Pos. 1  Prot. N. 267.11.04 



Oggetto: Dipendenti regionali prosciolti in sede penale.Riassunzione in servizio ai sensi della legge 11/05/04, n. 126.




Allegati n...........................



PRESIDENZA REGIONE

Dipartimento del Personale e dei Servizi Generali, di Quiescenza, Previdenza ed Assistenza del Personale.
Servizio Gestione Giuridica del Personale in Servizio

PALERMO








1. Con la nota n. 30453 del 29 novembre 2004 codesto Dipartimento ha chiesto il parere dello Scrivente in ordine ad alcuni quesiti connessi con istanze di riammissione in servizio presentate ai sensi della l. 11 maggio 2004, n. 126 che ha convertito il D.L. 16 marzo 2004, n. 66 recante "Interventi urgenti per i pubblici dipendenti sospesi o dimessisi dall'impiego a causa di procedimento penale, successivamente conclusosi con proscioglimento", apportando modifiche al comma 57 dell'art. 3 della l. 24 dicembre 2003, n. 350 (Legge finanziaria 2004) nonché inserendo il comma 57 bis all'art. 3 suddetto.
Ora il primo quesito concerne proprio l'applicabilità della legge suddetta nell'ordinamento regionale "considerato che le norme in discorso non costituiscono modifiche o integrazioni delle norme di grande riforma economico - sociale della repubblica che si ascrivono invece al nuovo testo unico del lavoro pubblico" .

Rileva al riguardo codesto Dipartimento che, pur volendo considerare immediatamente applicabile le norme in argomento, presenterebbe notevoli difficoltà l'eventuale ripristino del rapporto di impiego alle medesime condizioni "considerato il nuovo regime contributivo introdotto nell'amministrazione regionale per effetto della l.r. 21/2003, nonché della riforma della dirigenza per effetto della l.r. 10/2000".
Si chiede poi l'avviso dello Scrivente "in ordine all'eventuale diritto soggettivo dei richiedenti ad ottenere il reintegro nei casi di proscioglimento con formula piena di cui al comma 57 più volte citato" nonchè " in ordine alla facoltà dell'Amministrazione di valutare le domande ed eventuale reintegro nei casi previsti dal comma 57 bis".
A tale proposito ritiene l'Amministrazione che "laddove la norma preveda la facoltà di prolungare o ripristinare il rapporto di impiego sussista, la massima espressione della discrezionalità della pubblica amministrazione nella valutazione delle istanze...assimilabile a quella prevista dall'art. 132 del T.U. 10.01.1957, n. 3 per l'istituto della riammissione in servizio. Ciò appare confortato dal fatto che la novella legislativa connette l'applicabilità del nuovo istituto all'ambito dei posti in organico disponibili".
Inoltre, anche relativamente al conferimento della qualifica, osserva codesto Dipartimento, si rinverrebbe una certa discrezionalità della pubblica amministrazione laddove, a proposito della fattispecie di cui al comma 57 bis, l'art. 2, comma 5 del D.L. n. 66/204 prevede che siaconferita, se è possibile, una funzione corrispondente alla qualifica posseduta al momento dell'anticipato collocamento in quiescenza, mentre, il comma 57, dispone che "le predette qualifica e funzione sono attribuite anche in soprannumero, escluso comunque il conferimento della funzione apicale..."
Si rileva, poi, che "In ogni caso, con riferimento alle eventuali domande di dirigenti già in posizione apicale, direttori regionali ante riforma, dirigenti di prima fascia con funzioni di dirigente generale a seguito della l.r. 10/2000, la norma sembra escludere la possibilità di conferimento della stessa qualifica"

2.Sui quesiti prospettati si osserva quanto segue.
Il D.L 16 marzo 2004, n. 66 convertito nella legge 11 maggio 2004, n. 126 interviene a modificare la disciplina del ripristino e del prolungamento del rapporto di impiego del pubblico dipendente sospeso o collocato anticipatamente in quiescenza a seguito di un procedimento penale conclusosi con una sentenza di proscioglimento.
Infatti la normativa in questione apporta modifiche all' art. 3 della l. 24 dicembre 2003, n. 350, che, al comma 57, prevede che Il pubblico dipendente sospeso dal servizio o dalla funzione e, comunque, dall'impiego o abbia chiesto di essere collocato anticipatamente in quiescenza a seguito di un procedimento penale conclusosi con sentenza definitiva di proscioglimento ha il diritto di ottenere, su propria richiesta, dall'amministrazione di appartenenza il prolungamento o il ripristino del rapporto di lavoro, per un periodo pari a quello della durata dell'ingiusta sospensione, anche oltre i limiti di età previsti dalla legge ed in deroga ad eventuali divieti di riassunzione.
L'esercizio di tale diritto consente al dipendente di ottenere lo stesso trattamento economico e giuridico cui avrebbe avuto diritto in assenza della sospensione.
Il periodo per il quale il dipendente ha diritto al prolungamento o al ripristino del rapporto di impiego deve avere una durata pari non solo a quello della sospensione ingiustamente subita, ma anche a quello del servizio non espletato per l'anticipato collocamento in quiescenza, cumulati tra loro.
L'art. 1, comma 1° lett. a) del decreto legge n. 66/04, statuisce, peraltro, che il diritto soggettivo " de quo" è limitato solo ad alcuni provvedimenti definitivi di proscioglimento- riconducibili ai casi di proscioglimento con c.d. formula piena - pronunciati nei cinque anni precedenti la data di entrata in vigore della finanziaria per il 2004.
L'ultimo periodo del comma 57° dell'art. 3, come novellato, prevede inoltre una limitazione del diritto al prolungamento ed al ripristino del rapporto di impiego: laddove la sentenza irrevocabile di proscioglimento sia stata emanata anteriormente all'inizio del quinquennio che precede l'entrata in vigore della l.n. 350/03, all'interessato compete solo il riconoscimento del migliore trattamento pensionistico derivante dalla ricostruzione della carriera con il computo del periodo di sospensione o di servizio non espletato per l'anticipato collocamento a riposo.
L'art. 1, comma 2°, del d.l 66/04, introduce poi il comma 57° bis, che disciplina la situazione dei dipendenti pubblici, già sottoposti a procedimento penale e per questo sospesi o collocati anticipatamente in quiescenza, i quali, però, siano stati prosciolti con formule diverse da quelle previste al comma 1° del suddetto articolo, anche dopo la cessazione del servizio.
In questo caso il ripristino o il prolungamento del rapporto di impiego è rimesso alla discrezionalità dell'amministrazione di appartenenza, ed in ogni caso escluso qualora sussistano a carico del dipendente elementi di responsabilità disciplinare o contabile: a tale fine le amministrazioni procedono ad una specifica valutazione che deve concludersi entro dodici mesi dall'istanza di riammissione in servizio.
Infine, con l'art. 1, comma 3° del decreto in questione, è stata riconosciuta efficacia retroattiva alle disposizioni di cui ai commi precedenti, i cui effetti decorrono sempre dal 1° gennaio 2004.

Ora, per quel che riguarda l'applicabilità della normativa " de qua" nell'ambito della Regione siciliana, si deve premettere, in linea generale, che in tema di riflessi del procedimento penale sul rapporto di lavoro dei dipendenti dell'Amministrazione regionale dispone l'art. 21 commi 10 e 11, della l.r. 15 maggio 2000, n. 10, ed il D.P. Reg. 22 giugno 2001, n. 10 che, all'art. 28, nella norma rubricata "Effetti del procedimento penale sul rapporto di lavoro" dispone, l'applicabilità della legge statale 27 marzo 2001, n. 97 la quale, a sua volta, regola i rapporti tra procedimento penale procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche.
Il terzo comma del medesimo art. 28 dispone, poi, che, in caso di sentenza definitiva di assoluzione "perché il fatto non sussiste" o " l'imputato non lo ha commesso", l'Amministrazione reintegra il dirigente nella medesima posizione rivestita prima della sospensione o in altra equivalente.

Ciò premesso si osserva che la richiamata disposizione regionale (art. 21 l.r. 10/2000) non ha certamente disciplinato in modo esaustivo la materia, essendosi limitata a disporre, quale effetto del provvedimento di rinvio a giudizio per reato associativo di tipo mafioso o per delitto contro la pubblica amministrazione, adottato nei confronti di un soggetto compreso tra quelli individuati, il trasferimento ad altro assessorato, o, se trattasi di dipendente di amministrazione diversa da quella regionale, ad altro ufficio. E pertanto, anche vertendosi in materia compresa tra quelle attribuite, ex articolo 14 dello Statuto della Regione siciliana, alla potestà legislativa esclusiva regionale, nessun effetto preclusivo della successiva legislazione statale può attribuirsi alla norma regionale, poiché essa non costituisce una disciplina organica ed omnicomprensiva della materia, con la conseguenza di una dovuta applicazione della legislazione statale per quei rapporti o quelle porzioni di materia non coperti dalla fonte regionale.

Conseguentemente non sembra esservi alcun dubbio in ordine all'applicabilità del decreto in questione in ambito regionale anche in considerazione del fatto che la normativa statale " de qua" incide in materia penale in senso lato, notoriamente esclusa dall'ambito di competenza regionale e riservata alla potestà esclusiva dello Stato nonché in materia di tutela della legalità e di buon andamento della pubblica amministrazione che non può non avere una diffusa, omogenea e generalizzata disciplina in ambito nazionale anche in ossequio al principio di unitarietà dell'ordinamento giuridico.

Per quanto concerne Il quesito relativo "all'eventuale diritto soggettivo" dei dipendenti sottoposti a procedimento penale ad ottenere il reintegro in servizio nell'ipotesi di proscioglimento con formula piena di cui al comma 57, la norma prevede " il diritto " del pubblico dipendente di ottenere, su propria richiesta, il prolungamento o il ripristino del rapporto di pubblico impiego.
Si tratta, pertanto, di diritto soggettivo perfetto, immediatamente azionabile, cui corrisponde il relativo obbligo dell'Amministrazione che è (come si evince dal chiaro tenore letterale della norma citata) tenuta a procedere all'assunzione. Pertanto nessuna rilevanza può avere sull'esercizio del diritto "de quo" la pretesa "verifica" sulla motivazione che avrebbe indotto i dipendenti a produrre le istanze di dimissioni dall'impiego.

Nell'ipotesi di cui al comma 57 bis dell'art. 3 della L. 350/03, invece, l'amministrazione di appartenenza "ha facoltà, a domanda dell'interessato, di prolungare o ripristinare il rapporto di impiego."
Tale norma, in buona sostanza, conferma che sussiste una valutazione discrezionale da parte della pubblica amministrazione sull'opportunità del reintegro,
E solo in questo senso, cioè per la discrezionalità sussistente in capo alla p.a. sull'opportunità del ripristino del rapporto di impiego (comma 57 bis), ( non invece per la inapplicabilità alla dirigenza statale come ritenuto nel parere del Consiglio di Stato 1999 n. 982 citato da codesto Dipartimento) si può parlare di assimilazione con l'istituto della riammissione previsto dall'art. 132 del T.U. 1957, n. 3, con particolare riferimento alla valutazione della p.a. sull'effettiva sussistenza di un interesse pubblico ad avvalersi della prestazione del richiedente ed inoltre all'esistenza di un ragionevole affidamento da parte della p.a. in ordine alla persistenza dei requisiti prescritti dalla legge per lo svolgimento del servizio.
Ciò posto sembra necessario che la Amministrazione contemperi le esigenze di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione con la tutela dei diritti compressi del dipendente sottoposto a procedimento penale se pure assolto con formula non piena.

Per quel che riguarda le "difficoltà" rilevate da codesto Dipartimento derivanti dal ripristino del rapporto di impiego alle medesime condizioni "considerato il nuovo regime contributivo introdotto dalla l.r. 21/03, nonchè dalla riforma della dirigenza per effetto della l.r. 10/2000", si osserva che l'art. 3, l. 350/03, comma 57, prevede esplicitamente il diritto del pubblico dipendente di ottenere " il medesimo trattamento giuridico ed economico a cui avrebbe avuto diritto in assenza della sospensione (norma che in virtù del rinvio al comma 57 contenuto nel comma 57 bis si applica anche in tale ultimo caso).
Ora, l'art. 2, comma 5 del D.L. 66/04, a proposito del comma 57 bis dell'art. 3 della L. 350 /03 prevede che "al dipendente riammesso in servizio è attribuita la qualifica posseduta al momento dell'anticipato collocamento in quiescenza e gli è conferita, se possibile e comunque nell'ambito dei posti disponibili, una funzione corrispondente alla predetta qualifica".
Di contro, l'art. 2, comma 5 del d.l. 66/04 chiarisce che solo nell' ipotesi del comma 57, "la qualifica e la funzione siano attribuite anche in soprannumero".
Ed invero sembra chiaro l'intento del legislatore di prevedere in entrambe le fattispecie il conferimento della medesima qualifica ( trattamento giuridico ed economico) posseduta ante procedimento penale o di quella corrispondente prevista dalle norme transitorie della l.r. 10/2000 ( art. 5 , l.r. 10/2000)
Di contro, per il conferimento della funzione, le due ipotesi vengono distinte talchè si prevede, in caso di ripristino facoltativo, (comma 57 bis) la mera possibilità dell'amministrazione di procedere all'attribuzione della funzione corrispondente alla qualifica; in caso di ripristino obbligatorio (comma 57) l'attribuzione della qualifica e della funzione, anche in soprannumero, "escluso comunque il conferimento delle funzioni apicali".
A quest'ultimo riguardo va precisato che, come si evince dal chiaro tenore letterale della norma, resta escluso il conferimento di incarichi dirigenziali di massimo livello solo in caso di " soprannumero" qualora, cioè, siano già ricoperti tutti gli incarichi apicali.

Nelle superiori considerazioni è il parere dello Scrivente.



3. A termini dell'art.15, comma 2, del " Regolamento del diritto di accesso ai documenti dell'Amministrazione regionale", approvato con D.P. Reg. 16 giugno 1998, n.12, lo Scrivente comunica preventivamente di acconsentire all'accesso presso codesta Amministrazione al presente parere da parte di eventuali soggetti richiedenti.
Codesta Amministrazione vorrà a sua volta comunicare, entro novanta giorni dalla ricezione, l'eventuale possibilità che il parere stesso inerisca ad una lite, ovvero se intenda differirne l'accesso fino all'adozione di eventuali provvedimenti amministrativi cui la richiesta consulenza fosse preordinata. Decorso detto termine senza che sia pervenuta alcuna comunicazione in tal senso, si procederà, giusta delibera della Giunta regionale n.229 dell'8 luglio 1998, all'inserimento del presente parere nella banca-dati "FONS", ed alla conseguente diffusione.

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