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Gruppo XIV 166.99.11

OGGETTO: Agricoltura.- Opere di miglioramento fondiario.- Titolo di conduzione.- Contratto di comodato.

ASSESSORATO REGIONALE AGRICOLTURA E FORESTE
Direzione interventi strutturali
(Rif. nota n. 1917 dell'11.5.99)
P A L E R M O

1.- Con la nota emarginata - sollecitata con il successivo foglio prot. n. 3177 del 28 luglio 1999 - é stato chiesto l'avviso dello scrivente circa l'ammissibilità di un contratto di comodato quale titolo di possesso per accedere alle provvidenze previste per gli investimenti in agricoltura (opere di miglioramento fondiario).
Ritiene a tal proposito la richiedente Amministrazione - alla luce delle caratteristiche tipiche del contratto in questione - che, quantomeno qualora si verifichino, a seguito del richiesto intervento pubblico, miglioramenti duraturi della situazione tecnico-economica dell'azienda concretizzantisi in incrementi patrimoniali apportati al fondo e pertanto indirettamente favorenti il comodante, non sia possibile soddisfare le istanze presentate in qualità di comodatario, e chiede altresì se la ritenuta incompatibilità del contratto di comodato con l'esercizio dell'attività di impresa, precluda "ogni intervento di politica agraria" a beneficio del suddetto comodatario.

2.- In ordine alla problematica proposta si osserva, in via generale, quanto segue.
Il contratto di comodato, disciplinato dagli articoli 1803-1812 del codice civile, ha per oggetto l'attribuzione, gratuita, del godimento di una cosa determinata. Il bene concesso in uso - che rappresenta non tanto l'oggetto del contratto, quanto l'oggetto del diritto personale di godimento che in forza del contratto si costituisce - può essere una qualsiasi cosa materiale, sia essa mobile, immobile od università patrimoniale, purchè non consumabile (anche se deteriorabile e con la sola eccezione delle cose consumabili concesse per un uso che ne escluda la consumazione) in quanto dal contratto discende l'obbligo, unilaterale, di restituzione del bene ricevuto in uso ed identificato nella sua individualità.
Nulla appare ostare a che un contratto di comodato riguardi una azienda, e cioè un complesso di beni organizzati per l'esercizio dell'impresa (Cass. 14 luglio 1956, n. 2673), che ben può essere trasferita oltre che nelle ipotesi espressamente previste della vendita, dell'affitto e della concessione in usufrutto, in tutte le ipotesi in cui, ferma restando l'organizzazione del complesso dei beni destinati all'esercizio dell'impresa, si abbia la sostituzione della persona del titolare, quale che sia il mezzo tecnico-giuridico attraverso cui tale sostituzione si attua (Cass. 19 agosto 1991, n. 8707).
A tal proposito, ed a conferma dell'ammissibilità di concessione in godimento di un'intera azienda, va rilevato che, in linea di principio, qualunque forma di uso del bene dato in comodato risulta ammissibile, purchè non osti all'obbligazione di restituzione in natura dello stesso. Le parti, dunque, possono determinare con estrema libertà l'ampiezza e le modalità dei modi dell'uso, e, in mancanza di puntuali ed espresse specificazioni contrattualmente definite, deve ritenersi che l'utilizzazione consentita deve intendersi quella ordinaria, conforme alla normale destinazione economica della cosa (cfr.: A. Luminoso, voce "Comodato", in Enciclopedia Giuridica Treccani).
Pertanto, essendo di contro certo, come puntualmente rileva il richiedente Assessorato, che la concessione in comodato di un fondo rustico, ritenuta peraltro espressamente ammissibile dalla Corte di Cassazione (23 giugno 1990, n. 6358), non qualifica il relativo contratto come contratto agrario - avendo quest'ultimo una causa estranea da quella del comodato e mirando ad assolvere una diversa funzione - e non è, di per sè, atto a costituire un'impresa agraria su fondo altrui, non può in alcun modo negarsi al comodatario di svolgere un'attività di gestione della cosa concessa in uso al fine di ritrarre dalla stessa l'utile derivante da un impiego che sia, al contempo, economicamente normale e vantaggioso.

Premesse tali considerazioni di ordine generale si rileva che il titolo di conduzione del fondo - impropriamente, sotto un profilo strettamente giuridico, definito, anche normativamente (cfr.: art. 49, l.r. 25 marzo 1986, n. 13), quale"titolo di possesso", considerato che tra i destinatari delle provvidenze è ricompreso l'affittuario, il quale, come è noto, nella qualità di conduttore, ha soltanto la detenzione e non il possesso del bene tenuto nell'interesse proprio per esercitare un diritto personale sopra la cosa altrui, mancando nello stesso quell'animus di esercitare la proprietà o altro diritto reale sulla cosa, che appunto distingue le due figure di possessore e detentore - non pare dover necessariamente sostanziarsi in un titolo di proprietà ovvero in un contratto qualificabile come contratto agrario.
A conferma di ciò appare sufficiente notare che il decreto ministeriale 12 settembre 1985, nel disciplinare criteri e modalità di ordine generale per l'applicazione del regolamento CEE n. 797/85 relativo al miglioramento dell'efficienza delle strutture agricole, prevede come requisito sufficiente per l'accesso agli aiuti agli investimenti, anche se soltanto per ciò che attiene alle società di persone che conducono aziende agricole, la semplice "disponibilità" delle aziende; inoltre, anche la l.r. 25 marzo 1986, n. 13, all'art. 2, ultimo comma, punto 1, si limita a richiedere ai coltivatori manuali della terra, per un'equiparazione degli stessi ai coltivatori diretti ai fini delle provvidenze recate dalla stessa legge (tra le quali rientrano anche gli aiuti agli investimenti), la conduzione "a qualsiasi titolo di fondi rustici".
Ed invero, ciò che appare rilevare, ai fini di una idonea tutela dell'interesse pubblico, è la disponibilità del bene per un periodo quantomeno equivalente alla durata del vincolo di destinazione che incide sugli immobili e sulle opere che beneficiano dell'intervento pubblico. Sotto questo profilo, dunque, il contratto di comodato non appare idoneo a garantire quel perdurare nel tempo della disponibilità del fondo, indispensabile ed implicitamente richiesta dalle norme che, facendo riferimento ad un piano di investimento, ne condizionano la finanziabilità ad un positivo riscontro di un miglioramento duraturo che comporti una redditività tale, da un lato, da giustificare economicamente l'intervento, e dall'altro, da consentire il rimborso del prestito contratto.
E quindi, considerato che il contratto di comodato - e non soltanto quello c.d. precario contemplato dall'art. 1810 c.c., e cioè quello senza determinazione di durata, - non garantisce la disponibilità della cosa concessa in uso per un tempo certo e definito, poichè il concedente (art. 1809 c.c., secondo comma) può esigere la restituzione anticipata rispetto al termine convenuto qualora sopravvenga per esso un urgente ed impreveduto bisogno, concretandosi la possibilità di recesso anche a fronte di bisogni non gravi e financo prevedibili, si ritiene che la mancata garanzia della disponibilità del bene precluda l'accesso a quei benefici che, come sopra accennato, ne richiedono viceversa il perdurare nel tempo per giustificare l'intervento a carico dell'erario.

3.- Conclusivamente, a termini dell'art. 15, comma 2, del "Regolamento del diritto di accesso ai documenti dell'Amministrazione regionale", approvato con D.P.Reg. 16 giugno 1998, n. 12, lo scrivente comunica preventivamente di acconsentire alla diffusione del presente parere in relazione ad eventuali domande di accesso inerenti il medesimo.
Codesta Amministrazione vorrà comunicare, entro novanta giorni dalla ricezione, l'eventuale possibilità che il parere stesso inerisca ad una lite, ovvero se intenda differirne l'accesso fino all'adozione di eventuali provvedimenti amministrativi cui la richiesta consulenza fosse preordinata. Decorso detto termine senza che sia pervenuta alcuna comunicazione in tal senso, si procederà, giusta delibera della Giunta regionale n. 229 dell'8 luglio 1998, all'inserimento del presente parere nella banca-dati "FoNS", ed alla conseguente diffusione.


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