizzazione alla partecipazione azionaria nel Ciem, data all'Assessorato richiedente con l'art. 28 della l.r. 4/2000, possa inquadrarsi in tale contesto, laddove il legislatore ne motiva l'assunzione "al fine di promuovere la crescita del partenariato euromediterraneo tra piccole e medie imprese".
L'attività posta in essere da detto organismo potrebbe anche non essere espletata nel solo interesse particolare delle imprese interessate dal progetto, mirando a soddisfare bisogni potenzialmente d'interesse generale attraverso attività, che così come esplicitate nello statuto societario, intendono dare impulso agli scambi e allo sviluppo economico e sociale in un ambito territoriale ricomprendente certamente quello degli enti pubblici azionisti.
E' però necessario che i bisogni di interesse generale non abbiano carattere industriale o commerciale. Deve, cioè, trattarsi di "quei bisogni che, da un lato, sono soddisfatti in modo diverso dall'offerta di beni o servizi sul mercato e al cui soddisfacimento, d'altro lato, per motivi connessi all'interesse generale, lo Stato preferisce provvedere direttamente o con riguardo ai quali intende mantenere un'influenza determinante" (Cfr. Corte Ce, sez. V, 22 maggio 2003, C-18/01 e le richiamate sentenze della stessa Corte 10 novembre 1998, causa C-360/96, Bfi Holding e 10 maggio 2001, cause C-223/99 e C-260/99, Agorà e Excelsior e Adolf Truley).
Le richiamate sentenze suggeriscono di valutare anche se l'organismo esercita la propria attività in regime di concorrenza, seppur si ammette contemporaneamente che l'esistenza di una concorrenza articolata non consente, di per sé, di dichiarare la mancanza di un bisogno di interesse generale avente carattere non industriale o commerciale, occorrendo, in realtà, chiarire in quali condizioni tale organismo esercita la sua attività. Se l'organismo opera in normali condizioni di mercato, persegue lo scopo di lucro e subisce le perdite connesse all'esercizio della sua attività, è poco probabile - suggerisce la Corte CE - che i bisogni che esso mira a soddisfare abbiano carattere non industriale o commerciale. In tal senso, la circostanza che il Ciem non persegue fini di lucro, né parrebbe operare in normali mercati concorrenziali, accompagnata dal fatto che ha beneficiato di un finanziamento pubblico per l'attività (seppur senza specificazioni) svolta nei confronti della Regione e degli enti da essa vigilati, potrebbe astrattamente soddisfare la condizione (bisogno di interesse generale privo di carattere industriale o commerciale).
Essendo, poi, il CIEM una società consortile per azioni, ai sensi dell'art. 1615 c.c., sarebbe presente la seconda delle condizioni richieste dalla direttiva 92/50, e cioè la personalità giuridica.
Resta da valutare la terza e più complessa condizione richiesta dalla direttiva, vale a dire la stretta dipendenza dell'organismo dagli enti pubblici per le modalità di finanziamento, di gestione, o di controllo della sua attività.
Quest'ultima condizione, qualora ricorresse, avvalorerebbe l'ipotesi della natura di organismo di diritto pubblico del Ciem e, quindi, di amministrazione aggiudicatrice - sottratta all'applicazione della direttiva 92/50 sugli appalti pubblici di servizi, ai sensi dell'art. 6 della medesima e dell'art. 5, lett. g), del D.Lgs. 157/95 - con la conseguente possibilità di affidamento diretto di servizi,
A tal proposito, la Corte CE, sez. IV, nell'ordinanza 14 novembre 2002 ( causa C-310/01, Diddi e comune di Udine), al punto 34, ha ribadito l'orientamento - manifestato al punto 50 della sentenza Teckal - che le direttive comunitarie devono essere osservate laddove un'amministrazione aggiudicatrice, quale un ente locale, decida di stipulare per iscritto, con un ente distinto da essa sul piano formale e autonomo rispetto ad essa sul piano decisionale, un contratto a titolo oneroso. Invece non si ricade nel campo di applicazione delle direttive sugli appalti pubblici, nel caso in cui l'ente pubblico eserciti nei confronti dell'altro ente "un controllo analogo a quello da esso esercitato sui propri servizi" e, contestualmente, quest'ultimo ente realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o con gli enti pubblici che lo controllano.
Ma la verifica di quello che è stato costruito come "rapporto di delegazione interorganica" (così indicato anche nella circolare del Dipartimento delle politiche comunitarie n. 12727/2001, che richiama le pronunce del Consiglio di Stato nn. 1478/1998, 2078/2000 e 1206/2001) pare ostacolato dallo stesso ripensamento del legislatore regionale sull'originaria scelta - di cui al soppresso comma 2 dell'art. 48 l.r. 23/01 - di ricorrere ad un atto di natura contrattuale.
In effetti la volontà di ricorrere ad un atto contrattuale, avrebbe potuto configurare due possibili, differenti e alternative, scelte dell'Amministrazione. La prima, nel senso di optare per un controllo dell'ente pubblico sull'organismo societario, attraverso una volontà negoziale preponderante dell'ente Regione che, manifestando la capacità di influire sul funzionamento e sulle scelte del CIEM, avrebbe avvalorato l'esclusione della terzietà del Centro rispetto all'ente pubblico, in virtù di un nesso strutturale, di controllo e di destinazione tale da poter configurare un c.d. appalto in house.
Ove, per converso, l'atto contrattuale avesse invece manifestato la volontà di affidare i servizi in cambio della gestione degli stessi come corrispettivo, l'aggiudicazione (sempre in mancanza degli estremi sopra citati in ordine al controllo dell'ente pubblico sul soggetto gestore) avrebbe richiesto il rispetto dei principi di trasparenza e di parità di trattamento con il necessario ricorso alle procedure ad evidenza pubblica.
Nella specifica fattispecie non si rinvengono gli elementi necessari per valutare la ricorrenza o meno della delegazione interorganica, dovendosi considerare l'art. 48 vigente (dopo la soppressione del comma 2) come semplice riconoscimento della Regione di un contributo a società - seppur da essa partecipata - per attività gestite in suo favore nel corso dell'anno 2001.
Né la mancanza di concreti elementi per invocare l'esistenza di un rapporto di delegazione interorganica può intendersi supplito dall'esercizio degli strumenti di cui dispone il socio di maggioranza secondo le regole proprie del diritto societario, poiché, comunque, l'esclusione del rapporto di terzietà necessita di un ben più ampio "assoluto potere di direzione, coordinamento e supervisione dell'attività del soggetto partecipato" da parte dell'amministrazione controllante (in tal senso la Commisione europea, nell'atto di messa in mora 26 giugno 2002, n. C 2002/2329, inerente la procedura d'infrazione prevista dall'art. 226 del Trattato CE, ha disatteso le osservazioni delle autorità italiane sulla sufficienza del semplice controllo societario discendente dal possesso di quote azionarie di maggioranza).
L'esistenza di un rapporto di delegazione interorganica tra CIEM ed enti pubblici che lo partecipano pare esclusa anche dall'autonomia d'azione di detto organismo, sganciato da accordi di programma, attuatore di attività poste in essere in assenza di una conferenza di servizi tra le amministrazioni pubbliche al fine di una preventiva progettazione di interventi e strategie, lasciate, invero, alla libera scelta e alle valutazioni dell'organismo societario.
Conclusivamente, si ritiene esclusa la possibilità di poter ricorrere all'affidamento diretto di servizi al CIEM.
Per completezza di trattazione si segnala che, nello stesso campo di attività caratterizzante l'oggetto sociale del Ciem, il legislatore regionale ha istituito con l'art. 15 della legge 3 dicembre 2003, n. 20, l'Agenzia per le politiche mediterranee, destinata ad operare in raccordo con gli uffici istituiti presso la Presidenza della Regione in materia di partenariato euromediterraneo, di cooperazione decentrata allo sviluppo e di relazioni diplomatiche ed internazionali.
Trattasi di un organismo di diritto pubblico, che agisce sotto le direttive del Presidente della Regione, i cui componenti dei principali organi sono di nomina pubblica e i cui programmi sono approvati dallo stesso Presidente della Regione.
La volontà palesata dal legislatore regionale nell'istituire l'Agenzia appare quella di imputare ad un ente strumentale i compiti di promozione e sviluppo, puntualmente individuati dalla norma, che costituiscono certamente finalità di pubblico interesse e che in quanto destinati a soddisfare bisogni di interesse generale rientrano tra gli scopi dell'agire della Regione.
Considerando inoltre che, per la realizzazione delle proprie finalità, l'Agenzia può stipulare convenzioni con enti, istituti ed organismi specializzati, pubblici e privati, l'eventuale ricorso ai servizi forniti dal CIEM rientra tra le scelte demandate alla stessa Agenzia, competente, alla luce della recente normativa, per ogni tipo di attività attinente alle politiche mediterranee e per ogni affidamento di servizi in materia che, se ritenuto necessario, sarà dalla stessa valutato all'interno delle direttive presidenziali, dei programmi e delle relazioni soggetti all'approvazione del medesimo organo istituzionale, oltrechè nel rispetto della normativa comunitaria.
Nei termini il reso parere.

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Ai sensi dell'art. 15,co.2 del D.P. Reg. 16 giugno 1998,n.12, lo Scrivente acconsente sin d'ora all'accesso presso codesta Amministrazione al presente parere da parte di eventuali richiedenti.
Si ricorda poi che in conformità alla circolare presidenziale dell'8 settembre 1998,n.16586/66.98.12, trascorsi 90 giorni dalla data di ricevimento del presente parere senza che codesta Amministrazione ne comunichi la riservatezza, lo stesso potrà essere inserito nella banca dati "FONS".




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