Repubblica Italiana
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Gruppo XIV Prot.________/108.98.11

OGGETTO: Regione siciliana.- Amministrazione ed uffici.- Avvalimento uffici statali.- Consulenza Uffici tecnici erariali.

                                 ASSESSORATO REGIONALE
                                 ENTI LOCALI
                                   Direzione Affari Sociali
                                 (Rif. nota n. 475/Gr. XIII/AA.SS. del 6 aprile 1998)

e, p. c.                            PRESIDENZA DELLA REGIONE
                               SEGRETERIA GENERALE

                                                                             L O R O S E D I

1.- Con la nota emarginata è stato rappresentato allo scrivente che la Direzione compartimentale del Ministero delle finanze - facendo proprio il rifiuto dell'Ufficio tecnico erariale di XXXXXX a rendere i pareri tecnici richiesti dalla Commissione per il controllo degli atti delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza istituita con l.r. 3 novembre 1994, n. 42 - ha ricusato la prestazione della consulenza predetta fondandosi su di una presunta autonomia della indicata Commissione, la cui attività sarebbe "avulsa da ogni funzione amministrativa propria di codesto stesso Assessorato", e potrebbe essere in ogni caso supportata, ai sensi dell'art. 1, comma 3, della citata l.r. 42/1994, dalla consulenza di esperti esterni, nonchè in forza di una pretesa inesistenza di obblighi istruttori da parte dell'Assessorato medesimo in ordine agli atti delle I.P.A.B. da sottoporre a controllo dell'organismo collegiale.
Rilevando che il diniego opposto vulnera prerogative riconosciute alla Regione ed integra inadempienze a norme emanate dallo Stato per il funzionamento dell'Amministrazione regionale, il richiedente Assessorato ritiene che possa profilarsi una ipotesi di conflitto, che potrà eventualmente essere sollevato dopo che l'intera questione venga esaminata dal Ministro delle finanze, ed alla luce delle valutazioni del relativo responso, e fermo restando che medio tempore si provvederà a ricercare rimedi - quali l'individuazione di altri uffici cui intestare le relative competenze tecniche - finalizzati ad evitare remore ai procedimenti amministrativi.
Sulle problematica prospettata e specificatamente in ordine alla correttezza della spiegata linea di condotta sotto il profilo procedurale, si chiede l'avviso dello scrivente.

2.- In ordine alla complessa problematica proposta all'attenzione dell'Ufficio, occorre preliminarmente evidenziare che, in forza di quanto previsto dall'art. 8 delle "Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria", approvate con D.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, "per l'esercizio delle funzioni esecutive ed amministrative spettanti alla Regione ai sensi dell'art. 20 dello Statuto, essa si avvale, fino a quando non sarà diversamente disposto, degli uffici periferici dell'amministrazione statale".
Il previsto istituto dell'avvalimento - che non incide sulla titolarità delle competenze - costituisce una figura organizzatoria che comporta l'assunzione funzionale di un ufficio di un ente (nell'ipotesi in discorso, dello Stato) nella organizzazione di un altro (nel caso che ci occupa, della Regione); in buona sostanza, in forza del cosiddetto avvalimento l'ufficio locale o periferico si pone in una posizione di dipendenza funzionale dalla Regione (cfr. Gizzi, Manuale di diritto regionale, Milano, Giuffrè, 1976, pag. 501), agendo come ufficio della stessa e restando soggetto, limitatamente all'esercizio delle attribuzioni rientranti nella competenza regionale, ai poteri di direzione e controllo degli organi regionali, con la conseguenza di escludere in capo allo stesso ogni valutazione discrezionale in ordine alle finalità ed alle concrete necessità per le quali è richiesto l'esercizio delle proprie competenze istituzionali.
Nell'ipotesi di avvalimento, quindi, si realizza la formula organizzatoria della codipendenza di un ufficio da più enti, che si presenta, nel caso che ci occupa, come codipendenza funzionale dallo Stato e dalla Regione e dipendenza organica esclusivamente dallo Stato: ed invero, nei confronti dello Stato, ente di appartenenza di cui è ufficio, risulta soggetto ad una dipendenza organica, con la conseguenza che è il predetto ente a provvedere al rapporto di servizio dei suoi titolari e degli addetti, nonchè ai mezzi necessari per il funzionamento, mentre appare sottoposto ad una duplice, distinta, dipendenza funzionale, restando sotto tale profilo in una posizione di subordinazione anche nei confronti della Regione, ente che, avendone la relativa potestà, dello stesso ufficio si avvale (cfr.: Giannini, Diritto amministrativo, Milano, Giuffrè, 1993, vol. I, pag. 313).
L'ufficio locale o periferico si viene dunque a trovare in un diretto rapporto di dipendenza con la Regione, alla quale spetterà un conseguente e correlato potere di direzione, di controllo e di vigilanza in relazione alle funzioni regionali svolte dall'ufficio di cui si avvale (cfr. Staderini, Diritto degli enti locali, Cedam, Padova, 1997, pagg. 117 e seg.).
A tale potere, o, per meglio dire, posizione di direzione, ineriscono facoltà di propulsione, di coordinazione, di indirizzo e di controllo, che trovano il loro fondamento nel rapporto funzionale ed organizzatorio che ricomprende e lega l'ufficio subordinato di cui ci si avvale e l'amministrazione a ciò abilitata. In particolare, sempre nell'ambito di tale posizione di supremazia - ed anche a voler prescindere da ogni connotazione gerarchica di tale rapporto - si riscontra il potere di direttiva (atto tipico attraverso cui si esprime il potere di direzione), che comporta un vincolo del comportamento dell'autorità subordinata, la quale è tenuta ad un giudizio di adattamento al caso concreto, quando è chiamata a provvedere (Giannini, op. cit., pag. 314).

3.- Premesso, in via generale, quanto sopra, si osserva ancora che, ai sensi del riportato articolo 8 delle Norme di attuazione in materia finanziaria, la facoltà di avvalersi degli uffici periferici statali non risulta limitata a particolari ipotesi o a determinati settori di attività, ma è bensì esercitabile in relazione a tutte le funzioni, esecutive ed amministrative, spettanti alla Regione ai sensi dell'art. 20 dello Statuto, e cioè in relazione a tutte le materie di cui agli articoli 14, 15 e 17 dello Statuto, in ordine alle quali risulta affidata alla Regione una potestà legislativa esclusiva o concorrente, nonchè per tutte le altre, non comprese tra le precedenti, per le quali il Presidente e gli Assessori svolgono un'attività amministrativa delegata.
Va a tal punto osservato che l'attività di controllo sugli atti delle I.P.A.B., posta in essere dalla apposita Commissione istituita dalla l.r. 3 novembre 1994, n. 42, è direttamente ascrivibile alla Regione, nell'ambito della competenza alla stessa spettante ex art. 20 dello Statuto in riferimento alle previsioni di cui al precedente art. 14, lett. m), ("pubblica beneficenza ed opere pie") ed all'interno della cui organizzazione amministrativa tale organo collegiale risulta strutturalmente inserito. In realtà dunque la competenza assegnata all'organo in questione non è altro che una porzione della potestà spettante alla Regione in materia, e risulta contraddistinta specificatamente, all'interno dell'esercizio del potere amministrativo, dal concreto svolgimento della funzione di controllo.
Non può a tal proposito non rilevarsi come la Regione, così come peraltro anche lo Stato e tutte le pubbliche amministrazioni chiamate ad assolvere una pluralità di compiti, è articolata in una complessa organizzazione burocratica ed in una molteplicità di organi tra loro coordinati per la realizzazione dei fini concreti assegnati dall'ordinamento giuridico.
Nell'ambito del potere ordinamentale e di organizzazione alla stessa riconosciuto dall'art. 14, lett. p), dello Statuto, la Regione autodetermina il proprio modello organizzativo e di funzionamento, istituendo uffici ed organi ed attribuendo ai medesimi competenze e potestà di propria spettanza.

4.- Chiarito il quadro di riferimento normativo nel cui ambito trova applicazione l'istituto dell'avvalimento nonchè il tipo di competenza che nel caso in ispecie va esercitata, si osserva che, alla luce delle considerazioni svolte, non appare legittimo - e potrebbe persino prefigurare un'ipotesi di omissione di atti di ufficio - il rifiuto opposto dagli Uffici tecnici erariali e/o Uffici del territorio, nonchè dalla Direzione compartimentale del territorio per la Regione Sicilia di prestare l'attività richiesta, ed alla quale, in quanto uffici periferici del Ministero delle finanze, risultano tenuti, in base all'istituto dell'avvalimento, senza possibilità di valutare le ragioni e le finalità per le quali la loro attività istituzionale va prestata.
Premessa tale considerazione, si osserva che, per ciò che concerne le "iniziative da assumere a tutela delle prerogative della Regione siciliana", si ritiene che vada preliminarmente fatto rilevare all'Ufficio periferico statale l'errore interpretativo in cui lo stesso è incorso, richiamando altresì i ristretti - se non inesistenti - limiti di valutazione che allo stesso residuano al fine di accertare le motivazioni e le finalità che stanno alla base della richiesta di compimento di atti di competenza del proprio ufficio.
Si rassegna inoltre l'opportunità, se non la necessità, di fissare in via generale, con apposite e puntuali direttive, le procedure da osservarsi per concretizzare le ipotesi di avvalimento normativamente previste, per disciplinare le modalità formali che le correlate richieste di attività devono assumere e per individuare gli organi abilitati a porle in essere.
Considerato però che alla Segreteria generale, ai sensi del disposto dell'art. 7 del T.U. delle leggi sull'ordinamento del Governo e dell'Amministrazione della Regione siciliana, approvato con D.P.Reg. 28 febbraio 1979, n. 70, risulta ascritta la competenza in materia di "organizzazione amministrativa generale" e di "direttive generali per lo svolgimento dell'azione amministrativa regionale e relativo coordinamento", si ritiene che, conseguentemente, dalla stessa dovrebbero promanare le direttive di che trattasi - legittimamente poste in essere in forza delle considerazioni sopra svolte in tema di dipendenza funzionale, ed eventualmente da emanarsi, nell'osservanza del principio di leale collaborazione che deve sempre informare l'attività degli organi e delle autorità statali e regionali, acquisendo sulle stesse l'intesa dei competenti organi centrali dello Stato - finalizzate a guidare l'attività dei subordinati uffici statali di cui ci si avvale, incidendo sulle relative determinazioni e condizionando l'esercizio della richiesta competenza.
Analogamente della stessa Segreteria generale dovrebbe essere il compito di tentare di comporre la divergenza insorta, anche in questo caso, informando opportunamente della questione gli organi statali sovraordinati gerarchicamente, sia al fine di consentirne la conoscenza sia per metterli in grado di esprimersi e di intervenire compiutamente sulla problematica.

5.- Infine, non ritenendo di doversi esimere dall'esaminare anche la proposta questione della proponibilità di un ricorso per conflitto di attribuzione innanzi la Corte costituzionale, questo Ufficio, ne rileva la problematicità e ritiene di dover innanzitutto segnalare che l'eventuale ricorso insorto per effetto della nota della Direzione compartimentale del territorio per la Regione Sicilia di cui alla richiesta di parere, potrebbe essere ritenuto non proponibile, in quanto non tempestivamente sollevato.
Ed invero, va considerato che il termine di ricorribilità è di 60 giorni (art. 39, comma 1, L. 11 marzo 1953, n. 87) che decorrono dalla notificazione o pubblicazione dell'atto impugnato ovvero dall'avvenuta conoscenza dello stesso.
Rilevato che qualunque atto (al di fuori degli atti legislativi, per i quali vige una regolamentazione separata), deve ritenersi idoneo a configurare un conflitto, poichè non è questione del particolare regime dell'atto che si ritiene lesivo, bensì dell'integrità delle sfere di competenza che dal medesimo si presumono lese, potrebbe invero ritenersi che direttamente la citata nota del Direttore compartimentale - in relazione alla quale il predetto termine di 60 giorni risultava già decorso alla data di formulazione della richiesta di parere che si riscontra - fosse idonea a ledere la competenza regionale e le prerogative alla stessa riconosciute dallo Statuto e, quali fonti interposte, dalle norme di attuazione. Secondo l'insegnamento della Corte, infatti, sono atti idonei a determinare un conflitto i concreti provvedimenti amministrativi, non assumendo rilevanza la distinzione tra atti definitivi e non definitivi, atti a contenuto positivo e negativo, atti preparatori, atti formali ed esterni, atti interni, ecc, purchè da essi si producano effetti verso i terzi, ed il conflitto può sorgere anche non in forza di un atto giuridico vero e proprio, quanto, più largamente, sulla base di un comportamento significante posto in essere da organi statali o regionali (cfr. sentenza n. 40/1977). In particolare, poi (cfr. sentenza n. 153/1967), la Corte ha ritenuto ammissibile un conflitto di attribuzione sorto per effetto di un atto proveniente da un organo periferico, gerarchicamente dipendente dagli organi centrali.
Va ancora osservato che improduttivo di effetti potrebbe rilevarsi, ai fini di sollevare un conflitto di attribuzioni, il provocare una determinazione ministeriale che potrebbe rivelarsi di contenuto analogo (ed ugualmente negativo rispetto alle istanze regionali) a quello della nota della Direzione compartimentale di che trattasi, poichè in base agli orientamenti della Corte costituzionale (cfr. sentenze nn. 84/1976, 75/1977, 89/1977 e 28/1979) sono da ritenere inammissibili i ricorsi presentati contro un atto confermativo, conseguenziale o riproduttivo di altro atto anteriore non impugnato nei termini e nelle forme prescritte, e tenuto altresì conto del fatto che, qualora venga sollevato conflitto di attribuzione su di un atto di un organo periferico, lo Stato, venutone a conoscenza, potrebbe, o confermare l'atto impugnato, resistendo in giudizio, oppure, ad opera dell'organo gerarchicamente superiore, determinare in difformità, con la conseguente cessazione della materia del contendere (Corte costituzionale, sentenza 153/1967).
Per completezza, va osservato che la Corte costituzionale, mentre sino ai primi anni '70 aveva ritenuto che la conoscenza rilevante ai fini della decorrenza del termine di ricorribilità è quella che abbia l'organo abilitato a promuovere il ricorso - e cioè, ai sensi dell'art. 39, comma 3, della L. 87 del 1953, il Presidente della Regione, organo al quale risulta intestata, previa deliberazione della Giunta regionale, la richiesta legittimazione processuale attiva - e non altri organi dello stesso ente (cfr. sentenze nn. 82/1958, 66/1967, 150/1969 e 92/1971), successivamente (cfr. sentenze nn. 3 e 51 del 1978 ed ordinanza n. 177/1985) ha affermato che "la piena conoscenza dell'atto da parte della Regione deve ritenersi verificata nel momento in cui l'atto stesso è pervenuto all'assessorato competente, o comunque è conosciuto dal predetto, non valendo la tardiva comunicazione fatta dall'Assessore al Presidente della Regione a spostare la decorrenza del termine. Pertanto, come già sopra accennato, non si ritiene che, presupponendo la mancata decorrenza del termine di proponibilità - anche qualora sino ad oggi il Presidente non sia stato direttamente in alcun modo investito, o, in qualsiasi modo portato a conoscenza, della questione - possa utilmente ancora sollevarsi conflitto.

6.- In forza delle considerazioni svolte si ritiene di dover inviare copia del presente parere, riguardante peraltro questioni di rilievo per l'intera Amministrazione regionale, alla Segreteria generale, oltre che per una opportuna e doverosa informativa, anche per consentire l'assunzione delle eventuali determinazioni di competenza.

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