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Gruppo XV Prot._______________/91.98.11

OGGETTO: Organo collegiale. Quorum costitutivo e deliberativo. Commissioni provinciali per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche.





ASSESSORATO REGIONALE DEI BENI CULTURALI ED AMBIENTALI E DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE

PALERMO



1. Con nota n. 1304/Gr. V/BC del 26 marzo 1998 codesto Assessorato ha chiesto allo Scrivente se, ai fini della regolare costituzione delle Commissioni provinciali per l'imposizione di vincoli paesistici, di cui all'art. 2 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, e succ. mod., occorra la presenza del plenum dei componenti.

In particolare codesto Assessorato, sulla scorta dell'orientamento giurisprudenziale che attribuisce agli organi collegiali con compiti di esprimere giudizi tecnici la natura di "collegi perfetti" (tenuti ad operare con la totalità dei componenti), ha ritenuto illegittima la delibera della commissione provinciale di Ragusa (concernente la proposta di imposizione di vincolo paesistico in zone urbane del comune di XXXXX) in quanto adottata in assenza di un componente, pur regolarmente convocato, della commissione stessa.

Di diverso avviso è la Soprintendenza ai beni culturali ed ambientali di Ragusa, come emerge dal carteggio intercorso tra la stessa e codesto Assessorato, sulla scorta di diverse considerazioni e di altra giurisprudenza che riguarda, piuttosto, l'ipotesi generale di organi collegiali costituiti da tre membri due soli dei quali abbiano partecipato alla seduta.


2. La problematica sottoposta va affrontata prescindendo dalla giurisprudenza da ultimo citata, che afferma la validità delle deliberazioni di organi collegiali composti da tre membri -tutti regolarmente convocati- due dei quali soltanto abbiano partecipato alla seduta esprimendo voto concorde, dal momento che tale orientamento giurisprudenziale si pone a valle del problema effettivamente in esame, che riguarda la natura di collegio perfetto delle commissioni in parola e la conseguenza che -per la validità delle relative deliberazioni- occorra la presenza (e l'apporto dialettico e professionale) di tutti i componenti.

Per inquadrare la problematica come sopra circoscritta sembra opportuno un breve excursus della normativa, passata e presente, che riguarda tali commissioni.

L'art. 2 della legge 29 giugno 1939, n. 1497 previde l'istituzione delle commissioni in parola con decreto del Ministro per l'educazione nazionale (poi Ministro della pubblica istruzione) composte da un presidente, designato dallo stesso Ministro tra i membri del Consiglio nazionale dell'educazione, delle scienze e delle arti (poi Consiglio superiore delle antichità e belle arti), dal Soprintendente ai monumenti territorialmente competente, dal Presidente dell'Ente provinciale per i turismo, dai Podestà (poi Sindaci) dei comuni interessati e dai rappresentanti delle categorie interessate. In ragione della natura delle cose e località interessate, veniva, inoltre, prevista la facoltà del Presidente della commissione di aggregare, di volta in volta, esperti in materia mineraria, rappresentanti del corpo forestale o artisti.

Il regolamento di attuazione della l. 1497/1939 (R.D. 3 giugno 1940, n. 1357), in ordine al funzionamento delle commissioni in parola, previde la validità delle sedute delle commissioni con la presenza di almeno quattro componenti e delle deliberazioni a maggioranza di voti, con prevalenza del voto del presidente in caso di parità di voti.

Con l'art. 31 del D.P.R. 3 dicembre 1975, n. 805, venne modificata la composizione delle commissioni in parola.

Tale disposizione, pur non prevedendo espresse abrogazioni di previgenti disposizioni, tuttavia, non può non determinare la caducazione di previgenti disposizioni non compatibili con le attuali previsioni, tra cui quelle relative al quorum costitutivo.

Tale previsione, infatti, aveva riguardo ad una composizione delle commissioni in cui, oltre che membri previsti per la loro valenza tecnica, erano presenti membri chiamati in rappresentanza di altri interessi (sindaci, rappresentanti di categoria), ed in numero tale da determinare difficoltà di funzionamento ove si fosse richiesta la presenza del plenum dei componenti.

L'attuale composizione prevista dal D.P.R. 805/1975, di contro, evidenzia che gli organi in parola hanno assunto, invero, essenzialmente valenza tecnico-professionale, dato che non sono più chiamati a farne parte rappresentanti di interessi locali o di categoria ma solo i Soprintendenti per i beni ambientali e architettonici e per i beni archeologici e due esperti.

Ciò posto, va rilevato che la giurisprudenza cui fa riferimento la Soprintendenza non sembra attagliarsi alla fattispecie in esame, per il profilo che qui interessa (necessità del plenum per la regolare costituzione).

In particolare, il parere del Consiglio di Stato n. 923/77 del 17 maggio 1978 (specificamente contemplante le commissioni in parola) ha riguardo alla composizione delle commissioni ed alle norme di funzionamento antecedenti alle modifiche recate dal D.P.R. 805/1975, ove, si ricorda, il quorum costitutivo, per disposizione dell'art. 5 del R.D. 3 giugno 1940, n. 1357, era fissato in almeno quattro componenti.

Mentre la sentenza del Consiglio di Giustizia amministrativa n. 31 del 29 maggio 1980 non riguarda affatto la commissione per i beni naturali e paesaggistici, bensì fattispecie affatto diversa.

Pur sembrando più consona alla fattispecie la giurisprudenza citata da codesto Assessorato a sostegno della tesi dell'essenzialità del plenum dei componenti, tuttavia, non può non evidenziarsi che, in ipotesi, un diverso interprete potrebbe ritenere non necessario tale plenum.

La dottrina distingue i collegi in "perfetti" o "reali" (la cui funzione è garantire attraverso la pluripersonalità la ponderazione e la serietà delle deliberazioni, per il perseguimento di un unico interesse) e "virtuali" (con la funzione di contemperare e comporre interessi diversi) (Valentini, La collegialità nella teoria dell'organizzazione, Milano, 1968, cit. in Villata, Voce: Collegi Amministrativi, Encicl. del diritto- Treccani).

Da tale distinzione, tra le altre, vien fatta discendere la conseguenza che, nel silenzio della legge, per il funzionamento dei collegi del primo tipo occorrerebbe la presenza di tutti i componenti, non necessaria per i collegi del secondo tipo (Villata, Voce: Collegi Amministrativi, Encicl. del diritto- Treccani).

Una pronuncia giurisprudenziale del Consiglio di Stato (Sez. IV, 18 dic. 1957, n. 1001) considerò la commissione provinciale di cui all'art. 2 della l. 1497/1939 quale "collegio perfetto", anche se allo scopo d'inferirne l'illegittimità della composizione per la partecipazione attiva dei un soggetto che non aveva titolo a presenziare e a discutere.

La giurisprudenza ormai univocamente riconosce la natura di collegio perfetto (per le cui deliberazioni è necessario il quorum strutturale del plenum dei componenti) ad una serie di organi tecnici con prevalente funzione di giudizio (commissioni giudicatrici di concorsi, di collaudo, di gare, etc.).

Tuttavia il "motivo unificante di tale cospicuo orientamento va individuato nella circostanza che nei collegi con compiti di giudizio tecnico il voto di ciascun componente è espressione della propria e singolare professionalità, competenza e capacità in ragione della quale ognuno è chiamato a far parte del collegio" (Tar Lazio -I- 6 marzo 1995, n. 389). La conseguenza della necessità della presenza di tutti i componenti, nella fattispecie cui la citata giurisprudenza ha avuto riguardo, peraltro, muove dalla considerazione della infungibilità della competenza di ciascuno, in ragione dei diversi settori scientifici coinvolti dal compito da svolgere, individuati dalla norma istitutiva.

Ed inoltre, va considerato che la stessa giurisprudenza che ha ritenuto necessaria la presenza di tutti i componenti dell'organo collegiale dalla stessa riguardato, nella sua motivazione ha evidenziato che pur riconoscendosi l'esistenza di un canone logico-sistematico che impone la presenza di tutti i componenti di organi i cui atti scaturiscono dall'apporto di tutti i soggetti, tuttavia il diritto positivo non contiene una norma che consenta di affermare con certezza che l'ordinamento vigente accoglie in via generale il principio del collegio perfetto, mentre numerose e rilevanti eccezioni al menzionato canone sono date dal diritto positivo, che prevede espressamente il quorum parziale per organi collegiali che dovrebbero rispondere al citato canone. E pertanto viene riconosciuta l'esistenza di un margine di valutazione rimesso all'interprete laddove la normativa taccia sul punto (Tar Lazio -I- 6 marzo 1995, n. 389).


Nella fattispecie che qui ci concerne, un diverso interprete, pertanto, potrebbe addivenire alla diversa conclusione della non necessità della presenza della totalità dei componenti della commissione in parola con diversi argomenti.

Infatti, la circostanza che le commissioni in parola, considerate collegi perfetti anche anteriormente alla modifica della composizione recata dal D.P.R. 805/1975, potessero legittimamente deliberare con la presenza di un quorum ridotto rispetto alla totalità dei componenti (ex art. 5 R.D. 1357/1940) potrebbe venir assunta a dimostrazione che l'ordinamento, per tale tipo di organo collegiale, ne consente il funzionamento senza pretendere la totalitarietà delle presenze.

Ed, inoltre, dalla circostanza che la norma del D.P.R. 805/1975 indica, quali componenti, due esperti uno dei quali nominato dalla regione, potrebbe inferirsi, che non essendo specificata la differenziazione delle professionalità richieste, non sussisterebbe l'infungibilità degli apporti dialettico-professionali degli esperti medesimi; e, d'altra parte, che la previsione di un esperto designato dalla Regione (nel sistema prefigurato dalla norma, che ha riferimento alla gestione nazionale dei beni culturali ed ambientali) viene posta per contemperare gli interessi locali con quelli nazionali.

Nel descritto contesto, purtuttavia, sembra più consono alla fattispecie l'orientamento espresso da codesto Assessorato.

Le commissioni in esame, infatti, essenzialmente tendono ad esprimere valutazioni di carattere discrezionale, perseguendo un unico interesse (della tutela delle bellezze naturali e panoramiche) e non già la composizione di interessi diversi i cui componenti, in ragione delle designazioni, risultino portatori.

Peraltro, la previsione normativa di due esperti -senza richiedere in essi distinte professionalità o capacità- potrebbe derivare dalla circostanza che, nella materia in questione, stante l'ampio margine di apprezzamento possibile, si è voluta una più ampia dialettica, oltre che la conoscenza più approfondita della realtà regionale (e in ciò potrebbe rinvenirsi la ratio del disposto normativo del D.P.R. 805/1975, che prevede la designazione di un esperto da parte della Regione).

Ed, infine, la circostanza che nel D.P.R. 805/1975 -o in norme successive- non è stata riproposta una norma relativa al funzionamento delle commissioni in parola (la cui previsione si sarebbe resa necessaria, ove si fosse voluto consentire il funzionamento con un quorum strutturale inferiore al plenum, stante la notevole riduzione del numero dei componenti) può esser assunta ad indice della circostanza che il legislatore del 1975 ha inteso eliminare la possibilità che il collegio in questione possa deliberare in assenza di alcuno dei suoi componenti.


3. Quanto sin qui evidenziato attiene all'aspetto della sostanziale legittimità dell'imposizione del vincolo.

Nella fattispecie in esame, invero, viene evidenziato che il TAR Sicilia, sezione di Catania, ha respinto il ricorso avanzato da uno dei comuni riguardati dal vincolo de quo, in quanto tardivamente proposto e, quindi, irricevibile.

Va, pertanto, presa in esame l'ipotesi che codesto Assessorato, pur ritenendo non legittimamente assunte le determinazioni della commissione provinciale in discorso, approvi, ciononostante, gli elenchi di vincolo paesaggistico.

Com'è noto "il vincolo su di una bellezza panoramica d'assieme si costituisce nel momento in cui, ai sensi dell'art. 2 dell'ultimo comma, legge 29 giugno 1939, n. 1497, l'elenco delle località predisposto dalla commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali viene pubblicato nell'albo dei comuni interessati" (Consiglio di Stato, sez. VI, sent. n. 721 del 19/12/1984)

Tale orientamento, già pacifico nella giurisprudenza delle sezioni del Consiglio di Stato, ha trovato conforto nella pronunzia dell'Adunanza Plenaria n. n. 3 del 6 maggio 1976, interessata per dirimere il contrasto giurisprudenziale determinatosi con le pronunce del Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana.

La citata pronuncia dell'Adunanza plenaria, tuttavia, specifica che il vincolo che insorge con la pubblicazione degli elenchi negli albi pretorii è un vincolo provvisorio, che diviene definitivo solo con la pubblicazione del decreto ministeriale di approvazione dei detti elenchi.

In tale contesto, se il provvedimento da cui discende già l'insorgenza del vincolo (provvisorio) è autonomamente impugnabile -potendo determinare l'immediata lesione di posizioni soggettive-, tuttavia non sembra che il provvedimento d'imposizione definitivo non possa non risentire delle illegittimità che possano inficiare il provvedimento precedente, che, per la provvisorietà che lo caratterizza, non può ritenersi consolidato.

Di conseguenza il decreto di approvazione non verrebbe considerato quale atto confermativo del vincolo già imposto, e, di conseguenza, potrebbe venir tempestivamente impugnato per illegittimità derivata.


Si concorda, pertanto, con codesto Assessorato anche sulla circostanza che la reiezione del precedente gravame non impedirebbe la riproposizione delle censure evidenziate contro il decreto approvativo degli elenchi di vincolo.


Nelle superiori considerazioni è il parere dello Scrivente.


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