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Gruppo XIV Prot._______________/1.98.11


OGGETTO: Competenze statali e regionali.- Mare territoriale e demanio marittimo.- Titolarità delle competenze.

ASSESSORATO REGIONALE TERRITORIO E AMBIENTE
(Rif. nota n. 28774/Gr. XIII del 23.12.97)
P A L E R M O

1.- Con la nota emarginata è stata proposta all'attenzione dell'Ufficio una complessa problematica concernente, in buona sostanza, la qualificazione giuridica di mare territoriale e l'estensione del concetto di demanialità dei beni, al fine di accertare il soggetto a cui risulti ascritta la competenza in materia di regolamentazione dell'uso del suddetto mare territoriale, ivi compreso il rilascio di concessioni demaniali marittime per finalità di maricoltura.
La problematica proposta tre origine, come si desume dalle note allegate alla richiesta di parere, dalla circostanza che, mentre il Ministero dei trasporti e della navigazione - Direzione generale del demanio marittimo e dei porti, ha affermato la propria competenza in materia, sulla base della considerazione che le norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia di demanio marittimo non hanno inteso trasferire la titolarità del mare territoriale che, come è noto, non è compreso tra i beni demaniali marittimi, la richiedente Amministrazione, viceversa, ritiene sussistere la competenza regionale.
Sulla questione prospettata viene chiesto l'avviso di questo Ufficio, al quale viene altresì richiesto di promuovere "ove ritenuto necessario, opportune intese con l'Organo statale, al fine di evitare un possibile conflitto di attribuzioni e fornire soluzione alla vicenda che ci occupa".

2.- Lo scrivente, ai fini della soluzione della questione proposta con la nota che si riscontra, ritiene di dover preliminarmente osservare che i concetti e le qualificazioni di "mare territoriale" e di "bene demaniale" appaiono essere afferenti a regimi giuridici affatto diversi.

Ed invero la nozione di mare territoriale delimita l'esercizio della sovranità di uno Stato a scopi generali, consentendo, sulla base anche di specifici accordi internazionali (Convenzione di Ginevra del 1958) la legittimità degli atti d'imperio, esercitati, prevalentemente, a fini di controllo, per prevenire e reprimere eventuali infrazioni alle proprie disposizioni doganali, fiscali, sanitarie e d'immigrazione. Il relativo regime concerne essenzialmente i rapporti internazionali connessi al territorio e l'esplicazione di quella autorità esclusiva che connota l'esercizio della potestà d'imperio.
La nozione di mare territoriale rileva in particolare ai fini di definire l'estensione del territorio dello Stato: elemento costitutivo materiale che rappresenta un fattore essenziale per l'esistenza stessa dell'istituzione statale.
Opportuno appare a tal proposito rilevare che in dottrina sono state enunciate diverse teorie al fine di definire la natura giuridica del rapporto intercorrente tra lo Stato considerato nella sua interezza ed il suo territorio, e seguendo l'impostazione del Virga (Pietro Virga, Diritto costituzionale, Giuffrè), è possibile sostenere che detto rapporto si configura diversamente sotto il profilo dell'ordinamento internazionale ovvero sotto il profilo dell'ordinamento interno. Ed invero, nell'ordinamento internazionale lo Stato appare titolare di un vero e proprio diritto sul territorio, in forza del quale gode di una ampia facoltà di disposizione in ordine al medesimo; con riferimento all'ordinamento interno, viceversa, appare da preferire la teoria spaziale, secondo la quale il territorio delimita l'ambito della potestà d'imperio dello Stato, che si esercita non già sul territorio, bensì entro il territorio.

Questione ben diversa da quella accennata appare invece quella relativa alla qualificazione dei beni demaniali, che inerisce al regime della proprietà, pubblica o privata, quale risulta normata dal codice civile, e che appare rilevare al fine di determinare la disciplina giuridica dei beni medesimi.
In particolare, per quanto rileva in ordine alla problematica proposta, si osserva che i beni del demanio, caratterizzati dalla funzione pubblica alla quale gli stessi sono intrinsecamente destinati, risultano enumerati dall'art. 822 c.c. Nell'elencazione recata non si riscontra invero il mare territoriale, però, sia in dottrina (cfr. Maria Luisa Corbino, Il demanio marittimo, Giuffrè), sia in giurisprudenza (cfr. Corte di Cassazione, 7 maggio 1975, n. 848), unanimemente si è ritenuto che la disciplina dettata dalla legge per i beni demaniali si estende, in quanto compatibile, anche al mare territoriale, quantunque questo non rientri tra tali beni, ma costituisca al contrario una res communis omnium.
Ciò in quanto, nel nostro ordinamento giuridico, sono rinvenibili tutta un serie di norme (cfr. artt. 36 e 51 c. nav.; 5 e ss, 524 reg. nav. mar.; oltre ad una serie di leggi speciali) che assoggettano il mare territoriale a potestà amministrative e configurano una riserva di disposizione per la tutela di determinati interessi pubblici a carattere primario rispetto alla cui soddisfazione il mare territoriale viene ad avere carattere strumentale.
Conseguentemente, come rileva la Corbino (op. cit.), considerato che l'elemento peculiare del bene demaniale risiede nella sua istituzionale destinazione al perseguimento di fini pubblici, e che, allo scopo, tale bene viene sottoposto ad un particolare regime giuridico, che comporta, tra l'altro, la disciplina ed il controllo dei suoi usi da parte della Pubblica Amministrazione, nulla appare ostare a considerare bene demaniale anche il mare territoriale.
Si osserva inoltre che anche rispetto a tratti del mare territoriale è configurabile un diritto soggettivo di uso speciale, conseguente ad un provvedimento concessorio della P.A. che attribuisca ad altri soggetti, su detto bene, diritti di natura privatistica, appartenenti alla categoria dei diritti su cose altrui.

3.- In conseguenza delle suesposte considerazioni, ed in relazione alla posizione espressa dal Ministero dei trasporti e della navigazione, che esclude ogni competenza concessoria della Regione in ordine al mare territoriale sulla base della presupposizione che non essendo lo stesso ricompreso tra i beni demaniali, non può rientrare nell'ambito delle previsioni recate dal D.P.R. 1° luglio 1977, n. 684, concernente "Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia di demanio marittimo", si osserva - a prescindere dalla lapalissiana considerazione in forza della quale risulterebbe in ogni caso fuor di luogo riferirsi a concessioni demaniali se il bene in relazione al quale le stesse sono assentite non è appunto demaniale - quanto segue.
Considerato che l'art. 2 delle citate norme di attuazione in materia di demanio marittimo prevede che il passaggio alla Regione dei beni alla stessa assegnati comporta l'assegnazione alla medesima delle relative pertinenze, potrebbe in primo luogo ritenersi che qualora i tratti di mare in ordine ai quali viene richiesta la concessione si pongano in un rapporto economico-giuridico di strumentalità e complementarità funzionale rispetto a beni demaniali marittimi regionali, la competenza amministrativa della Regione si estenda anche alle aree di che trattasi.
In altre parole, come rileva la richiedente Amministrazione, quando l'uso di specchi acquei "sia correlato con quello dei beni demaniali marittimi", la relativa gestione potrebbe essere esercitata dall'ente titolare del bene principale ed assoggettata, per attrazione, al regime normativo vigente per quest'ultimo.

Ritiene però lo scrivente che la questione potrebbe essere riguardata in maniera più conducente sotto il profilo dell'ampiezza delle potestà normative attribuite statutariamente alla Regione.
Ed invero - in conformità a quanto ritenuto dalla Corte Costituzionale con la sentenza 26 gennaio 1957, n. 23, in sede di esame di legittimità costituzionale di una legge della Regione Sardegna che attribuiva competenze amministrative alla medesima Regione nell'esercizio di funzioni in materia di pesca nelle acque marittime - è da ritenersi che l'attribuzione di una potestà normativa senza limitazione alcuna, consente la legittima estensione dell'efficacia delle norme regionali in materia, e conseguentemente delle correlate competenze amministrative, anche nelle acque del mare territoriale. Ciò nel presupposto della irrilevanza della condizione giuridica dell'ambiente nel quale le attività si svolgono, in quanto la competenza attribuita mira alla realizzazione di fini del tutto estranei all'uso del bene, e si propone piuttosto la tutela e l'incremento di un particolare settore di attività.
Incidentalmente, peraltro, si osserva che la difesa dello Stato nel giudizio suddetto ha sostenuto, sulla base delle disposizioni della legislazione statale, l'equiparazione del mare territoriale al demanio marittimo; equiparazione che, viceversa, l'Amministrazione statale interessata ritiene oggi di dover negare.
La più recente sentenza 21 luglio 1995, n. 343, della stessa Corte, perfettamente confacente al caso che ci occupa in quanto intervenuta specificatamente in tema di adozione di provvedimenti concessori per la realizzazione, su aree del demanio marittimo, di strutture strumentali all'attività di pesca, ha, con estrema chiarezza, ribadito che, posto che in una lunga serie di casi l'oggetto della concessione demaniale trascende l'uso e l'amministrazione del bene, risolvendosi piuttosto nella regolazione dell'attività svolta dal concessionaio - e così è nelle concessioni sul demanio marittimo, come quelle relative alla navigazione e alla piscicoltura, dove l'aspetto dell'"uso speciale" del bene assume un ruolo secondario di fronte alla disciplina delle attività imprenditoriali e dei servizi resi dal concessionario sui beni demaniali - qualora le funzioni amministrative concernenti la regolamentazione della pesca, le autorizzazioni, le concessioni e la sorveglianza relativa al demanio marittimo ed al mare territoriale sono state trasferite all'amministrazione regionale, è a quest'ultima che spetta l'adozione dei provvedimenti concessori per la realizzazione, su aree demaniali, di opere strumentali all'attività di pesca.
E poichè il D.P.R. 12 novembre 1975, n. 913, recante "Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia di pesca marittima", all'art. 1, testualmente statuisce che "La Regione siciliana esercita le attribuzioni del Ministero della marina mercantile in materia di pesca nel mare territoriale ...", ed all'art. 2 che "nelle attribuzioni di competenza regionale rientrano la disciplina, la polizia e ogni altro provvedimento in materia di pesca", si ritiene che l'adozione di tutti i provvedimenti in materia di maricoltura siano di spettanza regionale.
Tale interpretazione appare anche conforme a quanto ritenuto dalla Corte di Cassazione (Sez. 1, sent. 980 del 30.1.1998), che ha affermato che qualora la materia in ordine alla quale vengono assunte le specifiche determinazioni amministrative ricada integralmente nell'ambito delle attribuzioni regionali non rileva la circostanza che gli interventi riguardino zone del litorale marino ed aree demaniali immediatamente proscipienti. E pertanto, conseguentemente, risulterebbe in ogni caso assunta dalla Regione la competenza concessoria correlata a tutte le materie in ordine alle quali alla stessa è attribuita una potestà legislativa esclusiva ed una conseguente potestà amministrativa propria.

Non ci si esime tuttavia dall'osservare che potrebbe anche ritenersi una generale competenza regionale in ordine all'intero mare territoriale che si estende intorno alle coste isolane, ferma restando ovviamente la sovranità e la correlata potestà d'imperio dello Stato anche su detta porzione di territorio nazionale, nonchè l'attribuzione al medesimo Ente sovraordinato di ogni competenza per tutte quelle aree che siano destinate ad esigenze della difesa ovvero a servizi di carattere nazionale.
Ed invero il fondare il diniego di competenze regionali sulla circostanza che le norme di attuazione dello Statuto in materia di demanio marittimo non contengono alcun esplicito riferimento al mare territoriale appare una soluzione semplicistica e soltanto apparentemente legata alla lettera della legge; va infatti considerato che il D.P.R. 684 del 1977 non contiene alcuna elencazione, o individuazione, di beni demaniali, ma in attuazione dell'art. 32 dello Statuto, si limita a disciplinare l'assegnazione alla Regione di tutti i beni demaniali marittimi ivi esistenti, riservandone soltanto taluni allo Stato, in virtù di un superiore interesse pubblico agli stessi connesso.
L'esclusione del mare territoriale dall'assegnazione risulterebbe pertanto soltanto, mediatamente, dalla considerazione che lo stesso non ha la qualificazione di bene demaniale; in forza di tale presupposto, però, si otterrebbe di non ricomprenderlo neppure tra i beni demaniali dello Stato, con tutte le conseguenze che ciò comporterebbe. Ora, considerato che, come sopra richiamato, sia in dottrina che in giurisprudenza si è ritenuta una equiparazione, quantomeno limitatamente alla disciplina amministrativa applicabile, tra il mare territoriale ed i beni demaniali, tale equiparazione dovrebbe trovare applicazione anche per ciò che attiene alle potestà regionali in materia, non potendosi ritenere legittima soltanto limitatamente alle correlate potestà statali.


4.- Per quanto attiene, infine, all'invito a promuovere "opportune intese con l'Organo statale", si rappresenta che, ad avviso di questo Ufficio, dovrebbe viceversa essere codesta Amministrazione, titolare di specifiche competenze in materia di demanio marittimo ad attivarsi in tal senso - qualora lo ritenga necessario o quantomeno opportuno - fermo restando che da parte dello scrivente si assicura sin d'ora l'eventuale supporto giuridico che potrà essere richiesto.



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