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Gruppo XIV Prot._______________/11.98.11
OGGETTO: Diritto finanziario e tributario.- Riserve a favore dell'erario statale.- Art. 1, comma 126, L. 662 del 1996.

ASSESSORATO REGIONALE
BILANCIO E FINANZE
Direzione bilancio e tesoro
(Rif. nota n. 67633/E.O.01/Gr. 10°-V.E.R. del 12.12.97)
P A L E R M O

1.- Con la nota emarginata - pervenuta allo scrivente il successivo 16 gennaio 1998 - è stato chiesto il parere di questo Ufficio in ordine all'applicabilità della disposizione recata dal comma 126 dell'art. 1 della L. 29 dicembre 1996, n. 662, nei confronti degli enti ed aziende regionali.
Codesto Assessorato, nel far rilevare i "notevoli danni per l'erario di questa Regione a vantaggio dell'erario statale" che l'applicazione della citata norma provocherebbe, esprime dubbi in ordine alla ricomprensibilità tra i destinatari della richiamata previsione, delle citate entità regionali, alla luce del rinvio dalla stessa norma operato alle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del D.Lgs. 29/1993, le cui disposizioni invero, applicative e di dettaglio rispetto ai principi recati dall'art. 2 della L. 421/1992, non si ritengono vincolanti per le regioni a statuto speciale.

2.- In ordine alla questione proposta si osserva che, in buona sostanza, la stessa concerne la riservabilità all'erario statale di entrate previste da norme che comportino, come diretta conseguenza dell'applicazione delle stesse, connessa al mancato assoggettamento tributario delle corrispondenti somme da non erogarsi più come compensi, un minor gettito per l'erario regionale.
Ai fini della soluzione della problematica in discorso appare necessario esaminare partitamente le inerenti disposizioni della L. 662/1996. Occorre invero premettere che il primo periodo del comma 126 dell'art. 1 della L. 23 dicembre 1996, n. 662, statuisce che "i compensi corrisposti da pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, spettanti ai dipendenti pubblici che siano componenti di organi di amministrazione, di revisione e di collegi sindacali sono ridotti per ciascun incarico in misura pari al 5 per cento per gli importi superiori a lire 5 milioni lordi annui, al 10 per cento per gli ulteriori importi superiori a lire 10 milioni lordi annui, al 20 per cento per gli ulteriori importi superiori a lire 20 milioni lordi annui".
In relazione alla portata della citata disposizione si rileva che non appare condivisibile la posizione di codesta Amministrazione, che - nella presupposizione che soltanto i principi dall'art. 2 della L. 23 ottobre 1992, n. 421, costituiscano, per le regioni a statuto speciale e per le province autonome, norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica, e come tali siano vincolanti, mentre le disposizioni recate dal D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, prive di tale qualificazione, non costituiscano un limite alla potestà legislativa regionale - appare propendere per una esclusione degli enti ed aziende regionali dalla applicazione della riportata norma.
Ed invero, ad avviso dello scrivente, non viene a tal proposito in rilievo l'applicabilità delle disposizioni dettate dal citato D. Lgs. 29/1993, nè tantomeno la portata normativa dello stesso, bensì semplicemente la specifica individuazione di quali soggetti si intendano per amministrazioni pubbliche, recata dal richiamato secondo comma dell'art. 1 del medesimo decreto legislativo. In altre parole, ben avrebbe potuto il legislatore nazionale procedere, in sede di formulazione della L.662 del 1996, ad una nuova elencazione dei destinatari della norma oggi in esame, pedissequamente riportando tutte le amministrazioni già elencate nel citato D.Lgs. 29/1993, all'art. 1, comma 2, e soltanto per ragioni di tecnica legislativa si ritiene si sia, viceversa, addivenuti alla determinazione di procedere attraverso un formale rinvio.

Chiarito tale primo aspetto della problematica si osserva che la disposizione di cui al primo periodo del comma 126 dell'art. 1 della L. 23 dicembre 1996, n. 662, non appare finalizzata ad una riduzione delle spese gravanti sugli enti obbligati alla corresponsione di detti compensi, poichè il successivo periodo dello stesso comma dispone che "con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono definite le modalità di versamento all'erario dell'importo corrispondente alla riduzione per prestazioni comunque rese a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge".
Non essendosi tuttavia, ad oggi, proceduto all'emanazione del previsto decreto attuativo, ne consegue, ad avviso dello scrivente, la temporanea inapplicabilità della prescrizione recata dalla disposizione in ultimo riportata, che però non appare in alcun modo coinvolgere quanto dallo stesso comma statuito in ordine alla riduzione dei compensi da corrispondere agli individuati soggetti. Pertanto le amministrazioni interessate dovranno provvedere a ridurre i compensi spettanti ai pubblici dipendenti che siano componenti di organi di amministrazione, di revisione e di collegi sindacali, per le prestazioni rese a tale titolo a far data dal 1° gennaio 1997, (data di entrata in vigore della L. 662 ai sensi dell'art. 3, comma 217), mentre, per ciò che attiene il versamento all'erario degli importi corrispondenti alle riduzioni operate, appare necessario attendere le specifiche e puntuali disposizioni che ne disciplineranno le relative modalità.
Si osserva ancora che la finalizzazione della disposizione ad un aumento delle entrate erariali appare consentire la certa qualificazione della stessa come norma finanziaria - in particolare, tributaria - destinata pertanto, come tale, anche ai sensi del disposto dell'art. 6 del D.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, a trovare applicazione nel territorio della Regione.
Si osserva inoltre che, sulla sola base delle disposizioni riportate, nessuna lesione delle prerogative autonomistiche è dato riscontrare, poichè il previsto versamento all'erario delle quote dei compensi in questione da riscuotersi nell'ambito regionale, ben potrebbe ritenersi, in forza del sistema di ripartizione delle entrate tra Stato e Regione siciliana, attribuito alla Regione.

Va a tal punto però considerato che il comma 216 dell'art. 3 della stessa L. 662 del 1996 - attualizzando l'eccezione alla attribuzione alla Regione di tutte le entrate tributarie erariali riscosse sul proprio territorio, prevista dall'art. 2 del D.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, recante "Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria" - espressamente riserva all'erario (qui da intendersi come erario statale) le entrate derivanti dalla medesima legge, tra cui potrebbe ritenersi ricompresa anche l'entrata di cui è discorso.
Ora, va rilevato che una riduzione dell'ammontare dei compensi corrisposti agli originari destinatari, e cioè ai soggetti che hanno reso le prestazioni di che trattasi, comporta, conseguentemente, il venir meno del corrispondente gettito tributario spettante alla Regione in qualità di titolare del tributo gravante sui relativi redditi.
Ed invero, considerato che i compensi di che trattasi, - qualificati come redditi di lavoro autonomo ai sensi dell'art. 49, secondo comma, lett. a), del Testo unico delle imposte sui redditi approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modifiche ed integrazioni,ovvero, ai sensi dell'art. 47 dello stesso D.P.R., qualora svolti in relazione alla qualità di prestatore di lavoro dipendente,come redditi assimilati ai redditi di lavoro dipendente, - avrebbero contribuito, nel loro importo complessivo (ivi compreso dunque l'importo corrispondente alla riduzione prevista), a formare la base imponibile sulla quale determinare l'imposta sul reddito delle persone fisiche, il cui gettito, ai sensi dell'art. 36 dello Statuto e delle correlate norme di attuazione in materia finanziaria, qualora riscosso in Sicilia, sarebbe risultato di spettanza della Regione, appare di tutta evidenza che la diminuizione di detti compensi, a seguito della più volte citata riduzione, comporta un minor gettito per l'erario regionale.
E pertanto da ritenere che non sia possibile considerare integralmente riservabile all'erario statale l'intero importo di che trattasi, dovendo viceversa una parte dello stesso intendersi come sostitutivo del mancato gettito che, in forza delle disposizioni che si annotano, verrà ad essere lamentato dalla Regione.
Comunque si osserva che tale lesione non appare attuale, poichè non essendo stato ancora emanato, come sopra evidenziato, il previsto decreto del Presidente del Consiglio, non è dato conoscere quali disposizioni determinerà lo Stato a tal proposito; e d'altronde, nel recente decreto ministeriale 23 dicembre 1997 (in G.U.R.I. 19 marzo 1998, n. 65) recante "Modalità di attuazione delle riserve all'erario dal 1° gennaio 1997 del gettito derivante dagli interventi in materia di entrate finanziarie della regione Sicilia, emanati dal 1992", e relativo, tra l'altro, al provvedimento in relazione al quale si è posta la problematica in esame, non si riscontra alcuna previsione che riguardi specificatamente tale entrata.
Si osserva pertanto, conclusivamente, che dovrà essere valutata successivamente, in relazione alle eventuali specifiche disposizioni che risulteranno poste, la sussistenza di una specifica lesione dei principi autonomistici statutarie, in relazione alla quale potrà essere, in ipotesi, sollevato conflitto di attribuzione innanzi la Corte Costituzionale.



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