Repubblica Italiana
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Ufficio legislativo e legale
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Gruppo     XIV                  /99.98.11

OGGETTO: Beni pubblici - Demanio marittimo - Canone ricognitario.

   
   
                                       
   
                                        ASSESSORATO REGIONALE
                                        TERRITORIO E AMBIENTE
                                        P A L E R M O
   
   
   
               1. Con la lettera in riferimento codesto Assessorato rappresenta che la Capitaneria di porto di Catania ha trasmesso alla medesima Amministrazione copia della sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, 25 Marzo 1997, n.494.
               La predetta sentenza, in particolare, stabilisce che il canone per la concessione alla posa di un cavetto telefonico su demanio marittimo, ottenuta dalla società XXX per attivare l'utenza telefonica in uno stabilimento balneare, deve essere fissato non nella misura minima stabilita dall'art. 9 del D.M. 19 luglio 1989, bensì -ai sensi dell'art. 37, secondo comma, del regolamento della navigazione marittima (D.P.R. 15.2.1952, n.328)- come mero riconoscimento della natura demaniale del bene, poichè la concessionaria non ritrae "alcun lucro diretto dall'uso del bene demaniale".
               Ciò premesso viene chiesto l'avviso dell'ufficio "in ordine al contenuto della sentenza" ed alla "eventuale possibilità di operare, anche nell'ambito della Regione siciliana, secondo l'orientamento indicato dal Consiglio di Stato".
   
               2. In relazione alla questione proposta, appare innanzitutto opportuno precisare che l'esame del contenuto della sentenza de quasembra esulare dalla competenza di questo Ufficio, la cui attività consultiva -giusta il disposto dell'art. 6 del D.P.Reg. 28 febbraio 1979, n. 70, recante il testo unico delle leggi sull'ordinamento del Governo e dell'Amministrazione regionale- consiste nell'emissione di pareri "sull'interpretazione dello statuto e di norme legislative e regolamentari."
               Ciò posto, per quanto invece concerne la portata ed i limiti soggettivi del giudicato amministrativo, va osservato che dottrina e giurisprudenza sono concordi nel ritenere valido, anche per il giudizio amministrativo, il principio generale desumibile dall'art. 2909 del codice civile secondo cui res inter alios acta tertiis neque prodest neque nocet; in altri termini l'accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato solo tra le parti che hanno proposto l'impugnativa e non puo' produrre effetti giuridici né a favore, né in danno dei soggetti rimasti estranei al giudizio (cfr. Virga "Diritto amministrativo", vol.II, Giuffré, Milano, 1987, pag 443 e ss; C.d.S., sez.IV, 28-2-1994, n.181).
               Dall'efficacia inter partes delle decisioni giurisdizionali amministrative deriva che l'estensione degli effetti del giudicato a soggetti che non siano stati parti nel giudizio "costituisce esercizio di una mera facoltà dell'Amministrazione che non ha alcun obbligo, ma, anzi, gode di un potere discrezionale sull'opportunità di accordare l'estensione per motivi di pubblico interesse (cfr. C.d.S., sez. VI, 16.2.1979, n. 81; sez. IV, 17.11.1981, n. 875; sez. VI, 9.1.1997, n. 20).
               Pertanto l'esercizio di tale facoltà, a fronte di situazioni che presentino analogie, affinità o identità di condizioni, risulta, comunque, subordinato ad una attenta valutazione dell'interesse pubblico da soddisfare il quale deve rispondere a criteri di buona amministrazione ed equità e deve risultare da una adeguata e specifica motivazione.
               Coerentemente, discende da quanto sopra detto che, in mancanza di un obbligo giuridico al riguardo, resta rimessa alla discrezionalità di codesta Amministrazione, nella esplicazione delle proprie potestà la valutazione di tutti gli elementi che possono giustificare l'opportunità di estendere a casi analoghi il principio affermato del Consiglio di Stato, tenuto altresì conto che le determinazioni adottate da codesto Assessorato dovranno comunque essere necessariamente rapportate all'interesse pubblico di non esporre l'erario ai maggiori esborsi conseguenti a sentenze sfavorevoli in modo da soddisfare, prima di una eventuale lite giudiziaria, ciò che gli interessati potrebbero ottenere.
               Tuttavia, in ogni caso la necessità che la normativa statale di che trattasi trovi una uniforme applicazione nell'intero territorio nazionale, e considerato peraltro che, ad avviso dello scrivente, nella fattispecie considerata non si ritiene invero sussistere il presupposto indicato dall'art. 37, secondo comma, del citato regolamento, per l'applicazione del canone ricognitorio, si rimette alle valutazioni di codesta Amministrazione l'opportunità di acquisire presso i competenti organi centrali dello Stato idonei elementi di valutazione al riguardo.
   
   

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