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Gruppo VI                            /366.99.11

OGGETTO: Istituto dei ciechi "JJJJ" di KKKK - Appalto di servizi - In assenza di gara - Arricchimento senza giusta causa - Ammissibilità

   
   
   
                                    Assessorato regionale
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                                     P A L E R M O

   
                 1. Con la nota suindicata viene chiesto l'avviso dello scrivente Ufficio in ordine alla problematica prospettata dall'Istituto dei ciechi "JJJJ" di KKKK con nota 5 novembre 1999, n° 5330 indirizzata a questo Ufficio per il tramite di codesto Assessorato.
                 Nella predetta nota viene sollevata la questione relativa all'affidamento da parte dell'Istituto dei ciechi sopra richiamato del servizio di trasporto, a mezzo taxi, degli utenti non vedenti avvenuto senza il previo esperimento di una gara secondo le vigenti disposizioni legislative in tema di appalti pubblici di servizi.
                 Ciò si sarebbe verificato in quanto all'inizio dell'anno scolastico, ritenendo che il ricorso alle prestazioni del servizio sarebbe stato limitato, l'Istituto de quo richiedeva alla cooperativa "XXXX", la stessa che nell'anno precedente aveva espletato il servizio di trasporto, di effettuare alcuni servizi in favore degli utenti dell'Ente.
                 Essendosi poi reso necessario un maggiore ricorso alle prestazioni da parte della suddetta cooperativa, l'Istituto è pervenuto, stante l'urgenza derivante dal fatto che l'anno scolastico era ormai inoltrato, ad affidare il servizio senza esperire alcuna gara.
                 Il Consiglio di Amministrazione, nella considerazione che il servizio reso dalla cooperativa andava comunque remunerato, ha ritenuto di dover richiedere un ribasso del 12,50% sull'importo fissato dalla cooperativa sulla base delle verifiche tassametriche effettuate ed ammontante a L. 69.485.400 e di dover provvedere a deliberare il pagamento in sanatoria di L. 60.799.725 risultante dalla cifra sopra riportata decurtata del 12,50.
                 Stante quanto sopra, prima di procedere alla liquidazione dell'importo sopra indicato viene chiesto l'avviso di questo Ufficio in ordine alla praticabilità giuridica della soluzione adottata dal C.d.A. dell'Ente in considerazione del fatto che le prestazioni sono state effettivamente rese e che la soluzione prospettata si porrebbe in linea con il disposto normativo dell'art. 2041 c.c. Viene chiesto l'avviso dello scrivente in ordine alla sussistenza di eventuali responsabilità che possono configurarsi a carico di coloro che hanno fatto ricorso, di fatto, al servizio senza che prima fossero esperite le ordinarie procedure di aggiudicazione.
   
                 2. In ordine alla questione prospettata va osservato, innanzitutto, che l'art. 19, 1° e 2° comma, della l.r. 8 gennaio 1996, n° 4 recante "Norme transitorie per l'accelerazione delle procedure nel settore dei lavori pubblici. Disposizioni varie in materia di lavori pubblici dispone che "in materia di appalti pubblici di servizi si applicano nella Regione siciliana per quanto non diversamente disposto con legge regionale le disposizioni del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157 e del decreto  legislativo 17 marzo 1995, n. 158. Gli appalti di servizi di importo inferiore ai limiti indicati nelle disposizioni richiamate .... possono essere affidati dagli enti committenti a trattativa privata, nel rispetto delle condizioni stabilite dai regolamenti interni degli enti medesimi".
                 In assenza di regolamento interno atto a disciplinare le modalità di appalto di opere, servizi e forniture di competenza dell'Ente di applicano le disposizioni del R.D. 23 maggio 1924, n. 827 recante "Regolamento per l'amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato" il cui articolo 41 disciplina le ipotesi in cui può provvedersi alla scelta del contraente mediante trattativa privata. Dalla lettura della norma richiamata si evince che nella fattispecie in esame non sussistevano i presupposti per procedere a trattativa privata - che, comunque, avrebbe richiesto la compresenza di almeno tre offerte - in quanto non può riconoscersi, nella considerazione effettuata dall'Istituto nella nota che si riscontra, la sussistenza del presupposto dell'urgenza dettata dal fatto che l'anno scolastico era già inoltrato atteso che non rileva l'inerzia protrattasi nel tempo quale motivo che può indurre a scelte non conformi alle disposizioni vigenti in materia; tanto piò ove si consideri che il medesimo servizio di trasporto era già stato espletato nell'anno precedente e, pertanto, l'Istituto era già al corrente della necessità (ove tale) di predisporre anche per il nuovo anno scolastico il servizio di cui trattasi.
                 Peraltro, va sottolineato che ai sensi dell'art. 44 L. 23 dicembre 1994, n. 724 che ha sostituito l'art. 6 L. 24 dicembre 1993, n. 537 è vietato il rinnovo tacito dei contratti delle P.A. per la fornitura di beni e servizi essendo invece consentita la loro rinnovazione entro tre mesi dalla scadenza, fermo restando l'accertamento della sussistenza di ragioni di convenienza e di pubblico interesse per la detta rinnovazione (cfr. TAR Sicilia-Catania 30.1.1998, n. 79; TAR Sardegna 19 febbraio 1998, n. 138).
                 Nella fattispecie appare, pertanto, che l'affidamento del servizio de quo è avvenuto in via di fatto in mancanza di un titolo contrattuale.
                 A tal riguardo, in considerazione della effettività delle prestazioni rese dalla cooperativa "XXXX" a favore degli utenti dell'Istituto, è indubbio che il servizio comunque espletato vada retribuito; sovviene, a tal fine, infatti, l'istituto del riconoscimento di debito che trova fondamento nel principio generale dell'indebito arricchimento.
                 Ai sensi dell'art. 2041, 1° comma, c.c., infatti "chi, senza una giusta causa, si è arricchito a danno di un'altra persona è tenuto, nei limiti dell'arricchimento, ad indennizzare quest'ultima della correlativa diminuzione patrimoniale".
                 In tali casi l'ordinamento giuridico riconosce al privato il diritto di esperire l'azione di arricchimento che è ammessa nei confronti degli enti pubblici nei limiti in cui gli enti medesimi abbiano riconosciuto, sia pure implicitamente, di aver ritratto un'effettiva utilità della prestazione altrui. Tale utilità può risultare, comunque, dal fatto che l'ente pubblico sia addivenuto alla concreta utilizzazione della prestazione o dell'opera (Cass. 18.7.1978, n. 3437; 27.2.1991, n. 2111). Ed, infatti, nell'azione di indebito arricchimento nei confronti della P.A. il riconoscimento da parte di quest'ultima della utilità dell'opera realizzata e del servizio prestato in suo favore può essere desunto anche per implicito dalla circostanza che essa si è servita della cosa e della prestazione.
                 Nella fattispecie è indubbio che l'Istituto ha non solo riconosciuto implicitamente l'utilità del servizio prestato ma addirittura ha richiesto, ed ottenuto, un ribasso sull'importo fissato dalla cooperativa in  L.69.485.400 sulla base delle verifiche tassametriche effettuate dall'economo dell'Ente addivenendo, pertanto, a riconoscere nei confronti dell'eventuale creditore l'effettività del servizio reso attraverso una forma di transazione sul "quantum" da erogare determinato e deliberato dal Consiglio di Amministrazione in L. 60.799.725.
                 A tal riguardo va osservato che la valutazione del compenso o indennizzo, dovuto soltanto nei limiti del vantaggio conseguito, compete unicamente all'Ente pubblico non potendo neppure l'autorità giudiziaria operare apprezzamenti che sono propri ed esclusivi della P.A. (cfr. Cass. civ., Sez.II, 26.11.1986, n.6981). Rientra, infatti, nel potere esclusivo della P.A., insindacabile dal giudice ordinario, di valutare la necessità o l'utilità della prestazione in relazione agli scopi di interesse collettivo da realizzare in concreto ed al modo di provvedervi; e non è necessaria l'ulteriore presenza di elementi che dimostrino che la prestazione od opera siano state effettivamente vantaggiose per l'ente pubblico, essendo irrilevante che la gestione economica, cui l'opera o prestazione, si riferisce, sia stata esercitata con perdita per l'amministrazione (Cass. civ. 26.11.1986, n. 6981; 2.6.1978, n° 2758).
                 Peraltro, l'esperibilità da parte del privato dell'azione di indebito arricchimento nei confronti della P.A., al fine di essere indennizzato del pregiudizio subito per l'opera (o attività) eseguita senza un valido contratto di appalto, nei limiti in cui l'amministrazione ne abbia riconosciuto, esplicitamente o implicitamente, l'utilità, non può essere esclusa, sotto il profilo del difetto del requisito della sussidiarietà, in relazione alla possibilità del privato stesso di agire direttamente contro il soggetto che abbia invalidamente commissionato l'opera, atteso che la responsabilità diretta dei funzionari e dipendenti pubblici è posta dall'art. 28 Cost. su un piano alternativo e paritetico (Cass. 20.11.1992, n. 12399), in virtù del rapporto di immedesimazione organica per il quale la  prestazione invalidamente ordinata dall'amministratore o funzionario è pur sempre riferibile all'amministrazione di appartenenza.
                 Pertanto, a fronte di quanto sopra rilevato e sulla base di quanto riferito allo scrivente Ufficio, non sembra possa precludersi "a priori" la possibilità di pagare la prestazione (perchè l'amministrazione se ne è avvantaggiata) anche prima che venga adita l'autorità giudiziaria atteso che, se è vero che la prestazione è stata resa e riconosciuta come utile dalla P.A., l'instaurarsi di un contenzioso si risolverà sempre in senso negativo nei suoi confronti con l'aggravante di una sicura condanna al pagamento della rivalutazione della somma e degli interessi e, quindi, di un esborso superiore a quello che sarebbe stato il pagamento dovuto al momento della prestazione (Cass. 12.9.1992, n. 10433; 28.6.1993, n. 7139; Trib. di Siracusa, Sez. civ., 10.5.1994, n° 944).
   
                 3. In relazione, poi, alla configurabilità di una "eventuale" responsabilità a carico di coloro che hanno fatto ricorso, di fatto, al servizio de quo va osservato che ai sensi dell'art. 28 Cost. la responsabilità del pubblico dipendente è soggettiva e diretta anch'essa, come quella della P.A., in quanto si pone come strumentalmente valida, ai fini esterni e sul piano processuale, per contribuire a configurare l'illecito da porre a carico dell'Ente.
                 A tal fine va rilevato che la responsabilità del pubblico dipendente, nella fattispecie, può assumere due configurazioni giuridiche: da una parte, infatti, può ritenersi sussistente una responsabilità civile verso l'Ente derivante dall'attività colposa del dipendente che abbia arrecato un danno patrimoniale; nella specie, pertanto, il dipendente potrebbe essere tenuto a rispondere del danno subito dall'Istituto corrispondente alla differenza fra la maggiore somma erogata alla ditta creditrice a seguito della transazione intervenuta tra le parti e la somma che l'Istituto avrebbe dovuto comunque sopportare per la prestazione di un servizio necessario ed indispensabile per l'Ente, peraltro effettivamente reso ed acquisito a titolo di "utilitas" dall'Ente stesso, considerato che sotto questo aspetto può configurare danno solo la quota di spesa che ecceda l'utilitas ricavata dall'Ente (Corte dei Conti, Sez. giur. reg. Sicilia, 27.8.1996, 182/96; 13.10.1999, 266/97).
                 A tal riguardo sovviene lo strumento giuridico, dell'azione di rivalsa previsto dall'art. 22, comma 2, T.U. 10.1.1957, n. 3 che può essere esperita da parte dell'Ente verso il dipendente che con il proprio comportamento ha determinato l'obbligo del risarcimento o indennizzo al terzo che abbia fatto volere la responsabilità dell'amministrazione.
                 Altra forma di responsabilità configurabile a carico del dipendente de quo è la responsabilità amministrativa la cui disposizione fondamentale è costituita a tutt'oggi dall'art. 82 R.D. n° 2440/1923 secondo cui "i funzionari che per azione od omissione, anche solo colposa, nell'esercizio delle loro funzioni, cagionino danno all'amministrazione sono tenuti a risarcirlo". Il successivo art. 83 fonda la giurisdizione della Corte dei conti alla quale attribuisce il c.d. potere riduttivo stabilendo che essa "valutate le singole responsabilità può porre a carico dei responsabili tutto o parte del danno accertato o del valore perduto".
                 Nel corso dei decenni, soprattutto dopo l'entrata in vigore della Costituzione repubblicana, ed in particolare negli anni '70, la responsabilità amministrativa è stata gradualmente estesa a tutti i dipendenti e a tutti gli amministratori pubblici; del che ha preso atto l'art. 59, comma 1, del D.Lg.vo n° 29/93.
                 La responsabilità amministrativa, che a partire dalla L. n° 142/90 e fino alla 639/96 ha assunto man mano dei caratteri che non consentano più di rapportarla alla responsabilità civile, pur conservando di quest'ultima alcuni tratti fondamentali, è costituita da quattro elementi fondamentali: la condotta antigiuridica o illecita, la colpa, il danno ed il nesso di causalità fra condotta e danno.
                 Per quanto riguarda il primo elemento è indubbio che nel giudizio di responsabilità amministrativo-contabile la valutazione del giudice investe in primo luogo il comportamento dell'amministratore o dipendente pubblico nella gestione di beni pubblici o mezzi finanziari pubblici o nello svolgimento di un'attività giuridica materiale, al fine di accertarne la rispondenza a legge ma anche a regole non giuridiche di efficienza, di efficacia e di buon andamento (Corte dei conti, SS.RR., 9.7.1993, 893/1993 A).
                 Per quanto concerne il secondo elemento va osservato che il criterio di imputazione correlato, si basa necessariamente sulla sussistenza di questo elemento di natura soggettiva: la colpevolezza. A tal riguardo va rilevato che sulla base della previsione legislativa contenuta nell'art. 3 del D.L. 23 ottobre 1996, n. 543, convertito con modificazioni in L. 20 dicembre 1996, n. 639, la limitazione della responsabilità al dolo ed alla colpa grave è diventata non più eccezionale, giustificata cioè dalla peculiarità di alcune fattispecie, ma tratto caratteristico e generale dell'istituto.
                 Ulteriore elemento, poi, è il danno che, definito come un nocumento patrimoniale effettivo subito dalla p.A. (Corte dei conti, SS.RR., 6.5.1988, n° 580/1988A) è divenuto, secondo una giurisprudenza meno tradizionale, un concetto atto a ricomprendere anche la turbativa di beni destinati ad uso diretto della collettività o a beneficio diretto o indiretto della medesima a mezzo degli enti pubblici territoriali o istituzionali (Corte dei conti, Sez. I, 15.5.1973, n. 39). Sono stati richiesti, però due ulteriori requisiti affinchè un interesse della Comunità o un interesse pubblico generale possa essere recepito nel meccanismo di tutela che si attua attraverso la responsabilità amministrativa: 1) che l'interesse pubblico generale sia non solo giuridicamente protetto ma altresì organizzato nell'ambito di un pubblico apparato; 2) che esso faccia parte del patrimonio di un ente pubblico e sia economicamente valutabile dando luogo, in caso di lesione e con il concorso degli altri elementi, ad un danno patrimoniale erariale (Corte dei conti, SS.RR., 3.6.1987, n. 544).
                 Conseguenzialmente sono state ricondotte nell'ambito della concezione ontologica del danno erariale come ingiusta lesione di un interesse pubblico (economicamente valutabile) tutte quelle fattispecie di danno erariale derivante dallo sviamento delle risorse pubbliche dalle finalità predeterminate.
                 Pertanto non sono mancate pronunce che individuano un danno erariale per gli amministratori pubblici che, in violazione di precise disposizioni normative, dispongono l'assunzione provvisoria di personale senza che possono assumere rilievo - ai fini della esclusione del nocumento erariale - le prestazioni lavorative effettivamente rese dal personale medesimo la cui valutabilità è comunque preclusa dal divieto di assunzione posto dal legislatore medesimo (Corte dei conti, Sez. reg. Sicilia, 11.7.1994, n. 116/1994 R).
                 Secondo la giurisprudenza della Corte, infatti, il vantaggio derivante dalle prestazioni lavorative effettivamente rese non esclude la sussistenza del danno erariale in quanto nella scelta legislativa il perseguimento del fine e la realizzazione della utilitas pubblica sono ritenuti attuabili soltanto attraverso i moduli conformi al disposto normativo onde ogni diversa azione è da ritenere non utile per l'ente in quanto elusiva del proposto fine pubblico.
                 La disamina sin qui compiuta - che invero andrebbe ultimata con l'ultimo elemento costitutivo della responsabilità amministrativa individuato nel rapporto di causalità tra la condotta antigiuridica del dipendente pubblico ed il danno sofferto dall'erario - è stata effettuata al fine di chiarire che laddove l'Istituto pervenga, sulla base del riconoscimento di una utilità del servizio effettuato dalla cooperativa di cui trattasi, ad indennizzare quest'ultima ai sensi dell'art. 2041 c.c. del pregiudizio subito per aver espletato il servizio senza un valido contratto di appalto, dando esecuzione, pertanto, alla delibera consiliare 21 luglio 1999, n. 60 deve comunque aver presente che sussiste nell'ambito della responsabilità civile del pubblico impiegato la c.d. responsabilità verso i terzi disciplinata dall'art. 22 T.U. 10 gennaio 1957, n. 3 secondo cui del danno prodotto nella esplicazione del servizio ad essi affidato, gli agenti degli enti pubblici non solo rispondono verso l'Amministrazione ma, allorchè siano stati violati diritti di privati, rispondono patrimonialmente anche verso questi ultimi.
                 E, pertanto, oltre la forma di responsabilità diretta del dipendente verso il terzo, derivante dal disposto dell'art. 28 Cost. che prevede, appunto, una responsabilità solidale della P.A. e dell'agente, sussiste quindi una responsabilità verso l'Amministrazione che si sostanzia in una responsabilità di tipo patrimoniale - amministrativa o contabile a seconda del soggetto agente - disciplinate dalle sopra riportate norme giuridiche.
                 Alla stregua delle sopra esposte considerazioni nonchè alla luce degli orientamenti giurisprudenziali sopra riportati vorrà, pertanto, l'Istituto in questione valutare se nella fattispecie prospettata a questo Ufficio siano ravvisabili in concreto quei presupposti giuridici idonei a raffigurare la sussistenza di una responsabilità a carico del dipendente per il comportamento da questi tenuto in ordine ai fatti esposti.

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